GIULIO  SCALA

 

 

Fu un mio coetaneo, se non proprio un mio amico d’ infanzia. Noi del quartiere “Contrada” ubicati fra piazza Dante e il Corso, non eravamo numerosi: Nini Piccolo, Renato Salvadore, Renzo Seksich, Nereo Ucovich, Sergio Rizzardini, Ugo Viale, Mario Scalamera, e pochi altri, in parte già deceduti. Giulio Scala entrava certamente fra gli “amici degli amici”, ma non ebbe, nella mia prima educazione, una importanza formativa.

Lo incontrai dopo il pensionamento di entrambi, in occasione dei miei contatti con i “Muli del Tommaseo”, ai quali non appartengo, ma dai quali sono volentieri accettato.

L’ occasione venne da uno scambio di opinioni sull’ opera storica della Emilia Primeri, allora appena laureata a Siena. Nell’ occasione conobbi i suoi primi scritti, tutti pubblicati da me in “letteratura” (“testimonianze” e ”divertissement”). Pubblicati anche in altri luoghi, dove piaceva a lui, certamente anche in Australia.

Aveva l’ abitudine, per le sue “stanze” di pubblicarle nel web e di lasciarle a chi poi piacesse “gustarle”.

Il nostro lavoro di raccolta (mio e della figlia Cristina) non deve pertanto considerarsi finito. Io, oltre al materiale ricevuto dalla famiglia, possiedo ancora, entro due cartelle,  un paio di decine di scritti di lui, che devono essere tutti ricontrollati.

In conclusione, ritengo di non aver qui bisogno di fare alcun panegirico in esaltazione di Giulio. Già, c’ è chi può capire i suoi problemi e chi no.

Lui soffrì molto per la incomprensione che il mondo ha sempre avuto (specialmente il mondo italiano) dello spirito che informava la società cosmopolita fiumana, in particolar modo quella precedente la prima guerra mondiale, che lui seppe interpretare succintamente, e con meraviglioso equilibrio .

Oggi lo si può considerare, insieme ai veri esponenti della cultura storico – letteraria fiumana, da lui stesso citati nelle sue opere, da Magris alla Ilona Fried… , e a tutti gli altri, non molto numerosi.  Con loro diede testimonianza di uno spirito certo poco compreso dalla nostra solo apparentemente nostalgica, cultura nazionale.

Volle dare testimonianza di uno spirito di tolleranza la cui dimostrazione fu resa possibile proprio dalla diaspora giuliana.

Non chiese rivincite. Si aspettò la comprensione della gente di cultura  Una cultura che oggi dovrebbe interessare  il mondo intero.

Alla fine, ciò che lui volle far intendere rimarrà sempre presente nei nostri cuori e nelle nostre menti. Si spera oltre la nostra prossima morte.

 

 ENRICO  ORLANDINI.  agosto 2014.

F  I  N  E

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