MONTESQUIEU

 

 

 

Letture da: "Lo Spirito delle Leggi"

 

Preambolo

Abbiamo chiesto alla Casa Editrice Rizzoli il permesso di pubblicare, nella rete internet, i libri XI e XIX de "Lo Spirito delle Leggi" di Charles Louis de Secondat, barone di Montesquieu.

Oltre all'acquisto del testo completo, riportante il commento di Robert Derathe', che il lettore interessato puo' trovare in tutte le librerie, consigliamo, a coloro che avessero interesse a confrontarsi coi vecchi testi italiani, o con gli originali, la frequentazione delle pubbliche biblioteche, ove possono esser trovate, sia la prima pubblicazione italiana a stampa curata dall'abate Genovesi (Napoli, 1777, in 4 volumi), sia la moderna traduzione di Sergio Cotta, pubblicata a Torino nel 1952.

Esiste, inedita, una traduzione precedente a quella del Genovesi, dovuta all'abate Guasco "amico e traduttore di Montesquieu" (R. Shackleton).

Del 1966 e' la pubblicazione, a cura di Silvia Rota Ghibaudi per la Fondazione Luigi Einaudi in Torino,  delle opere del conte Damazzo Francesco Vasco, gentiluomo piemontese, comprendenti, del 1768, le "Note allo Spirito delle Leggi", scritte dal conte stesso durante un periodo di prigionia dovuto a un suo tentativo di creare torbidi politici in Corsica.

Lo scopo della nostra intromissione nell'opera di Montesquieu - della quale e' stata eseguita la copiatura dei capitoli XI e XIX nella traduzione di Beatrice Boffito Serra e con la prefazione di Giovanni Macchia  (Biblioteca Universale Rizzoli, IV ed. 1999) - e' dovuta al fatto che noi stiamo ancora cercando di scoprire la vera natura della cultura in Internet, il suo noumeno, che non conosciamo, ma che gia' sappiamo essere diverso, per cio' che riguarda le finalita' di ricerca e la scoperta delle metodologie operative, sia da quello scolare universitario, sia da quello editoriale librario, sia da quello accademico e bibliotecario. 

Sappiamo che ogni sito culturale in internet e' un corpo a se' che possiede una sua giustificazione originale e una sua anima che il webmaster deve saper riconoscere.

Abbiamo gia' espresso alcune considerazioni di merito, nei nostri files dedicati a Leonardo.

La cultura Internet e' panoramica: vede le cose in esteso: puo' produrre buona intuizione, anche se forse non e' adatta ad approfondire. 

Il motivo e' comprensibile: al web non si addirebbe, ad esempio, la collezione dei "Mille pagine" della Newton Compton, cosi' come alla editoria libraria non si addirebbe la pubblicazione di un frammento di un'opera che si possiede al completo.

Ne consegue che sarebbe auspicabile un convegno di webmasters dei siti culturali, che lo scrivente, purtroppo, puo' essere in grado di suggerire, ma non di organizzare. 

Si puo' intravvedere un punto fermo: contrariamente alle Case Editrici librarie, alle quali si addice il mercato, ai siti culturali internet si addice la gratuita'.

La spiegazione e' evidente: i siti culturali sono centinaia, certamente migliaia o decine di migliaia se si considerano gli stranieri. Se tutti nascondessero il loro contenuto e lo ponessero in vendita, la cultura internet morirebbe immediatamente. Poiche' e' chiaro che, se un povero chiede un soldino, lo si da'; se i poveri diventano mille, si chiude forzatamente la borsa. Senza contare che non saremmo piu' capaci di distinguere i veri siti culturali dai falsi, costruiti allo scopo di spillare denaro.

Rigo Camerano che, come tutti possono vedere, e' un sito assolutamente gratuito e aperto, privo di password, e' stato messo in vendita da un sito che offre informazioni a pagamento, a studenti. Ci siamo scoperti su "Filosofia" al prezzo di euro 12, 40 a blocco di 6 minuti. Ne chiediamo scusa al lettore, e ci siamo preoccupati di togliercene.

Ora, e' noto che la navigazione su internet e' normalmente onerosa (ed e' giusto che sia cosi'); e' noto che le raccolte dei siti per argomenti tematici sono costruite da tutti i motori di ricerca, senza aggiunta di canone (ed e' giusto che sia cosi'). Non si capisce come si possa accettare di stipulare contratti sulla base dell'appropriazione del lavoro altrui da parte di uno dei contraenti. 

Sono certo che, se noi ponessimo una password sulla nostra pagina dei "GIORNALI" (v. Informazioni - giornali), e la mettessimo a pagamento, la disapprovazione sarebbe enorme. Purtroppo sono queste le cose che contraddicono il pensiero libero e fanno pensare alla nostra democrazia come un falso in atto pubblico, e  magari fanno trovare sagge le limitazioni  che, ad esempio, pone a internet la censura cinese.

Montesquieu ha insegnato anche questo: la  liberta' e' sempre la conseguenza logica di una opportuna legislazione. Non si ha liberta' se non vi e' una legge che imparzialmente regola i reciproci rapporti di convivenza.

In Internet, stiamo ancora aspettando.

Lo Spirito delle Leggi

prima lettura:

Libro undicesimo

 

Delle leggi  che determinano la liberta' politica nei suoi rapporti con la Costituzione. (1).

Traduzione di Beatrice Boffito Serra; note di Robert Derathe'

I.  Idea generale.

Distinguo le leggi che determinano la liberta' politica  nel suo rapporto con la Costituzione, da quelle che la determinano nel suo rapporto col cittadino. Le prime saranno l'argomento del presente libro; trattero' delle seconde nel libro seguente.

II. Significati diversi dati alla parola Liberta'.

Non vi e' parola che abbia ricevuto maggior numero di significati diversi e che abbia colpito la mente in tante maniere come quella di liberta'. 

Gli uni l' hanno intesa come facilita' di deporre colui a cui avevano conferito un potere tirannico; gli altri come la facolta' di eleggere quelli a cui dovevano obbedire; altri ancora come il diritto di essere armati e di poter esercitare la violenza; altri infine come il privilegio di non essere governati che da un uomo o delle proprie leggi (a). 

Certo popolo ha preso per molto tempo la liberta' per l'uso di portare una lunga barba (b). 

Alcuni hanno dato questo nome a una forma di governo e ne hanno escluso le altre. Coloro che avevano gradito il governo repubblicano l'hanno messa nella repubblica; quelli che avevano goduto del governo monarchico, nella monarchia (c). 

Infine ciascuno ha chiamato liberta' il governo conforme alle proprie consuetudini o alle proprie inclinazioni; e siccome in una repubblica non si hanno sempre davanti agli occhi, e in maniera tanto immediata, gli strumenti dei mali di cui ci si lamenta, e perfino le leggi sembrano parlarvi di piu' e gli esecutori della legge parlarvi di meno, la si pone generalmente nelle repubbliche, e la si esclude nelle monarchie. 

(b): I Moscoviti non potevano sopportare che lo zar Pietro glie le facesse tagliare.

(c): I Cappadoci rifiutarono lo Stato repubblicano offerto loro dai Romani.

Infine, siccome nella democrazia sembra che il popolo faccia piu' o meno quello che vuole, la liberta'' e' stata collocata in questo genere di governo, e si e' confuso il potere del popolo con la liberta' del popolo. (2).

(a): "Ho copiato" dice Cicerone "l'editto di Scevola che permette ai Greci di risolvere le vertenze secondo le loro leggi, il che fa che si considerino uomini liberi.

III. Che cos'e' la liberta'. 

E' vero che nelle democrazie sembra che il popolo faccia cio' che vuole; ma la liberta' politica non consiste affatto nel fare cio' che si vuole. 

In uno Stato, vale a dire in una Societa' in cui ci sono delle Leggi, la liberta' puo' consistere soltanto nel poter fare cio' che si deve volere, e non nel non essere costretti a fare cio' che non si deve volere.

Bisogna fissarsi bene nella mente che cosa e' l'indipendenza, e che cosa e' la liberta'. 

La liberta' e' il diritto di fare tutto cio' che le leggi permettono (3); e se un cittadino potesse fare quello che esse proibiscono, non vi sarebbe piu' liberta', perche' tutti gli altri avrebbero del pari questo potere. 

IV. Continuazione dello stesso argomento. 

La democrazia e l'aristocrazia non sono Stati liberi per loro natura (4). La liberta' politica non si trova che nei governi moderati. 

Tuttavia non sempre e' negli Stati moderati; vi e' soltanto quando non si abusa del potere; ma e' una esperienza eterna che qualunque uomo che ha un certo potere e' portato ad abusarne (5); va avanti finche' trova dei limiti. Chi lo direbbe? Perfino la virtu' ha bisogno di limiti. 

Perche' non si possa abusare del potere bisogna che, per la disposizione delle cose, il potere arresti il potere. Una costituzione puo' esser tale che nessuno sia costretto a fare le cose alle quali la legge non lo obbliga, e a non fare quelle che la legge permette. 

V. Dell'oggetto dei diversi Stati. 

Per quanto tutti gli Stati abbiano, in generale, uno stesso fine, che e' quello di conservarsi, ogni Stato ne ha tuttavia uno che gli e' particolare. L'ingrandimento era il fine di Roma; la guerra quello di Sparta; la religione quello delle leggi giudaiche; il commercio quello di Marsiglia; la tranquillita' pubblica quello delle leggi della Cina (a); la navigazione quello della legge dei Rodii; la liberta' naturale e' il fine dell'ordinamento dei selvaggi; in generale, il piacere del principe, quello degli Stati dispotici; la gloria sua e dello Stato quello delle monarchie; l'indipendenza di ogni privato e' il fine delle leggi della Polonia, e in conseguenza l'oppressione di tutti (b). 

Vi e' anche una nazione al mondo che ha per fine diretto della propria costituzione, la liberta' politica. 

Esamineremo i principii su cui si fonda. Se sono buoni, la liberta' vi si riflettera' come in uno specchio. 

Per scoprire la liberta' politica nella costituzione, non occorre un grande sforzo. Se si puo' vederla dov'e' se la si e' trovata, perche' cercarla? 

(a): Fine naturale di uno Stato che non ha nemici esterni, o che crede di averli arrestati con le muraglie.

(b): Inconveniente del Liberum veto.

VI. Della costituzione dell'Inghilterra. (6).

In ogni Stato vi sono tre generi di poteri: il potere legislativo, il potere esecutivo (7) delle cose che dipendono dal diritto delle genti  e il potere esecutivo di quelle che dipendono dal diritto civile (8). 

In forza del primo , il principe, o il magistrato, fa le leggi per un certo tempo, o per sempre, e corregge o abroga quelle che sono gia' state fatte. 

In forza del secondo, fa la pace o la guerra, invia o riceve ambasciate, stabilisce la sicurezza, previene le invasioni. 

In forza del terzo, punisce i delitti o giudica le controversie dei privati. Chiameremo quest'ultimo il potere giudiziario, e l'altro semplicemente il potere esecutivo dello Stato. 

La liberta' politica, per un cittadino consiste in quella tranquillita' di spirito che proviene dall'opinione che ciascuno ha della propria sicurezza; e perche' si abbia questa liberta', bisogna che il governo sia tale che un cittadino non possa temere un altro cittadino. Quando nella stessa persona, o nello stesso corpo di magistratura, il potere legislativo e' unito al potere esecutivo, non vi e' liberta', poiche' si puo' temere che lo stesso monarca, o lo stesso senato, facciano leggi tiranniche per eseguirle tirannicamente. 

Non vi e' nemmeno liberta' se il potere giudiziario non e' separato dal potere legislativo e dall'esecutivo. 

Se fosse unito al potere legislativo, il potere sulla vita e la liberta' dei cittadini sarebbe arbitrario: infatti il giudice sarebbe legislatore. Se fosse unito al potere esecutivo il giudice potrebbe avere la forza di un oppressore. 

Tutto sarebbe perduto se lo stesso uomo, o lo stesso corpo di maggiorenti, o di nobili, o di popolo, esercitasse questi tre poteri: quello di fare le leggi, quello di eseguire le decisioni pubbliche, e quello di giudicare i delitti o le controversie dei privati. 

Nella maggior parte dei regni d'Europa il governo e' moderato perche' il principe, che ha i due primi poteri, lascia ai sudditi l'esercizio del terzo. Presso i Turchi, dove i tre poteri sono riuniti nella persona del sultano, regna un orribile dispotismo. 

Nelle repubbliche italiane, dove questi tre poteri sono riuniti, la liberta' e' minore che nelle nostre monarchie. Percio' il governo ha bisogno, per mantenersi, di mezzi altrettanto violenti di quelli del governo dei Turchi; ne fanno testimonianza gli inquisitori di Stato (a) e la cassetta in cui qualunque delatore puo', in qualunque momento, gettare mediante un biglietto la sua accusa. 

Considerate quale possa essere la situazione di un cittadino  di queste repubbliche. Lo stesso corpo di magistratura ha, come esecutore delle leggi, tutto il potere che si e' dato come legislatore. Puo' devastare lo Stato con le sue volonta' generali e, siccome ha altresi'  il potere di giudicare, puo' distruggere ogni cittadino con le sue volonta' particolari. 

Il potere e' uno solo; e benche' non vi sia nessuna pompa esteriore che riveli un principe dispotico, lo si avverte a ogni istante. 

Percio' i principi che hanno voluto farsi dispotici hanno cominciato sempre col riunire nella propria persona tutte le magistrature; e parecchi re d'Europa tutte le grandi cariche dello Stato. 

Sono certo che la pura aristocrazia ereditaria delle repubbliche italiane non risponda precisamente al dispotismo asiatico. La gran quantita' di magistrati tempera talvolta la magistratura; non tutti i nobili concordano sempre agli stessi disegni; vi si costituiscono diversi tribunali che si moderano a vicenda. 

Cosi' a Venezia, al Gran Consiglio spetta la legislazione; ai pregadi l'esecuzione; alle quarantie il potere giudiziario. Tuttavia il male e' che questi diversi tribunali sono formati da magistrati dello stesso corpo, il che viene a formare il medesimo potere. 

Il potere giudiziario non dev'essere affidato a un senato permanente, ma dev'essere esercitato da persone tratte dal grosso del popolo (b), in dati tempi dell'anno, nella maniera prescritta dalla legge, per formare un tribunale che duri soltanto quanto lo richiede la necessita'. 

In tal modo il potere giudiziario, cosi' terribile tra gli uomini, non essendo legato ne' a un certo stato ne' a una certa professione, diventa, per cosi' dire, invisibile e nullo (9). Non si hanno continuamente dei giudici davanti agli occhi , e si teme la magistratura e non i magistrati. 

Bisogna inoltre che, nelle accuse gravi, il colpevole, d'accordo con le leggi, si scelga i giudici; o per lo meno che possa rifiutarne un numero tale che quelli che rimangono siano reputati essere di sua scelta (10). 

Gli altri due poteri potrebbero essere conferiti piuttosto a magistrati o ad organismi permanenti , poiche' non vengono esercitati nei riguardi di alcun privato: non essendo, l'uno, che la volonta' generale dello Stato, e l'altro che l'esecuzione di questa volonta'. 

Ma se i tribunali non devono essere fissi, i giudizi devono esserlo a un punto tale da costituire sempre un preciso testo di legge (11). Se fossero una opinione particolare del giudice, si vivrebbe in una societa' senza conoscere esattamente gli impegni che vi si contraggono. 

Bisogna altresi' che i giudici siano della stessa condizione dell'accusato, o suoi pari, affinche' egli non possa mettersi in mente d'esser caduto nelle mani di persone inclini a usargli violenza. 

Se il potere legislativo concede a quello esecutivo il diritto di imprigionare i cittadini che possono dare cauzione della loro condotta, non v'e' piu' liberta' (12), a meno che non siano arrestati per rispondere senza indugio a un'accusa che la legge ha reso suscettibile di pena capitale; nel qual caso sono realmente liberi, perche' non sono sottomessi che al potere della legge. 

Ma se il potere legislativo si credesse in pericolo per qualche congiura segreta contro lo Stato, o qualche intelligenza con i nemici esterni, potrebbe permettere al potere esecutivo, per un periodo di tempo breve e limitato, di fare arrestare i cittadini sospetti i quali perderebbero la liberta' per un periodo di tempo, soltanto per conservarla per sempre. 

E' questo il solo modo conforme alla ragione di supplire alla magistratura tirannica degli efori, e agli inquisitori di Stato di Venezia, che sono anch'essi dispotici. 

Poiche' in uno Stato libero, qualunque individuo che si presume abbia lo spirito libero deve governarsi da se' medesimo, bisognerebbe che il corpo del popolo avesse il potere legislativo (13). Ma siccome cio' e' impossibile nei grandi Stati, e soggetto a molti inconvenienti nei piccoli, bisogna che il popolo faccia, per mezzo dei suoi rappresentanti, tutto quello che non puo' fare da se' (14). 

Si conoscono molto meglio i bisogni della propria citta' che quelli delle altre citta', e si giudica meglio la capacita' dei propri vicini che quella degli altri compatrioti. Non bisogna dunque, che i membri del corpo legislativo siano tratti in generale dal corpo della nazione, ma conviene che in ogni luogo principale gli abitanti si scelgano un rappresentante. 

Il grande vantaggio dei rappresentanti e' che sono capaci di discutere gli affari. Il popolo non vi e' per nulla adatto, il che costituisce uno dei grandi inconvenienti della democrazia. 

Non e' necessario che i rappresentanti, che hanno ricevuto da chi li ha scelti una istruzione generale, ne ricevano una particolare su ciascun affare, come si pratica nelle diete della Germania (15). E' vero che, in tal modo, la parola dei deputati sarebbe piu' diretta espressione della voce nazionale; ma farebbe incappare in lungaggini infinite, renderebbe ogni deputato padrone di tutti gli altri e, nei casi piu' urgenti, tutta la forza della nazione potrebbe essere arrestata da un capriccio. 

Quando i deputati, dice ottimamente il Sidney (16), rappresentano un corpo di popolo, come in Olanda, devono render conto a quelli che li hanno incaricati: la cosa e' ben diversa quando essi sono deputati dai borghi, come in Inghilterra. 

Tutti i cittadini , nei vari distretti, devono avere il diritto di dare il loro voto per scegliere il rappresentante, eccetto quelli che sono in uno stato di inferiorita' tale da essere reputati privi di volonta' propria. 

La maggior parte delle antiche repubbliche aveva un grave difetto: il popolo, cioe', deteneva il diritto di prendervi delle risoluzioni attive, che comportano una certa esecuzione, cosa di cui e' completamente incapace. Esso non deve entrare nel governo che per scegliere i propri rappresentanti, il che e' pienamente alla sua portata (17). Infatti, se poche sono le persone che conoscono l'esatto grado di capacita' degli uomini, ciascuno tuttavia e' in grado di sapere, in generale, se colui che [egli] sceglie e' piu' illuminato della maggior parte degli altri. 

Il corpo rappresentativo non dev'essere scelto nemmeno per prendere qualche risoluzione attiva, cosa che non farebbe bene , ma per emettere le leggi, o per vedere se sono state eseguite a dovere quelle che ha emesso, cosa che puo' fare benissimo; anzi, non c'e' che lui che possa farla bene. 

Ci sono sempre, in uno Stato, persone che si distinguono per la nascita, la ricchezza o gli onori; ma qualora venissero confuse con il popolo e non avessero che un voto come gli altri, la liberta' comune sarebbe la loro schiavitu', ed esse non avrebbero nessun interesse a difenderla, perche' la maggior parte delle risoluzioni sarebbero contro di loro. 

La parte che hanno nella legislazione deve essere dunque proporzionata agli altri vantaggi di cui godono nello Stato: il che avverra' se formano un corpo che abbia il diritto di arrestare  le iniziative del popolo, come il popolo ha il diritto di arrestare le loro. 

Percio' il potere legislativo verra' affidato e al corpo dei nobili e al corpo che sara' scelto per rappresentare il popolo, ciascuno dei quali avra' le proprie assemblee e le proprie deliberazioni a parte, e vedute e interessi distinti. 

["Corpo dei Nobili",  era indirettamente inteso, ad esempio, nello Statuto Albertino, il totale dei componenti del Senato, che oggi sarebbe utile nominare "oltre" il numero legale uscente dalle urne. Si veda su  - "Fert",  "Umberto II all'Assemblea dei Senatori del Regno. Roma, 3 febbraio 1955. N.d.R.].

Dei tre poteri di cui abbiamo parlato, quello giudiziario e', in qualche senso, nullo. Non ne restano che due; e siccome hanno bisogno di un potere regolatore per temperarli, la parte del corpo legislativo composta di nobili e' adattissima a produrre questo effetto. 

Il corpo dei nobili dev'essere ereditario. Lo e' prima di tutto per natura; e d'altra parte bisogna che abbia un grandissimo interesse a conservare le sue prerogative, odiose di per se', e che, in uno Stato libero, devono essere sempre in pericolo. Ma poiche' un potere ereditario potrebbe essere indotto a seguire i propri interesse particolari e a dimenticare quelli del popolo, bisogna che in quelle cose in cui si ha sommo interesse a corromperlo, come nelle leggi sulla esazione dei tributi, esso partecipi alla legislazione soltanto con la sua facolta' di impedire, e non con quella di statuire (18). 

Chiamo facolta' di statuire il diritto di ordinare da se', o di correggere quello che e' stato ordinato da un altro. 

Chiamo facolta' di impedire il diritto di annullare una risoluzione presa da qualcun'altro; ed era questo il potere dei tribuni romani. 

E per quanto colui che ha la facolta' di impedire possa avere anche il diritto di approvare, in tal caso questa approvazione non e' altro che una dichiarazione di non fare uso della facolta' di impedire, e deriva da queste facolta'. 

Il potere esecutivo dev'essere nelle mani d'un monarca perche' questa parte di governo , che ha bisogno quasi sempre d'una azione istantanea, e' amministrata meglio da uno che da parecchi; mentre cio' che dipende dal potere legislativo e' spesso ordinato meglio da parecchi anziche' da uno solo. 

Infatti, se non vi fosse monarca, e il potere esecutivo fosse affidato a un certo numero di persone tratte dal corpo legislativo, non vi sarebbe piu' liberta', perche' i due poteri sarebbero uniti, le stesse persone avendo talvolta parte, e sempre potendola avere, nell'uno e nell'altro. 

Se il corpo legislativo rimanesse per un tempo considerevole senza riunirsi, non vi sarebbe piu' liberta'. Infatti vi si verificherebbe l'una cosa o l'altra; o non vi sarebbero piu' risoluzioni legislative, e lo Stato cadrebbe nell'anarchia; o queste risoluzioni verrebbero prese dal potere esecutivo, il quale diventerebbe assoluto. 

Sarebbe inutile che il corpo legislativo fosse sempre riunito. Cio' sarebbe scomodo per i rappresentanti, e d'altra parte impegnerebbe troppo il potere esecutivo, il quale non penserebbe piu' a eseguire, ma a difendere le sue prerogative e il diritto che ha di eseguire. 

Di piu', se il corpo legislativo fosse riunito in permanenza, potrebbe capitare che non si facesse che sostituire nuovi deputati a quelli che muoiono; e in questo caso, una volta che il corpo legislativo fosse corrotto, il male sarebbe senza rimedio. 

Quando diversi corpi legislativi si susseguono gli uni agli altri, il popolo che ha cattiva opinione del corpo legislativo attuale trasferisce, con ragione, le proprie speranze su quello che succedera'. Ma se si trattasse sempre dello stesso corpo, il popolo, una volta vistolo corrotto, non spererebbe piu' niente dalle sue leggi, s'infurierebbe o cadrebbe nell'apatia. 

Il corpo legislativo non deve riunirsi di sua iniziativa; infatti si ritiene che un corpo non abbia volonta' se non quando e' riunito, e se non si riunisse per decisione unanime non si riuscirebbe a dire quale parte sia veramente il corpo legislativo: quella che e' riunita o quella che non lo e'. E se avesse il diritto di aggiornare da se' le proprie riunioni , potrebbe accadere che non le aggiornasse mai; il che sarebbe pericoloso , qualora volesse attentare al potere esecutivo. D'altra parte, vi sono periodi piu' opportuni di altri per la convocazione del corpo legislativo: bisogna dunque che sia il potere esecutivo a regolare il periodo della convocazione e la durata di questa assemblee, in rapporto alle circostanze che gli sono note. 

[Regolate ora dal testo costituzionale.  N.d.R.]. 

Se il potere esecutivo non ha il diritto di bloccare le iniziative del corpo legislativo, questo diventera' dispotico; poiche', siccome potra' darsi tutto il potere che potra' immaginare, annientera' tutti gli altri poteri. Non bisogna pero' che il potere legislativo abbia reciprocamente la facolta' di bloccare il potere esecutivo. Infatti, poiche' l'esecuzione ha i suoi limiti per la sua stessa natura, e' inutile limitarla; oltre che il potere esecutivo si esercita sempre su cose del momento. 

Il potere dei tribuni romani era difettoso in quanto arrestava, non solo la legislazione, ma anche l'esecuzione: il che era causa di grandi mali. 

Ma se, in uno Stato libero, il potere legislativo non deve avere il diritto di bloccare il potere esecutivo, ha il diritto e deve avere la facolta' di esaminare in qual modo siano state eseguite le leggi che ha fatto (19), ed e' questo il vantaggio che ha questo governo su quelli di Creta e di Sparta, dove i cosmi e gli efori non rendevano conto della loro amministrazione. 

Tuttavia, qualunque sia questo esame, il corpo legislativo non deve avere il potere di giudicare la persona, e in conseguenza la condotta di colui che eseguisce. La sua persona dev'essere sacra, perche' essendo egli necessario allo Stato affinche' il corpo legislativo non vi divenga tirannico, dal momento in cui fosse accusato o giudicato non ci sarebbe piu' liberta'. In tal caso lo Stato non sarebbe una monarchia, ma una repubblica non libera.

[Montesquieu si riferisce al sistema britannico di governo in vigore nel tempo suo, quindi al Re. 

In paragone ai tempi nostri, la "sacralita' della persona" di cui egli parla, potrebb'essere incarnata soltanto da un Re costituzionale, perche' solo un tale Re puo' essere "necessario allo Stato affinche' il corpo legislativo non vi divenga tirannico", che questo e' lo scopo della esistenza di un Re in un moderno Stato di diritto. N.d.R.].

Ma siccome chi eseguisce non puo' eseguire male senza avere cattivi consiglieri, che odiano le leggi come ministri, quantunque esse li favoriscano come uomini, questi consiglieri possono essere ricercati e puniti. E questo e' il vantaggio di un simile governo su quello di Cnido, dove,  poiche' la legge non permetteva di chiamare in giudizio gli amimoni (c), neppure dopo il loro periodo di amministrazione (d), il popolo non poteva mai farsi render ragione dei torti che gli erano stati fatti (19 bis). 

Sebbene, in generale, il potere giudiziario non debba essere unito a nessuna parte di quello legislativo, tre sono le eccezioni basate sull'interesse particolare di chi dev'essere giudicato. 

I grandi sono sempre esposti all'invidia; e, se fossero giudicati dal popolo, potrebbero trovarsi in pericolo e non godrebbero del privilegio che, in uno Stato libero, ha l'ultimo dei cittadini, dev'essere giudicato dai suoi pari. Bisogna dunque che i nobili non siano chiamati a comparire davanti ai tribunali ordinari della nazione, ma davanti a quella parte del corpo legislativo che e' composto di nobili.

[Montesquieu si riferisce alle regole riguardanti la cosiddetta "Camera dei Lord", regole modificate solo in tempi relativamente recenti.

Come e' stato gia' scritto, la corrispondenza allo spirito di questa legge, la Monarchia italiana la dette attraverso la istituzione del Senato elettivo, in cui i Lord (o la nobilta' titolata) erano sostituiti dai migliori cittadini distinti per meriti pratici universalmente riconosciuti. N.d.R.]. 

Potrebbe accadere che la legge, la quale e' allo stesso tempo chiaroveggente e cieca, fosse, in certi casi, troppo severa. Ma i giudici della nazione sono soltanto, come abbiamo detto, la bocca che pronuncia le parole della legge: esseri inanimati che non possono regolarne ne' la forza, ne' la severita'. Dunque la parte del corpo legislativo che, lo abbiamo detto or ora, e' un tribunale necessario in altra occasione, lo e' anche in questa: spetta alla sua suprema autorita' di moderare la legge a favore della legge stessa, pronunciandosi meno severamente. 

Potrebbe anche accadere che qualche cittadino, negli affari pubblici, violasse i diritti del popolo e commettesse delitti che i magistrati costituiti non sapessero o non volessero punire. Ma, in generale, il potere legislativo non puo' giudicare; e ancor meno lo puo' in questo caso particolare, in cui rappresenta la parte interessata, cioe' il popolo. Esso dunque non puo' essere che accusatore. 

Ma davanti a chi accusera'? Andra' ad abbassarsi davanti ai tribunali della legge, i quali sono suoi inferiori, e del resto composti di persone che, essendo popolo anch'esse, sarebbero trascinate dall'autorita'  di un cosi' grande accusatore? 

No: bisogna, per conservare la dignita' del popolo e la sicurezza del particolare, che la parte legislativa del popolo accusi davanti alla parte legislativa dei nobili, la quale non ha ne' i suoi stessi interessi, ne' le sue stesse passioni. 

Questo e' il vantaggio di un simile governo sulla maggior parte delle repubbliche antiche, nelle quali vigeva l'abuso che il popolo fosse, allo stesso tempo, e giudice e accusatore. 

Il potere esecutivo, come dicemmo, deve prender parte alla legislazione con la sua facolta' d'impedire; senza di che in breve sarebbe spogliato delle sue prerogative. Ma se il potere legislativo prende parte all'esecuzione, il potere esecutivo sara' ugualmente perduto. 

Se il monarca prendesse parte alla legislazione con la facolta' di statuire, non vi sarebbe piu' liberta'. Ma siccome e' necessario che abbia parte nella legislazione per difendersi, bisogna che vi partecipi con la sua facolta' d'impedire. 

La causa del cambiamento del governo a Roma fu che il senato, il quale aveva una parte del potere esecutivo, e i magistrati, i quali avevano l'altra, non avevano, come il popolo, la facolta' d'impedire.

[In Italia, grazie al premio di maggioranza su coalizioni, ed ancor piu' in Inghilterra, ove il potere esecutivo e' dato a un partito di maggioranza, la facolta' di impedire di un parlamento e' fortemente ridotta. Meno lo e' negli USA o in Francia. Non so in Germania. Ancora in Italia, le previste modifiche alla Costituzione darebbero all'Assemblea Nazionale ancor meno facolta' d'impedire (un colpo di Stato, ad esempio), ma al cosiddetto Senato delle Regioni maggior facolta' di agire, per cui al sistema, prima della definitiva approvazione, dovrebb'essere concessa una fase sperimentale]. 

Ecco dunque la costituzione fondamentale del governo di sui stiamo parlando. Il corpo legislativo essendo composto di due parti, l'una terra' legata l'altra con la mutua facolta' d'impedire. Tutte e due saranno vincolate dal potere esecutivo, che lo sara' a sua volta da quello legislativo. 

Questi tre poteri dovrebbero rimanere in stato di riposo, o di inazione. Ma siccome, per il necessario movimento delle cose, sono costretti ad andare avanti, saranno costretti ad andare avanti di concerto. 

Il potere esecutivo, non facendo parte del legislativo che per la sua facolta' d'impedire, non potrebbe ingerirsi nel dibattito degli affari. Non e' nemmeno necessario che proponga, poiche', potendo sempre disapprovare le risoluzioni, puo' respingere le decisioni delle proposte che avrebbe voluto non si fossero fatte. 

In alcune repubbliche antiche, dove il popolo in corpo aveva il dibattito degli affari, era naturale che il potere esecutivo li proponesse e li dibattesse con lui; senza di che vi sarebbe stata una strana confusione nelle decisioni. 

Se il potere esecutivo statuisce sull'esazione del denaro pubblico altrimenti che attraverso il proprio consenso, non vi sara' piu' liberta', perche' quel potere diverra' legislativo nel punto pi importante della legislazione. 

Se il potere legislativo statuisce, non d'anno in anno, ma per sempre, sull'esazione del denaro pubblico [riscossione delle imposte], corre il rischio di perdere la sua liberta', perche' il potere esecutivo non dipende piu' da esso; e quando si detiene per sempre un simile diritto, e' piu' o meno indifferente che lo si detenga da s� stesso o da un altro. Lo stesso avviene se statuisce, non d'anno in anno, ma per sempre, sulle forze terrestri e marittime che deve affidare al potere esecutivo. 

Affinche' chi eseguisce non possa opprimere, bisogna che gli eserciti che gli si affidano vengano dal popolo, e abbiano lo stesso spirito del popolo, come fu a Roma fino ai tempi di Mario. E perche' cio' sia cosi', non ci sono che due mezzi: o che coloro che vengono reclutati nell'esercito abbiano beni sufficienti per rispondere della propria condotta agli altri cittadini, e che siano arruolati soltanto per un anno, come si faceva a Roma; oppure, se c'e' un corpo di truppa permanente in cui per di piu' i soldati siano una delle parti piu' basse della nazione, bisogna che il potere legislativo possa scioglierlo quando vuole; che i soldati abitino con i cittadini, e che non vi siano ne' accampamenti separati, ne' caserme, ne' piazze d'armi. 

Una volta costituito l'esercito, questo non deve dipendere direttamente dal corpo legislativo, ma dal potere esecutivo; e cio' per la natura stessa delle cose; perche' la sua caratteristica consiste piu' nell'azione che nella deliberazione. 

E' proprio del modo di pensare degli uomini che si faccia maggior caso del coraggio che della timidezza; della prontezza che della prudenza; della forza che dei consigli. 

L' esercito disprezzera' sempre un senato e rispettera' i propri ufficiali. Terra' poco conto degli ordini che gli saranno inviati da parte di un corpo composto di persone che riterra' timorose, e indegne percio' di comandarlo. Quindi, non appena l'esercito dipendera' unicamente dal corpo legislativo, il governo diverra' militare. 

E se mai e' avvenuto il contrario, e' stato per effetto di qualche circostanza straordinaria; perche' l'esercito vi e' sempre separato; perche' e' composto di parecchi corpi che dipendono ciascuno dalla propria provincia particolare; perche' le capitali sono eccellenti piazzeforti che si difendono con la loro sola situazione e dove non stanziano truppe. 

L' Olanda e' ancor piu' al sicuro di Venezia; essa sommergerebbe le truppe ribelli, le farebbe morire di fame. Le truppe, infatti, non stanziano nelle citta' che potrebbero dar loro di che sussistere; questo sostentamento e' quindi precario. 

Se poi, nel caso in cui l'esercito e' guidato dal corpo legislativo, particolari circostanze impediscono al governo di diventar militare, si cadra' in altri inconvenienti; avverra' l'una cosa o l'altra: o bisognera' che l'esercito distrugga il governo, o che il governo indebolisca l'esercito. E questo indebolimento avra' una causa davvero fatale: nascera' dalla debolezza stessa del governo. 

Se si leggera' la mirabile opera di Tacito sui costumi dei Germani (e), si vedra' che gli Inglesi hanno tratto da quelli l'idea del loro governo politico. Questo bel sistema e' stato trovato nei boschi (20). 

Siccome tutte le cose umane hanno una fine, lo Stato di cui parliamo perdera' la sua liberta', perira'. Roma, Sparta e Cartagine  sono pur perite (21). Perira' quando il potere legislativo sara' piu' corrotto di quello esecutivo. 

Non sta a me di esaminare se gli inglesi godono attualmente di questa liberta', o no. Mi basta dire che essa e' stabilita dalle loro leggi, e non chiedo di piu'. 

Non pretendo con cio' di avvilire gli altri governi, ne' dichiarare che questa liberta' politica estrema debba mortificare quelli che ne hanno soltanto una moderata. Come potrei dirlo io, che credo che non sia sempre desiderabile nemmeno l'eccesso della ragione; e che gli uomini si adattino quasi sempre meglio alle istituzioni di mezzo che a quelle estreme? 

Harrington (22), nel suo Oceana, ha anche esaminato qual sia il piu' alto punto di liberta' a cui puo' essere portata la costituzione di uno Stato. Ma di lui si puo' dire che ha cercato questa liberta' soltanto dopo averla misconosciuta, e ha costruito Calcedonia avendo dinanzi agli occhi la riva di Bisanzio (23).

(a): A Venezia.

(b): Come in Atene.

(c): Erano magistrati che il popolo eleggeva tutti gli anni. Vedere Stefano di Bisanzio.

(d): I magistrati romani potevano essere accusati dopo la loro magistratura. Vedere, in Dionigi di Alicarnasso, lib. IX (cap. 37), l'affare del tribuno Genuzio.

(e): De minoribus rebus principes consultant, de majoribus omnes; ita tamen ut ea quoque quorum penes plebem arbitrium est apud principes pertractentur (Germania II, cap. 9).

Fine della prima parte

Libro XI, prima parte

Libro XI, seconda parte

Libro XI, terza parte

Commentario di Robert Derath�:   I.   II.   III.

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