Vetrinetta di antiche novelle

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Lorenzo Magalotti  (1637 � 1712). Nacque e mor� in Roma. Studi� nell�Universit� di Pisa apprendendo da Marcello Malpighi, dal matematico Borelli e dal Viviani. Leopoldo de� Medici lo elesse segretario dell�Accademia del Cimento, della quale pubblic� le sperimentazioni compiute dai soci in dieci anni di attivit� (Firenze, 1667). Fu accademico della Crusca.

Tradusse da autori inglesi, fra i quali il Milton e produsse un canzoniere che intitol� �La donna immaginaria�. Bibliografie e raccolte nelle pubbliche biblioteche. Meritevoli le �Relazioni� (sulla China, varie) e le �Operette�.

La novella che qui si trasporta proviene da una lettera a Leone Strozzi pubblicata nelle �Relazioni varie�. Si veda, di S. Fermi: L. Magalotti, scienziato e letterato (Piacenza, 1903).

 

 

 

La zuffa dei galli

 

Questa festa, come quella de� gladiatori, della caccia dei tori (caccia, per�, non alla spagnola, ma come si faceva a mio tempo in Seminario romano i giorni di San Rocco e di San Bartolommeo, che correvano le barchette (regate sul Tevere) si fa in Trastevere; Trastevere per� di Londra, o vogliate Trastamigi; e tutti questi spettacoli, che si rappresentano pi� volte la settimana verso il tardi, si fanno vicino all�acqua in alcuni luoghi a ci� destinati, dove si paga un tanto per testa, come usa comunemente a tutti gli spettacoli popolari.

Quelli dove combattevano i galli, a mio tempo, erano due. Figuratevi una stanza assai capace, nel di cui mezzo � costrutto un teatro di legno simile a quello dove si fanno le notomie (anatomie) negli studi pubblici; se non che la tavola, che sta in fondo a questo teatro, � molto maggiore di quella dove posa il cadavere da tagliarsi, non essendo minore, a mio credere, di sei, se non di sette braccia di diametro, e tutta coperta fino all�orlo d�una stoia, pare a me, di sparto (tappeto di fibra da cordame), come quello che usano alla spagnola sopra i mattonati l�inverno, e quella benissimo distesa e tirata, perch� i galli v�attacchino su il piede, e nel combattere non vengano a sdrucciolare.

Di mano in mano che vien la gente, s�accomodano sulla scalinata, lasciando vuoto l�infimo scalino, che rigira intorno la tavola, dove piglia luogo chi ha seco galli da cimentare, i quali portano in piccoli sacchi, e se gli pongono allato sul banco dove essi stanno a sedere.

Quando v�� gente abbastanza per dar principio, comincia uno a metter fuori il suo gallo, reggendolo sotto i fianchi con tutte due le mani, e facendone mostra agli spettatori, tanto in aria che posato sul campo, ma senza lasciarlo andare: e questa mostra � necessaria per dar campo a chi vuol scommettere, di soddisfarsi in osservare non solamente, dir�, il mantello, ma i varii segni, onde sono naturalmente segnati, che agl�intelligenti di queste razze non dicono meno il vero a coraggio, di quel che dicono il vero i mantelli e i segni dei cavalli, a forza, a sanit� e a buona intenzione.

A chi pare il campione troppo forte per scommetterci il suo, sta chiotto finch� ne venga un altro da credere di poterci trovar meglio il suo conto. A chi pare d�esser bene in gambe, presenta il suo, facendone prima l�istessa mostra. E qui cominciano le scommesse per tutto il teatro, sentendovisi a tal conto un frastuono dell�altro mondo, in tanto che ognun lega chi per morello e chi per leardo, a segno che di molte volte saranno trenta, quaranta scommesse sopra due soli galli.

Legate le poste, ognun lascia andare il suo l'un dirimpetto all'altro; e non � concepibile la furia con cui si vanno incontro con l'ali spiegate, e pi� per aria che per terra; e quando sono a misura d'arrivare a colpirsi con l'urto, gli vedete sollevar due palmi di su la tavola, e coll'ali tese, quanto pi� tender le possono, urtarsi petto con petto con una percossa cos� fiera e risuonante che si veggono tornare addietro di balzo, e immediatamente tornare al secondo attacco, e poi al terzo, e poi al quarto; e sempre urtandosi nello stesso modo e lavorando in quel che si reggono in aria, di becco e di sperone, e con tutte quest'armi battendo, beccando, ferendo, stracciando e urtando sopra tutto col petto, che � quello che gli rifinisce al pari delle ferite, dalle quali si vede correre il sangue sopra le stoie.

Durante il combattimento, per il teatro � un continuo gridare, andando in su le scommesse, all�istessa misura che l�una o l�altra parte vede farsi di miglior condizione le speranze del suo campione. N� pi� n� meno di quello che si fa degli inviti a primiera; e spesso si fanno ancora delle cacciate, mentre taluno, che vede il suo a cattivo partito, pi� tosto che perder dieci, s�accomoda a perder tre, perder quattro, perder cinque, e dar partita vinta.

La fine di questa battaglia consiste ordinariamente nella morte dell�uno o dell�altro gallo, e bene spesso di tutti e due; e a quello che sopravvive, se gli veggono fare de� movimenti, che convincono conoscimento e compiacenza della vittoria; e mi dicevano essersi dato talvolta il caso, che rimasti tutti e due sul campo per morti, tornato all�uno tanto fiato da potersi rizzare in piedi, s�� veduto andarsi strascicando sulla pancia del nemico, e quivi data con una sbattuta d�ali una chicchiriata, cascargli morto ai piedi.

Lo sperone non � un�arme cos� inseparabile da queste spezie di cavalleria, che non vadano mai a combattere senz�averla. Il luogo � dove hanno lo sprone naturale, introducendo in quel di ferro, come lama nel fodero, e cucendoglielo stretta alla gamba; e se ben mi ricordo da una sola: ma, torno a dire, non sempre.

Sono questi galli, per quanto mi sovviene, anzi piccoletti e smilzi, che grossi e grassi. Del modo del rilevargli (allevarli) non ho memoria. Ho ben quella d�aver udito dire che in Inghilterra tutti i galli generalmente abbiano questo genio di battersi, e battersi a guerra finita, nel che sono soli i galli inglesi; giacch� a fare una moresca (zuffa non mortale) tutti i galli arrivano a farla, in tutti i paesi; e c�� questo di considerabile che questi medesimi galli comprati dai viaggiatori per farsene  un divertimento  alle case proprie, passato che hanno il mare, in brevissimo tempo diventano come tutti gli altri�

 

Mi sovviene una graziosa storia che mi piace di raccontarvi.

Un nobile irlandese, chiamato mylord Tumond, mand� un giorno un suo servitore della stessa nazione, con dieci o dodici di questi galli, l�uno pi� bravo dell�altro, ciascheduno nel suo proprio sacchetto, per appaiarli in un solenne combattimento, che doveva farsi in non so qual luogo.

Arrivato questo mal pratico uomo  la sera a un�osteria, ferm� con somma sollecitudine  prima la stanza pe� galli che quella per s�; e preparata la loro cena prima che la sua, servita ch�egli ebbe la vivanda, gli parve di fare loro un regalo grande per ristorargli del patimento sofferto  nell�essere stati tutto quel giorno a quel modo racchiusi ne� sacchi, cavandoli tutti a uno a uno, e serrato l�uscio se n�and� a cena e a dormire.

Levatosi la mattina, non � esplicabile il suo sbalordimento e la sua disperazione, quando all�aprir dell�uscio, trovato chi morto, chi moribondo, chi pelato, chi cieco, in una parola tutti rovinati, dato in un dirottissimo pianto: - Pover�a me � disse � e chi avrebbe mai creduto una stravaganza come questa, essendo tutti questi galli d�un medesimo padrone, e in conseguenza tutti d�un medesimo partito? �

Cos� � diventato proverbio in Inghilterra, quando due amici presisi di parole stanno per venire alla mani, il dir loro chi � di mezzo: - Che? Siete galli di mylord Tumond?

 

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