Spe Salvi Facti Sumus 10 -12

 

La vita eterna � che cos'�?

 

10. Abbiamo finora parlato della fede e della speranza nel Nuovo Testamento e agli inizi del cristianesimo; � stato per� anche sempre evidente che non discorriamo solo del passato; l'intera riflessione interessa il vivere e morire dell'uomo in genere e quindi interessa anche noi qui ed ora. Tuttavia dobbiamo adesso domandarci esplicitamente: la fede cristiana � anche per noi oggi una speranza che trasforma e sorregge la nostra vita? � essa per noi � performativa � � un messaggio che plasma in modo nuovo la vita stessa, o � ormai soltanto � informazione � che, nel frattempo, abbiamo accantonata e che ci sembra superata da informazioni pi� recenti?

Nella ricerca di una risposta vorrei partire dalla forma classica del dialogo con cui il rito del Battesimo esprimeva l'accoglienza del neonato nella comunit� dei credenti e la sua rinascita in Cristo. Il sacerdote chiedeva innanzitutto quale nome i genitori avevano scelto per il bambino, e continuava poi con la domanda: � Che cosa chiedi alla Chiesa? � Risposta: � La fede �. � E che cosa ti dona la fede? � � La vita eterna �.

Stando a questo dialogo, i genitori cercavano per il bambino l'accesso alla fede, la comunione con i credenti, perch� vedevano nella fede la chiave per � la vita eterna �. Di fatto, oggi come ieri, di questo si tratta nel Battesimo, quando si diventa cristiani: non soltanto di un atto di socializzazione entro la comunit�, non semplicemente di accoglienza nella Chiesa. I genitori si aspettano di pi� per il battezzando: si aspettano che la fede, di cui � parte la corporeit� della Chiesa e dei suoi sacramenti, gli doni la vita � la vita eterna. Fede � sostanza della speranza.

Ma allora sorge la domanda: Vogliamo noi davvero questo � vivere eternamente? Forse oggi molte persone rifiutano la fede semplicemente perch� la vita eterna non sembra loro una cosa desiderabile. Non vogliono affatto la vita eterna, ma quella presente, e la fede nella vita eterna sembra, per questo scopo, piuttosto un ostacolo. Continuare a vivere in eterno � senza fine � appare pi� una condanna che un dono. La morte, certamente, si vorrebbe rimandare il pi� possibile.

Ma vivere sempre, senza un termine � questo, tutto sommato, pu� essere solo noioso e alla fine insopportabile. � precisamente questo che, per esempio, dice il Padre della Chiesa Ambrogio nel discorso funebre per il fratello defunto Satiro: � � vero che la morte non faceva parte della natura, ma fu resa realt� di natura; infatti Dio da principio non stabil� la morte, ma la diede quale rimedio [...] A causa della trasgressione, la vita degli uomini cominci� ad essere miserevole nella fatica quotidiana e nel pianto insopportabile. Doveva essere posto un termine al male, affinch� la morte restituisse ci� che la vita aveva perduto. L'immortalit� � un peso piuttosto che un vantaggio, se non la illumina la grazia � [6]. Gi� prima Ambrogio aveva detto: � Non dev'essere pianta la morte, perch� � causa di salvezza... � [7].

11. Qualunque cosa sant'Ambrogio intendesse dire precisamente con queste parole � � vero che l'eliminazione della morte o anche il suo rimando quasi illimitato metterebbe la terra e l'umanit� in una condizione impossibile e non renderebbe neanche al singolo stesso un beneficio.

Ovviamente c'� una contraddizione nel nostro atteggiamento, che rimanda ad una contraddittoriet� interiore della nostra stessa esistenza. Da una parte, non vogliamo morire; soprattutto chi ci ama non vuole che moriamo. Dall'altra, tuttavia, non desideriamo neppure di continuare ad esistere illimitatamente e anche la terra non � stata creata con questa prospettiva.

Allora, che cosa vogliamo veramente? Questo paradosso del nostro stesso atteggiamento suscita una domanda pi� profonda: che cosa �, in realt�, la � vita �? E che cosa significa veramente � eternit� �? Ci sono dei momenti in cui percepiamo all'improvviso: s�, sarebbe propriamente questo � la � vita � vera � cos� essa dovrebbe essere. A confronto, ci� che nella quotidianit� chiamiamo � vita �, in verit� non lo �. Agostino, nella sua ampia lettera sulla preghiera indirizzata a Proba, una vedova romana benestante e madre di tre consoli, scrisse una volta:

In fondo vogliamo una sola cosa � � la vita beata �, la vita che � semplicemente vita, semplicemente � felicit� �. Non c'�, in fin dei conti, altro che chiediamo nella preghiera. Verso nient'altro ci siamo incamminati � di questo solo si tratta.

Ma poi Agostino dice anche: guardando meglio, non sappiamo affatto che cosa in fondo desideriamo, che cosa vorremmo propriamente. Non conosciamo per nulla questa realt�; anche in quei momenti in cui pensiamo di toccarla non la raggiungiamo veramente. � Non sappiamo che cosa sia conveniente domandare �, egli confessa con una parola di san Paolo (Rm 8,26). Ci� che sappiamo � solo che non � questo. Tuttavia, nel non sapere sappiamo che questa realt� deve esistere. � C'� dunque in noi una, per cos� dire, dotta ignoranza � (docta ignorantia), egli scrive. Non sappiamo che cosa vorremmo veramente; non conosciamo questa � vera vita �; e tuttavia sappiamo, che deve esistere un qualcosa che noi non conosciamo e verso il quale ci sentiamo spinti [8].

12. Penso che Agostino descriva l� in modo molto preciso e sempre valido la situazione essenziale dell'uomo, la situazione da cui provengono tutte le sue contraddizioni e le sue speranze. Desideriamo in qualche modo la vita stessa, quella vera, che non venga poi toccata neppure dalla morte; ma allo stesso tempo non conosciamo ci� verso cui ci sentiamo spinti.

Non possiamo cessare di protenderci verso di esso e tuttavia sappiamo che tutto ci� che possiamo sperimentare o realizzare non � ci� che bramiamo. Questa � cosa � ignota � la vera � speranza � che ci spinge e il suo essere ignota �, al contempo, la causa di tutte le disperazioni come pure di tutti gli slanci positivi o distruttivi verso il mondo autentico e l'autentico uomo.

La parola � vita eterna � cerca di dare un nome a questa sconosciuta realt� conosciuta. Necessariamente � una parola insufficiente che crea confusione. � Eterno �, infatti, suscita in noi l'idea dell'interminabile, e questo ci fa paura; � vita � ci fa pensare alla vita da noi conosciuta, che amiamo e non vogliamo perdere e che, tuttavia, � spesso allo stesso tempo pi� fatica che appagamento, cosicch� mentre per un verso la desideriamo, per l'altro non la vogliamo. Possiamo soltanto cercare di uscire col nostro pensiero dalla temporalit� della quale siamo prigionieri e in qualche modo presagire che l'eternit� non sia un continuo susseguirsi di giorni del calendario, ma qualcosa come il momento colmo di appagamento, in cui la totalit� ci abbraccia e noi abbracciamo la totalit�.

Sarebbe il momento dell'immergersi nell'oceano dell'infinito amore, nel quale il tempo � il prima e il dopo � non esiste pi�. Possiamo soltanto cercare di pensare che questo momento � la vita in senso pieno, un sempre nuovo immergersi nella vastit� dell'essere, mentre siamo semplicemente sopraffatti dalla gioia. Cos� lo esprime Ges� nel Vangelo di Giovanni: � Vi vedr� di nuovo e il vostro cuore si rallegrer� e nessuno vi potr� togliere la vostra gioia � (16,22). Dobbiamo pensare in questa direzione, se vogliamo capire a che cosa mira la speranza cristiana, che cosa aspettiamo dalla fede, dal nostro essere con Cristo [9].

 

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