L'Enciclica 'Spe Salvi facti sumus'

di Sua Santit� Benedetto XVI

 

 

 

 

 

 

 

Introduzione

 

 

 

1. � SPE SALVI facti sumus � � nella speranza siamo stati salvati, dice san Paolo ai Romani e anche a noi (Rm 8,24). La � redenzione �, la salvezza, secondo la fede cristiana, non � un semplice dato di fatto.

La redenzione ci � offerta nel senso che ci � stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virt� della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, pu� essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta � cos� grande da giustificare la fatica del cammino.

Ora, si impone immediatamente la domanda: ma di che genere � mai questa speranza per poter giustificare l'affermazione secondo cui a partire da essa, e semplicemente perch� essa c'�, noi siamo redenti? E di quale tipo di certezza si tratta?

 

 

La fede � speranza

 

2. Prima di dedicarci a queste nostre domande, oggi particolarmente sentite, dobbiamo ascoltare ancora un po' pi� attentamente la testimonianza della Bibbia sulla speranza. � Speranza �, di fatto, � una parola centrale della fede biblica � al punto che in diversi passi le parole � fede � e � speranza � sembrano interscambiabili.

Cos� la Lettera agli Ebrei lega strettamente alla � pienezza della fede � (10,22) la � immutabile professione della speranza � (10,23). Anche quando la Prima Lettera di Pietro esorta i cristiani ad essere sempre pronti a dare una risposta circa il logos � il senso e la ragione � della loro speranza (cfr 3,15), � speranza � � l'equivalente di � fede �. Quanto sia stato determinante per la consapevolezza dei primi cristiani l'aver ricevuto in dono una speranza affidabile, si manifesta anche l� dove viene messa a confronto l'esistenza cristiana con la vita prima della fede o con la situazione dei seguaci di altre religioni. Paolo ricorda agli Efesini come, prima del loro incontro con Cristo, fossero � senza speranza e senza Dio nel mondo � (Ef 2,12).

Naturalmente egli sa che essi avevano avuto degli d�i, che avevano avuto una religione, ma i loro d�i si erano rivelati discutibili e dai loro miti contraddittori non emanava alcuna speranza. Nonostante gli d�i, essi erano � senza Dio � e conseguentemente si trovavano in un mondo buio, davanti a un futuro oscuro. � In nihil ab nihilo quam cito recidimus � (Nel nulla dal nulla quanto presto ricadiamo) [1] dice un epitaffio di quell'epoca � parole nelle quali appare senza mezzi termini ci� a cui Paolo accenna.

Nello stesso senso egli dice ai Tessalonicesi: Voi non dovete � affliggervi come gli altri che non hanno speranza � (1 Ts 4,13). Anche qui compare come elemento distintivo dei cristiani il fatto che essi hanno un futuro: non � che sappiano nei particolari ci� che li attende, ma sanno nell'insieme che la loro vita non finisce nel vuoto. Solo quando il futuro � certo come realt� positiva, diventa vivibile anche il presente.

Cos� possiamo ora dire: il cristianesimo non era soltanto una � buona notizia � � una comunicazione di contenuti fino a quel momento ignoti. Nel nostro linguaggio si direbbe: il messaggio cristiano non era solo � informativo �, ma � performativo �. Ci� significa: il Vangelo non � soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma � una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, � stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente; gli � stata donata una vita nuova

3. Ora, per�, si impone la domanda: in che cosa consiste questa speranza che, come speranza, � � redenzione �?

Bene: il nucleo della risposta � dato nel brano della Lettera agli Efesini citato poc'anzi: gli Efesini, prima dell'incontro con Cristo erano senza speranza, perch� erano � senza Dio nel mondo �. Giungere a conoscere Dio � il vero Dio, questo significa ricevere speranza. Per noi che viviamo da sempre con il concetto cristiano di Dio e ci siamo assuefatti ad esso, il possesso della speranza, che proviene dall'incontro reale con questo Dio, quasi non � pi� percepibile. L'esempio di una santa del nostro tempo pu� in qualche misura aiutarci a capire che cosa significhi incontrare per la prima volta e realmente questo Dio.

Penso all'africana Giuseppina Bakhita, canonizzata da Papa Giovanni Paolo II. Era nata nel 1869 circa � lei stessa non sapeva la data precisa � nel Darfur, in Sudan. All'et� di nove anni fu rapita da trafficanti di schiavi, picchiata a sangue e venduta cinque volte sui mercati del Sudan. Da ultimo, come schiava si ritrov� al servizio della madre e della moglie di un generale e l� ogni giorno veniva fustigata fino al sangue; in conseguenza di ci� le rimasero per tutta la vita 144 cicatrici. Infine, nel 1882 fu comprata da un mercante italiano per il console italiano Callisto Legnani che, di fronte all'avanzata dei mahdisti, torn� in Italia. Qui, dopo � padroni � cos� terribili di cui fino a quel momento era stata propriet�, Bakhita venne a conoscere un � padrone � totalmente diverso � nel dialetto veneziano, che ora aveva imparato, chiamava � paron � il Dio vivente, il Dio di Ges� Cristo.

Fino ad allora aveva conosciuto solo padroni che la disprezzavano e la maltrattavano o, nel caso migliore, la consideravano una schiava utile. Ora, per�, sentiva dire che esiste un � paron � al di sopra di tutti i padroni, il Signore di tutti i signori, e che questo Signore � buono, la bont� in persona. Veniva a sapere che questo Signore conosceva anche lei, aveva creato anche lei � anzi che Egli la amava. Anche lei era amata, e proprio dal � Paron � supremo, davanti al quale tutti gli altri padroni sono essi stessi soltanto miseri servi. Lei era conosciuta e amata ed era attesa. Anzi, questo Padrone aveva affrontato in prima persona il destino di essere picchiato e ora la aspettava � alla destra di Dio Padre �. Ora lei aveva � speranza � � non pi� solo la piccola speranza di trovare padroni meno crudeli, ma la grande speranza: io sono definitivamente amata e qualunque cosa accada � io sono attesa da questo Amore.

E cos� la mia vita � buona. Mediante la conoscenza di questa speranza lei era � redenta �, non si sentiva pi� schiava, ma libera figlia di Dio. Capiva ci� che Paolo intendeva quando ricordava agli Efesini che prima erano senza speranza e senza Dio nel mondo � senza speranza perch� senza Dio. Cos�, quando si volle riportarla nel Sudan, Bakhita si rifiut�; non era disposta a farsi di nuovo separare dal suo � Paron �. Il 9 gennaio 1890, fu battezzata e cresimata e ricevette la prima santa Comunione dalle mani del Patriarca di Venezia. L'8 dicembre 1896, a Verona, pronunci� i voti nella Congregazione delle suore Canossiane e da allora � accanto ai suoi lavori nella sagrestia e nella portineria del chiostro � cerc� in vari viaggi in Italia soprattutto di sollecitare alla missione: la liberazione che aveva ricevuto mediante l'incontro con il Dio di Ges� Cristo, sentiva di doverla estendere, doveva essere donata anche ad altri, al maggior numero possibile di persone.

La speranza, che era nata per lei e l'aveva � redenta �, non poteva tenerla per s�; questa speranza doveva raggiungere molti, raggiungere tutti.

Introduzione.     La fede � Speranza.

Il concetto di Speranza basato sulla fede nel Nuovo Testamento e nella Chiesa primitiva.

La Vita Eterna. Che cos'�?

La Speranza Cristiana � individualistica?

La trasformazione della Fede-Speranza Cristiana nel tempo moderno.

La vera fisionomia della Speranza Cristiana.

Luoghi di apprendimento e di esercizio della Speranza: I. La preghiera come Scuola di Speranza.

II. Agire e soffrire come luoghi di apprendimento della Speranza.

III. Il giudizio come luogo di apprendimento e di esercizio della Speranza.

Maria, stella della speranza

NOTE

Commentario.

 

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