RIGO CAMERANO

 

 

Critica al concetto di pace e giustificazione di Carlo Marx

 

 

 

 

La pace che qui intendiamo non � quella di Chateau Chambr�sis, n� quella di Westfalia, e nemmeno quella stipulata nel 241 avanti Cristo fra cartaginesi e romani, dopo la fine della prima guerra punica. Non � neanche la pax tombale, n� la pax hominibus bonae voluntatis.

La pace della quale vogliamo trattare, l'unica veramente che conti, � quella che dovrebbe stabilirsi fra uomini di cattiva volont�, fra uomini, intendo, entro i quali pu� capitare che uno dica ad un altro: - Fai pace, o sarai ucciso - e l'altro si fa un onore di rifiutare e poi muore. Oppure che un terzo dica a un secondo: - Non lo ammazzare! - E il secondo lo ammazza lo stesso.

La definizione esemplare di pace che qui si accetta � quella pronunciata da M.T. Cicerone nella seconda delle orazioni contro Antonio, impropriamente definite "Filippiche":

Pax est tranquilla libertas.

Questo tipo di pace ammette un confine autoimposto a situazioni contraddittorie che, non previste e supportate a sorpresa, potrebbero provocare disastri.

Ancora, Thomas Hobbes, nel "Leviatano", definisce la pace: "Cessazione del conflitto universale fra gli uomini". E si capisce che un concetto diverso di pace sarebbe qui fuori tema.

Siccome, tuttavia, il mondo � abitato da un enorme numero di persone diverse fra loro per tradizioni ambientali, esperienze e culture, e siccome lo stesso genere umano � tormentato da tutte le precariet� che affliggono la sua propria esistenza, allora - e questo la storia lo ha sempre dimostrato - la pace non si avr� mai per natura, ma dovr� essere istituita. Cosa che sinora non � stata mai fatta, almeno a livello mondiale.

Per cui, come ebbe a scrivere Kant nel paragrafo 2 del Zum ewigen Freiden ("Per la pace perpetua" 1796, trad. Abbagnano, 1960) "La mancanza di ostilit� non significa ancora sicurezza se questa non � garantita da un vicino ad un altro", ovvero, se non c'� prima una accettazione legale e concorde delle diversit� delle leggi dei vari popoli e Stati.

Se si accetta e si comprende bene il significato di quest'ultima definizione kantiana, se ne pu� ricavare che la pace pu� essere stipulata e mantenuta fra Stati o Nazioni che si reggano su usi, leggi, Costituzioni e religioni anche molto diverse fra loro. Pu� bastare, comunque, a pacificare due popoli, la volont� di non farsi guerra, ovvero, la consapevolezza della irrecuperabilit� di un danno comune e la reciproca sfiducia nella reale utilit� del vincere, cose ad apprezzare le quali le societ� civili del mondo (purtroppo non tutte) sono arrivate da ancor meno  di una sessantina d'anni. Prima, nel vecchio mondo, tutto questo nostro discorso sarebbe stato un non senso.

Ne conseguirebbe che l'affermazione - la quale da un po' di tempo circola molto - che la pace sia necessariamente possibile soltanto fra Stati legati fra loro da costituzioni di tipo simile (ad esempio, separatamente, le democrazie), non dovrebbe, almeno teoricamente, trovar giustificazione.

Ripetiamo ci� che abbiamo gi� detto cento volte, purtroppo sempre con scarsa fortuna: - la democrazia non � n� una ideologia, n� un partito politico; � semplicemente l'accettazione di un principio di convivenza che pu� esistere anche a livello ideologico non democratico.

La stessa cosa vale per il principio di monarchia, che noi abbiamo sempre trattato in giustificazione "a venire", come una alternativa di garantismo di valori di convivenza, assai auspicabile per l'Italia.

Comunque, ecco un esempio: Se una federazione di Stati A, a costituzione democratica (o para-democratica - es. Europa, es. USA),  si alleasse con lo Stato - nazione B, a costituzione comunista (o para - comunista - es. Cina), allora potrebbe venirne, allo Stato A, una migliore comprensione del comunismo (o del para - comunismo) ed allo Stato B una migliore comprensione della democrazia (o della para - democrazia); semprech�, ripetiamo, l'alleanza non sia formale, ma stipulata su un interesse basato sulla consapevolezza della accresciuta precariet� generale proveniente dalla mutata situazione storica.

In questo senso, molte tacite alleanze sono gi� state stipulate, che il mondo non dev'essere osservato in negativo al 100%.

Se questo tipo di ragionamento regge, allora si dovr� accettare che Carlo Marx aveva ragione quando affermava (indirettamente: lo si pu� ricavare dalla lettura del "Capitale", di cui la pi� completa e nota edizione in Italia �  quella di Giulio Einaudi, del 1975) quando affermava che l'economia mondiale finalizzata alla pace deve essere unica. Solo che lui, nei Grundrisse, immaginava una economia di sistema, liberalizzata da scambi reciproci fra Stati, e ricordava il ramadan indiano, ovvero le isole economiche autosufficienti che si scambiavano fra loro soltanto il superfluo. L�, il concetto di pace era sostenuto dall'ideologia, ovvero si dava per scontato che Paesi diversi ad unica ideologia dovessero essere alleati ed economicamente interdipendenti per semplice comprensione di popolo, senza bisogno di particolari trattati. Cosa che poi, gi� dai tempi di Stalin si dimostr� impossibile a realizzarsi.

Comunque, il principio in s� rimane, e pu� valere anche per l'economia di mercato. Solo che, a differenza della economia di piano, che pu� realizzarsi in uno, o in mille modi diversi, a seconda di quale tipo di piano si voglia considerare, la economia di mercato pu� svilupparsi (all'ingrosso) soltanto in due modi: nello antipatico modo liberista "global", proprio del nuovo tempo, oppure nel vecchio modo protetto, un tempo usato dal vetusto nazionalismo (o para - nazionalismo).

Piaccia o non piaccia, soltanto l'odioso modo liberista, multinazionalista e peccaminoso, pu� aspirare al titolo di economia unica, e quindi favorire la costruzione della pace del mondo. E' grande merito dei dirigenti il Partito Comunista Cinese, di aver superato (pur nella grande complessit� dei problemi) l'empasse ideologico e di avere invece privilegiato l'intendimento morale contenuto nel pensiero marxista.

Non conviene far qui un'analisi pi� approfondita, che non si addice allo stile culturale internet, il quale si realizza meglio sulle panoramiche. Tuttavia il concetto � chiaro: Al principio di "pace" ideologico e astratto, che di per s� sfugge a ogni tipo di analisi seria e pu� essere mistificato, converrebbe sostituire il concetto di "pacificazione delle nazioni" che si presta meglio ad essere pragmaticamente discusso e razionalizzato. 

Non conviene, infatti, alla pace, n� un piano di riduzione del mondo a un minimo comun denominatore politico democratico, n� un piano di riduzione del mondo a un comun denominatore economico protezionistico antiglobale. 

Si tratta, in breve, di trovare forze moralizzatrici oneste, interne al sistema.

 

 

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