Ricordi fiumani di Giulio Scala

Edizione sul web

Siamo lieti e anche onorati di presentare la raccolta definitiva, finalmente completata dalla abnegazione della figlia Cristina, delle opere di letteratura minuta raccolte in vita dal padre,  commissario di bordo di navi di tutte le categorie e pertanto "visitatore del mondo".

Il lavoro di Giulio, realizzato soprattutto per intrattenersi coi suoi compagni di esilio, non vuol seguire i canoni di un  lavoro d' alta cultura (le sue opinioni sul filosofo Nietzsche sarebbero oggi contestabili), bensì quello di alta civiltá ove per civiltá si intenda la conoscenza di usi e costumi dei popoli. La Fiume multietnica raccontata da Giulio non è, ne' la Fiume fascista, ne' Rijeka. L' Austria e l' Ungheria ebbero il merito di non avere forzato, nel popolo, ne' l' uso della lingua tedesca, ne' di quella ungherese. Il dialetto venetofono governava la multietnicitá, così come anche una effettiva multireligiositá.

Pertanto, siccome la votazione del primo dopoguerra diede la maggioranza agli autonomisti, possiamo sostenere sia stato proprio il disprezzo delle più elementari leggi di civiltá a provocare l' esodo del secondo dopoguerra. Leggi mai riconosciute nemmeno dallo "Occidente" attuale. Comunque, quello che è stato è stato, e ormai nessuno, nemmeno Giulio, ha più interesse a "scavare nel torbido".

Il lettore, più che in un libro di storia, si sentirá immerso nell' avventura, diventerá "il visitatore della cittá perduta", proprio alla Conrad. Una storia, però, raccontata con grande senso e rispetto della veritá.

Abbiamo scelto di presentarla a puntate, non solo per cause tecniche dovute alla nostra limitatezza strutturale, ma anche perchè - riflettendo - tutto il lavoro compiuto finora sugli scritti di Scala, è stato il lavoro di una involontaria presentazione a puntate.




  • GIULIO SCALA

    RICORDI  FIUMANI

    Sommario:

  • Prefazione

  • Biografia di Giulio Scala

    Bonanote Fiume

    Giulio Scala

    RICORDI FIUMANI e CIACOLADE DI GIULIO SCALA

    Menzione d’Onore al Premio Letterario "Gen. Loris Tanzella" 2015.

    Prefazione..

    Era il 1976, avevo solo 4 anni e abitavo al quinto piano di una palazzina in via SS. Martiri 14 a Trieste. Io e mio fratello Marco, la sera, non riuscivamo ad addormentaci subito e chiedevamo: "Papá, raccontaci una storia".

    E lui, seduto a fianco del mio letto, senza un libro in mano e senza doversi inventare qualcosa, a luci spente ci raccontava ogni sera una storia, sempre nuova, di un bambino che aveva vissuto molte avventure in tanti posti diversi. Io lo ascoltavo a lungo e con gli occhi chiusi, immaginandomi il suo racconto, ma facevo fatica a prendere sonno.

    Le storie di questo bambino erano così appassionanti che quando papá si fermava per vedere se ero finalmente addormentata, aprivo gli occhi e dicevo: "Ma papá, perchè ti fermi ? Come continua la storia di questo bimbo ?"

     "E lui mi rispondeva: "Domani sera ti racconto come va avanti ..."

    Mi dava il bacino della buonanotte e io mi giravo dall' altra parte sperando che arrivasse presto il domani sera.

    Giá da allora, però, avevo intuito che le storie che papá raccontava non erano favole, come quelle famose che si raccontano di solito ai bambini della mia etá: erano la SUA storia, di quando lui era piccolo a Fiume, la cittá dove aveva vissuto intensamente, e questo rendeva le storie, e lui che le raccontava, molto speciali.

    Pur nella sua condizione di esule in Campo Profughi, riuscì a conquistarsi una laurea che lo fece navigare per tutti i mari del mondo con il grado di Commissario di bordo conoscendo una umanitá diseredata, emigrante  raminga come i profughi di altre parti del mondo, con la sola speranza di ricominciare una vita migliore in una nuova terra. E lì il salto all' Alitalia come funzionario per le Pubbliche Relazioni nel prestigioso Aeroporto Intercontinentale di Francoforte. Poi rientra a Trieste dove si impiega con funzioni direttive, per otto anni, presso il Lloyd Triestino in piazza unitá d' Italia - la sua ex Compagnia Armatoriale - e qui completa la sua preparazione commerciale che lo riporterá in Germania per terminare la sua brillante carriera al servizio della Societá Grimaldi Group curando - in dieci anni di autentici successi - le spedizioni via mare delle auto tedesche dai porti anseatici verso il mercato americano.

    Una meravigliosa esperienza di vita e di mondo in continuo confronto con la sua amata Fiume, che lui definiva internazionale e crogiuolo di lingue e culture diverse. All' uscita dei computer egli iniziò a scrivere brevi storie in dialetto nei diversi giornali, tra cui "La Voce di Fiume" e "La Voce del Popolo", con i quali collaborò per oltre 10 anni con le sue efficaci "Ciacolade dalla Mitteleuropa" - "El Fiuman"  di Newport (Melbourne) "El Boletin" del Club giuliano-dalmato di Toronto e i siti "Forum Fiume" e "Mailing List Histria", che riservavano abbondante spazio ai suoi articoli che parlavano della cittá perduta.

    Oltre che essere suoi ricordi fiumani di gioventù, erano messaggi per i più giovani, quelli che non avevano avuto il privilegio di nascere e crescere a Fiume nella condizione di convivenza con altre genti e culture - per non confondersi con skinheads solo distruttivi, ma di essere orgogliosamente onorati dell' appartenenza ideale e culturale alla Terra di San Vito. 

    Nel 2003 ebbe un ictus, ma fortunatamente - e anche per la tenacia di mia madre Karin Hollube, anch' essa profuga (dei Sudeti)  - si riprese bene, e ancora ricoverato in ospedale a San Vito al Tagliamento, durante il suo recupero in fisioterapia, insisteva a portargli il computer portatile, per dettare - perchè non riusciva più a scrivere con le sue mani - nuove "ciacolade" destinate ai fiumani rimasti e a quelli sparsi per il mondo.

    Si dispiaceva che la mia mamma - che era di madrelingua tedesca - non volesse scrivere in dialetto per non storpiare la scrittura fiumana, e fu così che nacquero le nuove "ciacolade" in lingua.

    La mamma ci teneva moltissimo che lui un giorno pubblicasse questi racconti della sua vita. Purtroppo loro non sono mai riusciti a realizzarlo, ma ora - che entrambi ci hanno lasciati solo tre anni fa, nel 2012 - sono lieta di poter esaudire questo loro desiderio.

     Una breve parentesi.

    Voglio inserire in queste brevi note, che Maria e Franco Denes ricordano, del mio papá, come scoprirono, da un giorno all' altro, di avere un fratello di cui non conoscevano l' esistenza, con la passione per i viaggi, le lingue, la letteratura, la mucica.

    Per loro il suo arrivo aveva significato molto di più che un' aggiunta al numero dei fratelli: mio papá aveva aperto una pagina della storia della famiglia Denes di origini ungheresi, di cui sapevano poco o niente. Il padre Giulio era venuto in Italia come studente a diciotto anni e - nonostante ogni tanto parlasse di Fiume in famiglia, e una volta fossero anche andati a vedere la tomba bel nonno a Cosala - i figli non avevano veramente una idea di come la cittá in cui gli avi avevano passato gli anni più importanti, da un punto di vista formativo, della sua vita, anche se il fratello Giulio li documentava sui personaggi, fatti, usanze e storia di Fiume. Congiuntamente con Maria e Franco Denes, e mio fratello Marco, spero che questo libro possa diventare una promettente ispirazione per le nuove generazioni e per i nuovi papá, per mantenere viva per i loro figli la "storia" di Fiume e dei fiumani.

    Penso che questo fosse ciò che Giulio Scala de Bonarotti avrebbe voluto.

    Cristina Scala.

    Papá, raccontami una storia.

    Biografia di Giulio Scala.

     

     Giulio Scala è nato a Fiume il 6 Novembre 1928 dove ha frequentato la Scuola Elementare di piazza Cambieri e in seguito, per sette anni, l' Istituto Tecnico Commerciale "Leonardo da Vinci". Non concluse il suo corso di studi nel 1945 e esule in Italia dal 1946 - fu ammesso al Collegio "Niccolò Tommaseo" per profughi giuliano-dalmati, di Brindisi, dove ha conseguito il diploma di ragioniere. Successivamente, studiando da "ospite" in un campo profughi a Bagnoli - si è laureato in Scienze Marittime nell' Universitá di Napoli.

    Attratto dal mare e dal desiderio di vedere il mondo, subito trovò imbarco su navi della Sitmar e della Grimaldi, che portavano gli emigranti europei nelle Terre Promesse in Canada, Venezuela e Australia, dove si trovò in contatto con un' altra umanitá diseredata, emigrante e raminga, e cioè i profughi di altre parti del mondo, con la sola speranza di ricominciare una vita migliore in una nuova terra.

    Seguì poi una gratificante carriera in qualitá di Commissario di Bordo sulle bianche e lussuose navi del prestigioso Lloyd Triestino sulle linee dell' Estremo Oriente.

    Nel 1964, volendo misurare il suo impegno in terraferma - approdò all' Alitalia di Francoforte sul Meno, con mansioni direttive nei compiti di Relations, dove conobbe e sposò, nel 1966, Karin Hollube, anch' essa profuga dei Sudeti ceduti alla Cecoslovacchia.

    Quando nel 1971 si presentò l' opportunitá di rientrare per lavoro in Italia,accettò un incarico con funzioni direttive per otto anni presso il Lloyd triestino in Piazza Unitá d' Italia - sua ex Compagnia Armatoriale - e qui completò la sua preparazione commerciale che lo avrebbe portato nuovamente in Germania  per terminare la sua brillante carriera al servizio della Societá Grimaldi Group.

    Una meravigliosa esperienza di vita e di mondo in continuo confronto con la sua amata Fiume, che lui definiva internazionale e crogiuolo di genti , di lingue e di culture diverse.

    Nel 1986 fu presente a Lazise sul Garda quando un numeroso gruppo di ex Allievi del Collegio "N. Tommaseo" di Brindisi decisero di costituire la Libera Unione dei Muli del Tommaseo, partecipando da allora attivamente ai vari raduni dei Muli, sia a Colle Isarco che a Mogliano Veneto. Maturata la pensione, nel marzo 2000, rientrò in Italia prendendo residenza nella storica cittadina veneta di Concordia Sagittaria. 

    Sin dall' uscita dei computer, negli anni '80, egli iniziò a scrivere brevi  storie in dialetto per diversi giornali, tra cui "La Voce di Fiume" e "La Voce del Popolo" con i quali lavorò per circa 10 anni.

    Nel 2003, a seguito di un intervento all' anca, fu colpito da una ischemia cerebrale che lo limitava notevolmente nei suoi movimenti fisici. Quando sfortunatamente anche la moglie Karin si ammalò di leucemia, per godersi un po' la gioia di essere diventati nonni dal figlio Marco che era sempre rimasto in Germania, decisero di trasferirsi di nuovo in Germania nel marzo 2012, nella cittadina di Hattersheim am Main, nella periferia di Francoforte, in un appartamento dentro una struttura indipendente, con tutti i servizi di assistenza medica e infermieristica. Karin, dopo soli 5 giorni dal trasloco, non si risvegliò più una mattina e il cuore di Giulio - dopo 46 anni di vita felice insieme - non riuscì a sopportare la mancanza della sua amata moglie e la seguì dopo soli 4 mesi, nel luglio 2012.

    Giulio e Karin

    Bonanote Fiume

    Me son insognado

    che son tornato

    a pasegiar per le rive.

    Mi solo, guardando de lontan 

    le luci dei pescadori brilar come le stelle.

    I cucai i dorme sui copi dei magasini.

    Sul canton de Braida (1) in Vial

    intorno ai ferai, sofigadi nel verde .

    gira la ronda dei pipistrei.

    Sera de estate. Tiepida la xe l' aria, la ga odor de mar

    e de scombri rostidi sul carbon

    dai ciosoti cuciadi 

    sul ponte del bragozo (2).

    Su' l bragozo vizin

    la fiama del carburo la ilumina le fete

    de anguria del color del sangue.

    Un altro el ga giá molá le zime

    e col motor che el tossise soto voze

    el pasa pian pian su la aqua nera

    davanti del Molo Scovazza (3).

    Abbazia la scintila de mille luci

    che le trema.

    Drio del Mololongo un rimurciador

    el ne mostra el rosso (4).

    El va verso Porto Baross.

    Una bava de ventisel la me fa i grizoli

    sul brazo ...

    Xe ora de andar a casa

    verso Bonaroti,

    suso per le strade e scalete

    indormenzade.

    Davanti de una ostaria

    col rolò metá serado

    e con dò tavolini in scuro sul marciapie

    se vede el puntin rosso 

    de un spagnoleto impizado.

    Un gato bianco cole macie nere

    el traversa cucio cucio la strada

    in punta de pie.

    Bonanote Fiume.

    1. Braida. Piccolo rione tra la Stazione e il Centro Cittá.

    2. Bragozzo. Tipica tozza imbarcazione da carico veneta dell' Adriatico, a vela più motore.

    3. Molo Scovazza. Molo costruito dove una volta si scaricavano in mare le immondizie.

    4. rosso. (fanale), le luci di posizione delle imbarcazioni. Verde a destra (tribordo), rosso a sinistra babordo. Il comandante del peschereccio dá l' ordine con la mano: tre dita tribordo, due dita babordo.

    L' Arco romano

    1^  puntata

    Ciacolade dalla Mitteleuropa

    ogni sabato, dal 16 maggio 2015.

    Ogni nuova pubblicazione dalle ore 18, salvo Share Point

    non  funzionasse, per cui bisognerá attendere un poco.


    QUANDO  JERIMO  PICI

    A una zerta etá, pasada la cosideta meza etá, se se ricorda sempre volentieri de quando che jerimo pici nela nostra bela Fiume che ogi, guardando indrio, ne par come un' isola incantada, se pensemo a tute le sporcherie, le ingiustizie e le cativerie che - dopo la nostra "diaspora" - xe successe e succede, ogi più che mai in tuto el mondo.


    Giulietto in molo Scovazza

    Se stemo avizinando a la estate del 1982, quando iero picio a Fiume, in quele bele sere tiepide de estate, se trovavimo coi amici nostri de familia, e precisamente la familia del pitor Amato Fumi, dopo una zena in Braida. I grandi i andava a giogar boce. Se i andava a "I due moreri" - che la jera una tratoria in prinzipio de via Valscurighe, a destra, che la gaveva un bel giogo de boce, sotto due grandi alberi del gelso (detti, appunto, "moreri"), cole mensolete de legno, per posar el mezo litro, o el dopio de nero e de spriz. A mi ime comprava 

    una passareta bela rossa, che noi ciamavimo sinalco.

    A mi me piaxeva assai de più co' i andava a giogar de Fontanela, in fondo a via Parini vizin de la fabrica Tabachi, perchè alora mi me becavo un gelato de limon e frambua.

    Quatro o cinque ani fa jero per lavor a Praga, in Zecoslovacchia. Jera una domenica de dopopranzo, e in zitavecia soto el "heracin", go visto muleti con una broca in man  che i andava in ostaria a comprar bira siolta a spina. Me xe vegnudo in a mente: noi abitavimo in Bonaroti, sul canton su la via Giotto, verso la casa Balilla - che sempre de estate, la mia mama bonanima, co' gavevimo visite, la me mandava cola broca a cior bira in quela ostaria che jera sul giro de Belveder, o se no me tocava andar fino de "Andemo da Mariano" soto del Nautico.

    Quando che go fato diezi ani, mia Mama la me ga comprado per 90 lire - e jera un mucio de bori - una bizicleta de seconda man, una Bianchi color nero. Prima de tuto go dovudo imparar a andar in bizicleta in tel quartier general de noi muli brosquari. Veramente Bonaroti jera proprio al confin fra la Brosquaria Co9sala - Belveder e la Parochia dei Capuzini che jera la nostra. Mia Mama la me dixeva che noi erimo assai meio dei brosquari che i ieri non proprio così strazoni e ordinari come quei de Gomila, ma poco ghe mancava.

    Dunque, stavo dixendo che de estate el nostro "campo gioghi" jera el piazal davanti el zimiterio de Cosala, e proprio lá go imparado a andar in bizicleta. Sicome no gavevo sempre i bori per andar in bagno a Cantrida o in Mololongo al Quarnero, el nostro più bel posto per andar a nudar de estate (apunto co la bizicleta) jera la baia de l' Amor, dove però se tajava i piedi sule grote.  Ancora più bel iera a Preluca, prima ancolra de la curva  i brusava le scovazze - adeso i ga costruido lá una tribuna de zimen la curva, dove iera le tonare e dove i brusava le scovazze - adesso i ga costruido lá una tribuna de zimento per quede motocicleta - e lá le grote jera lisse e sul fondo jera anche un poco de sabieta, quasi come in Abazia al bagno Slatina. El vecio stabilimento de legne xe crolado, me par el ano scorso. Non so proprio se el Cattalini (direttore responsabile de "La Voce di Fiume" ndr) el lassará che stga due monade che go scrito nel mio fiuman italianizado apòari sul giornal.

    Son sicuro però che a qualchedun de noi, forse in Canada o in Australia, ghe fará piazer de leger qualchecossa su la nostra estate de quando che ierimo pici e de quando che jerimo muli a Fiume, quela Fiume che, gurdando indrio, ne par come una isola de paze e serenitá in questo Mondo dove xe "homo Homini lupus".

    Primavera 1982.


    Aringhe  tedesche  col  late.

    Come dicevo nella mia ultima ciacolada, la Germania, come tuti i sa, xe la tera dei capuzi garbi e de le luganighe. Ma sicome la ga anca un bel toco de costa sul mar (Mar del Nord) anca qua, in tute le stagioni, se magna pessi. Lasemo star quei de acqua dolze, che per mi, nato e cresudo a Fiume, no i ga mai avudo un "vero" gusto de pesse. Quel che qua se magna assai xe aringhe. La "renga" da noi più conossuda jera quela salada, o meio quela fumigada, a l' ombra de la qual, impicada sulla capa del camin, i furlani proverbialmente i tociava la feta de polenta bianca, taiada con la corda de violin.

    Qua inveze le aringhe (in tedesco "Hering") se le compra in tute le salse, fresche, sute, salade, in salamoia, in scatola, e, ciaro, anca fumigade. El modo più conossudo e difuso de magnar la renga qua in Germania xe a la "Casalinga" (Hausfrauenart), cioè i feti de renga tiradi fora dela salamoja, sciacquadi soto la spina e condidi crudi con fetine de zivola, fetine de porni per cavarghe el salado, cucumari sotoazeto e ... late (!) (se me sentissi mia mamma bonanima).

    Noi a Fiume gavevimo una cusina granda indove se svolgeva la vita familiare. La parte però, dixemo cussì, prinzipal de la cusina jera el sparghert e un bel "vintofer". El nostro vintoffer (anca dal tedesco Wind Ofen) che voleva dir Stufa a Vento) jera praticamente una nichia sul muro maestro colegada diretamente col camin, con un buso de soto per el carbon dolze e una porta blindada pesante de fero, con due ante, con una granda spranga trasversal luzida e due bei pomoli de cotòn per serar ermeticamente el tuto.

    A casa nostra, come mi credo in quasi tute le case fiumane, sicome galina se magnava per Nadal e - se le condizioni economiche le iera in rialzo, magari anca per Pasqua e per Feragosto - un giorno sì e un giorno no se magnavimo pessi.

    A parte el brodeto (zevoli, scorpene, scampi, ecc.) cola polenta giala masinada grossa, e i sardoni friti - in tempo de guera in ojo del colza dela ROMSA - con radicio, rucola e motoviliza e fasoi, uno dei elementi base che ga contribuido al mio svilupo nela adolescenza, jera i sgombri -che i costava un bianco e un nero -cosideti "Sula gradela".

    Mesi apunto su una gradela su le bronze de carbon dolze. Perchè el carbon "tirassi" e no se impinissi de fumo la cusina, se serava apunto le porte del vintofer.

    Quando che i jera ben rostidi e i oci jera diventadi bianchi, se li tirava fora e sul piato se li condiva con ojo de oliva dalmato, de quel bon, petersemolo fresco (dal tedesco "Petersilie") e aio taiado a tochetini.

    Adeso che ghe penso, credo propio che el profumo de quei sgombri sula gradela me perseguiterá fino a la fin dei miei giorni e - se devo eser propio sinzero, i jera mile, zentomila volte meio de le renghe tedesche col late.

    Gennaio, 1983.


    La professoressa Cattalinich

    Qua in Germania bisogna dir che nonostante tuti i lati positivi - el sol se lo vede de raro, vita de lavor "stressante"... e gnente scombri, ma una roba che xe propio bona: le scole.

    Mio fio va in Ginasio, una scola a l' antica con molta disciplina (tedesca),ma i insegnanti i xe boni e i muli i impara veramente qualcossa.

    Quel che gavevimo noi a Fiume, e questo dovemo zigarlo forte, jera assai boni professori. Ancora ogi, per tuto el mio capital cultural de storia e leteratura italiana (quatro volumoni de i "imortali") go un grando debito verso la nostra cara professoressa Cattalinich, inflessibile, ma valentissima, che la me ga dado una istruzion storica e leteraria a livelo se pol dir quasi universitario. Co' i cavei a la "mas ceta" (á la garconne), la giachetina de pelicia curta e i diti giali de nicotina, la voze calma e severa, la me domandava, cola sua erre moscia, e a noi muli e mule la ne dava sempre del lei: "Scala, mi parrli delle Crrociate".  Mi in storia me rangiavo  perchè me piaxeva, ma jera altri mii compagni de clase che - o per el panico de la scena, o perchè inveze de imparar a casa sul libro de storia - i jera andadi in zinema capuzini in Sabiza a guardar la pelicola dei comboi, dove i frati i taiava sempr la scena del baso final, quando che el eroe sul caval bianco el salva dai banditi la fia del paron dela miniera.

    Sti muli i fazeva spesso, davanti alle ciare e inesorabili domande dela Cattalinich "scena muta".

    Petrarca, Manzoni, Leopardi, Carducci, per mi tuti sti grandi poeti italiani xe e sará sempre ligadi ale lezioni de la nostra indimenticabile Professoressa al Tecnico de Fiume.

     

     

    Campanili bianchi che se vedeva de lontan

    Sto ano xe Pasqua "bassa" perchè la casca ai primi da april e questo per el fato che anca l' ultimo de Carneval era giá a metá de febraio.

    Qua i tedeschi i ga anca lori tradizioni pasquali. Presempio el giorno de Pasqua lori i scondi in giardin de casa, o in campagneta nele graie ovi coloradi e de ciocolata, e i fioi, muleti e mulete, i se diverte a zercar sti ovi con un rastrelin in man.

    Da noi a Fiume, inveze, una bela roba che mi me ricordo era la marenda de Pasqua. La mia mama la meteva su la tavola una tovaja bela, de quele ricamade a man, copiade da "Mani de Fata" e verso le diezi de matina se magnava pinza fata a casa - o magari preparada a casa e portada in forno dal pek perchè la vegna mejo - persuto coto, ovi coloradi e scalogna. Non mancava mai i sisser con uno o due ovi. Se beveva ciocolada (cacao) bojente.

    Per Pasqua a noi muli, de solito i ne comprava el vestito novo con le braghe briges e noi ancdavimo el giorno de Pasqua a la Messa in Sabiza dai Capuzini per farse veder dale mule.

    A proposito de Sabiza, o Zabiza, come scrive el dotor Samani, propio jeri me xe vegnù  in mente che quando che iero picio de estate, andavimo de sera da la Sabiza drento in punto franco, e lá drento in porto jera un bel local con tavolini de fora che se se sentava e se beveva cafè o bira. Tuto el porto e i moli jera iluminadi a giorno coi lampioni ad arco, che ogni tanto i li calumava zò, per cambiarghe i carboni.

    Parlando del nostro porto, mi me ricordo quando che i carigava i vapori de carbon cole, con le cofe, che era dei enormi seci de legno rinforzadi con nastri de fero, dove sti omini i ingrumava con una granda lopada de carbon de per tera, e i doveva alzar ste pale pesanti fino all' orlo de ste cofe per impinirle, che dopo la grua inganzava la cadena e le tramacava a bordo.

    Altro che ogi che i portuai tuto quel che i fa xe strucar un boton ... e salta macaco che la erba cresse.

    El molo Scovazza (molo Adamich) era tuto pien de legname in cataste indove che noi mularia se giogavimo e se rampigavimo.

    Mi me ricordo che legendo "I ragazzi della via Pal" de Ferencz Molnar, - che i ga fato anche un bel film,  assai de pianzer - indove che i muli ungaresi a Budapest, anche lori i giogava fra le cataste de una segheria, me vegniva sempre in a mente el nostro molo scovazza e la mia infanzia e prima giovineza. In porto a Fiume no ghe era tratori o locomotive per manovrar i vagoni ugnoli. 

    Mi me ricordo, come se fossi ogi, che per mover sti vagoni i ghe tacava davanti una cubia de manzi. Per frenarli i adoprava el "slaif", che poi era un palo de legno che de una parte era sfranzado perchè i lo meteva apunto soto le rode, per frenar.

    A Trieste in Porto Novo, quatro o cinque ani fa, go avudo la sodisfazion de veder che nonostante le grue a ponte eletroniche per alzar i container e tuta la mecanizazion in ato, i frenava ancora i vagoni in movimento con i "slaif". Co mi ghe conto ste robe ai mii fioi - presempio quela che i tirava i vagoni coi manzi - lori non i me credi.

    Mia fia (10 anni) la xe contenta se suo pare (mi) xe vecio come Matusaleme.

    Mi son contento quando che la me domanda solo come che era durante la prima guera mondial soto Francesco Giusepe - mi son nato a Fiume in via Ciotta nel 1928 - perchè squasi gavevo paura che la me domandassi se go avudo difficoltá con le trupe de Napoleon a Fiume, durante la Rivoluzion Francese.

    Comunque anca mi in Germania, tra un sluk de bira bona e una pironada de capuzi garbi, da bon fiuman tiro avanti sognando coi oci averti, de sera in leto prima de indormenzarme, de eser sentado in Abazia, de estate, su le grote de la pasegiata, guardando la nostra Fiume, quando che ancora la unica roba bianca e alta che se vedeva de lontan era el campanil de la chiesa de Cosala, ogi sparido drio dei gratacieli jugoslavi.

    La  magnadora

    Argomento sempre e dovunque de atualitá: la cusina. 
    Cioè la magnadora: non la magnadora in senso - come dir - figurativo, quela dei politichi e dele bustarele - mani - pulite, coruzion, bori soto banco. No, quela alimentare.

    Pensavo, propio el altro giorno, che quel che veramente ne unissi insieme - noi mitteleuropei - e in questa denominazion (qua la politica nazional e internazional no la ghe entra per gnente) mi meterio drento istriani, fiumani, dalmati, triestini e abitanti nativi de la Carinzia, Tirolo, Vienna, Boemia -la mia molje - Croazia, Slovenia, Baviera e i ungaresi.

    Disevo, che quel che in un zerto modo ne unisi a noi mitteleuropei de la Defonta, de razze, costumi e lingue, xe i dolzi. Torte, paste, pasticcini, fritelle ezetera, asagiando le specialitá de tanti de sti paesi, me vien sempre in amente la nostra Fiume.

    A Budapest, presempio, se magna ogi bonissime torte Dobosz, co la crosta dura de zucaro caramelado e dopo paste col "mon", che lori i lo ciama anche "mak", che saria i semi del papavero.

    A Viena se magna cugluf  "Kugelcupf" - quel col buso in meso - per i non - adeti - ai - lavori - in tute le sue variazioni: con la salsa calda de vanilja o come che se usava da noi spolverando col zucaro vaniljato.

    Non stemo parlar dei crafen che se trova un poco dapertuto, con drento marmelata, crema, ezetera, e anca se i nomi i xe diversi - a Monaco de Baviera e a Vienna i li ciama "krapfen, a Francoforte sul Meno "kreppel" e più a nord i li dise "berliner".

    A Napoli go visto fora de una pasticceria la famosa Kaflish - impicada una tabeleta con scrito suso "Cráfeni". A Lubiana i fa ancora ogi Paste Creme alte cinque centimetri, come quele che compravimo da Sari in Zitavecia. In Tirolo, a Innsbruck, e in Sud Tirolo, a Sterzing-Vipiteno, se magna el più bon strucolo de pomi (Apfelstrudel) del Mondo.

    Altra specialitá fiumana-ungarese, e qua - non esendo mi perito culinario - me sfuge le origini de la vivanda, xe quei che la mia mama bonanima essa la li ciamava "pomi in camiseta" (traduzione esatta dal tedesco "Apfel in Schlafrock" e che saria le fetine de pomo crude, tociade intela pastela de farina bianca, late, ovi e zucaro, e dopo frite.

    Dopo xe anche le classiche "landize", che in tedesco - forsi perchè le iera el magnar dei poveri o nobili decaduti - se ciama "Arme ritter" Cavalieri poveri, che le xe fetine de pan vecio, anche queste inzombade intela pastela e frite. Che bon !

    Scuseme se salto de palo in frasca, ma ve ricordè come che da noi era la panada - me par che qualchedun la ciamava "cassiza" - fata apunto con pan vecio, aqua bojente, sal e pevere, foie de lavrano, e un poco ojo de oliva dalmato, de quel bon ?

    Tornando ai dolci, non volerio dismentigar la oresgnazza (dal croato "oreg" che vuol dire "noci") che a Trieste i la ciama "putiza, i crostoli e le fritole de carneval, le Fave dei morti e naturalmente per Pasqua, le pinze e i sisseri, che a Trieste i li ciama "Titole" che - sempre per i non addetti ai lavori - xe quele drezze-treccie de pasta, piturade col gialo del ovo, con in zima uno o due ovi lessi e coloradi. De origine, sembra, gallico-celtica,  Squasi me dismentigavo la roba più importante, le nostre Palacinche. A Trieste i le ciama Omlet, mentre invece le omelette le xe tuta una altra roba.

    Fate in mille modi, con la conserva de susini - che in Boemia la se ciama Powidi - o con drento puina e zisibe (in Slovenia e in Austria) o come che i le fa i ungaresi a Budapest, con drento carne masinada, sugo de ragù, paprika dolze e coverte da panna garba (Hortobagy Palacinken). Mi go ancora ogi, a casa, quel che mi penso xe squasi una raritá bibliografica. el famoso libro de cusina de la Maria Stelvio, indove intela edizion che go mi (III Edizione 1936), la prima edizion la era del 1927 - sicome che quela volta era veramente proibida ogni estero-filia, compreso el dialeto, insta edizion del 1936 i ga "tradoto" in italian zerte robe, riportando però traparentesi i nomi originali.

    La oresgnazza

    Panicelli = "Palatschinken"

    Gonfietti = "Krapfen"

    Torta al ponce = "Torta al punch". Poi ancora:

    Panini guarniti = "Sandwiches"

    Salsicce della Cragnola = "Cragno"

    Tacchino = "Dindio"

    Anguilla vedi "Bisatto"

    Grattoni di Grasso di Maiale = "Frize"

    Vino caldo = "brulé"

    Non xe tuto de rider ? Mi digo sempre che una dele tante robe bone de noi in Italia, xe che noi non ciolemo gnente sul serio. Non gavevimo preso sul serio gnanca Benito Mussolini e inveze i tedeschi i fazeva tuto, ma propio tuto per fil

    e per segno quel che ghe diseva de far Adolfo Hitler. Purtroppo.

    Me permeto, sempre con molta modestia e umiltá, de sperar che sta picola ciacolada ghe servirá forsi a qualche fiuman, o a qualche fiumana, in una qualche parte del mondo, magari in un canton del Canada o de la Australia, per ricordarse dele bone robe che fazevimo a Fiume e forsi ghe fará vegnir voja de farghe provar ai fioi e nipoti una dele ricete che mi go scrito.

    Se cussì fussi, me faria veramente assai, ma assai piazer.

    1982.

    2 ^ PUNTATA

    Continuano le ciacolade dalla MittelEuropa.

    Simiotamento  de  Est  e  de  Ovest

    La vita comoda, senza dubio, la xe bela. E qua, noi fiumani semo tuti d' accordo. Mentre nela Germania Est, o Orientale, o come anca la se ciama "Republica Democratica (!) Tedesca" i fa de tuto per simiotar i Russi. A scominziar cola Vodka, a finir col fato che tuti i muli deve andar el sabato dopopranzo ale adunate pre-militari.

    Veramente sta roba me fa vegnir in mente altri tempi e altri luoghi: "Casa Balilla" el diria subito el mio amico Stocchi.

    Qua che vivo mi con la molje e i fioi,

    ne la Germania de l' Ovest o Occidentale, che saria poi la "Repubblica Federale Tedesca", i simiota al zento per zento i americani.

    Se devo esser sinzero, sto simiotamento ga anca i sui lati boni. Presempio i "Centri d' acquisto" ("Einkaufszentrum") che xe come che fussi una granda fabrica fori de zitá, con un piazal per parchegiar un zinquemila machine. De drento, fazè conto che xe come una galeria, tipo quela de Milano, con tre o quatro piani batudi de boteghe de ogni roba possibile imaginabile: magnative, becher, pek, orefice, fiorista, dentista, caligher, barbier, giogatoli e "chi più ne ha, più ne metta".

    Uno va drento e ne vien fore senza bori in scarsela.

    Questa - come che disevo in prinzipio - xe le vita comoda: uno se impinissi, comodamente o squasi senza inacorgerse, el bagagliaio dela machina de roba che ghe ocori, e de un fotio de roba che no ghe ocori, e i sghei xe fuc'.

     Da noi a Fiume, in Belveder, del qual la via Bonaroti era el confin meridionale, mi andavo sempre a comprar dal Panbianco, che el gaveva la botega magnativa proprio in via belveder, in zima ala riveta che la vegniva su da Bonaroti, a destra visavì del pek.

    Sta riveta, quando che iera neve, la iera el nostro "centro de sport invernali" dove slitavimo cole cassette de savon. Su in alto jera un grando morer (o gelso), che de estate i meteva soto un grando lenziol: i scassava el albero e veniva zo carigo de more bianche, profumade, bele sugose, dolzi come el miel, e a noi muli i ne lassava partezipar a la "vendemmia".

     

    Tornando al Panbianco, lá ogni familia gaveva un libreto, cole righe e i quadreti, dove el botegher se segnava la spesa, e al 27 (San Paganino), o se pagava tuto, o se dava un aconto.

     Mi me ricordo che generalmente andavo a comprar diezi deca de conserva de pomodoro, che el paron el cioleva con un mestolo de legno da una grande lata e el pesava sula balanza, su un toco de carta oleada che poi el involtizava. Diezi o venti deca de marmelata de armelini, de persighi o de zariese, pesada con el stesso sistema dela conserva.

    In scartozo, inveze, el Panbianco el pesava el zucaro, farina bianca, fasoi, potenta, bisi sutti e gries.

    Patate se comprava dal carboner, che el vendeva anca petrolio, spirito de brusar, e valdivina.

    Tuta la mia cariera scolastica a Fiume se ga svolto in piaza Cambieri; asilo, elementari, Tecnico.

    Quando che andavo ale elementari, mia mama de matina la me dava qundizi zentesimi (de rame) per la marenda.

    Prima dele scalete, in via Firenze sul canton era el panificio Bassi. Con zinque zentesimi me compravo una kaiserizza (panino) e con dieci una ciocolada rossa "Domus" con le figurine dei footbalisti: Baloncieri, Meazza, ecc.

    Zentro e emporio, per noi mularia scolastica de piaza Cambierii era, come tuti sa, el apaltin del Chioggia. Lui, un bel omo, alto, coi cavei brizoladi, ufizialmente el era "sordo d' orecchio". Quando presempio un ghe domandava "un penin numero due" lui el ciamava inveze a voce alta: "Maria, la 'Vedetta'". Disevo, sordo ufizialmente perchè mi go sempre gavudo la impresion che el Chioggia quando che el voleva sentir, el sentiva.

     

    Ogi qua in Germania Ovest non xe più penini, non xe più boteghe de alimentari, ne' salumerie, xe solo "Supermarkt", col servizio col careto, dove nisun ocori che domandi gnente o che el parli, e tuti lavora e magna: taliani, spagnoi, portoghesi, greghi, jugoslavi e turchi, e zercando ben se trova anca qualche tedesco, che el xe un poco spaesado in meso a tute ste raze e lingue diverse.

    Del resto, some diseva qualche ano fa un mio carissimo amico d' infanzia in un ormai suo famoso libro di poesie in fiuman ... anca a Fiume, ebrei, zifuti, cristiani, turchi, morlacchi e meneghei ... passava da le nostre parti e poi i se fermava perchè l' America del monopattino la era proprio lá ...

     

    Betole e usanze de camarieri

    Argomento de ogi: i locai publici. El termine "Locale pubblico" el xe molto vasto e el comprendi sia i zinema che ... l' ufficio anagrafe. Mi però volevo dir qualcossa sui locai pubblici indove che se se trova,  se leze el giornal, se beve qualcossa, se gioga magari a carte, insoma volevo far una ciacolada su le ostarie, tratorie, cafè, betole, bar, birerie, mescite, botiglierie, e chi più ne ha più ne metta. Quele istituzioni publiche dove che l' omo o la donna in paze i se bevi un ottavo e i fa la ciacolada.

    Durante tuti sti ani, dopo del esodo da la nostra Fiume mi go girado un poco el mondo e poderio parlar e scriver per ore e ore dei locai che go visto. Quei de Melbourne, presempio, con le tavele bianche sui muri - che Dio me perdoni, me pareva de essere in condoto - e la segatura per tera, indove che i "pendolari", spetando dopo el lavor ale zinque de dopopranzo, el treno per andar a casa, squasi i se sofigava per scolarse in pie, al banco, in premura, un dodici bire.

    Me faria assai piazer se i conzitadini dela canguria me poderia dir se lá da lori xe ancora adeso cussì.

     

    O anca i "pub" londinesi, quei in tel East - End, nei paragi del East India Dock, indove la bira a spina con la maniza la se ciama "ale" e la xe de color e aspeto compagno del liquido che molava i cavai dei cuceri in Sabiza.

    In zentro de Londra, inveze, dove ogni aventor fisso el gaveva la sua bocaleta de peltro impicada su un ciodo, lá i era distinti e se beveva bira de botilia.

    Qua in tedescaria le betole le xe bele, nete e ordinade, come del resto tuto xe ordinado in sto paese. De sera el omo, dopo del lavor e prima de andar a casa a rabiarse con la moje e i fioi, el se sluca al banco, sentado su un sgabel, la sua bireta, magari acompagnada da un "klarer", che xe poi un bicerin de petess.

    E fin qua tuto ben. El grave scominzia quando el va con l' auto in autostrada, che qua xe tuto autostrada che se va gratis et amoris e non costa gnente. Ogni tanto - vol o non vol - la un ghe vien de far un bisogno e de bever una aranciata o un cafè !

    In Italia, oggi in autostrada -che se paga e assai bori - un el parchegia in tala area aposita controlando quatro volte se tuto xe ciuso perchè non se sa mai - e in zinque minuti el se ciol lo scontrin de cassa e el se bevi el suo cafè nero o macchiato al banco e chi se ga visto se ga visto.

    Qua nel paese di teutonia tuto xe assai più bibioso. Innanzituto in tele "Raststätte", che saria i posti de ristoro, apositamente in autostrada, un "banco" non esisti. Un, se vol bever qualcossa - magari de estate co el riva sudado e morto de sede - el se devi pulito sentar, calmo e ordinado, in un tavolino, e spetar che el camarier o la camariera ghe vegni a fomandar cossa che el vol. Se el ga fortuna e se el ghe fa impresion simpatica a la persona che serve, dopo ventizinque minuti vien el mato o la baba a cior la ordinazion, sempre che sia un giorno da poco traffico.

    Dopo altri trenta, quaranta minuti, finalmente i ghe porta la scudela de cafè - che voi ghe dirii "slonz" o "sbìcia", o una aranciata che le naranze le ga viste in cartolina. E fin qua tuto normal. El tragico ariva quando che un - volendo arivar a casa prima che vegni note - el voleria pagar.

    Nonostante segnai manuali e vocali, prima de un tre quarti de ora, non xe mai speranza che arivi el mato o la mula per incassar. Indove che un de noi, a un zerto punto, con le scatole piene, el saria andado via senza pagar ... el tedesco no! Zito e tranquilo e - logico - ordinado, el speta che el camarier, in un momento de bona luna, ghe vegni voia de incassar la consumazion.

    Queste xe le grande doti del popolo germanico ! Se per combinazion ve capita de vegnir de ste parti co l' auto, scolteme a mi, porteve drio un termos e sandwiches, se volè arivar in giornada e senza pernotamenti per strada.

    Su le ostarie de Fiume saria de scriver un romanzo, o meio una enciclopedia.

    Mi ero ancora mulo e non go potudo far granda esperienza. Ma saria assai ben che un de voi, un giorno, col ga voia, el poderia scriver la storia dele ostarie fiumane. Tuto quel che mi me ricordo xe de sera - tornando a casa con la mia mama dal zinema Fenice - le bele cantade e i zighi dei giogadori de mora che se sentiva pasando davanti le ostarie.

    Indove che in tute jera impicado el cartel: "E' severamente vietato il canto ed il gioco della morra".

    E un altro: "Qua non si bestemmia e non si sputa per terra" !

    E le bele ostarie col giogo de boce de estate ? Bon, adesso vado a slucarme la bireta, sentado sul scagno, al moto: "Val più un bicer de dalmato, che l' amor mio".

    I  cinema  de  Fiume.

    Un mio vecio amico fiuman el ga scrito l' altro giorno che in te le mie "ciacolade" mi son solo bon de parlar de magnar e bever e basta.

    A mi, sinzeramente, me ga fato fota e me son sentido  ofeso nele mie ambizioni leterarie. Per salvar alora el mio nome de scritor "de vaglia" (come se diseva ai mii tempi) zercarò de scriver robe più educative.

    Come tuti savè, el zinematografo xe "la decima musa").

     

    A mi me piase sempre andar a veder una bela pelicola. Vojo dir bela nel senso artistico: regìa, fotografia, e bravi atori. Nela vita xe tuto relativo. Mia Mama bonanima, presempio, se in zinema non jera de pianzer non ghe piaseva. Veramente anca mia molje, anca ela, se in television la vede una pelicola che ghe toca sugar le lagrime cola tovaja, dopo la xe tuta contenta. Le babe le xe fate cussì.

    Anca de picio mi ero un grando abitué del zinema.

    Da noi a Fiume la scelta non mancava. Come giá ve go contado, noi muli andavimo spesso dai Capuzini, perchè lá costava poco - anche se i tajava sempre el baso final - e anca el "Odeon", in via Alessandro Volta - più che una Via la era una Riveta - el jera un zine considerado "pedocio", a prezzi popolari.

     


    In zinema "Parigi" in Viale, ribatezado "Impero", quando che i franzesi jera diventadi "el nemico", iera bel perchè, con un biljeto, se vedeva due film uno drio l' altro, con in meso la Comica, el "Prossimamente, e el "Film Luce".

    La "Sala Roma" in Riva, la jera molto distinta, coi abajour sul muro che se distudava pian pian. Un bel zinema moderno jera el "Centrale", in via Mameli, alias via del Fosso. El più importante e grande era naturalmente el teatro. "Feni

    ce" - mi son nato proprio lá, visavì al civico numero uno de via Ciotta - indove che in platea, de drio, jera un recinto coi pasamani per i "posti in piedi" che i costava la metá dei altri.

    El "Fenice" el gaveva poltrone imbotide e qualche volta me go portado a casa qualche animaleto domestico, de quei che dopo i salta in leto.

    Qualche volta la domenica andavimo tuti in clapa in Casa Balila. Lá jera una sala co le sedie, stile '900, dure, de legno e tubi de fero, piturade cola lacca verde. I film jera quei dei "telefoni bianchi" col De Sica, Enrico Viarisio, Elsa Merlini, Umberto Melnati. Poi jera i classici italiani dei ani '30: "Luciano Serra pilota", "Squadrone bianco", "Noi vivi", "La cena delle beffe", con Amedeo Nazari, Fosco Giacheti, Rossano Brazi, Luisa Ferida, Osvaldo Valenti, Alida Valli. Go leto sul giornal che adesso par che i torna de moda.

     Qua in Germania Ovest stemo asistendo al grando risorgimento del film d' Arte. El più famoso regista el xe el Rainer Werner Fassbinder o meio el jera el R.W Fassbinder perchè el anno scorso, povero, el xe andado da Lukovich dopo che ghe se andada per tresso una bozza de wiski e una scatola de pirole de sonifero.

    Purtropo questa mia pasion per el zinema artistico no la xe condivisa dai mii familiari. Mia moje una volta la xe saltada sula poltrona come un saltamartin, e la xe scampada fora dal zinema solo perchè in una pelicola a colori, apunto del Fassbinder, i ga mostrado per un ventizinque minuti a colori i detagli e i particolari de come i copa un caval in Macello Comunale del Francoforte.

    Per essi, proprio sinzero, anche a mi me se missiava un poco el stomigo, ma: "Ars Magna Sic Cum Coradela Equis Est". Traduzion che non vol dir che se magna coradela in garbo: "l' Arte la xe granda anche se con budei de caval".

    Comunque, se volè che ghe ve digo la vera veritá, anche a mi me piase ancora assai de più guardar Stanlio e Olio nel film "Fra Diavolo", indove che in cantina i se ciucia el vin al caratel che non - con tuto el rispeto - Fassbinder e i poveri cavai morti copadi.

     

    Terlis  e  blu - gins

    El mondo el se evolve. Tuto cambia. Sopratuto quela che cambia spesso e volentieri xe la moda. Che, se propio volemo, la moda torna sempre indrio. Bastaria salvar le straze vecie, che in giorno o l' altro le xe de novo moderne.

    Guardè per esempio le cravate: prima le jera larghe, dopo strete come cordele, ogi in mesaria, e avanti cussì. Da quando che jerimo pici a Fiume, comunque le roba le xe cambiade, e come !

    L' altro giorno in un scafeto a casa go trovado una fotografia de quando che mi ero un pisdrul de due ani, fata in molo San Marco, propio soto el leon, e mi gavevo un vestito lungo de pizo bianco cole scarpete che parevo una balarina del Lago dei Cigni de Ciaikoski.

    Sì, perchè anca se ai muli de ogi ghe par roba dei tempi de Marco Caco, noi de pici, fino ai due anni, non gavevimo braghete, ma vestitini come le tate.

    Vegno al punto dela ciacolada de ogi: "le bragne lunghe".

    Tuta la nostra giovineza la jera tormentada dal problema de le braghe curte, che le dovevimo portar, indiferente estate o inverno, fino ai dodizi, tredizi ani.

    Mi me ricordo che la mia mama la me gaveva comprado el primo vestito cole braghe "brigges" (breechs a mezzasta) quando che mi andavo giá alle inferiori del Tecnico de Piaza Parini.

    Qua in Germania adeso i le ciama "Kniehosen" (braghe al ginocio) e le xe ancora parte integrante de l' alta moda estiva per la montagna.

    Ciaro che a noi muli ne fazeva fota sta roba che non gavevimo le braghe lunghe. Le prime braghe lunghe mi me le go messe in tempo de guera, quando che gavevo sedizi ani e jero militar in te la Milizia Portuaria e fazevo la guardia col s'ciopo ai reticolati in Riva, in fondo de la piaza Dante.

    Jero cussì contento de ste braghe lunghe che son andado subito de brivada da Fantini (Studio Fotografico) a farme far la fotografia co sto vestito novo, in pie, con la man pogiada sula colona-portafiori, come che se usava quela volta.

    Quel che per noi muli jera una vera e propria "psicosi", dele braghe lunghe, ogi non la esiste più. Non dirìo che xe el contrario. Mia fia non la sa gnanca cossa che xe un vestito a cotola. A tute le ore del giorno, a scola, o a casa, o in "disco" - discoteca, indove un el xe orbo perchè xe tuto scuro e el diventa sordo e imatunido per el bordel che fa la musica - la xe sempre co ste braghete de terlis, che adeso i ghe disi "gins", che le xe blu, bianche, rosa o giale.

     

    A proposito de discoteca, qua da noi la mularia la va in te le "Roll disco's" che xe una discoteca sempre in scuro e con i altoparlanti che rompi i timpani dele orecie, con in meso una granda pista indove che tuti i bala e i gira coi patini a rodele. Anche le babe, almeno qua da noi in Germania Ovest le xe sempre co ste braghe e i stivai che le me par tute la mula del musical "Annie get your gun" (Anna aguanta el sciopo).

     

    Da noi a Fiume el terlis el lo portava solo el bandaio che el veniva a rapezar la gorna o a giustar la spina in cusina cola stopa e col grasso, e quel dela ofizina del gas in via del Aquedoto.

    Ogi inveze, qua da noi, un per de blu gins veri "Levistrauss" - veramente de noi Strauss voleva dir un' altra roba - "Lee" opur "Wrangler" i costa un fotìo de bori che gnanca che i fussi fati de seda pura.

    Mio fio, che el va in ginasio, anca lu più che braghe de terlis mastruzade e una maja con scrito suso "University of Maryland" no'l se mete mai. Adeso tuto se compra fato, tuto pronto, che le babe no le xe più bone o non le ga voja gnanca de impirar un ago e de tacar un boton.

    Mia moje, onor al merito, le ghe gucia ancora ai fioi i gemper, de sera, guardando la television.

    Mi me ricordo che quando che jero picio non jera assai fliche in familia e alora per el vestiario se se rangiava. Una volta xe morto un vecio zio (o squasi zio) e gavevimo ereditado, tra l' altro, un bel capoto novo, grando, de panno nero, col coleto de veluto. Mi andavo in terza o quarta elementare e alora de sto capoto i me ga fato un capotin de inverno e dopio peto, con due file de botoni de oro con le ancore, che el jera un bel bisù. Sto capoto, anca se nel fratempo el jera diventado corto, lo portavo ancora in quinta col maestro Santè, in piazza Cambieri.

    Con mi veniova in classe el Publio Viola, Giorgio Piccoli, Aligi Moderini, Alfredo Poso, Tullio Schwarz, Marino Calochira, Renato Suttora, Ugo Rudmann, el fio del dotor Curri, i muli Andrioni e Tardivelli e altri che non me ricordo el nome. Ierimo in quaranta, li go contadi sula fotografia che se qualchedun la vol ghe la mando.

    El Santè el jera un maestro assai bravo, magro, picio, con un poco de zirica, ocialin, col bafeto nero e le medaje dela Azione Catolica sul risvolto dela giacheta. El gaveva solo una manìa, quela: quela dei antichi romani. Bisogna dir che quela volta (ani trenta) jera assai de moda la "Roma imperiale". Pensè che in quinta elementare el ne imparava giá el latin. Quela volta gavevimo el traverson nero e el maestro Santè el nominava tra de noi muli i "capi" responsabili per la dissiplina e la condota de la clase, che i se ciamava "crenturione", "decurione", ecc.

    Tuti coi gradi cusidi sul davanti, del traverson. I più diligenti, roba strana che ghe jero drento anca mi - lui li aiutava de dopopranzo a casa sua, indove che el ne legeva robe in latin.

    Ogi, qua in tela mitteleuropa - i traversoni neri e bianchi i xe sparidi per sempre. Anche i fioi pici i va in kindergarten  (asilo) coi bluejeans mastruzadi e el pullover de la "University of Massachussets".

     

     

    Adio muli. Devo corer a comprarme un per de braghe de terlis nove, perchè quele vecie le go tute frugade sui zinoci.

    Cossa volé, volens o nolens, devemo adeguarse ai tempi.

    Tempus fugit, braghe necesse est.

     

    La  gloriosa  istituzion  del  "portapranzi"

    Le vie del Signore sono infinite. E le vie e le strade dei omini le xe drite e le xe storte. Ancora ogi, milenovezentootantaquatro, per andar de Trieste a Fiume, passando per Erpele, Castelnovo e Matulie, per quanto i la gabi asfaltada e agiustada, tuta la strada la xe ancora quela che gaveva fato far - se non sbaljo - Napoleon Bonaparte.

    Che po' lui nol gaveva fato altro che slargar quela dei antichi romani. Se un ghe fa mal el auto o la coriera xe mejo ancora ogi che el vada a Fiume in barca o col aroplan - che adeso el aroporto per Fiume i lo ga fato in te l' isola de Veglia.

    Andando a Fiume, dopo Castelnovo d' Istria, la strada la xe tuta in discesa e ancora ogi la xe sta "curva de la morte", che magari de note e cola piova un el deve star assai atento. Se no inveze de andar a Fiume el va dal Lukovich.

    Ve ricordé quando non ghe jera l' asfalto ? I nostri amici Fumi - el pitor Amato Fumi che el gaveva botega e magazin de piturazioni in via Carduci, proprio visavì de la Provincia - i gaveva nei ani trenta una bela Ford decapotabile, che quela volta la jera una roba assai rara, e la Meri Fumi la te guidava sta automobile, che ghe mancava solo el spolverin e i ociai de sofer e po' la saria stada come Tazio Nuvolari.

    Qualche volta, de domenica, andavimo co sta auto in gita verso apunto Castelvovo a far marenda (adeso se ciama pic-nik) in campagneta.

    Tuto bel e bon. Solo che quando che ne sorpasava la "Freccia del Carnaro", del Grattoni ("Fiume/Trieste" 90 minuti), col polveron che la fazeva, dopo che la era pasada erimo tuti sbianchisadi che parevimo i pek del Solis in giro per Valscurigna.

    El bel iera, per modo de dir, anca che ogni volta la strada la jera in riva, dovevimo smontar e sburtar sta automobile che non ghe la fazeva più.

    Quel che però iera propio assai bel per mi, jera la marenda.

    La mia mama la fazeva sempre vinesnizel, carne apanada, che el jera comodo per portarse drio in carta oleada, e magnar fredo. De bever portavimo cafelate in tele boze quadrate de ojo de la Romsa, che le jera assai stagne.

    Parlando de marende e de magnar portado de casa, mi volevo sempre ciacolar una volta de una gloriosa istituzion de la mia infanzia e giovineza, che go giá contado. La prima la jera el "pluzer", e cioè el portapranzi.

    Mi credo che una generazion de operai, tornidori, mecanici, muradori, marangoni, elettricisti e manovai dei Cantieri, del Silurificio e dele altre fabriche e industrie de Fiume, i ga sempre avudo un tradizionale rispeto per sta "ciamemola" istituzion.

    Per i non "adeti ai lavori" e per la mularia de ogi, ghe spiego che el portapranzi el jera come un astucio tubolar, fato de smalto, de solito blu de fora e bianco de drento, o de aluminio (modelo più moderno), con una maniza de sizza o de legno che el gaveva drento tre (o più) gamele, che le jera anca de fero smaltado, o de aluminio. Non steme domandar come che se ciama in italian, perchè non so.



    La ultima gamela de sopra la gaveva un covercio che se incastrava e se ciudeva più o meno ermeticamente. Pensè che bel: el omo, quando che fis'ciava la sirena de mesogiorno, el molava el lavor e el andava incontro a la sua vecia, che apunto la vegniva de casa e la ghe portava el pranzo.

    Pensè, de qua in Germania ancora ogi, operai e impiegati per sparagnar i se porta in fabrica o in uficio due fete de pan nero cola loganiga. Alora jera una roba assai distinta. L' ultimo pian jera el brodo, minestra o minestrina che fussi. In primo pian el gulas o el brodeto, e in tela gamela, al "pianteren", le patate in tecia o le erbete rosse. Pratico no?

    Un momento: ancora una roba.  Patent ! Nei manighi de parte (laterali) dele gamele se impirava el cuciar, el cortel e el piron.

    Mi me ricordo un witz che se contavimo quela volta. Jera una baba che smontando dal tram ai Piopi, davanti al Silurificio, la se gaveva intopado e la gaveva spanto el brodo del portapranzi. A un' altra baba che la ghe diseva: "Maico mila, che pecá..." la ghe gaveva risposto: "Non fa nienre, siora Tonza, tanto jera brodo brustolá".

    Tornemo ale strade, Ma che progreso in soli zinquanta anni !

    Qua da noi in Germania Ovest, come che ve go giá contado in una mia Ciacolada - indove che ve dixevo che guai a andar magnar o bver in autostrada - le autostrade (Autobahn) le xe nove, bele, larghe e non le costa gnente. La Germania Federal ogi la xe la unica nazion in Europa e mi credo anca nel mondo, indove che non esiste in autostrada limiti de velocitá.

    Se vegnì de ste parti, ste atenti che anca qua, come dapertuto, xe anca mati che i ga assai sghei e poco zervel. Alora i se compra una "Porsche Super", che la fa dozentozinquanta a l' ora,  se xe nebia o jazo, gnanca per idea che i va più pian, e alora suzedi quei bei, come che i li ciama in tedesco "carambolagen", indove che xe un diziaoto auti impiradi un in tel altro e el elicotero che ingruma le vitime. Andè pian, muli.

    Come se diseva quando che jerimo pici: chi va pian, va san e va lontan. Velocitá e stress le xe due robe che ghe rosiga el stomaco e el zervel de li omini de ogi. Scolteme a mi: andè pian !

    3^ PUNTATA

    Continuano le ciacolade dalla MittelEuropa

    In Cripta de  Vienna  come  da  noi

    Parafrasando el Sergio Stocchi, deverio scriver anca mi: "Sono stato a ..."  In una dele mie ciacolade gavevo scrito che me piaxeva asai Viena. Bon, una setimana fa son stado, dopo squasi un ano, de novo a Viena, e vojo contarve qualcossa de sta mia visita.

    Viena la xe sempre una zitá assai grande e assai bela. Per mi che vegno da Francoforte, indove che tuto xe asai american e super - super moderno, xe assai bel veder tuti sti negozieti de roba de seconda man, tuti sti boteghini indove che i repeza e i agiusta de tuto. Qua da noi in te la Germania nisun agiusta più gnente e quando che se rompe qualcossa se buta via tuto, come in America.

    Adeso i gá finalmente anca a Viena scominciá a agiustar e restaurar sti veci grandi palazi che - se no - veniva zo tuto, come in Citavecia a Fiume. Credeme, xe una beleza guardar sti viali longhi, che no i finisi più, coi lori bei alberi, ste ciese, ste statue e sti monumenti, sti ponti sul Danubio, e tuta sta bela roba che una volta i fazeva - inveze de far tuto in zimento - come che i fa ogi.

     

    Da bon fiuman, anca se gavevo poco tempo - son andado a Viena per lavor a trovar clienti de la dita; go credudo fussi mio dover, o squasi, andar de corsa a saludar el vecio Francesco Giuseppe in te la Cripta dei Capuzini (Kapuzinr Gruft), in zentro de Viena, vizin del Duomo de Santo Stefano.

    Devo dir la veritá che in sta Cripta un de noi, nato a Fiume de genitori fiumani e cressudo a Fiume, el se senti un poco come a casa. Drento lá xe tuti quei che, per un verso o per l' altro, i gá tuti avudo a che far cola nostra gente, cole nostre tere. Su la destra de Franzjosef  xe el sarcofago de sua molje, la Sissi, morta copada in Svizzera.

    A sinistra xe el povero Rodolfo, el suo unico fio, che ancora ogi non se sa se el se ga copado lui o se i li ga mazadi a Mayerling, lui e la Maria Vetsera. A ela non i la ga ciolta in te la Cripta perchè no i jera sposadi e ela no la jera del Sangue.

    Un poco più in lá xe el fratel de el Francesco Giusepe, el Massimiliano, quel che ghe ga tocado andar a far de Imperador ai messicani, che no i lo ga voludo e che dopo i ghe ga sbarado a Queretaro, apunto in Messico.

    Massimiliano el gaveva fato far el castel de Miramar aTrieste, col parco che per mi el xe un dei più bei del mondo. El gaveria voludo abitar a Miramar in paze, con la molje, lá sul nostro bel Adriatico, a pescar scombri e sardoni. Invece, causa dela politica, i lo ga mandado in Messico, e dopo che i Messicani lo gá copado, la molje, povera, la xe diventada mata.

    Il Castello di Miramare di Trieste.

    Go visto che anche la Marialuisa, la moje de Napoleon Bonaparte - anca lui el xe andado a zercar disgrazie e el xe finido malamente - i la ga ciolta fra de lori in te la Cripta.

    El custode dela Cripta - el gaverá un otanta ani - quando che ghe go deto che mi son de Fiume, el me ga streto la man tuto contento, e el me ga deto che per lui xe un onor gaver un vero fiuman che el vien a saludar quei de la familja dei Asburgo.

    Che poi, se volemo, no i xe Asburgo, perchè la ultima dei veri Asburgo (Habsburg) la jera la Mariateresa e, dopo de ela, i xe ciamava de cognome "de Lorena Toscana" (Lothringen-Toskana).

    El custode el ga voludo regalarme un libreto con le fotografie de tuti sti sarcofaghi, imponenti, enormi, tuti in argento e bronzo masicio indove el più bel xe apunto quel de la Imperatrice Mariateresa col suo marito, tuto in baroco-rococò.

    A mi me ga un poco comosso el fato che sto mato me gabi tratado cussì, se pensé che ogni giorno lá vien una saja de gente de tuto el mondo. Ecco, Viena la xe un dei pochi posti in tel mondo, indove che un el pol dir "mi son de Fiume" e tuti lo trata come se el fussi un parente o un ex-parente.

    Xe bruto far paragoni, ma che diferenza con la nostra Italia de ogi ! Anca i clienti che son andado a trovar a Viena, diretori de Case de Spedizioni, anca lori nei ani, apena che ghe dixevo che mi son de Fiume, i scominziava a contarme che anca lori i gaveva una zia o una nona, che el sozero de ela el jera andado de l' Ungaria a lavorar in tei legnami a Fiume e che a Viena tuti i se insognava de poder andar una volta in Abazia, che la jera per i vienesi come el paradiso terestre, ezetera, ezetera.

    Savè che xe bel sentir parlar cussì dela nostra Fiume !

    Non parlemo de el magnar a Viena, se no de novo i dixi che mi son solo un vecio bonculovich e gnente altro. Laseme solo dir che xe una bela roba poder andar in ogni local a ordinar senza problemi palacinche, gnochi de susini, strudel, coradela in garbo, o un qualsiasi dei magnari nostri. Tuti i xe cocoli a Viena, tuti i gá tempo.

    Non come qua in te la Germania Ovest indove che tuto xe automatico, eletronico. Se un a Francoforte el telefona in Stazion per saver quando che parti un treno, ghe rispondi un "robot" che el se ciama "Karlchen" (Carleto) e che el ga una voze rusine, de fil de fero, che un ghe vien smisiamento de stomigo che te par de parlar - che Dio me perdoni - con un del oltretomba.

     

    Xe bel saver che in tel mondo, in te la vecia Europa, esisti ancora una zitá come Viena indove che i omini i xe omini e non machine, e indove che i sa che jera, e cossa che la jera, un' altra zitá che se ciamava Fiume.

    La  atmosfera  al  café  Havelka  a  Vienna

    Mi credo veramente che la stirpe de la Mitteleuropa la xe una bona missianza. Basta guardar i mii fioi, de mama boema e pare fiuman, che i cressi qua in Teutonia, tochi de muli, sani de corpo e de spirito, sempre vizin ala tradizion classica dei usi e costumi dela Mitteleuropa, in particolar per quel che riguarda le palacinche.

    Pensé che el mio Marco, che el primo de magio el ga fato quattordizi anni, el ga voludo che ghe regalo una "casseta" - i dischi qua i sparisi, adeso xe solo "cassete" - non  cola musica "rock" o "beat", ma el ga voludo la "quinta" (ta-ta-ta-taa) de Ludwig van Beethoven coi filarmonici de Viena direti dal Erbert von Karajan. Tradizion, apunto, de la Mitteleuropa.

    A oroposito de Beethoven. Lezevo proprio jeri su un giornal, indove che un el scrive che i austriachi i xe assai fortunadi perchè tuto el mondo (o quasi tuto) crede che Hitler sia nato in Germania - inveze el xe nato a Braunau sull' Inn, in Austria - e che Beethoven - che el xe nato sul Reno a Bonn in Germania - el sia nato a Viena.

    A proposito de Viena (ma cossa che me piasi a mi Viena !) i tedeschi qua i dixe che a Viena scominzia el Oriente e che Viena la xe giá Europa oriental o bacanica.

    Forsi che xe anca vero. Infati, inte la periferia oriental de Viena - che la casca politicamente soto la republica federal austriaca del "Burgenland" - scominzia giá la "puszta" ungarese, che la xe una pianura senza fin, con un fotio de pascoli e de cavai.

    Per mi però Viena la xe sempre, ancora ogi nel milenovezentootantaquatro, el zentro, la capital de la Mitteleuropa. Se per combinazion un giorno un de voi ghe capita de andar a Viena, ascolteme a mi, andè a una zerta ora - mejo de tuto dopo mesanote - al "Cafè Havelka" in zentro de Viena. Bon, lá ve parerá che el tempo se gabi fermado zinquanta ani fa. Sule porte de ingreso xe pesanti tende de corame, come che se usava una volta in te le ciese.

     

    Ale due de matina el salon el xe pien, gnanca una carega libera. Impicadi in tele "steche" de bambù (ve ricordè ?) xe giornai in diezi o dodici lingue compresi el arabo e el ebraico. Sentadi su careghe e veci divani sfondadi xe un fotio de lori, zente de tute le raze e colori. Trapoleri, profughi, zifuti, studenti, disocupadi, un poco de tuto.

     

     

    Busti dei proprietari del Café Hawelka.

    E se bevi café, o té, o punch sui tavolini tondi de marmo. Verso le due de matina la parona, la vecia siora Hevelka. la porta i "buchtel" vienesi, caldi, apena fati, che i xe come dei tochetini quadrati de pasta de biscuit o de pinza, con drento marmelada calda. Xe una atmosfera che mi ogni volta che vado lá me par che se tuto fussi finto e ricostruido in un studio de Holivud per un film de un romanzo de  Erich Maria Remarque, - quel de "Nulla di nuovo sul fronte occidentale" tanto per capirse - indove che tuti i sui personagi, e brei perseguitadi e profughi politici, i se remenava apunto a Viena o  Parigi in sti café, indove che se trovava quei che vendeva pasaporti falsi e procurava visti per i Stati Uniti.

    Noi fiumani patochi jerimo, penso, e semo molto ligadi a sta gran bela zitá indove che jera nato e abitava Francesco Giusepe, che apena che el podeva, o lui o sua molje i tajava la corda e i fazeva un scampon a Ziquenizze o in Abbazia, che la jera la Perla dela Corona austro-ungarese.

    Mi son nato a Fiume, soto l' Italia e de Fiume ungarese so solo quel che ne conta i Veci.

     Mi me ricordo però, che quando che mi ero picio, dixemo nei ani "trenta", la nostra Fiume la gaveva ancora una simpatica e indelebile impronta ungarese. Chi no se ricorda la pasticceria "Sari", el negozio de merceria "Vamos" in Piazza Principe Umberto e tanti altri nomi ungaresi classici ?

    In vial, in tel cafè "Budai" - che dopo xe diventado "Pancera" coi sui biliardi e divani de veludo rosso, pareva oroprio de esser a Buda o a Pest. Ve ricordè che a Fiume in Cafè  el camarier el portava sempre sula guantiera picia la scudeleta de cafè nero col cuciarin e un bicer de aqua ?

    A Trieste, al Cafè dei speci in piaza Unitá, ancora ogi el camarier in frac el ve porta sempre un bicier de aqua col cafè. Tradizio questa austro-ungarese ancora viva.

     

     

    Qua inveze, in tela Germania Ovest, col cafè (slonz o sbicia che el sia) no i ve porta aqua perchè de qua ghe se drento abastanza.

    E citando el vecio proverbio fiuman ... "L' aqua la fa mal e el vin el fa cantar" ve saludo per ogi.

     

    Grill  Party

    Che bel che xe far gite, escursioni, pic nic, ecc. fora in campagneta e sempre posibilmente vizin de qualche ostaria o betola con cibo e bevanda. Mi credo che noi fiumani semo specializadi in sto genere de ocupazioni a "tempo libero" come che xe dise adeso. Chi no se ricorda tute le nostre gite - che i romani dirìa "fuori porta" - verso Drenova, dal Vinas o dal Fabro a Zamet ?

    Qua da noi in te la Germania Ovest, quando che xe la bela stagion, scominzia la epidemia del "grill" che la xe pezo de quela del colera o dela "spagnola" del milenovezentodiciaoto.

    Basta che vegni fora un fiá de sol e che la temperatura la sia soprazero, tuti i tira fora gradele de fero, de ghisa, de lata, de oton de tute le marche e tipi, i core a comprar carbon dolze - che qua se compra in pacheti de carta eleganti nei distributori de benzina - e i taca a meter su ste gradele con loganighe de tute le grandeze e diametro.

    Non come da noi, indove che le luganighe le iera de porco prasaz e basta. Qua i le fa de vitel, de manzo, de polastro, de misioti de coradela, polmon, insoma de tuto.

    E alora, pasando davanti de le case, se sente sti odori e se vede sta fumera, che la vien apunto dai giardineti, pergoli, teraze, verande, indove che i rostise sula gradela.

    Oltre ale luganighe ghe xe fetine, dotolete, polpete, galina, pessi, ecc.

    I conzitadini Canguri e Pelirossi i me dirá che anca da lori se fa ste robe, solo che lá se ciama "barbecue". Comunque qua la gradela la xe diventada quel che in tedesco se dixe "status simbol", che saria (come el video registrator-televisor), che se non ti ga in casa un "grill" o una cassetta che registra i programmi TV, tuti te trata come un strazon e non i te dixi più bongiorno (Guten Tag) quando che i te incontra per strada. Tragedie sociali del consumismo.


    Tornando alle gite, ve ricordé quel periodo dopo la fin dela guera, quando che i druzi i jera giá a Fiume, ma se viveva in una atmosfera de "non-so-quel-che-suzede-domani" e noi muli - ancora ignari della tragedia incombente e de tuti i campi profughi che ne spetava - zercavimo ogni ocasion per sentirne vivi e sgai.

    Quela volta, apunto, mi sonavo la fisarmonica (mi gavevo una Paolo Soprani 80 bassi) e iero spesso e volentieri invitado in clape de muli e mule, che andavimo in Abazia, in Monte Magior e tuti i altri bei posti dela nostra Fiume.

     

    Giulio con la sua fisarmonica rallegra

    una classe femminile in gita.

    Go trovado in un scafeto sta foto fata in maggio 1946 sula nostra bela spiaggia de Medea, tra Lovrana e Moschiena, indove che, con mi, xe fotografada tuta una clase dele mule dele magistrali, de Fiume, col professor.

    Mi non me ricordo che classe che la jera, vedo presempio che due dele mule le jera sorele de mii amici Costiera e Zottinis.

    Guardeve un poco sta fotografia: mi go la negativa e se una mula la jera lá, che la me scrivi e mi ghe mandarò subito una fotografia gratis, anche se la abita in provinzia de Mazara del Vallo, de Melbourne o de Chicago.

    Adeso devo andar via perchè un mio amico gnoco el ga organizado un "grill party" con una cariola de luganighe e un caratel de bira e se non arivo in tempo i mati me neta via tuto ! Magnadora e bibita.

     

    Sognar  de  Fiume

    In te le mie ciacolade go giá scrito diverse volte dei profughi. El xe un argomento sempre de atualitá, specialmente per noi che semo profughi al zento per zento e che gavemo dovudo e voludo molar in bando tuto, lasando la nostra Tera natìa in man alo straniero.

    Xe vero, per noi, fin da quando che jerimo muli, de lá del ponte de Sussak jera "estero", jera zente de altra lingua, de altri costumi. Non parlemo de "raza", perchè el xe un argomento poco simpatico, e perchè noi fiumani "veri" se guardemo la "raza" semo assai missiadi coi ungaresi, austriachi, dalmati e dalmatinski. La nostra lingua, cultura e tradizion le xe sempre stade quele italiane. E noi semo apunto profughi  ("refugees" per  inglese, o Flüchlinge per tedesco) de la nostra Tera che - dopo una guera balorda indove che non ga vinto nissun - i quatro "grandi" de quela volta i se ga messo dacordo che Fiume la pasava soto la proprietá teritorial dela Jugoslavia. Paese, se volemo, anca questo balordo in quanto che el xe nato dopo de la "Prima" Grande Guera metendo insieme in una pignata col nome "Jugo" (Sud) "Slavia" Sloveni, Croati, Serbi, Bosniachi, Erzegovini, Mazedoni, Ungaresi (Varazdin la xe ogi in Jugoslavia), Montenegrini, e chi più ne ga più ne metta.

    De soto la Defonta, el governo de Viena, col baston e la carota - mola e tira - el aguantava tuti sti popoli, indove che ognidun el gaveva libertá de lingua e cultura, adeso i difeti de sto pasdrocc del 1918 i vien fora sempre de più e ogi tute ste nazionalitá le se barufa tra de lore e tuti i vol esser indipendenti.

    Nel Kossovo un per de mesi fa jera un mezo ribalton e i ga dovudo serar in canon una saja de lori.

    Noi inveze, de italiani che semo e che jerimo, non volevimo gnente, solo continuar a viver come che jerimo sempre vissudi.

    Mi lavoro da ventizinque ani in te la navigazion e qualche volta - de note, quando che me sveio e fazo fadiga a indormenzarme de novo - sogno coi oci averti da una Fiume italiana, col porto de zona franca total, averto a tuto el retrotera, Austria, Ungheria, Zechoslovachia, altro stato pasdrocc indove che i Cechi e Slovachi no i va mai dacordo.

    Va ben che in tuto el mondo i cantieri i xe in crisi, e che i siluri non i se adopera più, ma mi son convinto che con una Fiume ogi, in man ala iniziativa privata e non a una economia "socialista" , de marca comunista, poderiimo viver de signoreti.

    Abazia, e tuta la nostra Riviera fino a Moschiena, saria un fiorir de turismo bel, elegante e decoroso, e non come adesso che xe i hotel novi, tuti in man al governo e dopo un per de ani i xe tuti ruzini che i par rovine del medio evo.

    Ga mai fato qualchedun de voi sto pensierin ?

    Mi lo fazo spesso, anca se xe poco probabile che el quadro politico de la nostra Europa el cambi in te le prossime generazioni, senza che vegni un ribalton general - che Dio ne guardi - con mazamenti e rovine.

    I quatro gati che lege le mie ciacolade i se meraviiará che mi scrivo ste robe serie, o squasi, inveze dei soliti Wiz, ma ste robe bisogna dirle sempre de novo, perchè nisun le dimentichi.

    Mi fazo sempre el paragon con le due Germanie, quela Ovest, (capitalistica), e quela Est (comunista) indove che qua da noi a Francoforte sul Meno  - come che ve dixevo - te par de esser in America, con le boteghe piene de ogni bendedio e la reclam in television, che te imatunisi perchè el tuo gato el magni "Kitekat" e non "Mizekat".

    Da la altra parte - oltre el muro de zimento lungo dozento chilometri e con le mine anti-omo ogni tre metri, i xe anca tedeschi, ma con la falce e martel.

    Presempio una naranza e altri generi "de lusso" i la vedi ogni morte de Papa, e se i vol andar in gita a Trieste, i la devi guardar in cartolina, perchè fora dei confini de la Repubblica "Democratica" (!) Tedesca - cussì se ciama ufizialmente la Germania Est - no i li lassa andar gnanca  de sabato o de domenica.

    A proposito, ve ricordé quela canzoneta che cantava i "austriacanti" da noi, una volta, dopo Caporeto: "El general Cadorna el ga scrito ala Regina: Se vuoi veder Trieste, te la mando in cartolina ... ".

    Mi jero a Trieste sta estate. Xe assai bel, ma assai caligo, el porto el xe svodo e non xe lavor. Anca qua, mi penso che una politica inteligente de zone franche gaverìa podudo salvar sta bela zitá de la tristeza de ogi.

    Ma non volemo tristeze, e alora cantemo una canzon che canta apunto i triestini e che la rifleti la profonda filosofia dela lege de sopravivenza a disgrazie e miseria:

     

    Viva lá e po' bon, xe un vecio moto triestin, chela vadi ben, che la vadi mal, sempre alegri e mai pasion, viva lá e po' bon.

    Musati de Cherso, carte moschicide e cavai che tira i cari

    Le stagioni le cambia e le va avanti una dopo l' altra, e noi ... anca. I muli i guarda sempre davanti, noi ogni tango guardemo un poco anche indrìo. La nostra identitá de fiumani patochi la gavemo sempre e ... guai a chi ne la toca.

    Mi, come tuti noi del resto, me son trovado, dopo del Esodo, in giro per l' Italia, che i me diseva - e ancora in italia i ne ciama cussì - che noi erimo giuliani, istriani e dalmati.

    Mi me ricordo inanzi tuto, per mi "Giuliano" el jera un mio amico che el abitava in Bonaroti e niente altro, che per noi a Fiume i "istriani" i jera foresti e, per dir la veritá - senza ofender nissun - per noi zitadini de la Capitale del Quarnero, i istriani i jera un poco come dir provincialoti e zobani; ripeto, senza che nisun se senti ofeso.

    Dalmati non semo sicuro. Dalmazia xe Porto Re, Bucari, Cirquenizze, de dove che la jera la mia nona, Zara, Sebenico, Spalato e Ragusa. Zerto che mi, ben o mal, mi son giuliano - ripeto, mi me ciamo Giulio e son fiuman - dovemo capir sto "inserimento" in tel grupo dei "profughi giuliani" in quanto la nostra Fiume, pur essendo famosa in te la storia europea (grazie al Comandante) la ga dovudo seguir lo steso triste destin apunto dei polesani, dei zaratini, del lussignani.

    Parlando de Lussin e dele nostre bele isole, quando che jero picio andacvimo qualche anno - come che se usava in tele familie "per bene" - in vilegiatura a Cherso. Mi me ricordo che el mar jera limpido e ciaro e che se andava in acqua zo de la riva, con due o tre scalini.

     

    Famosi i jera in Cherso i "buzolai" fati col miel e fighi, neri de fora e rossi sugosi de drento.

    Quei che non mancava mai, a Cherso, jera i mussati. Per non morir dissanguadi, de sera, in camara, impizavimo i "zampironi" a forma de piramide, che i fazeva una fumera che se un nol moriva disanguado el moriva sofigado.

    Comunque jerimo anca contenti quando che, finite le vacanze, tornavimo col vaporeto a Fiume, indove che non gavevimo buzolai, ma gnanche mussati.

    Parlando de roba dolze - e qua el mio vecio amico fiuman el dirá che casco de novo nel mio vizio de ciacolar solo de magnar e bever - in tele mie ciacole impegnative me son dimentigado dele nostre "mulze".

    Per chi non lo savessi e per la mularia, le "mulze" - quele fresche noi le compravino sempre da le babe al mercato in Braida - le jera loganighe fate de sangue fresco, con drento risi cusinadi, zucaro e zibibe. Le se tajava a fetine e le se friseva in padela in tel butiro, e se jera una roba assai, assai bona.

    Tornemo ai mussati e a le mosche. Sicome che nela nostra infanzia e prima giovineza i trasporti de merce e coletame i jera ancora fati per la magior parte col caro e cavai (vedi: Sabiza, nostro Transport Center dei cuceri) jera dapertuto carigo de mosche e mosconi. In ogni quartier, in ogni cusina picava una "carta moschicida" o nastro che fussi, che quando la se impiniva apunto de mosche e che quando la jera tuta nera la se butava in scovaze e se impicava una nova, tirandola fora pian pian dal rotolo de carton.

    Parlando de cari e cavai - a mi spesso la memoria la me fala - chi xe che se ricorda e che me dixi come che se ciamava quela baba, el unico cucer femina a Fiume, che col caro a cavai la pasava de Bonaroti fumando spagnoleti fati con "trinciato forte" e carta de giornal (La Gazeta delo Sport o la Domenica del Corriere) ? Aiuteme muli, che l' etá la scanzela memorie dei ani che furono.

    Qua in Germania Ovest cavai - oltre de quei poveri che ghe toca corer al galopo ale corse - se ne vede ancora in zitá con i cari dele fabriche de bira, carighi de caratei, tiradi da do o tre cubie de sti cavaloni bei e forti, che i va in giro ogni tanto per farghe reclam apunto ale birerie. El cucer el se veste coi botoni de oton e la traversa de corame.

     

    Se volemo parlar de trasporti zitadini a Fiume, non se dimentighemo de la prinzipal arteria de trasporti pasegeri che jera el tram da Scoieto a Cantrida. Senza andar ogi in particolari, permeteme solo un "flash", una imagine che me xe rimasta nei oci. Me par come se fussi ogi, quando che andavimo in bagno in clapa a Cantrida.

    Le mule sul tram, sule "giardiniere" estive, averte con le tende che svolazava, e noi muli drio in bizicleta. In ogni fermata, Ospidal, Giardin Publico, Casa del Emigrante, Piopi, le mule le pasava da la ringhiera de drio del tram un toco de strudel o de oresgnazza, secondo la bona e antica tradizion fiumana, indove in tele gite, escursioni, ezetera, jera sempre le mule che doveva proveder ale vetovalie e che le jera responsabili de la magnadora. Tradizion che risale ale "vivandiere" de Napoleon.

    E con un "eviva" ! per le mule fiumane, ve saluto per ogi.

     

    Chilometri  de  acompagnamenti

    Propio ieri parlavo per telefono con un mio corispondente de lavor che el xe a Viena, un zerto Filipovic', che lui veramente el xe zitadin "jugo", ma insieme parlemo sempre in fiuman patoco, e el suo el xe mejo del mio. Quando che gavevimo finido de ciacolar el me ga deto "adio, boh". Se devo contarve la vera veritá, mi me gavevo dimenticado de sto nostro saludo fiuman, indove che el nome de Dio el xe in te le due lingue, talian e crovato.

    Ogi però volevo contarve un' altra roba de quando che jerimo muli, che la me xe venuda in amente. Ieri, la mia molje, pasando in auto la ga visto per combinazion el nostro fio Marco (quindizi ani) che el acompagnava a casa una muleta che la va in classe con lui in ginasio.

    El mulo, per dir la veritá, el se dedica assai a sta ativitá che la ghe piase assai de più che non studiar i verbi semi deponenti in latin.

    Da noi se dixe che "el pomo no'l casca lontan de l' albero".

    Se mi gaverio tante lire (non digo Marchi o Dolari) come quanti chilometri mi go fato a pìe quando che jero in quei ani che el Giacomo Leopardi el dixeva "Ti se ricordi Silvia, quando che beltá fiorìa" ?

    Mi acompagnavo le mule a casa e mi credo che sarìo ogi miliardario. Quela volta la jera una ativitá a "sorpresa".

    Quando che ti ghe disevi ala mula "posso compagnarla a casa" ? sicome che tuta la fazenda la jera "pedibus calcantibus" e non come ogi con la automobile, che la xe diventada - anche se semo diventadi trenta ani dopo de i americani - simbolo de la generazion de ogi, in quanto i tre quarti dela nostra vita tuto suzede in auto, comprese nassite, morte, fidanzamenti, più o meno ufizialmente.

    Dunque, ve dixevo che, se la andava ben, alora la mula la abitava in giardin publico (Mlacca), in Braida o in Scojeto. Se la andava mal la abitava in fondo a la via Santaentrata o dopo i Salesiani. Dopo che ti gavevi lassado la mula sul porton, senza gaver avudo el coragio de darghe un baseto, te tocava pian pianin, a ora tarda,  tornar a casa.

    Mi me ricordo come se fussi ogi, le strade non asfaltate de sera tardi, de estate, senza un can, con sti ferai impicadi sui,pali de legno, che se ti metevi la orecia sul palo ti sentivi buligar i fili del telefono, o dela corente. E intorno dele lampadine - che le gaveva sora el piatin de smalto bianco, piùo meno macade dei sassi che la mularia ghe tirava - girava i nostri picoli pipistrei domaci, che anca quei - come che ghe dizevo l' altra volta - i xe sparidi per sempre sterminadi da DDT e le altre sporcherie che i le inventa per invelenar el mondo !

    Che bel che jera, nissun gaveva paura de girar solo de sera tardi per ste strade deserte. E nissun pensava al mal.

     

    Ogigiorno un gnanca nol se sogna de girar solo de note, e non a Chicago o a Milano-Bovisa, ma gnanca qua in tela Germania Ovest, indove che non esiste ancora, ne' scippi, ne' cortelade per portarte via el tacuin come in Central Pask a Neviork.

    Se ve ricordé, poco tempo fa un fiuman "canguro" el scriveva che anca da lori in Australia - indove che due ani fa i podeva lassar averte le porte dele case senza ciuderle cola ciave - adeso tuti de sera i se spranga drento perchè anca lá non xe più sicuro de girar de sera per strada e xe carigo de smaferi.

    Non semo arivadi ancora al punto de Milano, indove che molti de quei che conosso mi in quartier i ga la porta blindada, ma xe zerto che el mondo, inveze de diventar più tranquilo e in paze el xe sempre più in malora. Ruberie e mazamenti xe roba de ogni giorno e anca qua, come digo, in un paese dove xe (o jera), ordine e dissiplina - sopratuto quando che qua comandava Bafeto - presempio le biziclete i le grata a biondo Dio, pegio che in tela pelicola che ve ricordé del Vitorio Desica "Ladri di biciclette".

    El anno scorso i ga scanzelado fora le biziclete da la assicurazion sui "beni domestici", perché i diseva che se no, coi rimborsi le assicurazioni saria andade a potloch, ma mi non ghe credo.

    Mi me ricordo che a Fiume - dopo la mia "Bianchi" nera de seconda man: 90 lire - la mia mama la me gaveva comprado da Cacciolato in via Parini, che el gaveva una bela botega, una "Volsit" nova, color verdolin, col portapachi sul manubrio e - quel che jera el "dernier cri" - i cercioni de legno, che noi diventava mai ruzini.

    Nissun sgranfignava gnente quela volta a Fiume e mi lassavo in Via Giotto la bizicletta davanti el porton de casa col pedalin sbasado e pogiado sul marciapiede. Come che ve contavo, el nostro "velodromo" el jera el piazal del zimiterio de Cosala e de lassù se plozkavimo come un Blitz (diria qua i gnochi) zo per via Vasari, Belveder e Bonaroti. Mi me gavevo imparado a far el giro del Governator de brivada "senza mani".

    Tornar a casa la jera un' altra storia, conveniva portar la bizicleta in spala, suso per la scalinata de Via Segantini, fino in Via Cellini. Pasando dala via Pomerio, sul canton apunto de la salita Segantini, sula destra prima del Sanatorio, jera la baraca del barbier Fereti, che el jera el mio barbier pima che andassi dal Virtich, in Belveder.

     

    Mi andavo volentieri da Fereti perché el gaveva sempre el ultimo numero de "Il Travaso delle Idee", quel cola sopracopertina color arancion, che quela volta el gaveva la fama de esser un giornal un poco "spinto",  con le barzelete solo per adulti. Non zerto de far paragon con il "Plaiboy" de ogi.

    Mi comunque in bizicleta vado ancora e me porto sempre drio una bela cadena e un grande lucheto. Adio muli, me racomando, ocio ai smaferi.

     

    4^  PUNTATA

    Continuano le ciacolade dalla MittelEuropa

    Marende  e  marendini

    Tanto per cambiar, el lupo perde el pelo, ma non el vizio, stavo proprio ieri fazendo un pensierin sule abitudini culinarie e magnative dei diversi popoli e paesi. El talian, presempio, italiano Regnicolo, come che ghe disevimo noi, de matina nol fa marenda, o squasi. Tuto el mondo el sa che la "Prima Colazione" o "Breakfast" o "Frühstück"  del italiano, da Milano a Roma, xe la famosa brioche col capucino. Andando un poco più in zo, a Napoli, lá adiritura de matina i bevi una "tazzulilla" microscopica de cafénero e basta, tirando avanti col stomigo svodo fino a la ora de pranzo, che in Italia i lo ciama colazione e che la xe verso le due o le tre de dopopranzo. In compenso la zena la xe ale undizi de sera.

    Noi fiumani a Fiume de matina - anca perchè de inverno cola bora e col jazo ghe se voleva calorie - magnavimo una bela marenda.

    Mi me ricordo che quando che jero picio, prima de andar fora de casa per andar a scola in Piaza Cambieri, la mia mama la me preparava sula tavola dela cusina una granda scudela de quele tipo terina, senza manighi, col late bojente, col "skropich", zucaro e drento inzombadi tochi de pan.

    Se dopo de la zena del giorno prima jera avanzade un due patate in tecia, e un pochi de fasoi in garbo, mi magnavo anca quei.

    Dopo l' esodo la magnadora la jera assai scarsa, e nei due ani che go fato a Brindisi in un "campo profughi" che se ciamava "Collegio Tommaseo", non jera assai de frajar: fame nera e le marende se le sognavimo de note.

    Dopo go navigado come Comisario de Bordo, oto ani sule navi de pasageri. Presempio sule navi del Lloyd triestino, la "Victoria" e la "Neptunia" in mensa ufficiali ("Saletta Ufficiali") de matina col café se magnava kaiserize col butiro e la marmelata.

     

    Nave "Victoria" del Lloyd Triestino

    Sule barche dela Sitmar "Fair Sea e "Castel Felice", che andavimo a Melbourne e a Sydney, e i concittadini canguri i se le ricordará - de matina el camarier el ne serviva in Saleta bei tochi de focacia genovese, fata con l' ojo de oliza e le zivole.

    Nave "Ascania" della Soc. Grimaldi

    Co navigavo cola Grimaldi, che el xe anca ogi el mio paron, sula "Irpinia" e "Ascania" per Quebec e Montreal (de inverno, quando che el San Lorenzo el jera jazado) andavimo a Halifax). Mi jero l' unico "nordista" tra tuto l' equipagio de Tore del Greco e Castellammare di Stabia e Meta di Sorrento, e i ne dava col café una buonissima e bula pizza margherita coi pomodori, ojo, origano e mozarela bela croccante, apena tirada fora del forno, tajada in tochetini quadradi.

    Dopo go visudo in Inghiltera, e anca lá - sicome el apetito no'l me manca mai, seguivo el moto: "When in Rome do as the Romans do" che veleva dir, che quando che ti son in un Paese foresto ti devi magnar le pomìe che i magna lori.

    Dopo el "Early morning tea" che xe una scudeleta de tè senza gnente, che i te porta ale sei o ale sete de matina, tanto per slavazarte el gargato, al Breakfast fazevo fora una piadina del "Porridge", che xe una specie de impiastro de cola caravela-tacatuto. Dopo, un mucio de tost e ovi cola panzeta, loganighete color grigio rosa, roste, aringhe scaldade sul gas (Kippers) e marmelata inglese de naranze.

    Adesso, qua in Germania Ovest seguo sempre el stesso moto, e i tedeschi, grazie a Dio, i ga la bela abitudine de far de matina a casa - prima de andar a lavorar - una bela e sostanziosa marenda. Alora, ogni giorno, ale sete e un quarto de matina, cola mia moje e con i mii due fioi Marco e Cristina - la mula la xe un poco squinzia col magnar - col café bevo el té, che go imparado apunto in Inghiltera, e me xe rimasto el vizio.

    Non manca mai, sula tavola, un due struze de pan, bianco e nero, butiro, marmelate assortide, yogurth, fetine de salame e persuto, formagio, perchè fino a mezogiorno no se mori de deboleza.

    A proposito de marende e marendini, ve ricordè le marende de mesa matina ala Picola Borsa, visavì el zinema Sala Roma ? Una picola de gulas, o una picola de tripe o un "Salzstangher" taiado in mezo con drento butiro, persuto coto e un peveron verde de quei soto azeto. Usanza questa - del merendin de meza matina - pretamente vienese.  I fiumani, a Fiume, devemo proprio dir che i se tratava ben.

    Se ti andavi alla stessa ora drio del del canton verso la Tore, in via Machiavelli - proprio visavì de la Ciesa dei Greghi - lá jera un Buffét che frequentava dotori e avocati, indove che se magnava ostrighe fresche con un bicer de vin bianco domace.

    Sicome che xe le undizi e mesa e mi go un poco del languor in tel stomaco, ve saluto e vado de brivada a far un spuntin de porzina e capuzi garbi, tanto per non perder la abitudine.

    A Fiume se diseva: "Che Santa Luzia te conservi la vista, perchè el apetito non te manca".

    Adio muli.

     

    El  cucer  donna  

    Se devo esser sinzero - e credo che gaveré capido che sinzero son sempre, anca tropo - a mi me fa asai piazer che le mie Ciacolade non le resta "letera morta". Vojo dir che i fiumani i me risponde e me ariva bele letere dal Canada - che una volta noi ghe dixevimo Canadá, e anche de altri Paesi indove che i fiumani i xe arivadi, i se gá fermado, e lá i lavora e i magna.

    Alora sì, che la xe veramente una Ciacolada, e non un Monologo, come qual povero, palido principe dela Danimarca, el Amleto, che nol saveva mai se esser o non esser.

    L' altro giorno me ga scrito el Aldo Stepcich de Wintertur (Svizera), e el me ga risposto ala mia domanda se qualchedun de noi el se ricordava ancora de quela baba che la pasava in Bonaroti con caro e caval. Mejo de tuto ve trascrivo tal e qual quel che scrivi el Aldo.

    "Ti domandi dela Baba che la andava col caval.  La ga la sua storia. Essa la xe diventada cucer perchè el marito gaveva ciapá una piada dala cavala e dopo de sto incidente la molje doveva darghe de magnar e netar la cavala de matina presto. Lui el jera pasá ale dipendenze del Calimici, in via Firenze, sora del Vescovado, che el gaveva l' ingrosso e el detalio de generi alimentari, mentre el suo fradel el jera in zitá vizin ala Pescaria, con magazin al ingrosso.

    Sposadi con Panbianco, che i proveniva dale Marche. Una Panbianco in via Firenze, una in Braida, sposada con un fiuman, Micoletich, e del fradel del Panbianco, in via Belveder, per andar in Zimitero.

    Essa, la cucer, la doveva servir tuti i comestibili con farina, zucaro e pasta, ma se ti me domandi el suo name, mi non lo so".

    Grazie Aldo !  Informazioni,  le tue, assai complete.

    Ma senti adeso cossa che me xe tocado l' altro giorno. Sicome che qua, in sto Paese de Teutonia, un agiorno piove e el giorno dopo neviga, indiferente la stagion, mio fio Marco, domenica - sicome che jera apunto bruto tempo, un slavaz che no ve digo, el me ga strassinado a Francoforte a veder el novo, anzi novissimo Museo del zinema, che tuti i giornai e la television qua in tela Germania Ovest ga deto e scrito che xe la meravilja dele meravilje e unico al mondo.

    Tuto assai bel (ingresso gratis) zinque piani con le scale de marmo bianco, e tute ste crame e sti rochei veci co i fazeva le pelicole mute, tuto roba assai antica. Mélies, Lumière, insoma propio tuto assai bel e assai interessante. In una vetrina, fra apunto i tochi più antichi jera diverse machine e machinete dela, come che i la ciama qua "Lanterna Magica" (per tedesco se pronunzia Lanterna maghika) e a mi, credeme, tutintun me xe vinù un meso colpo e me son detto - pianissimo, come in tele  sinfonie de Beethoven - che nisun me senti: "Giulio mio, ti ti se credi de esser giovanil e sportivo perchè sta estate ti se ga rampigado sul Passo Santner sule Dolomiti, e sto inverno ti ga fato un poco de sci de fondo, e inveze qua xe la prova lampante che ti ti son un vecio bacuco, un antenato, una mumìa, pegio de quele dele Piramidi del Egito".

     

    Infati, ste "Lanterne Maghike" non le xe altro che quele trapole de quando che mi gavevo sei o sete ani e la mia mama la lavorava de levatrice in Ospidal de SS. Spirito a Fiume e mi andavo a giogarme con la Wally Loriani, la fia del Aministrator, apunto, del nostro Ospidal. Essa, e el suo fratel, che i lo ciamava Itty, in sofita i gaveva una scatoleta nera de lata con suso un picio camin de stufa, che ghe se impizava drento una candela e se impirava de una sfesa de parte una strica de vetro con le figurine, e poi sul muro bianco dele scale se vdeva a colori sti pupoli ,che noi muleti jerimo tuti contenti de gaver el nostro zinema privato. Ma voi guardé cossa me toca, aimemeni !

    Qua i dise che sta roba xe roba de antichitá e che la xe una raritá cussì preziosa che i la ga apunto serada in sta vetrineta in Museo.

    Tornadi ai ricordi del Ospidal a Fiume, a guardar sta Lanterna Magica veniva anche la Silvana, mia coetanea e amica inseparabile dela mia infanzia. La Silvana la jera fia del Nino Udovini, toco de omo, portinaio del Ospidal. Lori i abitava in quela caseta sula sinistra dela entrata del Ospidal.

    La Nela, la mama dela Silvana, molje del Nino, la fazeva la sarta e la jera assai brava. La ghe insegnava anche cusir ale mulete.

    Mi me ricordo che jero picio, ma che però - essendo, anche a sei ani, omo mas'cio - non podevo andar in tela camara indove che le cusiva, perchè drento le jera sempre signore in combiné che le provava i vestiti.

    Dela nela devo anca dir che la fazeva el miglior Gulas ungarese de Fiume e dintorni.

    Semo tornadi alla magnadira, e perchè no ? Buon apetito, muli.

     

    Trasporto Emigranti

    In una altra ciacolada, tempo fa, mi ve contavo cossa che i ne dava de magnar per marenda quando che mi jero "maritimo". Infati mi go navigado parechi ani da "Comisario de Bordo" sule barche de pasegeri che le andava su e zo per i ozeani.

    Mi go fato tre ani sula rota Genova / Hong Kong passando per el Canal de Suez, Aden, Caraci, Bombay, Colombo, Giacarta e Singapor.

    Un per de anni cola Grimaldi per el Venezuela, prima e dopo per el Canada. Gò trasportado anca per un anno negri dela Giamaica, e de tute le picie isole dei Caraibi, in Inglitera, e con la Sitmar - come che ve dixevo - andavimo dala Germania del Nord (Bremenhaven e Cuxhaven) fino in Australia e Nuova Zelanda.

    In Australia andavo anca nei anni 1956 - 1957 cola "Neptunia" del Lloyd Triestino, indove che in andata metevimo i emigranti italiani nei cosideti "cameroni" e nel ritorno smontavimo i leti de fero "a castel" e sti cameroni, che cussì i diventava "stive" e li impinivimo de bale de lana dele pecore australiane.

    La Neptunia la era una bela barca nova, de 11.000 tonelate, ma non la jera sicuro una nave de lusso. E non la gaveva "aria condizionata". In sti "cameroni" dormiva una sessantina de lori.

     

    Nave "Neptunia" del Lloyd triestino

    Logico, ghe jera i cameroni per i omini e quei per le babe, separadi.

    Capolinea jera Genova. De Genova, in partenza, andavimo prima a Napoli, indove che imbarcavimo i emigranti dela Lucania, Abruzzi e Molise, e dopo a Messina, a cior quei calabresi e siculi. A Messina, apunto, i imbarcava i emigranti Siziliani, familje intere indove che - come che ve dixevo - i omini i dormiva in un camaron e le babe coi fioi in un altro. El fato el jera che ste done siziliane - mi me ricordo come se fussi ogi - sia giovani che vecie, le jera tute quasi sempre vestide de nero: tuto nero, vestito, calze - sempre cole calze, anche de estate - scarpe, e fazoleto in testa.

    Per tuto el viagio de Messina, a Sydney o Melbourne no le se cambiava, e le se lavava assai poco, perchè el prete, in paese, ghe gaveva deto che lavarse, specialmente fora de casa e in zerte parti del corpo, xe pecato.

    Figureve voi, in Mar Rosso, apunto con un sofigaz de 40 gradi a l' ombra, drento de la nave, una sessantina de ste babe, che le dormiva insieme in sti cameroni.

    Ale sei de matina ghe fazevimo la sveja tipo Caserma, e quando che tuti i jera andadi a far marenda, vegniva el Nostromo, coi marineri cole scornje e cola manigheta de aqua misciada con cloro, i slavazava ste camerate per disinfetar tuto e cavar un poco de spuza.

    Quando che gavevimo pasado Capo Guardafui - dopo de Aden indove che finissi el Mar Rosso - tra magio e settembre ciapavimo tutintun el "Monson", tipo la Bora da noi, e sta nave la balava e saltava come un toco de crodiga che la boje in tela pasta e fasoi.

    Sti poveri mati, che i vegniva de l' interno della Sizilia e dale montagne dela Calabria - gavé forsi visto el film de Charlot "L' Emigrante" ? - I jera tuti a potlock col mal de mar, stravacadi in coperta, imatunidi, più morti che vivi. Co ti ghe domandavi cossa che i voleva magnar, i te rispondeva con una voze de fil de fero "ulive niver" (olive nere) che per lori, se vede, le jera come la razion de emergenza quando apunto che  i jera a pajol col stomigo.

    Co jera sti giorni de marèta, figureve voi che saja de schei che se meteva in scarsela el Capo Comissario - mi jero quela volta solo Alievo Commissario - in societá col cambusier e col capo cogo (el "Chef") bori sparagnadi sula panatica de otozento pasegeri che no i magnava gnente, solo olive nere.

    Sicome che la magior parte de sti poveri emigranti no i saveva ne' leger ne' scriver, alora, prima apunto de cominciar el Ozeano Indiano - in Mar Rosso, col mar in bonazza - li metevimo in fila per uno in coverta, e noi sentadi con un tavolin cola machina de scriver, che ghe impinivimo per lori i formulari per la Dogana e la Imigrazion australiane, che le jera assai severe co ste formalitá.

    Emigranti per le americhe.

    Steamship Historical Society Library. University of Baltimore.

    El bulo jera che mi, pur essendo fiuman patoco - semo rimasti in pochi de quei veri - me son sempre rangiado assai ben a parlar in lingua. Bon, sti mati, spezialmente quei che vegniva dall' interno dela Lucania - mi me ricordo che no i capiva gnanca una parola de quel che ghe domandavo. Per dir la veritá no li capivo gnanca mi. E alora go dovudo cior un interprete, un zerto Loffredo de cognome, che el jera a bordo el mio assistente - la sua qualifica a stato paga la jera de "Amanuense" che el parlava el dialeto dela Lucania.

    Cossa volé, jera altri tempi e ogi semo tuti ben atrezadi, specialmente qua in tela Germania Ovest, col bagno in quartier, cola vasca, docia, bidé, aqua calda e freda, savon, savoneta, sciampo, sc'iuma de bagno e de barba, crema per i brufoli, deodorante a spritz (spray), ezetera, ezetera.

    Quando che mi ero picio, in Bonaroti, gavevimo sì un quartier grando, ma i impianti igienico - sanitari  quela volta no i jera tanto moderni. De inverno e anca de estate per far el bagno la jera una zerimonia tipo quela che ancora ogi i fa i Giaponesi in Giapon.

    Strassinavimo in cusina una bela mastela de zingo cole manize e dala caldaia del sparghert ciolevimo aqua bojente e la slongavimo con quela del scafo. Un bel toco de savon "Marsiglia" , de quel bianco, quadrato, e una scartaza per russar via la cragna.

    Sicome non jera che el bagno se podeva far cussì spesso, alora ogni volta, dopo finido de lavarse, mi me ricordo che restava sula mastela un orlo nero. e quando la mia mama inveze la me lavava la testa in tel cadin sula tavola, dopo la me meteva sui cavei un mezo bicer de azeto perchè, i dixeva che el rinforzava i cavei.

    Quel che jera assai bel de noi jera che i Bagni Publici in Scojeto, che i gaveva camarete cola vasca quadrata, sbassada soto del pavimento, con due scalini per calumarse drento, cole tavele blù ciaro, che mi pensavo sempre ale Mile e Una Note, indove che gavevo visto in una pelicola in Zinema Fenice, che i gaveva le vasche fate cussì, ma cole babe del Harem drento. Tipico in Scojeto jera anche el lavatoio indove che le babe le resentava la lissia in tel' aqua corente, freda jazada anche de estate.

    Ogi xe tuto machine lavatuto, automatiche, eletriche, eletroniche, e la ativitá fisica del omo e dela dona, fra poco la sará solo quela de strucar un boton.

    Me racomando muli, laveve ben e non ste sparagnar savon, che xe tuta salute.

    Mi spero solo che i "ecologisti" no i protesti per salvar la vita dei poveri microbi e parassiti umani diversi, pedoci, zimisi e piatole, che cola igiene moderna i xe in fase de estinzione, come le balene e i elefanti.

     

    Colonia  marina  di  Roio  (L'Aquila)

    Sempre zercando fra i strafanici de quel famoso scafeto, go trovado stavolta una altra cartolina con indirizo: Famiglia Scala, via Giotto 4, Fiume. El timbro postal el xe: AQUILA, 10 settembre 1938 XVI, e dopo, vizin, un altro timbro lila, sbiadido: Ente Nazionale Assistenza gente di Mare - Colonia Montana di Roio (L' Aquila degli Abruzzi).

    Sul davanti dela cartolina xe una bela fotografia de grupo: trenta muleti, tuti col capelin bianco dela colonia, un che el aguanta una stanga col galiardeto e una bela signorina cole dreze nere rodolade sula testa, come che se usava quela volta, che la xe la vigilatrice.

    Drio se vede, sula cartolina, una granda scola, cioè la colonia, tuta nova a quatro piani, cole finestre assai grandi.

     

    La Colonia Montana di Roio (L'Aquila)

    Iera apunto nel milenovezentotrentaoto che de Fiume, ala fin de agosto, semo partidi col treno una saja de mularia.

    Mi gavevo nove ani. El treno jera stado organizado dal Dopolavoro Italiano Marina Mercantile per un periodo de ferie in montagna sul Gran Sasso d' italia. Per mi jera la prima volta che andavo via de casa. Gavevo sì fato viagi in vaporeto a Cherso e a Zara, ma sempre cola mama.

    Se parlemo de Zara, mi me ricordo che una volta, tornando apunto da Zara, col vapor che el jera el "Ipparco Baccich" dela Fiumana di Navigazione, la mia mama - mi jero assai picio - la me gaveva imbotido el capotin de tabaco e café, perchè a Zara lá jera tuto bon prezzo, franco de dogana e dazio, e quando che arivava el vapor a Fiume, in molo Ancona, la dogana ghe fazeva la visita solo a omini e done. Le done, le palpava una baba dela dogana.

    Alora mi me ricordo che in sto treno in scompartimento, coi sedili de legno, i ne gaveva dado un fotio de biscotini e de ciocolata per farne star boni. In agosto, a Fiume, jera abastanza calduz !

    Savé però che jerimo assai malignasi de muli ! Penseve che quando el treno el se ga meso in moto in direzion de Trieste, vojo dir verso Matulie, jera un altro treno che el arivava in Stazion, e i due treni, tuti due coi finestrini aperti per el sofigaz che jera, i pasava un vizin l' altro abastanza pian e in senso contrario.

    Noi muleti gavevimo sta ciocolata tacaiza in man, e alora, visto che i treni i se moveva, ne xe venuda la bula idea de tirarghe sto smir de ciocolata in muso ai mati e ale babe del treno visavì. I jera cussì imatunidi dela sorpresa che no i jera gnanca boni de aprir la boca per protestar. Xe sta un spetacolo che mi me ricordarò fin che vivo: sti disgraziadi che i se forbiva sta ciocolata dal naso e dai oci.

    Mi credo veramente che quela volta mi, e forsi anca i altri muleti, jero apena fresco dela letura del libro "Il Giornalino di Gian Burrasca" de "Yambo" (Silvio Spaventa Filippi) indove che el mulo el combinava sti tiri spesso e volentieri. In viagio cantavimo tute le nostre canzoni a sbrega timpani.

    Quela che la me piaseva sempre più de tuti la jera quela che la scominzia : "Oh Fiume Tu sei la più bella". Ve ricordé le parole ?

    " Oh Fiume Tu sei la più bella, Oh Fiume Tu sei la più forte" e la finisse con "Se vuoi saper, son nato nel Carnaro. Sono fiuman, sono italian !"

    Arivadi a L' Aquila me pareva de esser arivadi in un altro mondo. I ne ga trasportadi con la coriera in un strada piena de polvere, che la andava suso, tutta a bissa, fino a sta Colonia, bela, grande, nova, apena fata, che la jera proprio davanti de una grande pineta, vizin del vilagio de Roio. Quela volta mi non savevo che el nostro Comandante D'Annunzio el gaveva scrito de sto Roio d' Abruzo (lui el jera abruzese) indove che el suo Aligi el pascolava le cavre. El posto alora el jera belissimo.

    Per noi che vegnivimo de Fiume, indove che sula nostra montagna xe solo gromaze e graje, ma boschi pochi, sti grandi boschi de pini  abeti  ste grandi montagne le jera roba de storie de fate.

    La zente la jera però un poco indrìo cole carte.

    Penseve che sul campanil de la cesa de Roio le campane no le gaveva el batocio e i le sonava dandoghe un colpo con un martel de fero.

     

    Mi go ancora in tei oci sto mato, suso sul campanil, che con sto grando martel el pesta su sta campana.

    De magnar i ne dava ogni ben de Dio. Giusto dopo diezi ani, nel 1948, a Brindisi, al collegio Tommaseo, inveze,  dieta dimagrante a base de minestra de ceci co l' acqua.

    De matina café, col late fresco coi paneti, butiro e conserva de armelini. Per zena slepe cussì de tono soto ojo, ma non de quel giaponese, come ogi, col mercurio.

    De dopopranzo, quando che andavimo - sempre acompagnadi dala vigilatrice - a giogarse in pineta, pasavimo de una portisela e da una parte jera una baba cola traversa in terlis blu, con una granda zesta de tochi de pan e da la altra parte una altra baba con una zesta piena de graspi de uva e de tochi de ciocolata. Jerimo fora tuto el giorno a far caminade suso per i monti, opur in pineta.

    Quela volta jera la guera in Spagna e noi - muleti pici - non sapevimo gnente ne' de Guernica, ne' del Alcazar, ne' del Hemingway che el gá poi scrito el libro "Per chi suona la campana" del qual i ga dopo fato quela bela pelicola indove che xe el Gari Cuper cola Ingrid Bergmann. Alora i ne insegnava tute ste canzonete dela Spagna milenovezentrentaoto (vista da destra) che noi cantavimo come mati tuto el giorno.

    Ve ricosdè ? "Cala el sol cola camisa nueva ... " e dopo "Brilla una stella in cielo, madrilenita ..." e quela "Suona chitarra spagnola ..."

    Un' altra roba, ma assai assai bela che mi me ricordo: de sera, quando che el sol el tramontava de drio del Gran Sasso, granda adunata in piazal davanti de la colonia per el " amaina bandiera".

    Mi giá quela volta - come che ve disevo, mi gavevo nove ani - mi ero assai romantico, e ogni volta me veniva una lagrima quando che sto sol el spariva dietro la montagna e un muleto, in montura de marinareto, el sonava la tromba, e un altro muleto, anche lui vestido de marinareto, el lezeva con una voze dramatica tipo Alberto Lupo "La Preghiera del Marinaio": "A te, o grande eterno Iddio, Signore del Cielo e dell' Abisso. Noi, uomini di mare e di guerra, da questa sacra nave, armata dalla Patria, leviamo i cuori ... (e dopo la finiva) ... Benedici nella Tua fede, o grande Iddio, la nostra Nazione  (dopo vegniva Mussolini e el Re). Benedici nella cadente notte le case lontane, le care genti. Benedici il riposo del popolo. Benedici noi che per esso vigiliamo in armi sul mare. Benedici.

     

    Roio del Sangro. Wikipedia

    Un dopopranzo xe vegnudo suso in colonia un furgon con quei del ' E.I.A.R. e i ga registrado - per farghe apunto un poco de reclame a sta nova colonia del fasismo - una trasmision dove che apunto cantavimo ste canzonete dela Spagna che gavevimo imparado. Mi me ricordo de una picia - anche essa ospite dela Colonia - la gaveva mandado saluti ala mama che la lavorava de stiratrice sul transatlantico "Rex" in navigazion per la America.

    Gavé visto el film de Felini "Amarcord", indove che se vedi el Rex ? Tuto de pianzer !

    Dopo un mese son tornado a casa, a Fiume, nero del sol e sgnonfo come un balon, che la mia mama in stazion gnanca la me conosseva più, e mi che pianzevo come una fontana.

    Scolté muli, per combinazion, jera anca qualchedun de voi in tela Colonia de Roio sul Gran Sasso d' Italia ? Me acorzo che ogi  non ve go contado niente dela Germania Ovest. Sará per la prossima volta.

     

    Saltimbanchi,  fachiri  e  sonadori

    Come che ve contavo, in tela Germania Ovest xe tuto come in America !  Supermarket, tuto automatico, eletronico, e la gente no la gá tempo gnanca de dirte bongiorno. Xe solo una roba che a mi la me piase assai e che grazie a Dio ancora la esiste, e anzi la scomincia de novo.

    Xe quei che mi li ciamo "i saltimbanchi".

    De un pochi de anni, in tele  zitá grandi e picie, sempre qua in tela Germania Ovest, i ga fato in zentro tuto "zone pedonali" indove che meno mal uno pol caminar cola paciada, senza dover far el saltamartin per non andar soto l' auto.

    In ste zone dei pedoni xe tuta una "fioritura" de arti e mestieri che te par de esser tornado in tel MedioEvo, indove che tuta la vita de una zitá la jera per strada. Xe de novo, come una volta, bancheti indove che i vende fruti, verdure, struze de pan, aghi de sicureza e aghi de pomolo, una miscela patentada per cavar le mace de smir, un temperin col cavatapi - apriscatole - tajavetro - cazavide - tenaia.

    Ma quel che mi - come che ve disevo - me entusiasma, xe i "saltimbanchi". Apunto per strada, o quando che piove, soto le stoje dei negozi o in tele entrate dei Supermarket, xe tuta una saja de sonadori, cantanti, fachiri, pitori, che te par de esser in tela Piaza Granda de Marakess, che la xe apunto famosa per sti spetacoli a l' aperto. Come l' Arena de Verona.

    Più bel de tuto xe sabato matina, quando che se va in zentro a far la spesa, e xe tuto pien batudo de gente. L' altro giorno go visto una clapa de negri del Congo, vestidi cole straze colorade che i porta in Africa, che i bateva sui tamburi de pele, grandi e pici, cola bareta per tera per ingrumar i schei.

    Un poco più avanti i jera i mati dela Bolivia (o forsi i jera del Perù) che i sufiava in tei piferi de cana de bambù, che qua i li ciama "el flauto de Pan", e intanto i mati cole flicche che la gente ghe buta, i se compra pan e mortadela.

    Indove che se va zo per le scale in tel tram soteraneo - in Italia e in Francia i lo ciama "Metrò". qua se ciama "U-Bahn" - jera due mulete, bionde e palide, coi cavei lunghi che - acompagnade de l' orchestra dei Filarmonici de Viena, direti da Von Karaian (incisa sul registrador con dò altoparlanti) le sonava assai ben sul flauto trasversal - quel tuto lustro che se sufia de una parte - musica de Vivaldi e Bocherini. Le xe studentesse del Conservatorio de Musica che le se guadagna i schei per comprarse, mi credo, un vestito, perché ti te le vedi sempre solo cola maietta e i blu gins.

    Lá vizin jera anche el mato che slucava da una boza un quarto de litro de spirito de brusar, e dopo lo spuda fora e lo impiza con un fulminante, che una volta i lo ciamava "magnafogo".

    In tela "Hauptwake" che xe la piaza in zentro de Francoforte, jera uno cola testa ala Yul Briner - che Dio ghe brazi l' anima - che a torso nudo - carigo de tatuagi - el se rodolava per tera sui vetri de una boza spacada.

    Piazza della Cattedrale di Francoforte

     Mi li ciamo tuti "saltinbanchi" perchè me par tuto una missianza de una zitá del medioevo e una pelicola del Federico Felini, che a lui ghe ga sempre piasudo mostrar ste robe.E xe assai più bel guardar ste robe per strada, che non in Teatro o in Circo.

    A mi me par de esser tornado, apunto, in tel medioevo, indove che per strada - come che jera sempre in tele pelicole de "Capa e Spada", che adesso no se usa più, ma che una volta le fazeva furor - un mato sui scalini de un androna in zitavecia el fazeva fora, col fioreto, un sete o oto guardie del Cardinal Riscelié.

    E che per andar a darghe un baseto ala sua bela inamorata el se rampigava su per el muro dela tore, che a mi me vegniva sempre sudori fredi, e dopo go visto che jera tuto un truco e che i mteva in studio, a Holivud, el muro per tera, e el mato el fazeva finta de rampigarse.

    A proposito de pelicole, ve ricordé che una volta, soto Mussolini - sicome che el Emilio Salgari, scritor italianissimo, morto in miseria, el era molto "in auge" col Regime - alora i gaveva fato tuta una serie de film de Sandokan: I misteri della Jungla nera, I pirati dela Malesia, La tigre di Monpracen, ecc. Sicome che i atori disponibili i jera sempre quei, alora una volta, in una de ste pelicole, i ga vestido el povero Camilo Piloto - che quela volta el jera più largo che lungo - de Sandokan (o el jera Tremal Naik ?) e a sto disgraziado ghe tocava apunto rampigarse suso per una liana per scampar ai "thugs", che ghe coreva drio col cortel "kriss" in boca, el jera restado impicado su sta liana che mi, in zinema Odeon, me ricordo che me jera vegnudo così de rider, che me fazeva mal la panza perchè me jera vegnudo in amente quando che mi restavo impicado a meza aria sule Pertiche in Palestra in Piaza Cambieri, senza eser bon de andar ne' su, ne' zo.

     

    Tornemo ai Saltimbanchi.

    A Fiume, per strada, ve vericordé che davanti de la Ciesa dei Greghi in via Machiavelli, jera quela volta un omo col "Diavoleto de Cartesio", che noi muli stavimo a guardarlo con la boca averta ? El gaveva un tubo de vetro co l' acqua su una crozola de legno e drento un diavoleto de zera che el andava su e zo, come lui ghe ordinava.

     

    La Maria mata, cola petinatura ala "garsonne", la fazeva sempre i sui concerti de armonica, cuciada sul scamini del palazzo Adria, visavì del Gratoni, quel dele coriere.

    Chi xe che no' l se ricorda del Luna-Parck in Scojeto, col ringespil cole carozete che le svolava per aria sui dischi de Angelo Cecchelin, cola sua voze de fil de fero rusine, de triesti, che el ghe domandava ai spetatori perchè quela volta in Italia la Miseria la comanda de più del principe ereditario ? Perchè el Principe, quela volta, jera solo Colonelo, e la Miseria la jera ... Generale.

     

    Ogni tanto quando che el dizeva una tropo grossa sul Regime, i questurini i lo spetava drio del palcoscenico e i lo portava drito in canon in via Roma.

    Come quela volta che el xe vegnudo fora in Teatro Fenice e el ga deto che per star mejo in Italia, bisognava scanzelar tre feste, Pasqua, Nadal e Feragosto, e su una tabela el ga scrito col gesso P.N.F., che quela volta voleva dir Partito Nazionale Fasista.

    Tornemo in Scojeto. Jera anche quel chiosco tondo indove che se butava sule boze i cerci de legno e se vinzeva i pessetti rossi.

    Una volta mi gavevo vinto un bel pessetto rosso che a casa, dopo tre giorni, el galegiava in tela boza de vetro, orizontal come un sugharo. Ghe davo de magnar molena de pan, che dopo i me gaveva deto che ghe fazeva mal, e dopo ghe gavevimo fato el funeral zo per el cesso, che mi pianzevo come se fussi morto un parente.

    Gavevimo anca un bel canarin che 'l se ciamava Bastian, e che 'l cantava come un mato. Che bel che 'l cantava !

    Animali domestici non mancava, sopratutto i sorsi che da noi ghe stropavimo i busi indove che i veniva fora, col gesso de presa, ma poi el gesso i lo rosigava.

    Alora el nostro sub inquilino, el Dionigi - che el jera furlan e el lavorava de Capo Magazinier in tela botega de pitor del Amato Fumi in via Carduci, proprio visavì dela Provincia -  el ne gaveva insegnado che, inveze de gesso  de presa, bisognava stopparghe sti busi col zimento, misiado con tochetini de vetro e i sorsi no i jera più boni de vegnir fora del buso.

    A proposito de quando che mi jero picio, la mia mama la gaveva un modo de dir, quando che la fazevo rabiar. La me zigava - se vede che la gaveva leto el "Orlando furioso" - "Malignaso mulo, ti ti me "tiri a cimento". Mi, pisdrul che jero, non go mai capìdo perxché la mia mama la me diseva che  ghe tiro el zimento, che lo adoperavimo solo per stroparghe i busi dei sorsi!

     

    Altre bestie, per noi squasi domestiche, jera tute le gus'cerizze dei mureti dele case in via Cellini - per andar dala via Giotto in Casa Balilla - che quando al sol in Primavera el scaldava sti mureti, le jera tute lá a ciapar el sol, pronte a far un "sprint" se qualchedun ghe andava tropo vizin. Quanti ricordi.

    Come che ve go sempre deto, mi scrivo ste roba cola speranza che i Fiumani de Sydney, Toronto, Chicago, Rapallo e San Pietro Vernotico lezendoli, i se ricordi de la nostra Zitá, che noi volemo che la se ciami sempre Fiume, e chissá che un giorno non la se ciami de novo cussì.

     

    5^  PUNTATA

    Continuano  le ciacolade dalla MittelEuropa

    1945. Fiume non è più italiana

    Zitá  che  cambia  nome

    Veramente non xe che go robe assai interessanti de scriver, ma a mi me dispiaseria de interomper ste ciacolade con voi, che me par de vederve a casa che le legé, indove che zerchemo tuti d tegnir viva la memoria e el nome dela nostra Fiume.

    Se volemo dir la veritá, in tel mondo xe tante le zitá che le "sparissi", vojo dir che le ga combiado paron e nome, per un motivo o per l' altro. I nostri fioi no' i sa che una volta esisteva zitá famose, come Batavia (Djacarta), Saigon (zitá de Ho Ci Min), Pietroburgo (Leningrado), Costantinopoli (Istambul) e Smirne (Izmir). A Fiume jera famosi i fighi suti de Smirne.

    Pechino ogi i la ciama Bei jing e chisá come che i se ciamará i cani pechinesi (beijnghesi) ?

    E dopo xe tute le altre zitá in te l' Africa, che mi go perso el conto - mi non ero mai bravo in geografia su l' Africa - e che adeso le ga tuti sti nomi africani che non se pol pronunziar.

    Bisogna dir che tuti sti loghi i jera colonie dei Stati europei - I grandi Stati coloniali de una  volta: Inglitera, Francia, Spagna, Olanda, Portogallo, e che la zente che abita lá i ghe ga dado un nome in tela lingua de lori, adesso che i xe indipendenti. Indipendenti per modo de dir perché, se no i xe coi americani,  i xe coi russi o coi cinesi.

    Xe solo qua, in tela nostra vecia (vecia ma bona) Europa) che - come che ve go giá scrito una volta - i ga spartido ste tere senza un criterio logico, e alora i governi slavo - balcanici - comunisti i se ga sfogado a scanzelar i nomi de sempre (ripeto de sempre) e i ga fabricado nomi de fantasia.

    La nostra zitá Fiume la xe stada una de ste zitá "fantasma".

    In Boemia, la zitá indove che la xe nata mia molje - che mi ghe digo sempre, ti ti son la "Boheme", che la jera sempre anca soto l' Austria, "Aussig", ogi la se ciama "Usti" e tuti i nomi ilustri - e anca ste robe ve le go giá dete - ogi no i esisti più Abbazia, Carlsbad, Marienbad.

    Come se la guera la gavessi non solo distruto case e palazi, ma anche i nomi, scanzelandoli cola scolorina, ma scolorina politica.

    El bel o el bruto xe che inveze de meterse d' acordo per non far più mazamenti e guere, le Nazioni le vol sempre comandar, ogniduna per conto suo, sempre zapandoghe i pié ai altri.

    El colonelo Ghedafi, che el xe el capataz dela Republica Popolare de Jamahirija - che se ciamava una volta Libia "Tripoli, bel suol d' amore", ghe vol farghe guera a tuti. I Egiziani, carighi de mefa, i ga messo le divisioni corazzate al confin, me par come quando Mussolini el gaveva messo le divisioni al Brennero, inglesi e argentini i xe patufa ancora ogi per quele quatro grote in meso al mar, squasi al Polo Sud, che se ciama Isole Falkland (pardon Malvine). Tuto sempre col moto: "noi semo i più bravi e i più furbi, tuti i altri i xe m..a".

    A proposito de sta parola de quatro letere, devé saver che qua in tela Germania Ovest per Nadal i fa in tute le zitá el "Christkindlmarkt", che vol dir el mercato de Gesù Bambin.

    Veramente quel original jera una volta solo a Norimberga, ma savé come che xe, dopo tuti i ga voludo gaver anca lori sta roba e adesso i la fa apunto dapertuto.

     

    Christkindlmarkt a Norimberga

    I pomi qua i vien dala Nuova Zelanda e i persighi dal Maroco. Tornando al Mercato del Nadal, xe tuto assai bel, e se trova de tuto su sti bancheti, pupoloti, pignate, zeramiche e porzelane de tuti i tipi, robe de impicar su l' albero de Nadal e, logico, tante robe de magnar, luganighe de tute le lungheze, forma e color, pomi candidi sul steco, bomboni, ciocolata e tuto ga un bon odor de mandorle rostide, de vin brulé, de zucaro de orzo e de popcorn.

    Qua in tela Germania Ovest, che semo coi americani, se magna popcorn a tute le ore, e lá nela Germania Est, che i xe soto i russi, i magna pas'cipe (semi de zuca).

    Alora domenica se semo calumadi a Francoforte a guardar sto mercato. Una roba che mi la me piasi assai xe che ale cinque de dopopranzo, quando xe giá scuro, suso sul cornison (xe una picola teraza) dela ciesa de Santa Catarina, che la xe su sta piaza, indove che i fa el mercato, xe ogni giorno cinque o sei de lori che i sufia sule trombe e i sona assai ben musica de Nadal clasica-baroca, de Back, Corelli, Vivaldi e Telemann. Alora


    Come che una volta i fighi freschi se li magnava solo in estate e le naranze solo per Nadal, ogi se pol comprar le fragole fresche del Sudafrica in genaio e i finoci (quei che se magna) in agosto.

    go visto un bancheto indove che i vendeva scudele de ceramica fate a man in una picia fabrica, tute bele scudele con pupoli in rilievo, e su ogni scudela jera piturado, anche in rilievo e in blu scuro, un nome de mas'cio o de femina. Tute pulito, impicade su una siza, in ordine alfabetico, perchè la Germania la xe sempre un Paese ordinato, scominziando de Adelheid, o Adalbert, fino a Walther, Wilhelm e Waltraud.

    Mi go comprado una scudeleta per la mia molje, con suso scrito "Karin" e una per i fioi, con susp "Marco" e "Christina". Veramente la mia fia la se ciama "Cristina" senza la acca, ma qua xe cussì.

     

    Sicoome che volevo anche farghe un regalin al mio amico Rico, triestin patoco, che el xe anche lui de venti anni in Germania, alora go trovado una bela scudela con suso in rilievo un nome de dona che se usa in Inghiltera e in America, e anca qua che el scominzia con la M e el finissi cola A. Un nome de quatro letere apunto. Figureve come el sará contento el Rico, de bever de matina el café in sta scudela.

    Parlando de scudele, in casa nostra a Fiume le scudele indove che bevevimo café col late no le gaveva manighi. Iera quele bele tonde, grande - che le pareva picole terine - che de inverno se se scaldava le mani, indove che inzombavimo anca tochi de pan.

    Ala mia mama bonanima ghe piaseva anca far le sope coi tochi de pan in tel vin nero, che jera una roba che se usava da noi. Iera quela volta anca assai distinto tociar i biscotini "Oswego" in tel bicerin de Malaga o de Marsala.

    Mi me ricordo che  mi metevo sempre tochi de pan in tela pasta e fasoi e in tel minestron de risi e patate o de orzo e fasoi. E quando che gavevimo per pranzo o per zena gulas, alora i piati non ocoreva lavarli perché mi li netavo bei lustri col pan. Quante robe che se fazeva col pan, Panada, Landize.

    La mia moje la mete ancora la molena de pan smojada in tele polpete, non per sparagnar - come che se fazeva una volta - ma perchè la dixi, come che se usa in Boemia, che le polpete le vien più tenere.

    Me racomando muli, non ste far mace sula tovaja quando che inzombé el pan in tel vin nero. Se no la molje la se rabia.


    Bagno ex Quarnero a Fiume

    I  bagni  de  Fiume

    Prima de tuto devo e vojo dirghe un forte "grazie" ! ala mula, e ghe dario anche un baseto se 'l suo marito no' l xe geloso - che la ga subito scrito apena che ghe la ga leto la mia storia sula Colonia Montana de Roio dei Abruzi. Xe assai bel saver che non semo rimasti soli al mondo, ma che xe ancora qualchedun che ga visto e vissudo le robe che gavemo visto e vissudo noi. Per mi la xe una roba che la me fa ben qua drento, in tel stomigo.

    Parlando dela montagna, sto inverno 1985 - 1986, qua in tela Germania Ovest non xe che gavemo avudo assai neve. In ogni modo, a due ore e mesa de auto, de qua dove che abito mi, se ariva in tela Schwarzwald, che saria la famosa Foresta Nera.

    Non steme a domandar perché la se ciama cussì, perché mi non so. Lá, ghe xe sempre, de inverno, un per de metri de neve e de sabato e domenica con el mio fio Marco andemo a far un poco de sci de "fondo", che xe assai più sicuro e xe meno pericolo de romperse i ossi, che non butarse zo per la pista. Discesa coi sci mi la fazevo quando che jero un poco più giovane e jero socio del Ski Club Seegrube a Innsbruck in tel Tirolo del Nord (Austria) perché il Tirolo del Sud (Südtirol, alias Alto Adige) el xe in Italia, ma i parla lo steso per tedesco.

     

     

    Panorama di Innsbruck


    Tornando ale ativitá sportive - come che ve dixevo - qua in sto paese americanizado, xe tuto moderno, assai ben organizado e anca de inverno, presempio se pol nudar in tele piscine coperte co' la aqua bela calda eco' l profumo intenso de cloro per copar i microbi, vermi e bacoli.

    Mi credo però, e tuti voi son sicuro che me daré ragion, che in nissuna parte del mondo jera cussì bel nudar, come da noi a Fiume.

    De picio mi gavevo imparado a nudar in tel bagno Netuno, indove che non jera spiagia, ma dala riva jera subito aqua alta, alta per mi che jero pisdrul. Se ve ricordé el "Netuno" el jera tacado del silurificio "Whitehead" che guardavimo sempre quando che i fazeva i tiri de prova coi siluri (svodi), che dopo i li andava cior col motoscafo perché i costava un fotìo de bori.

    Dopo i gaveva serado el bagno Netuno e i gaveva fato, me par, un Hangar, o una roba cussì.

    Nel periodo del "Purgatorio" 1945 /46, tra l' arivo dei druzi a Fiume e l' esodo finale in Campo Profughi - quando che, come dizevo, vivevimo "ala giornata" con el moto "non-so-quel-che-suzede-doman" - noi muli andavimo a balar cole mule apunto lá indove che una volta jera sto Bagno, che i gaveva fato una specie de Dopolavoro del Silurificio.

    Sonava una orchestrina che se ciamava qualcossa col "Boogie - Woogie" che el jera in voga, indove che el mio amico Renato Bulian, che el xe morto, povero, due ani fa, a Santiago del Cile, el sonava el piano, el mulo Ossoinack el contrabasso, un mulo coi ociai, non me ricordo come che'l se ciamava e el veniva con mi ale Tecniche - el sonava el violin, e el Sergio Pizzulin la chitara.

     

    El Sergio, come che gaveré leto, el xe sempre, ancora ogi, sula cresta de l' onda in Svizera, Cantautore e Musicista "de grido". I altri locai indove i muli sonava quela volta - e mi jero sempre con lori - jera la sala dei Poligrafici, in Vial vizin ai Capuzini in Sabiza in primo pian, e in Giardin Publico (Mlaca) indove che i drusi i gaveva anca fato una Balera.

    Tornando ai Bagni, in tel Bagno Quarnero, in Molo Lungo, giá quela volta noi a Fiume jerimo sempre a l' avanguardia. Mi veramente jero Capo Centuria dei Balilla Moschetieri, e proprio ieri, ciacolando al telefono col Marino Calochira, el me ricordava che lui e mi gavevimo fato insieme el corso per Caposquadra in Casa Balilla.

    Dunque disevo, che el "Quarnero" giá quela volta el gaveva un toco de teraza, suso, riservado - vietato l' ingresso ai non addetti - per el "bagno integrale" indove che le signore de buona familia le ciapava el sol come che Dio le gaveva fate.



    Da noi in tela Germania Ovest i ghe ciama FKK (Freie Korper Kultur) che vol dir Cultura del Corpo Libero, cioè senza mudande . Mi me ricordo che i Comandanti dei vapori dela "Fiumana di Navigazione" dopo che i gaveva molado le zime del Molo San Marco o del Molo Scovazza, pasando davanti de sto bagno Quarnero, sul ponte de comando, i se tacava sempre el canocial sui oci, e inveze de guardar che la nave la andassi drita, i cucava le babe distirade sula teraza del Quarnero.

    A Cantrida, dopo del Cantier, jera el Bagno Riviera e el Bagno Savoia. Ve ricordé che durante la Republica Sociale Italiana di Salò, quando che noi a Fiume jerimo diventadi "Adriatisches Küstenland" (Litorale Adriatico) soto el protetorato del Terzo Reich, quando che el Wusche, detto "el Porco", paron del famoso ristorante omonimo ai Pioppi, el jera diventado vice-Gauleiter ?

    Quela volta, dopo che el Vitorio Emanuele Terzo el jera scampado cola nave verso Brindisi lasando in braghe de tela tuti i poveri soldai italiani e nel frfatempo el Colonelo Skorzeny (gnoco de Germania) el jera andado col picio aroplan "Stork" (che vol dir "Cicogna") a cior Mussolini sul Gran Sasso ?

    Bon, alora, sicome che i Savoia i jera proibidi perchè jerimo apunto in Republica ...

    A proposito de Republica ... quando che mi andavo a scola, ale Tecniche in Piazza Cambieri, el profesor, quando che fazevimo tropo gheto in clase el ne zigava "ma cossa xe sta republica" ! Indove che, evidentemente, la parola republica "res publica" la jera sinonimo de remitur, confusion, disordine, caos.

    Vado avanti, se no perdo el filo. Alora quela volta che sti Savoia i jera, come disevimo "fori lege", per sparagnar i bori i gaveva cavado la granda letera maiuscola "I" de sopra dela entrata del bagno Savoia e i ghe gaveva fato far una grande "N" che el nome el jera diventado "SAVONA", che el jera neutral e nissun  podeva dirghe gnente.

    Se ve ricordé, i gaveva tirado zò tute le grandi "R" maiuscole (col punto) come presempio in Riva indove che jera sul teto "R. Idroscalo"  che voleva apunto dir "Regio".

    Mi porto ancora ogi el ricordo del Bagno Savoia (o Riviera) indove che una volta gavevo fato oduf soto el zaterin tondo de legno che el jera ancorado sul fondo con una cadena tuta rusine e piena de pedoci e me jero fato su sta cadena un sbrego sula gamba destra che se vede ancora ogi indove che i me gaveva cusido.

    Quando che non gavevimo schei per pagar la entrata del bagno andavimo i Baia del Amor, e lá mi me ricordo, con la britola gratavimo le pantalene via dele grote che la mia mama bonanima la fazeva co ste pantalene un risoto assai bon, co l' ajo, petersemolo e ojo de oliva de quel bon, dalmato.

    Adio muli, vojo dir arivederci, e me racomando in tel risoto de pantalene e de scampi meté sempre ajo, petersemolo e ojo de oliva, de quel bon.

    1986.

     

    Abitudini  alimentari  fiumane

    Proprio ieri mi pensavo che xe assai interessante leger sula "Voce di Fiume" in tela ultima pagina (e anche in tela penultima) i nomi de quei che manda schei per tenir in piè sto nostro giornal che el xe quel che ne tien in contato.

    Mi guardavo da quanti Paesi del mondo che ariva sti bori, e in quanti Paesi e Continenti i se ga sistemado sti fiumani, dopo che i ne ga scaziado dala nostra Zitá. Pensavo apunto che forsi poderia esser interessante far un picio atlante geografico, una curta lista o elenco a tempo perso, de tuti sti loghi indove che ogi, nel milenovezentootantasei, vive un fiuman.

    Son sicuro che la redazion dela "Voce" ormai dopo tanti anni la poderia aiutarme a far sta lista, ripeto breve, de tuti i Stati del Mondo de dove un fiuman el se ga fato vivo in sti ultimi venti ani. Mi go trovado fiumani in tanti Paesi.

    In tel milenovezentosessanta jero cola nave a Auckland (che se leze O' kland) in Nuova Zelanda, e el piroscafo el jera el "Fair Sea" dela Sitmar.

     

    Piroscafo "Fair Sea" della Societá Sitmar

    Alora in sta Auckland jera vegnuda a bordo una signora novozelandese che parlava per talian e la diseva che la gaveva sentido che sula nave el jera un ufizial che el jera de Fiume. alora mi son andado da sta signora e ghe go deto che mi son el Giulio Scala e che sì, che mi son fiuman. Alora essa la ga scominziado a pianzer e la me ga domandado se mi jero el Giiulieto, el fio dela Piera levatrice, e mi ghe go deto che sì, che mi son el Giulieto.

    Bon, savé chi la jera ? Jera la mula Perillo, che i sui se ga sistemado in Nuova Zelanda indove i ga diverse grandi fabriche de scarpe "Perillo Shoes" che i esporta dapertuto.

     

     

    I Perillo i abitava a Fiume in tela cosideta "Casa Rossa" de Cosala, che la jera in zima a quela riveta a serpentina che la costegiava el vecio zimiterio e mi li conosso tuti assai ben perchè la mia mama, che la jera apunto levatrice, mi credo che la ga "levado" tuti i nove i fioi dela signora Perillo e mi jero diventado quasi un de familia.

    Ognidun de noi el se ga abituado a sti Paesi foresti, a sta lingua foresta. Sul numero de febraio dela "Voce" xe un bel articolo del Claudio Antonelli del Canada, che el scrive apunto dei emigranti e de come che i se trova in sti Paesi strani.

    La Granda Diaspora, dopo la seconda guera mondial, la ga sbatudo omini e familie in tanti Paesi indove che la vita la va avanti e i fioi dei fioi i se portará drio, per generazioni e generazioni i nomi de Superina, Capudi, Scrobogna, Rusich, Grubesich, Lipizer, Host, Varglien, Lenaz, Prodam. ecc.

     

    Poco tempo fa go ricevudo una bellissima e assai lunga lettera dela signora Padovani che la abita a New Jersey in America, e esa la me ga zigado perché non go mai scritto, sula "VOCE" el mio indirizzo, e se el xe segreto e riservato.  Me dispiase e vojo dir che el mio indirizzo nol xe assolutamente segreto, e ve garantisso che mi ghe rispondo a tuti quei che me scrive e che me fa assai piazer de ricever posta dai fiumani, specialmente de quei de "oltremare".

    Sempre in quel bel articolo che ga scrito el Antonelli de Montreal, el dise anca - parlando sempre dei emigranti italiani in Canada: "Le abitudini alimentari hanno subìto uno scossone, ma hanno subito trionfato su tutta la linea, a causa della loro indiscussa superioritá."

    Mi che son - come che me diseva la mia mama bonanima, lento de comprendonio - non go capido assai ben cossa che 'l voleva dir, ma credo che' l dise che le "abitudini alimentari" nostre le xe assai mejo (o che xe mejo quele estere ?). In ogni modo, anca per mi che vivo da tanti ani a l'  estero in Germania Ovest, le "abitudini alimentari dela mia familia  le xe come le jera da noi a Fiume, assai miste, italiane, ungaresi, austriache, ecc.

    Per quanto riguarda l' Italia, se almeno una volta la setimana non se magna spagheti, i fioi rugna . Gulas fazemo spesso, con le patate. E ogni tanto Gulas de Szegedin, con drento capuzi garbi.

    Austria: la mia molje (bohema) la fa, come che la fazeva la mia Mama i "Schinkenfleckern" pasta fresca larga fata in casa, o tagliatele comprade in negozio, dol butiro fresco e persuto coto tajado a tochetini. E se volé, de sora formagio gratado.

    La "vera cusina fiumana la xe sempre presente a casa mia, presempio cola pasta e fasoi cole cotighe e cole costolete de porco fumigade (maron scuro).

    E qua me permeto de ricordar che da noi a Fiume le più meje costolete fumigade se le comprava a "l' Estero", cioè in un picio negozieto a Sussak, sul Lungo-fiume ("on the Riverside" per i fiumani USA/Canada).

    Me racomando muli, non ste perder voi, i vostri fioi e i fioi dei fioi, la nostra tradizion imortal dela pasta e fasoi.

     

    Fasoi cole cotighe

    Se non trové i fasoi suti ve mando mi un pachetin de la Germania Ovest. E in caso de "emergenza"  se Dioneguardi non gavé a man né crodighe né costolete - alora poté cusinar drento anca luganighe - ma che sia de Cragno, me racomando.

    El dialeto fiuman

    Ogi mi vojo ciacolar del nostro dialeto. Mi son sempre de l' opinion ch el dialeto el xe una vera e propria madrelingua de un particolar grupo de gente, che bisogna salvarlo e tegnirlo vivo nel tempo perché el fa parte del patrimonio vivo cultural e tradizional de sta gente.

    Purtropo anche i dialeti "classici" i sparisse, anche se in tele zitá con grandi tradizioni popolari letterarie e storiche - come presempio Venezia, Napoli, Genova, Roma, indove che esiste apunto una leteratura, un teatro, una musica in dialeto original - non sará cussì fazile che tuto sparisse , anche se i muli ogi pian pian i parla sempre de più in lingua.

    Anca per quel che riguarda el nostro dialeto fiuman, el dialeto el resta original e autentico proprio fora de l' Italia, indove che i muli i parla inglese o altra lingua foresta, a in casa, cola Mama e col pare i parla apunto el nostro bel vero inconfondibile fiuman.

    Mi penso che suzederá come quando, nel 1943 xe sbarcadi i Americani in Sizilia e i soldati americani, fioi e nipoti de emigranti italiani "oriundi" dela seconda o terza generazion, i saveva parlar solo american e puro e vecio dialeto de Trapani o de Milazzo.

     

    Accoglienza dialettale ai figli dei compaesani

    I fioi e nipoti dei fiumani "Canguri" de Sidney, Melbourne e Wooloolong , quando che i vegnirá in ferie in Italia, nel 2024, sará forse i unici che i saverá ancora parlar in fiuman s'ceto.

    Presempio, qua in tela Germania Ovest, a Tübingen, che la xe insieme a Padova, Bologna, Heidelberg, una dele Universitá più vece de tuta l' Europa, fondada nel 1477, vive el professor Werther Schneider, nato a Fiume, che el jera vegnudo via de Fiume cola sua familia, prima ancora dela guera. El profesor Schneider el dirige, nela Universitá de Tübingen un "team" de dotori per la ricerca sule malatie del sangue, che el xe un dei mejo del Mondo.

    Bon, lui, ch' el xe un zinquanta anni qua in tela Germania el parla un dialeto fiuman cussì autentico e classico. El dise presempio: "Essa la gaveva" e quel essa contraddistingue el nostro dialeto fiuman da tuti i altri dialeti veneti dei quali el nostro dialeto fa parte.

    Quando che mi parlo col prof Schneider quasi me vergogno perché mi - pur essendo fiuman "vero" nato a Fiume da genitori tuti due anca lori nati a Fiume - mi go problemi col nostro dialeto

     

    Universitá di Tubingen Hegel


    El mio fiuman el xe imbastardido sopratuto col triestin, col veneto, col trentin, tuti loghi indove che mi go visudo nei ultimi quaranta anni. Me vien de rider, presempio, quando che parlo per telefono col Mirko Pironti, che el abita anca lui qua vizin de Colonia, perché lui el parla un fiuman cadorin, belunese, perché la molje la xe apunto de Belluno e se vede che in tanti ani essa la lo ga "annesso".

    Ve devo proprio confessar - per esser onesto come sempre - che de due o tre anni che mi scrivo ste Ciacolade, più de una volta me toca andar a guardar come se scrive una parola in tel Dizionario del Dialeto fiumano del Professor. Samani (lo gavé anche voi ?).

     

    UNRRA,  no  UNPA

    Qualchedun de sicuro el se domandará de indove che vien fora tute ste storie, che un el scrive e che dopo se leze sui giornai, che poi i ghe ariva ai fiumani in tuto el mondo. Ognidun de noi el ga un magazin, un deposito de ricordi, de memorie dele cose che le xe successe, Robe che magari, quando che un le scrive, alora anca i altri i dixe: sì, ecco che adesso mi me ricordo che anca mi go fato ste robe a Fiume, che anca mi jero lá quela volta a Fiume, quando che el mondo el jera ancora tuto de un toco e no 'l jera diventado mato come ogi, indove che i omini i se copa tra de lori pegio che in guera e pegio che nela etá dela preistoria, quando che per un toco de pan o un toco de carne de dinosauro i te conzava un manganel sula glava, che te imatuniva per sempre.

    Mi son proprio convinto che el mondo, co' l progresso tecnico el xe diventado tropo complicado.

    Ga inscominciado tuto coi pachi de l'UNRRA, da non confonderse cola UNPA.

    Chi de voi se ricorda de l' UNPA  ? Voleva dir Unione Nazionale per la Protezione Antiaerea.

    A Fiume, nel 1944, quando che mi jero nela Milizia Portuaria, gavevimo la Caserma in quela corte indove che una volta - se non me sbaljo - jera i Pompieri de Fiume, squasi visavì le scalete che se andava zò in corso pasando per quela caliseta indove che 'l jera el Ristorrante "Conca d' Oro".

    I muli dela UNPA, che i gaveva un terlis grigio col sul brazo una fassa con su sctito U.N.P.A. i gaveva un furgonzin triziclo con tre rode, e i andava a butar in mar, in Mololungo, le bombe inesplose che i tirava fora dai busi e che in italian se ciama "crateri" dele bombe.

     

     
     

     

    Iera un lavoreto un poco pericoloso perché, se una de ste dombe la sc'iopava, saltava in aria careto e muli. Saria asai bel se qualchedun che el jera del' UNPA a Fiume nel 1944 - 45 se fazessi vivo. [Noi eravamo dell' UNPA a Fiume, dal gennaio 1945, ma solo come informatori. Avevamo il permesso di uscire di notte, durante il coprifuoco e di giorno durante gli allarmi aerei. N.d.R.].

    A proposito de protezion antiaerea e controaerea - che xe quela che sbarava sui aroplani del nemico - in porto a Fiume i jera atracade le "motozatere" dei tedeschi, che i gaveva la "Flack" con le mitralie con quatro canne, che quando che arivava i inglesi o i americani i sbarava come mati. [A nostra conoscenza le mitragliere a quattro canne della "Flack" in porto - non in molo lungo - erano fatte funzionare da soldati ucraini. N.d.R.].

    In Mololungo jera la contraerea italiana, che jera tuti muli de Fiume e dintorni. Ve ricordé quel witz dela vecia baba che la vien zo de Castua a zercar el suo fio a Fiume, che 'l jera apunto dela Contraerea, e sicome che la baba la jera castuana alora in zitá, la jera un poco imbambinida, e la ghe domanda a uno in piazza Regina Elena se el sa indove che xe el suo fio Toni. El mato el ghe domanda indove che el suo fio el lavora, e la baba la ghe disi che el xe dela "contraria" (la voleva dir, dela "contraerea). Alora el mato el se guarda intorno con far circospeto e con un fil de voze el ghe sufia ala baba in tela orecia  ... "No la ghe stia dir a nisun, ma qua semo tuti dela contraria".

     

    Bon, tornando ai pacchi UNRRA - scuseme se mi perdo sempre el filo - mi me ricordo che soto i drusi, in quel periodo de "transizion" dopo del magio 1945 - quando che tuti spetavimo come Iddio che vegni sti americani a liberarne de l' invasion slava, alora a mi e a qualchedun altro dopo de la manifestazion de San Nicolò, indove che mi sonavo, in corteo per strada, la fisarmonica, i me gaveva butado fora del Tecnico de Piazza Cambieri, e i me gaveva "epurato" perché italian nazionalista.

    Mi me ricordo come che fussi ogi, che el Preside del Tecnico, professor Samani, col me gaveva "espulso", el me gaveva fato le sue scuse personali e el me gaveva deto che i lo gaveva obligado a butarme fora de scola.

    Alora, sicome che bisognava per strada mostrarghe ale patulie dei drusi  la "legitimacija" (carta de identitá) indove che quela volta (e non solo quela volta), un mestier molto sospeto, alora per viver in paze mi me ero iscrito ai "Sindacati Unici" che i jera, ve ricordé, in quela vileta vizin del pasagio a livelo del Viale Camicie Nere, tra la Sabiza e Braida. I me gaveva dado un bel tesserin verde, con suso scrito: Drug - Compagno (quela volta Fiume la jera ancora bilingue) Julijo Scala, profesion "nazaposlen" che per crovato vol di "disoccupado".

    Proprio ieri mi pensavo che per russo, la parola "compagno" se ciama "Tovarisc"  e da noi a Fiume se ti ghe disevi tovare a uno ti ris'ciavi de ciapar una man de bianco.

    Non solo, ma con sto tesserin mi partecipavo a tute le distribuzioni de pachi UNRRA, ve ricordé, quei bei de carton maron gialeto, impermeabili, coverti de cera, con drento ben stivade tute  quele bone robe, spagnoleti, pastiglie per disinfetar l' aqua, spagheti in scatola, con una salsa che Dio me perdoni, ciocolata e "Corned Bif".

     

    Alora, e qua arivo finalmente al "dunque", mi quela volta - sicome che al Tecnico gavevimo una brava (e bela) professoressa de inglese, che la abitava in una villa in quela riveta scalinada che la andava dala via Pomerio in Bonaroti - mi mastigavo giá un poco de inglese e su ste scatole de spagheti e Corned Bif jera scito in american, con tuti i particolari, come che:

    1) se doveva aprir la scatoleta, tirando el covercio de sinistra verso destra con due diti: police e indice;

    2) bisognava svodarla in un pignatin;

    3) dopo ti dovevi cusinar tuto sete minuti e mezo.

    Quela v

    olta, almeno a casa mia, noi jerimo tuti, ma tuti proprio convinti che i americani i fussi un poco indrìo cole carte e deboli de comprendonio, perché su tute ste scatolete e pachetini i ghe scriveva tute ste robe come se i gaveria de far con dispossenti e poveri de inteleto che noi xe boni de far due più due.

    Questo volevo dirve, xe stado il mio primo "impatto" con la ziviltá Nordamericana.

    Adesso, come dapertuto, anca qua nela Germania Ovest, se sula scatoleta o sul pachetin non xe scrito come che se averze e quanti minuti se deve cusinar restemo tuti cussì fermi, come  macachi, senza saper cossa far.

    Me racomando muli, ste ben atenti che sula scatola sia scrito tuto, se no coré el ris'c io de morir de fame. Bon apetito.

    Luglio 1986.

     

    Ditature  e  Ditatori

    In una ciacolada de due anni fa mi ve contavo che in Germania Orientale, che i la ciama  Republica Democratica (?) Tedesca, tuto, ma proprio tuto xe come che' l jera da noi soto el Fassio: adunata ogni sabato in divisa, balilla che lá i se ciama "pionieri", in montura con fazoleto rosso sul colo, un giorno sì e un giorno ancora sì, sfilate col passo romano (i lo ciama passo "dell' oca") e tuta sta coreografia de museo dei orori.

    Credeme, mi non me intereso gnente, ma proprio gnente de politica. Mi go bastanza de bazilar col mio lavor, le tasse, i fioi, la molje, che la me cruzia perchè de estate el mio paron, co semo in ferie, el me ciama che devo andar in qualche logo perchè xe sempre una qualche malora che la va storta. Alora gnente politica.

    A mi però me piase, con in man una bireta picola, - a Fiume inveze gavevimo el otavo - ciacolar con qualchedun del più e del meno. Ciacolemo de tante robe e anca presempio dei sistemi che i adopra per governar un Paese.

    E qua mi digo sempre che mi me piase de più una democrazia marza che una ditatura sana. E questo non perchè mi go una mia opinion politica. No ! Solo perchè mi me piasi assai le robe bele e de bon gusto. Presempio, me piase guardar un quadro de Rafaelo Sanzio.

    Raffaello: Il trionfo di Galatea. Villa Farnesina, 1512.

    Ve ricordé a Fiume via R. Sanzio ? Mi non impicaria mai zerti quadri a ojo come che la ga la mia sozera - senza criticarla, perché se volemo assai benj - indove che el pitor el ga fato un zervo con sti grandi corni che el scampa in mezo al bosco coi cani che ghe cori drio col sol color cagarela che e'l tramonta proprio in quel momento drio del monte.

    A mi me piase anca la musica de Mascagni, Puccini, Rossini, Verdi, ma co sento Claudio Villa che el canta cola voze de castrá me vien - co rispeto parlando - mal de panza.



     

    Mi ogi le ditature non le digerisso, sia la ditatura del Josiph Broz Tito (ex), o quela del Ceausescu in Romenia o del Gheddafi in Libia, o del Kumeini in Persia (che adesso se ciama Iran), o del Pinocget in Chile, che anca lù el scantina, e come !  O del Strosner in Paraguay, che mi me confondo sempre col Uruguay.

    Non le digerisso proprio per via del "kitsch" che per tedesco vol dir: cativo gusto.

     

    Tuta sta saja de bandiere rosse o verdi, come quele del Gheddafi o Kumeini, tuti sti militari galonadi, carighi de medaje, che la giacheta ghe pica de una parte, tute ste barete alte, col frontin lustro e sta aquila davanti, tuti sti muleti pionieri che i porta in prozesion come da noi  el corpus domini (ve ricordé ?) ste fotografie giganti del "Capo" xe tute robe de cativo gusto che mi, co le  vedo in sula television, scuseme, ma le me fa vegnir suso i gnochi de susini che go magnado ieri per pranzo.

    Se volemo eser propio sinzeri, noi fiumani veri non erimo mai, e non semo tipi de far tuti sti teatri de marionete.

    A mi me piase, presempio de mati le feste e sagre come quele che noi fazevimo a Fiume per i nostri Santi Patroni Vito e Modesto, e anca se i ne conta ogi che i SS. Zirilo e Metodio i saria i Protetori dela Europa, per mi i jera e i xe sempre i Santi dei Slavi.

    El 15 giugno sì che era da noi robe bele e de bon gusto: tradizion antica e el albero dela cucagna in Zitavecia, carigo de smir. Sempre in Zitavecia, tute le porte dele case dele cali le era incornisade de frasche verdi de lavrano; la gara de nuoto tra el molo Scovaza e el Mololungo e tante altre bele feste, simpatiche, naturali, spontanee.

    Ma tuto sto militar, coi razi atomici e sti quadri de nove metri per nove de Marcos, Devallier, Pinocet, tuti "Salvatore del popolo" e "Picolo Padre", come el Stalin bonanima, a mi me fa proprio senso. Che dopo, se volemo - più quei che comanda i monta in scagno - più xe miseria nel popolo.

    Xe robe che se usava ai tempi dela Defonta e veramente anca ai tempi "nostri", quando che el povero nostro Re Vitorio Emanuele Terzo - che noi lo lassa tornar in Italia gnanca ogi dopo morto - ghe tocava andar sul palco con in testa el capel-de-fero cola piuma bianca che la jera squasi più lunga de lui.

     

    to, indove che podemo sempre zigar forte e senza paura che semo fiumani e semo italiani.

    O quele bule monture dei ufiziali ungaresi ala Corte de Francesco Giusepe, che i pareva tuti vegnudi fora dela "Vedova Alegra" o dela "Principesa dela Ciarda" o dela "Contessa Mariza".

    A proposito de Mariza, la nostra mlecariza che la ne portava a casa ogni matina late fresco e scropic, la se ciamava Mariza e la jera tanti ani che la vegniva da noi che a mi la me voleva ben come a un fio de l' anima.

    A Fiume jerimo tuti una familia e a nissun ghe dava fastidio se la Mariza la parlava per crovato e che quando che la parlava per talian era come ascoltar Stanlio e Olio. Anca el nostro Postier, in Bonaroti, per ani anorum, el Signor Mandich, cola mantela e sempre soridente, papá del mio caro amico Narciso, anca lui  el era come se 'l fussi dela familia. Che bel che era una volta.

    Adeso qua in tela Germania Ovest, che semo mezi (o tre quarti) americani, nissun te dise più ne bongiorno ne' bonasera, e ti pol crepar che nissun te aiuta.

    Restemo almeno noi asieme, muli, senza grande pretese, senza stupidezi per la testa, demose la man e un baseto, e quando che i ne domanda de indove che semo, disemoghe che semo Fiumani e che per mantener el dirito a sto nome gavemo tajado la corda e molado in bando tuto, lá indove che semo nati e con molje, fioi e straze semo andadi a Caserta, a Busalla, a Recco, Brindisi e Francoforte, Adelaide o a Toron

    6^  PUNTATA

    Continuano  le ciacolade dalla MittelEuropa

    Butacarte  de  una  volta


    Voi che lezé ste robe che mi scrivo de oramai tre o quatro anni, chissá come che gaveré le scatole piene dele storie dela mia familia, molje, fioi, suozera, ezetera ezetera. Mi inveze ogni tanto imparo qualcossa de novo. Propio ieri jera qua da noi che vivemo in tela Germania Ovest, la sorela più picola dela mia molje - che la se ciama Ursula, ma che tuti ghe disi "Usci" e la vive a Viena - bon, essa la contava dela sua nona, che jera la nona dela mia molje, nona "paterna" come che se dixe, che vol dir la mama del suo papá.

    Alora sta nona, quando che non la jera ancora nona, la viveva in Boemia - come tuti savé, anca la mia molje la xe profuga, solo che noi semo profughi dei slavi e essa la xe profuga dei russi - prima dela guera, in una picola zitá de sta Boemia, che la se ciamava Aussig e indove che quela volta i parlava tuti per tedesco e non per russo e per ceco (slovaco) come ogi.

    Sta nona la fezeva a tempo perso la "kartenlegering", che per talian non me sovien come che se dise, ma che da noi a Fiume la se ciamava la "Butacarte".

    Mi me ricordo che la mia Mama, che la jera una persona come che se deve, e che la jera anca colta e leterata, voio dir che ghe piazeva assai leger tuti sti libri dela Carolina Invernizio, "La mano della morta" del Maurizio Dekobra, "La Madonina degli sleeping car" del Pitigrilli, che el se ciamava Dino Segre, "La vergine a diciaoto carati" dela Alba de Cespedes, "Nessuno torna indietro" del Luciano Zuccoli (alias Conte Luciano von Ingenheim) che el ga scrito anca el famoso romanzo "La Freccia nel fianco", dela Liala, che quela volta la gaveva scrito el suo primo romanzo "Signorsì", dela Elisabeta Werner "Vineta" del Rosso di San Secondo (molto conossudo) e del Guido da Verona "Mimi Bluette fiore del mio Giardino".

    A Proposito de sto grando romanzier Guido da Verona - anca questo jera un "pseudonimo" o "nome di penna" che saria come un nome d' arte come quei dele cantanti del "Café Sciantant" a Napoli, che le xe ciamava Madmuasel Nini La Bouche, Juliette de Plafon e Denise la Grand, e che le jera tute nate Carmela Esposito, Concettina Cacace e Teresina Palumbo. Quela volta i contava una barzeleta (un witz) dove che apunto un giorno sto Guido, grando Scritor, el jera coi amizi in auto (una Torpedo) e che i se gaveva fermado vizin de Venezia per saludar uno. E el famoso romanzier - che el fazeva personalmente de sciafer sula sua auto, coi ociai ala motociclista, el spolverin e i guanti bianchi - el se gaveva presentado a sto mato, come che se usa, el ghe gaveva dado la man, disendoghe: "Guido da Verona" e el mato el ghe gaveva risposto: "Ostregheta, alora me imagino che el sará stracco".

    Sempre restando nel tema leteratura, ve ricordé quel altro witz de un ricevimento (ogi se disi "party) in casa de "nuovi ricchi" indove che apunto un voleva far veder de esser leterato, e el ghe domanda ala parona de casa - sgnonfa, coi brazi carighi de bracialeti de oro: "signora, le piace Rosso di San Secondo" ? "Oh Dio, come no, ghe risponde la baba - ma sa, a casa nostra l' ingegnere mio marito beve piutosto el Bianco del Frascati".

    Alba de Cespedes Carolina Invernizio

    Rosso di San Secondo

    Guido da Verona

    Alora, tornando ale butacarte - Me dové proprio scusar che mi me perdo sempre el filo - ve disevo che la mia mama bonanima, che la jera una persona molto seria e senza stupidezi per la testa, bon anca essa, quando che jera malani o problemi in familia, la andava ogni tanto da una de ste butacarte per farse dir come che se meteva le robe e se tuto sarìa andado ben o mal.

    Non xe che quela volta le fazessi ste robe "professionalmente", non come ogi che sul "Coriere dela Sera" de Milano, ogni santissimo giorno xe una mesa pagina indove che in tei "Anunci Economici" (che adeso se ciama "Picola Publicitá) i fa reclam per "Sibilla" "Cartomante" "Chiaroveggente" "Astro occultista" "Astro carrtomante" che me par proprio che ogi, co sti ciari de luna, xe un mestier che devi render asai ben. No, quela volta jera babe che cussì - come la nona dela mia molje - le fazeva ste robe a tempo perso e le se guadagnava qualche flica.

     Me racomando muli, ste atenti che la Butacarte non la ve tiri un bidon e magari la ve domandi zinquantamila lire per dirve che vinzeré un terno al loto ! Cole zinquanta carte andé piutosto a far una bela marenda e bevuda sempre secondo el moto: "Soldi sará e noi non saremol".

    Importanza  dele  galosce

    Tanto per cambiar, ogi qua da noi piove che Dio la manda. Propio ieri in television i mostrava che vizin a Francoforte, a Darmstadt, indove che i ga fabricado una nova "Siedlung" (borgata), ossia un grupo de case nove vizin de un bel bosco con alberi grandi, la fognatura vecia, con sto slavaz che xe venudo non la guanta più e non ghe la fa a tegnir drento tuto quel che vien fora dei gabineti de tute ste case.

    E alora i ga mostrado (a colori, se capisse) che un bel toco de sto bosco el xe coverto per tera de uno strato de venti zentimetri de liquido, che apunto el xe vegnudo fora dela fogna, e i ga anca fato veder - ieri sera ale oto, noi erimo sentadi a zena - che su sto lodame abastanza denso galegiava anca tre o quatro bele e grande pantigane morte, tute bianche perchè povere, ghe toca viver in scuro e cola coda assai lunga.

    Mi credo che i podeva sceglier non propio l' ora de zena per mostrar sta roba in television !

     

    Con questo volevo spiegarve che anca qua in tela Germania Ovest non tuto funziona come che la zente crede. Qua tuti i xe boni a criticar Cernobil e per la television i dise sempre che una capela cussì podeva suzeder solo in Russia perché i xe comunisti, ma che qua i tecnici germanesi noi xe futizoni, e non ghe poderia mai suzeder un spandimento, o che qualcossa ghe poderia pus'ciar fora de una zentral atomica.

    Mi digo a ogni modo che xe mejo la m..a nel bosco che la radio-ativitá in tuta l' Europa. Speremo ben !

    Ma, parlando dela piova, anca da noi a Fiume pioveva, e anca assai. Noi erimo però assai ben atrezadi per difenderne e ripararne da sto fenomeno atmosferico. Forsi ancora più de ogi indove che tuti i va in auto e noi inveze andavimo quasi sempre pedibus calcantibus (mi go fato quatro ani de latin ale inferiori del tecnico).

    De picolo mi gavevo una bela mantelina rossa, de goma, coi busi dele due parti per meterse le mani in scarsela del capoto, e bele scornje anche de goma, nere e lucide.

    Ma la roba più importante del nostro "equipment" per la piova e la neve de quela volta jera le galosche, dal tedesco "galoschen", che go guardá nel vocabolario, per inglese se ciama "galosces", e in italian "sovra scarpe di gomma". Purtropo sta bela invenzion e utile requisito del omo nela bruta stagion el xe sparido, scanzelado e travolto dal progresso tecnico e eletronico.

    Tuti gavevimo le galosce che le teniva i pié suti e le salvava le scarpe, che le durava assai de più. Non so come fazé voi, fiumani, che vivé in Italia, Canada, Australia, ezetera, ma qua in sto paese de crucchi, che xe tuto americanizado, le scarpe, co le ga la siola sbusada i le buta via e i le compra nove perchè non ghe xe più caligheri.

    Ve ricordé i caòligheri a Fiume ?

    Una volta el caligher da noi el jera anca qualche volta portinaio e el gaveva la botega in un gabioto in te la androna del porton dela casa. E qua gaveria propio bisogno che qualchedun de voi me dia una man con una nota storica - biografica su qualche caligher de Fiume. Me fazé sto favor? Grazie.

     

    El Caligher de Piazeta San Micel. Ipostasi di Alessandro Pozder, 1917.

    Parlavimo dele galosce. Mi digo che le galosce le xe sparide col tramonto dei grandi imperi Mitteleuropei. Mi me ricordo che, lezendo i romanzi ungaresi, presempio quei del Körmendi, che drento jera assai de amor e che ghe piaxeva assai ala mia Mama bonanima - e anca in qualche vecia pelicola de Holivud, quando che i grandi siori a Budapest (o a Viena) i fazeva una festa a casa, in coridoio de ingresso del quartier jera sempre il majior-domo, o un mato in livrea aposta per cavarghe le galosce a sti baroni e ufiziai che i arivava in caroza.

    Ve ricordé che jera anca le galosce per le babe, che le jera anca de goma, nere, alte, e che se le podeva meter sule scarpete legere salvando sempre pìe e scarpe.

    Mi digo proprio che tute ste epidemie e amalamenti che xe dapertuto ogi de inverno, de influenza (qua i la ciama "gripe") mal de gola, buganze, tosse, angina, cataro, bronchite, mal de panza, xe tuto solo perché nissun porta più le galosce.

    Cossa ve par ? Me racomando muli, se non gavé le galosce cò piove o neviga, ste piuttosto a casa, se no ve ciapé ancora un malan.

    Fantasienza  con  zucaro  e  café

    Vecchio gioco oggi defiinito del "Zucchero e caffé"

     Prima de tuto volevo scusarme con quel che' l me ga scrito e che mi non ghe go ancora risposto, e prometo che ghe scriverò a tuti apena che go un poco de tempo. El fato xe che qua, da noi in Germania Ovest, nissun non ga tempo. Tuti ga premura.

    Propio jeri era qua da mi el mio amico furlan che el vive in Canada e che' l xe vegnudo in Europa con la molje e quatro fioi per un poche de setimane. Bon, el me dixeva che lui el torna volentieri in Canada (Ontario) perché sti "germanesi" (lori i tedeschi i li ciama cussì) per le autostrade i camina cole Porsche e le BMW come quei dela formula Uno a Monza o a Indianapolis, e che lui no' l vol morir giovane.

    Sì, disevo che qua nissun ga tempo. A mesogiorno xe tuti che i magna in pìe un amburgher, che poi saria una kaiserizza cola polpeta drento, che non la vien da Amburgo, ma dala America, e anca qua come in America tuti ciol l' automobile anca per andar, con rispeto parlando, in gabineto.

    Pensé che go leto che adeso una fabrica de automobili qua in Germania la ga in progeto un auto che quando  che ti arivi in una zitá indove che ti son foresto, alora ti ghe impiri nel computer de sta auto una carta cole strade de sta zitá e la machina la te pilota automaticamente e la te mena - el compiuter te dise "a destra" .. "a sinistra" fino a che ti son arivado in sta via indove che ti volevi arivar. Gnanca nei album de Gordon o de Mandrake non era ancora robe cussì fantastiche.

    Volevo anca dirve che sto mulo che el vive in Canada el me contava che lá, da lori i ordina giá la roba in botega da casa, col televisor - compiuter, che i te manda tuto a casa e ti ti paghi coi "soldi de plastica" che sarìa le famose carte de credito, che anca mi vado in giro per sta Germania senza mai una lira (un marco) in scarsela. E pago dapertuto la benzina, i alberghi e ristoranti co' sta carta de plastica che dopo ogni due o tre mesi i se ciol i soldi fora del mio conto corente in Banca, che' l xe assai corente perché i bori i sparisse.

    Per dir la veritá, e anca sta roba ve la gavevo giá contada - sto sistema non lo ga inventado ne' i americani ne' i canadesi, ma noi fiumani.

    Mi de picolo andavo a comprar in Belveder dal Signor Panbianco, che prima el gaveva la botega magnativa - che se ciamava "Generi Alimentari e Coloniali" - sul canton dela Via Belveder cola Via Vasari e dopo el se gaveva trasferido in quela casa nova indove che abitava i nostri amici Matcovich (lui el jera Capitano de Lungo Corso, vizin dela riveta, prima dela Casa Copetti).

    La mia mama la me mandava senza soldi apunto su per la riveta del Panbianco a comprar farina bianca, zucaro e colnserva de armelini per far palacinche, ma col nostro "libreto de credito" cola copertina arancion cola reclam dela Zicoria Frank, indove che el botegher el notava col lapis copiativo che non se podeva scanzelar quel che el me gaveva dado e ogni ventisete del mese (San Paganino) ghe davimo un aconto.

     

    Parlando de altro, in una ciacolada gavevo scrito dei gioghi che noi fazevimo de pici a Fiume. Bon, tre setimane fa ero, sempre per lavor, de novo a Viena, e sicome che era de domenica e gavevo un poco de tempo, son andado in Museo a guardar i quadri, che a mi me piase assai.

    Nel Musto Storico - Artistico a Viena (Kunst Historisches Museum) xe un grando quadro, ma assai grando, che lo ga piturado nel 1560 el famoso pitor olandese (veramente el era fiamingo) Pieter Bruegel il Vecchio, che vol dire che ghe era ancora uno giovane. In sto quadro xe una saia de mularia che se gioga con novantun (xe scrito nel catalogo) gioghi diversi, e se vede apunto ttitilaga, mosca ceca, trampoli, zambuja, trotola, careghete, ezetera ezetera, e in fondo del quadro a destra, e non se pol sbaljar, se vede zinque muli che se gioga a "zucaro e café".

    Ghe go mandado ala "Voce" una fotocopia dela fotografia del quadro dove che se vede apunto sta roba.

     

    Pieter Brueghel. Giochi di bambini

    Magari qualchedun de voi, che se' così bravi, forsi el me sa dir de indove che ga origine sto giogo, che i giogava giá trezento anni fa.

     

    PATICOLARI: La storiografia d' arte italiana preferisce usare il nome: Pieter Brueghel, forse per evitare errori fonetici. In ogni modo, secondo il fiammingo Karel van Mander, il primo Brueghel, dettto impropriamente "il vecchio" morì nel 1569, forse a meno di 44 anni. Fu ereditato dal figlio primogenito, nel quale permane lo stile. Nacque, si dice, in una cittadina vicino a Breda, la quale porterebbe il suo cognome. In ogni modo (cito Giovanni Arpino) è certo che si firmò "Brueghel" fino al 1559, dopo di che preferì firmarsi " Bruegel". [N.d.R.]

    Veduta di Breda, in Olanda

    Me racomqando muli, ste atenti co gioghé a "zucaro e café", che non ve vegni una crica ala schena . Mi dirìo che ala nostra (meza) etá forsi xe mejo che se gioghemo a ruba-mazeti e sete-e-mezo.

    Semenze  per  gati  e  aqua  dolce

    Mi scrivo sempre ste roba quando che go un poco de tempo, e la redazione de "La Voce " le ingruma e le publica una volta al mese, e alora magari passa un per de mesi prima che voi lezé quel che mi scrivo. Qualche volta magari lezé per Feragosto quel che mi scrivo per Pasqua. Ma non fa gnente.

    Importante xe far ste quatro ciacole e non pensar ai debiti e al mal de schena.

    Ogi mi volerio ciacolar dela Santa Lucia, dei gati e de 'l aqua dolze. Me par come el titolo de una de quele pelicole che i fa ogi in zinema.

    In dicembre, un giorno a mi me era vegnudo in amente che da noi a Fiume, in quartier a casa e anca nele ciese, intorno dei presepi era sti piatini con una bela erba verde alta un 15 - 20 zentimetri. Noi usavimo, se ve ricordé, el giorno de Santa Lucia - el più picio giorno che sia e che xe ogni ano el tredici de dicembre - meter in un piatin ste semenze per sta erba, con un poco de aqua, e fino al ventiquatro de dicembre, quando che soto l' albero fazevimo el presepio col mus'cio fresco.

    Sta roba in piatin la era cressuda e era apunto sta erba verde che la fazeva molta figura.

    Alora mi me son ciapado su e son andado qua a Francoforte in una botega indove che se vende tute le medicine per le piante, che xe come se fussi una farmacia: pirole de vitamina, siropo ricostituente, polvere per copar zimisi e piatole dei girani, crema-spray per far diventar lustre le foie, ecetera. E lá i vende anca semenze.

    Alora mi ghe go contado la storia dela Santa Lucia a Fiume e veramente mi credevo propio che i me gaveria deto che ste robe le xe robe de Marco Caco e che i me mandassi in quel paese. Inveze i me ga dado subito, giá pronte in un piatin de plastica, sigilade cola carta celofan, ste semenze, che xe semi de cereali, ossia frumento misiado con un poco de tera suta, che basta meter un poco de aqua - xe drento anca una carta cole "istruzioni per l' uso" in sei lingue - e in una setimana sta roba la cressi alta un venti zentimetri.

    Bon, volé che ve conto per cossa che i vende sta roba ?

    Per i gati de casa che ghe serve come digestivo, purgante e medizina.

     

     

    El mato che vende in negozio el me ga contado che i gati - sicome che lori i se lava e i se leca per tuto el santo giorno (de note i bagola sui copi) - alora i ingutise anca i muceti de sto pel, che no i lo digerisse e che ghe stoppa el gargato.

    Alora sta roba che i magna xe per lori come la magnesia San Pelegrino e el Sal de Kasbat.

    Mi comunque ero tuto contento, che gavevo de novo, dopo quaranta ani, i piatini cola erba verde de meter vizin del presepio. In quanto ala acqua dolze, da noi era una ofesa dirghe a un che era "mariner de aqua dolze" se el montava in barca e ghe veniva mal d mar, che el fazeva gatini, o se el ligava la zima dela barca ("cicio non xe per barca") con un  gropo cosideto "dela vaca", che con un poco de mareta e un poco de ventisel sto gropo el se molava e la barca andava per conto suo. El mar per noi era la roba più natural del mondo.

     

       
    Pesci d' acqua dolce

    El era un toco del nostro universo, tuto a Fiume gaveva qualcossa de far col mar, con l' acqua salada. La aqua dolze la era per noi, come di una "roba foresta". Forsi erimo più in confidenza col vin nero domace. A Fiume, el unico "fiume" che conossevimo, era el Eneo che, se volemo, era più un canal che un vero fiume.

    Un vero fiume, lungo e largo, e acqua dolze, un lago grando, era per mi roba che lezevo sjui libri, presempio Tom Sawyer sul Missipipi - e anca la nebia mi non la gavevo mai vista. Ancora ogi, dopo quaranta ani, l' aqua dolze, fiumi torenti, laghi, cascate, xe robe che a mi le me incanta, ma xe robe "nove" anche se da squasi ventizinque ani vedo pasar el fiume Meno (Main) soto i ponti de Francoforte e de Offebbach. El primo lago dela mia vita xe sta el lago de Vrana, la prima estate che semo andadi in vilegiatura a Cherso. Era una roba triste.

     

    Lago di Vrana a Cherso

     

    A mi me fazeva impresion tuta sta aqua scura che non la se moveva in mezo a un paesagio senza omini ne' case. E forsi sta prima esperienza la me ga acompagnado per tuta la vita.

    El mar, inveze, el xe movimento, alegria. ogni stagion, ogni ora del giorno al cambia , el ga un altro color, un altro odor.

     

    Poesia e rumori del mare

    Non so se anca a voi la aqua dolze la fa sto efeto. Mi ancora ogi non magno pessi de aqua dolze. Solo qualche volta un tocheto de Salmon fumigado, de quel color rosa,  con un poco de butiro. Ma qua, presempio, tuti va mati per le trote. Ma volé meter ste "trote" che non le ga gusto de gnente, con un bel piato de scombri rostidi sul carbon dolze, con suso un due tochetini de ajo, un poco de petersemolo tajado fin e una joza de ojo de oliva de buel bon.

     

    E tornando a parlar dei gati, pensavo propio jeri che qua in Germania Ovest ai gati i ghe da de magnar solo quele robe in scatolete, che i fa tuta quela reclam in television, e ste povere bestie tedesche de Germania no le saverá mai fin che le vive che bone che xe le teste de scombro che magnava i nostri gati a Fiume, che mi credo che per i gati deve esser el magnar più bon del mondo.

    Me racomando muli, anca voi, quando che magné un poco de bon pesse, non steve dimenticar del gato che anca lui - come che el diseva el Grando Santo Francesco - el xe una cratura de Dio.

     

    El  libreto  dele  scovaze

     Propio ieri mi pensavo che nela vita xe tuto question de "quantitá". Qua da noi in Germania Ovest, se i ciapa un muleto che el ruba due naranze in un careto, i lo denunzia e xe pericolo che se i lo aguanta un' altra volta el finisse in Casa de Corezion.

    Una setimana fa xe finido el prozesso a l' ex Ministro dele Finanze del Partito Liberale Graf (Conte) von Lambsdorff, che i lo ga trovado colpevole de averghe fregado al Fisco (le Tasse) per scopi personali e privati diezi milioni de marchi (sete miliardi de lire italiane).

    I lo gha condanado - gnente galera, gnanca cola condizional - a ventimila marchi de multa, che per lui xe quisquilie, e i lo gaveva severamente rimproverado. Adeso par che' l tornará forsi a far el ministro. Xe tuto question de quantitá.

    Ma ogi volevo contarve un' altra roba. Qualche mese fa, in una Ciacolada scrivevo che anca qua da noi in Germania, come che in America che non se agiusta più gnente (parlavimo de scarpe) e co' una roba se rompe la se buta tuto via e la se compra nova. Senza arivar ai estremi, che i contava quando che mi ero picolo a Fiume, che in America i xe tuti cussì richi che quando che el portazenere dela auto el xe pien i se compra una nova automobile, ma ogi da noi molte volte, quando che se rompe la television, el mato che el vien a agiustarla, con la man de opera e tochi de ricambio el te peta un conto che apunto costa de meno comprar una nova television.

    Questo xe vero anca per la radio, gramofoni e tuta la roba eletrica, indove che costa meno comprar novo che far agiustar.

    El problema grave però xe quel de indove meter tuta sta roba che se buta via ! Come che voi tuti savé, tuta la Germania Ovest, Est, Nord e Sud la xe sempre stada e la xe anca ogi un Paese ordinato. Alora dové saver che el Comun de Offenbach, indove che abiteno noi vizin de Francoforte, in genaio de ogni anno el ghe manda per posta a tute le familie una leterina con un libreto indove che xe scrito (per tedesco se capissi) indove e quando che bisogna portar via tute ste scovazze. E qua bisogna gaver fato un poco de scole: non digo el ginasio, ma almeno el aviamento, perché le robe le scominzia a diventar un poco difizili. Alora, la carta (giornai, riviste, fascicoli) bisogna portarla in un bidon che per ogni zona dela zitá el xe ben in vista. E fin qua tuto ben.

     

     

     

     

    El vetro usado, boze senza cauzion, vaseti de senape svodi, ezetera, se deve butarlo in una granda lata coi busi e ste late le xe "stazionade" in punti chiave che i xe contrasegnadi con una "X" sula mapa dela zitá, che i la ga alegada in sto libreto del Comun.

    Xe sempre due de ste late coi busi, insieme: una per el vetro colorado, una per el vetro "bianco" (e guai se uno el sbalja). Sule late xe tacado un grande toco de lata indove che xe scrito in stampatelo che se deve butar le boze drento solo nei giorni lavorativi da lunedì a venerdì (de domenica gnente) e solo dale sei de matina (i tedeschi i se alza presto) fino ale zinque de dopopranzo, perché se no se fa remitur e se disturba la popolazion, che la ga dirito ala calma e al riposo. Mi son sicuro che i fiumani che i abita a Roma o a Napoli no i me crederá, ma in tanti ani non go mai visto un che el gaveria calumado una boza nela lata dopo le ore diciasete o de domenica.

    El material "brennbar", che vol dir "de arder", che saria la roba che se ti ghe da fogo la brusa, osia carton, straze, legni, paioni, stramazi veci ezetera, xe obligatorio portarla nel "Brusatoio Comunal" che el xe a diezi chilometri da Offenbach e che el xe aperto ogni giorno lavorativo dale 7.00 de matina (se vede che i mati i se alza un poco più bonora) fino ale ore 15.00 (però in compenso i va a casa prima).

    Material ferroso, suste vecie, medaglioni de oton roti, lavatrici fori uso ezetera, se deve portar in deposito dei metalli, anche questo a orario fisso.

     

     

    Quatro giorni fa mi go portado in sto deposito un grando carton vecio pien de tochi de fero rusini e el carton lo go dovudo portarmelo de novo a casa perché el mato del deposito el me ga zigado che mi dovevo saver (xe scrito nel famoso libreto) che lori no i ciol material de arder.

    I alberi da Nadal (abeti) dopradi bisogna meterli giusto davanti el porton de casa - guai a meterli un poco più in lá - el giorno 7 de genaio fino ale 5.00 de matina, perchè ale ora 6.00 in punto pasa el caro dei scovazini "spezial" per i alberi de Nadal. Se uno, povero el se dimentica, ghe toca spetar fino al 7 de genaio del anno dopo. Che bel che xe viver in un Paese ordinato !

     

    Ancora: legio sul libreto che quando neviga de note (e se neviga de giorno ?) entro le 7.45 del matino ognidun el deve netar cola pala, e dopo cola scova, via la neve davanti dela sua casa sul marciapìe, e la neve bisogna butarla cola pala a non più de 22 zentimetri de distanza dal marciapìe, se no intriga el pasagio dele auto.

    Tute ste robe, e ancora tante altre, le xe scrite in sto fascicolo che ne manda ogni anno el Comun. Mi che go pasado i trenta ani (e anche i quaranta) e che ogni tanto me dimentico qualcossa - non che "perdo i colpi" come che me dixe sempre mia molje - figureve tegnir in amente tute ste robe e alora, per non andar in disgrazie, me son impinido col lapis un quaderneto de apunti con tuti sti orari e loghi indove che xe ste late, bidoni, chible, depositi, ezetera ezetera.

     

    Tornando ale riparazioni, a Fiume se agiustava tuto. Ve ricordé che le terine de porzelana i le agiustava cussì ben cola rede de fil de fero ? Per non parlar dele pignate, le fersore de aluminio e de smalto coi biechi stagnadi e fissadi cole broche.

    Se parlemo de biechi, bisogna ricordarse dei biechi sule braghe, camise, mudande, giachete e capoti che ogi la mularia i se taca i biechi finti, che i xe assai de moda.

    Senza arivar a l' altro estremo dei genovesi - o de quei de Camogli, che coi Lussignani e i Ciosoti se contende la palma de chi che xe più caija - che i fazeva agiustar el spazolin de denti co' l perdeva i pej.

    Noi a Fiume fazevimo, quela volta, agiustar quasi tuto.

    Chi se gaveria insognado de butar via una ombrela solo perchè se gaveva roto el manigo de zeluloide o de bachelite, o se gaveva schizado una steca ?

    Muli, se vegnì da ste parti, me racomando, prima de butar via una lata de Cocacola in un  bidfon "qualsiasi" ste ben atenti che se no el vigile el ve denunzia per "sconcio ala natura" e "occultazione di corpo di reato".

    Una roba che squasi me dimenticavo de dirve: go scominziado ogi a scriver  che "xe tuto question de quantitá". Bon, xe ciaro che, senza che nissun se scomponi, le tre più grandi fabriche de chimici dela Germania -che xe la Basf, la Hoechst e la Bayer (proprio quela de la aspirina) - ogni santissimo giorno, anche se veramente ste robe i le fa de note, i scariga nei fiumi tedeschi tonelade e tonelade de scorie liquide e solide, infiamabili, velenose, rorosive, e radio ative.

    Tonelade e tonelade. Xe tuto question de quantitá.

    Adio muli, e ocio ale scovaze !

     

    7^  PUNTATA

    Continuano  le ciacolade dalla MittelEuropa

    Mass  media  ignoranti  e  una  musina  de  pieracota

    Se lege sempre in tuti sti giornai che el nome Fiume, dopo che i ultimi fiumani "veri" come che semo noi i sará andadi a sburtar radicio, pian pian el sparirá, e che dopo un pochi de anni che anche l' ultimo fiuman el gaverá lassado sta valle de lacrime, nissun saverá più se el nome "Fiume" xe roba che se magna o che se beve.

    Mi però me inacorzo sempre de più che sta roba non la xe propio vera. Ieri dopopranzo presempio ero in farmacia a comprar pirole per andar de corpo. Purtropo ogi non se trova più ne' la nostra vecia "Acqua de Hunyadi" ne' la "Acqua de Janos" in quele boze de vetro verde, che le fazeva cussì ben per la "digestion de la panza".

    Alora te vado in sta farmacia e sta baba (giovine) la parlava per tedesco con un poco de azento miteleuropeo.

    Alora mi ghe go domandado se la era per combinazion ceca - non orba, ma cecoslovacca - e essa la me ga deto che la era ungarese, anca essa scampada in Ocidente indove che se vive assai meio che non nel regime socialista indove che i xe tuti "compagni", quando che inveze semo tuti diferenti. Ciacolando del più e del meno - era una toca de mula, bionda e slanciada, col traverson bianco tipo "fascino slavo", ma non steghe contar ala mia molje se no la me fa un scagaz - mi ghe digo che son de Fiume, ma che son sicuro che essa la xe tropo giovane per saver cossa che xe ... o meio cossa che era Fiume. Alora la me dise essa che in Ungaria ogi tuti i  ciama ancora Fiume e che in Ungarese Fiume la se ciama Fiume e che lá era Ungaria una volta e che a Budapest e in tute le zitá magiare (che vol dir ungaresi) per lori el nome Fiume el esiste sempre.

    Come che giá era sucesso a Viena e a Praga parlando con zente de ogni etá, me pareva de sentir nel tono dela sua voze una zerta simpatia e squasi nostalgia quando che i sentiva sto nome "Fiume" ligado a tanti bei ricordi che ghe contava la sua mama o el suo papá, o i sui noni, ricordi del tempo dela Defonta.

    E qua tornemo ancora una volta - non fa mai mal - su un argomento che 'l xe sempre de atualitá sule robe che noi tuti dixemo e scrivemo. Perché, ma perché in Italia ogi tuti i "Mass media" - i stessi che i disi "Francoforte" (e non "Frankfurt"). Amburgo (e non Hamburg) i dise e i scrive Pula, Zadar, Split (su mare, quela grega !) tuti sti nomi inventadi dopo la seconda (e speremo sempre ultima) Guera Mondial ?

     

    L' altro giorno ero, sempre per lavor, a Salzburg (nome originale) che saria Salisburgo in Austria - indove che xe nato Wolfgang Amadeus Mozart, che la xe una zitá e uno dei posti per mi più bei in Austria, in Miteleuropa  e in tuta l' Europa.

     

    Panorama di Salisburgo

    E qua bisogna dir che mi go assai rispeto per sti austriachi, che anca lori ga perso la guera (non una, ma due) ma ogi i xe indipendenti.

    No, dipendenti, ne' dei russi ne' dei americani e nissun ghe ga portado via, dopo de la seconda Grande  Guera, gnanca un metro de tera indove che xe parla austriaco. Xe sloveni che i brontola e i protesta che la Carinzia austriaca la xe slovena, e a mi me par che xe i stessi sloveni che i dixe che anca Trieste la xe slovena.

    Come a Viena e a Trieste, e una volta da noi a Fiume, a Salisburgo xe tuto cussì bel ala moda vecia, tanti bei café indove che el camarier el te porta su una picia guantiera la cicara de café col bicer de acqua con suso posado el cuciarin.

     

    Una bela abitudine dela mularia de ogni paese, de ogni etá  de ogni tempo era e xe la musina (spargnak). Chi de noi non gaveva la musina ?

    Xe un ogeto che el xe sempre de moda. Una volta le era de pieracota o de porzelana, dopo ghe era quele de fero, cola maniza, che te dava la banca, cola ciaveta, e ogi la xe de plastica, che anche adeso la banca la le regala per reclam ai fioi.

     

    La morte natural dela musina de pieracota o de porzelana la era de vegnir spacada quando che la era piena, ma mi me ricordo che quando che ero picolo sta musina la stentava a impinirse perchè notetempo, o in assenza del materno o paterno genitore - sempre e solo però in "caso di emergenza" - se dirìa ogi, presempio quando in zinema Odeon era una pelicola con Stanlio e Ollio e mi ero cisto - alora, con l' ausilio de un cortel, fazevo sbrissar fora del tajo dela musina un cinque lire de argento co' l' aquila, che le bastava per comprar el biljeto del zinema e anca una pasta crema del Centenari, e anca una Dobosz del Sari. e magari avanzava ancora qualcossa per comprar l' Avventuroso o un album de Cino e Franco.

    Ma quel che me ricordo con tenereza xe quela picola musina che la era in Cesa dei Capuzini in Sabiza, sula balaustra del Altar, sula sinistra del Altar Magior, che la era per le missioni de l' Africa e che era una statueta de porzelana - quela volta apunto non era la plastica - de un frate capuzin, che ogni volta che se butava drento un zinque o dieci zentesimi el ringraziava dondolando la testa come se el fazessi  "sì grazie ... sì grazie".

    Chi de voi se ricorda de sta musina in Cesa dei Capuzini ?

     

    Chiesa dei Cappuccini a Fiume

    Bon, adesso devo scampar perché devo andar, prima che i me ciudi la banca, a pagar la fatura del gas. Altroché zinque lire nela musina !

     

    Corsi  e  ricorsi

     Se me ricordo ben, era propio el grando filosofo italian Giambattista Vico che el gaveva scrito quela teoria dei "Corsi e ricorsi storici", che sarìa come dir che nela storia dei omini tuto se ripeti de novo. Mi digo sempre che, se quel disgraziado de Adolfo Hitler, inveze de andar sempre in giro col brazo a mezasta, el gaveria leto i libri de storia, indove che xe tuto scrito, quando che el Napoleon Bonaparte el gaveva mandado tuti quei soldai in Russia e sul più bel el ga dovudo molar in bando tuto e tajar la corda de brivada per el fredo che era, alora mi credo propio che anche el Adolfo no' gaveria mandado in Russia tuti quei soldai, anca lori disgraziai, che dopo nissun ga mai capido cossa i era andadi a zercar - e che erimo andadi a zercar anca noi coi nostri poveri Alpini dela Julia, morti de fredo in sto paese imenso indove che de inverno i mati dele "isbe" - gavé leto "Guera e Pace" o la "Anna Karenina" che i gaveva fato quela bela pelicola con Greta Garbo ? - I se fa el leto sula stua .

     

     

    Tornando ai Corsi e Ricorsi, xe tuto come le cotole dele babe che le se scurta e le se slonga cola moda, e come le cravate dei omini che una volta le xe larghe come tovaje, e dopo tutintun vien la moda dele cravate strete. E alora uno el xe ridicolo se 'l va in giro cola cravata larga e te toca andar in botega a comprar cravate nove.

    Dopo qualche anno,  de novo gnente più cravate strete, torna la moda dele cravate larghe e te toca tirar fora ancora i bori.

    Alora mi, cossa go fato ?

    Dopo che xe passada la moda dele cravate larghe un venti zentimetri (adeso semo sula moda de "mezaria") e quela dele cravate tipo "cordela" (tre zentimetri del largheza) mi go salvado in un scartozo in un scafeto del sinfonier in camara de leto, tute ste cravate e quando che torna una dele due mode (cordela e tovaja) mi go alora ste cravate ala moda bele e pronte, senza esborsi de contante.

     

     

    Un' altra roba me vien in mente:

    Quando che mi ero mulo a Fiume e gavevo 15 - 16 ani, che era i ultimi ani dela guera e el primo anno dela invasion (mi la ciamo cussì), mi me ricordo che come tuti i muli dela mia etá me impastavo i cavei de brilantina, che i diventava duri come legno compensato. E sicome che i schei per la brilantina solida "Linetti" (muli che profumo, che olezzo) spesso e volentieri non li gavevo, e la mia musina la era svoda, alora adopravo uno dei sistemi quela volta in uso.

    Qualchedun el adoprava aqua e zucaro, ma questo - dise i esperti - era un sistema dei anni venti. Mi, quando che ero cisto, adopravo aqua e savon, de quel bianco tipo "Marsiglia" che quando che' l se sugava lassava i cavei bei lissi stiradi e tacadi come quei de Rodolfo Valentino che Dio ghe brazi l' anima. Mi gavevo purtropo sempre i rizi de natura, mentre sti grandi atori era sempre con ste testine de cavei bei tiradi, che i pareva de lustrofin.

    Nei ani zinquanta, sessanta e settanta sta mania dela brilantina la xe sparida. Era de moda i "zazanich", caveloni con le cavelade longhe e incolte tipo "erba mata" che a mi in tram i me fazeva sempre impresion perché gavevo paura che qualche bestiolina (termine scientifico: pidochium vulgaris) la fazesi un salto in lungo verso de mi.

    I "Punk" coi cavei rossi, o verdi, o lila, taiadi cola machineta tipo "el ultimo dei Mohicani" i sta pian pian sparendo anca lori e torna, almeno qua da noi in Germania Ovest, le petinature ala Elvis Preslei.

    Bon volevo contarve che el mio fio Marco, che ogi el ga diciasete ani, el xe tuto el giorno davanti del specio che' l se mete nei cavei anca lui un smir de tubeti trasparenti rosa o blu che xe come la nostra brilantina solida dei ani 1944 - 1945, solo che i la ciama adeso "gel", ma xe sempre una roba che i muli i ga de novo le teste coi cavei lissi e lustri come el Vitorio De Sica bonanima.

    Come ve disevo: Corsi e ricorsi storici. Ve lasso per ogi e me racomando muli: lisseve ben quei quatro pei che ve xe restadi intorno dela zirica, perché la brilantina la fa de novo furori.

    1987.

     

    La  bora  nel  sub  -  conscio

     

    Come el Niflo nela sua ciacolada dal Nord, anca mi me inacorzo che son arivado ala Zinquantesina Ciacolada dalla MittelEuropa e qua ve devo dir propio grazie per la santa pazienza che gavé avudo con mi e anca grazie per tute le bele leterine che me gavé scrito in tuti sti ani  da Italia, Australia, Canada, Stati Uniti de America e tuti sti posti indove che ogi vive fiumani. Mi zerco sempre solo de tegnir viva e impizada quela fiama, fiameta che la se ciama Fiume, la nostra Fiume, quela dela nostra infanzia, dela nostra giovineza, che storicamente la era anca "Giovinezza", quela che fazeva rima cola primavera de beleza.

     

    Quei grandi psichiatri, dotori, e profesori che i scrive quele robe difizili sule memorie e impresioni pre-natali infantili ezetera, come presenpio el Sigismondo Freud che el ga scrito quei due libroni sula "Interpretazione dei Sogni", libri che i vendeva sopratuto a Napoli . Lá la gente no ga gnente de magnar e alora i vive solo per el Maradona, e per el giogo del loto, che la xe tuta una scienza che la te spiega che numero che ti devi giogar sula roda de Cagliari quando che ti se insogni che el gato te ga ribaltado el pignatin del late in cusina.

    Disevo che sti grandi scienziati i dise che i ricordi - impresioni del sub-conscio (Freud) dela prima infanzia li gavemo tuti.

    Ve fazo un esempio: noi fiumani nati e cressudi a Fiume, semo nati e cressudi con la Bora. Da noi no la era tanto tremenda come che la xe a Trieste indove che ancora ogi i mete le corde sui cantoni in batuda de bora, tra Piazza Unitá e Via del Mercato Vecchio, perché la gente non la se ribalti, ma la sufiava ben anca a Fiume, abastanza alegra.

     

    Giorni di bora a Trieste

    Qua da noi a Francoforte in Germania Ovest la gente non la conossi cossa xe vento.

    Qua xe un poco de vento solo per poco tempo, quando che vien neverin o burasca, ma normalmente no. La mia molje, che la xe nata nela pianura boema e cressuda fra le montagne dela Baviera, a essa el vento el ghe da fastidio e quando che venivimo a Trieste non la podeva sofrir la bora.

    Per mi la bora la apartien ai mii ricordi più bei de Fiume.

    E non solo ricordi de quando che son svejo, ma anche de quando che dormo. E qua semo nel sub - conscio.

    E adesso, come sempre - prima de perder el filo - vegno al dunque.

    Noi abitemo qua vizin de Francoforte, a Offenbach, che 'l xe assai bel, tranquilo e un poco fora de man, e la unica roba xe che sopra de noi pasa i aroplani che i atera sul aeroporto de Francoforte, ch' el xe el più grando de Europa.

    Veramente i franzesi i dise che el più grando aeroporto de Europa xe el suo, de lori a Parigi, che  'l se  ciama Ciarl Degoll, ma savemo come i franzesi che i esagera sempre, perché i ga la "mania de grandeza" e i dixe senpre che lori i xe i più furbi e i più bravi de tuti.

     

    Aeroporti di Francoforte e Parigi

     

    Bon, volevo dirve che in quartier indove che abitemo se sente svolar sti areoplani, ma oramai, dopo tanti anni - o perché gavemo fato l' abitudine, o perché sti novi "Jet" no i fa più tanta confusion, non ghe bademo più.

    Solo ogni tanto, sempre de note, verso le due o le tre de matina, passa un de quei grandi "Hercules" militar americani con quatro eliche, che i me dise che xe i aroplani militari americani più grandi del mondo, che i porta dala America, diretamente qua in Germania cariarmati, razi cola atomica, e alora sì che se sente assai remitur.

    Ieri note mi dormivo come un ghiro e el rolò dela nostra camara  de leto - perchè mi dormo sempre col rolò sbassado per non svejarme tropo presto de matina - perché passava apunto un de sti tochi de aroplani, el se mete a vibrar, e tremar pian pian.

    Mi in sonno, sentido nel mio sub conscio sto rolò che se sbassava, me pareva proprio de esser nel mio leto in quartier, sul canton dela via Giotto cola via Bonaroti in Belveder a Fiume, quando che de note tutintun scomiziava a sufiar la bora e tuti i rolò i vibrava proprio cussì.

    Era un sogno assai bel, cussì vivo e vero che quando che me son svejado me xe rimasta sta bela impression, sta bela sensazion de quando ero picolo e che de note i rolò i tremava soto i refoli dela bora sul canton tra via Giotto e Bonaroti.

     

    Sognare vento

    Adio muli. Me racomando, tegnive duro quando che sufia e ocio ai giri de aria.

     

     

    Caligheri  e  classi  sociali

    Nei ultimi zento anni, bisogna propio dir che le diferenze de classe sociale le xe assai cambiade. Senza andar tropo lontan, ancora soto la Defonta Austira-Ungaria. la molje del soto ufizial (Unterufizir) dela pulizei de cariera la podeva andar in giro per strada col capel - e la veleta magari come la mia Mama bonanima, che la portava sempre la veleta. E inveze se el marì el era gendarme semplice no la era autorizada a portar el capel in publico. A casa sì, nissun ghe diseva gnente e al massimo la se meteva in testa un fazoleto come le mlecarize e le donne de servizio.

    El popolo el era ignorante e sporco e i ricchi i era ben vestidi e cole mani nete: la dama e el gentilomo i gaveva sempre, anca de estate, i guanti.

    Dio mio, no xe propio che tuto sia tanto cambiado nel mondo. Anca ogi i soldi comanda e la miseria la ubidissi. Ogni tanto - quando che quei de soto no i ga voja de star cuci - alora xe ribalton e gavemo visto in Francia la Rivoluzion francese, in Russia la Rivoluzion de Otobre, che i la ga fato in novembre, e in Libano, quando che i arabi poveri che i era sotoproletariato, i se ga stufado de netarghe le scarpe ai ricchi cristiani - maroniti.

     

    Mirabeau, Danton, Desmoulins, Robespierre, Marat, Saint-Just

     

    E ancora adesso lá i se sbara e i se copa ogni santissimo giorno. In ogni modo mi trovo assai bel che, come che giá ve disevo, ogi i muli a scola - mi vedo mio fio, qua in Germania Ovest in liceo - i va tuti vestidi in Terlis, coi blu gins e la majeta americana, tuti compagni se el pare ghe xe tranvier o diretor de banca.

    I inglesi, che i xe un popolo intelligente, anche se el Mussolini el diseva che i xe tuti dispossenti, giá de sempre i ghe mete ai muleti la montura col stema dela scola, cussì che apunto non se vedi la diferenza tra un fio de un mortodefame e el fio del Lord. Oddio anca da noi, a Fiume, se ve ricordé - mi go ancora le fotografie - andavimo in asilo (mi andavo in piaza Cambieri) col traverson nero.

    Anca qua però era la diferenza: la magioranza dei muli i gaveva el traverson de stofa normal opaca. La mia Mama inveze, che la ghe tegniva assai a far bela figura, la me fazeva cusir, dala Nela Udovini in Ospidal, su misura un traverson de saten nero, bel lustro.

    E qua arivo indove che volevo.

    Come dapertuto, quela volta  anca da noi a Fiume era diferenza fra rion e rion, tra strada e strada, tra case e case. Come che ve disevo, la mia Mama la ghe teniva de eser del "ceto medio" - essa la contava sempre che una sua vecia zia in Austria la era contessa, ma mi non ghe go mai credudo - e alora a mi me tocava andar in giro, povera cratura, vestido sempre come un figurin.

    Go trovado una fotografia un poco sbiadida indove che mi ero un pisdrul de tre o quatro ani, in molo San Marco de inverno, con un capotin de pelicia, i guantoni de pele e le scarpete de laca nera, che sicome che gavevo dificoltá cola parola, mi me ricordo che disevo "scarpe de lata". De estate ero sempre vestido de marinareto, tuto in bianco con dedrio el coleto blu de marinaio cole striche e le stelete e davanti cole cordele.

    Mi me ricordo ancora, come se fussi ogi, che ogni tanto - per fortuna non tanto spesso - me arivava una papina quando che da Fontanela me jozava, dal scartozeto, el gelato de ciocolata sule braghe bianche.

    Come che ve contavo in una ciacolada quatro ani fa, la Mama la me diseva che noi - che abitavimo sul lato "Sud" dela via Bonaroti e che apartenivimo ala Parochia dei Capuzini in Sabiza - erimo assai meio dei brosquari, che i era, non proprio cussì zazanich e ordinari come quei de gomila, ma poco ghe mancava. La Brosquaria infati la scominziava dal lato "Nord" de Bonaroti, che el era giá soto la Parochia de Cosala.

     

     

    Come a New York ai mii tempi - non so ogi, ma qua me saverá sicuro dir qualcossa la mia afezionada letrice, la cara siora Padovani, che la me ga scrito che dala sua finestra se vede la Impair Stett Bulding - presempio la 5^ Strada era un indirizo "bon". El Bronx e Broccolino i era indirizi un poco scalcinadi.

     


    Quinta strada, Breooklin e Bronx  a New York

    Da noi a Fiume indirizi "boni" era la Via Donatelo, indove che gaveva le vile i richi, o la Bonaroti fino al numero trentauno: Dal 33 al 37 era le case popolari. Anca Scojeto e la via de l' Aquedoto non i era propio "quartieri alti". Imagineve quante proteste me arivará dai mii letori conzitadini apena che i lege ste robe che mi scrivo.

    Volé inveze farse due ridade inveze de rabiarse ? Se ve ricordé, in una ciacolada del anno scorso mi scrivero: "una volta el caligher da noi el era anca qualche volta portinaio e el gaveva la botega in un gabioto in tela androna del porton de casa. E qua gaverio propio bisogno che qualchedun de voi me dia una man con una nota storico - biografica su qualche caligher de Fiume. Me fazé sto favor, grazie.

    E fin qua la mia ciacolada. Bon, ve trascrivo una leterina che la me xe arivada de un dei mii letori.

    "Caro Signor Scala, io ho un caro amico che studiando e lavorando sodo ha giustamente raggiunto una bella posizione. E' primario medico e suo nonno era un "caligher" fiumano. Io naturalmente sono a conoscenza di ogni cosa, ma mi asterrò bene dal raccontarlo a lei, perché vada a sbandierarlo (magari con nome e indirizzo) a migliaia di lettori, con grave disagio del mio amico che merita rispetto e riguardo. Mi permetto di osservare che la sua richiesta è inopportuna, secondo me".

    Come che vedé, xe ancora qualchedun che'l se vergogna perché el suo nono el era caligher.

     

    El caligher de piazeta San Micel

    che tuto 'l giorno strussia lá in botega

    l' estate, verso sera, co fa bel

    el porta fora in piaza la carega

    ...

     

     

    Mi volerio qua gentilmente risponderghe al caro concitadino che el me ga scrito - inanzituto grazie per esser convinto che go "migliaia de letori" e dirghe che mi go sempre avudo amirazion e rispeto per i nostri valenti artigiani a Fiume, e  mi che go anche "studiado" e che go una bona posizion - me considerario onorato se el mio nono el fussi stado caligher o bandaio. E anca i mii amici,  conoscenti e el mio paron i continuaria, credeme, a dirme bongiorno e a darme la man se i saveria che el mio nono era caligher a Fiume, indove che sta profession la era onorata e rispetabile.

    Tornando ale diferenze de classe social, se pensé che quando che andaremo tuti a sburtar radicio dal Lukovic - un proverbio arabo - a mi me piasi assai i proverbi arabi e cinesi - el dise: "la ultima camisa no la ga scarsele" che vol dir che non se pol cior drio gnente.

    Saremo tuti, o lá suso coi angioleti, o lá zo col Malefico, e nissun te domandará se ti eri rico o pitoco o che mestier che fazeva tuo nono o in che via ti abitavi. Importante - per la sistemazion in piano elevato o in soteraneo - sará se nela tua vita terena ti ga fato qualcossa per aiutar el tuo prossimo o se ti ga sempre ciapado tuti a piade nel dedrio.

     

    Giudizio universale

    Adio muli, steme ben e me racomando le bone azioni, se no ve guantará el diavolo.

     

    Gita  in  barca  de  note

    Voi non me crederé quante cose intressante che xe qua in sta Italia del Nord-Est che mi pian pian discoverzo dal anno scorso, de quando che - dopo tanti anni de Esilio - me son calumado qua fra sta Zente Veneta. Indove che mi go el mio Penthouse - che per noi fiumani - americani sarìa come un quartierin sul teto con una granda teraza che la guarda sula spiagia - a Bibione Pineda, bon lá, tacado, xe Porto Baseleghe, che xe indove che i mati i ga le sue batane, passere, barche a vela de ogni grandezza e de ogni prezzo, e de sto porto se va in laguna, che la xe un poco come i Everglades in Florida, con sta aqua verdolina, con tute ste canne e canai, solo che qua non xe cocodrili, ma xe carigo de bisati. E quel che xe assai bel, xe che in te sti canai e canaleti, xe anca magari, con davanti un pontisel o moleto con due tole de legno marzo per tacar la barca, betole e ostarie indove che se magna e se beve.

     


    Hemingway, che el saveva viver - fino a quando el se ga stufado, e alora el se ga sbarado un tiro in testaco co 'l s'ciopo - lui el se remenava spesso e volentieri de ste parti.

    Basta che lezé el suo romanzo "Across the River and into the Trees" (Al di lá del fiume e tra gli Alberi) indove che el scrive de quando che el bazilava qua, propio vizin de dove che abito mi adesso, in laguna a sbararghe ale povere anitre.

     

     Hotel di notte sul fiume, a Concordia Sagittaria


    E indove che el fiume Lemene - mi abito a Concordia Sagittaria, che la xe su sto fiume - el finisse in laguna, lá xe la Ostaria del Nico che le xe una assai vecia casa de pierecote e suso se leze ancora "Dopolavoro" e proprio da sto Nico - sará stado magari su' pare - el andava spesso el Ernesto Hemingway. Xe ancora le fotografie, un poco sbiadide, impicade sul muro.

     

    El Nico el fa i più boni bisati alla griglia rostidi sul carbon dolze de tuta la laguna, sepoline frite e radicio sui fasoi. El vin el xe bon, anca de sua produzion. A Bibione mi conosso una saja de lori e un mio amico xe el Hans, che lui el xe tedesco de Monaco de Baviera, el xe fabricante e el ga un fotìo de schei.



    Sto ano el ga vendudo la barca vecia e el se ga comprado un bel oto metri diesel novo, con salotin a pupa, camara de leto, bagno e cusina. Per provar sta barca i era andadi anca fino a Ragusa, che adesso la se ciama Dubronik.

    Bon, in agosto una sera semo andadi in clapa a Porto Baseleghe - una oreta de barca perché inte i canai xe limiti de velocitá come in autostrada, per non farghe ciapar paura ai bisati. Alora bisogna caminar pian, e a mesa forza semo andadi da sto Nico a sbafar un poco de pesse fresco e far fora un due boze de Tocai.

    Dopo mezanote semo tornadi - cantando - per sti canai e canaleti, che mi me gaverio perso, ma el Hans no, perché lui el conosse tuta la zona.

    Era squasi la una de note e la barca la se ferma de colpo. Cossa era nato ? Un qualche disgraziado e pajazo el gaveva tirado sul canal navigabile una rede per aguantar de note gronghi, zevoli e scorpene, e sta rede la se gaveva involtizado su la asse dela elica. Meno mal che in agosto la aqua non la xe freda.

    El povero Hans el ga dovesto, con un temperin soto acqua, tajar via sti tochi de rede de la elica. Meno mal che gavevimo a bordo una boza de rakìa de quela bona, e per un ora, un sluk al mulo Hans ch'el vegniva suso per ciapar aria, e un sluck per omo a noi, mule e muli, e insomma, dopo una ora e mesa el xe stado bon de liberar sta elica, e con diesel pop-pop-pop - sempre pian pian in scuro, semo andadi avanti.

    Dopo un quarto de ora, la maledizion de el destino, altro stop, altra rede inverigolada su la asse de la elica. El Hans, per non saver ne' lezer ne' scriver - el ga dovesto improvisarse de novo somozator de assalto, e dinovo, nudo stavolta perché le braghete le era smoje, sotoaqua cola britola a zercar de tajar via sti tochi da la  elica.

    Solo che stavolta era un poco più difizile e la rede la era tuta intrigada e le imersioni le se durade più de due ore con interuzioni per rimeterse de la fadiga.

    La boza de grapa la era ormai svoda, ma in gambusa gavevimo trovado un cognac Stock, che in caso de emergenza se pol anche doprarlo.

    Ale zinque de matina semo arivadi a porto Baseleghe strachi morti, gavemo ligado la barca e semo andadi a casa mia, che gavevo ancora in jazera una pignata de pasta e fasoi del giorno prima, la gavemo scaldada e con una struza de pan vecio e un due boze de Cabernet che gavevo de riserva, semo sopravissudi ai Colpi del Destino Crudele.

    Adio muli, me racomando, ste atenti de note quando che navighé, de non incuzar una zima.

     

    8^  PUNTATA

    Ultima sulle ciacolade dalla MittelEuropa

    Ostarie  culturali  fiumane

    Giá diverse volte in ste mie ciacolade go scrito che nel mondo non sarìa più mazamenti ne' guere se i rapresentanti dei popoli i sarìa più seri, invece de barufarse tra de lori ala Societá dele Nazioni o ale Nazioni Unite che, scuseme, ma per mi xe tuti teatrini de pupoloti o dele marionete, indove chi tira i fili xe sempre i "Grandi".

    E i Grandi xe ancora ogi i russi e i americani - ma chi che comanda xe cussì e cussì quei che ga i bori, che ogi i se ciama "Multinazionali" e che xe, tanto per non far nomi, la Esso, Fruit Incoprporated (quei dele banane), la ITT, la "mafia dei spagnoleti" (Camel, Reynolds), ezetera ezetera.

    Se diseva che inveze de star stravacadi sui banchi a New York, Salisburgo, Parigi o Ginevra con davanti el cartelin con suso scrito "United Kingdom" (che xe i inglesi), "Saudi Arabia", "Tonga", Yemen" "Castua" che anca lori par che i vol sentarse ale United Nations - tuti con in testa ste cufie per la traduzion in simultanea, inveze de imparar le lingue, che i me par come la mia fia Cristina che per strada la camina sempre con sta cufia del "Walkman" sule orece e inveze de star atenta ai auti la ascolta come "in trance" a tuto volume un nastro del Elvis (Preslei) che el xe de novo de moda, e se ti la guardi co' la ascolta sta musica e la camina sul marciapìe, la ga i oci de ebete, stralunati e fisadi nel gnente, come se la fussi sonnambula (non quela del Vincenzo Bellini) ale tre de dopopranzo.

     

    Discorso al palazzo delle Nazioni Unite

    Alora - go perso de novo el filo - se sti mati inveze de scaldar i banchi, come che me diseva sempre el maestro Santé,  in quinta elementar in Piaza Cambieri. i se trovarìa in una bela ostaria, o betola, o fischetteria come che i la ciama a Firenze, con davanti un bel bicer de vin bon - mi credo che, ciacolando da omo a omo, senza sussiego e senza monade per la testa - i se poderia meter d' acordo e adoperar tuti sti schei, miliardi e miliardi de dolari, inveze che per fabricar canoni e bombe atomiche, per darghe de lavorar e de magnar a tuti sti milioni e milioni de omini, babe e crature che i more ogni santissimo giorno inde fame  Africa, in America e in tuto el mondo.

    Come che tante volte ve go contado, dopo che semo scampadi dala nostra zitá quando che i Grandi - quei che ve dixevo prima - i la ga venduda ai slavi - almeno che i la gavessi venduda, ma i ghe la ga regalada, che xe ancora pegio - mi ero per un per de ani, come tanti de noi, esuli e raminghi a torsiolon per el mondo.

    Mi go bevudo Swan Beer in pìe con la segadura per tera a Melbourne. Go bevudo rum col sugo de ananas e jazo coi negri in Jamaica (che bon), go bevudo vin nero e vin ordinario (vin rouge ordinaire) in una betola, che se andava zo per venti scalini vizin de la Gare de l' Est a Parigi. Go bevudo Bira Guiness, che te par de ingutir Fernet Branca, in biceri de una pinta (mezo litro) a Dublino, e da ventizinque ani in Germania Ovest bevo la mia bireta, in pìe o sentado, ciacolando del più o del meno coi germanesi, coi taliani, coi spagnoli, turchi e crovati, anca lori qua perchè in Jugo non xe lavor.

    Ogi la Germania Ovest la xe diventada squasi come che la era una volta la nostra bela Fiume, che el mio fradel de late, Nini Grohovaz el scrive in quel suo belisimo e comovente libreto de poesie in fiuman (lo gavé leto ?):

     

    Nini  Grohovaz Arrangiarsi

    Che tera che jera la nostra Fiume: ebrei, zifuti, cristiani, turchi, morlacchi e meneghei e de altretante nazionalitá, pasava de le nostre parti, e poi i se fermava perché l' America del monopatino la jera propio lá in quela feta de tera fra due mondi, dove tuto se podeva meter a posto  davanti una piadina de  fasoi col lardo e un litro de quel bon.

    E in tuti sti anni, dopo del nostro Esodo (quarantaun per mi) mi me son sempre capido con tuti e go sempre fato amicizia con omini (o babe) de ogni color, raza, religione e etá. Che, se propio volemo, la ostaria, o la betola non la xe - come qualche moralista de strapazo dirìa "logo de perdizion, dove che l' omo zobane el fraja la paga e el se sprofonda nel vizio del uso e abuso dele bevande alcoliche".

    No, la ostaria la era e la xe sempre una istituzion social, sportiva e sopratuto artistica.

    A Fiume, mi son sicuro che tuta la tradizion musical popolar dele nostre tere la xe sopravisuda sopratuto in ostaria. Indove se no, nel mondo, saria stado posibile che siori seri e distinti, con un man un spriz de nero o de bianco i cantassi, a tre o quatro voci "Non go la ciave del porton" o "Val più un bicer de dalmato" o "Tamodaleko". Questa ultima canzon la dimostra la nostra bona convivenza coi vizini nostri de Oltre Ponte, oltre Drenova e oltre Zamet, al contrario dei triestini coi sloveni.

    Vecchi frequentatori di Osteria

    Ma in Ostaria, e qua me daré ragion, non se cantava solo la musica "folk" (folkloristica) e "pop" (popolare), ma anca e spratuto musica seria, clasica, de opera. Chi xe che'l se pol dimenticar quando che de sera, pasando davanti del "Paliaga" in Bonaroti, o davanti de "Andemo da Spada" sul canton dela via Roma cola via Bovio, se sentiva un bel coro de potenti voci de mas' ci che le fazeva tremar i vetri dele finestre co le intonava "La Vergine degli angeli" dela Forza del Destino del Giusepe Verdi, o "Libiam nei lieti calici" dela Traviata. Quela sì che era cultura musical.

    Asai mejo dei "Giuk Box" dei locai de ogi, indove che ti ghe fichi drento zento lire e se va ben te vien fora sul altoparlante el Celentano che' l canta cola voze ruzine "Azuro".

    Adio muli. Me racomando, co gavé ocasion, una bela cantada in clapa, che ve fa ben per el moral e per le tonsile.

     

    La   Heimat  dei  fiumani

    Credeme, muli e mule, xe assai difizile contar robe nove, dopo zinque ani, oramai, de ciacolade. Propio el altro giorno ciacolavo, qua a Francoforte in Germania Ovest, con una baba de Fiume, che essa veramente la abitava a Trieste, e che la era qua de pasagio, e che gavevo apena scominziado a contar una roba de Fiume, che essa la me ga interoto e la me ga deto: "Si, ma però sta roba ti ti la ga giá scrita  in una Ciacolada sula "Voce de Fiume".

    E mi me vergogno perché contar due volte (se basta) sempre la stessa roba vol dir, come che la me dise sempre la mia molje - diventar veci e "perder i colpi". In fondo, se volemo, tuto sto nostro tremendo atacamento a quel tocheto de tera indove che semo nati e indove che xe sepelidi i nostri noni, xe una roba che la xe assai comovente e, perché no ? Romantica.

    E non xe deto che noi, de cultura italiana e latina, semo i soli a esser romantichi. No, el popolo tedesco, presempio, che mi lo meto al secondo posto al mondo come romantico.

     

    Simboli di romanticismo in Germania

    Dopo dei russi, popolo erede del militarismo prussian e del mostruoso Leviathan Hitlerian magna omini, el ga una parola (per tedesco, se capissi) che la xe intraducibile in qualsiasi altra lingua: "Heimat" che la se leze "Haimat".

    Bon, sta parola, che la vol dir, non solo "Patria", che per tedesco se dise "Vaterland" (Padre-Patria) - che inveze noi disemo Madre-patria, perchè da noi la Mama la xe sempre la mejo de tuti - ma la vol dir el logo dove che semo nati, el logo che ne tien ligadi con nostalgia, amor. tenereza, e indove che gavemo pasado la prima infanzia, la giovineza.

    Sogni, rimembranze, speranze, tantissime robe che xe un  toco de noi e che nissun le poderá mai portar via. Gnanca et Tratato de Pace ala fin dela Seconda "Granda" guera. 

       

    Nela storia dela leteratura tedesca, dela lirica, del teatro, del zinema, la Heimat dei nostri fioi e nipoti la xeFrancoforte, Sydney. Toronto o Genova. Nel mio cor, nel cor de noi fiumani, de Fiume, Heimat xe quela zitá tra el Carso e el Quarnero, soto Monte Magior,coi boschi de lavrano, che la se ciamará sempre FIUME.

    Simbolo di romanticismo istriano - liburnico

    Me scusaré sto sfogo pseudo-lirico, ma se non se sfoghemo fra de noi, a chi ghe podemo se no contar ste malinconie, sta apartenenza de anima e corpo a una zitá che o la ga zercado, senza riussirghe, de scanzelarla dala carta geografica e dala memoria dei omini.

    Adio muli, me racomando, non steve dismenticar dela nostra Fiume, e zerchemo de tgnir, fin che podemo, impizada la fiama, sta fiameta come quela eterna davanti el Tabernacolo del Altar, o davanti del Milite Ignoto, copado in guera.

    El  club  dei  Demoghela

    In magio 1945 mi ero, con altri muli dela milizia portuaria della R.S.I., ma in pratica gavevimo i ufiziai tedeschi, perché Fiume era "Adriatriches Kuestenland" cioè "Protetorato" del Terzo Reich. Noi erimo seradi in quel grando Bunker tacado a la Capitaneria del Porto a Fiume.

    Tutintun ariva la notizia che i Drusi, i partigiani, ossia  l' esercito più o meno regolare jugoslavo di Tito, i era giá entradi a Fiume. I tedeschi gaveva, giá el giorno prima, fato saltar per aria el porto.

    Bon, alora a sentir sta notizia tuti i tedeschi che i era in sto bunker i ga ingrumado patrone, scatolete, viveri e munizioni e i ga tajado la corda per andarse a consegnar a Trieste ai Mericani, perché lori no i voleva cascar nele mani dei titini.

    Erimo rimasti, in sto grando bunker, sei o sete noi muli, tuti fiumani, dela Portuaria.

     

    Come anca i altri, mi son andado fora, go butado el s' ciopo, o forsi era el mitra bereta calibro 9 in aqua, e son scampado a casa indove che go subito brusado la montura e el documento che noi gavevimo come teserin blù dela polizia tedesca (figureve !).

    Bon, non apena  la "Voce di Fiume" ga publicado ste quatro monade auto biografiche che mi gavevo scrito, el scrive una "letera aperta" el mulo Dott. Amleto Ballarini, ogi Presidente dela Societá di Studi Fiumani a Roma, e una persona molto importante.

    El 15 giugno 2002 erimo a Fiume ala Messa a San Vito e se gavemo visto per la prima volta, e lui, el me ga abrazado "Caro Scala" (!?) e baxado (!?). E alora sto Amleto - che' l xe più giovane de noi e no' l ga mai visto una guera - el scrive che sto Giulio Scala el xe un disertor e un "anti eroe" perché "il fucile non si butta mai in mar ... e lui doveva restare a pié fermo con il fucile imbracciato ad aspettare il Nemico.... "

    Comitato Stampa de "LaVoce di Fiume"  e S. Messa per i Patroni SS. Vito e Modesto

    Mi me ricordo che ghe gavevo risposto, sempre sui giornai, che la "qualifica" di anti eroe  la me piase assai e che mi me identifico con essa. Mi, in vita mia, non son mai stado un Eroe.

    Efetivamente mi a Fiume, nel magio 1945, quando che gavevo sedici (16) anni e la guera era giá finida, son scampado.

    "I Eroi" - gavevo scrito con tuto rispeto - "i more tuti giovani".

    Sará perché mi ogi go una alergia cronica per guere, militari, uniformi, medaje, decorazioni e armi de ogni tipo. Mi rispeto e piangio tuti i omini - quasi tuti giovani - morti mazadi in guera e, come voi savé, mi go eliminado dal mio vocabolario la parola "Caduto" perché caduto xe un che' l se intopa e el casca. Tuti i altri i ze morti e mazadi. "Caduto" xe una poetica espression inventada dai Regnanti, Governanti e Politici, apunto per atutir el dolor dele povere Mame, dele spose, dele sorele.

    Anca el Gesù de Nazareth, che el era senza dubio un grando idealista e Eroe, e che mi go una grande venerazion e amirazion per Lui - anca se non me interessa saver se el suo papá, de Lui, el era o el xe extra-terestre. I Romani i lo gaveva copado a Gerusalemme quando che el gaveva apena trenta tre anni. E mi inveze son qua, go pasado i setanta anni, col bicer de vin in man, e vivo.

    Cari amici, mi ve vojo ben, steme ben e se qualchedun el vol ancora notarse nel Club dei Demoghela & Disertori el xe el benvenudo.

     


     Moreri  e  fighi  neri  cola  joza

    Lezevo recentemente sul "Corriere della Sera" una leterina che un mato el ghe scriveva al Indro Montanelli (rubrica "La Stanza") indove che el diseva che el Montanelli el gaveva scrito in un suo libro che Ludovico Sforza i lo ciamava Ludovico il Moro perché el gaveva la pelle scura e i cavei e i oci maron. Sto letor el dixe che lui no' l xe d' acordo.

    Secondo lui el Ludovico i lo ciamava cussì perché quela volta lui gaveva favorido la coltivazion dele piante, e in particolar de quele del gelso, che i lombardi i lo ciama "muròn", i francesi "mourier", i latini "morum".

    Ludovico par che el gabi fato piantar un fotìo de sti alberi e i contadini i ghe gaveva dado sto sopranome. Sará vero ?

    A mi me se subito vegnudo in amente i nostri moreri, perché da noi a Fiume, se ve ricordé, i alberi da gelso apunto li ciamavimo "Moreri" e i fruti non era le more, ma le murve, bianche e rosse.

    Ricordi, ricordi, me par de esser el Baudelaire che el scriveva: "J' ai plus de souvenirs que si j' avais mille ans".

    Mi me ricordo due de sti loghi dove che era sti alberi.

    Una, era la assai conossuda "Ostaria ai Due Moreri", che la era in Braida, indove che scominziava la Via Val' scurigna a destra, che se andava suso per le scalete. De estate, quando de sera la aria la era tiepida - se ricordé quele bele sere de estate a Fiume, con i nostri amici Fumi, che lui el gaveva una botega de piturazioni de case in Via Carducci, propio visavì de la Provincia. La mia Mama (e mi sempre tacado) essa la andava apunto a sentarse al fresco in sta Ostaria ai Due Moreri, indove che era anche assai bei giogi de boce, lissi come biliardi, e vizin de ognidun de sti gioghi era, inciodado sul tresso de legno che sosteneva la veranda, un scafeto indove che se pozava el dopio o el spriz de nero.

    A mi che ero picio i me comprava una pasareta.

    Me par come che fussi ogi, sta bela ostaria, con ste lampade col piato tondo impicato soto la pergola, sto bel verde dei alberi e mi me indormenzavo distirado sul bancheto, cola testa sui ginoci dela Mama, col rumor dele boce che le se rodolava su sta bela pista de sabia fina fina e sopressada col rullo de piera, che le s' ciocava, col rumor de legno contro legno, contro el balin.

     

    Tornando ai moreri, come che voi savé, mi abitavo in Bonaroti sul canton dela via Giotto, per andar in Casa Balilla e oltre dela Bonaroti, visavì, era una riveta che la andava suso in Via Belveder.

    Sula destra dela riveta, apunto sula Via Belveder, era una casa a tre piani, apunto dove abitava i nostri amici Matcovich, che el marito dela Signora anca lui el era Capitano Maritimo, e in sta casa el se gaveva trasferido col suo negozio magnativo el Panbianco, che prima el gaveva la botega un poco più il lá, sempre in via Belveder, squasi sul canton cola Via Vasari, che la andava suso in Zimiterio, verso la Via Donatello, sula sinistra.

    E dopo vegniva la Casa Copetti indove che abitava el Dotor Blasich, zanelian autonomista, che quela note che i Drusi i xe vegnudi a ciòrme a mi a casa, i era prima andadi a casa sua ei lo gaveva copado e sofigado in leto, che lui era mezo paralizado e no' l podeva caminar.

    Alora, al di lá de sta riveta era apunto due grandi moreri.

    Quando che le more le era mature e sti due moreri i gaveva le murve bele bianche, grandi e sugose, e alora el paron el distirava de soto un lanziol e el scassava sti moreri finché cascava zò le murve, e noi mularia podevimo ingrumarle e magnarle sul posto senza, se capissi, portarle a casa.

    Ma mi me vien inamente un' altra storia, de un albero de fighi. Ero picio e erimo in spiagia in Valsantamarina, che adeso se ciama Mos' cenic' ka Draga e mi bagolavo per la campagneta, che era la stagion de sti alberi de fighi - da le nostre parti era tanti alberi de fighi - i era bei maturi.

    Mi me ricordo che era fighi, de quei neri, cola joza.

    Alora, lá era una baba e mi ghe go domandado, con educazion -  e mi de picio ero assai educado, la mia Mama, essa la me gaveva imparado la educazion cole papine, antico e valido sistema educativo - alora mi ghe domando a sta baba se la me regala un per de fighi, e essa la me disi: "Picio mio, ti pol andar suso sul albero e magnar fin che ti vol, ma non portar via".

    Alora mi son montado su sto albero e go scominziado a sbafar sti bei fighi sugosi, dolzi come el miel. Sta baba - mi penso ogi - come se disi per talian "irresponsabile" a lassar un muleto che se incoconi de sti fighi scaldadi dal sol. Insomma, mi me son impinido la panza fino a che me pareva de s' ciopar.

    Ghe go deto grazie ala signora - vedé che ero ben educado - e son andado a casa. Dopo una ora - non te digo e non te conto - me ciapa granfi teribili, sudor fredo, tuta la testa che me gira e un mal de panza che me pareva de morir.

    Mi stavo cussì, ma cussì mal, che la mia Mama, essa la me ga dovudo portarme de balin dal dotor, che non me ricordo cossa che el me gaveva fato, un clistere o altro, ma - ancora ogi, dopo sessanta e più anni - mi stago atento a non magnar tropi fighi, che i me piase sempre, tuti in una volta.

     

     

     

    Me racomando muli, ste atenti al mal de panza e tegnive legeri.

     

     

    I  Allievi  esterni  del  Tommaseo

     

    Gruppo degli esterni. Giulio è il secondo da destra, accanto alla bandiera.

     

    Se ciacola, se scrive sempre sula vita interna del Colegio. Ma se volemo esser propio sinzeri e con una man sul cor (no sula panza), i veri intermediari, i autentici Public Relations dela nostra Comunitá ospitada nel Colegio Niccolò Tommaseo di Brindisi con la Societá brindisina - non con la Onorata Societá, che la xe un'altra roba - più verso Napoli, erimo, senza ombra de dubio, noi Esterni.

    Quei interni, che i gaveva le scole drento el Colegfio i era "puri" Convittori in un Mondo ristreto a aule, camerate, refettorio (legi ceci) ezetera. Insomma, era un universo "Self-Substaining".

    Noi Esterni erimo un estratto conzentrado e sublimado del Essere fiuman, dalmata istrian brilante, inteletual elegante, fassinoso, che el se presentava in tuta la sua magnifica esterioritá, atraente e piena de juvenile estemporaneitá, al mondo ancora sognante - e disemo forsi indormenzado de la gioventù masculorum utque faeminarum dela metropoli dela Puglia.

     

    Giulio con Karin e la figlia Cristina

    Noi erimo el metro col qual la Societá locale - stavo per dir "indigena" - misurava la qualitá del average Allievo del Convito Niccolò Tommaseo. E con estrema modestia ve poso e ve vojo dir che rapresentavimo molto degnamente una Rapresentanza ilustre e inclita dela "Gens Tomaseae".

    Sto sentimento de responsabilitá per la mission che fazevimo, el era molto inculcado - col cul, dirìa molto volgarmente el Lallo Cosatto, interno e maritimo - nel nostro sub-conscio, e tute le nostre ativitá e azioni nel "Esterno" le era adeguate al nostro Compito. Come sempre el omo el xe fato de carne - per quantp, illo tempore, erimo fati più de ceci che de carne, e suzedeva anca nela nostra "élite" qualche inzidente sul lavor.

     

    Giulio con i fratelli Maria, Franco e Franca Dénes

     

    Dopo tanti anni posso qui confessar esserse tratato del sotoscrito qua scrivente.

    Ma questi i xe particolari senza importanza. Importante xe el fato che noi Esterni gavemo tenuda alta la Bandiera dela Gioventù dei taliani ciapadi col s' ciopo - come se diseva una volta, che noi erimo italiani con la "l" maiuscola, più dei poveri Brindisini i quali, non per colpa de lori, i era rimasti, senza offesa - un poco indrìo cole carte. Forsi colpa del Garibaldi che, dopo Marsala (vedi Aleatico e Malvasia) el voleva darghe una man de bianco ai austriachi.

    Però, dopo el ga deto "obedisco" e el se gaveva dismentigado de liberar anca la Puglia. Forsi colpa dei piemontesi, e qua el Bossi li ga scopiazzadi - che li considerava el Profondo Sud (Deep South scrivi Faulkner) quale terra di Colonia.

     

    I figli Marco e Cristina

     

     

    Come quela volta (come giá relazionatovi) che i gaveva ricoverado in infermeria - quatro giorni in coma alcoolico - un Esterno, vitima inozente de Malvasia e Aleatico dela premiata Ostaria Monaco, che la era la nostra Filiale Esterna.

     A  proposito de Colonia,scuseme, ma volevo contarve che prima de Nadal go dovesto andar a Colonia (Koeln) in Renania Germania, e apena arivado in Hotel, a una stela, per sparagnar, go averto la spina del lavandin per sentir el olezzo de sta famosa Aqua de Colonia che la mia povera Mama bonanima la me decantava come el non-plus-ultra del Parfum.

     

    La vita la xe una delusion: sta aqua de Colonia la spuzava sì, ma de cloro.

     

    Giulio con Tullio Schwarcz: una grande amicizia basata sulle comuni origini ungheresi.

     

    Comunque, e qua volerio esprimer el sugo de sta mia ciacolada, se me permeté, me piaseria assai che se la Zanzara, una volta tanto, ecezionalmente, dopo tuti i plausi meritadi, meritatissimi, a comandanti, Dirertori de Machina, Pescadori (el Nostro Pesse) la menzionassi anca la umile e silenziosa Opera de noi Esterni per la Magior Gloria dela Unione Muli del Tommaseo, novella Araba Fenix rinata dale zeneri dele ciche dei spagnoleti calipadi in societá e cooperazione in Colegio.

     

    1937. La Classe III^ della Scuola Elementare di Piazza Cambieri. Giulio è l' ultimo seduto a destra.

     

    Fine delle Ciacolade dalla MittelEuropa.

     

    9^ Puntata

     

     Ciacolade  dal  Nord - Est

     

    La  casa  de  Concordia  indove  che  vivo

     

     

     
       
    Ville nuove a Concordia Sagittaria.
    Esempi di interni ed esterni effettivi.

     

    Come che ve go giá contado, mi vivo adesso qua a Concordia Sagittaria, nel Venezian.  Vizin de mi xe el Castello de Fratta indove che scominzia la storia de "Le Confessioni di un Italiano" de Ippolito Nievo, che lui era nato a Padova, ma la sua mama, essa la era nobile veneziana.

    Castello di Fratta Ippolito Nievo

    Gavemo una caseta con un giardineto davanti  e un dedrìo. In un cantonzin del giardin, mia moje essa la ga fato far come un picio gloriet e qualche volta se sentemo a leger o ciacolar.

    Gavemo anca un picio ortisel indove ghe xe un canton per rosmarin, petersemolo, basilico e salvia, e indove che cresse un pochi de merlini e due piante de pumidori che se rampiga sule steche de cana. La casa la xe bastanza nova e la gaverá un zinque o sei anni, ma - come tante case qua  - la xe fata in stile venezian, e non gavemo rolé - o rolò, come che disevimo noi a Fiume, e che i ga ogi a Gorizia, come che gavevo scrito, cole sfese mobili. Sicome qua de inverno xe un umido e cussì e cussì dopo un pochi de anni se magna la pitura, ga dovudo vegnir qua un mato a gratar la cragna del legno esterno de sti scuri, e a darghe una man de vernice anti-ruggine.

    Forse sbaljo, la antiruggine era quela che se dava ai vapori de sotto la chiglia, e sul legno ghe se dá la vernice con la lacca, o una roba cussì.

    Me dové propio scusar, ma se vede che mi son restado ai tempi de quando che ancora navigavo. Alora el pitor, che el ne vien sempre a far sti lavoreti, el xe un veceto, ma assai simpatico e sgajo, che el se ciama Claudio, ma qua tuti i lo ciama Cajo. El xe anca scrbalo, ma la unica roba che lui el se vergogna xe perché el ga la zirica, el xe ziscalo e el va in giro giorno a note - mi digo anca che el va in leto - con un clobuc in testa.

     El xe un poco futizon e el pasdrocia ogni tanto, ma el xe sempre puntuale e el ga asai esperienza e mahaz, e poi nol vol tropi schei per el lavor.

    La mia molje, come tute le babe, e penso anca le vostre, la rugna sempre e propio stamatina la brontolava con el povero Cajo che lui, quando ch' el vien drento el andito nol se neta i pìe e el ghe sporca i palcheti.

    Quando che parlo de ándito me vien subito in amente che noi gavevimo in quartier a Fiume, in via Giotto nr. 4, in canton con la Bonaroti, un ándito assai longo, anca con i parcheti che, de la porta de entrata fino in cusina, era tanti metri. Quando che la mia Mama, una volta in cusina la sera la me diseva: "Giulieto, va in camara de leto a ciorme un sugaman" sto longo coridoio el era scuro e el interutor de la luce - quei de porzelana che se girava - era solo uno, tacado de la porta de entrata. Ma quela volta ero pisdrul e gavevo una maledeta paura del scuro.

    Gavevo anca paura de tante robe, specialmente dopo che la mia Mama (incosciente) la me gaveva portado in Teatro Fenice a veder la pelicola "La Mumia" col Boris Karloff. Alora, ogni volta che me tocava era obedienza cieca, pronta e assoluta. - Andar in scuro in sto lungo andito, me tremava i zinoci. Mi alora, che quela volta ero bastanza inteligente - gavevo trovado la soluzion.

    Senza gaver cognizion de Sigmund Freud o del "Autogenen Training" (auto-suggestione) mi me dixevo "Giulieto, ti ti son un balilla, e un balilla no'l ga mai paura de gnente". E alora a testa alta marciavo per sto coridolio in scuro, come fussi gnente.

     

     

    E dopo i dixe che el Fassismo nol ne gaveva imparado gnente. Adio muli, me racomando, in scuro, ste atenti ai cantoni.

     

     

    La  mia  mama  Piera  Vernier  Scala

     

     

    Mi scrivo sempre quel che me capita in tela vita de ogni giorno qua in Veneto Orientale, sperando - con ste ciacole -  de tegnirve un poco de compagnia. Presempio, venerdì dopopranzo son andado cola  mia molje a portarghe fiori a la molje del nostro amico Toni, che ghe xe nato un picio in Ospidal.

    El Ospidal el xe novo, e se vederii che bel che'l xe. Tuto vetri e tuto lustro, ch' el par non un Ospedal del Comun, ma una Clinica privata de quele che in Television i fa le Telenovele e Teleromanzi dei dotori.

    Leto eletrico che se struca un boton e el va su e zo, aria condizionata anca de inverno, infermiere tute bele e eleganti. Insoma, una roba propio mericana, de lusso.

    A mi me xe venuda in amente la mia Mama, che essa la era levatrice a Fiume.

    Prima, dal 1926 al 1936, dieci anni in Ospidal Civile de SS. Spirito - ex Academia Naval de la Marina Ungarese - in ultimo pian, in "maternitá" e dopo - anche durante la guera, fino al 1946, la era libera professionista, lavorando privatamente.

     

     




       

    Mi credo la gabi "rilevado", come che se dixeva una volta, un par de generazioni de fiumani. Bionda, alta, magra e assai energica, essa la era sempre in movimento, sempre reperibile in tute le ore del giorno e dela note.

    Chissá perché i fioi nassi quasi sempre de note.

    La coreva per sta Fiume anche de inverno, de note, col fredo e cola bora che la sufiava, e non la gaveva paura de andar in giro - sola - per andar a far nasser un picio fiuman, gnanca durante la guera, col coprifuoco e cole ronde dela "Feldgendarmerie" tedesca, e dopo, cole patulje dela milizia jugoslava.

    Come tanti de noi fiumani, essa la parlava ben el tedesco e la se rangiava col croato. Se la familja la era "benestante" e la abitava nei "quartieri alti" presempio in via Donatello, alora la mia mama la ghe mandava dopo la sua "parcella".

    Se nasseva un picio in una soffitta de Zitavecia de povera gente, che quela volta no' i gaveva la Cassa Mutua, alora essa non la ghe cioleva gnente, la fazeva tuto senza domandarghe una lira, anzi, mi me ricordo che la ghe portava de regalo panuze e altra roba che ghe ocoreva ala mama e al picio. Una santa dona, la mia Mama.

     

    Giulio con la sua mamma Piera

     

    Quando che semo andadi via de Fiume, nei quarantasei, e a mi i me gaveva ciolto nel Colegio "Niccolò Tommaseo" di Brindisi - che fame, muli - la mia Mama, essa la gaveva trovado, tramite la familja Masé, sui clienti a Fiume, indove che i gaveva due salumerie: una granda in Piaza Regina Elena e una in Piaza dele Erbe - un posto de levatrice in una "condotta" di montagna, indove penso che nissun voleva andar, in un picio paeseto in Alta Val di Cembra a 1700 metri, cole stradete tute in piover, con 120 abitanti, comprese le crave e le armente.

     

     Valle di Cembra, Cuore del Trentino.

    Anca lá i era propio poveri, ma cussì poveri che i gaveva solo un poco de tera piena de grebeni e gromaze, e i omini i andava a lavorar in Svizera. De inverno, con due o tre metri de neve - la mia Mama, essa la deveva andar asister una partoriente in qualche "maso" isolado de montagna, a due o tre ore a piedi dal paese.

    Per andar suso, de note, per zerti sentieri jazadi, la se deveva meter soto dei scarponi i "rampini" per el jazo, che in Trentino i se ciamava "carpelle".

    Tuti, anca lá. i ghe voleva assai ben e anca se no i gaveva bori i ghe portava ovi, speck e butiro. Una volta era nato un bambin asfitico, tuto blù, e nol respirava. I voleva giá meterlo in una scatola de scarpe de carton, soto el leto e bonanote,

    La mia Mama, essa la se ga fato portar due mastele, una de aqua calda e una de aqua freda e la ga scominziado a tociar sta povera cratura in aqua freda e in aqua calda per meter in moto la circolazion.

    Dopo un poco sto picio el taca a frignar a tuta forza. La gente zigava "miracolo, miracolo". Da quela volta la mia Mama la gaveva in quei paesi una fama de Santa, e tuti ghe basava le mani. El fato era che prima che essa la arrivassi de quele parti, la mia Mama la se gaveva diplomado ala Scuola de Ostetricia dela Universitá de Padova - i gaveva una vecia "mamana" che la fazeva tuto solo per pratica antica, e quando che un fio el nasseva morto (asfittico) era destino "Insh'Allah".

     

    Giulio con la sua mamma Piera

     

    Quando che mi go finido la scola a Brindisi, son stado anche mi un due inverni in sto paese, che el se ciamava "Piscine di Sover", indove che finiva la strada e che, quando che era assai neve, non vegniva gnanca la coriera. Adeso se pasa lá cola nova strada asfaltada per andar da Trento a Cavalese in Val di Fiemme.

     

    Panorama di Piscine di Sover e Sover in primo piano (Val di Cembra)

    Mi ero grando amico del Paroco Don Livio - e sicome che lui sonava ben la chitara e mi quela volta sonavo la fisarmonica, quando che da un contadin era un batezo o sposalizio, alora noi due fazevimo grandi sonade e grandi magnade de polenta e luganighe con bicerini (e biceri) de grapa, che i la distilava in bosco, de contrabando.

     

     


     

    Dopo se gavevimo trasferido a Genova e la mia Mama - essa, senza più el suo lavor, che per essa el era stado tutta la vita, più una mission che un lavor - non la se gaveva mai ambientado coi genovesi che i parlava un dialeto che era foresto e che non la capiva.

    La xe morta nel millenovecentosessantaoto, de embolia, dopo de una operazion, ma mi credo anche de tristeza, lontan dela sua Fiume.

    Mi go pensado che sarìa stado assai bel ricordarse una volta de sta dona, che in vita sua la ga fato tanto del ben e che la xe morta sentindose - come tanti de noi fiumani in "Esilio" - "straniera in Patria".

    Grazie, e adio muli.

     

    Noi  de  Fiume

     

     

    Noi de Fiume, del fiume meno fiume del mondo, nato, navigá e giá sfociado - semo un misto indefinibile de mar e de grebeni del Carso, de dalmati, istriani e marchigiani, 'taliani, slavi, gnochi e ungaresi.

    Tuti parlanti un venezian asprizado, arichì, impoverì, fato misciado: una lingua sì e no come noialtri, che semo sì de qua, ma anche de lá, che gavemo el cor a Roma, o a Venezia, ma anca, perchè no, la testa a Viena, che ne piaxe - perchè no - anca la puszta e i boschi e le patate cragnoline.

    Gnente zapar la tera, no la gavemo. Meio pescar, e più navigar per el mondo tornando sempre, se capisse, a casa. Che po' gnanca xe vero che giravimo po' tanto: migrar, per esempio, era da noi verbo inusitado.

    Fabriche gavevimo, e cantieri, posti bellissimi per bagno, monti a portá de man per rampigarse, vile e ostarie e barche in riviera.

    Gente arivar, fermarse, farse nostra, jera la solita normal tiritera.

     

     

    Andar  oculize

     

    Nonostante i tempi moderni e la educazion "anti-autoritaria" - ogi pasada però de moda - quando che i mii fioi i era pici, la mia molje spesso e volentieri la ghe zigava quando che no ' i se comportava come che i gaveria dovudo, e anca mi go zercado de darghe ai muli una educazion, se non propio tedesca - quela volta vivevimo in Germania - almeno, disemo cussì. fiumana che la ghe servissi per la vita. E se guardo come i mii fioi i xe diventadi ogi, mi credo che propio tuto sbaljado non gavemo fato.

    Se mi penso però cossa che combinavimo noi de muli a Fiume, xe robe che ogi ste crature gnanca le se insogna.

    Mi me ricordo che, quando che andavo al tecnico in piazza Cambieri (che per mi era sempre Gambieri), quando che era compito in classe de matematica, quei che era deboli in sta materia (come el sotoscrito) el più de le volte calmi e tranquili, o squasi, i andava oculize. Sicome che anca quela volta la era una roba piutosto fori-lege, alora dovevimo pasar la matina indove che nissun ne podeva veder.

    Una dele soluzioni preferide la era quela de andar in mololungo, sule grote, in zima verso la lanterna a pescar cola togna. Assai importante era la esca, jesca disevimo noi.

    Ognidun de noi gaveva le sue jesche personali. Mi, presempio adoperavo la "pastela" fata con molena de pan vecio e smojado, gialo de ovo se era, e un iozo de formaio duro gratado. Pessi era un fotìo, più che altro spari, spareti, picole ociade, guati, ezetera. El grave era che non podevimo portarli a casa, dato il carattere "segreto" dela pesca.

     

    Mololungo e fanale del porto - quello in fondo -  a Fiume (Attuale).

     

    Altra soluzion era quela de andar in quel café del palazzo Adria che el gaveva in primo pian una camareta de biliardo, indove che nissun ne podeva veder dela strada (Pazza Regina Elena) e noi se giogavimo in "bocine".

    Una altra roba che a mi me pareva propio "inumana" xe che quela volta in Germania i mii fioi - se vede ormai contagiadi de la mentalitá teutonica - da matina bonora (lá i doveva esser a scola ale oto meno venti) i se alzava soli soleti col svejarin. Per mi una roba incredibile.

    Se devo esser un poco sinzero (xe poco de far, ma tuti i scritori, anche quei de due schei come mi, i casca nel "autobiografico") in tuta la mia vita e cariera scolastica, de matina mi me alzavo solo perchè la mia Mama essa la me butava materialmente zò del leto e mi me devevo arender ala violenza.

    Non xe che non me piasessi andar a scola, anzi, ma forse me mancava la "voja de far del ben" e - se ghe penso ben - era anca el fato che da noi da inverno in camara de leto era fredo. Riscaldamento zentral. legi sparghert, ma solo in cusina e i fioi mii i gaveva in quartier anche de inverno bel calduz e la moket per tera.

    E non ocoreva più meterse per casa quele zavate calde che metevimo noi, comprade dal Bata in Corso, alte, color gialo, coi quadreti maron e i fermagli de lata nera davanti, che xe inganzava.

     

     

    Non volevo propio contarve de altri truchi de noi mularia, per non andar a scola. Ma ogi la xe giornada dele confessioni.

    El clasico, mi credo in voga ancora ogi, era quel de far finta de star mal. "Ahi Ahi me fa mal la testa, me fa mal la panza" e magari mi fazevo qualche volta, quando che la Mama, preoccupada come tute le mamme, la te meteva el termometro soto scajo, mi strussiavo la zima del termometro cola coverta, per scaldarlo e far vegnir almeno trenta oto de febre o adiritura - chi non lo ga mai fato scagli la prima piera  - impizar de scondon un spetime un poco per far arivar el mercurio trenta oto e zinque.

     

     

     

    Me racomando, non steghe dar ste storie de lezer ai vostri fioi e nipoti, se no i se impara robe brute e chissá cossa che i pensaria dei veci fiumani.

    8 febraio 2003.

     

     

    I  profughi

     

    Non voio parlar qua, per-amor-deDio de politica, ma se volemo propio esser sinceri, xe stada la politica che la ne ga sbatudo via dela mostra Fiume. Semo sempre lá del "moto" - come che se dixe a briscola - el Puzle.

    Voi me diré, cossa che entra el Puzle. Adeso ve spiego.

    Se andemo indrio cola Storia e guardemo le vece carte geografiche cosidete politiche, vedemo che tuto era sempre un puzle, indove che tanti tochetini i cambiava sempre de posto, grandeza e color. Vedemo che xe sempre stadi popoli che i xe andadi a romperghe i puzle e a romperghe le togne ai altri popoli.

    Uni dei più famosi rompitogne era i romani antichi. I ghe ga portado presempio la ziviltá ai germanichi e i ghe ga imparado a bever vin. I germanichi, anche senza i romani e senza vin, i era contentissimi de bever bira. Poi, i ga riempido tuta la Europa de rovine ... sti romani.

    Ancora ogi, nel duemila e tre, qua a Concordia Sagittaria, indove che abito mi, una volta che i scava le fondamenta per far una casa, i fa tuto de scondon de note, perché nove volte su dieci i trova tochi de piere romane e vien la Sovra Intendenza dele Bele Arti che ghe bloca tuto. Penseve quanti remenghi che ghe tira sti concordiesi ai romani antichi.

     

     

    Ritrovamenti archeologici a Concordia Sagittaria



    El puzle politico el xe andado avanti nei secoli dei secoli, Amen.

    Nel Medio Evo, deto anca Etá de meso, la nostra Italia la era tuta in tochetini, ogni zitála era tajada in due o più tochi, tra guelfi e ghibelini, Medizi e Borgia, veneziani - che quela volta i comprendeva anca i sansegoti - genovesi, pisani e amalfitani.

    Dopo ancora puzle, dal Granducato di Toscana al Regno dele due Sicilie, fin che xe andado zò Garibaldi a cior Marsala.

     

     

     

    Dopo de ogni guera, quei che gaveva vinto, mi son convinto che ei ga sempre pasdrociado de novo el puzle, come che ghe andava ben fra de lori. Dopo la fin dela "Prima" Guera, deta anca la "Granda", noi volevimo Trento e Trieste, e sicome che erimo stadi bravi i ne ga dado anca el Sud Tirolo, indove che tuti parla solo per tedesco austriaco: e i lo ga ri-batezado Alto Adige.

    De Fiume no i saveva propio cossa far, e alora el Comandante el ghe ga dado un bel ruk. Dopo dela "seconda" granda guera  i due grandi i se ga messo dacordo, e per non far stavolta el solito puzle coi tocheti e tochetini, i se ga spartido la vecia Europa in due tochi, uno per uno.

    Boni e cativi. De qua i boni, da lá i cativi. Noi a Fiume, sicome che stavolta non erimo stadi bravi e el Comandante el era za morto e sepelido da tanti anni sul lago de Garda, i ne ga messo, de lá coi cativi.

    I tedeschi dela Germania - sicome che dopo de la guera lori tuti gaveva deto che nissun era stado cativo, e che tuti era stadi boni e nissun gaveva voludo la guera, e tuti era sempre stadi contro Bafeto - alora, per non saver ne' lezer, ne' scriver, i se li ga spartidi, metá mi / metá ti:de qua la Germania Ovest, soto i americani, e delá la Germania Est, soto i russi.

     

     

    Quando che mi vivevo in Germania (Ovest) i fazeva ogni anno grandissime riunioni e manifestazioni publiche per i profughi del Sudetenland (Germania Est) come la mia molje, e dela Slesia.

    Tuto ex Grande Reich. Era bande che sonava marce de la defonta, Ministri e soto-segretari con sempre un picio o una picia in costume che ghe dava un mazo de fiori. Tuta sta roba i la mostrava in television, a colori, in tel giornaleradio, che a mi me pareva gnanca che fussi la incoronazion dela Regina Elisabeta, che Dio la conservi.

     

     

     

    Questo - e xe qua che ghe entra la politica - perché sti profughi dela Est Europa era una saja de lori, e inveze de andar come noi a l' estero a zercar lavoro e pan in Australia e in Canada, o come mi in Germania, lori i xe restadi tuti qua e i ghe ga dado casa e lavor per tuti.

    E sicuro che tuti sti partiti politichi al governo e ala oposizion ghe fa asai gola ciapar i voti de tuta sta zente, e alora i ghe fa grande feste con tuti sti discorsi dela ufizialitá, per tegnirli boni.

    Da noi in Italia, inveze, a noi profughi de Fiume, che erimo quatro gati scotadi, i ne ga ciapado sempre a piade nel cul. E tuto senza el intervento, ne' de ministri, ne' de soto-secretari, che poi i cambia cussì spesso che mi, per esser sinzero, non so mai chi xe quei giusti.

     

     

     La   corriera  fantasma

     

     

    "The last train to Yuma" ossia "L' ultimo aereo da Casablanca" (senza Ingrid Bergman e Humphrey Bogart) ossia l' ultimo elicottero da Saigon. Propio ieri lezevo un articolo assai interessante, scrito da un zerto Gino Sergi, indove che el contava sule comunicazioni fra Fiume e Trieste soto la Austria -Ungaria. Quele coi vaporeti dela Societá di Navigazione Ungaro-Croata, che i fazeva Fiume - Lovrana - Valsantamarina - Bersezio - Cherso - Pola - Fasana -Rovigno - Parenzo - Trieste.

    El primo de agosto del 1794 i gaveva inaugurado una bela linea Fiume / Trieste, cola diligenza postale, coi cavai - due ore per andar a Trieste, dale diese de matina a mesogiorno, col cambio dei cavai a Lipa - e el due de setembre del 1883 la prima linea feroviaria Fiume - San Pietro del Carso - Trieste, che el treno el partiva da Trieste ale ore 18 e el arivava sbufando ala Stazion de Fiume ale 23,35..

    Gavevo alora domandado che qualchedun el ne contassi quando e come el era cominciado quel bel servizio dele corriere dela Ditta Grattoni Fiume / Trieste, che se ciamava "La Freccia del Carnaro" Fiume / Trieste in 90 minuti.

     

     

     

    Ancora non go savudo gnente, ma quel che mi so xe de quando che el servfizio el xe finido.

    Era el April del 1945, e la situazion a Fiume la savemo tuti . el giorno 3 magio xe venudi i drusi. Bon, La ultima coriera de  Grattoni - o forse era la penultima, non son sicuro -  la era partida de Fiume per Trieste con suso tuti i cosideti Gerarchi e Persone importanti el "Regime" che quela volta se ciamava Republica Sociale Italiana  (R.S.I.) ma che, in pratica, erimo un Protetorato  del 3° Reich (Adriatiches Küstenland - Litorale Adriatico, con tanto de Gauleiter, ezetera.

    Sti  mati i gaveva carigado sula coriera la molje, i fioi, e parenti streti, tuti i schei, fliche, ori, gioielli, ezetera.

    Ma quel che mi me fazeva assai meraviglia, era che uni de sti fioi - i padri era el Prefeto. el Segretario del Partito, ezetera - i era mii coetanei e i vegniva a scola con mi. E mi, in tuti i lunghi, lunghissimi anni dell' esilio, de la Disperazion e de la Disgrazia, quando erimo Dispossenti, Diseredati, Strazzoni e Stranieri in Patria - mi non li go mai incontradi o visti in un Campo Profughi, o al Silos de Trieste.

    Gavé leto "Verde Acqua", el romanzo de la fiumana Marisa Madieri, la moglie de Claudio Magris, indove che essa la conta de come i profughi de Fiume i viveva nel Silos a Trieste ?

     

    Marisa Madieri
      Claudio Magris  
      +++++++++++++++++++++++++++  

     

    E non li go visti gnanca nel Campo Profughi de Bagnoli o - nel 1947 - 1948 - nel Collegio Nicolò Tommaseo de Brindisi, indove che noi muli Istriani, Fiumani e Dalmati fazevimo leteralmente la fame per riussir a ciapar la maturitá nautica, sjentifica o tecnica.

    Sta gente - esuli e profughi come noi - come che dixevo, no i ga mai visto un Campo profughi che non ghe ga mai tocado de andar a zercar un toco de pan in Australia, Canada o Uruguay.

    Alora, per dirla propio de sti Fiumani, lori era Profughi de Terza (o Quarta ?) Classe .

    Cossa ve par ? Nessun el ga mai parlado o scrito de sta storia che - se volemo - la xe una storia come tante altre. Ma bisogna contarle e scriverle le Storie, se no, non se impara gnente.  Adio muli.

    Dicembre 2001.

     

    10^  PUNTATA

    Continuano le Ciacolade dal Nord - Est

     

     

     

    Odori  e  Profumi

     

    In fondo, per noi fiumani, disemo cussì, de la "terza etá", come che se dise ogi, tute ste robe su la nostra Fiume, che ne piase scriver e lezer, e che le resta per sempre zemenzade drento de noi perché le xe un toco dela nostra vita, le se riferisse sempre a Fiume come che la era anni fa.

    Quanti ? Tanti ? Pochi ?

    Per mi, come per voi che lezé ste due righe, la nostra zitá la xe tuta un insieme de robe viste. Viste a scominziar de quando che gavemo averto i oci in un qualche rion: in Scojeto, Cantrida, Belveder, Zitavecia, Cosala, Braida, Mlaca o, come tanti, in Ospidal Civil de Santo Spirito ex Academia Navale dela Marina Ungarese.

    Un missioto, insomma, de imagini, de ricordi otici, e anca un missioto de rumori, de robe "sentide", come el canon de mesogiorno, le campane dela Ciesa del nostro rion, el fis'cio del vaporeto de Abazia, che se sentiva fin in Via Pomerio, e la campanela a man del scovazin, che el sonava in Bonaroti ale due de dopopranzo.

     

     

    Ma de quel che volevo ciacolar ogi non xe le imagini de Fiume, e non xe i rumori. Ogi volevo parlar dei odori. Sì, perché el Signor Idio ne ga dado i cinque sensi, e tuti cinque i xe importanti.

    Ve ricordé, de estate, el forte odor dei tapeti, (o "passatoie") de fibra de coco, inciodadi sule teraze de legno del Bagno Quarnero, che i sugava soto el sol che brusava ?

    Xe un odor che me ricordarò fin che vivo.

    O de inverno el odor dei mussoli, che i li vendeva in scudele de legno a zinquanta centesimi per scudela, cusinadi sul vapor de aqua bojente in Piaza del Late in Zitavecia de sera, con el bancheto iluminado con i bechi del carburo? O in Zimiterio a Cosala, in agosto, con el sol che el scaldava i alberi e non ghe era gnanca una bava de vento. El profumo aspro de le foje de lavrano scaldade al Sol; el era cussì intenso e penetrante, che se ciudo i oci lo naso ancora ogi e me par de tornar indrìo da tanti, tanti anni.

    Un altro, e ultimo per ogi, odor che me vien inamente, xe quel dei ciclamini che andavimo ingrumar in primavera, in graia dopo Drenova, o a Santa Caterina, che a casa dopo li metevimo in un bicer de aqua, che me tocava meter la sera fori dela finestra dela cusina perché la mia Mama - essa la me dixeva - che in camara el profumo dei ciclamini el xe velenoso e ghe fazeva vegnir el mal de testa.

    Un ultimissimo odor, e dopo ve lasso in paze - xe de quei gigli bianchi de Altar de Sant' Antonio in Ciesa dei Capuzini in Sabiza (a destra vegnindo drento: un profumo fortissimo che mi me piaseva assai nasar e che de domenica durante la messa el se missiava con quel de incenso, che adeso in Ciesa non se usa più tanto, forsi per sparagnar ("globalizzazione"), ma che quela volta el impiniva tuta la Ciesa, che era una fumera che pareva la nebia de Londra. Anca quela ogi non la esiste più.

    Adio muli !,

    E come sempre spero de non gaverve stufado, anche se go dismentigado el odor più importante de tuti: quel dele croste de formajo de gratar, rostide su la piastra del sparghert.

     

     

    In  casa  del  Roccantonio  Moise

     

    Roccantonio Moise

     

     

    Ve conto che una domenica ero a magnar in casa de un mio carissimo amico, compagno de scola a Fiume, compagno de Collegio a Brindisi, ezetera ezetera.

    Estate a Fiume: Ve la ricordé. No a colori, ma in bianco e nero.

    El mulo Roccantonio Moise, nativo de Cherso e de nobile e antichissima schiatta venessiana e i sui noni e bisnoni de lui era militari, commercianti, capitani de lungo corso e abáti della Serenissima.

    Alora el Rochi (cussì lo ciamemo tuti) el abita a Gorizia in una belissima caseta, la xe in stile "baroco-liberty", con drento mobili, quadri, tepedi e tuti sti strafanici e crame in stil "fin de Siecle". Tuto assai bel.

    La moglie Gianna - fia de un emilian e mama istriana  - la xe una super coga che non ve digo e non ve conto, e gavemo fato una sbafada ad alto livelo, che non la finiva più, scominziando col antipasto del speck, tajado cola manera, col cren, e finido cole fritole. E tante boze de vin bianco e nero del Collio  (Sic !).

    E magnando in sta sala de pranzo tuta in stile ani venti, mi me sentivo tornado mulo a Fiume, atmosfera - come che mi digo e scrivo - austro ungarica, indove che noi a Fiume erimo più ungaresi che austriachi. Tanto più che el papá del Rocchi el era "Hauptmann" (capitano) del "nostro" imperial regio esercito intel 1914 e ti ti vedi sul muro ste vecie foto indove che sto bel ufizial in montura austriaca, drito come un manigo de scova, col coleto alto cole stelle suso, el ghe dá la man al Erzherzog Friedrich (Arciduca Federico).

    Ma quel che me ga anca comosso xe stado veder sta casa cole finestre coi scuri, come da noi a Fiume, de quei che i ga anca le grilie cole manize per regolar la luce.e la aria che vien drento.

     

    Tuta la zitá de Gorizia la ga ste case vecie, ma tute bele. restaurade e
     - anca più che a Trieste - te par de esser tornado indrio, apunto a quando che erimo muli intela nostra zitá che non la esisti più. Scolteme a mi, se non se ancora stadi, andé a Gorizia, che xe apunto come una volta da noi.

     

     



    A mi che adeso son qua in Veneto, dopo tanti anni in Germania - indove che xe tuto novo de balin, perché i aleati i gnochi i li gaveva bombardadi, che non era restada gnanca una vecia casa in pìe - veder ste robe de una volta - de la nostra infanzia e giovineza - me fa tenereza.

    Se parlemo de scuri (per talian "persiane"), a mi ogni tanto me vien tutintun in amente un ricordo che vedo tuto come una vecia fotografia in bianco / nero, perché quando che erimo pici noi, non era le foto, o el zinema, a colori. Fazé conto de esser de estate a Fiume a casa e de far - dopo magnado - a la una de dopopranzo, una spavadina stravacadi sula otomana.

    Xe el mese de agosto, xe un sofigaz. El sol a sta ora el brusa e i scuri xe seradi. La camara la xe in squasi oscuritá e da una sfesa de ste grilje dei scuri vien drento un ragio de sol, ma fin fin e sutil che el va dala finestra fin el muro dela camara, e ti vedi in sto ragio tuti i granelini dela polvere, tuti che i bala in sto ragio picio de sol come se i fussi tuti de oro. Tuta la familja la ze in branda e el quartier xe tuto zito.

     

     

     

    L' unica roba che se senti xe el canarin - quel dela mia Mama el se ciamava Bastian - che el canta come un mato in te la sua gabieta impicada sul muro del pergolo dela cusina.

     

     

     

    Estate a Fime, ve ricordé ? Ma ogni tanto me lampa intel zervel uno de sti quadreti in bianco e nero, come una diapositiva che se proieta sul muro bianco: la spina che in cusina la jozava in scafo sul toco de butiro per tegnirlo fresco, perché non gavevimo una jazera quela volta. Memorie e Souvenir, xe tochetini dela nostra vita. Xe un album che ogni tanto verzemo e guardemo.

     

     

    Un  otavo  e  una  ombra  de  bianco

     

    Nela mia ultima ciacolada gavevo scrito che per esser fiumani patochi bisogna esser anche un poco cosmopoliti, perché le nostre origini le xe senza dubio missiade. Senza dismentigar quela impronta austro - ungarica che gavemo, semo anca veneziani, anzi veneti, e Fiume xe una zitá sul Quarnero, ma anca sull' Adriatico, come la Serenissima.

    Veneto xe el nostro dialeto, le nostre tradizioni, la nostra cusina (i risoti) e per questo adeso, indove che mi vivo - in provincia de Venezia - in terraferma, come che i disi qua - mi me trovo ben cola lingua e cola gente, che i me trata come un de lori.

    Sicuro che ghe xe anche certe picie diferenze: presempio in ostaria, in venezkian classico, invece de un otavo de bianco ti devi ordinar una "ombra", ma se un omo el crozzola un altro, anca qua i disi come noi "el ghe ga dado una man de bianco".

    Vivemo tuti in paze soto el Leon de San Marco (pax tibi Marce evangelista meus) e quel che manca dela tradizion fiumana lo fornissi la mia molje (legi palacinche e matoviliza coi fasoi).

    Viva comunque anche Venezia, con le sepoline frite e la marinada de sardele, che qua i la ciama "sarde in sao'r" e i ghe meti drento - antica tredizion orientale - levantina - anche le zisibe e i pignoi.

     

    Sarde in savor,  piatto veneziano.

     

     

    L'  Isola  perduta

     

    La mia molje, essa la me dise sempre che mi scopro le robe quando che tuti i altri la giá discoverte. Saria come quel che el gaveva inventado la aqua calda.

    Bon, l' atro giorno mi go discoverto un novo scritor, solo che dopo go savuto che lui el xe giá assai conossudo in tuto el mondo. El ga scrito diversi libri e adesso el fará anche el regista-ator in una pelicola in zinema. El mato el se ciama Luis Sepulveda, el xe nato intel 1949 in Cile, profugo dela ditatura del Pinochet, e el viveva in Amburgo e a Parigi.

    Legevo propio ieri el suo ultimo libro, tuto de storie, che el xe stado publicado sto ano, in Italia Editor Guanda. El se ciama in original "Historias Marginales" e in italian "Le Rose di Atacama".

    Fra ste storie che lui el conta, xe una che la se ciama "L' isola perduta". Sicome lui in tei sui libri el scrive sempre sula America del Sud, la Tera del fogo e tuti sti loghi, mi pensavo che sta isola la fussi de quele parti. Inveze, sorpresa, el parla de Lussinpiccolo.

    Xe solo tre paginete, ma assai bele.

     

    Panorama  di Lussinpiccolo - Attuale -

     

    Alora, el conta che lui el andava spesso in sto Lussinpiccolo e che i "novi" abitanti de sta isola, dopo dela Seconda Guera Mondial, dopo che ai nostri i li gaveva butadi fori, i viveva in paze e se gaveva ingrumado lá mati de tute le parti dela ex Jugoslavia.

    Dela Serbia, Croazia, Slovenia, un mussulman bosniaco, un montenegrin. E sto Sepulveda el conta come che la era bela sta isola con una saja de alberi in fior, susini, oleandri - e tuti sti mati, in sta isola - picolo paradiso terestre, i viveva tranquilli tra una magnada de scombri e un sluck de rakia o de slivovitz.

    E - e qua el scritor el se meravigliava - i parlava ancora una "lingua franca" de croato missìá col dialeto venezian.

    Quando che xe scopiada la guera in Bosnia, tutintun tra sta zente che viveva in paze, croati catolichi, serbi ortodossi, bosniachi mussulmani, xe nato nazionalismo, odio, baruffe, i ga fato ruik e i se ga patufado e uni i xe scampadi. Luis Sepolveda conclude: "Ogni volta che vedo la macchia di Lussinpiccolo su una cartina, so che l' isola è ancora lá, nell' Adriatico, ma so anche che l' ho persa per sempre".

     

     

    Luis Sepulveda

     

    "Mi fa male quell' isola perduta e mi conferma che i popoli che non conoscono a fondo la loro storia, cadono facilmente in mano a imbroglioni e falsi profeti, e tornano a commettere gli stessi errori".

     

     

    Disemo la veritá. Oltre a noi de la nostra generazion, chi altro xe che el conossi la nostra storia ? Cossa sa la gente, la mularia de ogi, non solo in tei USA, indove che i credi che in Italia xe ancora el Re, ma anca qua in Italia, cossa sa i taliani dele nostre terre perse , terre italiane, venete?

    Mi me ricordo ancora tuto, ma dopo ? Xe tanti ani che mi non vado più a Fiume. Come che ve go scrito, tante ma tante volte, devo dir che per mi Fiume, la nostra Fiume, non la esisti più, ma per fortuna lá xe ancora un mucio de fiumani come noi.

    Quando che andavo a trovar mio nono intel zimiterio de Cosala, a mi me pareva qualche volta, squasi come de veder forsi qualcossa come de quando che ero picio a Fiume.

    Ma, come poso spiegarve, tuto era come in una pelicola de Dracula, indove che se intravede tuto, e de note, atraverso un filtro de nebiolina-foschìa, e tuto xe, come dir, sbiadido e in rovina, indove che le piere le va in fregole, come la nostra zitavecia a Rijeka, in putrefazion, e tuto se sta squaiando come la neve, sporca de fango, sul sol.

    Dopo tuti sti ani pasadi tra i crucchi in Germania, mi go trovado un cantonic' indove spetar che vegni scuro.

     

     

    Aspettando la notte.

     

     Sta tera veneta indove che mi vivo adesso, tera benedeta indove che tuti parla un dialeto che el xe assai vizin al nostro e indove i campanili dele Ciese a Concordia Sagittaria, a Portogruaro, a Ceggia, a San Sistino di Livenza, i xe precisi, spudadi come el campanil de San Marco a Venezia, come el campanil de Piran, de Umago, de Isola d' Istria, de Parenzo, de Rovigno.

     

     

     

     

    Non dovemo diventar "... "un popolo che non conossi la propia storia ..." Me dispiasi che la mia ciacolada de ogi non la xe alegra come sempre, ma mi spero che ve fazi istesso piazer leger ste due monade, anche se con un poco de malinconia.

    27 gennaio 2003

     

     

    El  mio  libro  più  bel

     

     

     
       
         

     

    Mi volevo dirve che ste robe che mi scrivo non le xe solo per noi veci fiumani per farne pensar a "... Silvia, ti se ricordi quando che la beltá la fioriva ..."  come che el gaveva cusì ben scrito el Giacomo Leopardi, ma anca, e devo dir sopratuto per i muli de ogi, perché dale storie de una volta xe assai bel imparar.

    Xe solo i pilitichi che dela Storia (la Storia la se ripeti. Sempre) no i ga mai imparado gnente e i fa, ieri e ogi, i stesi sbalj e le stese castronade.

    Propio l' altro giorno mi lezevo su la rivista "Sette" (Corriere della Sera) una risposta che ghe dava a uno che el gaveva scrito una "Lettera al Direttore, el Enzo Biagi, giornalista, che el xe assai bravo e simpatico, se volemo el erede de el Indro Montalelli. Me scuseré ma mi voleria qua trascriver tuto in original, in italian, quel che scrive sto Biagi: "Sono stato diverse volte a Budapest e la prima andai a vedere la Via Paal. Anche per me Nemecek, il figlio del sarto, è un eroe della adolescenza. E' una generica strada, almeno nel mio ricordo. Inutile cercare la segheria. Epico il Campo di Battaglia, anche perché la memoria ti riporta alla stagione delle speranze, al rimpianto di quando il tempo era segnato dalle illusioni. Cerchiamo di conservarne qualcuna ! ..."Tuta sta roba la se riferissi a un romanzo de un famoso scritor ungarese - non stemo qua dismentigarse che una dele "matrici" dela nostra Fiume la xe quela ungarese - Ferec (Franz) Molnar che el ga scrito tanti bei libri e tanti bei spetacoli de teatro.

     

    Ferenc  Molnar

     

     

    El romanzo el xe "I rfagazzi della Via Paal" ambientado a Budapest in una segheria indove che una banda de muleti i gaveva un suo campeto.

    Poco tempo fa mi ve gavevo contado dele "guere" che noi mularia fazevimo in Bonaroti (Belveder). Mi volerio, ma volerio assai che tuti i muleti e giovani de ogi, intel duemila e tre dopo Cristo, lezerii sto libreto, che per mi, e per tanti altri come mi el xe stado el libro più bel, dirìo, quel che me gaveva più "impegnado" de tuti  intela mia infanzia e giovineza a Fiume. Intei ani Trenta i gaveva fato a Hollivud un film da sto romanzo, assai comovente, e mi me ricordo come che fussi ogi, che mi ero andado con la mia Mama in teatro Fenice a guardar sta pelicola e che la mia Mama bonanima, essa la pianzeva come una fontana.

    Bon, devé saver - e mi credo che saveré senz' altro - che Fiume era el più importante e unico porto dela Ungaria. Tuto el trafico de legname de la Ungaria, Austria, Rumania, Slovenia, ezetera ezetera, el vegniva a Fiume indove che i carigava sti tronchi e ste tole sui vapori che i andava in tuto el mondo. In riva i meteva tuto sto legname spetando che arivassi i vapori.

    Per lassar che la aria la sugassi le tole i le meteva in cataste altre tre o quatro metri. El deposito el più grando de ste cataste el era in molo Adamich, che noi a Fiume lo ciamavimo "Molo Scovazza".

    Bon, noi mularia, che gavevimo leto "I ragazzai dela Via Paal" se giogavimo rampigandose su ste cataste de legname, che ne pareva esser quei del romanzo ...  Boka, Nemecek...

     

     

     

    Muli, fazeme un favor, un grando favor. Se non lo gavé ancora leto, lezeve sto libreto, che non lo dismentigaré mai fin che vivé. A mi el me xe rimasto in tel cor, perché, come che cussì ben el scrivi Enzo Biagi ... "la memoria la ne riporta ala stagion dela speranza".

     

    11^  PUNTATA

     

     

    Go  visto  el  mondo  come  che  el  era

     

    Mi credo che ognidun de noi, a una certa etá pol dir ..."Go visto el mondo come che el era".

    Sicuro xe, che più veci che semo - con la anagrafica, non fisica e gnanca spiritual - e più robe che le era e che non le xe più, le gavemo vissudo.

    Mi son nato a Fiume, in una sofitta in via Ciotta numero Uno, visavì del Teatro Fenice, intel famoso inverno più fredo del secolo (i diseva ) 1928 - 1929, de muleto e - disemo cussì, de giovineto - go visto come tuti noi a Fiume, robe che le xe oramai storia antica, o squasi. La sopressa col carbon dolce drento, i scovazini in Bonaroti, prima col caro a cavai, dopo col camion cole rode de goma piena. el rimurcio del tram de Cantrida de estate, le cosidete Giardiniere cole tende che sventolava. E tante altre robe che contemo ai nostri fioi.

     

     

    Quando che ero profugo al Collegio de Brindisi intel 1947 guardavo, sula strada prinzipal de sta cittá - me par che la se ciamava Via Garibaldi - de matina una baba che la andava de porta in porta con tre o quatro cavre e la mungeva el late fresco de ste cavre in una lata che la parona la ghe dava.

    Mi ste robe, quando che le conto ogi, nissun me crede. Ma quel che xe assai, ma assai più importante, xe el mondo estero che mi go visto, e che nol esiste e nol esisterá mai più.

     

     

     

    Come che saveré, mi ero per otto anni Comisario de Bordo sule barche che le portava pasegeri. Dopo ero anca sui piroscafi che i portava profughi e emigranti in Australia, Canada e SudAmerica, ma i primi tre anni li go fati sul bele navi bianche de Lloyd triestino in linea celere de lusso Genova - Singapore - Hong Kong e indrìo.

    Quela volta non era tuto cussì in premura come ogi e se restava cola nave due giorni a Bombay, due a Singapore e quatro a Hong Kong.

     

    oggi
    Mubay (Bombay) Hong Kong
     

    Singapore

     

    Mi de picio legevo come un mato Salgari, Giulio Verne, Fenimore Cooper (El ultimo dei Mohicani) ezetera. Quando che ero più grandeto lezevo Rudynard Kipling (Kim), Somerset Maugam (El Velo Dipinto che i gaveva fato una bela pelicola con Greta Garbo) e tanti scritori inglesi, che i gaveva apunto scrito tuti sti romanzi de storie intel Imper Colonial Britanico.

    Nei anni Cinquanta mi go avudo la enorme fortuna de trovar tuti sti paesi come che i era e che no' i sará mai più.

    Cairo (El Cahir) era una zitá francese come Parig, bei café, gente elegante. Andé ogi a guardar cossa che xe diventada sta zitá. Sul Canal de Suez, Ismailia era una picia zitá piena de vllette fate dai inglesi, e piena de fiori e giardini. Nela guera Israele - Egitto i la ga distrutta. In Egitto e in India mi caminavo e me movevo  come se fussi tuto un romanzo, apunto de Kipling ai tempi dei inglesi.

    A Singapore e a Hong Kong non era gnanca un grataziel. Gnanca Uno. Tuti sti cinesi cocoli e ala bona con sti negozieti indove che tuto costava un bianco e un nero.

    A Hong Kong, sul Peack, sula montagneta dove che apunto ogi xe una foresta, un bosco de sti gratazieli enormi, i miei amici ebrei de Vienna, scampadi de Hitler e naturalizadi inglesi, che i gaveva una granda ditta, che i vendeva te' all' ingrosso, i gaveva una bela villa con personal cinese che mi ciapavo sempre paura perché non ti li sentivi vegnir, cole sue scarpete cola siola de feltro.

    E tuto era tranquilo, la gente lavorava cola paciada senza scaldarse el pissin. A mi me pareve de viver anca qua in un romanzo de Somerset Maugham. De sera mi me metevo el smoking cola giacheta bianca e andavo al "Raffles" de Singapore, o al "Peninsula" de Kowloon - Hong Kong, che xe un albergo indove che ogi ti vedi in television che va solo la Regina Elisabeta de Inghiltera o el Presidente dei Statiuniti.

     

     

    Prima de far el Comisario go lavorado anca un periodo su una Supertank (petroliera), uno dei mii tanti mestieri, e andavimo apunto a cior Crudoil (Petrolio grezo) in tuti sti pici porti petroliferi del Venezuela, Maracaibo, Las Piedras, Punta Carbon, Caripito, ezetera. diversi de sti porti era solo i tubi del petrolio e un poche de barache de legno. Ogi anca lá xe tuto gratazieli e zitá super moderne.

    Me vien in amente, in uno de sti porti, non me sovien in qual, era un local in una casa de legno sul canton, preciso spudado come in tele pelicole del Farwest e de cauboi, con una de quele porte cole sfese, che ti sburtavi, indove che nei film i butava fora i imbriaghi o quei che i ghe gaveva sbarado - e in sto local el paron che te serviva al banco era un vecio francese, che credo dela Legione Straniera, col spagnoleto sempre in boca, tipo propio Jean Gabin. El mato el gaveva un gramofono de quei a manovela coi veci dischi francesi, un poco comsumadi de la Edith Piaf, come "La Vie en Rose" e "No, je ne regrèt pas"

     

      Jean  Gabin
       


    Credeme ..."Mi go visto el mondo come che el era ...".  Ogni tanto verzo sto mio album privato. Privato perché lo go solo mi, in testa. E xe bel guardar ste robe, che non le esiste e non le esisterá mai più.

    19 febbraio 2002

     

    Ma  cossa  xe  adesso  sta  MittelEuropa

     

    Quante volte i me domanda, specialmente i giovani: "Ma cossa xe sta MittelEuropa" ?

    Mi capisso che i domandava sta roba quando mi vivevo per tanti anni a Francoforte in Germania, perché, se non savé, intela ultima guera - che purtropo, da quel che vedemo ogi, no la sará la ultima - i ga butado a remengo, cole bombe dei americani (e dei inglesi) tuto, ma propio tuto in Germania, e i ga dovudo far tuto novo: la Francoforte de ogi la xe tuta grataciei, zimento, case de vetro (architeture dei anni Otanta) e, anche se guardando la geografia, la saria in tel "el meso" (Mittel) de l' Europa, lá te par de viver più in America che non in tela nostra cara, vecia Europa.

     

    Francoforte sul Meno (scorcio)

     

    Tre o quatro ani fa ero andado, dopo tanti anni,  de novo a Praga, ogi Republica dei Cechi (che la sarìa praticamente la Bohemia). Caminando per el zentro de Praga, per le stradete e calisete dela Zitavecia  (Stari Mesto) e dela Piccola Parte (Mala Strana) propio soto el Hrac' in, credeme, a mi me pareva de essar tornado mulo a Fiume. E questo non perchè la aria lá, la xe mejo, o perché mi me sentivo mejo, o in bona salute, ma perché lá, la guera non la ga rovinado gnente.

    A praga non xe mai cascada gnanca una bomba - non come Budapest, che i tirava coi canoni da Buda a Pest, o viceversa - e de novo i ga fato poco o gnente, e alora tute ste case e ste boteghe xe tuto o squasi come che era una volta da noi a Fiume.

    Devé anche pensar che a Praga e a Fiume erimo tuti insieme soto la Defonta, in una Nazion, tuti drento intel famoso "Confin dele Palacinche".

    Se ve ricordé, mi ve contavo che a mi me piaseva assai Viena. Bon, Praga la xe ancora più "vera" e più "autentica" de Viena . Sicome che fino adeso no' i gaveva bori per agiustar o rinovar le case - veramente i ga repezado i monumenti e le ciese antiche - alora xe tuto o squasi come zinquanta anni fa.

     

    Scorcio di Praga sul Danubio

     

     

    Panorama di Praga

     

     

    I me ga invitado a zena in un albergo de quei de una volta (Grand Hotel) con camarieri in frac (un poco mastruzado), sul muro tapezerie de brocato rosso (un poco sbiadido), cuciari, pironi e cortei de argento (un poco osidado) e lampadari de cristalo de Bohemia (un poco opachi).

    A mi me pareva de far de comparsa in una de quele pelicole cola Greta Garbo in quei saloni de Marienbad, Baden Baden o Pietroburgo, indove che i beveva sempre sampagna in quei biceri streti e alti, e indove che i mati dela orchestrina i sonava sempre el valtzer dela Vedova Alegra o del del Conte de Lissemburgo.

    Noi invece gavemo bevudo bira original de Pilsen ("Pilzen" in ceco).

    Dopo magnado gavemo asagiado la famosa Bacherovka, che xe un liquor, o meio una trapa gialeta de erbe aromatiche, fata a Carlsbad, che adeso se ciama Karlovy Vary, ma sula fiasca i ga scrito "Produced and Bottled in Carlsbad" cussì che tuti al Estero i sapi de indove che el vien.

    Mentre che slucavimo sta Bacherovka, el mio amico Alois, che el xe più vecio de mi e che el parla ben in italian, el me contava che quando che lui el era picio, la sua mama, essa la ghe contava che quando che la era giovane i andava de estate de Praga in vilegiatura per far i bagni in Abazia o a Zirquenizza e la ghe contava che bei café che era i grandi Café in piaza a Fiume, con la orchestra che la sonava cussì ben.

     

    Vecchio caffé di Fiume, inizio secolo.

     

     

    Mi, vecio fiuman - a sentir ste robe - me comovo sempre un poco.

    Praha - cussì la se ciama la "Cittá de oro" in original, la xe per noi fiumani un toco de MittelEuropa, con le sue cento ciese, i sui palazzi stile "Jughendstil" e le boteghe come che le era da noi a Fiume.

    Ve ricordé el grando negozio de mobilia de Herskowitz in corso, fra piazza Dante e piazza principe Umberto, squasi de fronte de la Tore Civica ? Per tera era palcheti e era una granda e larga scala tonda cola ringhiera de fero smaltado per andar suso in primo pian ?

    Bon, a Praga, inte la "Na Prikope", che la xe la strada più granda in zentro, son pasado davanti de un negozio che me pareva propio de veder Herskowitz a Fiume. Coi palcheti per tera e la scala larga e granda cola ringhiera de fero smaltado per andar suso in primo pian.

    Ogi invece intele grandi zitá in Germania e in Italia, intei Grandi Magazini xe solo scale modili e, se volemo, anca mi son un Scala assai mobile.

    La unica roba che a Francoforte me ricordava Fiume era i gelatieri, che i vegniva quasi tuti dal Cadore (Cortina) e i se ciamava Pancera e Fontanella. Mi credo che non esisti un fiuman che no' l se ricordi dei "nostri" Fontanella:  in Braida in fondo dela via Parini, tacado dela Fabrica Tabachi (col giogo de boce), in Piaza Regina Elena e in Fiumara, visavì del ponte de Susak, sul canton cola Via Roma.

    El nome Fontanela el era per noi sinonimo de estate, caldo, sol, mularia senza pensieri solo con la preoccupazion de trovar diezi o venti zentesimi per un scartozeto (o una conchiglia, ve ricordé) da gelato de limon o de ciocolata. A mi me piazeva sempre el gelato de toron, coi tochetini de mandorle.

     

     

    Adeso vado a comprarme due bale de gelato de toron, qua sul canton, e ve saludo fino a la prossima volta.

     

     

    El  prof.  Antonio  Smoquina

     

    Lezevo sul numero quatro de "El Fiuman" quel che Antonio Smoquina el scrivi del suo Papá. Da tanti ani sui giornai e giornaleti dei fiumani de la Diaspora, sparpajadi per tuto el mondo, se scrive sempre del prof. Smoquina, un punto fermo, una colonna portante dela educazion dela mia, e non solo dela mia generazion a Fiume.



    Prof. Antonio Smoquina. Il caro Tonzo.

     

    Mi credo però che xe sempre tropo poco quel che se scrive de lui.

    Per mi ogi, a setantatre ani - xe due i docenti che i ga lassado una impronta profonda in tela mia educazion cultural scolastica, e tuti e due i xe sempre presenti nei mii ricordi, ancora ogi, andando verso la parola Fine dela mia provisoria esistenza su sta Tera.

    Prima dela fine, come in tuti i libri, vien - comediocomanda - el Indice. Nel mio indice xe due quei che i me ga imparado tante dele robe che so.

    Una era la Anita Cattalinich. El suo fradel, el caro Carlo Cattalini - lui el se gaveva scanzelado la "ich" - el Diretor de la Voce de Fiume, mussoliniano e fascista fino al ultimo, e per questo el gaveva fato ruik cola sorela, che la era socialista. Essa, in quatro ani de inferiori al tecnico de Piazza Cambieri, essa la me gaveva imparado la Leteratura italiana mejo che in qualunque Liceo Classico.

    Ma, dela Cattalinich scriverò una altra volta. Ogi volerio ricordar una volta de più el mio Professor de Geografia e Scienze Naturali al Tecnico de Fiume. Antonio Smoquina.

    Noi tuti ghe volevimo ben, e de solito non xe che tuti i insegnanti i gode de sta simpatia de parte dei scolari. Per noi tuti lui era el "Tonzo", e se lo citava solo con sto nomignolo afetuoso.

    Come el suo fio el scrivi, el fumava la pipa. In tempo de guera, disemo 1941 - 1942. no era tabaco, e alora el Tonzo el meteva nela pipa - non me crederé - Camomila.

    Però la Camomila, quando che se fa el tè, o tisana come che se disi, la ga un odor gradevole. Prové una volta a brusar sti fiori in tela pipa: vien fora un odor misto fra le pomìe e le pile funerarie indove che i brusa i morti a Calcutta.

    In "ricreazion" che era la pausa fra le ore de lezion, che noi tuti erimo nel coridoio, che el era piuttosto scuro - el professor Smoquina el zavatava co sta pipa a combustion de camomila, che la era come ogi le ciminiere dela Industria Chimica Monte Edison a Venezia - Marghera.

    Quando che studiavimo la Ungaria - e par che lui parlava anca ungarese - una nazion ala quale lui era molto afezionado, tratavimo, come sempre, de tuti i aspeti del Paese, Tuti noi savevimo però che se ti volevi gaver un bon voto per le materie de Geografia / Scienze Naturali con el professor Smoquina, ti dovevi dirghe che in Ungaria era i più bei grandi porchi (maiali) de alevamento del mondo.Alora lui el te diseva "bravo".

    Purtropo soto el Fassismo,  in tei ani trenta, non xe che a Fiume se stessi mal, zucaro e café era franco de dazio e noi muli devevimo far i campeggi con la Opera Balilla (che dopo era la G.I.L.). Coi s'ciopeti de legno e la trombettina che la sonava el Silenzio, che bel ! E che la te svejava la matina - e l' oio de rizino se ti eri "lavativo" - ma insomma, se viveva abastanza ben.

    Sti fassisti però, i gaveva anca lori le sue manìe. Non basta che quando che xe arivadi i taliani a Fiume, nel 1924 - e era venudo perfin el Re, Vittorio Emanuele, che i lo ciamava "sciaboleta" perché el era picio - i gaveva serado tute le scole tedesche (austriache) ungaresi e croate, e severamente proibido le parole estere: El giogo del Bridge, el era "Ponte" e al Garage bisognava dirghe "Auto-rimessa".

    E - come che mi go scrito tante, ma tante volte - questo xe stado, per noi fiumani, "el prinzipio dela fine".

    Dopo il "llaissez faire", "laissez passer" de la Defonta, xe vegnuda la ditatura dei fassisti, l' insofferenza per tuto quel che iera "straniero", e le vendette dei s' ciavi.

    A noi muli i ne gaveva proibido de parlar tra de noi nel nostro dialeto fiuman.

     

       



    Devevimo, ripeto, fra de noi muli, parlar solo in lingua, e noi mularia se fazevimo mate ridade e se disevimo: "Hai magnato oggi il persuto per marenda ?" Alora, pensé dove ariva la perversitá dei omini. A sto povero prof. Smoquina i ghe gaveva dado el incarico ufizial - sicome che lui era el Professor Anzian - durante la ricreazion - pausa intei coridoi del Tecnico, de star atento che apunto fra de noi muli non parlassimo in fiuman, ma solo in Lingua.

     

     

    Devo dir la veritá, che el nostro buon Tonzo no' l ga mai ciapado sul serio sto suo incarico e el continuava a navigar per el coridoio inondando l' aria col pestifero fumo dela sua pipa/ciminiera che andava a camomilla.

    Me piaseria assai se ste due monade che go scrito e che le xe "vita vissuda" le poderia esser un Postumo Omagio a quel grande Educatore e amato insegnante, tuttora presente nella memoria di tutti noi suoi ex alunni. Caro Tonzo, noi te volemo sempre ben.

     

     

    Ricordando  Marino  Callochira

     

     

    Giovani militi R.S.I.

     

    Mio caro Marino, lego ogi che ti se ga stufado de sofrir e che ti xe andado in pension, vito e alogio, dal Lucovich. Chissá che bele partide de briscola e de scopon scientifico che ve faré suso col Ighel, el Otavio, el Nevio Galli, el Narciso Mandich, el mulo Pinetta, e altri che i ne ga molado in bando per viver tranquilli fra i anzoleti, senza più cruziarse ogni giorno come noi coi reumi, artrite e fature dela corente eletrica e del gas. Ti e mi erimo muli insieme a Fiume. Stessa etá, tuti due un poco mati, carighi de voja de far le robe con mahaz, e con una tremenda voia de viver.

    Quando che ti eri el diretor dela dita de tabaco a Roma, ti andavi per lavor ala tua zentral de Amburgo. Ti se fermavi a dormir a casa mia a Offenbach (Francoforte) e la Karin la ne cusinava pasta e fasoi e palacinche. E, se me ricordo, dopo, zena, gavevimo quela bela abitudine che un bicerin de uischi no'l ne mancava mai.

    Ma mi volerio tornar un poco indrìo e contar una storia de sessanta anni fa o squasi, indove che in sta storia ghe erimo drento ti e mi.

    Mi sta storia la go giá contada e scrita, ma forsi ogi saria una ocasion per verzer ancora una volta el nostro album dela memoria fiumana, che pol magari esser che qualchedun dei muli non la gabi ancora leta.

    Era el millenovezento e quaranta quatro e mi e ti fazevimo la guardia de note in montura de militar quando che gavevimo quindici e sedici anni. Ti ti eri in montura dela "Presidiaria", cole mostrine rosse, se non sbalio, e ti gavevi un s' ciopo model 91 e ti fazevi apunto la guardia davanti del "Soldatenheim" in piazza Dante, sul canton cola Riva, che era el ex Café Centrale, e sicome sto local era el logo de ritrovo dei tedeschi, alora i partigiani i ghe gaveva giá butado drento una bomba. E ti ti stavi atento che non suzedi disgrazie. Mi ero anca mi de guardia, proprio visavì de ti, sul "varco" del fil spinado tra el Molo San Marco e el casoto dela Dogana, in divisa dela Milizia Portuaria (Adriatiches Künstenland, coi soto ufiziai italiani e i ufiziai tedeschi) e devevo guardar che non sbarchi i aleati, Mericani, Inglesi, ezetera. E sicome che noi dela "Portuaria" erimo un poco più signoreti, i me gaveva dado un mitra Beretta calibro nove longo.

    Quela note de luna nova sentivimo de lontan un put-put-put de un diesel marino de un bragozo vegnir dale parti de Cherso.

     

    Put - put - put

     

    La storia la era che sti tedeschi i diseva che in tele isole del Quarnero i era tuti masgaibari, banditi, partigiani e nemici del popolo tedesco. Per questo i ghe gaveva tajado i viveri con un "blocco navale". Come le sanzioni del 1935 dei Inglesi a Mussolini, e sti poveri bodoli, o pagaie, i gaveva sì ojo de oliva, e vin, e un pochi de fruti, ma de farina, zucaro e fasoi i era senza.

    Alora, in ste noti senza luna lori i ris'ciava a navigar quati quati su Fiume per aguantar qualche saco de fasoi e de zucaro. El bel era che lori i saveva che noi erimo dala sua parte e alora mi li lassavo passar fra sto fil spinado, e dopo i tornava carighi de sti sachi de farina, polenta ezetera.

    La roba non era senza pericolo gnanca per noi. Se i gnochi i ne ciapava a aiutar el nemico, i ne fazeva fora senza dir ne' ai ne' bai. Per ringraziamento sti chersini de Unie, Ossero, Lussin, Neresine, i ne portava ogni volta una fiasca de rakia fata in casa, e un bel scartozo de fighi suti, anca quei domaci.

    Ve podè imaginar quando che el Marino e mi, de note sentivimo sto put-put dele barche, erimo tuti contenti in quei tempi de carestia, e giá ne veniva la spudacia in boca per magnar sti boni fighi suti e slucar sta rakìa fata in casa.

    Col Marino semo stadi anche nel Colegio Niccolò Tommaseo de Brindisi dopo de la guera: Fame e gloria.

     

     

    I ragionieri del Tommaseo.

    Da sinistra: Camillo Tardivelli, Tullio Schwarz, Giorgio Piccoli, Renato Suttora, Marino Callochira, Stelvio Tommasi, Giulio Scala, Ferruccio Kiffnitz.

     

    Ma mi ogi volevo contarve sta storiela che la me xe tanto cara e la me porta un ricordo afetuoso del mio caro amico Marino.

     

     

    Ricordi  canadesi  e  quarnerini

     

    Nave "Irpinia" della Soc. Grimaldi

     

     

    L' ultima volta mi ghe contavo al Konrad (Konrad Eisenbichler, Premio Imternazionale Flaiano 2013, Sez. Italianistica) de quando che con la nave "Irpinia" nel inverno 1959 sbarcavimo profughi a Halifax. De estate andavimo -  sempre con profughi de tuta Europa a bordo - a Montreal.

    Sta nave Irpinia la era una bela barca, però un poco veciota.

    La era la ex Campaná dela C.N.M. (Compagnie de Navigation Maritime) francese. I la gaveva apunto venduda perché la era abastanza vecia. Dopo, come che go giá scrito, i Grimaldi i la gaveva rinovado sta nave, i ghe gaveva meso una bela ciminiera nova, de color blu, e la fazeva anca crociere

    Ma quela volta, nel 1959, la era ancora el piroscafo original con due camini alti e due alberi, come che i la gaveva costruido nel Cantieri Swan, Hunters Tyneside, in Inglitera.

    Un viagio, semo partidi da Montreal, che era giá verso la fin de l' estate e sul fiume St. Lawrence inscominziava giá a formarse lastre de jazo. Me ricordo che i gaveva giá cavado tute le boe, anca le più luminose de note, che le segnalava la rota navigabile indove che non era seche e banchi de sabia su sto fiume, che in quei ani, de inverno apunto, el jazava tuto, e ste boe, se non i le cavava, le sarìa stade mastruzade dal jazo.

     

    Giulio Scala sul fiume San Lorenzo, ghiacciato.

     

     

    Sti lastroni de jazo era giá bastanza grandi e el piloto - sul fiume San Lorenzo bisognava sempre navigar con el piloto a bordo - el era piutosto preocupado perché el diseva che molti de sti lastroni de jazo i gaveva i bordi afiladi e tajenti come cortei, e sicome sta nave, anca de prua e de "prova", come che disevimo noi maritimi, la era abastanza rusine, era pericoloso, che magari senza saver ne' lezer ne' scriver - come che la diseva la mia Mama bonanima - incuzavimo una de ste lastre, che le galegiava soto el pel de l' aqua, che la gaveria tajado la paratia de prova, verzendola come una scatoleta de sardele.

    Se ve ricordé come nel 1956 la prova del rompighacio dela "Stockolm", vizin dei scoi de Nantuchet davanti de Nova York, la gaveva aperto la fiancada dela nostra "Andrea Doria".

    Alora el nostromo de la "Irpinia" - el nostromo el xe la persona più importante a bordo dopo el Comandante, che el se ciamava Petranich e che el era de Lussingrande - el ga mandado un due marineri soto prova, con una saja de sachi de zimento e i te ga zementado de drento la prova del piroscafo, che la xe diventada stagna come la prova del rompighiaccio sovietico "Vladimir Ijlich Lenin" che el navigava intorno al polo Nord e che la podeva soportar qualsiasi scontro con un Iceberg. Altroché Titanic.  Che bravi marineri che xe sti Lussignani !

     

    Visione  di Lussino

     

     

    Parlando de Lussin, dei nostri piroscafi de quela volta, e dele nostre bele isole, quando che mi ero picio andavimo qualche anno, come che se usava quela volta intele familje "perbene" de Fiume, in Vilegiatura a Cherso. Mi me ricordo che el mar era limpido e ciaro e che se andava in aqua zò dela riva, con due o tre scalini.

    Famosi jera a Cherso i buzolai, fati col miel e i fighi neri de fora e rossi, sugosi de drento.

     

    Fichi neri farciti al miele, con formaggio. Ricetta lussignana.

     

     

    Quel che non mancava a Cherso era i mussati (per i non addetti ai lavori e per la mularia = zanzare). Per non morir dissanguadi, de note in camara impizavimo i "zampironi" a forma di piramide, che i fazeva una fumera che, se uno non moriva dissanguado el crepava sofigado.

    Comunque, erimo anca contenti quando che, finide le vacanze, tornavimo col vapor dela Societá Fiumana de Navigazione a Fiume, indove che non gavevimo buzolai, ma gnanca mussatti.

    1° giugno 2002.

     

     

    Guardar  le  stelle  in  mololungo

     

     

    Propio ieri mi pensavo fra mi e mi che qua in ste zitá indove che vivemo ogi, se ti vol guardar le stelle, o bisogna andar in planetario (se ghe xe uno), o ti devi guardar sui atlanti astronomichi. Questo, non solo perché el cielo el xe spesso nuvolado, ma sopratuto perché cola iluminazion de ogi in zitá, le stele non ti le vedi.

    Lampade al jodio -  non quel che mete i dotori quando che ti se tai un dito - lampade anti nebia, quele gialete arancion come che xe in tuta Londra, indove che soto de esse tuti, omini e donne, i ga una cera che i par tuti tubercolosi o moribondi, e intele strade frerai impizadi de ogni tipo e model.

    Se va ben, fra una nuvola e la altra, ti pol veder la luna co la xe piena, ma le stelle, col riflesso de tute ste luminarie, gnanca de sognarse de vederle.

     

     

    De estate noi andemo in una caseta che gavemo a Bibione Pineda sul mar, ma anche lá de sera in spiagia xe tuto ciaro che te abaglia, perché i ga messo i riflettori anca in spiagia, forsi perché la mularia non la fazi atti impuri, o forsi perché no i ghe freghi le careghe sdraio o i ombreloni per el sol.

    E alora gnanca de estate in spiagia, non se pol guardar le stelle, gnanca per San Lorenzo.

    Se devo dir la veritá, mi non me ricordo quando che go visto l' ultima volta le stelle e spero solo che prima de andar dal Lucovich le vederò ancora una volta.

    Come che el scriveva el Dantelighieri in tel suo Inferno: "E quindi muscimmo a riveder le stelle".

    Se vede che quela volta no i gaveva ne' rifletori, ne' lampadine col jodio. Se devo però esser sinzero - se ghe penso ben, un per de ani fa -  ... sì adesso me ricordo ... ero una volta ala fin de dicembre in montagna, suso sopra Bolzano - el paese el se ciama propio SopraBolzano "OberBozen" - e erimo andadi de sera tardi a far una caminada sula neve, che la fazeva cric - crac soto i pié. Sará stadi, mi digo, un diciaoto soto zero, con sta bela aria assai freda, fina e suta. E alora gavevo alzado i oci e go visto tuto sto firmamento che el brilava con zentomila stelle come una cupola de cristal, un spetacolo de farte restar senza fiá.

     

     

    E come sempre torna maledete ste memorie, ricordi e rimembranze - mejo sempre de suso, che non de soto in Parco dela Rimembranza - memorie dela nostra Tera, de quando che la luce per strada non la era abaliante e a Fiume, specialmente de estate, de sera, tute le stelle le era lá, ma propio tute, che se podeva contarle una per una, a ocio nudo.

    Un nostro conossente, che el era Capitano Maritimo, el me imparava tuti sti nomi, le Pleiadi, Orione, Cassiopea, el Grande e el Picolo Caro, ezetera, ezetera, ezetera.

    Ogi, in ste cittá, i ne ga portado via anche le stelle. In una mia ciacolada ve gavevo contado dei ferai sui pali de legno dele longhe strade deserte de periferia, quando che compagnavimo a casa la mula.

    Go scrito anca una volta dei grandi "ferai" ad arco voltaico in porto a Fiume, che i fazeva un bel ciaro e che ogni tanto i li calumava zò per cambiarghe i carboni.

    O andar de estate a pasegiar in mololungo: ghe era sempre un poco de arieta o bavisela del mar, che la rinfrescava.

     

    Il Mololungo e il Quarnero increspato dal borino In fondo il Monte Maggiore e la riviera fiumana da Abbazia a Valsantamarina.

     

     

    E tante stelle. Mi me ricordo de quando che mi ero pisdrul, e che andavo qualche volta fora de sera con la mia Mama, una roba che me fazeva assai impression era passar - el mololungo no' l era assai iluminado - sula parte de soto, e davanti e vizin dele grandi boe, che le era lá, e che i le agiustava e piturava.

    Non so perché, ma me xe restada in amente, sempre e ancora ogi, sta sensazion de paura che me fazeva, a mi picio ste enormi boe intel quasi scuro del Mololungo.

    Quando che ero diventado più grandeto, andavo de sera in Mololungo, ma con altri scopi, più o meno nobili e reconditi. De sera, in Corso, se tacava boton (se "impatava") con una muleta de bel e gentile aspeto e - alora - ghe se proponeva cola massima innocenza, fazendo finta de gnente, de andar a guardar le stelle, apunto in mololungo.

    Mi me ricordo che ero andado con una giovine fanciula, in una tiepida sera de agosto, in un de quei magazini in tela passegiata "bassa" del Mololungo, in dove che drento era ste grandi boe - che nel fratempo no me le fazeva più paura - nel maldestro tentativo (devi esser stado uno dei mii primissimi tentativi in sto campo) de darghe un baseto ala mula. Me son smerdado tute le braghe de drio sul cul, su una de ste boe, che la era cariga de smir e de catrame.

    Non ve digo e non ve conto le scene e le papine che me ga tocado co son tornado a casa con ste braghe rovinade.

    Adio muli, vojo dir arivederci ala prossima volta, e - me  racomando - ste ben atenti al smir co ve pogè in scuro sula boa.

     

     

    Continuano  le Ciacolade dal Nord - Est

     

     

    12^  PUNTATA

     

     

    Bona  Pasqua

     

    E che el tempo che ne resta a noi de la ultima generazion de la Diaspora, che gavemo ancora pienamente vissudo la nostra Fiume de muli e de giovinoti, el ne sia gentile coi reumi e con le artriti.

    Ai giovani: non steve dismentigar dele vostre origini.

    Semo bastardi, missiadi coi austriachi, ungaresi, taliani, croati e altre tribù dei dintorni, ma la nostra favela la xe italiana e magari, quando che saré veci, andé coi vostri fioi a darghe una ociada a quel cantonic' del Quarnero, lá in fondo a Lovrana, Abazia, Volosca, Preluca, fino a Mlaca, Sabiza - adeso a Fiume i vol far dele rive tuta una pasegiata pedonale con café e tavolini - e fino ala Fonte Purissima dela nostra aqua in Scojeto. Non per gnente la nostra Aquila la ga soto le zate quel bucal che xe scrito suso "Indeficienter": aqua che sempre la vien fora limpida e fresca. La gente la va e la vien: Uscochi, ungaresi, austriachi, taliani, jugoslavi, i xe vegnudi e andadi (a potloch).

    Ma, el Golfo del Quarnero, i nostri profumadi boscheti de lavrano - per i greghi antichi sacro agli dèi - le zariese bianche, giganti de Lovrana e le violete e i ciclamini in primavera a Santa Caterina, i sará sempre lá a spetarve. I ne pol portar via el pasaporto, la casa e tante altre robe, ma la Nostra Tera la resta lá - e me racomando ancora una volta - conteghe ai vostri fioi e generazioni future de indove che vegnimo e che xe un posto unico al mondo.

    Giá che ghe son, bona Pasqua anca ai Dalmati, e ai cari Istriani.

     

     

    Sabato, ventisei april mi son a Pola indove che la ditta che mi go lavorado sti ultimi venti ani, la Grimaldi de Napoli, i fa sbrissar in mar una altra barca, Sessanta mila tonelate, fata in Cantier Scoglio Ulivi, che el xe in meso ala zitá, indove che soto la Defonta giá i fazeva bele barche de guera e indove che el nonno dela mia Mama, Antonio Vernier, lui gaveva nel 1910, in via dela Arena, una assai conossuda "Locanda con Stallaggio" (garass per i cavai) che i Ofizire e Unterofizire dela Imperial Regia Marina Austro Ungarese i se scolava a biondo dio i "spriz" de bianco e de nero e tante birete coi capuzi garbi e le loganiche.

    Anca Pola, la xe sempre lá, con la sua Arena.

     

    Panorama di Pola, con Arena

     

    Per tera, per le piazze e calli, ancora le piere romane - come una volta a Fiume in Zitavecia - che se camina malamente ala mia etá e indove  che ogi per strada, in mercato, in pescaria, se sente ancora (e sempre de più) parlar sto bel dialeto che i veneziani i ne lo gaveva portado e che nissun el riessi a scanzelarlo.

    Bona Pesqua mularia, un abrazo.

     

    La  Universitá  de  Drenova

     

    Cari Concitadini, finalmente bone notizie da Fiume. Allleluiah  !!

    Legio sula Voce del Popolo che xe in programa la Universitá de Drenova. A mi, vecio fiuman, sentir ste robe me fa assai piazer. Tuto el mondo el xe in evoluzion, anche el numero dei omini che no' i ga gnente de magnar e gnanca aqua de bever, el diventa sempre più grande. E perché no la nostra Fiume ?

    Come che mi giá ve scrivevo quando che mi ero a Fiume per San Vito el anno scorso, go visto per strada e sentada in caffé tanta mularia giovine, bele mule, e mi - più o meno automaticamente, in tel subconscio - pensavo:  che pecá non gaver zinquanta anni de meno.

    Alora, adesso spetemo solo che i finissi de fabricar el Centro Internazionale dela Ricerca Eletronica -  Spaziale de Castua e le Rampe de Lancio per i Sateliti dele Tele-Comunicazioni e Preluca - magari lá

    vizin de indove che una volta i brusava le scovaze - con Base Prinzipale per el ateragio dei Space Shuttle intel International Inter - Mega Galactic Airport de Grobnico.

     

    Progetto di Cittá Universitaria e Base Spaziale a Drenova.

     

    Non steme mandar in malora se - ancora una volta - canto qua de novo quela vecia canzoneta fiumana, vecia ma sempre de atualitá:

    "Co' sti tempi del progresso

    Zitavecia la torna a fiorir

    Ma però xe peca'

    Xe pecá che me toca morir

    E non ste ingrossarse tropo de pinza e Sisser.  Un abrazo.

    21 febraio 2004.

     

    La  Tore  de  Babele

     

    La Torre di Babele vista da Luciano Wiederhofer

     

     

    Ogni omo o donna che nasse su sta tera el gá una lingua o favela che se ciama lingua madre o madrelingua, perché la xe la lingua, el idioma che la sua mama essa la ghe parlava quando che el era picio.

    Mi go la madrelingua italiana perché la mia Mama la xe ga sempre parlado in italian, ossia in fiuman, da quando che go aperto i oci e respirado la prima bocada de aria de Fiume, aria che nel milenovezento e venti oto la era, mi credo, più neta e meno inquinada de ogi.

    Da noi a Fiume, emporio e punto de incontro tra el Oriente e el Ocidente, se parlava diverse lingue. La mia Mama bonanima, presempio, essa la saveva parlar franco per tedesco (austriaco) croato (dialeto de Fiume - Susak) e qualcossa de ungarese. E era, se volemo, una bela roba de tuta sta gente che  parlava tute ste lingue. La mentalitá era più vasta e se se capiva con tuti: coi ciosoti, che i veniva coi bragozzi a vender angurie, coi gendarmi ungaresi, cole mlecarizze che ogni matina le ne portava late fresco, skoropic' e puina.

    I dotori, presempio - che molti de lori i gaveva studiado a Viena - in Sala Operazion (Ospedale Civile SS. Spirito)  tra de lori i se parlava volentieri spesso in tedesco.

    Era - ripeto - assai bel che noi gavevimo sto carattere cosmopolita.

     

    Torre di Babele  - Maestro sconosciuto  del '500.

     

    Mi, dopo el esodo go girado un poco, come tuti noi: prima campo profughi, e dopo, per un pochi de ani, in giro per el mondo, per paesi e lingue diverse. E credo sinceramente che tuto sto gheto tra i omini e i popoli, sti dispeti, guerrigliamenti che i se fa, xe tuto colpa dela Tore de Babele.

    Mi me ricordo che durante le "Sanzioni" nei anni trenta, noi muli erimo andadi in clapa, organizadi dal partito fassista, a far remitur e "dimostrazion" - se diseva giá quela volta - soto del Consolato inglese a Fiume, in Riva. che el era el palazo indove che era el Cinema "Sala Roma". Erimo andadi a protestar contro la "Home Fleet" (la foltta britannica) che la ne blocava i comestibili e el carbon.

    Per farghe smaco, apunto, a la "Home Fleet" gavevimo manighi de scova con suso impicadi baratoli del Flit cola pompeta col manigo de legno; tanto per capirse, quei dela "Guera ale mosche" dichiarada da Benito Mussolini che, se vericordé, in ultimo la gaveva vinta le mosche.

     

    Propaganda per la guerra alle mosche

     

    Bon, quela volta mi ero fermamente convinto che tuti sti inglesi, come che i ne contava a scola, i era tuti una maniga de manigoldi, ladri, zobani e derelitti. Tanti anni dopo - tanti - mi go anca vissudo con una famiglia inglese patoca a Clipperfield nel Hartfordschire in campagna, vizin de Londra.

    Parlando la lingua e capindome ben con sta gente go visto che anche sti britanichi era gente come noi, assai ala bona, un poco strazoni sì - cola giacheta de tweed coi tacamachi de corame sui comi, che adesso xe assai moderno e chic - se capivimo, disevo, benissimo, e mi me son trovado assai ben e gavemo fato quela volta in betola (pub, come che dise lori) tante bele cantade e bevude insieme.

     

    Storico pub di Londra

     

    A tuti i omini ghe piase ciacolar. Che i parli talian, inglese, croato, tedesco, spagnolo o swahili. E davanti a un otavo de vin o a una bira, mi go fato in tuto el mondo tantissime e simpatiche ciacolade per inglese, francese e tedesco.

    Credeme a mi muli, xe tuto colpa dela Tore de Babele.

    I nostri fioi e nipoti, co' i va a scola coi muli australiani a Melbourne, coi canadesi a Toronto, coi pellerossa a Chicago e coi greghi, spagnoli e turchi a Francoforte, no' i ga nissun, ma nissun problema. I se gioga in ititilaga o in zop zop, ogni tanto i se mola una papina o i se dá, cole mulete, un baseto in scuro.

    Domani, quando noi sburtaremo radicio de soto, lori i sará citadini de sti paesi e i dirá sempre: la mia mama, el mio papá e la mia nona, i me contava che noi semo de una citá che se ciamava Fiume, una citá che la era assai bela e elegante, con un grando golfo e un mar tuto blu, indove che era boscheti de lavrano e bone zariese e amoli.

     

     

    Aspetti del Quarnaro, il mare della costiera fra Pola e Fiume.

     

     

     Mi credo che la Tore de Babele la sia una invenzion de un qualche malignaso per seminar zizzania e incomprension fra i omini. Noi fiumani, noi non volemo la guera a nissun.

    In Italia, Canada, Australia, Neviork, a Zurigo, noi rispetemo tuti, ciacolemo con tuti e volemo che tuti ne rispeti: non semo zingani o gente senza una nazion, ma semo fioi de una Tera de lingua e cultura italiana, che la era el ultimo avanposto de la "Abendland" come che dise i tedeschi, cioè della cultura del Occidente rispetto al "Morgenland", che xe el Est de la Europa e tuto el Oriente medio e lontan.

    Scolteme a mi muli, ciacolé e  non steve far cativo sangue. Sti anni che ancora ne resta sul Pianeta Terra, ciacolemo liberamente e piacevolmente, e zerchemo de contarve tuto ai nostri fioi e nipoti, perché i sapi che la origine e la "matrice" de tuti noi la se ciama e la se ciamará sempre Fiume.

    23 agosto 2003.

     

     

    El  primo  telefono

     

     

    Ogi, anno del Signore 2002, la mularia i ga tuti impianti stereo de sbregarse le orece, audio e video che le xe tute robe de uso corente. Se guardemo indrìo, ala nostra infanzia, a Fiume, i tempi i era - come dir - assai più modesti.

    Mi de picio me giogavo coi rochei svodi de filo che la mia Mama la adoperava per cusir cola "Singer" e el unico giogattolo "de lusso" era i soldatini, che mi fazevo batallie de ore e ore pertera in cusina.

    Noi erimo asai meno smaliziadi dei mmuli de ogi. E forsi, almeno mi, un poco più indrìo cole carte.

     

    Volé che ve conto una ?
    Giulio coccolo, quando el gaveva un anno.  


    Quela volta per noi el telefono el era ancora la la meravilia del secolo ventesimo. No' l era automatico e se doveva ogni volta domandarghe el numero ala signorina del centralino. Noi gavevimo, me ricordo ancora, el 13.71.

    Alora un giorno i xe venudi a meter sto telefono, che el era una cassettina de legno tacada al muro, intel coridoio, e se parlava drento del microfono de bachelite nera sul davanti de sta cassettina, e per ascoltar se doveva cior el "orechiante" che el era impicado sula cassettina de una parte, con un cordon foderado de seta nera.

    Bon, el giorno che i ne ga messo el telefono, la mia Mama la me gaveva deto: "... Giulieto, bisogna che provemo se el funziona ben ... mi devo andar adeso dala Meri - che el suo marito Amato Fumi el gaveva magazin de piture in via Carducci, visavì de la Provincia - drioman che son lá, te telefono. Sta atento quando che sona la campanela - veramente sula cassettina ghe era due campanele - ti, ti ciapi el scagneto - mi ero pisdrul - e ti se meti el oreciante nela orecia ..."

    Questo essa la me gaveva deto. Dopo una mesa ora el telefono sona. Mi - sempre ubidiente - monto sul scagneto e me meto sto "rochel" sula orecia. E te sento la Mama che la dise: pronti... pronti ...pronti". tuto contento ascoltavo sta voce che la veniva fora de sto rochel, e sicome che dopo sentivo che la Mama la scominziava a zigar, alora go impicado pulito de novo el oreciante sul ganzo.

    Dopo un poco la te capita e la taca a zigarme come una mata, tuta rabiada, perché che mi non gavevo deto gnente drento del telefono, che essa la pensava che xe successo qualcossa, e che mi son sempre un tumbalo, un mulo malignaso e salvadigo ...e via cussì.

    E me ricordo che, ecezionalmente, non la me gaveva gnanca molado una papina.

    Mi me ricordo assai ben che mi ero picio, ma che me ero assai ofeso e che ghe go deto che mi dovevo montar sul scagneto e distacar quela roba per ascoltar nela orecia, ma nissun me gaveva deto che mi dovevo anca parlar drento in sto telefono.

     

    Pronti, qua xe el picio dela Signora Scala ...

     

    Tempo fa ghe contavo sta storia ala mia moglie e essa la me ga deto che la doverìo scriver. Per finir la storia del telefono, quando che son diventado un poco più grande go dopo savudo che i nostri conossenti e amici i se gaveva fato un fotìo de ridade sule mie risposte al telefono.

    Sicome che quando che incontravimo qualchedun, tuti diseva che questo (mi) xe el picio dela Signora Scala alora, regolarmente, quando che sonava el telefono, mi montavo sul scagneto e disevo: "Pronti, qua xe el picio dela Signora ascala ..."

    D' altra parte, se volemo, xe un bel ricordarse come che noi erimo ingenui e ancora crature a una etá che ogi i fioi i sa giá tuto, o squasi.

    Ogi i muleti i va soli dal barbier o dal dentista. Dal barbier, a Fiume, mi andavo sempre dal Virtich el "rosso" de cavei in Belveder, dal Giro del Belveder verso el Seminario, sula destra visavì dele Case Nove (Bonaroti 41 - 43) dopo del Mercato.

    La mia Mama, essa la me diseva sempre de tajarme i cavei curti - "a la Umberto - cussì ciamadi dala petinatura del "Principe Umberto" di Savoja - che cussì i cresseva bei sani. mi invece gaverio voludo gaver i cavei "alla Mascagni", che sarìa un poco lunghi, petinadi indrìo, petinatura a tajo che proveniva dal Grande Compositore Pietro Mascagni - quel dela Cavaleria Rusticana - che lui el portava quela volta i cavei cussì.

     

    Capelli alla Mascagni (lui)

    Capelli alla Umberto (lui)


    Con mia grande tristeza e infelicitá el Giulio Virtich el me tajava i cavei de parte, sora dele orece, cola machineta a zero, che mi parevo un nobile prussian ufifial de cavaleria. De eatate era usanza de andar in bagno "ziscalo" perché i diseva che rinforzava i cavei e el cuoio capeluto. Mi non so se era vero, ma ogi, ala mia etá, go solo un bic' de zirica, ma i cavei non me manca.

    Un altro dei sistemi patent dela mia Mama era quel che mi de picio gavevo le orece un poco -un poco tanto - "a sventola" tipo el Cardinal Gemp de Varsavia, tanto per capirse - essa la me tacava le orece col tacamaco, che sarìa in italian el cerotto, e a mi me tocava - povera cratura - andar in giro cussì, con sti tacamachi.  Anca qua, devo proprio dir, che el risultato xe che ogi non go più orece a vela.

    E per essar sincero, quando che guardo su la television el Cardinal Glemp penso, con rispeto parlando, che forse non saria mal se la mama sua, polaca, la ghe gaveria meso anca a lui i tacamachi sule orece.

     

    Cardinale Glemp

     

    Alora muli, me racomando i tacamachi.

     

     

    Scovazini  e  scovazoni

     

    Go proprio finido de leger un novo e bel libro de Gian Antonio Stella "L' Orda" (Sottortitolo: "Quando gli albanesi eravamo noi", indove che el conta come che i governativi, ma proprio la gente de quei paesi, i ne tratava a noi profughi quando che andavimo a zercar lavor, intei anni '50 in U.S.A., Australia, Germania, Svizzera.

    Erimo omini de seconda classe, non proprio "de razza bianca".

    Quando che mi vivevo in Germania i nostri emigranti i era assai stimadi e benvoludi perché i lavorava seriamente e, al contrario dei tedeschi, no' i se amalava mai. Certo che anca lá, come del resto in tuto el mondo, el foresto xe foresto. Ma el xe bon per far far lavori pesanti e tuti quei lavori che a la gente de lá ghe spuza far. Presempio netar le strade e portar via le scovaze. El tedesco no' l se sbassa a far sti lavori e piutosto che andar a lavorar de pala e picon (come che se diseva da noi) el sta in casa in caregheta a guardar el futbal in television e el riscote la indenitá de disocupazion che i ghe la manda per banca sul suo conto corente senza che lui, povero, el se scomodi de andar cior i bori al ufizio del lavoro. El germanico el xe tuto zervel, tecnica, eletronica, maschinen, ma per lavorar manualmente non xe che' l gabi assai voja.

    Ve ricordé quando che a Fiume, in Bonaroti - visto che semo in tanti bonarotesi sparpajadi per el mondo - a la una de dopopranzo se sentiva sonar la campanela (campana a man) del scovazin, e alora dovevimo meter fora del porton el secio dele scovaze perché dopo zinque minuti arivava el camion dela Nettezza Urbana a ciorle. ? Mi me ricordo che quela volta i carigava ste scovaze  su un camion "Fiat" cole rode de goma piena e cola trasmission a cadena.

     

    Vecchi  strumenti di vecchi spazzini

     

    Non so indove che quela volta, a Fiume, i portava le scovaze. Mi me ricordo solo che a Preluca, dopo dele tonare, era una "fabrica indove che apunto i brusava le scovaze, che le spuzava assai quando che mi pasavo cola bicicleta per andar in Abazia. Indove che per molti anni i butava scovaze - e durante e dopo dela guera le macerie dele case bombardade - era in Potok fra el giro de Valscurighe e el rion Montegrapa, fin che i ga imbunido tuto e ogi una strada ghe pasa de suso.

    Proprio ieri parlavo con mia molje perché qua - come in tuti i paesi "industrializadi" - xe el grave problema de cossa far cole scovaze, indove butarle senza inquinar l' ambiente.

    Da noi a Fiume sti problemi una volta no' i esisteva perchè brusavimo tuto o quasi in tel sparghert. "Vuoti" era assai pochi perché magnavimo poco o gnente roba de scatola, tuto roba fresca.

    Vin, azeto, marsala, vermut in Ostaria,  petrolio e valdivina dal Carboner e ojo in botega magnativa, andavimo a cior tuto cole boze de casa, che non se le butava mai via.

    El late lo portava ogni matina la mlecariza, e anca el skropic'. La conserva de armelini o de pomidori la compravimo, diezi o venti deca a la volta, in carta oleada.

    In tempo de guera adoperavimo anca la carta del giornal che inzombavimo in aqua, in tela mastela, e fazevimo le bale, che quando che le era sute le brusavimo intel sparghert inveze dei legni e del carbon fossile, che el era assai caro.

    E anche in tempo de pace el giornal "La Vedetta" o "La domenica del Corriere" li tajavimo pulito a quadretini e li impicavimo sul ciodo in gabineto. Almeno un el podeva far con rispeto parlando i sui bisogni come dio comanda, sentado, cola paciada e lezer qualcossa.

    Non come ogi, che gavemo i rodoli de carta igienica sanitaria - delicata - velina -extra fina - disinfetada -morbida - supertenera, ezetera.

     

    Emblema  del  Vil  denaro

     

    Me racomando muli, ocio che la carta la sia fina.

     

     

    Scaldarse  col  Pluzer

     

    De inverno da noi a Fiume era fredo e se bateva broche. Indove che abitavimo noi sul canton Bonaroti - Via Giotto, quando che in genaio sufiava la bora in camara de leto - che la era proprio sul canton dela casa, con una finestra e qua e una de lá, e che non la gaveva una stùa - la unica roba per sopraviver era el pluzer de aqua bojente ciolta de la caldaia del sparghert in cusina.

    Per questo mi volerio parlar del Pluzer (scandiglia o scaldino con l' aqua bollente) sta altra istituzion de la nostra infanzia e giovineza.

     

     

    Vecchi modelli di scaldaletto ad acqua in zinco e di coccio.

     

    Come alternativa ala pieracota (maton) scaldada intel forno e ala semplice boza de vetro con la aqua calda involtizata intel sugaman. De solito el pluzer el era de zingo, col tapo a vida e el anel de oton e el gaveva diverse forme, oval e tondo. La mia Mama, che la sofriva de reni, essa la gaveva un pluzer de lata a forma, disemo, cussì ricurva, che uno se lo meteva intorno de la schena e el sentiva sto bel calduz.

    Oltre che el pluzer, de la nostra "atrezatura de leto" invernal fazeva parte anche le zavate-de-leto che se cusiva in casa cola "Singer", con le sue bele cordele per serarle fate con tochi de veci gemper de lana (in inglese jumper) perchè, se no, andar in leto coi pìe nudi era come caminar discalzi sul jazo.

    De inverno se viveva tuto el giorno in cusina, dove che se cusinava, se lavava in scafo i crepi e le pignate con el saldame e el tripoli, che era quela polvere bianca che se comprava in drogheria per netar apunto pignate. Sta polvere la era fata de conchiglie fossili masinade e la vegniva dala zitá de Tripoli, non quela in Libia, ma Tripoli del Libano. Sul tavolo dela cusina se fazeva i compiti e in cusina i me fazeva anca el bagneto in una mastella de zingo, che dopo - sicome che sto bagno era una volta a la setimana, sula mastela restava un orlo nero de cragna.

    La parte però, disemo prinzipal de la cusina, era el sparghert e un bel "Vintofer". El nostro Vintofer, come la parola "sparghert" che la vien dal tedesco "Spar Herd" che vol dir "Cucina economica" - la parola Vintofer la vien anca dal tedesco "Vind Ofen" che voleria dir "Stufa a Vento" e era praticamente una nicchia sul muro maestro colegada diretamente con el camin dela casa, con un buso de soto per tirar fora la zenere, e una porta blindada pesante de fero con due ante, con una granda spranga trasversal lucida e due bei pomoli de oton per serar ermeticamente el tuto.

     

    Vecchia cucina economica a legna, (Vintofer)  con caminetto e vasca per acqua sempre calda.

     

    A casa nostra, come che mi credo in squasi tute le case a Fiume, sicome che la galina se magnava per Nadal - e se le condizioni economiche dela familja le era in rialzo - magari anca per Pasqua, o per Feragosto, un giorno sì e un giorno sì, magnavimo pesse.

    A parte el brodeto con la polenta giala masinada grossa, zevoli, scarpene, scampi, ezetera ezetera, anca i sardoni friti - in tempo de guera friti in ojo de colza de la ROMSA - con radicio, rucola o motoviliza e fasoi.

    Un dei alimenti base che ga contribuido al mio svilupo in tela adolescenza, era i scombri - che i costava un bianco e un nero - cosideti "sula gradela", mesi apunto su una gradela sule bronze de carbon dolze, e perché el carbon tirassi e non se impinissi de fumo la cusina, se serava apunto le porte del Vintofer.

    Quando che i era ben rosoladi e i oci i era diventadi bianchi, se li tirava fora e sul piato se li condiva con ojo de oliva dalmato, de quel bon, petersemolo fresco tazado e ajo tajado a tochetini.

    Adesso che ghe penso, credo propio che el profumo de quei scombri tiradi fora del vintofer, me perseguiterá fino ala fin dei mii giorni.

     

    La casa (a destra) di Giulio Scala in via Giotto, angolo via Buonarroti.

     

     

    Continuano  le Ciacolade dal Nord - Est

     

    13^  PUNTATA

     

    Tempi  de  una  volta 

     

    Mi son 10 anni in Italia e go vissudo 30 anni in Germania. Lá xe de inverno fredo, ma nissun che bati broche perché dapertuto xe assai scaldado e la zente la ga la panza piena de loganighe e de bira.

    Quando che i sentiva che mi son italian, alora ogni volta i me diseva ... "Orpo ! (in tedesco), chissá per lei come che sará difizile abituarsi qua da noi tedeschi con sti fredi, lei che la vien dal Bel Paese - e mi pensavo sempre al formajo - indove che gavete sempre sole e caldo... ".

    Vaghe ti a spiegar a sti mati che da noi a Fiume, lori gnanca no' i se insogna come che xe fredo de inverno. In Germania, anca con  15 sotozero, aria suta, se un el ga la maja de lana e le mudande longhe el fredo non lo patissi.

    Da noi, in  Bonaroti, la bora che la fis'ciava sule orece, anche se era uno o due gradi sovra zero, e anca col capoto imbotonado e la sciarpa fin sui oci, era roba da jazarse anche ... el naso.

    Quando due anni fa mi vivevo a Trieste, sentivo per radio Capodistria che i diseva che a Castelnovo de Istria - che adesso se dise Podgrad  - la strada fra Fiume e Trieste la era serada per jazo e neve. Altroché sole e caldo. Bisogna però dir la veritá, che in Germania i era ben assai atrezadi per el fredo.

    Co ti andavi drento nei Grandi Magasini o Super Mercati - quando che fori era zima (fredo) ti te dovevi subito molar el boton e slargarte el coleto dela camisa, se no ti se sofigavi cola caldana che era drento. Le comesse, tute in camiseta, con le manighe curte, come se fussi agosto inveze de febraio.

    Adesso anca noi qua in Italia in casa, in quartier gavemo el riscaldamento "autonomo" a gas metano, che el vien dala Russia col "Pipe Line (se disi Paip Lain) che basta che ti struchi el boton e in diese minuti xe un bel calduz.

    Se penso ala mia Mama bonanima, che per scaldar el café de matina ghe tocava impizar el fogo intel sparghert, e se no - ve ricordé ? ... - era la Primus a petrolio, che la era una meravillja, solo che spesso e volentieri ghe se stropava el buseto de indove sprizava el petrolio, e alora bisognava bazilar per distroparlo con un picio ordegno fato aposta, de lata, con in zima un tochetin de siza assai fina.

     

    "Primus" a petrolio / e a gas - con sizza.

     

     

    Che bela fiama che gaveva la Primus !

    Un nostro conossente, che el lavorava de tornidor in Silurificio, el ne gaveva fato un bel forneleto de rame e oton, tuto lustro, che inveze de andar a petrolio el andava cola benzina, ma per impizarlo ti dovevi sempre pompar come cola Primus. Dopo xe venudo el gas de la oficina col gazometro in Aquedoto e noi gavevimo - mi me ricordo - in camara una stufeta a gas, picia, smaltada grigioverde, col tubo de goma, che ogni tanto dovevimo comprarlo novo perché la goma la se smagnava e alora sto tubo el pus'ciava e bisognava subito urgente verzer le finestre - de inverno gavevimo le "lastre dopie" perchè el gas "de zitá" - fato col carbon fossile - che dopo veniva fora el carbon cok - el era assai velenoso e el bastava assai poco per sofigarse.

    Ogi inveze, col gas metano, non xe pericolo de avelenamenti, solo che el ga un picio difeto: ogni tanto - solo poco tempo fa a Treviso - salta in aria tuta una casa intera - magari de note, quando che tuti i spava - perché sciopa una bombola. Le meravilje dela tecnica moderna.

    A proposito de tecniche, ve ricordé quando che andavimo a scola col tabelon grando de legno e cola riga martel soto scaio e una granda mapa (cartela) de carton, cole corde nere per tegnir i fogli de carta de Fabriano coi disegni. Ste robe ogi non le se adopera più.

     

    Fabriano. Produzione della carta.

     

    La mularia la va a scola tuti col ruksak a colori sula schena e in man i ga al massimo la borseta de straza cole scarpete de ginastica.

    Noi a Fiume gavevimo ginastica sempre de dopopranzo in palestra dele elementari in piaza Cambieri e mi me ricordo che el maestro dovevimo ciamarlo Professor perché lui el gaveva studiado Ginastica - che se ciamava quela volta Educazione Fisica - ala Universitá de Ginastica ala Farnesina a Roma, che me par che adesso xe el Ministero dei Afari Esteri.

     

    Mularia, bravi sule pertiche


    Alora el me dizeva - i parlava sempre in lingua quela volta - i profesori, tuti, meno el "Tonzo", che el era el professor Smoquina, che Dio ghe brazi l' anima: "Scala, tu sei la vergogna della classe ..."  e questo perchè mi non ero mai stado bon (gnanca ogi) da rampigarme sule pertiche fino in zima. Restavo impicado in mezaria come una gus'ciarizza sul muro, al sol.

    Comunque, anche senza rampigarme sule pertiche de piazza Cambieri, nele nostre tante e diverse batalje per la boba, nele nostre esistenze de Profughi, sia in Italia che in Oltremare - gavemo dovudo spesso e volentieri rampigarse sui speci per sopraviver.

    "Oltremare" ai mii tempi era la Abissinia, che adeso la se ciama Etiopia, indove che ogi sti poveri disgraziadi de abissini i crepa tuti de fame.

     

    Giulio con la Mamma, sul davanzale

     

    Muli, con o senza pertiche, se lavora e se magna, mi come tuti voi, e qua ve saludo fino ala prossima volta.

    24 dicembre 2010.

     

     

    Cossa  fariimo  senza  i  gioghi

     

    E qua non me riferisso ai gioghi cosideti "de azardo", che anca qua a Venezia, vizin del aeroporto xe un grando novo Casinò, come a Portorose in Istria, indove che i mati che i gioga con le mani sbusade i se magna tuti i bori con la rulet e coi altri giogheti, come intele pelicole de Holivud de una volta, quando che el mato, al nostro eroe, ale zinque de matina el vien fora del Casinò de Montecarlo, sula granda stanza intela scalinada sul mar - dopo che el ga perso tuti i schei e la colana de brilanti dela molje, ereditá dela nona de essa, la baronessa - e alora, qjuando che el tira fora dela scarsela el revolver per sbararse in testa, el se inacorze che no'l ga più patrone, perché la pistola la fa solo "clic", e gnanca i bori per comprarsele.

    No, i gioghi che giogo mi xe quando che el omo, o la donna el gioga per straviarse, per pasar, come che se dise ogi "el tempo libero".

    Per quel che riguarda la mularia de ogi, xe triste, ma mi li guardo ore e ore: cuci cuci davanti el computer, a strucar un boton, con sti gioghi de chebe indove che apunto - strucando un boton - i buta a potloch i areoplani, le  astronavi e i carriarmati del "nemico".

    I dotori del zervel i dise che cussì i muli i se calma e i brusa tuta la forza oculta dela agresion. Mi so che ai mii tempi mi non gavevo ne' el tempo, ne' el permeso per sta "agresion". La unica che la gaveva el sacrosanto dirito de esser agresiva la era la mia Mama bonanima, che se mi rispondevo una parola de tropo, senza saver ne' come, ne' perché, ahimemeni, essa la me molava zerte papine che ogi i fioi gnanca no i se insogna cossa che xe.

    Ogi non xe problema de papine, perché i fioi gnanca i te risponde, e inveze i struca el boton del computer e i copa in mezo minuto quatromila extraterrestri invasori del spazio galatico.

     

    Invasione aliena

     

    Propio ieri guardavo drento quel bel libro del Ricardo gigante, apunto dei gioghi che noi fazevimo a Fiume: Cordon cordon de San Francesco, la bela stella in mezo, Caregheta, Aqua e fogo, le ploze, La Poma è per me (sconderse), Titilaga, Zop - zop, Zucaro e café, Ai quatro cantoni, Pesca molesca, in quala man ? In questa, e tanti altri.


    Zucaro e cafè: si giocava in squadre di 5 bambini.  Sará difficile per gli altri 4 muletti
    saltare sul poco spazio lasciato dal compagno che ha fatto il salto troppo corto.

    Xe anca gioghi che i xe veci come el cuco, ma sempre vivi, come presempio Nontiarabiare. Xe dopo anche Monopoli, che ancora se usa.

    Mi me ricordo che quando che mi ero picio in tel negozio de giogattoli del Reich, in quela traversa sula destra del Corso, andando de Piazza Dante verso la Tore, i vendeva apunto questo Monopoli, che el costava squasi zento lire, che era un fotìo de bori. Alora, col mio amico inseparabile de quela volta, el mulo Ugo Rudmann, che lui el xe giá de molti anni in pension dal Lukovich, e el abitava intel primo porton de via Nicolò Host, drio de quela casa sul giro de Belveder indove che era el negozio magnativo del Banelli - alora Ugo e mi se gavevimo fato imprestar da un mulo, che el pare ghe gaveva fliche, sto monopoli novo de balin, e con molto tempo e molta pazienza , se gavevimo copiado tuto a man su tochetini de carta e de carton: carte de giogo, bilieti de banca, azioni, ezetera.

     

     

    Mi go sempre deto che la mancanza de contanti-cash rendi el omo industrioso e operoso !

    Non dovemo asolutamente dismentigarse del "Re" dei gioghi, che se usava intele Feste Grande, Nadal, e Capodano, che xe la Tombola.

     

     

    El sachetin cole cordele e i numeri de legno tondi col orlo rosso. Assai importante era quel che se meteva sule cartelle de ognidun per coverzer i numeri drioman che i veniva fori, e che - drio el uso e tradizion de familja - podeva esser fasoi suti (de solito), che dopo se ingrumava de novo per la nostra famosa Pasta e Fasoi cole crodighe, o fasoi in tecia, o se meteva suso anca tochetini de scorza de naranze, fruto questo che fazeva la sua aparizion sule nostre tavole apunto solo per le Feste di Fine Anno.

    Intressanti era anca i nomi che se ciamava coi numeri. Setantasete, le gambe dele donete, trentatre, i anni de Cristo, e me par che per i altri numeri i nomi era quei dei numeri del loto: novanta la paura, quarantasete el morto che parla. Che i sarìa anca i numeri dela famosa "Cabala Napoletana", che xe un grando libro che mi lo go in original, indove che ogni roba che ti se insogni xe un numero che se ti lo gioghi al loto ti vinzi un terno, una zinquina o un ambo.

    Mi prego sempre i Fiumani che i me lege de aiutarme a dirla giusta perché la memoria, dopo setantaquatro ani la ga grandi busi, più grandi de quei del formajo Emental, come che' l se ciamava da noi a Fiume. In Italia, inveze e in Francia i ghe dise Gruviera.

    Tuti sti gioghi i xe per mi memorie indelebili dela nostra infanzia a Fiume e per mi i xe squasi tuti ligadi ale tiepide sere de primavera e de estate, come le funzioni in Ciesa de sera, in mese de Magio quando che la Mama la ne lassava star fora un poco più tardi.

    Come che giá ve contavo, la mia clapa la gaveva el "campo gioghi" in tel piazal del Zimiterio de Cosala. Sere de Estate a Fiume.

    5 aprile 2003.

     

     

    La  nostra  Filosofia

     

    De quando el mondo xe mondo, tuti quanti, quando che i vol "far dano" i ciol come scusa la filosofia. Me spiego.

    Quela anima nera de Torquemada, che el era el grande Capo dela Inquisizion intel 1400 - cola scusa che el Gesù Cristo el gaveva deto che la filosofia cristiana la condana tuti i "eretichi e mis - credenti" -  apena che una baba la era zota o la era cisba con un ocio "maligno", el zigava che la era una striga e senza saver ne' percome ne' perché el la fazeva brusar viva, ligada sul palo in mezo dela piaza.

     

    Torquemada e una strega al supplizio . (Cinema).

     

    E la zente se divertiva come mata perché quela volta no' i gaveva la television e sti fogheti i era spetacolo all' aperto. Come quando che i romani antichi i pagava el bilieto per andar in stadio a guardar come che i leoni i magnava i cristiani.

    Dopo era quel cofe de Adolfo Hitler che el diseva che tute ste robe lui le fazeva perché le gaveva scrite - teoria del "superuomo" el grando filosofo Federico Nietzche, povero, el era diventado mato de cadena a Torino nel 1888. [In realtá, nello "Zarathustra" N. ritiene il Superuomo un superamento dell' uomo dalla animalitá. La interpretazione di H. è da sempre stata considerata sbagliata. N.d.Rw].

     

    Hitler e Nietzche

     

    O come le Brigate Rosse tedesche che nel 1970 le gaveva scomiziado a sbarar sui polizioti disendo che lori i voleva "liberar" el mondo da el "establishment" che era la societá capitalistica perché cussì gaveva scrito i tre grandissimi filosofi dela "Scuola di Francoforte": T. Adorno, H.Marcuse e M. Horhkeimer.

    Ma lassemo star i grandi filosofi, che lori i scrive robe cussì inverigolade, che ognidun le lege e le spiega come che ghe va ben a lui. Intel linguagio de ogni giorno el significato dela parola "Filosofia" el xe diventato tuto un altro.

    "Prendi la vita con Filosofia" voleria dir non bisogna infotarse co te se rompe la television propio quando che i trasmete la partida italia - Brasil o quando che te casca in canal la unica ciave dela machina, co ti sta cercando de verzer la seradura dela porta de l' auto, con la man sinistra ti ga quatro borsete de plastica piene de armelini, radicio, zivole, merlini e pomidori.

     

     

     

    Se volemo parlar de filosofia fiumana, nostrana, mi devo propio dir che in sti ultimi squasi sessanta anni - e penso che i sará propio i ultimi perrché altri sessanta sará difizile che mi li vedo - da quando che mi son andado via de Fiume, che sarìa el milenovezento e quaranta sei, andando in giro per l' Italia, specialmente in te l' Italia del Sud, parlando se capissi non coi giovani, ma con quei dela mia etá e anca più veci, co ghe digo che mi son de Fiume, la risposta, nove volte su diezi la xe "Ah Fiume ... sì, io ho fatto il militare a Fiume ..."

    Perché devé saver che in Italia, per far el militar, quei de Aosta i li mandava a Trapani e quei de Palermo i li mandava a Bolzano, e questo i fazeva perché sti muli de diziaoto ani i vedessi un poco de mondo, i se imparassi a conosser la patria. Alora, quando i mati i me disi che lori i gaveva fato el militar a Fiume i xe sempre tuti contenti de ricordar sta roba e i scominzia a contarme che Fiume era una zitá tuta diferente de quele in italia, anca se lá tuti parlava franco per talian. E che la gente era assai coccola e "alla mano", che zucaro, café e spagnoleti era a bon prezo e che ti podevi ciacolar con una mula senza che rivi el fradel de essa col cortel in man.

    Giá quela volta, quando che la zente non se moveva tanto, e che in Italia, come dapertuto se usava sempre sposarse con una o un del tuo paese, tanti regnicoli i se gaveva trovado cussì ben a Fiume che i gaveva sposado una mula fiumana.

    E qua vojo dir che la nostra "filosofia" de viver la era, giá quela volta, assai compagna de quela che ogi sui giornai e la television i la ciama "Filosofia del Tempo libero", che sarìa che non bisogna più solo cruzziarse, strussiarse e bazilar tropo col lavor, ma che el omo e la dona el deve dedicar più tempo a altre occupazioni meno impegnative come pasegiar, giogar in boce e andar a far gite in campagneta con bele marende.

     


    Adeso mi digo - e diseme voi se non xe vero - ma noi a Fiume ste robe le fazevimo giá da ani anorum senza saver gnente dele modernissime e recentissime teorie filosofiche - sociali del "tempo libero".

    El vero fiuman, no che' l fussi spuzafadighe per lavorar; el lavorava e anca ben, ma apena che' l podeva el molava tuto per andar a far due ciacolade in ostaria o far bele caminade in clapa, o giogarse in boce, sempre col mezo o col spriz posado lá vizin, e per quel che riguarda le gite, mi credo che in nissuna parte del mondo se usava più che da noi andar a magnar persuto o bever vin domace a Drenova, Zamet, Cantrida, e chi più ne ha più ne meta.

    A mi propio me fa assai de rider co vedo che sti grandi zerveloni, sti scienziati de la scienza economica e soziale che i scopri ogi, intel ano duemila e tre, la filosofia fiumana del magna, bevi e canta e non sta pensar al lavor. Voi cossa disé ?

    Me racomando muli, non steghe dar tropo drento col lavor, che non ve vegni el "stress", e fazé provista de aria bona (indove la xe ogi ?)  e de qualche bicer d quel bon.

     

     

    Bande  de  ogi  e  bande  de  ieri

     

    Ogi come mai, specialmente in tele grande metropoli come Milano, Francoforte, Londra e Neviork, non so se per colpa dela disocupazion, o perché i ga molta voja de far del ben, ezetera ezetera, xe assai de ste bande de mularia, mularia dai dicioto ai trentacinque anni, che i fa remitur giorno e note, i teroriza la zente tranquila. Tristemente assai famosi xe i "skinheads", che vol dir glava (testa) senza cavei, e i xe tuti ciscali, vestidi cole braghe e la giacheta de corame nero, cole broche de fero lustre.

     

     

    Sti Skinheads i xe squasi ogni giorno sula cronaca nera dei giornai per ferimenti, sopratuto de extracomunitari turchi e neri dela Africa, che poveri i vien in Europa a zercar un toco de pan, come noi dopo la guera andavimo in Australia, in Canada e in SudAmerica.

    Mazamenti, ruberie, violenze, e robe de sto tipo, la polizia ghe tien i oci adosso e un pochi de lori i xe in canon, ma i altri i va avanti con ste orde, come se sarìa la roba più naturali del mondo.

    Anca in America era e xe ste bande, come quela dela West Side Story: portoricani a New York col cortel in scarasela, che intela pelicola - ve ricordé - era quela bela musica indove che le mule le  balava per strada "I wont to be in America" ....".

     


    Noi a Fiume inveze cantavimo: "Merica, Merica, Merica ...magari col monopatino in America vojo andar ...". Per dir la veritá anca noi a Fiume gavevimo le bande, ma molto meno fosche e meno sanguinarie.

    Come che go scrito altre volte, mi abitavo in via Giotto numero quatro, che era una casa sul canton de Bonaroti, propio visavì dela riveta per andar suso in Belveder, quela coi due moreri, che i era alberi de more, alias gelsi.

    Alora sta via Giotto la era sul lato Est de un quadrilatero che el gaveva come lati a Sud el dedrìo cole cusine e i pergoli de via Cellini, a Ovest le case - quela volta de recente costruzion - visavì dela Casa Balilla, e a Nord le case, anca fate da poco, dela via Tintoretto. Era tute vie de artisti: Bonaroti, Giotto, Tintoretto, Cellini, Vasari, Canova e Segantini, indove che sul canton dela Tintoretto cola Bonarotti era la casa cosidetta "fero da stiro" (sopressa) o "casa nave".

    In meso a sto quadrato era una area fabricabile" con un toco de prato verde indove che la mia Mama essa la meteva sugar i lanzioi, o lanzioni, e al lato Ovest era una fossa con quatro mureti de piere indove che quando che i gaveva fabricado tute quele case, i missiava la calzina (calce viva) per far la malta.

    Se andemo a guardar ogi sto campeto cola erba verde, no' l esiste più. Lá i ga fato adesso una granda casa. Me par come quela canzoneta che cantava el Celentano: ragazzo dela via Gluk che diseva "... lá c'era l' erba verde ... oggi il cemento ...".

    E questa "area" era el campo de battalja dele nostre bande. Guere che le era "incruente".

    Mi me ricordo che adoperavimo per armi e munizioni le "panuze" roba che no ga niente a che far cola pipì dei fioi in fasse, perché xe le zole de tera con suso tacada l' erba, che se butava adoso come una bomba a man intel muso del nemico, senza colpo ferir e senza ne' morti ne' moribondi.

    Sicome che quela volta mi ero ancora un pisdrul, no i me lassava mai andar in "prima linea" e mi ero quel che tirava fora de la tera le panuze pronte per i "combatenti".

    La nostra banda la gaveva anca una squadreta de futbal, che se alenava apunto in via Tintoretto , che la era una riveta in discesa.

    Come che ve gavevo contado a proposito dele mie prestazioni assai poco valorose rampigado sule pertiche dela palestra in piaza Cambieri, le mie doti sportive non le xe mai stade notevoli, e alora mi me ricordo che i me gaveva butado fora de sta squadreta de futbal, non solo perché ero sempre in "opzai" (fuori gioco) ma non intivavo mai una bala (de straza). Se vede che quela volta mi me ero assai avilido perché xe pasadi più de sessanta anni, ma mi non go più gnanca provado a giogar in futbal.

     


    Me racomando muli, tiré sempre drito in porta e ocio ai opzai. Se no i ve squalifica.

     

     

    Parchi  de  Fiume

     

    Mi go scrito tante ciacolade che non so più propio cossa scriver. Ogi vojo mandar un mesagio dai fiumani de la Diaspora  - dato che noi vivemo sparpajadi per el Mondo - ai fiumani che vive a Fiume.

    Quando che mi ero pisdrul, Fiume la era verde. Gavevimo bei parchi che, i me dise, ogi i xe tuti in malora.

    El parco "Ex Villa del Arciduca" che el guardava, per cussì dir, la valle del Eneo, el era elegante, con palme, lavrani e altri alberi, tuto neto e ordinado.El gaveva anca una bela e granda vasca indove che nudava i pesseti rossi.

    Un altro, assai piùgrande, era el "Giardin publico" che el andava de Mlaca fin suso in via Trieste. el gaveva grandissimi piazzai e un bel gloriet indove che sonava la banda.

    Ghe era anche un altro fiumiciatolo con aqua ciara, limpida, corente, con un pontisel che el gaveva un passaman de legno con drento un tubo che sprizava una fontanela de aqua de bever.

     Anca el Ospidal, indove che mi vivevo de picio cola mia Mama levatrice, gaveva un bel parco con grandi prati de erba indove che le lavandaie le distirava i lenzioni che i se sugava al sol. Ma ogi sto parco el xe in rovina.

     

     

     

    El  pessecan  dei  Caraibi

     

    Dopo che gavevo fato la laurea in Economia Maritima, gavevo ciolto un periodo "sabbatical" e me ero aruolado a far el giovanorto de coperta su una "Supertank", che andavimo a cior Crude oil in tuti i porti del Veneziela, più le Antile Olandesi, Curacao e Aruba. La barca la gaveva bandiera liberiana (Monrovia) e la se ciamava East River.

    Bon, una volta spetavimo el piloto, che ne portassi suso per el River a Caripito, che era due barache de legno su Rio San Juan - i me dise che ogi xe gratacieli - un afluente del fiume Orinoco.

    Erimo su l' ancora intel golfo de Paria, che era drìo de l' isola de Trinidad, apunto su l' estuario de San Juan. Era una bela giornada con un poco de ventisel e la aqua era limpida come el cristal, che ti vedevi el fondo a venti metri.

    Anche se sarìa proibido per el codice dela navigazion mandar el equipagio fori bordo con la nave in rada el Comandante, che era de Camogli e caja, el ne fazeva calar una picia tola con due zime per darghe apunto fori bordo una man de pitura.

    Erimo tre de noi, sentadi su sto toco de tola, a due metri dala aqua, e guardavimo sti ghrandi pelicani che i svolava pian pian, pesanti, e tutintun i se plozkava come uno stukas in mar e i vegniva fora con un grande pesse sul beco.

    Mi gavevo una voia de lavorar che non ve digo, e gavevo tirado fora una togna che mi gavevo sempre in scarsela, gavevo inganzado un tochetin de strazeta bianca sul amo e zercavo de ciapar qualche pesseto che' l fussi cussì mona de magnar. Come che disevo, la aqua la era trasparente come in un aquario.

    Alora, mi sento che qualcossa zuca sta togna che mi tegnivo in man, e ero tuto contento che ciaparò qualche pesse esotico. Guardo zò e a gnanca due metri soto de mi, che i pié me picava, zò de sta tola xe un pessecan che el gaveva avudo sete o oto metri. Te gavemo fato una fuga da sto toco de tola suso per la biscajna che non ve digo e non ve conto.

     

    Vero pescecane dei Caraibi

     

     

    Questa xe la mia storia col Pessecan dei Caraibi.

     

     

    Scorpene  e  branzini

     

    Xe vero che ogi no' i xe più quei pessi de una volta, che da noi era roba de lusso, perché i xe tuti de alevamento. Qua inveze, indove che abito mi, son vizin de Caorle, che xe uno dei più grandi posti de pescadori de altomar del North Adriatico.

     

    Pescatori di Caorle

     

     

    El altro giorno apunto un pescador me el diseva che el più bon de tuti i pessi de far in forno xe la scorpena (in italian: scorfano), che el xe bruto e rachitico, ma de una bontá unica.

    A proposito de scarpena, a Napoli, quando che una povera mula la xe bruta, ma assai bruta, i ghe disi "tu si' nu scorfano".

    Una cosa importante: meter suso un branzin boido - e sui scombri fati sula gradela de carbon dolze - ojo de quel bon e limon va ben - ma me racomando anche ajo tajado a tochetini pici, e sopratuto, molto importante, el petersemolo tazado.

     

    Scorpena, pesce da brodetto.

     

     

     

    Continuano  le Ciacolade dal Nord - Est

     

     

    14^  PUNTATA

     

    I  nomi  dele  strade

     

    Ogni giorno, in ogni momento dela nostra vita quotidiana, in uficio, in café, per strada, ciacolando con qualchedun del più e del meno, sta domanda non la manca mai: De indove la xe lei ? domanda che la vien fata in italian, in inglese, in american, spagnolo o tedesco a seconda del paralelo o meridian indove che noi, fiumani dela Diaspora, gavemo potudo o voludo traslocar i nostri "Lari e Penati", per dirla in lingua classica.

    Se el interlocutor el xe un mulo o una mula giovine, alora xe inutile dirghe "Son de Fiume", perché alora bisognaria farghe una conferenza de Storia, Politica e Geografia per spiegarghe cossa che xe e cossa che era Fiume. Mi non me insogno gnanca de dirghe Rijeka, perché i foresti e i turisti i la conossi solo come una zitá che se traversa solo quando che se va in vilegiatura in Dalmazia, zò, fino a Ragusa, in "rulot", che chi de noi sta in Canada o in Australia, i ghe dise "Caravan" - e che i tedeschi i la ciama "Wohnwagen".

    Spesso me suzede anca de ciacolar con omini e babe più "maturi" e alora me ris'cio de dirghe: "Mi son de Fiume". E - per dirve la veritá - a mi me se slarga el cor quando che i me dise che lori i se ricorda che sta Fiume la era un porto assai importante e che vizin de fiume ghe doveria esser Abazia e che sta Abazia una volta la era come Portofino, San Tropé e Acapulco tute mese insieme.

    Quando che Karlsbad - ve ricordé quando che la Mama ne dava el "sal de casba" - Karlsbad - per andar de corpo ? Non se ciamava ancora Karlovi Vary quando Marianske Lazne se ciamava Marienbad e Podgrad, a metá strada tra Fiume e Trieste, se ciamava ancora Castelnuovo d' Istria. Lovran era Lurana e Kozala era Cosala.

    A proposito de nomi de piaze e de vie, mi credo che non esiste nissuna altra roba indove che la politica de tuto el mondo la se ga scatenado batezando e ri-batezando strade e loghi indove che noi caminemo ogni giorno.

     

    Ex  Piazza Regina Elena e Palazzo Adria, a Fiume.

     

     

    Mi go abitado per ternasette anni a Francoforte, in Germania. Bon, del grando vial che va dela zitá in arioporto anni fa i gaveva butado fora el povero Konrad Adenauer bonanima, che nol ghe ga mai dado propio fastidio a nissun - grando e bravo Primo Ministro "Kanzler" dela Germania al tempo de Alcide de Gasperi - che adesso el se ciama viale john Kennedy, che el era, se volemo, un idealista e alora, come tuti i idealisti, e come Gesucristo, i lo ga copado che el era ancora giovane.

    Quel che assai me gaveva piasudo quando che vivevo intela nostra zitá "sorela", xe che a Trieste presempio xe che - de quando omo se ricorda - ancora ogi le ga sempre el stesso nome: Via del Mulino a Vento, Largo Bariera Vecia, Via San Nicolò, Via del Teatro, Piazeta Santa Lucia, indove che quela volta che mi abitavo lá, era ancora la "Ostaria alla Antica Mormorazione" - e ghe xe tante altre che, ne' soto la Defonta, ne' soto Mussolini, i ghe ga mai cambiado nome. La zente la resta sempre in qualche modo tacada ale tradizioni, ai veci nomi.

     

    Trieste: Tratttoria alla Antica Mormorazione (Oggi Nuova Mormorazione)

     

    Come che ve disevo, mi son andado via de Fiume nel milenovezento e quarantasei quando che gavevo diciaoto ani, ma mi me ricordo la via Mameli, presempio, molti i la ciamava ancora via del Fosso. Piazza Cesare Battisti era per noi sempre Sabiza e qualche fiuman - ma  pochi mi credo - forsi el saveva che el mololungo al se ciamava ufizialmente "Diga Ammiraglio Cagni".

    Xe veramente assai pecá che le tradizioni, el folclore, le costumanze e i dialeti i sparissi travolti e canzeladi dal "stress" dela vita de ogi che non la guarda mai indrìo.

    In tuto el mondo però bisogna dir che xe tante Iistituzioni  e Enti  che i ghe sta drio a che tute ste roba non le mori.

    Go visto ala Television che in America (USA) ghe xe una Universitá indove che i ghe impara ai giovani indiani pelirosse a far el balo del dindio cole piume sul dedrìo, come le fazeva Nuvola Rossa e Toro Seduto prima che i "nostri" i li netassi tuti. I "nostri" come che ne ga imparado John Ford, i arivava sempre al ultimo momento con la trombeta e la bandierina del Decimo Cavalegeri e i fazeva fora tuti sti poveri indiani.

     

     

    Quel de mantegnir vive le vecie usanze xe anca el nostro compito, de noi fiumani, el nostro dover verso le generazioni future. De mantegnir vive e conossude ste robe, sto nostro dialeto, anche se el fiuman che scrivo mi, come che digo sempre, el xe un poco imbastardido col triestin, el lussignan e el veneto.

    Disevo, de mantegnir vive e conossude tute le tradizioni. - Tradizioni, che noi boni Mitteleuropei - le spartimo con popoli e nazioni "viciniori".

    Me racomando muli che vivé in America e  in Australia, non steve dismentigar del nostro bel Quarnero, el Monte Magior, la nostra Fiume. e se permeté mi volerio ciuder ogi con una vecia canzoneta che noi cantavimo una volta:

    Con sti tempi del progresso

    Zitavecia la torna a fiorir.

    ma però che pecá

    che pecá che me toca morir.

     

     

    Gus'cerize  a  Caripito

     

    Ultimamente mi ve contavo la storia del pessecan in Venezuela, quando che mi ero imbarcado su una petroliera.

    Nel golfo de Parìa, drio de Trinidad, noi andavimo con sta petroliera suso per el Rio San Juan che el xe un afluente del famoso Orinoco. Dopo un due ore de "canaleta" - se diseva quela volta - che la era bastanza larga per la barca, col piloto de bordo la caminava bastanza svelto, rivavimo a Caripito indove che carigavimo Crude Oil (petrolio grezo) per i Stati Uniti e andavimo a portarlo intel Niu Giorsei, USA (vizin del Neviork) a Bayonne, Perth Amboy  o Bayway, o come che se ciamava.

    Sto Caripito, propio in meso dela foresta vergine, giungla del Venezuela, era un due barache scassade indove che arivava una Paip-Lain che apunto noi imbarcavimo sto ojo crudo.

    De solito arivavimo de note, e voi non gavé una idea che scagaz che xe de note in una giungla tropical. Simie che urla, usei che fis'cia e tante bestie che le ziga a pieni polmoni. Una caldana che te vien zo el sudor a fiumi.

    Sicome che non era rimurciadori per "girar" sta granda petroliera (Supertank) intel River, se butavimo de prova sula riva e giravimo cole machine e col timon.

    Quando che fazevimo machina indrìo, su sto muro de fango dela riva restava bela neta la gigantesca impronta dela prova dela barca. Sto Caripito adeso i me ga deto che la xe una zitá coi grataciei, anche se era solo due barache scalzinade de legno e un porto internazional come che Dio comanda.

     

    Caripito oggi.  Non si vedono grattacieli.

     

    I vegniva a bordo a meter i sigili in gambusa. Vegniva de persona el Comandante che el era in indio, scureto de pele, picio e tracagnoto coi mustaci, che i era compagni de quei de Emiliano Zapata e Pancho Vila, discalzo con pistolon tacado in vita. Non xe che fussi assai leterato - la sua provision, come dapertuto in sti porti, era una boza de uischi e due steche de spagnoteti - ma sule steche de carta che el tacava per sigilar apunto la gambusa, el scriveva, con bela caligrafia, in grando: " El Capitan del Puerto de Caripito". E mentre che fazevimo sti controli te se missiava sul mar sporco bestioline nere come el carbon.

    Mi guardo che roba e te vedo che xe bestioline lunghe de meso a un metro e meso, che le nudava col beco sporco de petrolio nero (sì che ojo crudo el xe 'sai nero) e te ghe domando a un indio che el lavorava lá nel mio spagnolo classico: "Ombre, cossa xe este: iguanas ?" cioè le luzertole che a Fiume se ciama Gus'cerize .

    "No, no Segnor, no es Iguana. Este son Caiman". E era infati cocodrili, cocodrileti, cocodrilazi, de tute le forme e misure.

    1° marzo 2003.

     

     

     

     

    El   Club  Caripito

     

    Bon. Mi ve go contado storie de zinquanta anni fa. Ma mi vojo contarve una storia de l' altro ieri.

    Alora, l' altro ieri era al Convivio (magnadora) mensile della Sottosezione Venezia,  Terra Ferma e Marca Trevigiana della "Libera Unione dei Muli del Tommaseo" che, come savé, erimo in sto Colegio dopo del Esodo, mas o menos in trezento muli de Fiume, Istria, Zara e Milleisole, che noi ciamavimo Pagaje.

    Stavolta erimo in un bulo local "Antica Trattoria alla Fossetta" a Musile di Piave - sì, al Piave, quel che mormorava calmo e placido.

    Intanto che spetavimo che arivi la clapa -stavolta erimo sì e no un trenta de lori - sei o sete de noi che ancora fora fazeva sima, erimo sentadi in un tavolin che ciuciavimo una "ombra", traduzion che in venezian xe un otavo de bianco.

     

    Trattoria Alla Fossetta. Esterno.

     

    Erimo mi, el Capt. Nicolò Doimi de Fiume, mio amico zerieca quando erimo pici in Belveder, el Capt. Ennio Di Stefano, de Fiume, con la sua molje Piera, el Capt. Gianni de Petris, de Cherso, con la sua molje Mariucci, e el Capt. Giovanni (Nini) Ottoli de Ossero, che xe vizin de Lussin.

     

    Trattoria Alla Fossetta.  Interno.

     

    Bon. Non so come e quando scominziemo a ciacolar de quando che navigavimo, e uno de noi el conta che lui el navigava sule petroliere. Alora mi ghe go deto che anca mi ero petroliero e che andavimo a cior sto petrolio in Venezuela, anca suso per la foresta vergine in Orinoco, in un buso che se ciamava Caripito.

    Sì, che anca lui el andava a Caripito. Non ve digo e non ve conto, tuti i presenti subito i dise che tuti lori i era stadi anche a sto Caripito e - sicome che ai Comandanti e Diretori de Machina el Armator ghe permeteva de cior a bordo per un viagio anche la molje - la Piera e la Mariucci, anche lore le se ricordava de Caripito e del scagaz che ste mone de simie le fazeva de note intela giungla,  come se qualchedun ghe gaveria impizado el fogo soto el cul.

    El Ennio el contava che lui el caminava in una streta passarella de legno su l' aqua, e che tutintun un de sti caimani, con un colpo de coda lo ga fato squasi intopar.

    Erimo sete de noi sentadi, per combinazion con sto bicer de vin in man e tuti erimo stadi a Caripito. La unica diferenza era che, come che ve disevo, era tuti stadi Comandanti e Diretori de Machina.

    El unico che el era de bassa forza era el giulioscala, che el era quela volta "giovinoto de coverta, non diplomato".

    Mi go proposto de fondar el "Club Caripito" ricordando i mussati, i crocodili, e le simie dela jungla.

    E ogi, quando tramite el Forum Fiume un bulo "Appello ai Naviganti" che se qualchedun che el leze - o el suo Papá e Zio el xe stado per combinazion anca lui a Caripito, el pol subito, senza qualsivoglia formalitá, diventar socio del Club.

     

    Vera scimmia dell' Orinoco

     

     

    Brosquari  e  non

     

    Mi non capisso una madona ne' de Brosquari, ne' de Brosquaria, e go ancora tuto da impararme. Ma non xe mai tropo tardi.

    La fìa del pek del giro de Cosala, Pucikar, morto soto le bombe dei mericani (o inglesi), che quela volta non le era inteligenti e che le gaveva centrado la sua casa col forno del pan, Nerina Pucikar - che essa la gaveva sposado el Ervino Imberti (Erwin Imbritz) - la ga ogi 87 anni, la sta ben e la vive a Milano cariga de nipoti e pronipoti, ma el suo genero, lui el ga una casa in campagna a Arba in Furlania, tacado de Sequals, de indove che era el primo Carnera, e alora se vedemo ogni tanto qua da mi.  La mia Mama levatrice, essa la gaveva alevado le sue due fie.

    Una curiositá: drìo dela Scola de Cosala, indove che apunto scominziava la Brosquaria, era el unico cimitero dei cani che mi go visto in vita mia. Vedé come che erimo "a la page" noi a Fiume ?

     

    Cimitero dei cani a Fiume, oggi.

     

    Volerio solo agiunger una roba che mi gavevo giá scritto el anno scorso, quando che parlavo del Scojeto e del Aquedoto.

    Non se dismenrtighemo una importante arteria stradal in quel rion. Veramente più che una strada la era una scaleta. Bastanza ripida, la partiva dala via del Aquedoto, che non se pol dir che fussi Quartieri Alti, non solo perché la era in basso dopo del Scojeto, ma era molta industria e non podemo onestamente dir che fussi una zona residenzial "fashionable".

    Sta scaleta - che propio non me ricordo come che la se ciamava - la andava apunto suso de via Aquedoto fino ai "Quartieri Alti" (via Grossich, Donatello, indove che abitava molti distinti citadini fiumani) e andando suso se scurtava un bel toco.

    L' unico e vero problema era che i passanti, che i saria quei che i andava suso per sti scalini, non se sa perché, nel andar suso - forsi el sforzo, perché i scalini era propio ripidi - ghe veniva squasi sempre, a tute le ore del giorno ( e sopratuto dela note) de far quel che se dise in lingua "bisogni corporali), picoli e grandi. E alora, co ti fazevi i scalini ti dovevi star asai atento de non pestar qualcossa, e de non sbrissar sui liquidi che jozava zo per la scaleta.

    Questa xe storia vera dela nostra Zitá.

     

     

    Emigranti  e  profughi  a  Halifax

     

    Panorama di Halifax (Canada. Nuova Scotia)

     

    Go visto in un numero de "El Boletin" che se publica a Toronto, de quando che a Halifax, in Nova Scotia arivava lá i profughi e i emigranti cola nave "General S.D. Sturgis".

    La prima volta che mi ero rivado a Halifax era de inverno, genaio o febraio, perché de estate andavimo a Montreal, ma de inverno quela volta el fiume St. Lawrence el se jazava e non se podeva passar.

    Sará stade le due o le tre de note. Mi ero Comisario de bordo sula nave "Irpinia" dela Societá Grimaldi, che quela volta la se ciamava SIOSA / Sicula Societá S.A., societá per la qual mi lavoro ancora ogi. La "Irpinia" quela volta la gaveva due ziminiere, e dopo i la gaveva rinovada e i ghe gaveva messo una sola, ma bona e nova.

    Gavevimo a bordo un milezinquezento emigranti e profughi e fora sará stadi un venti o ventizinque gradi sotozero. Cussì che a mi me gaveva fato assai impression la acoglienza che sti canadesi i ghe gaveva fato a sta povera gente, omini, done e tanti fioi, tuti profughi de una qualche parte dela Europa, strazoni e morti de fame.

    Mi magari ero abituado a come che i tratava i profughi quando che i sbarcava a La Guaira in Venezuela indove che i polizioti, per tegnir sta gente in riga, in fila per controlar i documenti, soto el sol che el brusava a 40 ° sopra zero, i ghe dava sule ganbe col piarto dela sciabola.

     

    Profugfhi giuliani premiati in Canada.

     

    Bon, quela note a Halifax i gaveva meso da la nave una specie de tunel de telon riscaldado come de quei indove che ogi se smonta dai aeroplani. Dopo ghe era un grando salon anca assai riscaldado, indove che dele bele mulete canadesi volontarie le ghe dava a tuti sti fioi biscoti e ciocolata / cacao bojente. Anca mi ero andado da ste putele a farme dar sti biscotini cola ciocolata. E tuti tratava sta povera gente con molta gentileza.

    Sicome che mi ero sempre ciapado de letura, me ricordo che ero andado a pìe fino ale prime case de sta Halifax - se pasava fra due mureti de un metro e meso de neve - e gavevo trovado, ale due de note, un drug-store averto dove gavevo fato provista  de pocket books in inglese, che uni li go ancora ogi.

    Questo xe quel che volevo contarve sula mia prima e ultima visita a Halifax, nel 1959.

     

     

    La  marenda

     

    Gavemo pasado Nadal e l' Anno Novo - chi gaveria mai pensado che noi dela Generazion Antica sariimo arivadi sino al Duemila e Uno - e anca Carneval, e el argomento magnadora el xe più atjual che mai. Intei giorni pasadi con i muli dela Rete ML Histria, gavemo ciacolado molto sula marenda de matina.

    In italian se dise Prima Colazione, in altre lingue se dise Breakfast, Dosayuno, Doruciak - diseva la Mama dela mia Mama, che essa la era Dalmata de Ziquenizze - "Fruestueck", "Petit Dejeuneur", ezetera.

    El discorso coi muli era sui "cereali", che adesso in tuto el mondo xe sta usanza americana - pián pián saremo tuti americani perché in Italia xe giá Halloween e adesso xe sta moda "Thanksgiving Day" - de magnar de matina Kellog Corn Flakes e tute ste foje sute con sora el late fredo e caldo.

    Anca se ti va intei alberghi in Italia, Austria, Germania o Croazia, de matina xe tute ste terine co ste robe sute che i dise che le fa assai ben per la salute. I taliani i xe sempre fermi in tuto el teritorio nazional, con el suo "Capucino e Briòss" (Brioche) o Cornetto, come che se dise nel Regno.

    Qua, sul Veneto Nord Orientale, un capucino cola briòss el costa dale 2000 ale 3000 lire. Invece a Napoli, intei quartieti Ferrovia e Sanitá, per mille lire i te da capucino e brioss.

     

     

    A Fiume, la mia Mama, essa la fazeva una cusina ungarese-veneta-austriaca, come tute le nostre Mame. De matina, cola scudela de cafelate - una bela scudela granda tipo terina, senza manigo - indove che se tociava el pan, mi me ero abituado a magnar anca quel che vanzava dela cena de ieri. Non era raro che mi de matina, prima de andar a scola, andavo in spais e magnavo qualche piatin fredo magari de gulas avanzado, patate in tecia, sempre de ieri e - perché no ? - qualche tochetin de palacinca de ieri, anca essa freda.

    Volevo qua porger omagio a la Santa Pasqua Fiumana .

    A casa mia, la matina de Pasqua, se magnava Pinza, Persuto crudo, Scalogna, Ovi lessi coloradi e cacao - ciocolada bojente.

    Dopo go vissudo in Inghiltera - Irlanda e, sicome che ero studente senza sghei e bori, me sbafavo tuto quel che la mia parona de casa, indove che ero in afito a Bred and Breakfast la me dava, e cussì saltavo el pranzo, e de dopopranzo (Tea-Time) magnavo tuti quei paneti inglesi cole zibibe giale, e nere drento.

    Alora, la baba inglese de matkina la me dava:

    1. Porridge, che xe un sùf, una porcaria me par de orzo o fiochi de avena che ti lo pol magnar col sal o col zucaro.

     

    Vero Porridge inglese d' Avena

     

    2. Eggs and Bacon: el gusto el me xe rimasto, e quando che son in giro per lavor intei alberghi - e qualche volta anche a casa, me piase assai sti Eggs and Bacon - ovi ocio de bova cola panzeta per i non britanici, magari con un poco de Ketchup (Catsup dise i mericani).

     

    Eggs and bacon

     

    3. Sausages. Quele loganighete de gusto e color indefinibile che magna i inglesi e che no ti sa mai cossa che xe drento.

     

    Sausages, con variazioni

     

    4. Kippers, che sarìa renghe (aringhe) fumigade o in salamoja, scaldade sula fiama del gas.

     

    Kippers, con pane e varietá da spalmare.

     

    Una abitudine che la me xe rimasta ancora ogi, dopo zinquanta ani, xe che mi non bevo café - mi son el unico italian in tuto el teritorio nazional che no' l beve café e no' l se interesa de fotbal, ma bevo té (Tea - Chai) de quel bon in foja - non le bustine, che xe drento solo le scovaze che se trova intei magazini de té a Amburgo - col late (cream) e zucaro.

    Anca nei 37 anni che ero in Germania, e ancora ogi, la mia marenda de matina presto xe una tejera con un slonz de sto té, sempre con late e zucaro e crakers o fetine Wasa integrali con butiro e magari sora pasta de acciughe o conzentrato de pumidori e dopo (senza butiro) marmelata inglese de naranze.

    La mia molje, essa la dixe "che schifo" e la se fa un espresso macchiato e magari due toast con butiro e salmone fumigado.

    Me piaseria assai, tanto per restar in ciacolada, che voi me contassi - se gavé tempo e voja - cossa che magna per marenda de matina i indigeni, che vol dir i oriundi anglosassoni in USA, in Canada, in Australia, e i Hispano Mericani in America del Sud. E cossa che magna i fiumani che i vive in sti beati paesi. Mi me ricordo - presempio - che in tei romanzi de pelicole mericane se vedeva in Texas sti mati che de matina presto i fa fora una bisteca de diezi zentimetri de spesor con sora tre o quatro ovi al ochio de bue e un tre litri de café sbicia.

     

    Merenda dello sceriffo, alla birra scura.

     

    Alora, aspeto vostre notizie.

    1° marzo 2002.

     

     

    Ciacolada  Gastro - nomica

     

    Mi vivo ogi in Italia del Nord - Est, propio sul confin fra Veneto e Fiuli. Qua xe molte robe bone de magnar, ma xe umano e logico che un el pensa al magnar de la sua infanzia e giovineza a Fiume.

    Cola mia Mama andavimo apositamente a Sussak indove che in un negozieto del lungofiume (fiume Eneo) compravimo costolete de porco, sute e fumigade, de meter sula classica pasta e fasoi insieme cole foie de lavrano e el disfrito, che a Fiume el se ciamava "Eibren".

    In mercato in Braida andavimo a comprar le mulze. Per i fiumani dela seconda o terza generazion che i vive in Australia e in Canada adesso ghe spiego cossa che era le mulze. Le era loganighe fresche de sangue de porco con drento risi cusinadi e zisibe. Le era deliziose, tajade a fetine e frite in fersora col butiro. Mi dopo metevo sora anche zucaro.

    In mercato in Braida dale babe compravimo anca Verdura e salatine fresche come rucola e motoviliza. Qua in Veneto, in boteghin, se ti vol motoviliza ti ghe devi domandar Valeriana, che da noi a Fiume era quela roba, che la mia Mama, essa quando che ghe ciapava el nervoso e no la podeva dormir, la se fazeva el té.

    In Germania e Austria la motoviliza la se ciamava Feldsalat (traduzione: insalata de campo).

    Non stemo dismentigar la nostra bela Pescaria indove che sardoni e scombri i costava poco o gnente e con pochi sghei se podeva magnar pesse fresco ogni giorno. E quele bele racovizze.

    Qua i Veneziani i le ciama Gransseole e se ti va in Ristorant e ti ordini una i te fa pagar un fotìo de bori.

     

    King Sea. Grancevola.

    !°  marzo 2004.

     

     

    Finiscono  le  Ciacolade  in  dialetto

     

    15 ^ e  ULTIMA  PUNTATA

     

    La  nostra  storia

     

    Bisogna capir che per i Fiumani, Istriani e Dalmati dela Diaspora dela seconda e terza generazion - xe giá arivada la quarta ? - leger ste robe che mi scrivo pol esser anca interessante perché, se volemo o no, le xe un toco dela nostra storia.

    A mi me par come che, quando che ero ancora picio, e el quatro de novembre, giorno dela vittoria su l' Austria - Ungaria nel diciaoto, a Roma iera la sfilata militar - sto anno 2002 inveze i la ga fata el due de giugno giorno dela Republica - e fra tuta sta saja de monture grigio verdi e tute ste camise nere, marciava bel diritto e cola camisa rossa qualche veceto rimbambido che el gaveva combatudo apunto con le camise rosse de Peppino Garibaldi.

     

    Vecchi garibaldini a Roma

     

    Bon, quando che mi scrivo de quando che mi, Commissario de bordo nei anni cinquanta, portavo cola nave i vostri padri e i vostri nonni in Canada, me sento anca mi ogi come uno de quei veceti insempiadi che i gaveva conossudo de persona Giuseppe Garibaldi.

    La mia molje essa la me dixe sempre che mi son solo un toco de meter in un museo.

    Scherzi a parte, a mi el Canada el me gaveva sempre piasudo assai più, per esempio, dei Stati Uniti de America, perché - almeno quela volta, non so ogi - el iera molto più - come dir - "europeo" che non i USA. Una volta jero a Montreal, gavevo ciolto un taxi e che garlavo al siofer per inglese.

    Sicome che me gavevo inacorto che el mato el gaveva un acento un poco foresto, alora ghe go scominziado a parlar per francese. Bon, tutintun el xe diventado più gentile e coccolo, e el me gaveva domandado de indove che iero, e mi ghe gavevo deto che son italian. Alora lui el me ga scominziado a tambascarme che el suo nono el jera contadin, nato in campagna vizin de Parigi, ma che la sua molje de lui, essa la jera de origine italiana, e che i taliani xe tuta brava gente, onesta e grandi lavoratori. E mi me son portado via dal Canada questa, magari picia, ma simpatica impression.

     

     

    Una volta un mio amico de la Agenzia dela Grimaldi el me gaveva portado a balar a Chatau Fontanec sul St. Laurence River a quebec City, indove che jera apunto una festa de balo. Mi me ricordo tute ste bele putele co' sti bei vestidini coloradi con le cotole con soto la sotoveste - quela volta , gazie a Dio le mule non le andava a balar in blu gins - e a mi me pareva de esser tornado un par de anni indrìo, quando che insegnavo italian a Cork in Irlanda e che ghe jera ste grandissime sale da balo con orchestra de quindici o venti de lori che i sonava quela bela musica jazz tipo Glen Miller.

     

    Gruppi di ballo irlandesi

     

    E ghe iera tute ste stupende mulete irlandesi, tute coi cavei rossi e i oci verdi.

    1° Settembre 2002.

     

     

     

    I  muli  del  Tommaseo

     

    Mi ve contavo de come che i nostri muli xe andadi nela Diaspora in tanti paesi del mondo: Estero Europeo, Australia, Americhe del Nord, del Sud e Canada e mi ve contavo che come che mi, quando che ero Comisario del bordo su le navi pasegeri go portado tanti de lori in Australia, Nova Zelanda e Canada.

    Quel che xe per mi assai interessante xe el fato che sti muli, pur essendo, come che dixevo, sparpajadi in tuto el mondo, noi se ga - come dir - perso de vista. Un esempio assai significativo de sta "unitá" e "fedeltá" de sti muli dela Dalmazia, Fiume e Istria - xe che nei ani dopo la guera gavemo dovudo lassar la tera indove che erimo nati e jera nati anca i nostri genitori e i nostri nonni - un esempio, dixevo de la "Libera Unione dei Muli del Tommaseo".

    Tra el 1946 e el 1952 el Governo Italian - una dele poche robe che el nostro Governo el ga fato per noi profughi - el ga averto un Collegio che el se ciamava "Niccolò Tommaseo", dal nome del Grando Dalmato, a Brindisi, sula sponda del nostro Adriatico - mentre che le nostre familje le era più o meno disperse nei Campi Profughi, i nostri padri ancora prigionieri de guera, o internadi, o in galera soto de Tito - Cherso, Lussin, Orsero, ecetera, de Fiume e del' Istria, Pola, Pisin, gavemo potudo finir i studi e ciaparne la maturitá Nautica, del Sientifico, del Classico, Magistrali e Tecniche.

     

    Il Collegio "Niccolò Tommaseo" di Brindisi

     

    De sti muli xe vegnudo fora, dopo, tanti professionisti: Comandanti e Diretori de Machina, Diretori de Banca, Profesori, Ingegneri, Fabricanti, Dotori, Medichi e Chirurghi, e tanti altri mestieri, come un General a tre stele (Bettin), un Ambasciatore (Ratzenberger), un Presidente de la Corte di Cassazione (Clivelli), un Cantautore (Sergio Endrigo), e el mulo Tonci Varisco, Colonello dei Carabinieri, Medaglia d' oro, copado dale Brigate Rosse.

    Diciasette anni fa, dopo circa quaranta anni, se gavemo trovado de novo sul Lago de Garda, con grandi emozioni, abrazzi e lagrime, e gavemo fondado sta "Unione". Adeso se trovemo ogni ano in Sud Tirolo (Alto Adige) a Gossensass (Colle Isarco) indove che el mulo Franco Bettin (el general a tre stele che el comandava tuta l' Italia North East) el ne ga asicurado una sede in un belissimo soggiorno montano per uficiali, con Albergo, Ristorante, Sale de Ritrovo (che cantade ogni sera !) Teatro, gioghi de bocce, ecetera, ecetera.

     

    Studenti del "Tommaseo" in marcia, nel 1947

     

    Per motivi pretamente anagrafici ogni anno manca qualchedun, che el xe andado a sburtar radicio. Noi comunque andemo avanti sempre col motto: "El ultimo el smorzará la luce".

    Ma quel che volevo contarve ogi xe che a sti "Raduni", ogni anno, vien anca "Ex Convittori" de sto Collegio de Brindisi (1946 - 1952) che adesso i vive oltremare. I vien dala Australia, USA, Argentina e dal Canada.

    El anno scorso el mulo Sergio Bulietta (Burnaby B.C.) el xe vegnudo cola sua molje e una sera, su pista de balo (gavemo anca la orchestrina che la sona motivi in voga 1930 - 1940) i se ga esibido in numeri de Tango Argentino che i jera assai mejo del Giovanni Travolta, quel dela "Sarturday Night".

    Sto anno - 2002,  se trovemo sempre in Setembre - era el mulo Claudio Boselli (Laval, Quebec).

    Un anno sì e un anno no vien el mulo Mario Angelucci de Toronto, el mulo Nerino Corbella, de Vancouver, el Alvaro Viviani de Missisauga, e altri.

    Vien anca le mogli, i fioi e le fie, e anca i niportini pici che no i sta un momento fermi e i fa remitur, come che fazevimo noi a Lussin, a Fiume, a Zara, quando che ognidun de noi el era ancora un pisdrul e la Mama quela volta - che ogi non se usa più - la ne molava ogni tanto una papina per farne star boni.

    1° dicembre 2002.

     

     

    Un  varamento  de  nave  a  Pola

     

    Ala fin de marzo, inte i Cantieri Navali de Ulianik / Scoglio Ulivi, a Pola, i ga fato el varo de una grande nave porta automobili RoRo del Gruppo Grimaldi.

     

    Varo della nave "Grande Costa d' Avorio" della Grimaldi Group, a Pola

     

    Mi ero per venti anni, prima de vegnir qua in Veneto Orientale - diretor per lori in Germania.

    Arivar a Pola - ogi non xe cussì fazile - una volta era la ferovia Trieste - Pola, che la partiva de la Stazion de Campo Marzio a Trieste, che ogi xe un Museo e i gira le pelicole, che i gaveva fato lá anca el film "Anna Karenina".

    Prima de tuto, te par de esser in tela Italia de una volta, ai tempi del Granducato de Toscana e de lo Stato dela Chiesa, quando che apunto sta Italia la era tajada in tocheti, prima che el Garibaldi el vadi a ciapar col s'ciopo i siziliani e napoletani che, diomeperdoni, forse era mejo che lui el li lassava in paze. E quela volta ogni momento te tocava pasar un confine di Stato.

    Adesso, per andar de Trieste a Pola te toca passar el confin Italia / Slovenia prima, e Slovenia / Croazia dopo, che apunto sta povera Istria i la ga tajada e i se la ga spartida fra noi italiani - che però arivemo solo fino a Muja (Muggia in italiano), sloveni, che mi me confondo come che el ga fato el George W. Bush, solo che lui el xe un poco più importante de mi, ma forse un poco meno inteligente, che i ga Capodistria, Isola, Portorose e Piran, e i ghe ga dado el toco più grando con Umago, Cittanova, Parenzo, el Canal de Leme (indove che se magna bonissime ostrighe) Rovigno, Pola e tuta la Costa Oriental.

    Bon, la Ditta la me gaveva pregado se ghe podevo trovar una guida - interprete, e mi ghe go deto - con molta modestia  e umiltá - che senza andar a zercar disgrazie anca el sotoscrito ghe podeva tambascar qualcossa su ste tere che le xe - o se volemo le era - tere nostre, mie e dei mii noni

     

    Vecchio varo a Pola, ai tempi italiani

     

    El papá dela mia Mama, Antonio (Toni) Vernier el era nato apunto a Pola. E propio adesso gavemo trovado in tei archivi del 1800 a Pisin, che la sua molje de lui, Maria Zachinelli, la era de Lussinpiccolo.

    El gruppo de lori el era per la magior parte de Napoli (Sede dela Societá) ma era anca Belghi (se dixe belgi, tovare), e un per de inglesi, britanici. I xe arivadi tuti in tel Areoporto de Ronchi dei Legionari (Legionari Fiumani) che el saria el areoporto de Trieste.

    Alora, in coriera, mi ghe contavo tute ste storie del Castel de Duino, dei Conti Turm und Taxis (Torre e Tasso) quei che i gaveva inventado la Posta in Europa, e del grando poeta romantico Rainer Maria Rilke che - come el nostro Vate - el viveva a scrocco de sta familja e el gaveva scrito in sto Castel le sue "Elegie Duinesi".

    Ghe contavo anca la trista storia del nostro povero Max - Arciduca Massimiliano d' Austria, grando Amiraglio de la Flota Austriaca e fradel del nostro Francesco Giusepe de Asburgo - che dopo che el gaveva finido de meter in pìe quela meravilja che xe el Castel de Miramar, el xe andado a farse copar in Messico indove che el era andado a far el pajazo, quando che el Napoleone Terzo el lo gaveva inzinganado perché el diventi Imperatore de sto Paese.

    Inveze i mesicani no 'i lo voleva e i lo ga fato fuzilar a Querentaro nel luglio del 1867.

     

    Apologia di Benito Juarez del Messico

     

    El  nostro Aimone d' Aosta - quando che i lo gaveva nominado Re di Croazia - gnanca per sogno el se gaveva sognado de far un scampon in quel Paese. La storia la insegna.

    Insomma, ghe go mostrado a sta gente tute ste bele robe che gavevimo noi, e ghe go mostrado l' Istria cole Saline de Portorose e tuta sta bela campagneta de tera rossa, con olivi, cipressi e vigne, che lá i xe restadi un poco indrìo cole carte, ma in compenso xe tuto come una volta, senza zimento.

     

     

    Penseve che, passando cola coriera gavemo visto un contadin che coltivava el campeto con un aratro che lo tirava un manzo (o forse era una armenta) e sta gente, tuti contenti come mati, che ghe pareva de guardar int' un museo, perché in Europa ogi xe solo machinario, zimento e plastica.

    E mi ghe contavo ogni momento che ste tere non le xe ne' slovache - scuseme, volevo dir slovene, ne' crovate, ma le xe sempre stade Venete, e che anca in tela Marina Mercantile e in tela Marina Militar Austro-Ungherese i marineri e graduati no' i parlava ne' per austriaco ne' per ungarese, ma i parlava tuti franco venezian perché i era tuti assai bravi omini de mar, Istriani, Fiumani, Lussignani e Dalmatini.

    Alora, arivemo a Pola in sto Cantier, che mi me pareva de tornar in Cantier a Fiume, perché el machinario e tute le atrezature le funziona ben, ma non le xe super-moderne e teniche (pardon, se dise te-c-niche) come in tei squeri de la Fincantieri de Monfalcon, indove che ancora ogi i fa ste megavavi de pasageri de lusso de novantamila tonelate, se basta.

    Anche i inzenieri de Scoglio Ulivi i xe zente assai alla mano e i parla tuti - meno che i imigrati/profughi dela Bosnia - Erzegovina - el nostro bel dialeto.

     


    Era una bela matina de sol, con un ventisel sugavele e sul "palco de onor" era tuta la Ufizialitá, el Sindaco, el Ambassiator de l' Italia a Zagabria, S.E. Pigliapoco, el Console Geberal de l' Italia a Fiume, el Presidente dela Grimaldi, con quarantoto fii, fie, cognati generi e nipoti. E mi, con mia molje.

    Tutintun i anunzia che adeso ariva el Monsignore, Vize Vescovo, Parroco e Canonico dela Catedrale de Pola, per benedir - come che se usa - sta nave. E chi te vedo arivar ?  El Capelano Uficiale de la Libera Unione dei Muli del Tommaseo, Don Desiderio Staver.

    Se semo abrazadi e basadi davanti a tuti, e lui el me fa ..."Cossa ti fa ti qua ?" E mi ghe go deto,.. "E ti, cossa ti fa qua ?" E dopo mi ghe go anca deto che mi son dela Grimaldi e che però non savevo che lui el fussi una persona cussì importante.

     

    Giulio con Mons. Desiderio Staver, Capellano dei Muli del Tommaseo.

     

    E ghe go anca deto che a mi i me gaveva imparado a Scola la dotrina de Padre Gabriele, in Sabiza, dai Capuzini, che al Cardinal ghe speta el Capel tondo rosso e che ai monsignori ghe speta le Calze Rosse, e che lui le gaveva blu a striche. E lui me ga deto che le Calze Rosse no le ga, ma el ga le mudande rosse e che, se vojo, el me le mostra.

    Figureve che sta mia molje Karin la se mete a rider come una mata in sto momento solenne, davanti a tuta la Ufizialitá, e la me ga fato far una assai bruta figura.

     

     

    Dopo del batesimo, che xe sempre assai comovente perché cola nave nova xe come se ti batezzassi una cratura, e tute le navi in porto che le sona le sirene e menomal che la fiasca de sampagna la se ga spacado sula prova, sta barca la xe sbrissada assai ben sul scalo e la se ga calumado pulito in aqua, e la galegiava anca abastanza drita.

    Mi, co go visto sto bel varo, go automaticamente pensado che "se vede che stavolta no i ga sparagnado sul sevo".

    Dové saver che in tel nostro Cantier a Fiume, quela volta non era stado tuto cussì te-c-nico e, per far sbrissar la nave i onzeva lo scalo, fato de legname, col sevo (sego = grasso di manzo, per i non autoctoni). Qualche disgraziada volta la barca, inveze de slitar ben ben in mar, la se incantava ben in mesarìa senza andar ne' avanti, ne' indrìo.

    Alora tuti i saveva che el Inzenier Capo del Cantier el gaveva apunto sparagnado col smir e el se gaveva sbagazado metá del sevo e el se gaveva messo i bori in scarsela.

    Ma non la xe finida.

    Sicome che - come che ve disevo, era tuto un poco ala bona, ala "domacia" come che disemo noi - non era una Banda che sonava - al ultimo varo dei Grimaldi in italia i gaveva la Banda dei Carabinieri - ma quel che era bel, vizin de sto palco era un autoparlante che el difondeva musica e canzoni folkloristiche popolari e tradizionali, triestino - istriane.

    E qua dinovo la Karin la scominzia a rider che ghe fazeva mal la panza, e tuti se volta a guardarla perché una de ste canzoni popolari, sonade a sbregabalon dai autoparlanti, era quela a noi ben conossuda - i ga sonado solo la musica, ma le parole le conossemo tutti - "Gobo su pare, giba su mare, goba quela ... de sua sorela, la era goba anca quela ... ezetera ezetera".

    Insomma, sta molje la me ga fato far una assai bruta figura.

    Ma sicome che in sti tre giorni de viagio cola corriera mi ghe gavevo contado tante bele e interessanti robe, tuti i me ga deto che mi ero bravo e che la mia molje essa la xe assai simpatica.

    Me racomando muli, quando che sé cola gente, se podé ste cuci e zitti, se no i dise che che noi fiumani semo tutti masgaibi e zazani.

     

     

    I  genomi  dei  ceci

     

     

     

    Mi credo propio che saria squasi ora che la Zanzara la pubblicassi qualcossa - come dir - più inteletual che non le solite quatro storiele patetiche. Non so, Leteratura, o - ancora mejo - Sienza.

    Mi poderìo, se volé, scominziar con un esempio.

    Ogi xe assai moderno o "a - la page" come che se diseva inte la nostra giovinezza (ogi se dise up - to - date), ciacolar e scriver de geni e genomi e sui riflesso geo - nomici e geo - chimici del "gene" umano.

    Propio el altro giorno ciacolavo col mulo Ennio Leonessa e parlavimo dei nostri fioi, che lui el ga un, fio, el Fabio, Laureato in Medicina Oncologica, che el dirige la Ricerca sul Cancro a la Georgetown University in USA. Mi ghe contavo del mio fio Marco, Laureato in Chimica, che el xe ingegner e el dirige la produzion a la Kodak in Germania.

    Ennio el me diseva al telefono - per scherzo - che forsi sará merito dei ceci, che i ne dava sempre de magnar a Brindisi in Collegio, se i nostri fioi xe diventadi cussì sgai e bravi, furbi e inteligenti. Son sicuro che voi non me crederé. Ma in tuti i scherzi xe sempre drento qualcossa de vero.

    Ieri me xe capitada in man, per combinazion,una copia de  la rivista "Medicine to day" (edita da la Mac Millian de Londra) indove che sul numero 153 del mese de setembre 2000, a pag. 71, el prof. dr. Roger Whitmore, titolare dela Catedra de Biologia Umana dela Columbia University el scrive un articolo indove che el dise: (traduco dal Inglese): "... La assunzione ripetuta e continuata nel tempo quale alimento del legume secco "ceci" (Dray Chic-Peas), specialmente se ingerito in stato puro, senza venir adulterato da sostanze grasse di origine vegetale e animale, può causare nell' organismo umano di sesso maschile (Male subject) una concentrazione della proteina / enzima "xxyz 409" che può provocare nei geni del diretto discendente dell' individuo in esame, un incremento della velocitá (Speed  Increase) e uno sviluppo celle cellule corticoidali nella sezione cortico spinale parietale destra - la quale, come noto, controlla e stimola la inteligenza l' apprendimento di nozioni tecnico matematiche (Technical - Mathematical notions).

     

    Coltivazione di ceci in Abruzzo

     

     

    Xe ani e ani che noi bestemiemo e sacramentemo tuti sti ceci bojdi senza condimento che i ne fazeva magnar a Brindisi, e mi son restado de stucco a lezer in una Rivista Sientifica i efetti che poderia gaver avudo i ceci sui nostri fioi.

    Invito qua i muli che gavessi qualche esempio a sostegno de sta Teoria, de scriverghe al Zanzariere. Mi trovo sta roba assai interessante, e voi ?

     

     

    El  Inno  del  Bacalá

     

    Flotta di pesca al Merluccius sp. alle isole Lofoten, in Norvegia.

     

    Se poderìa scriver una saja de romanzi e volumi su un dei magnari - disemo cussì - "di base", perchè da quando che son tornado qua in Italia go discoverto che el dotor che te passa la Cassa Ammalati - che adesso la ce ciama USL o ASL o roba cussì - i ghe dise "Medico di Base".

    Alora sto magnar el xe una colonna dela cusina veneta e - ciaro - anca fiumana perchè, anca se ciapadi col s'ciopo e missiadi coi ungaresi, austriachi, dalmatini, morlacchi e greghi, noi semo sempre Veneti.

    Oriundo dei lontani, nebiosi e fredi "Mari del Nord" el xe de secoli apunto un alimento principe de le popolazioni dele Venezie, de la Spagna - indove che se beve e se magna - e del Portogallo.

    Vojo ogi parlarve del Bacalá. Ciamelo come che volé: Merluzzo Secco, Stocafisso, Stockfish, Bacalhau o altrimenti, el xe sempre una pietra miliare in te la magnadora de nostri Padri, Nonni e Bisnonni. Se lo pol cusinar in zento maniere. El xe un monumento classico che con la sua Fama (non fame, go scrito Fama) el se poderia paregiar cola Veneta/Furlana Polenta e cola Grapa deta Trapa, Sgnappa, Rakja, Petess, ezetera. Tute tre ste robe le xe stade, per secoli, magnar e bevanda dei diseredati, dei strazoni e dei derelitti.

     

    Baccalá, o Stoccafisso, secco e bagnato

     

     

     

     

    Quando che noi erimo muli a Fiume, bacalá e polenta (e grapa) era robe per el popolo. I Siori inveze i slucava cognac e i sbafava bisteche. Ma tornemo al bacalá.

    Ogi ti ti lo trovi in Supermarkt giá tenero e smojado. Le nostre mame, esse le meteva de sera el bacalá suto in te la mastela in aqua a smojarse per tuta la note. La matina dopo - no xe che la cusina la odorassi de violeta - ma quela volta non erimo cussì delicati come ogi.

    Le nostre cusine le era una sinfonia de profumi Coty: el soave olezo del cavolfior bajdo e quel dela valdivina dela lissia.

    Come tute le robe importanti el bacalá el ga el suo "Inno" e qua mi dirio propio che no esiste nissuna altra canzon indove che el veloce pesse del Baltico el vien celebrado come inte "La Mula de Parenzo" che non se ga mai savudo - e forsi qualchedun de voi poderá aiutarme - perché "tuto la vendeva, fora che bacalá".

    E -  dopo - xe sempre la stessa Epopea Melodica Popolare, se canta el Refrain (seconda strofa) "Ahi mama che tociade, polenta e bacalá"

     

     

    Qua, indove che mi vivo ogi, in tel Veneto Orientale, mi de picio pensavo sempre che el Oriente el xe lá, indove che xe i mati sentadi per tera sui cussini de seda e le babe odalische con la panza discoverta e la cotola curta cole franze, che le ghe bala davanti.

    Qua, disevo, xe una granda Cultura e Tradizion del Bacalá anca se la polemta qua i la ciama po'enta.

    Ogni ano in otobre xe la Festa del Bacalá che i lo festegia più che a Napoli i festegia la Madona de Pompei o a Siviglia la Macarena.

    Alora i fa grandi sbafade de sto Nobile Pesse in tute le salse: Mantecato o ala Vicentina cole patate e senza. Grando popolo i veneti.

    Come che ve disevo, anca un altro paese europeo el ga come simbolo la nostra delicatezza ittica - de novo ti sbagli, pajazo, non "ippica" go deto "ittica" che vol dir come che sarìa una roba che xe in aqua (da "ictus" che xe come quando che te ciapa un colpo apoplettico) alora sto pesse se ciama Lusitania, alias el Paese dei portoghesi, che non xe come magari pensaré voi, quei che i va in cine, o magari a guardar la partida de fotbal senza pagar, ma xe quei che vive in Portogallo e lori i ghe dise "bacalhau".

     

    L' Archivio di Giulio Scala

     

     

    Strano errore Alitalia.

    anni '80. Sul Bollettino mensile "Ulisse", distribuito ai passeggeri, venne pubblicata questa foto in un articolo

     che parlava di Genova. Giulio Scala, dirigente Alitalia a Francoforte sul Meno, scrisse alla Redazione di Roma facendo presente

    che si trattava invece di Fiume, e ricevette come gentile risposta che l' equivoco era stato causato "dalla somiglianza topografica fra le due cittá".

     

    Giulio Scala visto da Romano Conversano.

     

     

    FINE  DELLE  "CIACOLADE"  IN  DIALETTO

    Prossime "Ciacolade " in lingua (che non saranno la traduzione di queste) su un nuovo file a partire da Sabato 10 Ottobre.

    La Redazione sul web si prende un po' di ferie.

     

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