RICORDI  FIUMANI  E  CIACOLADE  DI GIULIO SCALA

Una antologia completa di 170 testi pubblicata dalla figlia Cristina

 

 

 

E’ sempre vivo il ricordo delle “Ciacolade dalla Mitteleuropa” che Giulio Scala scriveva - a partire dagli anni ’80 dalla Germania Ovest - ai fiumani dell’esodo sparsi in Italia e nel Mondo. Tali articoli continuarono poi nel primo decennio degli anni 2000 anche quando - posto in quiescenza dall’Armatore Grimaldi - rimpatriò nella ridente località “romana” di Concordia Sagittaria nel Veneto.

La “Voce di Fiume” e la “Voce del Popolo” misero a sua disposizione ampi spazi per quei suoi ricordi - basati sulle usanze fiumane, sempre in critico confronto con le realtà mondiali - che nella sua esemplare vita lavorativa lui aveva osservato in giro per il mondo. E da queste importanti testate i suoi scritti, pieni di poesia e nostalgia, venivano  poi ripresi dai Notiziari fiumani all’estero come “El Fiuman” e “In Corso  Fiuman” in Australia, “El Boletin” in Canada e girati sulla rete Internet dal sito “Forum Fiume” di Furio Percovich da Montevideo e dal sito “Rigo Camerano” di Enrico Orlandini da Osimo.

La figlia Cristina - per conservare alla memoria dell’esodo i ricordi della Fiume che fu - nello scorso anno aveva già realizzato una prima raccolta di questi lavori e recentemente - grazie al copioso materiale rinvenuto dal suo fratello Marco in Germania - ha pubblicato una nuova edizione del libro, composto di ben 300 pagine e pregevole documentazione fotografica, intitolato “Ricordi fiumani e Ciacolade di Giulio Scala”.

Ne è uscita così una cavalcata nostalgica sui 70 anni di peregrinaggio dei fiumani per tutti gli angoli del mondo, descritti in 170 testi – scritti in dialetto e in lingua - in aperto confronto con i ricordi della nostra giovinezza, quando la vita scorreva serena e semplice prima che il “Ribalton” travolgesse le nostre certezze e i nostri confini.

E così Giulio Scala, parlando dei nostri scovazzini che ritiravano le immondizie a domicilio, racconta che in Germania ogni inizio d’anno tutti i cittadini sono dotati del libretto delle scovazze - la raccolta differenziata tedesca con 20 anni di anticipo rispetto all’Italia - oppure la febbre moderna dei grill che da noi esisteva già ed era chiamata picnik dal Vinas o dal Perusin in Belveder. Anche le galosce che usavamo a Fiume per tenere i piedi asciutti e prolungare la durata delle scarpe, oggi sono in disuso con la conseguenza che vi sono “epidemie e ammalamenti, mal de gola, buganze, cataro, bronchite e mal de panza”.

A Fiume avevamo già le diavolerie moderne della tecnologia: per esempio oggi paghiamo con il Bancomat, ma le nostre mamme allora acquistavano con il conto aperto e con il libretto della spesa tenuto dal bottegaio, che poi saldavano al 27 del mese.

Un altro esempio? Oggi nel mondo scienziati e cervelloni si affannano a trovare nuove formule del “tempo libero” per affrontare lo stress quotidiano: a Fiume, già ai tempi dei nostri padri vigeva la filosofia del “magna, bevi e canta” con due ciacolade in osteria, belle camminate su per Drenova e Santa Caterina o in un campetto di bocce, sempre col senduich di prosciutto e l’ottavo di spritz domace. E così tantissimi riferimenti a ciò che era e che adesso è nel dimenticatoio generale.

Oggi tutto il mondo è  cambiato in peggio – dice Giulio – e la colpa è della Torre di Babele dove sopravvenne il mis-mas di lingue tra loro incomprensibili. Sin dai tempi antichi, da noi invece la gente sapeva parlare per tedesco, italiano, croato e qualcosa di ungherese, per cui tutti capivano i chioggiotti che venivano con i loro trabaccoli a vendere le angurie, i gendarmi ungheresi che garantivano l’ordine, le mlecarizze che portavano da Gromico il latte fresco e lo scropich, e anche i Dottori - che per lo più avevano studiato a Vienna - quando in sala di operazione preferivano parlare in tedesco. A Fiume noi non eravamo gente senza una Nazione, ma siamo stati figli di una terra di lingua e cultura italiana e il punto di incontro tra la Abendland, cultura del mondo occidentale, e la Morgenland, cultura del mondo orientale. E in questa città, posta fra due mondi, la gente di differenti razze e credenze vi passava e vi si fermava perchè … l’America, cantata dai fiumani e da raggiungere “col monopattino”, era là.

Giulio Scala si definisce un esule privo di sentimenti di odio e vendetta, che a Fiume ha lasciato solo le ossa di suo nonno a riposare a Cosala tra i boschetti di lavrano - che sotto il sole cocente  di agosto sprigionano il loro penetrante profumo aromatico – insieme ai ricordi della sua gioventù.

Ogni tanto lui apre l’album della memoria e rivive quegli anni verdi.

Questa antologia di ricordi si conclude con il suo testamento spirituale: “Io sono fiumano, nato a Fiume. Ti amo Fiume, ti ho amata per tutta la mia vita! Ti lascio oggi per sempre come si lascia un grande amore, con commozione ed affetto inestinguibile. Addio Fiume”.

 

rudi decleva

 

Sussisa, 04 Giugno 2015

 

 

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