Vetrinetta di antiche novelle

 

 

 

capo ottavo  4.

 

Incomincia la nona giornata del DECAMERON, nella quale, sotto il reggimento d'Emilia, si ragiona ciascuno che gli piace e di quello che pi� gli aggrada.La novella che qui si racconta � la ottava, ed � fra le pi� conosciute e spassose di tutta l'opera del Boccaccio.

  Il personaggio di Ciacco (almeno) � reale, ed al pari di Gianni Schicchi, citato da Dante, ovviamente nell'"Inferno" (terzo girone).

  

 

 

IL VINO DI FILIPPO ARGENTI

 

Racconta Lauretta:

 

Essendo in Firenze uno da tutti chiamato Ciacco, uomo ghiottissimo quanto alcun altro fosse giammai, e non possendo la sua possibilit� sostenere le spese che la sua ghiottoneria richiedea, essendo peraltro assai costumato e tutto pieno di belli e piacevoli motti, si diede ad essere, non del tutto uom di corte, ma morditore (uomo di lazzi e facezie, pi� che da invito �serio�), et ad usare con coloro che ricchi erano, e di mangiare delle buone cose si dilettavano; e con questi a desinare et a cena, ancor che chiamato non fosse ogni volta, andava assai sovente.

Era similmente, in quei tempi in Firenze uno, il quale era chiamato Biondello, piccoletto della persona, leggiadro molto e pi� pulito che una mosca, con sua cuffia in capo, con una zazzerina bionda e per punto, senza un capel torto avervi, il quale quel medesimo mestiere usava che Ciacco.

Il quale (Biondello) essendo una mattina di quaresima andato l� dove il pesce si vende, e comperando due grossissime lamprede per messer Vieri de� Cerchi, fu veduto da Ciacco; il quale avvicinatosi a Biondello, disse: - Che vuol dir questo?

A cui Biondello rispose: - Iersera ne furono mandate tre altre troppo pi� belle che queste non sono, et uno storione, a messer Corso Donati, le quali non bastandogli per voler dar mangiare a certi gentili uomini, m�ha fatte comperare quest�altre due; non vi verrai tu? �

Rispose Ciacco: - Ben sai che io vi verr�. �

E quando tempo gli parve, a casa messer Corso se n�and�, e trovollo con alcuni suoi vicini che ancora non era andato a desinare. Al quale egli, essendo da lui domandato che andasse facendo, rispose: - Messere, io vengo a desinar con voi e con la vostra brigata. �

A cui messer Corso disse: - Tu sie �l ben venuto, e per ci� che egli � tempo, andianne. �

Postisi dunque a tavola, primieramente ebbero del cece e della sorra (salame di tonno. Il termine "sorra" conosciuto sino all� Ottocento, oggi sembra scomparso. Si potrebbe anche dire "polpettone di tonno", tuttora in uso, specie nel centro Italia.), et appresso del pesce d�Arno fritto, senza pi�.

Ciacco, accortosi dello �nganno di Biondello, et in s� non poco turbatosene, propose di dovernel pagare: n� passar molti d� che egli in lui si scontr�, il qual gi� molti aveva fatti ridere di questa beffa.

Biondello, vedutolo, il salut�, e ridendo il domand� chenti fossero state le lamprede di messer Corso, a cui Ciacco rispondendo, disse: - Avanti che otto giorni passino tu il saprai molto meglio di me. � E senza mettere indugio al fatto, partitosi da Biondello, con un saccente barattiere si convenne del prezzo, e datogli un bottaccio di vetro, il men� vicino alla loggia de� Cavicciuli,  e mostr�gli in quella un cavaliere chiamato messer Filippo Argenti, uomo grande e nerbuto e forte, sdegnoso, iracondo e bizzarro pi� che altro, e dissegli: - Tu te ne andrai a lui con questo fiasco in mano, e dira�gli cos�: - Messere, a voi mi manda Biondello, e mandavi pregando che vi piaccia d�arrubinargli questo fiasco del vostro buon vino vermiglio, che si vuole alquanto sollazzar con suoi zanzeri; e sta bene accorto che egli non ti ponesse le mani addosso, per ci� che egli ti darebbe mal d�, et avresti guasti i fatti miei. �

Disse il barattiere: - Ho io a dire altro?

Disse Ciacco: - No, va pure; e come tu hai detto questo, torna qui a me col fiasco, et io ti pagher�. �

Mossosi adunque il barattiere, fece a messer Filippo l�ambasciata.

Messer Filippo, udito costui, come colui che piccola levatura avea, avvisando che Biondello, il quale egli conosceva, si facesse beffe di lui, , tutto tinto nel viso, dicendo: - Che arrubinatemi e che zanzeri son questi? Che nel mal anno metta Iddio te e lui, �  si lev� in pi� e distese il braccio per pigliar la mano del barattiere; ma il barattiere, come colui che attento stava, fu presto e fugg� via, e per altra parte ritorn� a Ciacco, il quale ogni cosa veduta avea, e dissegli ci� che messer Filippo aveva detto.

Ciacco contento pag� il barattiere, e non ripos� mai ch�egli ebbe ritrovato Biondello, al quale egli disse: -  Fost� a questa pezza (da un pezzo non fosti) dalla loggia de� Cavicciuli? �

Rispose Biondello: - Mai no; perch� me ne domandi tu?-

Disse Ciacco: - Per ci� che io ti so dire che messer Filippo ti fa cercare, non so quel ch�ei si vuole. �

Disse allora Biondello: - Bene, io vo verso l�, io gli far� motto.

Partitosi Biondello, Ciacco gli and� appresso, per vedere come il fatto andasse.

Messer Filippo, non avendo potuto giugnere il barattiere, era rimasto fieramente turbato e tutto in s� medesimo si rodea, non potendo dalle parole dette dal barattiere cosa del mondo trarre, se non che Biondello, ad instanzia di chi che sia, si facesse beffe di lui. Et in questo che egli cos� si rodeva, e Biondel venne.

Il quale come egli vide, fattoglisi incontro, gli di� nel viso un gran punzone.

-   Oim�! Messer � disse Biondel � che � questo? �

Messer Filippo, presolo per li capelli e stracciatagli la cuffia in capo e gittato il cappuccio per terra e dandogli tuttavia forte, diceva: - Traditore, tu il vedrai bene che questo �: che arrubinatemi e che zanzeri mi mandi tu dicendo a me? Pajot�io fanciullo da dover essere uccellato? �

E cos� dicendo, con le pugna, le quali aveva che parevan di ferro, tutto il viso gli ruppe, n� gli lasci� in capo capelli che ben gli volesse, e convoltolo per lo fango, tutti i panni indosso gli stracci�, e si a questo fatto si studiava, che pure una volta dalla prima innanzi non gli pot� Biondello dire una parola, n� domandar perch� questo gli facesse. Aveva egli bene inteso dello arrubinatemi e de� zanzeri, ma non sapeva ci� che si volesse dire.

Alla fine, avendolo messer Filippo ben battuto, et essendogli molti dintorno, alla maggior fatica del mondo glielo trasser di mano cos� rabbuffato e malconcio com�era; e dissegli perch� messer Filippo questo avea fatto, riprendendolo di ci� che mandato gli avea dicendo, e dicendogli ch�egli doveva bene oggimai conoscer messer Filippo, e che egli non era uomo da motteggiar con lui.

Biondello, piangendo, si scusava, e diceva che mai a messer Filippo non aveva mandato per vino. Ma poi che un poco si fu rimesso in assetto, tristo e dolente se ne torn� a casa, avvisando questa essere stata opera di Ciacco.

E poi che dopo molti d�, partiti i lividori del viso, cominci� di casa ad uscire, avvenne che Ciacco  il trov�, e ridendo il domand�: - Biondello, chente ti parve il vino di messer Filippo? �

Rispose Biondello: - Tali fosser parute a te le lamprede di messer Corso. �

Allora disse Ciacco: - A te sta oramai; qualora tu mi vuogli cos� ben dare da mangiar come facesti, et io dar� a te cos� ben da bere come avesti.

Biondello, che conoscea che contro a Ciacco egli poteva aver pi� mala voglia che opera, preg� Iddio della pace sua, e da indi innanzi si guard� mai di mai pi� beffarlo.

 

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