NIENTE DI NUOVO

SUL FRONTE OCCIDENTALE

Breve commento al  discorso televisivo di Benigni del 17 dicembre 2012.

 

PREAMBOLO

 

COSTITUZIONE ITALIANA

Principi fondamentali

 

Art. 1.  L'Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro.

La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

 

La specificazione: "fondata sul lavoro" esprime l' intenzione dei nostri legislatori di stabilire un valore etico preminente avente a fondamento la collaborazione sociale.  Come a dire: la vita pratica dello Stato è fondata sulla collaborazione di tutte le categorie del lavoro. Oppure anche: sullo Stato dei lavoratori. A seconda.

Siamo nel 1947 e la frase, ideologicamente felice, in realtà non risparmiò al Paese  lotte di classe durissime infocate  dalla particolare situazione di guerra fredda esistente al tempo e nella quale quasi tutti i partiti e movimenti politici ebbero parte. Non ci è stato mai detto, purtroppo, quanto l'approvazione della nostra carta costituzionale si dovette al placet  dell'Unione Sovietica, o a quello dello Stato Vaticano, o a quello delle potenze Occidentali.

A parere dei testi classici, sia repubblicani che monarchici, uno Stato, per poter essere definito tale, dev'essere fondato sul popolo, ovvero sugli aventi diritto alla cittadinanza, tutti regolati da una Legge di Stato certa, ma sempre discutibile e modificabile. Ciò, sia che si intenda dar peso al significato etimologico del termine "democrazia", o meno.

Questo comunque, inteso  in termini astratti, in quanto uno Stato democratico, giustificato "soltanto" sul popolo, può anche tendere a una ococlazia e presupporre, per il futuro, una ricaduta dittatoriale.

In termini pratici una democrazia si mantiene tale soltanto grazie al disinteressato equilibrio dei tre poteri: (esecutivo, legislativo, giurisdizionale) e per sé presuppone moralità.

La espressione "fondata sul lavoro", pertanto, alla fine, sta bene.

Una democrazia evoluta trasformerà poi il popolo in persone capaci di esprimersi autonomamente e di partecipare alla trasformazione della propria legge.

Lo spirito del popolo, a sua volta, è evidenziato dal senso dello Stato mentre il senso dello Stato è rappresentato nella Legge scritta (ad iniziare da quella costituzionale), ovvero da ciò che Benjamin Constant definiva "la forma".

La forma costituzionale è quindi la pietra di paragone, la sezione aurea alla quale poi tutte le norme, pur nella loro grande capacità di modificazione, devono adeguarsi.

 

Art. 2.  La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà  politica, economica e sociale.

 

Art. 3.  Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli  di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

 

Art. 4.  La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

 

 A rigore questo articolo, per risultare operativo, richiederebbe una legge obbligante al pieno impiego. Tale legge fu, di fatto, promulgata nei Paesi comunisti dell'Est, e lo sarebbe stata anche in Italia se il risultato delle elezioni del 18 aprile 1948 avesse dato la vittoria al Fronte Popolare.

In regime di libertà capitalista una tal legge sembra impensabile, sia con le destre che con le sinistre al governo, per cui l'articolo mantiene soltanto un suo potere di esortazione, pur essendo di fatto pleonastico ed attualmente inapplicabile, salvo una temperie di vacche grasse.

Dovrebbe suggerire però, nello Stato, una tendenza costituzionalizzata allo welfare. Vantaggio che, ai nostri tempi, purtroppo, si sta perdendo.

Art. 5.  La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.

 

Art. 6.  La Repubblica tutela, con apposite norme, le minoranze linguistiche .

 

Art. 7.  Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.

I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.

Nota al secondo comma:
I Patti Lateranensi sono stati modificati dallo Accordo concordatario del 18 febbraio 1984, reso esecutivo con la legge 25 marzo 1985, n. 121 (G.U. 10 aprile 1985, n. 85, suppl.). (Presidenza del Consiglio dei Ministri).

 

Che lo Stato Italiano sia realmente "indipendente e sovrano" di fronte alla Chiesa, è ipotesi che sta diventando, di giorno in giorno, sempre più astratta, specialmente dopo il cedimento del pensiero democratico  a quello ideologico e dichiaratamente antidemocratico del "Pensiero Forte" cattolico. Si veda in Agorà il file: “Gesù in pericolo?”

Dopo gli avvenimenti politici che fortunatamente hanno posto fine alla guerra fredda, per i quali il maggior merito va a Papa Giovanni Paolo II ed all'uomo politico russo Gorbaciov, i rapporti italiani fra Stato e Chiesa si sono modificati in solo favore, almeno così a me pare, dello Stato Vaticano, mondialmente e carismaticamente assai più importante.

 

Art. 8.  Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.

Le confessioni religiose diverse da quella cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.

I loro rapporti con lo Stato sono regolati dalla legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

Nota al secondo comma:
A regolare tali rapporti sono intervenute le leggi 11 agosto 1984, n. 449, 22 novembre 1988, n. 516, 22 novembre 1988, n. 517 e 8 marzo 1989, n. 101 (G.U. 13 agosto 1984, n. 222; 2 dicembre 1988, n. 283; 23 marzo 1989, n. 69), emesse sulla base di intese intercorse, rispettivamente, con la Tavola valdese, le Chiese cristiane avventiste, le Assemblee di Dio e le Comunità ebraiche, e più di recente le leggi 5 ottobre 1993, n. 409 (G.U. 11 ottobre 1993, n. 239), 12 aprile 1995, n. 116 (G.U. 22 aprile 1995, n. 94), 29 novembre 1995, n. 520 (G.U. 7 dicembre 1995, n. 286), 20 dicembre 1996, nn. 637 e 638 (G.U. 21 dicembre 1996, n. 299), per la regolamentazione dei rapporti con altre confessioni o per la modifica delle precedenti intese. (P.C.M.).

 

Questo articolo migliora (ma soltanto a seconda dei punti di vista) il vecchio Statuto Albertino che poneva, nel suo primo articolo, la religione Cattolica, Apostolica e Romana, quale unica religione di Stato, tollerando, conformemente alle leggi, gli altri culti.

 

Art. 9.  La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.

Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

 

Art. 10.  L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.

La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.

Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.

Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.

Nota al quarto comma:
A norma dello articolo unico della legge costituzionale 21 giugno 1967, n. 1 è lultimo comma dello art. 10 della Costituzione non si applica ai delitti di genocidio . Cfr. art. 26. (P.C.M.).

 

Art. 11.  L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

 

Questo articolo è assolutamente ideologico, e di conseguenza, astratto. E non soltanto  per i fatti recenti della guerra in atto al terrorismo internazionale (alla quale l'Italia partecipa ed ha partecipato, almeno formalmente, sebbene concretamente, a pieno titolo e con alleati), o per la partecipazione armata dell'aviazione italiana nella guerra del Kossovo e in quella del Kuwait; ma anche nei tempi in cui  la Costituzione fu scritta, i partiti politici erano schierati nel campo dei potenziali belligeranti "Oriente - Occidente", al punto che non avrebbero potuto esimersi dal coinvolgere i propri iscritti, o i cittadini italiani, in caso di conflagrazione. Lo dimostrano il partito comunista ed i partiti favorevoli al patto atlantico.

In concreto, la pacificazione internazionale è conseguente all'aut - aut: "o tutti, o nessuno", da raggiungersi per accordi e da consolidarsi per tempi lunghi. Quindi, già scrivere: "L'Italia si impegna in perpetuo ad adoperarsi per la pace nel mondo", o qualcosa di simile, sarebbe stato più rispondente.

Purtroppo, non sarà possibile ottenere la pace per intese di   gerarchie e aggiustamenti di canoni ideologici. Potrà esserlo, piuttosto,  attraverso la ricerca e scoperta di modi di convivenza fra le culture dei popoli, per quanto lungo e faticoso ciò possa apparire.

 

Art. 12.  La bandiera della Repubblica il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.

 

 

BREVE COMMENTO

 

Premetto che se dovessi votare (gli spazi sono ormai molto stretti) voterei per un partito che mi garantisse il rispetto almeno formale dei dodici canoni fondamentali sui quali si basa la nostra Costituzione. Vorrei pertanto che questo fosse considerato un commento critico amico.

Trascuriamo il peana autoreferenziale: la costituzione italiana non è la perfezione sulla terra: il liberalismo non lo abbiamo inventato noi. La Costituzione del Texas, ad esempio, vigente dal 1876, non ammette che i nominati al Parlamento legislativo possano svolgere altri incarichi, ne’ pretendere remunerazioni al di là delle loro competenze parlamentari; richiede l’ obbligo di residenza nella capitale dello Stato.

Ed a mio avviso proprio nella trascuratezza di queste attenzioni sta il seme della nostra corruzione.

Anche l’ altro peana sottintendente la quasi morale accettazione della obbligatorietà al voto, è corretto soltanto in apparenza.

Infatti è inutile possedere dodici buoni princìpi fondamentali, quando i medesimi vengono disprezzati. Finisce che mi si obbliga a votare, NON per la Costituzione, ma per i partiti; di fatto contro di essa.

Esistono partiti effettivamente costituzionali?

Assai spesso è accaduto di dovermi appellare all’ art. 3 per giustificare qualche mio scritto.

Quanto all’ articolo sulla negazione della guerra, esso è soltanto un buon desiderio. Non solo poiché viene smentito da numerosi altri articoli, (si veda “Il governo gotico” e gli articoli 52, 60, 78 e 87). ma anche perché l’ Italia partecipò, sia come partito comunista, sia come aderente al patto Atlantico, ad impegni internazionali che in nessun caso avrebbero potuto essere trascurati. Non ci dimentichiamo che, almeno in due occasioni (Cuba e Berlino), il mondo (Italia compresa) rischiò la catastrofe nucleare.

Palmiro Togliatti, trattato da “padre della patria” fu un ligio impiegato di Stalin, che rischiò poco in quanto il trattato di Yalta aveva già stabilito la divisione del mondo.

 

A mio avviso, per risollevarci avremmo bisogno di incamminarci su strade veramente nuove.

Ora aspettiamo le votazioni, ed auguro sinceramente a Benigni la vittoria delle sue idee profonde. Col suo discorso egli invece purtroppo ci ha ricondotti su strade vecchie che già avevano provocato la fortuna di Berlusconi e la divisione ideologica cronica del popolo italiano, che, a quasi settant’ anni dalla guerra civile, sta ancora disonorando l’ Italia.

Un altro appunto: la vecchia destra monarchica italiana, ad esempio, (nella quale possiamo ricordarci di Benedetto Croce e Cavour), era comunque una monarchia costituzionale, che accettava destre e sinistre, almeno nell’ Ottocento.

Per il ‘Novecento, si può ammettere che essa abbia avuto la responsabilità di avere introdotto il fascismo perché spaventata dalla fucilazione dei Romanov.

Oggi, la società civile avrebbe bisogno di disporre di un itinerario, magari difficoltoso, ma “chiaro”.

Speriamo bene.

Dimenticavo, Buon Natale.

 

Enrico Orlandini, Osimo, 19 dicembre 2012.

 

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