10 FEBBRAIO 1947

                                       LA FINE DI FIUME


Negli ultimi giorni di guerra l' esercito di Tito aveva bruciato le tappe per raggiungere Trieste prima dei Neozalandesi, fermi a Monfalcone, per cui Trieste ebbe inizialmente una amministrazione titina che la governò per 43 giorni effettuando infoibamenti, vendette ed epurazioni al punto che gli Alleati intervennero a nome dell' Ufficiale inglese William Morgan. L' accordo, che stabiliva il ritiro delle truppe fu firmato a Belgrado il 9 Giugno 1945 con contrarietà di Tito e fissava la divisione amministrativa temporanea della Venezia Giulia in Zona A - Trieste più Pola agli anglo-americani,e in Zona B: tutto il resto alla Jugoslavia.

Fu così che Trieste e Pola riacquistarono la libertà sia pure sotto amministrazione alleata. Nel frattempo una Commissione dei Quattro Grandi faceva il giro della regione per accertarne la distribuzione etnica, le bombe nei cimiteri e le volontà delle popolazioni. La Commissione però omise di visitare Fiume, Zara, Cherso e Lussino e ciò fu un chiaro segno che il destino di queste località era già stato segnato.

I Ministri delle quattro Grandi Potenze a loro volta si riunivano ed elaboravano i piani di spartizione basati sui rapporti della Commissione, che prevedevano, oltre alla Linea Morgan, la Linea francese che privava l' Italia della costa occidentale istriana compresa Pola, la linea russa che voleva portare il confine jugoslavo fino all' Isonzo, e la linea americana di Wilson che era a noi più favorevole perché salvava una buona parte dell' Istria tra cui le miniere dell' Arsia. Un criterio nato a Londra nel 1945 si basava nel lasciare il minimo di gente delle due nazionalità sotto dominazione dell' Altro Paese - soluzione che favoriva l' Italia - mentre per Trieste si era orientati ad assegnare la città all' Italia e il suo entroterra agli slavi.

Nelle sue audizioni davanti alla Commissione Edvard Kardelj, Ministro degli Esteri jugoslavo, poco diplomaticamente protestava su tutto: per l' invio della Commissione d' inchiesta perché la regione era parte integrale della Jugoslavja, contestava il criterio etnico perché i nuclei italiani erano piccole isole nel mare slavo, e soprattutto lamentava che si volessero fare concessioni all' Italia fascista che era stato il Paese aggressore al contrario della Jugoslavia che era stata alleata. E poi anche Cecoslovacchia e Polonia - in quanto utenti interessati al porto di Trieste - si erano pronunciati per l' assegnazione della città alla Jugoslavia.

Il Ministro russo Molotov sosteneva addirittura che anche Trieste, malgrado fosse a maggioranza italiana, doveva essere riunita al suo entroterra slavo.

Purtroppo con il sorgere dei contrasti tra gli Alleati e l' URSS, che porteranno alla guerra fredda, si venne a manifestare nel Consiglio dei Ministri degli Esteri una maggiore benevolenza verso le richieste jugoslave [allo scopo di neutralizzare la Jugoslavia come potenza politica. N.d.R.] per cui fu evidente che le promesse alleate di riconoscere l' italianità dell' Istria occidentale e di Trieste stavano svanendo e con loro la speranza di vedere adottata la linea Wilson, a noi più favorevole.

E infatti la Commissione concluse i suoi lavori nel luglio 1946 con l' approvazione della linea francese che assegnava tutta la Venezia Giulia alla Jugoslavia istituendo nel contempo il Territorio Libero di Trieste (Stato Indipendente) con la Zona A da Duino a Muggia, amministrata dagli Alleati, e la Zona B fino al fiume Quieto, comprendente Pola, Capodistria, Isola, Parenzo, Umago, Cittanova e Buie, amministrata dagli Jugoslavi. E per Roma fu una sorpresa molto amara.

Il Febbraio 1947 toccò il turno all' Italia di recarsi a Parigi per accettare il Trattato di Pace, conosciuto come Diktat, che i 20 Paesi Alleati vincitori le volevano imporre e che consisteva principalmente in mutilazioni di territorio nazionale, rinunzia alle Colonie e riparazioni di guerra e più specificatamente per quanto ci riguarda: la perdita della Venezia Giulia e Zara, e il debito di 125 milioni di dollari oro per i danni di guerra provocati alla Jugoslavia.

Il Presidente Alcide De Gasperi aprì il suo discorso con la frase diplomaticamente celebre: "In questo consesso tutto mi è contro salvo la vostra tradizionale cortesia" e per prima cosa lamentò che le frontiere che restavano all' Italia erano spalancate con gravi limiti alla nostra sicurezza collettiva, non essendo stato tenuto in conto il nostro status di "Paese cobelligerante".

[Alla faccia dell' art.11 della ns. Costituzione (smentito peraltro dagli articoli 52, 60, 78 e 87 - che nessuno ricorda mai -. Si veda qui su "Agorà" il file "Niente di nuovo sul fronte occidentale".N.d.R.].

Toccando l' aspetto delle mutilazioni territoriali lamentò la soluzione triestina, la mancata approvazione della Linea Wilson e del principio etnico promesso, essendo rimasti in terreno slavo 180.000 italiani a fronte di appena 59.000 slavi in quello italiano. Da ultimo lamentò che il Trattato impediva all' Italia si chiedere i danni di guerra alla Germania avendola combattuta per 19 mesi. Per Fiume, testualmente aggiunse queste poche :parole:

Era naturalmente inteso che Fiume avesse lo status riconosciuto a Rapallo".

Il Trattato di Pace fu accettato dall' Italia malgrado fosse una totale debacle diplomatica per De Gasperi, che era riuscito a salvare solo il suo Trentino con l' Accordo del 5 Settembre 1946 concluso separatamente con l' Austria.

A perorare la causa di Fiume si trovò Riccardo Zanella, poco sostenuto da Roma.

Zanella era rientrato da Parigi in Italia e si era stabilito a Roma, dove lottava con i suoi scarsi mezzi per sensibilizzare i Governanti romani ad appoggiare la tesi di "Fiume prima vittima del Fascismo", che avrebbe potuto portare al ripristino dell' Accordo di Rapallo del 12 Novembre 1920 siglato tra Italia e Jugoslavia.

Fu il 3 Marzo 1922 che avvenne il golpe ad opera di fascisti fiumani e triestini quando lui, Presidente democraticamente eletto dello Stato Libero di Fiume dovette fuggire a Portorè con il suo Governo di 3000 fiumani fedeli.

 

Riccardo Zanella

 

Scrisse allora Riccardo Zanella al Capo del Governo Italiano Luigi Facta:

"La cosiddetta rivoluzione del 3 Marzo 1922 in realtà fu soltanto un' azione di brigantaggio politico in grande stile, preparata in collaborazione di tre Deputati del Parlamento italiano (On. Giurati, De Stefani e Giunta) ed eseguito da cittadini del Regno d' Italia, con la partecipazione di non più di 200 cittadini fiumani e con la cooperazione materiale e diretta di elementi dei Regi Carabinieri, della Regia Finanza, della Regia Marina e sotto la protezione della delittuosa passività degli altri Reparti dei Carabinieri e delle Regie Truppe di terra e di mare che si trovavano a Fiume,in Abbazia e a Mattuglie."

Siccome anche l' Etiopia nel 1935 e l' Albania nel 1939 furono, similmente a Fiume, aggredite ed annesse all' Italia, Riccardo Zanella proponeva a De Gasperi di sposare questa causa per tentare di ribaltare in extremis il destino che incombeva sulla città. In precedenza Zanella aveva pure inviato due Memoriali ai 5 Ministri degli Esteri che dovevano decidere dei nostri destini sottolineando le seguenti ragioni:

 

1. L' indipendenza e la sicurezza dello Stato Libero di Fiume era stata garantita secondo il Trattati di Rapallo del 1920 da entrambi i Paesi Italia e Jugoslavia.

2. Lo Stato Libero di Fiume è stato soppresso da un atto di aggressione fascista (3 Marzo 1922) e dal Trattato di Roma del 1924, contrario ai principii fondamentali della Legislazione internazionale, che Mussolini impose alla Jugoslavia con minacce e rappresaglie. Tale Trattato non è mai stato riconosciuto dallo Stato Libero di Fiume, perciò in forza del principio di continuità giuridica esso deve essere riconosciuto come tuttora esistente essendo la prima vittima dei metodi fascisti in politica estera. Lo Stato Libero di Fiume reclama il suo ristabilimento de facto in conformità con i principii della Carta Atlantica.

3. Avendo lo Stato Libero di Fiume subito una soppressione violenta ed illegale, il suo territorio non può essere considerato come parte del Regno d' Italia  - similmente ad Albania ed Etiopia -  e come tali Stati ha diritto al ristabilimento della sua libertà e indipendenza.

4. Lo Stato Libero di Fiume - che era stato accettato e riconosciuto dagli Stati del suo hinterland (Jugoslavia, Ungheria, Slovacchia, Sud Polonia, Transilvania) come porta aperta per gli scambi attraverso il suo porto - eliminerà ogni ostacolo e ogni difficoltà che in passato hanno creato seri attriti e rivalità nei Paesi interessati.

Purtroppo Riccardo Zanella rimase inascoltato. Quando mi trovai a Roma il 10 Febbraio 1947 seppi che il Presidente aveva aperto in via Giustiniani 5 un "Ufficio di Fiume" e gli feci visita senza preavviso dove lui mi accolse con molta cordialità. Così descrissi nel 2001 su "El Fiuman", giornale bimensile che si pubblica in Australia, quell' incontro:

"Era un bel uffizio, con una scrivania de legno probabilmente de noce, piena de carte, e alle spalle del Presidente, atacada sula parete per tutta la sua larghezza, ghe era una granda bandiera fiumana con i nostri colori violeto, giallo e amaranto, e la Aquila con due teste, tutte do' che le guardava a sinistra. E sotto delle zate, i artigli che i guantava la anfora de dove che veniva fora la acqua con la scrita "Indeficienter", come che saria dir: Un ben (la aqua) che non la finisse mai e che la se spande fin al infinito.

Me son presentà come fio de mio padre, che el era stado dela sua parte, fedele, e che quando che i dannunziani i lo gaveva costreto a scampar, oltre a Lui - Presidente della Assemblea Costituente del Stato Libero de Fiume - anca mio Padre lo gaveva seguido andando prima a Kostrena e poi a Portorè e là el gaveva tirado avanti pescando dato che el era anca un bel pescador.

El Presidente Zanella el se domandava: "Rudi Decleva ... Decleva Rodolfo ..."ma non el se lo ricordava.

Poi el me domandava de mi e de cossa fazevo a Roma. El Omo el gaveva un bel portamento - proprio de Presidente - e el gaveva anca un grande carisma ma non el me meteva in sogezion.

Lui gaveva in amente la sola soluzion giusta per la nostra Fiume, ma el era solo e i nostri Benpensanti - quei che nel 1924 i gaveva vinto Fiume con la Anesion - i credeva che i la gaveva fata franca una altra volta, e sta volta contro del Tito e dei Patti de Yalta.

E xe stado un vero peca' de Dio, perché alle Nazioni Unite el progeto de Zanella el gaveva bone possibilità de riussir - ciaro come el ojo - e che era el seguente: El Stato Libero de Fiume - essendo stado la prima vitima del Fascismo - el gaveria dovudo vegnir ricostituido sula base dela autodeterminazion dela nostra gente". De sicuro che sarìa stado molto difizil far ingutir al Tito questa soluzion che legalmente la era la più giusta, tanto xe vero che lui gà fato mazar subito la prima notte della occupazion i Dirigenti del Stato Libero: Mario Blasich, Giuseppe Sincich e Nevio Skull.

Purtroppo le cosse le xe andade mal come tutti savemo, ma Zanella - come mai el xe stado ignorado per tanti anni anca dala nostra intelighenzia fiumana in esilio? - Lui gaveva el piano per salvar la nostra città, che non gà potudo averarse per el boicotagio che ghe gà fato non solo quei del Governo de Roma.

 

 

Riccardo Zanella, nato a Fiume il 21 de Giugno 1875, soto Fiume italiana el xe stado esule in Francia el xe morto a Roma el 30 Marzo1959, povero e dimenticado da tuti.  De lui le resta le belle parole che me contava el mio Papà, el ricordo del mio incontro con lui e la sua firma che el me gà fato in quel lontan giorno 25 Febbraio 1947 sul mio Tesserin de iscrizion ad Ufficio de Fiume, che el gaveva a Roma.

 Credo che la storia del nostro Esodo dimenticado la vegnirà finalmente riscrita nella sua verità, essa la deverà comprender anca el sbaglio che tanti dei Nostri i ga fatto nel gaver emarginado el vero Presidente dei Fiumani.

 

E per concludere, l' indimenticato Padre Flaminio Rocchi così scrisse di lui sulla "Voce di Fiume" nel 1996:

 

"Ho quasi pianto quando visitai per la prima volta l' On. Riccardo Zanella in una stanza fredda, senza finestre, nel Campo Profughi della Caserma "Lamarmora" in Trastevere, a duecento metri dal mio Convento: un letto nascosto da un telo, molti libri stivati per terra alla rinfusa, alcuni grandi manifesti rossi e gialli delle sue lotte politiche a Fiume; tanta povertà squallida e una dignità rigida.

Lo avevano sfrattato dall' appartamento di Via Sicilia che De Gasperi gli aveva assegnato come ex Presidente dello Stato di Fiume. La sua povertà arrivò all' umiliazione di vendere al Convento, per trentamila Lire, i 15 grossi volumi della prima edizione francese del grande dizionario Larousse, e noi lo conserviamo come un pezzo si antiquariato, senza fotografie, ricco di disegni e di citazioni storiche e letterarie.

Zanella spesso veniva a trovarmi e con lunghe conversazioni cercava di acquistarmi alla sua idea autonomistica; io lo ascoltavo e lo ammiravo come un grosso personaggio, che però si sentiva sconfitto, senza eredi. Non era religioso, ma l' ho visto spesso ascoltare le mie prediche.

Era un amico, un povero amico.

Sul tavolo del Campo Profughi gli lasciavo pacchi viveri della Pontificia Opera di Assistenza, arricchiti con qualche furto nella dispensa del Convento.

Mi vergognavo più io a dare, che lui nel ricevere

Il Dr. Amleto Ballarini ha fatto bene nel documentare in un volume la sua opera".

 

Fiume. Via Roma e a destra il Palazzo del Governo. - Prefettura.

 

Fiume. Molo San Marco: - Il monumento del Leone Marciano, dono veneziano.

 

Fiume non era mai appartenuta alla Repubblica Serenissima di Venezia, dalla quale

nel sedicesimo secolo dovette subire due disastrosi incendi della città. Ciò fu causato dal

fatto che i pirati uscocchi, che avevano le loro basi a Est di Fiume, nel Canale della Morlacca,

depredavano le galere veneziane in Adriatico e commerciavano la refurtiva nell' emporio fiumano,

da dove poi questa si dirigeva anche a Venezia. La rappresaglia veneziana venne attuata perchè Fiume

fu ritenuta molto compiacente con gli uscocchi ai quali talora offriva ospitalità.

Quando nel 1924 Fiume fu annessa all' Italia, Venezia fece dono alla città di un Leone Marciano

e il monumento venne posato nel Molo Adamich da dove da allora prese il nome di Molo San Marco.

Su di esso era inciso "Fiume ricorda i nomi dei suoi figli caduti per la Patria nella guerra di redenzione:

Annibale Noferi, Mario Angheben, Vittorio de Marco e Ipparco Baccich".

E indirizzato a Venezia: "Al fatidico dono della Serenissima esulta il cuore di Fiume,

ripalpita di antichi  ricordi il Carnaro di Dante, plaude da tutti i seni, sposo fedele, l' Adriatico.

Il monumento venne distrutto dai tedeschi quando fecero esplodere il porto prima di abbandonare la città nella primavera del ' 45.

 

 

 

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