Vetrinetta di antiche novelle

 

 

capo settimo (secondo)

 

Dalla raccolta �Trecentonovelle� di Franco Sacchetti, la cui nascita, in data e luogo, � tuttora considerata incerta (da Benci d�Uguccione Sacchetti in Ragusa � Dalmazia � 1330, o Firenze, 1335). Mor� in San Miniato nel 1400, anche questo non certo.

Morpurgo cita Letterio di Francia che lo defin� �un vero cittadino di Repubblica, uno di quegli uomini completi, secondo il loro tempo, che potevano governare la citt� col consiglio, difenderla con le armi, correggerla con la giustizia, adornarla di religione e di buon costume, fiorirla di lettere, d�arte e di poesia.�

Rimangono, delle trecento originarie, 223 operette poste ancora fra il meglio della nostra letteratura novellistica.

 

 

 

LA  ZUFFA  DEI  CIECHI

 

Nel popolo (quartiere) di Santo Lorenzo presso a Santa Orsola nella citt� di Firenze tornavano certi ciechi, di quelli che andavano per limosina, e la mattina si levavano molto per tempo, e chi andava alla Nunziata, e chi in Orto San Michele, e chi andava a cantare per le borgora, e spesse volte si deliberavano, che quando avessono fatta la mattinata, si trovassero al campanile di Santo Lorenzo a desinare, dove era un oste, che sempre dava mangiare e bere a� loro pari.

Una mattina essendovene due a tavola, e avendo desinato; dice l�uno, ragionando del loro avere, o della loro povert�: - Io accecai forse dodici anni �, ho guadagnato forse mille lire. �

Dice l�altro: - Ohi  tristo a me sventurato, ch�egli � s� poco che io accecai, che io non ho guadagnato dugento lire.

Dice il compagno: - Oh, quand�� che tu accecasti? � Dice costui: - E� forse tre anni �

Giugne un terzo cieco, che avea nome Lazzero da Corneto, e dice: - Dio vi salvi, fratelli miei � E quelli dicono: - Qual se� tu? � E quegli risponde: - Sono al bujo come voi � e segue: - E che ragionate? � E quelli contarono i tempi de� loro guadagni.

Disse Lazzero: - Io nacqui cieco, e ho quarantazett�anni; s�io avessi i denari che io ho guadagnati, io sarei il pi� ricco cieco di Maremma� -

-   Bene sta � dice il cieco di tre anni � che io non trovo niuno, che non abbia fatto meglio di me. � E facciendo cos� tutti  e tre insieme, dice questo cieco: - Di grazia lasciamo andare gli anni passati; vogliam noi fare una compagnia tutti e tre, e ci� che noi guadagnamo, sia a comune? E quando andremo fuori tutti tre, noi andremo insieme, pigliandoci l�uno con l�altro; se bene bisogner� chi ci meni, il piglieremo.

Tutti s�accordarono, e alla mensa s�impalmarono, e giurarono insieme. E fatta questa loro compagnia alquanto in Firenze, uno che gli avea uditi fermare questo loro traffico, trovandogli uno mercoled� alla porta di Santo Lorenzo, d� all�uno di loro un quattrino, e dice: - Togliete questo grosso tra tutti e tre. �

Dice colui che lo riceve alcuna volta: - Gnaffe, e� c�� dato un grosso, che a me par piccolo come un quattrino. -  

Dicono gli altri due: - O non ci cominciare gi� a volere ingannare. � Questi rispose: - Che inganno vi poss�io fare? Quello che mi fia dato io metter� nella tasca, e cos� fate voi.-

Disse Lazzero: - Fratelli, la lealt� � bella cosa. � E cos� si rimase: e ciascuno ragunava; e deliberarono tra loro ogni capo d�otto di mescolare il guadagno, e partirlo per terzo.

Avvenne che ivi a tre d� che questo fu, era mezzo agosto; di che si disposono, come � la loro usanza, d�andare alla festa della nostra Donna a Pisa; e movendosi ciascuno con un suo cane a mano, ammaestrato, come fanno, con una scodella, si risono in cammino, cantando la intemerata per ogni borgo; e giungono a Santa Gonda un sabato, che era il d� di vedere la ragione, e partire la moneta; e a uno oste, dove albergarono, chiedono una camera per tutti tre loro, per fare li fatti loro quella notte; e cos� l�oste la diede loro.

Entrati questi ciechi con li cani e co� guinzagli a mano, quando fu il tempo di andare a dormire nella detta camera, disse uno di loro, cha avea nome Salvadore: - A che ora vogliam noi fare la nostra faccenda? � Accordaronsi, quando l�oste e la sua famiglia fosse a dormire; e cos� feciono.

Venuta l�ora, dice il terzo cieco che avea nome Grazia, ed era quello che era stato men cieco: - Ciascuno di noi segga, e nel grembo noveri tutti li denari  ch�egli ha, e poi faremo la ragione; e colui che n�avr� pi�, ristorer� colui che n�avr� meno. � E cos� furono d�accordo, cominciando ciascuno annoverare.

Quando ebbono annoverato, dice Lazzero: - Io trovo, secondo ho annoverato, lire tre, soldi cinque, denari quattro.-

Dice Salvadore: - Ed io ho annoverato lire tre, denari due. �

Dice Grazia: - Buono, buono: io ho appunto quarantazette soldi.

Dicono gli altri: - Oh, che diavolo vuol dir questo? Dice Grazia: - Io non so. �

-   Come non sai? che d�i avere parecchi grossi in ariento pi� di noi, e tu ce la cali a questo modo: � la compagnia del lupo la tua: tu ha nome Grazia, ma a noi se' tu disgrazia.

Dice costui: - Io non so che disgrazia; quando colui dicea, che ci dava un grosso, a me parea egli un quattrino; e che che si fosse, come io vi dissi, io il mettea nella tasca, io non so; io sarei leale come voi in ogni luogo, che mi fate gi� traditore e ladro. �

Dice Salvadore: E tu se�, poich� tu ci rubi il nostro. �

-   Tu menti per la gola � dice Grazia

-   Anzi menti tu.

-  Anzi tu. � e cominciassi a pigliare e dare delle pugna; e� denari cagiono per lo spazzo.

Lazzero, sentendo cominciata la mischia, piglia la sua mazza, e d� tra costoro, per dividerli: e quando costoro sentono la mazza, pigliano le loro, e cominciansi a sbatacchiare e tutti li denari erano caduti per lo spazzo.

La battaglia cresce, gridando, e giudicando del bastone; li loro cani abbaiavano forte, e tale pigliava per lo lembo co� denti or l�uno or l�altro; e� ciechi, menando le mazze, spesso davano a� cani, e quelli urlavano; e cos� parea questo uno torniamento.

L�oste, che dormia di sotto con la moglie, dice alla donna: - Abbiamo noi demoni di sopra? � Levasi l�uno e l�altro, e tolgono il lume e vanno su, e dicono: - Aprite qua. �

I ciechi, che erano inebriati su la battaglia, udivano come vedeano. Di che l�oste pinse l�uscio per forza, e aprendolo, intr� dentro, e volendo dividere i ciechi, ebbe una mazza nel viso; di che piglia uno di loro e gittalo in terra.

-  Che vermocane � questo? che siate mortaghiadi (da �gladio�: uccisi di spada). � e pigliando la mazza sua, dando a tutti di punta, dicea: - Uscitemi di casa. �

La donna dell�oste accostandosi e schiamazzando, come le femmine fanno, uno cane la piglia per un lembo della gonnella, e quanto ne prese, tanto ne tir�.

Alla fine, perdendo costoro la lena, ed essendosi molto bene bazzicati, e chi era caduto di qua e chi l�, dice Lazzero: - Ohim�, oste, che io son morto. �

Dice l�oste: - Dio gli ti mandi, uscitemi test� di casa �

E quelli tutti si dolgono e dicono: - Ohim�, oste, vedi come noi stiamo � che aveano li visi lividi e sanguinosi: - e peggio, che tutti li nostri denari si son caduti. �

Allora l�oste dice: - Che denari, che siate mortaghiadi, che m�avete presso che cavato un occhio? �

Dice Lazzero: - Perdonaci, che noi non vegghiamo pi� che Dio si voglia. �

-   Io vi dico: Uscitemi di casa.

E quelli dicono: - Ric�ci li denari nostri, e faremo ci� che tu vorrai. �

L�oste fa ricogliere i denari, i quali non assegn� (restitu�) mezzi, e disse: - Qui ha forse cinque lire; voi mi avete a dare delli scotti lire dua, restacene lire tre; io voglio andare al Vicario quass�, e voglio che mi faccia ragione, ch� mi avete fedito, e alla donna mia dai vostri cani � stata stracciata la gonnella. �

Quando costoro odono questo, tutti ad una voce dicono: - Amico, per l�amor di Dio, non ci voler disfare; togli da noi quello che possediamo, e anderenci con Dio. �

L�oste disse: - Poich� cos� �, io non so se mi perder� l�occhio; datemi tanto, che io mi possa far medicare, emendate la cot�rdita (gonna) della donna mia, che pur l�altro d� mi cost� lire sette. �

Brevemente li ciechi dierono all�albergatore li denari caduti, che erano nove lire e soldi due; ed altrettanti che n�aveano addosso; e cos�, di notte, pregarono l�oste che perdonasse loro, e andaronsene cos� vergheggiati chi sciancato, e chi col viso enfiato, e chi col braccio guasto, per bella paura, tanto oltre, che furono sul contado, a Pisa, la mattina.

Quando furono a una taverna appi� di Marti (Pal�ia), cominciarono a rimbrottare l�un l�altro; e l�oste veggendoli sanguinosi e accaneggiati, si meravigliava dicendo: - Chi  vi ha cos� conci? �

E quelli dicono: - Non te ne caglia � e ciascuno addomanda un quartuccio di vino, pi� per levarsi le busse e le percosse del viso, che per bere. E fatto questo, dice Grazia: - Sapete che vi dico? Io facea in fede i fatti vostri, come i miei, e non fui mai ne� ladro ne� traditore; voi m�avete dato di ci� un buon merito, che io ne son quasi disfatto in avere e in persona: egli � meglio corta follia che lunga, e far� come colui che dice: Uno, due, tre, io mi scompagno da te; e con voi non ho pi� a fare nulla, e l�oste ne sia testimone. � E vassi con Dio.

Dicono questi altri: - Tu hai nome Grazia, ma tale la dia Dio a te, chente tu l�hai data a noi. �

E andossene solo, a Pisa. E Lazzero e Salvadore se n�andarono anche l� alla festa con questa loro tempesta.

E perch� oltre all�essere ciechi, erano tutti laceri dalle bastonate, fu loro fatte a Pisa tre cotanti (triple) limosine; onde ciascuno di quelle mazzate, non che se ne dessi pace, ma e� non avrebbon voluto non averle per tutto il mondo, solo per l�utilit� che se ne vidono seguire.

 

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DAL �NOVELLINO�  1.

DAL �NOVELLINO�  2.

DA �FIORE DI VIRTU��

DA �I CONTI DI ANTICHI CAVALIERI�

DA ANONIMO FIORENTINO

DA FRANCESCO DA BARBERINO

DA FRANCO SACCHETTI 1.

DA FRANCO SACCHETTI 2.

DA GIOVANNI BOCCACCIO 1.

DA GIOVANNI BOCCACCIO 2.

DA GIOVANNI BOCCACCIO 3.

DA GIOVANNI BOCCACCIO 4.

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