Vetrinetta di antiche novelle

2.

 

 

Agnolo Firenzuola, nato in Firenze nel 1493, morto in Prato nel 1543.

Ecclesiastico, fu procuratore dell�ordine vallombrosano, una ramificazione di benedettini obbedienti alla regola  di San Giovanni Gualberto, accettata in Vallombrosa nel 1020, in virt� della quale al cenobio benedettino era preferito, dai monaci, l�eremitaggio e l�astensione dal lavoro.

Ora, il Firenzuola, rappresentante superiore, in Roma, di tale regola al tempo dei Papi Leone X e Clemente VII, dedito a vita mondana e scioperata, fu, nel 1526, finalmente dispensato dai voti, conservandone  per�  i vantaggi economici provenienti dal titolo.

Compose un rifacimento dell�opera di Lucio Apuleio �L�asino d�oro�, mentre dalla letteratura indiana, che conobbe, si dice, in versione spagnola, trasse una raccolta di favole che intitol� �Discorsi degli animali�.

Nel 1525, un anno prima della sua dispensa, termin� i �Ragionamenti d�amore�, vera opera di novelle, e poi il dialogo �Della perfetta bellezza della donna�.

Dai �Ragionamenti d�amore� ricopiamo:

 

 
 

Risposte  argute

Narra Costanza Amaretti, regina della brigata di Pozzolatico:

 

Trovandosi un giorno fra una brigata di gentildonne, un giovane chiamato Cesare Pierleone, uomo di parole pi� che di fatti, a ragionar come si fa, e� cominci� molto avvilir la condizione di noi altre ed a lodar quella di voi uomini fino al cielo; e quando egli ebbe fatto su ci� una lunga diceria, voltosi ad una madonna, Palozza Arcione, ch�era fra di loro, disse: - Ditemi il vero, madonna Palozza, non vorreste voi pi� presto esser un pover�uomo che una ricca donna? �

-   Alla fede no � rispose subito madonna Palozza � se tutti gli uomini fossero fatti come siete voi.

Fu di tanta possanza questa risposta, che al povero giovane non parse mai d�essere uomo davvero finch� non si lev� dal cospetto di quelle donne, dalle quali egli impar� quel proverbio d�esperienza che dice che e� non si debba mai mordere niuno che abbia da renderti con i denti il contraccambio.

 

 

Aveva un cavalier napoletano, chiamato Cola Siropanni, una fante tra l�altre, la quale, bench� parlasse male, non aveva questo per il suo principal difetto, perciocch� ella udiva peggio; ed avendole detto messer Cola un d� non so che parole, ed ella dicendo non l�aver inteso, egli era sul disperarsi; ed entrato in collera le disse: - Tu non m�intendi mai; e che diavolo vuol dir che io intendo te, quando parli tu?-

A cui la donna rispondendo, detto fatto disse: - Dee voler dir ch�io parlo meglio di voi; che volete voi ch�e� voglia dir altro? �

-   Tu hai ragione � disse il cavaliere; e non sappiendo altro che si egli dire, per lo migliore si tacque.

 

 

Arriguccio Gualterotti, nostro fiorentino, nobile e ricco molto, s�innamor� fieramente della figliuola d�un suo lavoratore, la quale il pi� dei suoi d�, con animo da reggere ogni imperio, soleva scalza e quasi ignuda guardare un branco di pecorelle. E fu tanto l�amor che le pose, che, conoscendo l�ascosa virt� di costei, a dispetto di quanti parenti e amici che egli aveva, e� la si prese per moglie.

N� prima fur fatte le nozze che la madre d�Arriguccio, come buona donna ch�ella era, avendole cominciato a voler ben da figliuola, un d�, ragionando seco, come interviene, cadde in queste parole: - Ah, figliuola mia, come domin potevi sopportar cos� misera vita, com�era quella che tu sopportavi a casa di tuo padre? �

A cui la fanciulla, tutta umile, rispose: - Con quella allegrezza e con quel cuore piaccia a Dio, la mia Madonna, ch�io il presente stato trapassi, come lietamente il preferito mi sopportava. �

Risposta veramente conveniente alla felicit� di questo mondo.

 

 

L�anno del Giubileo andava a Roma alla perdonanza una Monna Selvaggia di Neri Foraboschi, e fra gli altri ch�ella aveva con lei, era un suo famiglio ch�era in su �n caval vetturino, il quale, oltre agli altri difetti, era cieco da un occhio.

Or passando costoro per Siena, quand�e� furon vicini alle case di quei Piccoluomini, un giovanetto della terra, che era in sull�uscio, veggendolo, disse ad un che gli era daccanto:  - Mira, quel cavallo � fiorentino. �

La Selvaggia, udendo costui cos� parlare, gli domand� della cagione; a cui egli, senza pensare pi� oltre, rispose: - perciocch� egli era cieco. �

A cui la donna, come chi parve esser trafitta sul vivo, disse: - Giovane, tu erri, imperocch� questo cavallo � sanese, n� puote per modo alcuno esser fiorentino. �

-   Come sanese? � rispose il giovane ridendo, come di lei si facesse beffa � e perch�?

Ed ella: - Perciocch� egli � una bestia � e, senza dire altro, dato di speroni al cavallo, lasci� il povero giovane peggio che un caval vetturino; e cos� impar� nella sua terra a beffare i forestieri, specialmente le donne, contro al costume in verit� di tutti i sanesi, i quali, come gentili ch�e� sono, han sempre avuto per costume di accarezzar ognun che c�piti in casa loro.

 

____________

 

         home

              base