PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE

COMPENDIO
DELLA DOTTRINA SOCIALE
DELLA CHIESA

A GIOVANNI PAOLO II
MAESTRO DI DOTTRINA SOCIALE
TESTIMONE EVANGELICO
DI GIUSTIZIA E DI PACE

 

 

INDICE GENERALE

Sigle
Abbreviazioni bibliche
Lettera del Card. Angelo Sodano
Presentazione

INTRODUZIONE

UN UMANESIMO INTEGRALE E SOLIDALE

a) All'alba del terzo millennio
b)
Il significato del documento
c)
Al servizio della piena verit� dell'uomo
d)
Nel segno della solidariet�, del rispetto e dell'amore

PARTE PRIMA

CAPITOLO PRIMO
IL DISEGNO DI AMORE DI DIO PER L'UMANIT�

I. L'AGIRE LIBERANTE DI DIO NELLA STORIA DI ISRAELE
a)
La prossimit� gratuita di Dio
b)
Principio della creazione e agire gratuito di Dio

II. GES� CRISTO COMPIMENTO DEL DISEGNO DI AMORE DEL PADRE
a)
In Ges� Cristo si compie l'evento decisivo della storia di Dio con gli uomini
b)
La rivelazione dell'Amore trinitario

III. LA PERSONA UMANA NEL DISEGNO DI AMORE DI DIO
a)
L'Amore trinitario, origine e meta della persona umana
b)
La salvezza cristiana: per tutti gli uomini e di tutto l'uomo
c)
Il discepolo di Cristo quale nuova creatura
d)
Trascendenza della salvezza e autonomia delle realt� terrene

IV. DISEGNO DI DIO E MISSIONE DELLA CHIESA
a)
La Chiesa, segno e tutela della trascendenza della persona umana.
b)
Chiesa, Regno di Dio e rinnovamento dei rapporti sociali
c)
Cieli nuovi e terra nuova
d)
Maria e il Suo � fiat � al disegno d'amore di Dio

CAPITOLO SECONDO
MISSIONE DELLA CHIESA E DOTTRINA SOCIALE

I. EVANGELIZZAZIONE E DOTTRINA SOCIALE
a)
La Chiesa, dimora di Dio con gli uomini
b)
Fecondare e fermentare la societ� con il Vangelo
c)
Dottrina sociale, evangelizzazione e promozione umana
d)
Diritto e dovere della Chiesa

II. LA NATURA DELLA DOTTRINA SOCIALE
a)
Un conoscere illuminato dalla fede
b)
In dialogo cordiale con ogni sapere
c)
Espressione del ministero d'insegnamento della Chiesa
d)
Per una societ� riconciliata nella giustizia e nell'amore
e)
Un messaggio per i figli della Chiesa e per l'umanit�
f)
Nel segno della continuit� e del rinnovamento

III. LA DOTTRINA SOCIALE NEL NOSTRO TEMPO: CENNI STORICI
a)
L'avvio di un nuovo cammino
b)
Dalla � Rerum novarum � ai nostri giorni
c)
Nella luce e sotto l'impulso del Vangelo

CAPITOLO TERZO
LA PERSONA UMANA E I SUOI DIRITTI

I. DOTTRINA SOCIALE E PRINCIPIO PERSONALISTA

II. LA PERSONA UMANA � IMAGO DEI �
a) Creatura ad immagine di Dio
b)
Il dramma del peccato
c)
Universalit� del peccato e universalit� della salvezza

III. LA PERSONA UMANA E I SUOI MOLTI PROFILI
A.
L'unit� della persona
B.
Apertura alla trascendenza e unicit� della persona
a)
Aperta alla trascendenza
b)
Unica e irripetibile
c)
Il rispetto della dignit� umana
C.
La libert� della persona
a)
Valore e limiti della libert�
b)
Il vincolo della libert� con la verit� e la legge naturale
D.
L'uguaglianza in dignit� di tutte le persone
E.
La socialit� umana

IV. I DIRITTI UMANI
a)
Il valore dei diritti umani
b)
La specificazione dei diritti
c)
Diritti e doveri
d)
Diritti dei popoli e delle Nazioni
e)
Colmare la distanza tra lettera e spirito

CAPITOLO QUARTO
I PRINCIPI DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

I. SIGNIFICATO E UNIT�

II. IL PRINCIPIO DEL BENE COMUNE
a)
Significato e principali implicazioni.
b)
La responsabilit� di tutti per il bene comune
c)
I compiti della comunit� politica

III. LA DESTINAZIONE UNIVERSALE DEI BENI
a) Origine e significato
b)
Destinazione universale dei beni e propriet� privata
c)
Destinazione universale dei beni e opzione preferenziale per i poveri

IV. IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIET�
a)
Origine e significato
b)
Indicazioni concrete

V. LA PARTECIPAZIONE
a)
Significato e valore
b)
Partecipazione e democrazia

VI. IL PRINCIPIO DI SOLIDARIET�
a)
Significato e valore
b)
La solidariet� come principio sociale e come virt� morale
c)
Solidariet� e crescita comune degli uomini
d)
La solidariet� nella vita e nel messaggio di Ges� Cristo

VII. I VALORI FONDAMENTALI DELLA VITA SOCIALE
a)
Rapporto tra principi e valori
b)
La verit�
c)
La libert�
d)
La giustizia

VIII. LA VIA DELLA CARIT�

PARTE SECONDA

CAPITOLO QUINTO
LA FAMIGLIA CELLULA VITALE DELLA SOCIET�

I. LA FAMIGLIA PRIMA SOCIET� NATURALE
a)
L'importanza della famiglia per la persona
b)
L'importanza della famiglia per la societ�

II. IL MATRIMONIO FONDAMENTO DELLA FAMIGLIA
a) Il valore del matrimonio
b)
Il sacramento del matrimonio

III. LA SOGGETTIVIT� SOCIALE DELLA FAMIGLIA
a)
L'amore e la formazione di una comunit� di persone
b)
La famiglia � il santuario della vita
c)
Il compito educativo
d)
Dignit� e diritti dei bambini

IV. LA FAMIGLIA PROTAGONISTA DELLA VITA SOCIALE
a)
Solidariet� familiare
b)
Famiglia, vita economica e lavoro

V. LA SOCIET� A SERVIZIO DELLA FAMIGLIA.

CAPITOLO SESTO
IL LAVORO UMANO

I. ASPETTI BIBLICI
a)
Il compito di coltivare e custodire la terra
b)
Ges� uomo del lavoro
c)
Il dovere di lavorare

II. IL VALORE PROFETICO DELLA � RERUM NOVARUM �

III. LA DIGNIT� DEL LAVORO
a)
La dimensione soggettiva e oggettiva del lavoro
b)
I rapporti tra lavoro e capitale
c)
Il lavoro, titolo di partecipazione
d)
Rapporto tra lavoro e propriet� privata
e)
Il riposo festivo

IV. IL DIRITTO AL LAVORO
a)
Il lavoro � necessario
b)
Il ruolo dello Stato e della societ� civile nella promozione del diritto al lavoro
c)
La famiglia e il diritto al lavoro
d)
Le donne e il diritto al lavoro
e)
Lavoro minorile
f)
L'emigrazione e il lavoro
g)
Il mondo agricolo e il diritto al lavoro

V. DIRITTI DEI LAVORATORI
a)
Dignit� dei lavoratori e rispetto dei loro diritti
b)
Il diritto all'equa remunerazione e distribuzione del reddito
c)
Il diritto di sciopero

VI. SOLIDARIET� TRA I LAVORATORI
a)
L'importanza dei sindacati
b)
Nuove forme di solidariet�

VII. LE � RES NOVAE � DEL MONDO DEL LAVORO
a)
Una fase di transizione epocale
b)
Dottrina sociale e � res novae �

CAPITOLO SETTIMO
LA VITA ECONOMICA

I. ASPETTI BIBLICI
a)
L'uomo, povert� e ricchezza
b)
La ricchezza esiste per essere condivisa

II. MORALE ED ECONOMIA

III. INIZIATIVA PRIVATA E IMPRESA
a)
L'impresa e i suoi fini
b)
Il ruolo dell'imprenditore e del dirigente d'azienda

IV. ISTITUZIONI ECONOMICHE AL SERVIZIO DELL'UOMO
a)
Ruolo del libero mercato
b)
L'azione dello Stato
c)
Il ruolo dei corpi intermedi
d)
Risparmio e consumo

V. LE � RES NOVAE � IN ECONOMIA
a)
La globalizzazione: le opportunit� e i rischi
b)
Il sistema finanziario internazionale
c)
Il ruolo della comunit� internazionale nell'epoca dell'economia globale
d)
Uno sviluppo integrale e solidale
e)
La necessit� di una grande opera educativa e culturale

CAPITOLO OTTAVO
LA COMUNIT� POLITICA

I. ASPETTI BIBLICI
a)
La signoria di Dio
b)
Ges� e l'autorit� politica
c)
Le prime comunit� cristiane

II. IL FONDAMENTO E IL FINE DELLA COMUNIT� POLITICA
a)
Comunit� politica, persona umana e popolo
b)
Tutelare e promuovere i diritti umani
c)
La convivenza basata sull'amicizia civile

III. L'AUTORIT� POLITICA
a)
Il fondamento dell'autorit� politica
b)
L'autorit� come forza morale
c)
Il diritto all'obiezione di coscienza
d)
Il diritto di resistere
e)
Infliggere le pene

IV. IL SISTEMA DELLA DEMOCRAZIA
a)
I valori e la democrazia
b)
Istituzioni e democrazia
c)
Le componenti morali della rappresentanza politica
d)
Strumenti di partecipazione politica
e)
Informazione e democrazia

V. LA COMUNIT� POLITICA A SERVIZIO DELLA SOCIET� CIVILE
a)
Il valore della societ� civile
b)
Il primato della societ� civile
c)
L'applicazione del principio di sussidiariet�

VI. LO STATO E LE COMUNIT� RELIGIOSE
A.
La libert� religiosa, un diritto umano fondamentale
B.
Chiesa Cattolica e Comunit� politica
a)
Autonomia e indipendenza
b)
Collaborazione

CAPITOLO NONO
LA COMUNIT� INTERNAZIONALE

I. ASPETTI BIBLICI
a)
L'unit� della famiglia umana
b)
Ges� Cristo prototipo e fondamento della nuova umanit�
c)
La vocazione universale del cristianesimo

II. LE REGOLE FONDAMENTALI DELLA COMUNIT� INTERNAZIONALE
a)
Comunit� internazionale e valori
b)
Relazioni fondate sull'armonia tra ordine giuridico e ordine morale

III. L'ORGANIZZAZIONE DELLA COMUNIT� INTERNAZIONALE
a)
Il valore delle Organizzazioni internazionali
b)
La personalit� giuridica della Santa Sede

IV. LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO
a)
Collaborazione per garantire il diritto allo sviluppo
b)
Lotta alla povert�
c)
Il debito estero

CAPITOLO DECIMO
SALVAGUARDARE L'AMBIENTE

I. ASPETTI BIBLICI

II. L'UOMO E L'UNIVERSO DELLE COSE

III. LA CRISI NEL RAPPORTO TRA UOMO E AMBIENTE

IV. UNA COMUNE RESPONSABILIT�
a)
L'ambiente, un bene collettivo
b)
L'uso delle biotecnologie
c)
Ambiente e condivisione dei beni
d)
Nuovi stili di vita

CAPITOLO UNDICESIMO
LA PROMOZIONE DELLA PACE

I. ASPETTI BIBLICI

II. LA PACE: FRUTTO DELLA GIUSTIZIA E DELLA CARIT�

III. IL FALLIMENTO DELLA PACE: LA GUERRA
a)
La legittima difesa
b)
Difendere la pace
c)
Il dovere di proteggere gli innocenti
d)
Misure contro chi minaccia la pace
e)
Il disarmo
f)
La condanna del terrorismo

IV. IL CONTRIBUTO DELLA CHIESA ALLA PACE

PARTE TERZA

CAPITOLO DODICESIMO
DOTTRINA SOCIALE E AZIONE ECCLESIALE

I. L'AZIONE PASTORALE IN AMBITO SOCIALE
a)
Dottrina sociale e inculturazione della fede
b)
Dottrina sociale e pastorale sociale
c)
Dottrina sociale e formazione
d)
Promuovere il dialogo
e)
I soggetti della pastorale sociale

II. DOTTRINA SOCIALE ED IMPEGNO DEI FEDELI LAICI
a)
Il fedele laico
b)
La spiritualit� del fedele laico
c)
Agire con prudenza
d)
Dottrina sociale ed esperienza associativa
e)
Il servizio nei diversi ambiti della vita sociale
1.
Il servizio alla persona umana
2.
Il servizio alla cultura
3.
Il servizio all'economia
4.
Il servizio alla politica

CONCLUSIONE

PER UNA CIVILT� DELL'AMORE

a) L'aiuto della Chiesa all'uomo contemporaneo
b)
Ripartire dalla fede in Cristo
c)
Una salda speranza
d)
Costruire la � civilt� dell'amore �

Indice dei riferimenti
Indice analitico


SIGLE

a. in articulo
AAS
Acta Apostolicae Sedis
ad 1um in responsione ad 1 argumentum
ad 2um in responsione ad 2 argumentum et ita porro
c. capitolo o in corpore articuli
cap. capitolo
CIC Codex Iuris Canonici (Codice di Diritto Canonico)
Cfr. Conferatur
Cost. dogm. Costituzione dogmatica
Cost. past. Costituzione pastorale
d.
distinctio
Decr. Decreto
Dich. Dichiarazione
DS H. Denzinger - A. Sch�nmetzer,
Enchiridion Symbolorum definitionum et declarationum de rebus fidei et morum
Ed. Leon. Sancti Thomae Aquinatis Doctoris Angelici
Opera omnia iussu impensaque Leonis XIII P.M. edita
Esort. ap. Esortazione apostolica
Ibid. Ibidem
Id. Idem
Istr. Istruzione
Lett. ap. Lettera apostolica
Lett. enc. Lettera enciclica
p. pagina
PG
Patrologia graeca (J. P. Migne)
PL
Patrologia latina (J. P. Migne)
q.
quaestio
QQ. DD.
Quaestiones disputatae
v. volume
I Prima Pars Summae Theologiae
I-II Prima Secundae Partis Summae Theologiae
II-II Secunda Secundae Partis Summae Theologiae
III Tertia Pars Summae Theologiae
 

 

ABBREVIAZIONI BIBLICHE

Ab Abacuc
Abd Abdia
Ag Aggeo
Am Amos
Ap Apocalisse
At Atti degli Apostoli
Bar Baruc
Col Colossesi
1 Cor 1 Corinzi
2 Cor 2 Corinzi
1 Cr 1 Cronache
2 Cr 2 Cronache
Ct Cantico dei Cantici
Dn Daniele
Dt Deuteronomio
Eb Ebrei
Ef Efesini
Es Esodo
Esd Esdra
Est Ester
Ez Ezechiele
Fil Filippesi
Fm Filemone
Gal Galati
Gb Giobbe
Gc Giacomo
Gd Giuda
Gdc Giudici
Gdt Giuditta
Gen Genesi
Ger Geremia
Gl Gioele
Gn Giona
Gs Giosu�
Gv Giovanni
1 Gv 1 Giovanni
2 Gv 2 Giovanni
3 Gv 3 Giovanni
Is Isaia
Lam Lamentazioni
Lc Luca
Lv Levitico
1 Mac 1 Maccabei
2 Mac 2 Maccabei
Mc Marco
Mi Michea
Ml Malachia
Mt Matteo
Na Naum
Ne Neemia
Nm Numeri
Os Osea
Pr Proverbi
1 Pt 1 Pietro
2 Pt 2 Pietro
Qo Qo�let
1 Re 1 Libro dei Re
2 Re 2 Libro dei Re
Rm Romani
Rt Rut
Sal Salmi
1 Sam 1 Samuele
2 Sam 2 Samuele
Sap Sapienza
Sir Siracide
Sof Sofonia
Tb Tobia
1 Tm 1 Timoteo
2 Tm 2 Timoteo
1 Ts 1 Tessalonicesi
2 Ts 2 Tessalonicesi
Tt Tito
Zc Zaccaria

 

 

SEGRETERIA DI STATO

dal Vaticano, 29 Giugno 2004
N. 559.332

Signor Cardinale,

Nel corso della sua storia, e in particolare negli ultimi cento anni, la Chiesa non ha mai rinunciato � secondo le parole del Papa Leone XIII � a dire la � parola che le spetta � sulle questioni della vita sociale. Continuando ad elaborare e ad aggiornare la ricca eredit� della Dottrina Sociale cattolica, il Papa Giovanni Paolo II ha pubblicato, per parte sua, tre grandi Encicliche � Laborem exercens, Sollicitudo rei socialis e Centesimus annus �, che costituiscono tappe fondamentali del pensiero cattolico sull'argomento. Per parte loro, numerosi Vescovi, in ogni parte del mondo, hanno contribuito in questi ultimi tempi ad approfondire la dottrina sociale della Chiesa. Altrettanto hanno fatto numerosi studiosi, in ogni Continente.

1. Era quindi auspicabile che si provvedesse a redigere un compendio di tutta la materia, presentando in modo sistematico i capisaldi della dottrina sociale cattolica. Di ci� si � fatto lodevolmente carico il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, dedicando all'iniziativa un intenso lavoro nel corso degli ultimi anni.

Sono perci� lieto della pubblicazione del volume Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, condividendo con Lei la gioia di offrirlo ai credenti e a tutti gli uomini di buona volont�, come alimento di crescita umana e spirituale, personale e comunitaria.

2. L'opera mostra come la dottrina sociale cattolica abbia anche valore di strumento di evangelizzazione (cfr. Centesimus annus, 54), perch� pone in relazione la persona umana e la societ� con la luce del Vangelo. I principi della dottrina sociale della Chiesa, che poggiano sulla legge naturale, si vedono poi confermati ed avvalorati, nella fede della Chiesa, dal Vangelo di Cristo.

In questa luce, l'uomo � invitato innanzi tutto a scoprirsi quale essere trascendente, in ogni dimensione della vita, compresa quella legata ai contesti sociali, economici e politici. La fede porta a pienezza il significato della famiglia che, fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna, costituisce la prima e vitale cellula della societ�; essa inoltre illumina la dignit� del lavoro che, in quanto attivit� dell'uomo destinata alla sua realizzazione, ha la priorit� sul capitale e costituisce titolo di partecipazione ai frutti che ne derivano.

3. Nel presente testo emerge poi l'importanza dei valori morali, fondati sulla legge naturale scritta nella coscienza di ogni essere umano, che � perci� tenuto a riconoscerla e a rispettarla. L'umanit� chiede oggi maggiore giustizia nell'affrontare il vasto fenomeno della globalizzazione; sente viva la preoccupazione per l'ecologia e per una corretta gestione degli affari pubblici; avverte la necessit� di salvaguardare la coscienza nazionale, senza perdere per� di vista la via del diritto e la consapevolezza dell'unit� della famiglia umana. Il mondo del lavoro, profondamente modificato dalle moderne conquiste tecnologiche, conosce straordinari livelli di qualit�, ma deve purtroppo registrare anche inedite forme di precariet�, di sfruttamento e persino di schiavit�, all'interno delle stesse societ� cosiddette opulente. In diverse aree del pianeta il livello del benessere continua a crescere, ma aumenta minacciosamente il numero dei nuovi poveri e si allarga, per varie ragioni, il divario fra Paesi meno sviluppati e Paesi ricchi. Il libero mercato, processo economico con lati positivi, manifesta tuttavia i suoi limiti. D'altra parte, l'amore preferenziale per i poveri rappresenta una scelta fondamentale della Chiesa, ed essa la propone a tutti gli uomini di buona volont�.

Appare cos� come la Chiesa non possa cessare di far sentire la propria voce sulle res novae, tipiche dell'epoca moderna, perch� ad essa spetta di invitare tutti a prodigarsi affinch� si affermi sempre pi� una civilt� autentica protesa verso la ricerca di uno sviluppo umano integrale e solidale.

4. Le attuali questioni culturali e sociali coinvolgono soprattutto i fedeli laici, chiamati, come ricorda il Concilio Ecumenico Vaticano II, a trattare le cose temporali ordinandole secondo Dio (cfr. Lumen gentium, 31). Ben si comprende, quindi, la fondamentale importanza della formazione dei laici, affinch� con la santit� della loro vita e la forza della loro testimonianza, contribuiscano al progresso dell'umanit�. Questo documento intende aiutarli nella loro quotidiana missione.

� interessante poi notare come numerosi elementi qui raccolti appaiano condivisi dalle altre Chiese e Comunit� ecclesiali, nonch� da altre Religioni. Il testo � stato elaborato in modo da essere fruibile non soltanto ad intra, ossia tra i cattolici, ma anche ad extra. Infatti, i fratelli accomunati a noi dallo stesso Battesimo, i seguaci di altre Religioni e tutti gli uomini di buona volont� ne possono trarre fecondi spunti di riflessione e un impulso comune per lo sviluppo integrale di ogni uomo e di tutto l'uomo.

5. Il Santo Padre, mentre auspica che il presente documento aiuti l'umanit� nella ricerca operosa del bene comune, invoca le benedizioni di Dio su quanti si soffermeranno a riflettere sugli insegnamenti di tale pubblicazione. Nel formulare anche il mio personale augurio per il successo di quest'opera, mi congratulo con Vostra Eminenza e con i Collaboratori del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace per l'importante lavoro svolto, mentre con sensi di ben distinto ossequio mi � gradito confermarmi

Suo dev.mo nel Signore
Angelo Card. Sodano

Segretario di Stato

 

��������������

A Sua Eminenza Reverendissima
il Sig. Card. RENATO RAFFAELE MARTINO
Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace
CITT� DEL VATICANO

 

PRESENTAZIONE

Sono lieto di presentare il documento Compendio della dottrina sociale della Chiesa, elaborato, secondo l'incarico ricevuto dal Santo Padre Giovanni Paolo II, per esporre in maniera sintetica, ma esauriente, l'insegnamento sociale della Chiesa.

Trasformare la realt� sociale con la forza del Vangelo, testimoniata da donne e uomini fedeli a Ges� Cristo, � sempre stata una sfida e lo � ancora, all'inizio del terzo millennio dell'era cristiana. L'annuncio di Ges� Cristo, � buona novella � di salvezza, d'amore, di giustizia e di pace, non trova facilmente accoglienza nel mondo di oggi, ancora devastato da guerre, miseria e ingiustizie; proprio per questo l'uomo del nostro tempo ha pi� che mai bisogno del Vangelo: della fede che salva, della speranza che illumina, della carit� che ama.

La Chiesa, esperta in umanit�, in un'attesa fiduciosa e al tempo stesso operosa, continua a guardare verso i � nuovi cieli � e la � terra nuova � (2 Pt 3,13), e a indicarli a ciascun uomo, per aiutarlo a vivere la sua vita nella dimensione del senso autentico. � Gloria Dei vivens homo �: l'uomo che vive in pienezza la sua dignit� rende gloria a Dio, che gliel'ha donata.

La lettura di queste pagine � proposta anzitutto per sostenere e spronare l'azione dei cristiani in campo sociale, specialmente dei fedeli laici, dei quali questo ambito � proprio; tutta la loro vita deve qualificarsi come una feconda opera evangelizzatrice. Ciascun credente deve imparare prima di tutto ad obbedire al Signore con la fortezza della fede, sull'esempio di San Pietro: � Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getter� le reti � (Lc 5,5). Ogni lettore di � buona volont� � potr� conoscere i motivi che spingono la Chiesa a intervenire con una dottrina in campo sociale, a prima vista non di sua competenza, e le ragioni per un incontro, un dialogo, una collaborazione per servire il bene comune.

Il mio predecessore, il compianto e venerato cardinale Fran�ois-Xavier Nguy�n Van Thu�n, guid� sapientemente, con costanza e lungimiranza, la complessa fase preparatoria di questo documento; la malattia gli imped� di concluderla con la pubblicazione. Quest'opera a me affidata, e ora consegnata ai lettori, porta dunque il sigillo di un grande testimone della Croce, forte nella fede negli anni bui e terribili del Vi�t Nam. Egli sapr� accogliere la nostra gratitudine per tutto il suo prezioso lavoro, profuso con amore e dedizione, e benedire tutti coloro che si soffermeranno a riflettere su queste pagine.

Invoco l'intercessione di San Giuseppe, Custode del Redentore e Sposo della Beata Vergine Maria, Patrono della Chiesa universale e del lavoro, affinch� questo testo possa dare copiosi frutti nella vita sociale come strumento di annuncio evangelico, di giustizia e di pace.

Citt� del Vaticano, 2 aprile 2004, Memoria di San Francesco da Paola.

Renato Raffaele Card. Martino
Presidente

+ Giampaolo Crepaldi
Segretario


 

COMPENDIO
DELLA DOTTRINA SOCIALE
DELLA CHIESA

 

INTRODUZIONE

UN UMANESIMO INTEGRALE E SOLIDALE

 

a) All'alba del terzo millennio

1 La Chiesa, popolo pellegrinante, si inoltra nel terzo millennio dell'era cristiana guidata da Cristo, ilPastore grande � (Eb 13,20): Egli � la Porta Santa (cfr. Gv 10,9) che abbiamo varcato durante il Grande Giubileo dell'anno 2000.1 Ges� Cristo � la Via, la Verit� e la Vita (cfr. Gv 14,6): contemplando il Volto del Signore, confermiamo la nostra fede e la nostra speranza in Lui, unico Salvatore e traguardo della storia.

La Chiesa continua a interpellare tutti i popoli e tutte le Nazioni, perch� solo nel nome di Cristo � data all'uomo la salvezza. La salvezza, che il Signore Ges� ci ha conquistato � a caro prezzo � (1 Cor 6,20; cfr. 1 Pt 1,18-19), si realizza nella vita nuova che attende i giusti dopo la morte, ma investe anche questo mondo nelle realt� dell'economia e del lavoro, della tecnica e della comunicazione, della societ� e della politica, della comunit� internazionale e dei rapporti tra le culture e i popoli: � Ges� � venuto a portare la salvezza integrale, che investe tutto l'uomo e tutti gli uomini, aprendoli ai mirabili orizzonti della filiazione divina �.2

2 In quest'alba del terzo millennio, la Chiesa non si stanca di annunciare il Vangelo che dona salvezza e autentica libert� anche nelle cose temporali, ricordando la solenne raccomandazione rivolta da san Paolo al discepolo Timoteo: � Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimit� e dottrina. Verr� giorno, infatti, in cui non si sopporter� pi� la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verit� per volgersi alle favole. Tu per� vigila attentamente, sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunziatore del vangelo, adempi il tuo ministero � (2 Tm 4,2-5).

3 Agli uomini e alle donne del nostro tempo, suoi compagni di viaggio, la Chiesa offre anche la sua dottrina sociale. Quando, infatti, la Chiesa � compie la sua missione di annunziare il Vangelo, attesta all'uomo, in nome di Cristo, la sua dignit� e la sua vocazione alla comunione delle persone; gli insegna le esigenze della giustizia e della pace, conformi alla sapienza divina �.3 Tale dottrina ha una sua profonda unit�, che sgorga dalla Fede in una salvezza integrale, dalla Speranza in una giustizia piena, dalla Carit� che rende tutti gli uomini veramente fratelli in Cristo: � un'espressione dell'amore di Dio per il mondo, che Egli ha tanto amato � da dare il suo Figlio unigenito � (Gv 3,16). La legge nuova dell'amore abbraccia l'intera umanit� e non conosce limiti, poich� l'annuncio della salvezza in Cristo si estende � fino agli estremi confini della terra � (At 1,8).

4 Scoprendosi amato da Dio, l'uomo comprende la propria trascendente dignit�, impara a non accontentarsi di s� e ad incontrare l'altro in una rete di relazioni sempre pi� autenticamente umane. Uomini resi nuovi dall'amore di Dio sono in grado di cambiare le regole e la qualit� delle relazioni e anche le strutture sociali: sono persone capaci di portare pace dove ci sono conflitti, di costruire e coltivare rapporti fraterni dove c'� odio, di cercare la giustizia dove domina lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Solo l'amore � capace di trasformare in modo radicale i rapporti che gli esseri umani intrattengono tra loro. Inserito in questa prospettiva, ciascun uomo di buona volont� pu� intravedere i vasti orizzonti della giustizia e dello sviluppo umano nella verit� e nel bene.

5 L'amore ha davanti a s� un vasto lavoro al quale la Chiesa vuole contribuire anche con la sua dottrina sociale, che riguarda tutto l'uomo e si rivolge a tutti gli uomini. Tanti fratelli bisognosi attendono aiuto, tanti oppressi attendono giustizia, tanti disoccupati attendono lavoro, tanti popoli attendono rispetto: � � possibile che, nel nostro tempo, ci sia ancora chi muore di fame? chi resta condannato all'analfabetismo? chi manca delle cure mediche pi� elementari? chi non ha una casa in cui ripararsi? Lo scenario della povert� pu� allargarsi indefinitamente, se aggiungiamo alle vecchie le nuove povert�, che investono spesso anche gli ambienti e le categorie non prive di risorse economiche, ma esposte alla disperazione del non senso, all'insidia della droga, all'abbandono nell'et� avanzata o nella malattia, all'emarginazione o alla discriminazione sociale. ... E come poi tenerci in disparte di fronte alle prospettive di un dissesto ecologico, che rende inospitali e nemiche dell'uomo vaste aree del pianeta? O rispetto ai problemi della pace, spesso minacciata con l'incubo di guerre catastrofiche? O di fronte al vilipendio dei diritti umani fondamentali di tante persone, specialmente dei bambini? �.4

6 L'amore cristiano spinge alla denuncia, alla proposta e all'impegno di progettazione culturale e sociale, ad una fattiva operosit�, che sprona tutti coloro che hanno sinceramente a cuore la sorte dell'uomo ad offrire il proprio contributo. L'umanit� comprende sempre pi� chiaramente di essere legata da un unico destino che richiede una comune assunzione di responsabilit�, ispirata da un umanesimo integrale e solidale: vede che questa unit� di destino � spesso condizionata e perfino imposta dalla tecnica o dall'economia e avverte il bisogno di una maggiore consapevolezza morale, che orienti il cammino comune. Stupiti dalle molteplici innovazioni tecnologiche, gli uomini del nostro tempo desiderano fortemente che il progresso sia finalizzato al vero bene dell'umanit� di oggi e di domani.

b) Il significato del documento

7 Il cristiano sa di poter trovare nella dottrina sociale della Chiesa i principi di riflessione, i criteri di giudizio e le direttive di azione da cui partire per promuovere un umanesimo integrale e solidale. Diffondere tale dottrina costituisce, pertanto, un'autentica priorit� pastorale, affinch� le persone, da essa illuminate, si rendano capaci di interpretare la realt� di oggi e di cercare appropriate vie per l'azione: � L'insegnamento e la diffusione della dottrina sociale fanno parte della missione evangelizzatrice della Chiesa �.5

In questa prospettiva � stata ritenuta assai utile la pubblicazione di un documento che illustrasse le linee fondamentali della dottrina sociale della Chiesa e la relazione esistente tra questa dottrina e la nuova evangelizzazione.6 Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che lo ha elaborato e ne porta la piena responsabilit�, si � avvalso per quest'opera di un'ampia consultazione, coinvolgendo i suoi Membri e Consultori, alcuni Dicasteri della Curia Romana, Conferenze Episcopali di vari Paesi, singoli Vescovi ed esperti nelle questioni trattate.

8 Questo documento intende presentare in maniera complessiva e sistematica, anche se in forma sintetica, l'insegnamento sociale, che � frutto della sapiente riflessione magisteriale ed espressione del costante impegno della Chiesa nella fedelt� alla Grazia della salvezza di Cristo e nell'amorevole sollecitudine per le sorti dell'umanit�. Gli aspetti teologici, filosofici, morali, culturali e pastorali pi� rilevanti di tale insegnamento vengono qui organicamente richiamati in relazione alle questioni sociali. In questo modo viene testimoniata la fecondit� dell'incontro tra il Vangelo e i problemi che l'uomo affronta nel suo cammino storico.

Nello studio del Compendio sar� bene tener presente che le citazioni dei testi del Magistero sono tratte da documenti di diversa autorit�. A fianco dei documenti conciliari e delle encicliche, figurano anche discorsi dei Pontefici o documenti elaborati da Dicasteri della Santa Sede. Come � noto, ma sembra opportuno sottolinearlo, il lettore deve essere consapevole che si tratta di livelli diversi di insegnamento. Il documento, che si limita ad offrire un'esposizione delle linee fondamentali della dottrina sociale, lascia alle Conferenze Episcopali la responsabilit� di fare le opportune applicazioni richieste dalle diverse situazioni locali.7

9 Il documento offre un quadro complessivo delle linee fondamentali del corpus dottrinale dell'insegnamento sociale cattolico. Tale quadro consente di affrontare adeguatamente le questioni sociali del nostro tempo, che richiedono di essere prese in considerazione con una visione d'insieme, perch� si caratterizzano come questioni sempre pi� interconnesse, che si condizionano a vicenda e che riguardano sempre di pi� tutta la famiglia umana. L'esposizione dei principi della dottrina sociale intende suggerire un metodo organico nella ricerca di soluzioni ai problemi, affinch� il discernimento, il giudizio e le scelte siano rispondenti alla realt� e la solidariet� e la speranza possano con efficacia incidere anche nelle complesse situazioni odierne. I principi, infatti, si richiamano e si illuminano l'un l'altro, in quanto esprimono l'antropologia cristiana,8 frutto della Rivelazione dell'amore che Dio ha per la persona umana. Si tenga in debita considerazione, tuttavia, che il trascorrere del tempo e il mutare dei contesti sociali richiederanno costanti e aggiornate riflessioni sui diversi argomenti qui esposti, per interpretare i nuovi segni dei tempi.

10 Il documento si propone come uno strumento per il discernimento morale e pastorale dei complessi eventi che caratterizzano i nostri tempi; come una guida per ispirare, a livello individuale e collettivo, comportamenti e scelte tali da permettere di guardare al futuro con fiducia e speranza; come un sussidio per i fedeli sull'insegnamento della morale sociale. Ne pu� derivare un nuovo impegno capace di rispondere alle esigenze del nostro tempo e misurato sui bisogni e sulle risorse dell'uomo, ma soprattutto l'anelito a valorizzare in forme nuove la vocazione propria dei vari carismi ecclesiali in ordine all'evangelizzazione del sociale, perch� � tutti i membri della Chiesa sono partecipi della sua dimensione secolare �.9 Il testo viene proposto, infine, come motivo di dialogo con tutti coloro che desiderano sinceramente il bene dell'uomo.

11 I primi destinatari di questo documento sono i Vescovi, che troveranno le forme pi� adatte per la sua diffusione e la sua corretta interpretazione. Appartiene, infatti, al loro � munus docendi � insegnare che � nel piano di Dio Creatore le realt� terrene e le istituzioni umane sono finalizzate anche alla salvezza degli uomini e possono perci� contribuire non poco all'edificazione del Corpo di Cristo �.10 I sacerdoti, i religiosi e le religiose e, in generale, i formatori vi troveranno una guida per il loro insegnamento e uno strumento di servizio pastorale. I fedeli laici, che cercano il Regno dei cieli � trattando e ordinando secondo Dio le cose temporali �,11 vi troveranno luce per il loro specifico impegno. Le comunit� cristiane potranno utilizzare questo documento per analizzare obiettivamente le situazioni, chiarirle alla luce delle parole immutabili del Vangelo, attingere principi di riflessione, criteri di giudizio e orientamenti per l'azione.12

12 Questo documento � proposto anche ai fratelli delle altre Chiese e Comunit� Ecclesiali, ai seguaci delle altre religioni, nonch� a quanti, uomini e donne di buona volont�, si impegnano a servire il bene comune: vogliano accoglierlo come il frutto di un'esperienza umana universale, costellata da innumerevoli segni della presenza dello Spirito di Dio. � un tesoro di cose nuove e antiche (cfr. Mt 13,52), che la Chiesa vuole condividere, per ringraziare Dio, dal quale discende � ogni buon regalo e ogni dono perfetto � (Gc 1,17). � un segno di speranza il fatto che oggi le religioni e le culture manifestano disponibilit� al dialogo ed avvertono l'urgenza di unire i propri sforzi per favorire la giustizia, la fraternit�, la pace e la crescita della persona umana.

La Chiesa Cattolica unisce in particolare il proprio impegno a quello profuso in campo sociale dalle altre Chiese e Comunit� Ecclesiali, sia a livello di riflessione dottrinale sia a livello pratico. Insieme ad esse, la Chiesa Cattolica � convinta che dalla comune eredit� degli insegnamenti sociali custoditi dalla tradizione viva del popolo di Dio derivino stimoli e orientamenti per una sempre pi� stretta collaborazione nella promozione della giustizia e della pace.13

c) Al servizio della piena verit� dell'uomo

13 Questo documento � un atto di servizio della Chiesa agli uomini e alle donne del nostro tempo, ai quali essa offre il patrimonio della sua dottrina sociale, secondo quello stile di dialogo con cui Dio stesso, nel Suo Figlio unigenito fatto uomo, � parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e vive fra essi (cfr. Bar 3,38) �.14 Traendo ispirazione dalla Costituzione pastoraleGaudium et spes, anche questo documento pone come cardine di tutta l'esposizione l'uomo, � quello integrale, con il corpo e l'anima, con il cuore e la coscienza, l'intelletto e la volont� �.15 Nella prospettiva delineata, la Chiesa � non � mossa da alcuna ambizione terrena, ma mira a una cosa sola: continuare cio�, sotto la guida dello Spirito Paraclito, l'opera di Cristo, che � venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verit�, per salvare e non per giudicare, per servire e non per essere servito �.16

14 Con il presente documento la Chiesa intende offrire un contributo di verit� alla questione del posto dell'uomo nella natura e nella societ�, affrontata dalle civilt� e culture in cui si esprime la saggezza dell'umanit�. Immergendo le loro radici in un passato spesso millenario, esse si manifestano nelle forme della religione, della filosofia e del genio poetico di ogni tempo e di ogni popolo, offrendo delle interpretazioni dell'universo e della convivenza umana e cercando di dare un senso all'esistenza e al mistero che l'avvolge. Chi sono io? perch� la presenza del dolore, del male, della morte, malgrado ogni progresso? a che cosa valgono tante conquiste se il loro prezzo � non di rado insopportabile? che cosa ci sar� dopo questa vita? Queste domande di fondo caratterizzano il percorso del vivere umano.17 A questo riguardo, si pu� ricordare il monito � Conosci te stesso �, scolpito sull'architrave del tempio di Delfi, che sta a testimoniare la verit� basilare secondo cui l'uomo, chiamato a distinguersi tra tutti gli esseri creati, si qualifica come uomo appunto in quanto costitutivamente orientato a conoscere se stesso.

15 L'orientamento che si imprime all'esistenza, alla convivenza sociale e alla storia dipende, in gran parte, dalle risposte date agli interrogativi sul posto dell'uomo nella natura e nella societ�, alle quali il presente documento intende offrire il suo contributo. Il significato profondo dell'esistere umano, infatti, si rivela nella libera ricerca della verit� capace di offrire indirizzo e pienezza alla vita, ricerca alla quale tali interrogativi sollecitano incessantemente l'intelligenza e la volont� dell'uomo. Essi esprimono la natura umana al livello pi� alto, perch� coinvolgono la persona in una risposta che misura la profondit� del suo impegno con la propria esistenza. Si tratta, inoltre, di interrogativi essenzialmente religiosi: � quando il perch� delle cose viene indagato con integralit� alla ricerca della risposta ultima e pi� esauriente, allora la ragione umana tocca il suo vertice e si apre alla religiosit�. In effetti, la religiosit� rappresenta l'espressione pi� elevata della persona umana, perch� � il culmine della sua natura razionale. Essa sgorga dall'aspirazione profonda dell'uomo alla verit� ed � alla base della ricerca libera e personale che egli compie del divino �.18

16 Gli interrogativi radicali che accompagnano sin dagli inizi il cammino degli uomini acquistano, nel nostro tempo, pregnanza ancora maggiore, per la vastit� delle sfide, la novit� degli scenari, le scelte decisive che le attuali generazioni sono chiamate a compiere.

La prima delle sfide pi� grandi, di fronte alle quali l'umanit� oggi si trova, � quella della verit� stessa dell'essere-uomo. Il confine e la relazione tra natura, tecnica e morale sono questioni che interpellano decisamente la responsabilit� personale e collettiva in ordine ai comportamenti da tenere rispetto a ci� che l'uomo �, a ci� che pu� fare e a ci� che deve essere. Una seconda sfida � posta dalla comprensione e dalla gestione del pluralismo e delle differenze a tutti i livelli: di pensiero, di opzione morale, di cultura, di adesione religiosa, di filosofia dello sviluppo umano e sociale. La terza sfida � la globalizzazione, che ha un significato pi� largo e pi� profondo di quello semplicemente economico, poich� nella storia si � aperta una nuova epoca, che riguarda il destino dell'umanit�.

17 I discepoli di Ges� Cristo si sentono coinvolti da questi interrogativi, li portano anch'essi dentro il loro cuore e vogliono impegnarsi, insieme con tutti gli uomini, nella ricerca della verit� e del senso dell'esistenza personale e sociale. A tale ricerca contribuiscono con la loro generosa testimonianza del dono che l'umanit� ha ricevuto: Dio le ha rivolto la Sua Parola nel corso della storia, anzi Egli stesso vi � entrato per dialogare con essa e per rivelarle il Suo disegno di salvezza, di giustizia e di fraternit�. Nel Suo Figlio, Ges� Cristo, divenuto uomo, Dio ci ha liberati dal peccato e ha indicato la via lungo la quale camminare e la meta verso cui tendere.

d) Nel segno della solidariet�, del rispetto e dell'amore

18 La Chiesa cammina insieme a tutta l'umanit� lungo le strade della storia. Essa vive nel mondo e, pur non essendo del mondo (cfr. Gv 17, 14-16), � chiamata a servirlo seguendo la propria intima vocazione. Un simile atteggiamento � riscontrabile anche nel presente documento � � sostenuto dalla profonda convinzione che � importante per il mondo riconoscere la Chiesa quale realt� e fermento della storia, cos� come per la Chiesa non ignorare quanto essa abbia ricevuto dalla storia e dall'evoluzione del genere umano.19 Il Concilio Vaticano II ha voluto dare un'eloquente dimostrazione della solidariet�, del rispetto e dell'amore nei riguardi della famiglia umana, instaurando con essa un dialogo su tanti problemi, � portando la luce che trae dal Vangelo e mettendo a disposizione del genere umano le energie di salvezza che la Chiesa, sotto la guida dello Spirito Santo, riceve dal suo Fondatore. Si tratta di salvare la persona dell'uomo e di edificare la societ� umana �.20

19 La Chiesa, segno nella storia dell'amore di Dio per gli uomini e della vocazione dell'intero genere umano all'unit� nella figliolanza dell'unico Padre,21 anche con questo documento sulla sua dottrina sociale intende proporre a tutti gli uomini un umanesimo all'altezza del disegno d'amore di Dio sulla storia, un umanesimo integrale e solidale, capace di animare un nuovo ordine sociale, economico e politico, fondato sulla dignit� e sulla libert� di ogni persona umana, da attuare nella pace, nella giustizia e nella solidariet�. Tale umanesimo pu� essere realizzato se i singoli uomini e donne e le loro comunit� sapranno coltivare le virt� morali e sociali in se stessi e diffonderle nella societ�, � cosicch� vi siano davvero uomini nuovi e artefici di una nuova umanit�, con il necessario aiuto della grazia divina �.22


 

 

PARTE PRIMA

� La dimensione teologica risulta necessaria
sia per interpretare che per risolvere
gli attuali problemi della convivenza umana �

(Centesimus annus, 55)

 
 

CAPITOLO PRIMO

IL DISEGNO DI AMORE DI DIO PER L'UMANIT�

I. L'AGIRE LIBERANTE DI DIO
NELLA STORIA DI ISRAELE

 

a) La prossimit� gratuita di Dio

20 Ogni autentica esperienza religiosa, in tutte le tradizioni culturali, conduce ad una intuizione del Mistero che, non di rado, giunge a cogliere qualche tratto del volto di Dio. Egli appare, da un lato, come origine di ci� che �, come presenza che garantisce agli uomini, socialmente organizzati, le basilari condizioni di vita, mettendo a disposizione i beni ad essa necessari; dall'altro lato, invece, come misura di ci� che deve essere, come presenza che interpella l'agire umano � tanto a livello personale quanto a livello sociale � sull'uso di quegli stessi beni nel rapporto con gli altri uomini. In ogni esperienza religiosa, dunque, si rivelano importanti sia la dimensione del dono e della gratuit�, che si coglie come sottesa all'esperienza che la persona umana fa del suo esistere insieme agli altri nel mondo, sia le ripercussioni di questa dimensione sulla coscienza dell'uomo, che avverte di essere interpellato a gestire in forma responsabile e conviviale il dono ricevuto. Testimonianza di tutto ci� � l'universale riconoscimento della regola d'oro, nella quale si esprime, sul piano delle relazioni umane, l'interpellanza che giunge all'uomo dal Mistero: � Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro � (Mt 7,12).23

21 Sullo sfondo, variamente condiviso, dell'universale esperienza religiosa, si staglia la Rivelazione che progressivamente Dio fa di Se stesso al popolo d'Israele. Essa risponde alla ricerca umana del divino in modo inatteso e sorprendente, grazie ai gesti storici, puntuali ed incisivi, nei quali si manifesta l'amore di Dio per l'uomo. Secondo il libro dell'Esodo, il Signore rivolge a Mos� questa parola: � Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell'Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele � (Es 3,7-8). La prossimit� gratuita di Dio � alla quale allude il Suo stesso Nome, che Egli rivela a Mos�, � Io sono colui che sono � (Es 3,14) � si manifesta nella liberazione dalla schiavit� e nella promessa, diventando azione storica, dalla quale trae origine il processo di identificazione collettiva del popolo del Signore, mediante l'acquisto della libert� e della terra di cui Dio gli fa dono.

22 Alla gratuit� dell'operare divino, storicamente efficace, si accompagna costantemente l'impegno dell'Alleanza, proposto da Dio e assunto da Israele. Sul monte Sinai, l'iniziativa di Dio si concreta nell'Alleanza col Suo popolo, al quale viene donato il Decalogo dei comandamenti rivelati dal Signore (cfr. Es 19-24). Le � dieci parole � (Es 34,28; cfr. Dt 4,13; 10,4) � esprimono le implicanze dell'appartenenza a Dio stabilita attraverso l'Alleanza. L'esistenza morale � risposta all'iniziativa d'amore del Signore. � riconoscenza, omaggio a Dio e culto d'azione di grazie. � cooperazione al piano che Dio persegue nella storia �.24

I dieci comandamenti, che costituiscono uno straordinario cammino di vita e indicano le condizioni pi� sicure per una esistenza liberata dalla schiavit� del peccato, contengono un'espressione privilegiata della legge naturale. Essi � insegnano la vera umanit� dell'uomo. Mettono in luce i doveri essenziali e, quindi, indirettamente, i diritti fondamentali inerenti alla natura della persona umana �.25 Essi connotano la morale umana universale. Ricordati anche da Ges� al giovane ricco del Vangelo (cfr. Mt 19,18), i dieci comandamenti � costituiscono le regole primordiali di ogni vita sociale �.26

23 Dal Decalogo deriva un impegno che riguarda non solo ci� che concerne la fedelt� all'unico vero Dio, ma anche le relazioni sociali all'interno del popolo dell'Alleanza. Queste ultime sono regolate, in particolare, da quello che � stato definito il diritto del povero: � Se vi sar� in mezzo a te qualche tuo fratello che sia bisognoso... non indurirai il tuo cuore e non chiuderai la mano davanti al tuo fratello bisognoso; anzi gli aprirai la mano e gli presterai quanto occorre alla necessit� in cui si trova � (Dt 15,7-8). Tutto questo vale anche nei confronti del forestiero: � Quando un forestiero dimorer� presso di voi nel vostro paese, non gli farete torto. Il forestiero dimorante fra di voi lo tratterete come colui che � nato fra di voi; tu l'amerai come te stesso perch� anche voi siete stati forestieri nel paese d'Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio � (Lv 19,33-34). Il dono della liberazione e della terra promessa, l'Alleanza del Sinai e il Decalogo sono dunque intimamente connessi ad una prassi che deve regolare, nella giustizia e nella solidariet�, lo sviluppo della societ� israelitica.

24 Tra le molteplici disposizioni che tendono a dare concretezza allo stile di gratuit� e di condivisione nella giustizia che Dio ispira, la legge dell'anno sabbatico (celebrato ogni sette anni) e di quello giubilare (ogni cinquant'anni) 27 si distingue come un importante orientamento � anche se mai pienamente realizzato � per la vita sociale ed economica del popolo d'Israele. � una legge che prescrive, oltre al riposo dei campi, il condono dei debiti e una liberazione generale delle persone e dei beni: ognuno pu� tornare alla sua famiglia d'origine e rientrare in possesso del suo patrimonio.

Tale legislazione vuole stabilire che l'evento salvifico dell'esodo e la fedelt� all'Alleanza rappresentano non solo il principio fondatore della vita sociale, politica ed economica di Israele, ma anche il principio regolatore delle questioni attinenti alle povert� economiche e alle ingiustizie sociali. Si tratta di un principio invocato per trasformare continuamente e dall'interno la vita del popolo dell'Alleanza, cos� da renderla conforme al disegno di Dio. Per eliminare le discriminazioni e le sperequazioni provocate dall'evoluzione socio-economica, ogni sette anni la memoria dell'esodo e dell'Alleanza viene tradotta in termini sociali e giuridici, cos� da riportare le questioni della propriet�, dei debiti, delle prestazioni e dei beni al loro pi� profondo significato.

25 I precetti dell'anno sabbatico e di quello giubilare costituiscono una dottrina sociale � in nuce �.28 Essi mostrano come i principi della giustizia e della solidariet� sociale siano ispirati dalla gratuit� dell'evento di salvezza realizzato da Dio e non abbiano soltanto il valore di correttivo di una prassi dominata da interessi e obiettivi egoistici, ma debbano diventare piuttosto, in quanto � prophetia futuri �, il riferimento normativo al quale ogni generazione in Israele si deve conformare se vuole essere fedele al suo Dio.

Tali principi diventano il fulcro della predicazione profetica, che mira a farli interiorizzare. Lo Spirito di Dio, effuso nel cuore dell'uomo � annunciano i Profeti � vi far� attecchire quegli stessi sentimenti di giustizia e di misericordia che dimorano nel cuore del Signore (cfr. Ger 31,33 e Ez 36,26-27). Allora la volont� di Dio, espressa nel Decalogo donato sul Sinai, potr� radicarsi creativamente nell'intimo stesso dell'uomo. Da tale processo di interiorizzazione derivano maggiore profondit� e realismo all'agire sociale, rendendo possibile la progressiva universalizzazione dell'atteggiamento di giustizia e solidariet�, che il popolo dell'Alleanza � chiamato ad assumere verso tutti gli uomini, di ogni popolo e Nazione.

b) Principio della creazione e agire gratuito di Dio

26 La riflessione profetica e sapienziale approda alla manifestazione prima e alla sorgente stessa del progetto di Dio sull'umanit� intera, quando giunge a formulare il principio della creazione di tutte le cose da parte di Dio. Nel Credo d'Israele, affermare che Dio � Creatore non significa esprimere solo una convinzione teoretica, ma anche cogliere l'orizzonte originario dell'agire gratuito e misericordioso del Signore a favore dell'uomo. Egli, infatti, liberamente d� l'essere e la vita a tutto ci� che esiste. L'uomo e la donna, creati a Sua immagine e somiglianza (cfr. Gen 1,26-27), sono per ci� stesso chiamati ad essere il segno visibile e lo strumento efficace della gratuit� divina nel giardino in cui Dio li ha posti come coltivatori e custodi dei beni del creato.

27 Nell'agire gratuito di Dio Creatore trova espressione il senso stesso della creazione, anche se oscurato e distorto dall'esperienza del peccato. La narrazione del peccato delle origini (cfr. Gen 3,1-24), infatti, descrive la tentazione permanente e insieme la situazione di disordine in cui l'umanit� viene a trovarsi dopo la caduta dei progenitori. Disobbedire a Dio significa sottrarsi al Suo sguardo d'amore e voler gestire in proprio l'esistere e l'agire nel mondo. La rottura della relazione di comunione con Dio provoca la rottura dell'unit� interiore della persona umana, della relazione di comunione tra l'uomo e la donna e della relazione armoniosa tra gli uomini e le altre creature.29 In questa rottura originaria va ricercata la radice pi� profonda di tutti i mali che insidiano le relazioni sociali tra le persone umane, di tutte le situazioni che nella vita economica e politica attentano alla dignit� della persona, alla giustizia e alla solidariet�.

II. GES� CRISTO
COMPIMENTO DEL DISEGNO DI AMORE DEL PADRE

a) In Ges� Cristo si compie l'evento decisivo della storia di Dio con gli uomini

28 La benevolenza e la misericordia, che ispirano l'agire di Dio e ne offrono la chiave d'interpretazione, diventano tanto prossime all'uomo da assumere i tratti dell'uomo Ges�, il Verbo fatto carne. Nel racconto di Luca, Ges� descrive il Suo ministero messianico con le parole di Isaia che richiamano il significato profetico del giubileo: � Lo Spirito del Signore � sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libert�
gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore � (4,18-19; cfr.
Is 61,1-2). Ges� si pone dunque sulla linea del compimento, non solo perch� adempie ci� che era stato promesso e che era atteso da Israele, ma anche nel senso, pi� profondo, che in Lui si compie l'evento decisivo della storia di Dio con gli uomini. Egli, infatti, proclama: � Chi ha visto me ha visto il Padre � (Gv 14,9). Ges�, in altri termini, manifesta tangibilmente e in modo definitivo chi � Dio e come Egli si comporta con gli uomini.

29 L'amore che anima il ministero di Ges� tra gli uomini � quello sperimentato dal Figlio nell'unione intima col Padre. Il Nuovo Testamento ci consente di penetrare nell'esperienza che Ges� stesso vive e comunica dell'amore di Dio Suo Padre � Abb� � e, dunque, nel cuore stesso della vita divina. Ges� annuncia la misericordia liberatrice di Dio nei confronti di coloro che incontra sulla Sua strada, a cominciare dai poveri, dagli emarginati, dai peccatori, e invita alla Sua sequela, perch� Egli per primo, e in modo del tutto singolare, obbedisce al disegno d'amore di Dio quale Suo inviato nel mondo.

La coscienza che Ges� ha di essere il Figlio esprime appunto tale originaria esperienza. Il Figlio ha ricevuto tutto, e gratuitamente, dal Padre: � Tutto quello che il Padre possiede � mio � (Gv 16,15). Egli, a sua volta, ha la missione di fare partecipi di questo dono e di questa relazione filiale tutti gli uomini: � Non vi chiamo pi� servi, perch� il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perch� tutto ci� che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi � (Gv 15,15).

Riconoscere l'amore del Padre significa per Ges� ispirare la Sua azione alla medesima gratuit� e misericordia di Dio, generatrici di vita nuova, e diventare cos�, con la Sua stessa esistenza, esempio e modello per i Suoi discepoli. Essi sono chiamati a vivere come Lui e, dopo la Sua Pasqua di morte e risurrezione, a vivere in Lui e di Lui, grazie al dono sovrabbondante dello Spirito Santo, il Consolatore che interiorizza nei cuori lo stile di vita di Cristo stesso.

b) La rivelazione dell'Amore trinitario

30 La testimonianza del Nuovo Testamento, con lo stupore sempre nuovo di chi � stato folgorato dall'inesprimibile amore di Dio (cfr. Rm 8,26), coglie nella luce della rivelazione piena dell'Amore trinitario offerta dalla Pasqua di Ges� Cristo, il significato ultimo dell'Incarnazione del Figlio e della Sua missione tra gli uomini. Scrive san Paolo: � Se Dio � per noi, chi sar� contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci doner� ogni cosa insieme con lui? � (Rm 8,31-32). Un linguaggio simile usa anche san Giovanni: � In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma � lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati � (1 Gv 4,10).

31 Il Volto di Dio, progressivamente rivelato nella storia della salvezza, risplende in pienezza nel Volto di Ges� Cristo Crocifisso e Risorto. Dio � Trinit�: Padre, Figlio, Spirito Santo, realmente distinti e realmente uno, perch� comunione infinita di amore. L'amore gratuito di Dio per l'umanit� si rivela, innanzi tutto, come amore sorgivo del Padre, da cui tutto proviene; come gratuita comunicazione che il Figlio fa di esso, ridonandosi al Padre e donandosi agli uomini; come sempre nuova fecondit� dell'amore divino che lo Spirito Santo effonde nel cuore degli uomini (cfr. Rm 5,5).

Con le parole e con le opere, e in modo pieno e definitivo con la Sua morte e la Sua risurrezione,30 Ges� Cristo rivela all'umanit� che Dio � Padre e che tutti siamo chiamati per grazia a diventare figli di Lui nello Spirito (cfr. Rm 8,15; Gal 4,6), e perci� fratelli e sorelle tra noi. � per questa ragione che la Chiesa crede fermamente che � la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana si trovano nel suo Signore e Maestro �.31

32 Contemplando la gratuit� e la sovrabbondanza del dono divino del Figlio da parte del Padre, che Ges� ha insegnato e testimoniato donando la Sua vita per noi, l'Apostolo Giovanni ne coglie il senso profondo e la pi� logica conseguenza: � Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui � perfetto in noi � (1 Gv 4,11-12). La reciprocit� dell'amore � richiesta dal comandamento che Ges� definisce nuovo e Suo: � come io vi ho amato, cos� amatevi anche voi gli uni gli altri � (Gv 13,34). Il comandamento dell'amore reciproco traccia la via per vivere in Cristo la vita trinitaria nella Chiesa, Corpo di Cristo, e trasformare con Lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste.

33 Il comandamento dell'amore reciproco, che costituisce la legge di vita del popolo di Dio,32 deve ispirare, purificare ed elevare tutti i rapporti umani nella vita sociale e politica: � Umanit� significa chiamata alla comunione interpersonale �,33 perch� l'immagine e somiglianza del Dio trinitario sono la radice di � tutto �l'ethos� umano ... il cui vertice � il comandamento dell'amore �.34 Il fenomeno culturale, sociale, economico e politico odierno dell'interdipendenza, che intensifica e rende particolarmente evidenti i vincoli che uniscono la famiglia umana, mette in risalto una volta di pi�, alla luce della Rivelazione, � un nuovo modello di unit� del genere umano, al quale deve ispirarsi, in ultima istanza, la solidariet�. Questo supremo modello di unit�, riflesso della vita intima di Dio, uno in tre Persone, � ci� che noi cristiani designiamo con la parola �comunione� �.35

III. LA PERSONA UMANA
NEL DISEGNO DI AMORE DI DIO

a) L'Amore trinitario, origine e meta della persona umana

34 La rivelazione in Cristo del mistero di Dio come Amore trinitario � insieme la rivelazione della vocazione della persona umana all'amore. Tale rivelazione illumina la dignit� e la libert� personale dell'uomo e della donna e l'intrinseca socialit� umana in tutta la loro profondit�: � Essere persona a immagine e somiglianza di Dio comporta ... un esistere in relazione, in rapporto all'altro �io� �,36 perch� Dio stesso, uno e trino, � comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Nella comunione d'amore che � Dio, nel quale le tre Persone divine si amano reciprocamente e sono l'Unico Dio, la persona umana � chiamata a scoprire l'origine e la meta della sua esistenza e della storia. I Padri Conciliari, nella Costituzione pastorale � Gaudium et spes, insegnano che � il Signore Ges�, quando prega il Padre �perch� tutti siano una cosa sola... come noi� (Gv 17,21-22), prospettando mete impervie alla ragione umana, accenna ad una certa similitudine tra l'unione delle persone divine e l'unione dei figli di Dio nella verit� e nella carit�. Questa similitudine manifesta che l'uomo, che � la sola creatura sulla terra che Dio abbia voluto per se stessa, non possa ritrovarsi pienamente se non nel dono sincero di s� (cfr. Lc 17,33) �.37

35 La rivelazione cristiana proietta una luce nuova sull'identit�, sulla vocazione e sul destino ultimo della persona e del genere umano. Ogni persona � da Dio creata, amata e salvata in Ges� Cristo, e si realizza intessendo molteplici relazioni di amore, di giustizia e di solidariet� con le altre persone, mentre va esplicando la sua multiforme attivit� nel mondo. L'agire umano, quando tende a promuovere la dignit� e la vocazione integrale della persona, la qualit� delle sue condizioni di esistenza, l'incontro e la solidariet� dei popoli e delle Nazioni, � conforme al disegno di Dio, che non manca mai di mostrare il Suo amore e la Sua Provvidenza nei confronti dei Suoi figli.

36 Le pagine del primo libro della Sacra Scrittura, che descrivono la creazione dell'uomo e della donna a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gen 1,26-27), racchiudono un fondamentale insegnamento circa l'identit� e la vocazione della persona umana. Esse ci dicono che la creazione dell'uomo e della donna � un atto libero e gratuito di Dio; che l'uomo e la donna costituiscono, perch� liberi e intelligenti, il tu creato di Dio e che solo nel rapporto con Lui possono scoprire e realizzare il significato autentico e pieno della loro vita personale e sociale; che essi, proprio nella loro complementarit� e reciprocit�, sono l'immagine dell'Amore trinitario nell'universo creato; che a loro, che sono il vertice della creazione, il Creatore affida il compito di ordinare secondo il Suo disegno la natura creata (cfr. Gen 1,28).

37 Il libro della Genesi ci propone alcuni perni dell'antropologia cristiana: l'inalienabile dignit� della persona umana, che ha la sua radice e la sua garanzia nel disegno creatore di Dio; la costitutiva socialit� dell'essere umano, che ha il suo prototipo nella relazione originaria tra l'uomo e la donna, la cui � unione costituisce la prima forma di comunione di persone �; 38 il significato dell'agire umano nel mondo, che � legato alla scoperta e al rispetto della legge naturale che Dio ha impresso nell'universo creato, affinch� l'umanit� lo abiti e lo custodisca secondo il Suo progetto. Questa visione della persona umana, della societ� e della storia � radicata in Dio ed � illuminata dalla realizzazione del Suo disegno di salvezza.

b) La salvezza cristiana: per tutti gli uomini e di tutto l'uomo

38 La salvezza che, per iniziativa di Dio Padre, � offerta in Ges� Cristo ed � attualizzata e diffusa per opera dello Spirito Santo, � salvezza per tutti gli uomini e di tutto l'uomo: � salvezza universale ed integrale. Riguarda la persona umana in ogni sua dimensione: personale e sociale, spirituale e corporea, storica e trascendente. Essa comincia a realizzarsi gi� nella storia, perch� ci� che � creato � buono e voluto da Dio e perch� il Figlio di Dio si � fatto uno di noi.39 Il suo compimento, per�, � nel futuro che Dio ci riserva, quando saremo chiamati, insieme a tutta la creazione (cfr. Rm 8), a partecipare alla risurrezione di Cristo e alla comunione eterna di vita col Padre, nella gioia dello Spirito Santo. Questa prospettiva indica precisamente l'errore e l'inganno delle visioni puramente immanentistiche del senso della storia e delle pretese di autosalvazione dell'uomo.

39 La salvezza che Dio offre ai Suoi figli richiede la loro libera risposta e adesione. In ci� consiste la fede, attraverso la quale � l'uomo liberamente si abbandona tutto a Dio �,40 rispondendo all'Amore preveniente e sovrabbondante di Dio (cfr. 1 Gv 4,10) con l'amore concreto ai fratelli e con ferma speranza, � perch� � fedele colui che ha promesso � (Eb 10,23). Il piano divino di salvezza, infatti, non colloca la creatura umana in uno stato di mera passivit� o di minorit� nei confronti del suo Creatore, perch� il rapporto con Dio, che Ges� Cristo ci manifesta e nel quale ci introduce gratuitamente per opera dello Spirito Santo, � un rapporto di figliolanza: lo stesso che Ges� vive nei confronti del Padre (cfr. Gv 15-17; Gal 4,6-7).

40 L'universalit� e l'integralit� della salvezza, donata in Ges� Cristo, rendono inscindibile il nesso tra il rapporto che la persona � chiamata ad avere con Dio e la responsabilit� nei confronti del prossimo, nella concretezza delle situazioni storiche. Ci� � intuito, anche se confusamente e non senza errori, nell'universale ricerca umana di verit� e di senso, ma diventa struttura portante dell'Alleanza di Dio con Israele, come testimoniano le tavole della Legge e la predicazione profetica.

Tale nesso viene espresso con chiarezza e in perfetta sintesi nell'insegnamento di Ges� Cristo e confermato definitivamente dalla testimonianza suprema del dono della Sua vita, in obbedienza alla volont� del Padre e per amore verso i fratelli. Allo scriba che gli chiede: � Qual � il primo di tutti i comandamenti? � (Mc 12,28), Ges� risponde: � Il primo �: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro � l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo � questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'� altro comandamento pi� importante di questi � (Mc 12,29-31).

Nel cuore della persona umana si intrecciano indissolubilmente la relazione con Dio, riconosciuto come Creatore e Padre, fonte e compimento della vita e della salvezza, e l'apertura all'amore concreto verso l'uomo, che deve essere trattato come un altro se stesso, anche se � un nemico (cfr. Mt 5,43-44). Nella dimensione interiore dell'uomo si radica, in definitiva, l'impegno per la giustizia e la solidariet�, per l'edificazione di una vita sociale, economica e politica conforme al disegno di Dio.

c) Il discepolo di Cristo quale nuova creatura

41 La vita personale e sociale cos� come l'agire umano nel mondo sono sempre insidiati dal peccato, ma Ges� Cristo, � soffrendo per noi non solo ci ha lasciato un esempio perch� ne seguiamo le orme, ma ci ha anche aperto una strada, percorrendo la quale la vita e la morte vengono santificate e acquistano un nuovo significato �.41 Il discepolo di Cristo aderisce, nella fede e mediante i sacramenti, al mistero pasquale di Ges�, cos� che il suo uomo vecchio, con le sue inclinazioni cattive, viene crocifisso con Cristo. Quale nuova creatura egli allora viene abilitato nella grazia a � camminare in una vita nuova � (Rm 6,4). Tale cammino, tuttavia, � vale non soltanto per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volont�, nel cui cuore opera invisibilmente la grazia. Poich� Cristo � morto per tutti, e poich� la vocazione ultima dell'uomo � effettivamente una sola, cio� quella divina, dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo offra a tutti la possibilit� di venire associati, nel modo che Dio conosce, a questo mistero pasquale �.42

42 La trasformazione interiore della persona umana, nella sua progressiva conformazione a Cristo, � presupposto essenziale di un reale rinnovamento delle sue relazioni con le altre persone: � Occorre, quindi, far leva sulle capacit� spirituali e morali della persona e sull'esigenza permanente della sua conversione interiore, per ottenere cambiamenti sociali che siano realmente a suo servizio. La priorit� riconosciuta alla conversione del cuore non elimina affatto, anzi impone l'obbligo di apportare alle istituzioni e alle condizioni di vita, quando esse provochino il peccato, i risanamenti opportuni, perch� si conformino alle norme della giustizia e favoriscano il bene anzich� ostacolarlo �.43

43 Non � possibile amare il prossimo come se stessi e perseverare in questo atteggiamento, senza la determinazione ferma e costante di impegnarsi per il bene di tutti e di ciascuno, perch� tutti siamo veramente responsabili di tutti.44 Secondo l'insegnamento conciliare, � il rispetto e l'amore devono estendersi anche a coloro che pensano o agiscono diversamente da noi nelle cose sociali, politiche e persino religiose, poich� quanto pi� con onest� e carit� saremo intimamente comprensivi verso il loro modo di pensare, tanto pi� facilmente potremo instaurare il dialogo con loro �.45 In tale cammino � necessaria la grazia, che Dio offre all'uomo per aiutarlo a superare i fallimenti, per strapparlo dalla spirale della menzogna e della violenza, per sostenerlo e spronarlo a ritessere, con disponibilit� sempre rinnovata, la rete delle relazioni vere e sincere con i suoi simili.46

44 Anche la relazione con l'universo creato e le diverse attivit� che l'uomo dedica alla sua cura e trasformazione, quotidianamente minacciate dalla superbia e dall'amore disordinato di s�, devono essere purificate e portate alla perfezione dalla croce e dalla risurrezione di Cristo: � Redento da Cristo e fatto nuova creatura nello Spirito Santo, l'uomo pu� e deve amare le cose create da Dio. Da Dio le riceve, e le guarda e le onora come se uscissero dalle mani di Dio. Ringraziando per esse il Benefattore e usando e godendo delle creature in povert� e libert� di spirito, viene immesso nel vero possesso del mondo, come chi non ha nulla e invece possiede tutto: �Tutto � vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo � di Dio� (1 Cor 3,22-23) �.47

d) Trascendenza della salvezza e autonomia delle realt� terrene

45 Ges� Cristo � il Figlio di Dio fatto uomo nel quale e grazie al quale il mondo e l'uomo attingono la loro autentica e piena verit�. Il mistero dell'infinita prossimit� di Dio all'uomo � realizzatosi nell'Incarnazione di Ges� Cristo, spinto sino all'abbandono sulla croce e alla morte � mostra che quanto pi� l'umano � visto alla luce del disegno di Dio e vissuto in comunione con Lui, tanto pi� esso � potenziato e liberato nella sua identit� e nella stessa libert� che gli � propria. La partecipazione alla vita filiale di Cristo, resa possibile dall'Incarnazione e dal dono pasquale dello Spirito, lungi dal mortificare, ha l'effetto di far sprigionare l'autentica e autonoma consistenza e identit� degli esseri umani, in tutte le loro espressioni.

Questa prospettiva orienta verso una visione corretta delle realt� terrene e della loro autonomia, che � ben sottolineata dall'insegnamento del Concilio Vaticano II: � Se per autonomia delle realt� terrene intendiamo che le cose create e le societ� godono di leggi e valori propri, che l'uomo gradatamente deve scoprire, usare e coordinare, allora � assolutamente necessario esigerla: questo ... � conforme al volere del Creatore. Infatti per la loro condizione di creature tutte le cose sono dotate di una propria consistenza, verit�, bont�, di leggi e di ordine propri, che l'uomo deve rispettare, riconoscendo i metodi propri delle singole scienze o arti �.48

46 Non c'� conflittualit� tra Dio e l'uomo, ma un rapporto di amore in cui il mondo e i frutti dell'agire dell'uomo nel mondo sono oggetto di reciproco dono tra il Padre e i figli, e dei figli tra loro, in Cristo Ges�: in Lui e grazie a Lui, il mondo e l'uomo attingono il loro autentico ed originario significato. In una visione universale dell'amore di Dio che abbraccia tutto ci� che �, Dio stesso ci � rivelato in Cristo come Padre e donatore di vita, e l'uomo ci � rivelato come colui che, in Cristo, tutto accoglie da Dio come dono, in umilt� e libert�, e tutto veramente possiede come suo, quando sa e vive ogni cosa come di Dio, da Dio originata e a Dio finalizzata. A questo riguardo, il Concilio Vaticano II insegna: � Se... con l'espressione autonomia delle realt� temporali si intende che le cose create non dipendono da Dio, e che l'uomo pu� farne uso cos� da non rapportarle al Creatore, nessuno che riconosce Dio non avverte quanto siano fallaci tali opinioni. Senza il Creatore, la creatura viene meno �.49

47 La persona umana, in se stessa e nella sua vocazione, trascende l'orizzonte dell'universo creato, della societ� e della storia: il suo fine ultimo � Dio stesso,50 che si � rivelato agli uomini per invitarli e ammetterli alla comunione con S�: 51 � L'uomo non pu� donare se stesso ad un progetto solo umano della realt�, ad un ideale astratto o a false utopie. Egli, in quanto persona, pu� donare se stesso ad un'altra persona o ad altre persone e, infine, a Dio, che � l'autore del suo essere ed � l'unico che pu� pienamente accogliere il suo dono �.52 Per questa ragione, � � alienato l'uomo che rifiuta di trascendere se stesso e di vivere l'esperienza del dono di s� e della formazione di un'autentica comunit� umana, orientata al suo destino ultimo che � Dio. � alienata la societ� che, nelle sue forme di organizzazione sociale, di produzione e di consumo, rende pi� difficile la realizzazione di questo dono ed il costituirsi di questa solidariet� interumana �.53

48 La persona umana non pu� e non deve essere strumentalizzata da strutture sociali, economiche e politiche, poich� ogni uomo ha la libert� di orientarsi verso il suo fine ultimo. D'altra parte, ogni realizzazione culturale, sociale, economica e politica, in cui storicamente si attuano la socialit� della persona e la sua attivit� trasformatrice dell'universo, deve sempre essere considerata anche nel suo aspetto di realt� relativa e provvisoria, � perch� passa la scena di questo mondo! � (1 Cor 7,31). Si tratta di una relativit� escatologica, nel senso che l'uomo e il mondo vanno incontro alla fine, che � il compimento del loro destino in Dio; e di una relativit� teologica, in quanto il dono di Dio, mediante cui si compir� il destino definitivo dell'umanit� e della creazione, supera infinitamente le possibilit� e le attese dell'uomo. Qualunque visione totalitaristica della societ� e dello Stato e qualunque ideologia puramente intra mondana del progresso sono contrarie alla verit� integrale della persona umana e al disegno di Dio sulla storia.

IV. DISEGNO DI DIO E MISSIONE DELLA CHIESA

a) La Chiesa, segno e tutela della trascendenza della persona umana

49 La Chiesa, comunit� di coloro che sono convocati da Ges� Cristo Risorto e si mettono alla Sua sequela, � segno e tutela della trascendenza della persona umana �.54 Essa � � in Cristo come sacramento, cio� segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unit� di tutto il genere umano �.55 La missione della Chiesa � quella di annunciare e comunicare la salvezza realizzata in Ges� Cristo, che Egli chiama � Regno di Dio � (Mc 1,15), cio� la comunione con Dio e tra gli uomini. Il fine della salvezza, il Regno di Dio, abbraccia tutti gli uomini e si realizzer� pienamente oltre la storia, in Dio. La Chiesa ha ricevuto � la missione di annunziare e instaurare in tutte le genti il Regno di Cristo e di Dio, e di questo Regno costituisce sulla terra il germe e l'inizio �.56

50 La Chiesa si pone concretamente al servizio del Regno di Dio innanzi tutto annunciando e comunicando il Vangelo della salvezza e costituendo delle nuove comunit� cristiane. Essa, inoltre, � serve il Regno diffondendo nel mondo i �valori evangelici�, che del Regno sono espressione e aiutano gli uomini ad accogliere il disegno di Dio. � vero, dunque, che la realt� incipiente del Regno pu� trovarsi anche al di l� dei confini della Chiesa nell'umanit� intera, in quanto questa viva i �valori evangelici� e si apra all'azione dello Spirito che spira dove e come vuole (cfr. Gv 3,8); ma bisogna subito aggiungere che tale dimensione temporale del Regno � incompleta, se non � coordinata col Regno di Cristo, presente nella Chiesa e proteso alla pienezza escatologica �.57 Da ci� deriva, in particolare, che la Chiesa non si confonde con la comunit� politica e non � legata ad alcun sistema politico.58 La comunit� politica e la Chiesa, nel proprio campo, infatti, sono indipendenti e autonome l'una dall'altra e sono entrambe, anche se a titolo diverso, � al servizio della vocazione personale e sociale dei medesimi uomini �.59 Si pu� anzi affermare che la distinzione fra religione e politica e il principio della libert� religiosa costituiscono un'acquisizione specifica del cristianesimo, di grande rilievo sul piano storico e culturale.

51 All'identit� e alla missione della Chiesa nel mondo, secondo il progetto di Dio realizzato in Cristo, corrisponde una finalit� salvifica ed escatologica, che non pu� essere raggiunta pienamente se non nel mondo futuro �.60 Proprio per questo, la Chiesa offre un contributo originale e insostituibile con la sollecitudine che la spinge a rendere pi� umana la famiglia degli uomini e la sua storia e a porsi come baluardo contro ogni tentazione totalitaristica, additando all'uomo la sua integrale e definitiva vocazione.61

Con la predicazione del Vangelo, la grazia dei sacramenti e l'esperienza della comunione fraterna, la Chiesa � risana ed eleva la dignit� della persona umana, consolida la compagine della societ� umana e riveste di senso e di significato pi� profondo il lavoro quotidiano degli uomini �.62 Sul piano delle concrete dinamiche storiche, l'avvento del Regno di Dio non si lascia cogliere, dunque, nella prospettiva di un'organizzazione sociale, economica e politica definita e definitiva. Esso, piuttosto, � testimoniato dallo sviluppo di una socialit� umana che � per gli uomini lievito di realizzazione integrale, di giustizia e di solidariet�, nell'apertura al Trascendente come termine di riferimento per il proprio definitivo compimento personale.

b) Chiesa, Regno di Dio e rinnovamento dei rapporti sociali

52 Dio, in Cristo, non redime soltanto la singola persona, ma anche le relazioni sociali tra gli uomini. Come insegna l'apostolo Paolo, la vita in Cristo fa emergere in modo pieno e nuovo l'identit� e la socialit� della persona umana, con le loro concrete conseguenze sul piano storico: � Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Ges�, poich� quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c'� pi� giudeo n� greco; non c'� pi� schiavo n� libero; non c'� pi� uomo n� donna, poich� tutti voi siete uno in Cristo Ges� � (Gal 3,26-28). In questa prospettiva, le comunit� ecclesiali, convocate dal messaggio di Ges� Cristo e radunate nello Spirito Santo attorno a Lui risorto (cfr. Mt 18,20; 28,19-20; Lc 24,46-49), si propongono come luoghi di comunione, di testimonianza e di missione e come fermento di redenzione e di trasformazione dei rapporti sociali. La predicazione del Vangelo di Ges� induce i discepoli ad anticipare il futuro rinnovando i rapporti reciproci.

53 La trasformazione dei rapporti sociali rispondente alle esigenze del Regno di Dio non � stabilita nelle sue determinazioni concrete una volta per tutte. Si tratta, piuttosto, di un compito affidato alla comunit� cristiana, che lo deve elaborare e realizzare attraverso la riflessione e la prassi ispirate dal Vangelo. � lo stesso Spirito del Signore, che conduce il popolo di Dio e insieme riempie l'universo,63 a ispirare, di tempo in tempo, soluzioni nuove e attuali alla responsabile creativit� degli uomini,64 alla comunit� dei cristiani inserita nel mondo e nella storia e perci� aperta al dialogo con tutte le persone di buona volont�, nella comune ricerca dei germi di verit� e di libert� disseminati nel vasto campo dell'umanit�.65 La dinamica di tale rinnovamento va ancorata ai principi immutabili della legge naturale, impressa da Dio Creatore in ogni Sua creatura (cfr. Rm 2,14-15) e illuminata escatologicamente tramite Ges� Cristo.

54 Ges� Cristo ci rivela che � Dio � amore � (1 Gv 4,8) e ci insegna che � la legge fondamentale della perfezione umana, e quindi della trasformazione del mondo, � il nuovo comandamento della carit�. In questo modo assicura coloro che credono all'amore divino che la strada della carit� � aperta a tutti gli uomini e che lo sforzo per realizzare la fraternit� universale non � vano �.66 Tale legge � chiamata a diventare misura e regola ultima di tutte le dinamiche in cui si esplicano le relazioni umane. In sintesi, � lo stesso mistero di Dio, l'Amore trinitario, che fonda il significato e il valore della persona, della socialit� e dell'agire umano nel mondo, in quanto � stato rivelato e partecipato all'umanit� per mezzo di Ges� Cristo, nel Suo Spirito.

55 La trasformazione del mondo si presenta come un'istanza fondamentale anche del nostro tempo. A questa esigenza la dottrina sociale della Chiesa intende offrire le risposte che i segni dei tempi invocano, indicando innanzi tutto nell'amore reciproco tra gli uomini, sotto lo sguardo di Dio, lo strumento pi� potente di cambiamento, a livello personale e sociale. L'amore vicendevole, infatti, nella partecipazione all'amore infinito di Dio, � l'autentico fine, storico e trascendente, dell'umanit�. Pertanto, � il progresso terreno, bench� debba essere accuratamente distinto dallo sviluppo del Regno di Cristo, � di grande importanza per il Regno di Dio, in quanto pu� contribuire a meglio ordinare la societ� umana �.67

c) Cieli nuovi e terra nuova

56 La promessa di Dio e la risurrezione di Ges� Cristo suscitano nei cristiani la fondata speranza che per tutte le persone umane � preparata una nuova ed eterna dimora, una terra in cui abita la giustizia (cfr. 2 Cor 5,1-2; 2 Pt 3,13): � Allora, vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ci� che fu seminato infermo e corruttibile rivestir� l'incorruzione; e, restando la carit� e le sue opere, sar� liberata dalla schiavit� della vanit� tutta la creazione che Dio ha fatto per l'uomo �.68 Questa speranza, anzich� indebolire, deve piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla realt� presente.

57 I beni, quali la dignit� dell'uomo, la fraternit� e la libert�, tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosit�, diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il Suo precetto, purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, appartengono al Regno di verit� e di vita, di santit� e di grazia, di giustizia, di amore e di pace che Cristo rimetter� al Padre e dove noi li ritroveremo. Risuoneranno allora per tutti, nella loro solenne verit�, le parole di Cristo: � Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredit� il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perch� io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi ... ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli pi� piccoli, l'avete fatto a me � (Mt 25,34-36.40).

58 La compiuta realizzazione della persona umana, attuata in Cristo grazie al dono dello Spirito, matura nella storia ed � mediata dalle relazioni della persona con le altre persone, relazioni che, a loro volta, raggiungono la loro perfezione grazie all'impegno teso a migliorare il mondo, nella giustizia e nella pace. L'agire umano nella storia � di per s� significativo ed efficace per l'instaurazione definitiva del Regno, anche se questo resta dono di Dio, pienamente trascendente. Tale agire, quando � rispettoso dell'ordine oggettivo della realt� temporale e illuminato dalla verit� e dalla carit�, diventa strumento per un'attuazione sempre pi� piena e integrale della giustizia e della pace e anticipa nel presente il Regno promesso.

Conformandosi a Cristo Redentore, l'uomo si percepisce come creatura voluta da Dio e da Lui eternamente scelta, chiamata alla grazia e alla gloria, in tutta la pienezza del mistero di cui � divenuta partecipe in Ges� Cristo.69 La conformazione a Cristo e la contemplazione del Suo Volto 70 infondono nel cristiano un insopprimibile anelito ad anticipare in questo mondo, nell'ambito delle relazioni umane, ci� che sar� realt� nel definitivo, adoperandosi per dar da mangiare, da bere, da vestire, una casa, la cura, l'accoglienza e la compagnia al Signore che bussa alla porta (cfr. Mt 25, 35-37).

d) Maria e il Suo � fiat � al disegno d'amore di Dio

59 Erede della speranza dei giusti d'Israele e prima tra i discepoli di Ges� Cristo � Maria, Sua madre. Ella, col Suo � fiat � al disegno d'amore di Dio (cfr. Lc 1,38), a nome di tutta l'umanit�, accoglie nella storia l'inviato del Padre, il Salvatore degli uomini: nel canto del � Magnificat � proclama l'avvento del Mistero della Salvezza, la venuta del � Messia dei poveri � (cfr. Is 11,4; 61,1). Il Dio dell'Alleanza, cantato nell'esultanza del Suo spirito dalla Vergine di Nazaret, � Colui che rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili, ricolma di beni gli affamati e rimanda i ricchi a mani vuote, disperde i superbi e conserva la Sua misericordia per coloro che Lo temono (cfr. Lc 1,50-53).

Attingendo dal cuore di Maria, dalla profondit� della Sua fede, espressa nelle parole del � Magnificat, i discepoli di Cristo sono chiamati a rinnovare sempre meglio in se stessi � la consapevolezza che non si pu� separare la verit� su Dio che salva, su Dio che � fonte di ogni elargizione, dalla manifestazione del suo amore di preferenza per i poveri e gli umili, il quale, cantato nel Magnificat, si trova poi espresso nelle parole e nelle opere di Ges� �.71 Maria, totalmente dipendente da Dio e tutta orientata verso di Lui con lo slancio della Sua fede, � l'icona pi� perfetta della libert� e della liberazione dell'umanit� e del cosmo �.72

 

 

CAPITOLO SECONDO

MISSIONE DELLA CHIESA E DOTTRINA SOCIALE

I. EVANGELIZZAZIONE E DOTTRINA SOCIALE

a) La Chiesa, dimora di Dio con gli uomini

60 La Chiesa, partecipe delle gioie e delle speranze, delle angosce e delle tristezze degli uomini, � solidale con ogni uomo ed ogni donna, d'ogni luogo e d'ogni tempo, e porta loro la lieta notizia del Regno di Dio, che con Ges� Cristo � venuto e viene in mezzo a loro.73 Essa �, nell'umanit� e nel mondo, il sacramento dell'amore di Dio e perci� della speranza pi� grande, che attiva e sostiene ogni autentico progetto e impegno di liberazione e promozione umana. La Chiesa � tra gli uomini la tenda della compagnia di Dio � � la dimora di Dio con gli uomini � (Ap 21,3) � cosicch� l'uomo non � solo, smarrito o sgomento nel suo impegno di umanizzare il mondo, ma trova sostegno nell'amore redentore di Cristo. Essa � ministra di salvezza non astrattamente o in senso meramente spirituale, ma nel contesto della storia e del mondo in cui l'uomo vive,74 dove � raggiunto dall'amore di Dio e dalla vocazione a corrispondere al progetto divino.

61 Unico ed irripetibile nella sua individualit�, ogni uomo � un essere aperto alla relazione con gli altri nella societ�. Il convivere nella rete di rapporti che lega fra loro individui, famiglie, gruppi intermedi, in relazioni di incontro, di comunicazione e di scambio, assicura al vivere una qualit� migliore. Il bene comune che gli uomini ricercano e conseguono formando la comunit� sociale � garanzia del bene personale, familiare e associativo.75 Per queste ragioni si origina e prende forma la societ�, con i suoi assetti strutturali, vale a dire politici, economici, giuridici, culturali. All'uomo, � in quanto inserito nella complessa rete di relazioni delle societ� moderne �,76 la Chiesa si rivolge con la sua dottrina sociale. � Esperta in umanit� �,77 essa � in grado di comprenderlo nella sua vocazione e nelle sue aspirazioni, nei suoi limiti e nei suoi disagi, nei suoi diritti e nei suoi compiti, e di avere per lui una parola di vita da far risuonare nelle vicende storiche e sociali dell'esistenza umana.

b) Fecondare e fermentare la societ� con il Vangelo

62 Con il suo insegnamento sociale, la Chiesa intende annunciare ed attualizzare il Vangelo nella complessa rete delle relazioni sociali. Non si tratta semplicemente di raggiungere l'uomo nella societ�, l'uomo quale destinatario dell'annuncio evangelico, ma di fecondare e fermentare la societ� stessa con il Vangelo.78 Prendersi cura dell'uomo, pertanto, significa, per la Chiesa, coinvolgere anche la societ� nella sua sollecitudine missionaria e salvifica. La convivenza sociale spesso determina la qualit� della vita e perci� le condizioni in cui ogni uomo e ogni donna comprendono se stessi e decidono di s� e della loro vocazione. Per questa ragione, la Chiesa non � indifferente a tutto ci� che nella societ� si sceglie, si produce e si vive, alla qualit� morale, cio� autenticamente umana e umanizzante, della vita sociale. La societ� e con essa la politica, l'economia, il lavoro, il diritto, la cultura non costituiscono un ambito meramente secolare e mondano e perci� marginale ed estraneo al messaggio e all'economia della salvezza. La societ�, infatti, con tutto ci� che in essa si compie, riguarda l'uomo. Essa � la societ� degli uomini, che sono � la prima fondamentale via della Chiesa �.79

63 Con la sua dottrina sociale la Chiesa si fa carico del compito di annuncio che il Signore le ha affidato. Essa attualizza nelle vicende storiche il messaggio di liberazione e di redenzione di Cristo, il Vangelo del Regno. La Chiesa, annunziando il Vangelo, � attesta all'uomo, in nome di Cristo, la sua dignit� e la sua vocazione alla comunione delle persone; gli insegna le esigenze della giustizia e della pace, conformi alla sapienza divina �.80

Vangelo che riecheggia mediante la Chiesa nell'oggi dell'uomo,81 la dottrina sociale � parola che libera. Questo significa che ha l'efficacia di verit� e di grazia dello Spirito di Dio, che penetra i cuori, disponendoli a coltivare pensieri e progetti di amore, di giustizia, di libert� e di pace. Evangelizzare il sociale � allora infondere nel cuore degli uomini la carica di senso e di liberazione del Vangelo, cos� da promuovere una societ� a misura dell'uomo perch� a misura di Cristo: � costruire una citt� dell'uomo pi� umana, perch� pi� conforme al Regno di Dio.

64 La Chiesa, con la sua dottrina sociale, non solo non si discosta dalla propria missione, ma � strettamente fedele ad essa. La redenzione compiuta da Cristo e affidata alla missione salvifica della Chiesa � certamente di ordine soprannaturale. Questa dimensione non � espressione limitativa, bens� integrale della salvezza.82 Il soprannaturale non � da concepire come un'entit� o uno spazio che comincia dove finisce il naturale, ma come l'elevazione di questo, cos� che niente dell'ordine della creazione e dell'umano � estraneo ed escluso dall'ordine soprannaturale e teologale della fede e della grazia, ma piuttosto vi � riconosciuto, assunto ed elevato: � In Ges� Cristo il mondo visibile, creato da Dio per l'uomo (cfr. Gen 1,26-30) � quel mondo che, essendovi entrato il peccato, �� stato sottomesso alla caducit�� (Rm 8,20; cfr. ibid., 8,19-22) � riacquista nuovamente il vincolo originario con la stessa sorgente divina della Sapienza e dell'Amore. Infatti, �Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito� (Gv 3,16). Come nell'uomo-Adamo questo vincolo � stato infranto, cos� nell'uomo-Cristo esso � stato di nuovo riallacciato (cfr. Rm 5,12-21) �.83

65 La Redenzione comincia con l'Incarnazione, mediante cui il Figlio di Dio assume, eccetto il peccato, tutto dell'uomo, secondo le solidariet� istituite dalla Sapienza creatrice divina, e tutto coinvolge nel Suo dono d'Amore redentore. Da questo Amore l'uomo � raggiunto nell'interezza del suo essere: essere corporeo e spirituale, in relazione solidale con gli altri. Tutto l'uomo � non un'anima separata o un essere chiuso nella sua individualit�, ma la persona e la societ� delle persone � � implicato nell'economia salvifica del Vangelo. Portatrice del messaggio d'Incarnazione e di Redenzione del Vangelo, la Chiesa non pu� percorrere altra via: con la sua dottrina sociale e con l'azione efficace che essa attiva, non solo non stempera il suo volto e la sua missione, ma � fedele a Cristo e si rivela agli uomini come � sacramento universale di salvezza �.84 Ci� � particolarmente vero in un'epoca come la nostra, caratterizzata da una crescente interdipendenza e da una mondializzazione delle questioni sociali.

c) Dottrina sociale, evangelizzazione e promozione umana

66 La dottrina sociale � parte integrante del ministero di evangelizzazione della Chiesa. Tutto ci� che riguarda la comunit� degli uomini � situazioni e problemi relativi alla giustizia, alla liberazione, allo sviluppo, alle relazioni tra i popoli, alla pace � non � estraneo all'evangelizzazione e questa non sarebbe completa se non tenesse conto del reciproco appello che si fanno continuamente il Vangelo e la vita concreta, personale e sociale dell'uomo.85 Tra evangelizzazione e promozione umana ci sono legami profondi: � Legami di ordine antropologico, perch� l'uomo da evangelizzare non � un essere astratto, ma � condizionato dalle questioni sociali ed economiche. Legami di ordine teologico, poich� non si pu� dissociare il piano della creazione da quello della Redenzione che arriva fino alle situazioni molto concrete dell'ingiustizia da combattere, e della giustizia da restaurare. Legami dell'ordine eminentemente evangelico, quale � quello della carit�: come infatti proclamare il comandamento nuovo senza promuovere nella giustizia e nella pace la vera, l'autentica crescita dell'uomo? �.86

67 La dottrina sociale � ha di per s� il valore di uno strumento di evangelizzazione � 87 e si sviluppa nell'incontro sempre rinnovato tra il messaggio evangelico e la storia umana. Cos� compresa, tale dottrina � via peculiare per l'esercizio del ministero della Parola e della funzione profetica della Chiesa: 88 � per la Chiesa insegnare e diffondere la dottrina sociale appartiene alla sua missione evangelizzatrice e fa parte essenziale del messaggio cristiano, perch� tale dottrina ne propone le dirette conseguenze nella vita della societ� ed inquadra il lavoro quotidiano e le lotte per la giustizia nella testimonianza a Cristo Salvatore �.89 Non siamo in presenza di un interesse o di un'azione marginale, che si aggiunge alla missione della Chiesa, ma al cuore stesso della sua ministerialit�: con la dottrina sociale la Chiesa � annuncia Dio e il mistero di salvezza in Cristo ad ogni uomo e, per la medesima ragione, rivela l'uomo a se stesso �.90 �, questo, un ministero che procede non solo dall'annuncio, ma anche dalla testimonianza.

68 La Chiesa non si fa carico della vita in societ� sotto ogni aspetto, ma con la competenza sua propria, che � quella dell'annuncio di Cristo Redentore: 91 � La missione propria che Cristo ha affidato alla sua Chiesa non � d'ordine politico, economico o sociale: il fine che le ha prefisso � di ordine religioso. Eppure proprio da questa missione religiosa derivano un compito, una luce e delle forze che possono servire a costruire e a consolidare la comunit� degli uomini secondo la Legge divina �.92 Questo vuol dire che la Chiesa, con la sua dottrina sociale, non entra in questioni tecniche e non istituisce n� propone sistemi o modelli di organizzazione sociale: 93 ci� non attiene alla missione che Cristo le ha affidato. La Chiesa ha la competenza attinta al Vangelo: al messaggio di liberazione dell'uomo annunciato e testimoniato dal Figlio di Dio fatto uomo.

d) Diritto e dovere della Chiesa

69 Con la sua dottrina sociale la Chiesa si propone di assistere l'uomo sul cammino della salvezza �: 94 si tratta del suo fine precipuo ed unico. Non ci sono altri scopi tesi a surrogare o ad invadere compiti altrui, trascurando i propri, o a perseguire obiettivi estranei alla sua missione. Tale missione configura il diritto e insieme il dovere della Chiesa di elaborare una propria dottrina sociale e di incidere con essa sulla societ� e sulle sue strutture, mediante le responsabilit� e i compiti che questa dottrina suscita.

70 La Chiesa ha il diritto di essere per l'uomo maestra di verit� della fede: della verit� non solo del dogma, ma anche della morale che scaturisce dalla stessa natura umana e dal Vangelo.95 La parola del Vangelo, infatti, non va solo ascoltata, ma anche messa in pratica (cfr. Mt 7,24; Lc 6,46-47; Gv 14,21.23-24; Gc 1,22): la coerenza nei comportamenti manifesta l'adesione del credente e non � circoscritta all'ambito strettamente ecclesiale e spirituale, ma coinvolge l'uomo in tutto il suo vissuto e secondo tutte le sue responsabilit�. Per quanto secolari, queste hanno come soggetto l'uomo, vale a dire colui che Dio chiama, mediante la Chiesa, a partecipare al Suo dono salvifico.

Al dono della salvezza l'uomo deve corrispondere non con un'adesione parziale, astratta o verbale, ma con tutta la propria vita, secondo tutte le relazioni che la connotano, cos� da non abbandonare nulla ad un ambito profano e mondano, irrilevante o estraneo alla salvezza. Per questo la dottrina sociale non � per la Chiesa un privilegio, una digressione, una convenienza o un'ingerenza: � un suo diritto evangelizzare il sociale, ossia far risuonare la parola liberante del Vangelo nel complesso mondo della produzione, del lavoro, dell'imprenditoria, della finanza, del commercio, della politica, della giurisprudenza, della cultura, delle comunicazioni sociali, in cui vive l'uomo.

71 Questo diritto � nel contempo un dovere, perch� la Chiesa non vi pu� rinunciare senza smentire se stessa e la sua fedelt� a Cristo: � Guai a me se non predicassi il vangelo! � (1 Cor 9,16). L'ammonimento che san Paolo rivolge a se stesso risuona nella coscienza della Chiesa come un richiamo a percorrere tutte le vie dell'evangelizzazione; non solo quelle che portano alle coscienze individuali, ma anche quelle che conducono alle istituzioni pubbliche: da un lato non si deve � costringere erroneamente il fatto religioso alla sfera puramente privata �,96 da un altro lato non si pu� orientare il messaggio cristiano verso una salvezza puramente ultraterrena, incapace di illuminare la presenza sulla terra.97

Per la rilevanza pubblica del Vangelo e della fede e per gli effetti perversi dell'ingiustizia, cio� del peccato, la Chiesa non pu� restare indifferente alle vicende sociali: 98 � � compito della Chiesa annunciare sempre e dovunque i principi morali anche circa l'ordine sociale, e cos� pure pronunciare il giudizio su qualsiasi realt� umana, in quanto lo esigono i diritti fondamentali della persona umana o la salvezza delle anime �.99

  

II. LA NATURA DELLA DOTTRINA SOCIALE

a) Un conoscere illuminato dalla fede

72 La dottrina sociale non � stata pensata da principio come un sistema organico, ma si � formata nel corso del tempo, attraverso i numerosi interventi del Magistero sui temi sociali. Tale genesi rende comprensibile il fatto che siano potute intervenire alcune oscillazioni circa la natura, il metodo e la struttura epistemologica della dottrina sociale della Chiesa. Preceduto da un significativo accenno nella � Laborem exercens �,100 un chiarimento decisivo in tal senso � contenuto nell'enciclica � Sollicitudo rei socialis �: la dottrina sociale della Chiesa � appartiene... non al campo dell'ideologia, ma della teologia e specialmente della teologia morale �.101 Essa non � definibile secondo parametri socio-economici. Non � un sistema ideologico o prammatico, teso a definire e comporre i rapporti economici, politici e sociali, ma una categoria a s�: essa � � l'accurata formulazione dei risultati di un'attenta riflessione sulle complesse realt� dell'esistenza dell'uomo, nella societ� e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale. Suo scopo principale � di interpretare tali realt�, esaminandone la conformit� o difformit� con le linee dell'insegnamento del Vangelo sull'uomo e sulla sua vocazione terrena e insieme trascendente; per orientare, quindi, il comportamento cristiano �.102

73 La dottrina sociale, pertanto, � di natura teologica, e specificamente teologico-morale, � trattandosi di una dottrina indirizzata a guidare la condotta delle persone �: 103 � Essa si situa all'incrocio della vita e della coscienza cristiana con le situazioni del mondo e si manifesta negli sforzi che singoli, famiglie, operatori culturali e sociali, politici e uomini di Stato mettono in atto per darle forma e applicazione nella storia �.104 La dottrina sociale riflette, di fatto, i tre livelli dell'insegnamento teologico-morale: quello fondativo delle motivazioni; quello direttivo delle norme del vivere sociale; quello deliberativo delle coscienze, chiamate a mediare le norme oggettive e generali nelle concrete e particolari situazioni sociali. Questi tre livelli definiscono implicitamente anche il metodo proprio e la specifica struttura epistemologica della dottrina sociale della Chiesa.

74 La dottrina sociale trova il suo fondamento essenziale nella Rivelazione biblica e nella Tradizione della Chiesa. A questa sorgente, che viene dall'alto, essa attinge l'ispirazione e la luce per comprendere, giudicare e orientare l'esperienza umana e la storia. Prima e al di sopra di tutto sta il progetto di Dio sul creato e, in particolare, sulla vita e sul destino dell'uomo chiamato alla comunione trinitaria.

La fede, che accoglie la parola divina e la mette in pratica, interagisce efficacemente con la ragione. L'intelligenza della fede, in particolare della fede orientata alla prassi, � strutturata dalla ragione e si avvale di tutti i contributi che questa le offre. Anche la dottrina sociale, in quanto sapere applicato alla contingenza e alla storicit� della prassi, coniuga insieme � fides et ratio105 ed � espressione eloquente del loro fecondo rapporto.

75 La fede e la ragione costituiscono le due vie conoscitive della dottrina sociale, essendo due le fonti alle quali essa attinge: la Rivelazione e la natura umana. Il conoscere della fede comprende e dirige il vissuto dell'uomo nella luce del mistero storico-salvifico, del rivelarsi e donarsi di Dio in Cristo per noi uomini. Questa intelligenza della fede include la ragione, mediante la quale essa, per quanto possibile, spiega e comprende la verit� rivelata e la integra con la verit� della natura umana, attinta al progetto divino espresso dalla creazione,106 ossia la verit� integrale della persona in quanto essere spirituale e corporeo, in relazione con Dio, con gli altri esseri umani e con le altre creature.107

La centratura sul mistero di Cristo, pertanto, non indebolisce o esclude il ruolo della ragione e perci� non priva la dottrina sociale di plausibilit� razionale e, quindi, della sua destinazione universale. Poich� il mistero di Cristo illumina il mistero dell'uomo, la ragione d� pienezza di senso alla comprensione della dignit� umana e delle esigenze morali che la tutelano. La dottrina sociale � un conoscere illuminato dalla fede, che � proprio perch� tale � esprime una maggiore capacit� di conoscenza. Essa d� ragione a tutti delle verit� che afferma e dei doveri che comporta: pu� trovare accoglienza e condivisione da parte di tutti.

b) In dialogo cordiale con ogni sapere

76 La dottrina sociale della Chiesa si giova di tutti i contributi conoscitivi, da qualunque sapere provengano, e possiede un'importante dimensione interdisciplinare: � Per incarnare meglio in contesti sociali, economici e politici diversi e continuamente cangianti l'unica verit� sull'uomo, tale dottrina entra in dialogo con le varie discipline che si occupano dell'uomo, ne integra in s� gli apporti �.108 La dottrina sociale si avvale dei contributi di significato della filosofia e altrettanto dei contributi descrittivi delle scienze umane.

77 Essenziale �, anzitutto, l'apporto della filosofia, gi� emerso dal richiamo alla natura umana quale fonte e alla ragione quale via conoscitiva della stessa fede. Mediante la ragione, la dottrina sociale assume la filosofia nella sua stessa logica interna, ossia nell'argomentare che le � proprio.

Affermare che la dottrina sociale � da ascrivere alla teologia piuttosto che alla filosofia non significa disconoscere o sottovalutare il ruolo e l'apporto filosofico. La filosofia, infatti, � strumento idoneo e indispensabile ad una corretta comprensione di concetti basilari della dottrina sociale � quali la persona, la societ�, la libert�, la coscienza, l'etica, il diritto, la giustizia, il bene comune, la solidariet�, la sussidiariet�, lo Stato �, comprensione tale da ispirare un'armonica convivenza sociale. � ancora la filosofia a far risaltare la plausibilit� razionale della luce che il Vangelo proietta sulla societ� e a sollecitare l'apertura e l'assenso alla verit� di ogni intelligenza e coscienza.

78 Un significativo contributo alla dottrina sociale della Chiesa proviene anche dalle scienze umane e sociali:109 nessun sapere � escluso, per la parte di verit� di cui � portatore. La Chiesa riconosce e accoglie tutto ci� che contribuisce alla comprensione dell'uomo nella sempre pi� estesa, mutevole e complessa rete delle relazioni sociali. Essa � consapevole del fatto che ad una profonda conoscenza dell'uomo non si perviene con la sola teologia, senza i contributi di molti saperi, ai quali la teologia stessa fa riferimento.

L'apertura attenta e costante alle scienze fa acquisire alla dottrina sociale competenze, concretezza e attualit�. Grazie ad esse, la Chiesa pu� comprendere in modo pi� preciso l'uomo nella societ�, parlare agli uomini del proprio tempo in modo pi� convincente e adempiere pi� efficacemente il suo compito di incarnare, nella coscienza e nella sensibilit� sociale del nostro tempo, la Parola di Dio e la fede, dalla quale la dottrina sociale � prende avvio �.110

Tale dialogo interdisciplinare sollecita anche le scienze a cogliere le prospettive di significato, di valore e di impegno che la dottrina sociale dischiude e ad � aprirsi verso un orizzonte pi� ampio al servizio della singola persona, conosciuta e amata nella pienezza della sua vocazione �.111

c) Espressione del ministero d'insegnamento della Chiesa

79 La dottrina sociale � della Chiesa perch� la Chiesa � il soggetto che la elabora, la diffonde e la insegna. Essa non � prerogativa di una componente del corpo ecclesiale, ma della comunit� intera: � espressione del modo in cui la Chiesa comprende la societ� e si pone nei confronti delle sue strutture e dei suoi mutamenti. Tutta la comunit� ecclesiale � sacerdoti, religiosi e laici � concorre a costituire la dottrina sociale, secondo la diversit� di compiti, carismi e ministeri al suo interno.

I contributi molteplici e multiformi � espressioni anch'essi delsoprannaturale senso della fede di tutto il Popolo112 � sono assunti, interpretati e unificati dal Magistero, che promulga l'insegnamento sociale come dottrina della Chiesa. Il Magistero compete, nella Chiesa, a coloro che sono investiti del � munus docendi �, ossia del ministero di insegnare nel campo della fede e della morale con l'autorit� ricevuta da Cristo. La dottrina sociale non � solo il frutto del pensiero e dell'opera di persone qualificate, ma � il pensiero della Chiesa, in quanto � opera del Magistero, il quale insegna con l'autorit� che Cristo ha conferito agli Apostoli e ai loro successori: il Papa e i Vescovi in comunione con lui.113

80 Nella dottrina sociale della Chiesa � in atto il Magistero in tutte le sue componenti ed espressioni. Primario � il Magistero universale del Papa e del Concilio: � questo Magistero a determinare l'indirizzo e a segnare lo sviluppo della dottrina sociale. Esso, a sua volta, � integrato da quello episcopale, che ne specifica, traduce e attualizza l'insegnamento nella concretezza e peculiarit� delle molteplici e diverse situazioni locali.114 L'insegnamento sociale dei Vescovi offre validi contributi e stimoli al magistero del Romano Pontefice. Si attua in questo modo una circolarit�, che esprime di fatto la collegialit� dei Pastori uniti al Papa nell'insegnamento sociale della Chiesa. Il complesso dottrinale che ne risulta comprende ed integra l'insegnamento universale dei Papi e quello particolare dei Vescovi.

In quanto parte dell'insegnamento morale della Chiesa, la dottrina sociale riveste la medesima dignit� ed ha la stessa autorevolezza di tale insegnamento. Essa � Magistero autentico, che esige l'accettazione e l'adesione dei fedeli.115 Il peso dottrinale dei diversi insegnamenti e l'assenso che richiedono vanno valutati in funzione della loro natura, del loro grado di indipendenza da elementi contingenti e variabili e della frequenza con cui sono richiamati.116

d) Per una societ� riconciliata nella giustizia e nell'amore

81 L'oggetto della dottrina sociale � essenzialmente lo stesso che ne costituisce la ragion d'essere: l'uomo chiamato alla salvezza e come tale affidato da Cristo alla cura e alla responsabilit� della Chiesa.117 Con la sua dottrina sociale, la Chiesa si preoccupa della vita umana nella societ�, nella consapevolezza che dalla qualit� del vissuto sociale, ossia delle relazioni di giustizia e di amore che lo intessono, dipende in modo decisivo la tutela e la promozione delle persone, per le quali ogni comunit� � costituita. Nella societ�, infatti, sono in gioco la dignit� e i diritti della persona e la pace nelle relazioni tra persone e tra comunit� di persone. Beni, questi, che la comunit� sociale deve perseguire e garantire.

In tale prospettiva, la dottrina sociale assolve un compito di annuncio e anche di denuncia.

Anzitutto l'annuncio di ci� che la Chiesa possiede di proprio: � una visione globale dell'uomo e dell'umanit� �,118 ad un livello non solo teorico, ma pratico. La dottrina sociale, infatti, non offre soltanto significati, valori e criteri di giudizio, ma anche le norme e le direttive d'azione che ne derivano.119 Con tale dottrina, la Chiesa non persegue fini di strutturazione e organizzazione della societ�, ma di sollecitazione, indirizzo e formazione delle coscienze.

La dottrina sociale comporta pure un compito di denuncia, in presenza del peccato: � il peccato d'ingiustizia e di violenza che in vario modo attraversa la societ� e in essa prende corpo.120 Tale denuncia si fa giudizio e difesa dei diritti disconosciuti e violati, specialmente dei diritti dei poveri, dei piccoli, dei deboli,121 e tanto pi� si intensifica quanto pi� le ingiustizie e le violenze si estendono, coinvolgendo intere categorie di persone e ampie aree geografiche del mondo, e danno luogo a questioni sociali ossia a soprusi e squilibri che sconvolgono le societ�. Gran parte dell'insegnamento sociale della Chiesa � sollecitato e determinato dalle grandi questioni sociali, di cui vuole essere risposta di giustizia sociale.

82 L'intento della dottrina sociale � di ordine religioso e morale.122 Religioso perch� la missione evangelizzatrice e salvifica della Chiesa abbraccia l'uomo � nella piena verit� della sua esistenza, del suo essere personale ed insieme del suo essere comunitario e sociale �.123 Morale perch� la Chiesa mira ad un � umanesimo plenario �,124 vale a dire alla � liberazione da tutto ci� che opprime l'uomo � 125 e allo � sviluppo di tutto l'uomo e di tutti gli uomini �.126 La dottrina sociale traccia le vie da percorrere verso una societ� riconciliata ed armonizzata nella giustizia e nell'amore, anticipatrice nella storia, in modo incoativo e prefigurativo, di � nuovi cieli e... terra nuova, nei quali avr� stabile dimora la giustizia � (2 Pt 3,13).

e) Un messaggio per i figli della Chiesa e per l'umanit�

83 Prima destinataria della dottrina sociale � la comunit� ecclesiale in tutti i suoi membri, perch� tutti hanno responsabilit� sociali da assumere. La coscienza � interpellata dall'insegnamento sociale per riconoscere e adempiere i doveri di giustizia e di carit� nella vita sociale. Tale insegnamento � luce di verit� morale, che suscita appropriate risposte secondo la vocazione e il ministero di ciascun cristiano. Nei compiti di evangelizzazione, vale a dire di insegnamento, di catechesi e di formazione, che la dottrina sociale della Chiesa suscita, essa � destinata ad ogni cristiano, secondo le competenze, i carismi, gli uffici e la missione di annuncio propri di ciascuno.127

La dottrina sociale implica altres� responsabilit� relative alla costruzione, all'organizzazione e al funzionamento della societ�: obblighi politici, economici, amministrativi, vale a dire di natura secolare, che appartengono ai fedeli laici, non ai sacerdoti e ai religiosi.128 Tali responsabilit� competono ai laici in modo peculiare, in ragione della condizione secolare del loro stato di vita e dell'indole secolare della loro vocazione: 129 mediante tali responsabilit�, i laici mettono in opera l'insegnamento sociale e adempiono la missione secolare della Chiesa.130

84 Oltre la destinazione, primaria e specifica, ai figli della Chiesa, la dottrina sociale ha una destinazione universale. La luce del Vangelo, che la dottrina sociale riverbera sulla societ�, illumina tutti gli uomini, ed ogni coscienza e intelligenza sono in grado di cogliere la profondit� umana dei significati e dei valori da essa espressi e la carica di umanit� e di umanizzazione delle sue norme d'azione. Sicch� tutti, in nome dell'uomo, della sua dignit� una e unica e della sua tutela e promozione nella societ�, tutti, in nome dell'unico Dio, Creatore e fine ultimo dell'uomo, sono destinatari della dottrina sociale della Chiesa.131 La dottrina sociale � un insegnamento espressamente rivolto a tutti gli uomini di buona volont� 132 e, infatti, � ascoltato dai membri delle altre Chiese e Comunit� Ecclesiali, dai seguaci di altre tradizioni religiose e da persone che non fanno parte di alcun gruppo religioso.

f) Nel segno della continuit� e del rinnovamento

85 Orientata dalla luce perenne del Vangelo e costantemente attenta all'evoluzione della societ�, la dottrina sociale � caratterizzata da continuit� e da rinnovamento.133

Essa manifesta anzitutto la continuit� di un insegnamento che si richiama ai valori universali che derivano dalla Rivelazione e dalla natura umana. Per tale motivo la dottrina sociale non dipende dalle diverse culture, dalle differenti ideologie, dalle varie opinioni: essa � un insegnamento costante, che � si mantiene identico nella sua ispirazione di fondo, nei suoi �principi di riflessione�, nei suoi �criteri di giudizio�, nelle sue basilari �direttrici di azione� e, soprattutto, nel suo vitale collegamento col Vangelo del Signore �.134 In questo suo nucleo portante e permanente la dottrina sociale della Chiesa attraversa la storia senza subirne i condizionamenti e non corre il rischio del dissolvimento.

D'altra parte, nel suo costante volgersi alla storia lasciandosi interpellare dagli eventi che in essa si producono, la dottrina sociale della Chiesa manifesta una capacit� di continuo rinnovamento. La fermezza nei principi non ne fa un sistema d'insegnamenti rigido, ma un Magistero in grado di aprirsi alle cose nuove, senza snaturarsi in esse: 135 un insegnamento � soggetto ai necessari e opportuni adattamenti suggeriti dal variare delle situazioni storiche e dall'incessante fluire degli avvenimenti, in cui si muove la vita degli uomini e delle societ� �.136

86 La dottrina sociale si presenta come un cantiere sempre aperto, in cui la verit� perenne penetra e permea la novit� contingente, tracciando vie di giustizia e di pace. La fede non presume d'imprigionare in uno schema chiuso la mutevole realt� socio-politica.137 � vero piuttosto il contrario: la fede � fermento di novit� e creativit�. L'insegnamento che da essa prende continuamente avvio � si sviluppa attraverso una riflessione a contatto delle situazioni mutevoli di questo mondo, sotto l'impulso del Vangelo come fonte di rinnovamento �.138

Madre e Maestra, la Chiesa non si chiude e non si ritrae in se stessa, ma � sempre esposta, protesa e rivolta verso l'uomo, il cui destino di salvezza � la propria ragion d'essere. Essa � tra gli uomini l'icona vivente del Buon Pastore, che va a cercare e a trovare l'uomo l� dov'egli �, nella condizione esistenziale e storica del suo vissuto. Qui la Chiesa gli si fa incontro con il Vangelo, messaggio di liberazione e di riconciliazione, di giustizia e di pace.

III. LA DOTTRINA SOCIALE NEL NOSTRO TEMPO:
CENNI STORICI

a) L'avvio di un nuovo cammino

87 La locuzione dottrina sociale risale a Pio XI 139 e designa il � corpus � dottrinale riguardante temi di rilevanza sociale che, a partire dall'enciclica � Rerum novarum 140 di Leone XIII, si � sviluppato nella Chiesa attraverso il Magistero dei Romani Pontefici e dei Vescovi in comunione con essi.141 La sollecitudine sociale non ha avuto certamente inizio con tale documento, perch� la Chiesa non si � mai disinteressata della societ�; nondimeno, l'enciclicaRerum novarum d� l'avvio ad un nuovo cammino: innestandosi su una tradizione plurisecolare, essa segna un nuovo inizio e un sostanziale sviluppo dell'insegnamento in campo sociale.142

Nella sua continua attenzione per l'uomo nella societ�, la Chiesa ha accumulato cos� un ricco patrimonio dottrinale. Esso ha le sue radici nella Sacra Scrittura, specialmente nel Vangelo e negli scritti apostolici, ed ha preso forma e corpo a partire dai Padri della Chiesa e dai grandi Dottori del Medio Evo, costituendo una dottrina in cui, pur senza espliciti e diretti interventi a livello magisteriale, la Chiesa si � via via riconosciuta.

88 Gli eventi di natura economica che si produssero nel XIX secolo ebbero conseguenze sociali, politiche e culturali dirompenti. Gli avvenimenti collegati alla rivoluzione industriale sovvertirono secolari assetti sociali, sollevando gravi problemi di giustizia e ponendo la prima grande questione sociale, la questione operaia, suscitata dal conflitto tra capitale e lavoro. In tale quadro la Chiesa avvert� la necessit� di dover intervenire in modo nuovo: le � res novae, costituite da quegli eventi, rappresentavano una sfida al suo insegnamento e motivavano una speciale sollecitudine pastorale verso larghe masse di uomini e di donne. Occorreva un rinnovato discernimento della situazione, in grado di delineare soluzioni appropriate a problemi inconsueti e inesplorati.

b) Dalla � Rerum novarum � ai nostri giorni

89 In risposta alla prima grande questione sociale, Leone XIII promulga la prima enciclica sociale, laRerum novarum �.143 Essa prende in esame la condizione dei lavoratori salariati, particolarmente penosa per gli operai delle industrie, afflitti da un'indegna miseria. La questione operaia viene trattata secondo la sua reale ampiezza: essa � esplorata in tutte le sue articolazioni sociali e politiche, per essere adeguatamente valutata alla luce dei principi dottrinali fondati sulla Rivelazione, sulla legge e sulla morale naturale.

La � Rerum novarum � elenca gli errori che provocano il male sociale, esclude il socialismo come rimedio ed espone, precisandola e attualizzandola, � la dottrina cattolica sul lavoro, sul diritto di propriet�, sul principio di collaborazione contrapposto alla lotta di classe come mezzo fondamentale per il cambiamento sociale, sul diritto dei deboli, sulla dignit� dei poveri e sugli obblighi dei ricchi, sul perfezionamento della giustizia mediante la carit�, sul diritto ad avere associazioni professionali �.144

LaRerum novarum� diventata il documento ispirativo e di riferimento dell'attivit� cristiana in campo sociale.145 Il tema centrale dell'Enciclica � quello dell'instaurazione di un ordine sociale giusto, in vista del quale � doveroso individuare dei criteri di giudizio che aiutino a valutare gli ordinamenti socio-politici esistenti e a prospettare linee d'azione per una loro opportuna trasformazione.

90 La � Rerum novarum � ha affrontato la questione operaia con un metodo che diventer� � un paradigma permanente146 per gli sviluppi successivi della dottrina sociale. I principi affermati da Leone XIII saranno ripresi e approfonditi dalle encicliche sociali successive. Tutta la dottrina sociale potrebbe essere intesa come un'attualizzazione, un approfondimento ed un'espansione del nucleo originario di principi esposti nella � Rerum novarum �. Con questo testo, coraggioso e lungimirante, Leone XIII � confer� alla Chiesa quasi uno �statuto di cittadinanza� nelle mutevoli realt� della vita pubblica � 147 e � scrisse una parola decisiva �,148 che divenne � un elemento permanente della dottrina sociale della Chiesa �,149 affermando che i gravi problemi sociali � potevano essere risolti soltanto mediante la collaborazione tra tutte le forze � 150 e aggiungendo anche: � Quanto alla Chiesa, essa non lascer� mai mancare in nessun modo l'opera sua �.151

91 All'inizio degli anni Trenta, a ridosso della grave crisi economica del 1929, Pio XI pubblica l'enciclica � Quadragesimo anno �,152 commemorativa dei quarant'anni della � Rerum novarum �. Il Papa rilegge il passato alla luce di una situazione economico-sociale in cui all'industrializzazione si era aggiunta l'espansione del potere dei gruppi finanziari, in ambito nazionale ed internazionale. Era il periodo post-bellico, in cui si andavano affermando in Europa i regimi totalitari, mentre si inaspriva la lotta di classe. L'Enciclica ammonisce sul mancato rispetto della libert� di associazione e ribadisce i principi di solidariet� e di collaborazione per superare le antinomie sociali. I rapporti tra capitale e lavoro devono essere all'insegna della cooperazione.153

La � Quadragesimo anno � ribadisce il principio che il salario deve essere proporzionato non solo alle necessit� del lavoratore, ma anche a quelle della sua famiglia. Lo Stato, nei rapporti col settore privato, deve applicare il principio di sussidiariet�, principio che diverr� un elemento permanente della dottrina sociale. L'Enciclica rifiuta il liberalismo inteso come illimitata concorrenza delle forze economiche, ma riconferma il valore della propriet� privata, richiamandone la funzione sociale. In una societ� da ricostruire fin dalle basi economiche, che diventa essa stessa e tutta intera � la questione � da affrontare, � Pio XI sent� il dovere e la responsabilit� di promuovere una maggiore conoscenza, una pi� esatta interpretazione e una urgente applicazione della legge morale regolativa dei rapporti umani..., allo scopo di superare il conflitto delle classi e di arrivare a un nuovo ordine sociale basato sulla giustizia e sulla carit� �.154

92 Pio XI non manc� di far sentire la sua voce contro i regimi totalitari che durante il suo pontificato si affermarono in Europa. Gi� il 29 giugno 1931 aveva protestato contro le sopraffazioni del regime fascista in Italia con l'enciclica � Non abbiamo bisogno �.155 Nel 1937 pubblic� l'enciclica � Mit brennender Sorge �,156 sulla situazione della Chiesa Cattolica nel Reich germanico. Il testo della � Mit brennender Sorge � fu letto dal pulpito di tutte le chiese cattoliche in Germania, dopo essere stato diffuso nella massima segretezza. L'Enciclica giungeva dopo anni di soprusi e di violenze ed era stata espressamente richiesta a Pio XI dai Vescovi tedeschi, in seguito alle misure sempre pi� coercitive e repressive adottate dal Reich nel 1936, in particolare nei confronti dei giovani, obbligati ad iscriversi alla � Giovent� hitleriana �. Il Papa si rivolge ai sacerdoti e ai religiosi, ai fedeli laici, per incoraggiarli e chiamarli alla resistenza, fino a quando una vera pace tra la Chiesa e lo Stato non sia ristabilita. Nel 1938, davanti al diffondersi dell'antisemitismo, Pio XI afferm�: � Siamo spiritualmente semiti �.157

Con l'enciclica � Divini Redemptoris �,158 sul comunismo ateo e sulla dottrina sociale cristiana, Pio XI critic� in modo sistematico il comunismo, definito � intrinsecamente perverso �,159 e indic� come mezzi principali per porre rimedio ai mali da esso prodotti, il rinnovamento della vita cristiana, l'esercizio della carit� evangelica, l'adempimento dei doveri di giustizia a livello interpersonale e sociale in ordine al bene comune, l'istituzionalizzazione di corpi professionali e inter-professionali.

93 I Radiomessaggi natalizi di Pio XII,160 insieme ad altri importanti interventi in materia sociale, approfondiscono la riflessione magisteriale su un nuovo ordine sociale, governato dalla morale e dal diritto e centrato sulla giustizia e sulla pace. Durante il suo pontificato, Pio XII attravers� gli anni terribili della Seconda Guerra Mondiale e quelli difficili della ricostruzione. Egli non pubblic� encicliche sociali, tuttavia manifest� costantemente, in numerosissimi contesti, la sua preoccupazione per l'ordine internazionale sconvolto: � Negli anni della guerra e del dopoguerra, il Magistero sociale di Pio XII rappresent� per molti popoli di tutti i continenti e per milioni di credenti e di non credenti la voce della coscienza universale, interpretata e proclamata in intima connessione con la Parola di Dio. Con la sua autorit� morale e il suo prestigio, Pio XII port� la luce della sapienza cristiana a innumerevoli uomini di ogni categoria e livello sociale �.161

Una delle caratteristiche degli interventi di Pio XII sta nel rilievo dato al rapporto tra morale e diritto. Il Papa insiste sulla nozione di diritto naturale, come anima dell'ordinamento che va instaurato sul piano sia nazionale sia internazionale. Un altro aspetto importante dell'insegnamento di Pio XII sta nella sua attenzione per le categorie professionali e imprenditoriali, chiamate a concorrere in special modo al raggiungimento del bene comune: � Per la sua sensibilit� e intelligenza nel cogliere i �segni dei tempi�, Pio XII pu� considerarsi il precursore immediato del Concilio Vaticano II e dell'insegnamento sociale dei Papi che gli sono succeduti �.162

94 Gli anni Sessanta aprono orizzonti promettenti: la ripresa dopo le devastazioni della guerra, l'inizio della decolonizzazione, i primi timidi segnali di un disgelo nei rapporti tra i due blocchi, americano e sovietico. In questo clima, il beato Giovanni XXIII legge in profondit� i � segni dei tempi �.163 La questione sociale si sta universalizzando e coinvolge tutti i Paesi: accanto alla questione operaia e alla rivoluzione industriale, si delineano i problemi dell'agricoltura, delle aree in via di sviluppo, dell'incremento demografico e quelli relativi alla necessit� di una cooperazione economica mondiale. Le disuguaglianze, in precedenza avvertite all'interno delle Nazioni, appaiono a livello internazionale e fanno emergere con sempre maggiore chiarezza la situazione drammatica in cui si trova il Terzo Mondo.

Giovanni XXIII, nell'enciclica � Mater et magistra �,164 � mira ad aggiornare i documenti gi� conosciuti e a fare un ulteriore passo in avanti nel processo di coinvolgimento di tutta la comunit� cristiana �.165 Le parole-chiave dell'Enciclica sono comunit� e socializzazione:166 la Chiesa � chiamata, nella verit�, nella giustizia e nell'amore, a collaborare con tutti gli uomini per costruire un'autentica comunione. Per tale via la crescita economica non si limiter� a soddisfare i bisogni degli uomini, ma potr� promuovere anche la loro dignit�.

95 Con l'enciclica � Pacem in terris �,167 Giovanni XXIII mette in evidenza il tema della pace, in un'epoca segnata dalla proliferazione nucleare. La � Pacem in terris � contiene, inoltre, una prima approfondita riflessione della Chiesa sui diritti; � l'Enciclica della pace e della dignit� umana. Essa prosegue e completa il discorso della � Mater et magistra � e, nella direzione indicata da Leone XIII, sottolinea l'importanza della collaborazione tra tutti: � la prima volta che un documento della Chiesa viene indirizzato anche � a tutti gli uomini di buona volont� �,168 che vengono chiamati a un � compito immenso: il compito di ricomporre i rapporti della convivenza nella verit�, nella giustizia, nell'amore, nella libert� �.169 La � Pacem in terris � si sofferma sui pubblici poteri della comunit� mondiale, chiamati ad � affrontare e risolvere i problemi a contenuto economico, sociale, politico, culturale che pone il bene comune universale �.170 Nel decimo anniversario della � Pacem in terris �, il Cardinale Maurice Roy, Presidente della Pontificia Commissione Giustizia e Pace, invi� a Paolo VI una Lettera unitamente a un Documento con una serie di riflessioni sulla capacit� dell'insegnamento dell'Enciclica giovannea di illuminare i problemi nuovi connessi con la promozione della pace.171

96 La Costituzione pastorale � Gaudium et spes �,172 del Concilio Vaticano II, costituisce una significativa risposta della Chiesa alle attese del mondo contemporaneo. In tale Costituzione, � in sintonia con il rinnovamento ecclesiologico, si riflette una nuova concezione di essere comunit� dei credenti e popolo di Dio. Essa ha suscitato quindi nuovo interesse per la dottrina contenuta nei documenti precedenti circa la testimonianza e la vita dei cristiani, come vie autentiche per rendere visibile la presenza di Dio nel mondo �.173 La � Gaudium et spes � traccia il volto di una Chiesa � intimamente solidale con il genere umano e la sua storia �,174 che cammina con tutta l'umanit� ed � soggetta insieme al mondo alla medesima sorte terrena, ma che al tempo stesso � � come fermento e quasi anima della societ� umana, per rinnovarla in Cristo e trasformarla in famiglia di Dio �.175

La � Gaudium et spes � affronta organicamente i temi della cultura, della vita economico-sociale, del matrimonio e della famiglia, della comunit� politica, della pace e della comunit� dei popoli, alla luce della visione antropologica cristiana e della missione della Chiesa. Tutto � considerato a partire dalla persona e in direzione della persona: � la sola creatura sulla terra che Dio abbia voluto per se stessa �.176 La societ�, le sue strutture e il suo sviluppo devono essere finalizzati al � perfezionamento della persona umana �.177 Per la prima volta il Magistero della Chiesa, al suo pi� alto livello, si esprime in modo cos� ampio sui diversi aspetti temporali della vita cristiana: � Si deve riconoscere che l'attenzione data dalla Costituzione ai cambiamenti sociali, psicologici, politici, economici, morali e religiosi ha stimolato sempre pi�... la preoccupazione pastorale della Chiesa per i problemi degli uomini e il dialogo con il mondo �.178

97 Un altro documento del Concilio Vaticano II molto importante nel � corpus � della dottrina sociale della Chiesa � la dichiarazione � Dignitatis humanae �,179 in cui si proclama il diritto alla libert� religiosa. Il documento tratta il tema in due capitoli. Nel primo, di carattere generale, si afferma che il diritto alla libert� religiosa si fonda sulla dignit� della persona umana e che deve essere sancito come diritto civile nell'ordinamento giuridico della societ�. Il secondo capitolo affronta il tema alla luce della Rivelazione e ne chiarisce le implicazioni pastorali, ricordando che si tratta di un diritto riguardante non solo le singole persone, ma anche le diverse comunit�.

98 � Lo sviluppo � il nuovo nome della pace �,180 afferma Paolo VI nell'enciclica � Populorum progressio �,181 che pu� essere considerata come un ampliamento del capitolo sulla vita economico-sociale della � Gaudium et spes �, nonostante introduca alcune significative novit�. In particolare, il documento traccia le coordinate di uno sviluppo integrale dell'uomo e di uno sviluppo solidale dell'umanit�: � due tematiche queste che sono da considerarsi come gli assi intorno ai quali si struttura il tessuto dell'Enciclica. Volendo convincere i destinatari dell'urgenza di un'azione solidale, il Papa presenta lo sviluppo come �il passaggio da condizioni di vita meno umane a condizioni pi� umane� e ne specifica le caratteristiche �.182 Tale passaggio non � circoscritto alle dimensioni meramente economiche e tecniche, ma implica per ogni persona l'acquisizione della cultura, il rispetto della dignit� degli altri, il riconoscimento � dei valori supremi, e di Dio che ne � la sorgente e il termine �.183 Lo sviluppo a vantaggio di tutti risponde all'esigenza di una giustizia su scala mondiale che garantisca una pace planetaria e renda possibile la realizzazione di � un umanesimo plenario �,184 governato dai valori spirituali.

99 In tale prospettiva, Paolo VI istituisce, nel 1967, la Pontificia Commissione � Iustitia et Pax, realizzando un voto dei Padri Conciliari, per i quali � � assai opportuna la creazione di qualche organismo della Chiesa universale che abbia lo scopo di sensibilizzare la comunit� dei cattolici a promuovere il progresso delle regioni bisognose e la giustizia sociale tra le nazioni �.185 Per iniziativa di Paolo VI, a cominciare dal 1968, la Chiesa celebra il primo giorno dell'anno la Giornata Mondiale della Pace. Lo stesso Pontefice d� avvio alla tradizione dei Messaggi che affrontano il tema scelto per ogni Giornata Mondiale della Pace, accrescendo cos� il � corpus � della dottrina sociale.

100 All'inizio degli anni Settanta, in un clima turbolento di contestazione fortemente ideologica, Paolo VI riprende l'insegnamento sociale di Leone XIII e lo aggiorna, in occasione dell'ottantesimo anniversario della � Rerum novarum �, con la Lettera apostolica � Octogesima adveniens �.186 Il Papa riflette sulla societ� post-industriale con tutti i suoi complessi problemi, rilevando l'insufficienza delle ideologie a rispondere a tali sfide: l'urbanizzazione, la condizione giovanile, la situazione della donna, la disoccupazione, le discriminazioni, l'emigrazione, l'incremento demografico, l'influsso dei mezzi di comunicazione sociale, l'ambiente naturale.

101 Novant'anni dopo la � Rerum novarum, Giovanni Paolo II dedica l'enciclica � Laborem exercens187 al lavoro, bene fondamentale per la persona, fattore primario dell'attivit� economica e chiave di tutta la questione sociale. La � Laborem exercens � delinea una spiritualit� e un'etica del lavoro, nel contesto di una profonda riflessione teologica e filosofica. Il lavoro non dev'essere inteso soltanto in senso oggettivo e materiale, ma bisogna tenere in debita considerazione anche la sua dimensione soggettiva, in quanto attivit� che esprime sempre la persona. Oltre ad essere paradigma decisivo della vita sociale, il lavoro ha tutta la dignit� di un ambito in cui deve trovare realizzazione la vocazione naturale e soprannaturale della persona.

102 Con l'enciclica � Sollicitudo rei socialis �,188 Giovanni Paolo II commemora il ventesimo anniversario della � Populorum progressio � e affronta nuovamente il tema dello sviluppo, lungo due direttrici: � da una parte, la situazione drammatica del mondo contemporaneo, sotto il profilo dello sviluppo mancato del Terzo Mondo, e dall'altra, il senso, le condizioni e le esigenze di uno sviluppo degno dell'uomo �.189 L'Enciclica introduce la differenza tra progresso e sviluppo e afferma che � il vero sviluppo non pu� limitarsi alla moltiplicazione dei beni e dei servizi, cio� a ci� che si possiede, ma deve contribuire alla pienezza dell'�essere� dell'uomo. In questo modo, s'intende delineare con chiarezza la natura morale del vero sviluppo �.190 Giovanni Paolo II, evocando il motto del pontificato di Pio XII, � Opus iustitiae pax �, la pace come frutto della giustizia, commenta: � Oggi si potrebbe dire, con la stessa esattezza e la stessa forza di ispirazione biblica (cfr. Is 32,17; Gc 3,18): Opus solidaritatis pax, la pace come frutto della solidariet� �.191

103 Nel centesimo anniversario della � Rerum novarum, Giovanni Paolo II promulga la sua terza enciclica sociale, la � Centesimus annus �,192 da cui emerge la continuit� dottrinale di cent'anni di Magistero sociale della Chiesa. Riprendendo uno dei principi basilari della concezione cristiana dell'organizzazione sociale e politica, che era stato il tema centrale dell'Enciclica precedente, il Papa scrive: � il principio, che oggi chiamiamo di solidariet�... � pi� volte enunciato da Leone XIII col nome di �amicizia�...; da Pio XI � designato col nome non meno significativo di �carit� sociale�, mentre Paolo VI, ampliando il concetto secondo le moderne e molteplici dimensioni della questione sociale, parlava di �civilt� dell'amore� �.193 Giovanni Paolo II mette in evidenza come l'insegnamento sociale della Chiesa corra lungo l'asse della reciprocit� tra Dio e l'uomo: riconoscere Dio in ogni uomo e ogni uomo in Dio � la condizione di un autentico sviluppo umano. L'articolata ed approfondita analisi delle � res novae, e specialmente della grande svolta del 1989 con il crollo del sistema sovietico, contiene un apprezzamento per la democrazia e per l'economia libera, nel quadro di un'indispensabile solidariet�.

c) Nella luce e sotto l'impulso del Vangelo

104 I documenti qui richiamati costituiscono le pietre miliari del cammino della dottrina sociale dai tempi di Leone XIII ai nostri giorni. Questa sintetica rassegna si allungherebbe di molto se si tenesse conto di tutti gli interventi motivati, oltre che da un tema specifico, � dalla preoccupazione pastorale di proporre alla comunit� cristiana e a tutti gli uomini di buona volont� i principi fondamentali, i criteri universali e gli orientamenti idonei a suggerire le scelte di fondo e la prassi coerente per ogni situazione concreta �.194

All'elaborazione e all'insegnamento della dottrina sociale, la Chiesa � stata ed � animata da intenti non teoretici, ma pastorali, quando si trova di fronte alle ripercussioni dei mutamenti sociali sui singoli esseri umani, su moltitudini di uomini e di donne, sulla loro stessa dignit�, in contesti in cui � si cerca instancabilmente un ordine temporale pi� perfetto, senza che di pari passo avanzi il progresso spirituale �.195 Per queste ragioni si � costituita e sviluppata la dottrina sociale, � un aggiornato �corpus� dottrinale, che si articola man mano che la Chiesa, nella pienezza della Parola rivelata da Cristo Ges� e con l'assistenza dello Spirito Santo (cfr. Gv 14,16.26; 16,13-15), va leggendo gli avvenimenti mentre si svolgono nel corso della storia �.196

  

      

CAPITOLO TERZO

LA PERSONA UMANA E I SUOI DIRITTI

I. DOTTRINA SOCIALE E PRINCIPIO PERSONALISTA

105 La Chiesa vede nell'uomo, in ogni uomo, l'immagine vivente di Dio stesso; immagine che trova ed � chiamata a ritrovare sempre pi� profondamente piena spiegazione di s� nel mistero di Cristo, Immagine perfetta di Dio, Rivelatore di Dio all'uomo e dell'uomo a se stesso. A quest'uomo, che da Dio stesso ha ricevuto una incomparabile ed inalienabile dignit�, la Chiesa si rivolge e gli rende il servizio pi� alto e singolare, richiamandolo costantemente alla sua altissima vocazione, perch� ne sia sempre pi� consapevole e degno. Cristo, Figlio di Dio, � con la sua incarnazione si � unito in un certo senso ad ogni uomo �; 197 per questo la Chiesa riconosce come suo compito fondamentale il far s� che una tale unione possa continuamente attuarsi e rinnovarsi. In Cristo Signore, la Chiesa indica e intende per prima percorrere la via dell'uomo,198 e invita a riconoscere in chiunque, prossimo o lontano, conosciuto o sconosciuto, e soprattutto nel povero e nel sofferente, un fratello � per il quale Cristo � morto � (1 Cor 8,11; Rm 14,15).199

106 Tutta la vita sociale � espressione della sua inconfondibile protagonista: la persona umana. Di questa consapevolezza la Chiesa ha saputo pi� volte e in molti modi farsi interprete autorevole, riconoscendo e affermando la centralit� della persona umana in ogni ambito e manifestazione della socialit�: � La societ� umana � oggetto dell'insegnamento sociale della Chiesa, dal momento che essa non si trova n� al di fuori n� al di sopra degli uomini socialmente uniti, ma esiste esclusivamente in essi e, quindi, per essi �.200 Questo importante riconoscimento trova espressione nell'affermazione che � lungi dall'essere l'oggetto e un elemento passivo della vita sociale �, l'uomo � ne � invece, e deve esserne e rimanerne, il soggetto, il fondamento e il fine �.201 Da lui pertanto ha origine la vita sociale, la quale non pu� rinunciare a riconoscerlo suo soggetto attivo e responsabile e a lui ogni modalit� espressiva della societ� deve essere finalizzata.

107 L'uomo, colto nella sua concretezza storica, rappresenta il cuore e l'anima dell'insegnamento sociale cattolico.202 Tutta la dottrina sociale si svolge, infatti, a partire dal principio che afferma l'intangibile dignit� della persona umana.203 Mediante le molteplici espressioni di questa consapevolezza, la Chiesa ha inteso anzitutto tutelare la dignit� umana di fronte ad ogni tentativo di riproporne immagini riduttive e distorte; essa ne ha, inoltre, pi� volte denunciato le molte violazioni. La storia attesta che dalla trama delle relazioni sociali emergono alcune tra le pi� ampie possibilit� di elevazione dell'uomo, ma vi si annidano anche i pi� esecrabili misconoscimenti della sua dignit�.

II. LA PERSONA UMANA � IMAGO DEI �

a) Creatura ad immagine di Dio

108 Il messaggio fondamentale della Sacra Scrittura annuncia che la persona umana � creatura di Dio (cfr. Sal 139,14-18) e individua l'elemento che la caratterizza e contraddistingue nel suo essere ad immagine di Dio: � Dio cre� l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo cre�; maschio e femmina li cre� � (Gen 1,27). Dio pone la creatura umana al centro e al vertice del creato: all'uomo (in ebraico � adam �), plasmato con la terra (� adamah �), Dio soffia nelle narici l'alito della vita (cfr. Gen 2,7). Pertanto, � essendo ad immagine di Dio, l'individuo umano ha la dignit� di persona; non � soltanto qualche cosa, ma qualcuno. � capace di conoscersi, di possedersi, di liberamente donarsi e di entrare in comunione con altre persone; � chiamato, per grazia, ad un'alleanza con il suo Creatore, a dargli una risposta di fede e di amore che nessun altro pu� dare in sua sostituzione �.204

109 La somiglianza con Dio mette in luce che l'essenza e l'esistenza dell'uomo sono costitutivamente relazionate a Dio nel modo pi� profondo.205 � una relazione che esiste per se stessa, non arriva, quindi, in un secondo tempo e non si aggiunge dall'esterno. Tutta la vita dell'uomo � una domanda e una ricerca di Dio. Questa relazione con Dio pu� essere ignorata oppure dimenticata o rimossa, ma non pu� mai essere eliminata. Fra tutte le creature del mondo visibile, infatti, soltanto l'uomo � � �capace� di Dio � (� homo est Dei capax �).206 La persona umana � un essere personale creato da Dio per la relazione con Lui, che soltanto nella relazione pu� vivere ed esprimersi e che tende naturalmente a Lui.207

110 La relazione tra Dio e l'uomo si riflette nella dimensione relazionale e sociale della natura umana. L'uomo, infatti, non � un essere solitario, bens� � per sua intima natura � un essere sociale, e non pu� vivere n� esplicare le sue doti senza relazioni con gli altri �.208 A questo riguardo risulta significativo il fatto che Dio ha creato l'essere umano come uomo e donna 209 (cfr. Gen 1,27): � Quanto mai eloquente � l'insoddisfazione di cui � preda la vita dell'uomo nell'Eden fin quando il suo unico riferimento rimane il mondo vegetale e animale (cfr. Gen 2,20). Solo l'apparizione della donna, di un essere cio� che � carne dalla sua carne e osso dalle sue ossa (cfr. Gen 2,23), e in cui ugualmente vive lo spirito di Dio Creatore, pu� soddisfare l'esigenza di dialogo inter-personale che � cos� vitale per l'esistenza umana. Nell'altro, uomo o donna, si riflette Dio stesso, approdo definitivo e appagante di ogni persona �.210

111 L'uomo e la donna hanno la stessa dignit� e sono di eguale valore,211 non solo perch� ambedue, nella loro diversit�, sono immagine di Dio, ma ancor pi� profondamente perch� � immagine di Dio il dinamismo di reciprocit� che anima il noi della coppia umana.212 Nel rapporto di comunione reciproca, uomo e donna realizzano profondamente se stessi, ritrovandosi come persone attraverso il dono sincero di s�.213 Il loro patto di unione � presentato nella Sacra Scrittura come un'immagine del Patto di Dio con gli uomini (cfr. Os 1-3; Is 54; Ef 5,21-33) e, al tempo stesso, come un servizio alla vita.214 La coppia umana pu� partecipare, infatti, alla creativit� di Dio: � Dio li benedisse e disse loro: �Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra� � (Gen 1,28).

112 L'uomo e la donna sono in relazione con gli altri innanzi tutto come affidatari della loro vita: 215 � Domander� conto della vita dell'uomo all'uomo, a ognuno di suo fratello � (Gen 9,5), ribadisce Dio a No� dopo il diluvio. In questa prospettiva, la relazione con Dio esige che si consideri la vita dell'uomo sacra e inviolabile.216 Il quinto comandamento: � Non uccidere! � (Es 20,13; Dt 5,17) ha valore perch� Dio solo � Signore della vita e della morte.217 Il rispetto dovuto all'inviolabilit� e all'integrit� della vita fisica ha il suo vertice nel comandamento positivo: � Amerai il tuo prossimo come te stesso � (Lv 19,18), con cui Ges� Cristo obbliga a farsi carico del prossimo (cfr. Mt 22,37-40; Mc 12,29-31; Lc 10,27-28).

113 Con questa particolare vocazione alla vita, l'uomo e la donna si trovano di fronte anche a tutte le altre creature. Essi possono e devono sottoporle al loro servizio e goderne, ma la loro signoria sul mondo richiede l'esercizio della responsabilit�, non � una libert� di sfruttamento arbitrario ed egoistico. Tutta la creazione, infatti, ha il valore di � cosa buona � (cfr. Gen 1, 4.10.12.18.21.25) davanti allo sguardo di Dio, che ne � l'autore. L'uomo deve scoprirne e rispettarne il valore: � questa una sfida meravigliosa alla sua intelligenza, la quale lo deve innalzare come un'ala 218 verso la contemplazione della verit� di tutte le creature, ossia di ci� che Dio vede di buono in esse. Il Libro della Genesi insegna, infatti, che il dominio dell'uomo sul mondo consiste nel dare un nome alle cose (cfr. Gen 2,19-20): con la denominazione l'uomo deve riconoscere le cose per quello che sono e stabilire verso ciascuna di esse un rapporto di responsabilit�.219

114 L'uomo � in relazione anche con se stesso e pu� riflettere su se stesso. La Sacra Scrittura parla a questo riguardo del cuore dell'uomo. Il cuore designa appunto l'interiorit� spirituale dell'uomo, ossia quanto lo distingue da ogni altra creatura: Dio � ha fatto bella ogni cosa a suo tempo, ma egli ha messo la nozione dell'eternit� nel loro cuore, senza per� che gli uomini possano capire l'opera compiuta da Dio dal principio alla fine � (Qo 3,11). Il cuore indica, in definitiva, le facolt� spirituali proprie dell'uomo, sue prerogative in quanto creato ad immagine del suo Creatore: la ragione, il discernimento del bene e del male, la volont� libera.220 Quando ascolta l'aspirazione profonda del suo cuore, ogni uomo non pu� non fare propria la parola di verit� espressa da sant'Agostino: � Tu ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore � inquieto sino a quando non riposa in Te �.221

b) Il dramma del peccato

115 La mirabile visione della creazione dell'uomo da parte di Dio � inscindibile dal quadro drammatico del peccato delle origini. Con un'affermazione lapidaria l'apostolo Paolo sintetizza il racconto della caduta dell'uomo contenuto nelle prime pagine della Bibbia: � a causa di un solo uomo il peccato � entrato nel mondo e con il peccato la morte � (Rm 5,12). L'uomo, contro il divieto di Dio, si lascia sedurre dal serpente e allunga le mani sull'albero della vita, cadendo in balia della morte. Con questo gesto l'uomo tenta di forzare il suo limite di creatura, sfidando Dio, unico suo Signore e sorgente della vita. � un peccato di disobbedienza (cfr. Rm 5,19) che divide l'uomo da Dio.222

Dalla Rivelazione sappiamo che Adamo, il primo uomo, trasgredendo il comandamento di Dio, perde la santit� e la giustizia in cui era costituito, ricevute non soltanto per s�, ma per tutta l'umanit�: � cedendo al tentatore, Adamo ed Eva commettono un peccato personale, ma questo peccato intacca la natura umana, che essi trasmettono in una condizione decaduta. Si tratta di un peccato che sar� trasmesso per propagazione a tutta l'umanit�, cio� con la trasmissione di una natura umana privata della santit� e della giustizia originali �.223

116 Alla radice delle lacerazioni personali e sociali, che offendono in varia misura il valore e la dignit� della persona umana, si trova una ferita nell'intimo dell'uomo: � Alla luce della fede noi la chiamiamo il peccato: cominciando dal peccato originale, che ciascuno porta dalla nascita come un'eredit� ricevuta dai progenitori, fino al peccato che ciascuno commette, abusando della propria libert� �.224 La conseguenza del peccato, in quanto atto di separazione da Dio, � appunto l'alienazione, cio� la divisione dell'uomo non solo da Dio, ma anche da se stesso, dagli altri uomini e dal mondo circostante: � la rottura con Dio sfocia drammaticamente nella divisione tra i fratelli. Nella descrizione del �primo peccato�, la rottura con Jahve spezza al tempo stesso il filo dell'amicizia che univa la famiglia umana, cosicch� le pagine successive della Genesi ci mostrano l'uomo e la donna, che puntano quasi il dito accusatore l'uno contro l'altra (cfr. Gen 3,12); poi il fratello che, ostile al fratello, finisce col togliergli la vita (cfr. Gen 4,2-16). Secondo la narrazione dei fatti di Babele, la conseguenza del peccato � la frantumazione della famiglia umana, gi� cominciata col primo peccato e ora giunta all'estremo nella sua forma sociale �.225 Riflettendo sul mistero del peccato non si pu� non considerare questa tragica concatenazione di causa e di effetto.

117 Il mistero del peccato si compone di una doppia ferita, che il peccatore apre nel proprio fianco e nel rapporto col prossimo. Perci� si pu� parlare di peccato personale e sociale: ogni peccato � personale sotto un aspetto; sotto un altro aspetto, ogni peccato � sociale, in quanto e perch� ha anche conseguenze sociali. Il peccato, in senso vero e proprio, � sempre un atto della persona, perch� � un atto di libert� di un singolo uomo, e non propriamente di un gruppo o di una comunit�, ma a ciascun peccato si pu� attribuire indiscutibilmente il carattere di peccato sociale, tenendo conto del fatto che � in virt� di una solidariet� umana tanto misteriosa e impercettibile quanto reale e concreta, il peccato di ciascuno si ripercuote in qualche modo sugli altri �.226 Non � tuttavia legittima e accettabile un'accezione del peccato sociale che, pi� o meno consapevolmente, conduca a diluirne e quasi a cancellarne la componente personale, per ammettere solo colpe e responsabilit� sociali. Al fondo di ogni situazione di peccato si trova sempre la persona che pecca.

118 Alcuni peccati, inoltre, costituiscono, per il loro oggetto stesso, un'aggressione diretta al prossimo. Tali peccati, in particolare, si qualificano come peccati sociali. � sociale ogni peccato commesso contro la giustizia nei rapporti tra persona e persona, tra la persona e la comunit�, ancora tra la comunit� e la persona. � sociale ogni peccato contro i diritti della persona umana, a cominciare dal diritto alla vita, incluso quello del nascituro, o contro l'integrit� fisica di qualcuno; ogni peccato contro la libert� altrui, specialmente contro la libert� di credere in Dio e di adorarlo; ogni peccato contro la dignit� e l'onore del prossimo. Sociale � ogni peccato contro il bene comune e contro le sue esigenze, in tutta l'ampia sfera dei diritti e dei doveri dei cittadini. Infine, � sociale quel peccato che � riguarda i rapporti tra le varie comunit� umane. Questi rapporti non sempre sono in sintonia col disegno di Dio, che vuole nel mondo giustizia, libert� e pace tra gli individui, i gruppi, i popoli �.227

119 Le conseguenze del peccato alimentano le strutture di peccato. Esse si radicano nel peccato personale e, quindi, sono sempre collegate ad atti concreti delle persone, che le originano, le consolidano e le rendono difficili da rimuovere. E cos� esse si rafforzano, si diffondono, diventano sorgente di altri peccati e condizionano la condotta degli uomini.228 Si tratta di condizionamenti e ostacoli, che durano molto di pi� delle azioni compiute nel breve arco della vita di un individuo e che interferiscono anche nel processo dello sviluppo dei popoli, il cui ritardo o la cui lentezza vanno giudicati anche sotto questo aspetto.229 Le azioni e gli atteggiamenti opposti alla volont� di Dio e al bene del prossimo e le strutture che essi inducono sembrano oggi soprattutto due: � da una parte, la brama esclusiva del profitto e, dall'altra, la sete del potere col proposito di imporre agli altri la propria volont�. A ciascuno di questi atteggiamenti si pu� aggiungere, per caratterizzarli meglio, l'espressione: �a qualsiasi prezzo� �.230

c) Universalit� del peccato e universalit� della salvezza

120 La dottrina del peccato originale, che insegna l'universalit� del peccato, ha una fondamentale importanza: � Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verit� non � in noi � (1 Gv 1,8). Questa dottrina induce l'uomo a non restare nella colpa e a non prenderla alla leggera, cercando di continuo capri espiatori negli altri uomini e giustificazioni nell'ambiente, nell'ereditariet�, nelle istituzioni, nelle strutture e nelle relazioni. Si tratta di un insegnamento che smaschera tali inganni.

La dottrina dell'universalit� del peccato, tuttavia, non deve essere slegata dalla consapevolezza dell'universalit� della salvezza in Ges� Cristo. Se ne viene isolata, essa ingenera una falsa angoscia del peccato e una considerazione pessimistica del mondo e della vita, che induce a disprezzare le realizzazioni culturali e civili dell'uomo.

121 Il realismo cristiano vede gli abissi del peccato, ma nella luce della speranza, pi� grande di ogni male, donata dall'atto redentivo di Ges� Cristo, che ha distrutto il peccato e la morte (cfr. Rm 5,18-21; 1 Cor 15,56-57): � In Lui Dio ha riconciliato l'uomo con S� �.231 Cristo, l'Immagine di Dio (cfr. 2 Cor 4,4; Col 1,15), � Colui che illumina pienamente e porta a compimento l'immagine e somiglianza di Dio nell'uomo. La Parola che si fece uomo in Ges� Cristo � da sempre la vita e la luce dell'uomo, luce che illumina ogni uomo (cfr. Gv 1,4.9). Dio vuole nell'unico mediatore Ges� Cristo, Suo Figlio, la salvezza di tutti gli uomini (cfr. 1 Tm 2,4-5). Ges� � al tempo stesso il Figlio di Dio e il nuovo Adamo, ossia il nuovo uomo (cfr. 1 Cor 15,47-49; Rm 5,14): � Con la rivelazione del mistero del Padre e del suo amore Cristo, nuovo Adamo, manifesta pienamente l'uomo all'uomo e gli svela la sua altissima vocazione �.232 In Lui noi siamo da Dio � predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perch� egli sia il primogenito tra molti fratelli � (Rm 8,29).

122 La realt� nuova che Ges� Cristo dona non s'innesta nella natura umana, non le si aggiunge dall'esterno: � invece quella realt� di comunione con il Dio trinitario verso la quale gli uomini sono da sempre orientati nel profondo del loro essere, grazie alla loro creaturale similitudine con Dio; ma si tratta anche di una realt� che essi non possono raggiungere con le loro sole forze. Mediante lo Spirito di Ges� Cristo, Figlio incarnato di Dio, nel quale tale realt� di comunione � gi� realizzata in modo singolare, gli uomini vengono accolti come figli di Dio (cfr. Rm 8,14-17; Gal 4,4-7). Per mezzo di Cristo, partecipiamo alla natura di Dio, che ci dona infinitamente di pi� � di quanto possiamo domandare o pensare � (Ef 3,20). Ci� che gli uomini hanno gi� ricevuto non � che un pegno o una � caparra � (2 Cor 1,22; Ef 1,14) di ci� che otterranno completamente soltanto davanti a Dio, visto � a faccia a faccia � (1 Cor 13,12), ossia una caparra della vita eterna: � Questa � la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Ges� Cristo � (Gv 17,3).

123 L'universalit� della speranza cristiana include, oltre agli uomini e alle donne di tutti i popoli, anche il cielo e la terra: � Stillate, cieli, dall'alto e le nubi facciano piovere la giustizia; si apra la terra e produca la salvezza e germogli insieme la giustizia. Io, il Signore, ho creato tutto questo � (Is 45,8). Secondo il Nuovo Testamento anche la creazione intera, infatti, insieme con tutta l'umanit�, � in attesa del Redentore: sottoposta alla caducit�, si protende piena di speranza, tra i gemiti e i dolori del parto, attendendo di essere liberata dalla corruzione (cfr. Rm 8,18-22).

 

III. LA PERSONA UMANA
E I SUOI MOLTI PROFILI

124 Facendo tesoro del mirabile messaggio biblico, la dottrina sociale della Chiesa si sofferma anzitutto sulle principali ed inscindibili dimensioni della persona umana, cos� da cogliere le pi� rilevanti sfaccettature del suo mistero e della sua dignit�. Non sono infatti mancate in passato, e si affacciano ancora drammaticamente sullo scenario della storia attuale, molteplici concezioni riduttive, di carattere ideologico o dovute semplicemente a forme diffuse del costume e del pensiero, riguardanti la considerazione dell'uomo, della sua vita e dei suoi destini, accomunate dal tentativo di offuscarne l'immagine mediante la sottolineatura di una sola delle sue caratteristiche, a scapito di tutte le altre.233

125 La persona non pu� mai essere pensata unicamente come assoluta individualit�, edificata da se stessa e su se stessa, quasi che le sue caratteristiche proprie non dipendessero da altri che da s�. N� pu� essere pensata come pura cellula di un organismo disposto a riconoscerle, tutt'al pi�, un ruolo funzionale all'interno di un sistema. Le concezioni riduttive della piena verit� dell'uomo sono state gi� pi� volte oggetto della sollecitudine sociale della Chiesa, che non ha mancato di levare la sua voce nei confronti di queste come di altre prospettive, drasticamente riduttive, preoccupandosi di annunciare invece � che gli individui non ci appaiono slegati tra loro quali granelli di sabbia; ma bens� uniti in organiche, armoniche e mutue relazioni � 234 e che l'uomo non pu� essere inteso come � un semplice elemento e una molecola dell'organismo sociale �,235 curando quindi che all'affermazione del primato della persona non corrispondesse una visione individualistica o massificata.

126 La fede cristiana, mentre invita a ricercare ovunque ci� che � buono e degno dell'uomo (cfr. 1 Tess 5,21), � si pone al di sopra e talvolta all'opposto delle ideologie in quanto riconosce Dio, trascendente e Creatore, che interpella, a tutti i livelli della creazione, l'uomo quale essere responsabilmente libero �.236

La dottrina sociale si fa carico delle differenti dimensioni del mistero dell'uomo, che richiede di essere accostato � nella piena verit� della sua esistenza, del suo essere personale ed insieme del suo essere comunitario e sociale �,237 con un'attenzione specifica, cos� da consentirne la valutazione pi� puntuale.

A) L'UNIT� DELLA PERSONA

127 L'uomo � stato creato da Dio come unit� di anima e corpo: 238 � L'anima spirituale e immortale � il principio di unit� dell'essere umano, � ci� per cui esso esiste come un tutto � �corpore et anima unus� � in quanto persona. Queste definizioni non indicano solo che anche il corpo, al quale � promessa la risurrezione, sar� partecipe della gloria; esse ricordano altres� il legame della ragione e della libera volont� con tutte le facolt� corporee e sensibili. La persona, incluso il corpo, � affidata interamente a se stessa, ed � nell'unit� dell'anima e del corpo che essa � il soggetto dei propri atti morali �.239

128 Mediante la sua corporeit� l'uomo unifica in s� gli elementi del mondo materiale, che � in lui toccano il loro vertice ed alzano la voce per la libera lode del Creatore �.240 Questa dimensione permette all'uomo di inserirsi nel mondo materiale, luogo della sua realizzazione e della sua libert�, non come in una prigione o in un esilio. Non � lecito disprezzare la vita corporale; l'uomo, anzi, � � tenuto a considerare buono e degno d'onore il proprio corpo, perch� creato da Dio e destinato alla risurrezione nell'ultimo giorno �.241 La dimensione corporale, tuttavia, in seguito alla ferita del peccato, fa sperimentare all'uomo le ribellioni del corpo e le perverse inclinazioni del cuore, su cui egli deve sempre vigilare per non rimanerne schiavo e per non restare vittima d'una visione puramente terrena della sua vita.

Con la sua spiritualit� l'uomo supera la totalit� delle cose e penetra nella struttura pi� profonda della realt�. Quando si volge al cuore, quando, cio�, riflette sul proprio destino, l'uomo si scopre superiore al mondo materiale, per la sua dignit� unica di interlocutore di Dio, sotto il cui sguardo decide della sua vita. Egli, nella sua vita interiore, riconosce di avere � in se stesso un'anima spirituale e immortale � e sa di non essere soltanto � una particella della natura o un elemento anonimo della citt� umana �.242

129 L'uomo, quindi, ha due caratteristiche diverse: � un essere materiale, legato a questo mondo mediante il suo corpo, e un essere spirituale, aperto alla trascendenza e alla scoperta di � una verit� pi� profonda �, a motivo della sua intelligenza, con cui partecipa � della luce della mente divina �.243 La Chiesa afferma: � L'unit� dell'anima e del corpo � cos� profonda che si deve considerare l'anima come la �forma� del corpo; ci� significa che grazie all'anima spirituale il corpo, composto di materia, � un corpo umano e vivente; lo spirito e la materia, nell'uomo, non sono due nature congiunte, ma la loro unione forma un'unica natura �.244 N� lo spiritualismo, che disprezza la realt� del corpo, n� il materialismo, che considera lo spirito mera manifestazione della materia, rendono ragione della complessit�, della totalit� e dell'unit� dell'essere umano.

B) APERTURA ALLA TRASCENDENZA E UNICIT� DELLA PERSONA

a) Aperta alla trascendenza

130 Alla persona umana appartiene l'apertura alla trascendenza: l'uomo � aperto verso l'infinito e verso tutti gli esseri creati. � aperto anzitutto verso l'infinito, cio� Dio, perch� con la sua intelligenza e la sua volont� si eleva al di sopra di tutto il creato e di se stesso, si rende indipendente dalle creature, � libero di fronte a tutte le cose create e si protende verso la verit� ed il bene assoluti. � aperto anche verso l'altro, gli altri uomini e il mondo, perch� solo in quanto si comprende in riferimento a un tu pu� dire io. Esce da s�, dalla conservazione egoistica della propria vita, per entrare in una relazione di dialogo e di comunione con l'altro.

La persona � aperta alla totalit� dell'essere, all'orizzonte illimitato dell'essere. Essa ha in s� la capacit� di trascendere i singoli oggetti particolari che conosce, in effetti, grazie a questa sua apertura all'essere senza confini. L'anima umana � in un certo senso, per la sua dimensione conoscitiva, tutte le cose: � tutte le cose immateriali godono di una certa infinit�, in quanto abbracciano tutto, o perch� si tratta dell'essenza di una realt� spirituale che funge da modello e somiglianza di tutto, come � nel caso di Dio, oppure perch� possiede la somiglianza d'ogni cosa o in atto come negli Angeli oppure in potenza come nelle anime �.245

b) Unica e irripetibile

131 L'uomo esiste come essere unico e irripetibile, esiste come un � io �, capace di autocomprendersi, di autopossedersi, di autodeterminarsi. La persona umana � un essere intelligente e cosciente, capace di riflettere su se stesso e quindi di aver coscienza di s� e dei propri atti. Non sono, tuttavia, l'intelligenza, la coscienza e la libert� a definire la persona, ma � la persona che sta alla base degli atti di intelligenza, di coscienza, di libert�. Tali atti possono anche mancare, senza che per questo l'uomo cessi di essere persona.

La persona umana va sempre compresa nella sua irripetibile ed ineliminabile singolarit�. L'uomo esiste, infatti, anzitutto come soggettivit�, come centro di coscienza e di libert�, la cui vicenda unica e non paragonabile ad alcun'altra esprime la sua irriducibilit� a qualunque tentativo di costringerlo entro schemi di pensiero o sistemi di potere, ideologici o meno. Questo impone anzitutto l'esigenza non soltanto del semplice rispetto da parte di chiunque, e specialmente delle istituzioni politiche e sociali e dei loro responsabili nei riguardi di ciascun uomo di questa terra, ma ben pi�, ci� comporta che il primo impegno di ciascuno verso l'altro e soprattutto di queste stesse istituzioni, vada posto precisamente nella promozione dello sviluppo integrale della persona.

c) Il rispetto della dignit� umana

132 Una societ� giusta pu� essere realizzata soltanto nel rispetto della dignit� trascendente della persona umana. Essa rappresenta il fine ultimo della societ�, la quale � ad essa ordinata: � Pertanto l'ordine sociale e il suo progresso devono sempre far prevalere il bene delle persone, perch� l'ordine delle cose dev'essere adeguato all'ordine delle persone e non viceversa �.246 Il rispetto della dignit� umana non pu� assolutamente prescindere dal rispetto di questo principio: bisogna � considerare il prossimo, nessuno eccettuato, come un altro se stesso, tenendo conto prima di tutto della sua vita e dei mezzi necessari per viverla degnamente �.247 Occorre che tutti i programmi sociali, scientifici e culturali, siano presieduti dalla consapevolezza del primato di ogni essere umano.248

133 In nessun caso la persona umana pu� essere strumentalizzata per fini estranei al suo stesso sviluppo, che pu� trovare compimento pieno e definitivo soltanto in Dio e nel Suo progetto salvifico: l'uomo, infatti, nella sua interiorit�, trascende l'universo ed � l'unica creatura ad essere stata voluta da Dio per se stessa.249 Per questa ragione n� la sua vita, n� lo sviluppo del suo pensiero, n� i suoi beni, n� quanti condividono la sua vicenda personale e familiare, possono essere sottoposti a ingiuste restrizioni nell'esercizio dei propri diritti e della propria libert�.

La persona non pu� essere finalizzata a progetti di carattere economico, sociale e politico imposti da qualsivoglia autorit�, sia pure in nome di presunti progressi della comunit� civile nel suo insieme o di altre persone, nel presente o nel futuro. � necessario pertanto che le autorit� pubbliche vigilino con attenzione, affinch� ogni restrizione della libert� o comunque ogni onere imposto all'agire personale non sia mai lesivo della dignit� personale e affinch� venga garantita l'effettiva praticabilit� dei diritti umani. Tutto questo, ancora una volta, si fonda sulla visione dell'uomo come persona, vale a dire come soggetto attivo e responsabile del proprio processo di crescita, insieme alla comunit� di cui � parte.

134 Gli autentici mutamenti sociali sono effettivi e duraturi soltanto se fondati su decisi cambiamenti della condotta personale. Non sar� mai possibile un'autentica moralizzazione della vita sociale, se non a partire dalle persone e facendo riferimento ad esse: infatti, � l'esercizio della vita morale attesta la dignit� della persona �.250 Alle persone compete evidentemente lo sviluppo di quegli atteggiamenti morali, fondamentali in ogni convivenza che voglia dirsi veramente umana (giustizia, onest�, veracit�, ecc.), che in nessun modo potr� essere semplicemente attesa da altri o delegata alle istituzioni. A tutti, e in modo particolare a coloro che in varia forma detengono responsabilit� politiche, giuridiche o professionali nei riguardi di altri, spetta di essere coscienza vigile della societ� e per primi testimoni di una convivenza civile e degna dell'uomo.

C) LA LIBERT� DELLA PERSONA

a) Valore e limiti della libert�

135 L'uomo pu� volgersi al bene soltanto nella libert�, che Dio gli ha dato come segno altissimo della Sua immagine: 251 � Dio ha voluto lasciare l'uomo in balia del suo proprio volere (cfr. Sir 15,14), perch� cercasse spontaneamente il suo Creatore ed aderendo a lui pervenisse liberamente alla piena e beata perfezione. Perci� la dignit� dell'uomo richiede che egli agisca secondo una scelta consapevole e libera, cio� mosso e indotto personalmente dal di dentro, e non per un cieco impulso interno o per mera coazione esterna �.252

L'uomo giustamente apprezza la libert� e con passione la cerca: giustamente vuole, e deve, formare e guidare, di sua libera iniziativa, la sua vita personale e sociale, assumendosene personalmente la responsabilit�.253 La libert�, infatti, non solo permette all'uomo di mutare convenientemente lo stato di cose a lui esterno, ma determina la crescita del suo essere persona, mediante scelte conformi al vero bene: 254 in tal modo, l'uomo genera se stesso, � padre del proprio essere,255 costruisce l'ordine sociale.256

136 La libert� non � in opposizione alla dipendenza creaturale dell'uomo da Dio.257 La Rivelazione insegna che il potere di determinare il bene e il male non appartiene all'uomo, ma a Dio solo (cfr. Gen 2,16-17): � L'uomo � certamente libero, dal momento che pu� comprendere ed accogliere i comandi di Dio. Ed � in possesso di una libert� quanto mai ampia, perch� pu� mangiare �di tutti gli alberi del giardino�. Ma questa libert� non � illimitata: deve arrestarsi di fronte all'�albero della conoscenza del bene e del male�, essendo chiamata ad accettare la legge morale che Dio d� all'uomo. In realt�, proprio in questa accettazione la libert� dell'uomo trova la sua vera e piena realizzazione �.258

137 Il retto esercizio della libert� personale esige precise condizioni di ordine economico, sociale, giuridico, politico e culturale che � troppo spesso sono misconosciute e violate. ...situazioni di accecamento e di ingiustizia gravano sulla vita morale ed inducono tanto i forti quanto i deboli nella tentazione di peccare contro la carit�. Allontanandosi dalla legge morale, l'uomo attenta alla propria libert�, si fa schiavo di se stesso, spezza la fraternit� coi suoi simili e si ribella contro la volont� divina �.259 La liberazione dalle ingiustizie promuove la libert� e la dignit� umana: tuttavia � occorre, anzitutto, fare appello alle capacit� spirituali e morali della persona e all'esigenza permanente della conversione interiore, se si vogliono ottenere cambiamenti economici e sociali che siano veramente a servizio dell'uomo �.260

b) Il vincolo della libert� con la verit� e la legge naturale

138 Nell' esercizio della libert�, l'uomo compie atti moralmente buoni, costruttivi della sua persona e della societ�, quando obbedisce alla verit�, ossia quando non pretende di essere creatore e padrone assoluto di quest'ultima e delle norme etiche.261 La libert�, infatti, � non ha il suo punto di partenza assoluto e incondizionato in se stessa, ma nell'esistenza dentro cui si trova e che rappresenta per essa, nello stesso tempo, un limite e una possibilit�. � la libert� di una creatura, ossia una libert� donata, da accogliere come un germe e da far maturare con responsabilit� �.262
In caso contrario, muore come libert�, distrugge l'uomo e la societ�.
263

139 La verit� circa il bene e il male � riconosciuta praticamente e concretamente dal giudizio della coscienza, il quale porta ad assumere la responsabilit� del bene compiuto e del male commesso: � Cos� nel giudizio pratico della coscienza, che impone alla persona l'obbligo di compiere un determinato atto, si rivela il vincolo della libert� con la verit�. Proprio per questo la coscienza si esprime con atti di �giudizio� che riflettono la verit� sul bene, e non come �decisioni� arbitrarie. E la maturit� e la responsabilit� di questi giudizi � e, in definitiva, dell'uomo, che ne � il soggetto � si misurano non con la liberazione della coscienza dalla verit� oggettiva, in favore di una presunta autonomia delle proprie decisioni, ma, al contrario, con una pressante ricerca della verit� e con il farsi guidare da essa nell'agire �.264

140 L'esercizio della libert� implica il riferimento ad una legge morale naturale, di carattere universale, che precede e accomuna tutti i diritti e i doveri.265 La legge naturale � altro non � che la luce dell'intelligenza infusa in noi da Dio. Grazie ad essa conosciamo ci� che si deve compiere e ci� che si deve evitare. Questa luce o questa legge Dio l'ha donata alla creazione � 266 e consiste nella partecipazione alla Sua legge eterna, la quale s'identifica con Dio stesso.267 Questa legge � chiamata naturale perch� la ragione che la promulga � propria della natura umana. Essa � universale, si estende a tutti gli uomini in quanto stabilita dalla ragione. Nei suoi precetti principali, la legge divina e naturale � esposta nel Decalogo ed indica le norme prime ed essenziali che regolano la vita morale.268 Essa ha come perno l'aspirazione e la sottomissione a Dio, fonte e giudice di ogni bene, e altres� il senso dell'altro come uguale a noi stessi. La legge naturale esprime la dignit� della persona e pone la base dei suoi diritti e dei suoi doveri fondamentali.269

141 Nella diversit� delle culture, la legge naturale lega gli uomini tra loro, imponendo dei principi comuni. Per quanto la sua applicazione richieda adattamenti alla molteplicit� delle condizioni di vita, secondo i luoghi, le epoche e le circostanze,270 essa � immutabile, � rimane sotto l'evolversi delle idee e dei costumi e ne sostiene il progresso... Anche se si arriva a negare i suoi principi, non la si pu� per� distruggere, n� strappare dal cuore dell'uomo. Sempre risorge nella vita degli individui e delle societ� �.271

I suoi precetti, tuttavia, non sono percepiti da tutti con chiarezza ed immediatezza. Le verit� religiose e morali possono essere conosciute � da tutti e senza difficolt�, con ferma certezza e senza alcuna mescolanza di errore �,272 solo con l'aiuto della Grazia e della Rivelazione. La legge naturale offre un fondamento preparato da Dio alla legge rivelata e alla Grazia, in piena armonia con l'opera dello Spirito.273

142 La legge naturale, che � legge di Dio, non pu� essere cancellata dalla malvagit� umana.274 Essa pone il fondamento morale indispensabile per edificare la comunit� degli uomini e per elaborare la legge civile, che trae le conseguenze di natura concreta e contingente dai principi della legge naturale.275 Se si oscura la percezione dell'universalit� della legge morale naturale, non si pu� edificare una reale e duratura comunione con l'altro, perch�, quando manca una convergenza verso la verit� e il bene, � in maniera imputabile o no, i nostri atti feriscono la comunione delle persone, con pregiudizio di ciascuno �.276 Solo una libert� radicata nella comune natura, infatti, pu� rendere tutti gli uomini responsabili ed � in grado di giustificare la morale pubblica. Chi si autoproclama misura unica delle cose e della verit� non pu� convivere pacificamente e collaborare con i propri simili.277

143 La libert� � misteriosamente inclinata a tradire l'apertura alla verit� e al bene umano e troppo spesso preferisce il male e la chiusura egoistica, elevandosi a divinit� creatrice del bene e del male: � Costituito da Dio nella giustizia, l'uomo, tentato dal Maligno, fin dall'inizio della storia abus� della sua libert�, erigendosi contro Dio e mirando a raggiungere il suo fine al di fuori di Dio. ... Rifiutando spesso di riconoscere Dio come suo principio, l'uomo ha anche sconvolto il giusto ordine riguardante il suo ultimo fine, e al tempo stesso tutto il suo orientamento sia verso se stesso, sia verso gli altri uomini e tutte le cose create �.278 La libert� dell'uomo ha bisogno, pertanto, di essere liberata. Cristo, con la forza del Suo mistero pasquale, libera l'uomo dall'amore disordinato di se stesso,279 che � fonte del disprezzo del prossimo e dei rapporti improntati al dominio sull'altro; Egli rivela che la libert� si realizza nel dono di s�.280 Con il Suo sacrificio sulla croce, Ges� reintroduce ogni uomo nella comunione con Dio e con i propri simili.

D) L'UGUAGLIANZA IN DIGNIT� DI TUTTE LE PERSONE

144 � Dio non fa preferenze di persone � (At 10,34; cfr. Rm 2,11; Gal 2,6; Ef 6,9), poich� tutti gli uomini hanno la stessa dignit� di creature a Sua immagine e somiglianza.281 L'Incarnazione del Figlio di Dio manifesta l'uguaglianza di tutte le persone quanto a dignit�: � Non c'� pi� giudeo n� greco; non c'� pi� schiavo n� libero; non c'� pi� uomo n� donna, poich� tutti voi siete uno in Cristo Ges� � (Gal 3,28; cfr. Rm 10,12; 1 Cor 12,13; Col 3,11).

Poich� sul volto di ogni uomo risplende qualcosa della gloria di Dio, la dignit� di ogni uomo davanti a Dio sta a fondamento della dignit� dell'uomo davanti agli altri uomini.282 Questo �, inoltre, il fondamento ultimo della radicale uguaglianza e fraternit� fra gli uomini, indipendentemente dalla loro razza, Nazione, sesso, origine, cultura, classe.

145 Solo il riconoscimento della dignit� umana pu� rendere possibile la crescita comune e personale di tutti (cfr. Gc 2,1-9). Per favorire una simile crescita � necessario, in particolare, sostenere gli ultimi, assicurare effettivamente condizioni di pari opportunit� tra uomo e donna, garantire un'obiettiva eguaglianza tra le diverse classi sociali davanti alla legge.283

Anche nei rapporti tra popoli e Stati, condizioni di equit� e di parit� sono il presupposto per un autentico progresso della comunit� internazionale.284 Malgrado gli avanzamenti verso tale direzione, non bisogna dimenticare che esistono ancora molte disuguaglianze e forme di dipendenza.285

A un'uguaglianza nel riconoscimento della dignit� di ciascun uomo e di ciascun popolo, deve corrispondere la consapevolezza che la dignit� umana potr� essere custodita e promossa soltanto in forma comunitaria, da parte dell'umanit� intera. Soltanto con l'azione concorde di uomini e di popoli sinceramente interessati al bene di tutti gli altri, si pu� raggiungere un'autentica fratellanza universale; 286 viceversa, il permanere di condizioni di gravissima disparit� e disuguaglianza impoverisce tutti.

146 Il � maschile � e il � femminile � differenziano due individui di uguale dignit�, che non riflettono per� un'uguaglianza statica, perch� lo specifico femminile � diverso dallo specifico maschile e questa diversit� nell'uguaglianza � arricchente e indispensabile per un'armoniosa convivenza umana: � La condizione per assicurare la giusta presenza della donna nella Chiesa e nella societ� � una considerazione pi� penetrante e accurata dei fondamenti antropologici della condizione maschile e femminile, destinata a precisare l'identit� personale propria della donna nel suo rapporto di diversit� e di reciproca complementarit� con l'uomo, non solo per quanto riguarda i ruoli da tenere e le funzioni da svolgere, ma anche e pi� profondamente per quanto riguarda la sua struttura e il suo significato personale �.287

147 La donna � il complemento dell'uomo, come l'uomo � il complemento della donna: donna e uomo si completano a vicenda, non solo dal punto di vista fisico e psichico, ma anche ontologico. � soltanto grazie alla dualit� del � maschile � e del � femminile � che l'� umano � si realizza appieno. � � l'unit� dei due �,288 ossia una � unidualit� � relazionale, che consente a ciascuno di sentire il rapporto interpersonale e reciproco come un dono che � al tempo stesso una missione: � A questa �unit� dei due� � affidata da Dio non soltanto l'opera della procreazione e la vita della famiglia, ma la costruzione stessa della storia �.289 � La donna � �aiuto� per l'uomo, come l'uomo � �aiuto� per la donna! �: 290 nel loro incontro si realizza una concezione unitaria della persona umana, basata non sulla logica dell'egocentrismo e dell'autoaffermazione, ma su quella dell'amore e della solidariet�.

148 Le persone handicappate sono soggetti pienamente umani, titolari di diritti e doveri: � pur con le limitazioni e le sofferenze inscritte nel loro corpo e nelle loro facolt�, pongono in maggior rilievo la dignit� e la grandezza dell'uomo �.291 Poich� la persona portatrice di handicap � un soggetto con tutti i suoi diritti, essa deve essere aiutata a partecipare alla vita familiare e sociale in tutte le dimensioni e a tutti i livelli accessibili alle sue possibilit�.

Bisogna promuovere con misure efficaci ed appropriate i diritti della persona handicappata: � Sarebbe radicalmente indegno dell'uomo, e negazione della comune umanit�, ammettere alla vita della societ�, e dunque al lavoro, solo i membri pienamente funzionali perch�, cos� facendo, si ricadrebbe in una grave forma di discriminazione, quella dei forti e dei sani contro i deboli ed i malati �.292 Una grande attenzione dovr� essere rivolta non solo alle condizioni di lavoro fisiche e psicologiche, alla giusta rimunerazione, alla possibilit� di promozioni ed all'eliminazione dei diversi ostacoli, ma anche alle dimensioni affettive e sessuali della persona handicappata: � Anch'essa ha bisogno di amare e di essere amata, ha bisogno di tenerezza, di vicinanza, di intimit� �,293 secondo le proprie possibilit� e nel rispetto dell'ordine morale, che � lo stesso per i sani e per coloro che portano un handicap.

E) LA SOCIALIT� UMANA

149 La persona � costitutivamente un essere sociale,294 perch� cos� l'ha voluta Dio che l'ha creata.295 La natura dell'uomo si manifesta, infatti, come natura di un essere che risponde ai propri bisogni sulla base di una soggettivit� relazionale, ossia alla maniera di un essere libero e responsabile, il quale riconosce la necessit� di integrarsi e di collaborare con i propri simili ed � capace di comunione con loro nell'ordine della conoscenza e dell'amore: � Una societ� � un insieme di persone legate in modo organico da un principio di unit� che supera ognuna di loro. Assemblea insieme visibile e spirituale, una societ� dura nel tempo: � erede del passato e prepara l'avvenire �.296

Occorre pertanto sottolineare che la vita comunitaria � una caratteristica naturale che distingue l'uomo dal resto delle creature terrene. L'agire sociale porta su di s� un particolare segno dell'uomo e dell'umanit�, quello di una persona operante in una comunit� di persone: questo segno determina la sua qualifica interiore e costituisce, in un certo senso, la stessa sua natura.297 Tale caratteristica relazionale acquista, alla luce della fede, un senso pi� profondo e stabile. Fatta a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gen 1,26), e costituita nell'universo visibile per vivere in societ� (cfr. Gen 2,20.23) e dominare la terra (cfr. Gen 1,26.28-30), la persona umana � perci� sin dall'inizio chiamata alla vita sociale: � Dio non ha creato l'uomo come un �essere solitario�, ma lo ha voluto come un �essere sociale�. La vita sociale non �, dunque, estrinseca all'uomo: egli non pu� crescere n� realizzare la sua vocazione se non in relazione con gli altri �.298

150 La socialit� umana non sfocia automaticamente verso la comunione delle persone, verso il dono di s�. A causa della superbia e dell'egoismo, l'uomo scopre in se stesso germi di asocialit�, di chiusura individualistica e di sopraffazione dell'altro.299 Ogni societ�, degna di tal nome, pu� ritenersi nella verit� quando ogni suo membro, grazie alla propria capacit� di conoscere il bene, lo persegue per s� e per gli altri. � per amore del proprio e dell'altrui bene che ci si unisce in gruppi stabili, aventi come fine il raggiungimento di un bene comune. Anche le varie societ� devono entrare in relazioni di solidariet�, di comunicazione e di collaborazione, a servizio dell'uomo e del bene comune.300

151 La socialit� umana non � uniforme, ma assume molteplici espressioni. Il bene comune dipende, infatti, da un sano pluralismo sociale. Le molteplici societ� sono chiamate a costituire un tessuto unitario ed armonico, al cui interno sia possibile ad ognuna conservare e sviluppare la propria fisionomia e autonomia. Alcune societ�, come la famiglia, la comunit� civile e la comunit� religiosa sono pi� immediatamente rispondenti all'intima natura dell'uomo, altre procedono piuttosto dalla libera volont�: � Al fine di favorire la partecipazione del maggior numero possibile di persone alla vita sociale, si deve incoraggiare la creazione di associazioni e di istituzioni �a scopi economici, culturali, sociali, sportivi, ricreativi, professionali, politici, tanto all'interno delle comunit� politiche, quanto sul piano mondiale�. Tale �socializzazione� esprime parimenti la tendenza naturale che spinge gli esseri umani ad associarsi, al fine di conseguire obiettivi che superano le capacit� individuali. Essa sviluppa le doti della persona, in particolare, il suo spirito di iniziativa e il suo senso di responsabilit�. Concorre a tutelare i suoi diritti �.301

IV. I DIRITTI UMANI

a) Il valore dei diritti umani

152 Il movimento verso l'identificazione e la proclamazione dei diritti dell'uomo � uno dei pi� rilevanti sforzi per rispondere efficacemente alle esigenze imprescindibili della dignit� umana.302 La Chiesa coglie in tali diritti la straordinaria occasione che il nostro tempo offre affinch�, mediante il loro affermarsi, la dignit� umana sia pi� efficacemente riconosciuta e promossa universalmente quale caratteristica impressa da Dio Creatore sulla Sua creatura.303 Il Magistero della Chiesa non ha mancato di valutare positivamente la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, proclamata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, che Giovanni Paolo II ha definito � una vera pietra miliare sulla via del progresso morale dell'umanit� �.304

153 La radice dei diritti dell'uomo, infatti, � da ricercare nella dignit� che appartiene ad ogni essere umano.305 Tale dignit�, connaturale alla vita umana e uguale in ogni persona, si coglie e si comprende anzitutto con la ragione. Il fondamento naturale dei diritti appare ancora pi� solido se, alla luce soprannaturale, si considera che la dignit� umana, dopo essere stata donata da Dio ed essere stata profondamente ferita dal peccato, fu assunta e redenta da Ges� Cristo mediante la Sua incarnazione, morte e risurrezione.306

La fonte ultima dei diritti umani non si situa nella mera volont� degli esseri umani,307 nella realt� dello Stato, nei poteri pubblici, ma nell'uomo stesso e in Dio suo Creatore. Tali diritti sono � universali, inviolabili, inalienabili �.308 Universali, perch� sono presenti in tutti gli esseri umani, senza eccezione alcuna di tempo, di luogo e di soggetti. Inviolabili, in quanto � inerenti alla persona umana e alla sua dignit� � 309 e perch� � sarebbe vano proclamare i diritti, se al tempo stesso non si compisse ogni sforzo affinch� sia doverosamente assicurato il loro rispetto da parte di tutti, ovunque e nei confronti di chiunque �.310 Inalienabili, in quanto � nessuno pu� legittimamente privare di questi diritti un suo simile, chiunque egli sia, perch� ci� significherebbe fare violenza alla sua natura �.311

154 I diritti dell'uomo vanno tutelati non solo singolarmente, ma nel loro insieme: una loro protezione parziale si tradurrebbe in una sorta di mancato riconoscimento. Essi corrispondono alle esigenze della dignit� umana e implicano, in primo luogo, la soddisfazione dei bisogni essenziali della persona, in campo materiale e spirituale: � tali diritti riguardano tutte le fasi della vita e ogni contesto politico, sociale, economico o culturale. Essi formano un insieme unitario, orientato decisamente alla promozione di ogni aspetto del bene della persona e della societ�... La promozione integrale di tutte le categorie dei diritti umani � la vera garanzia del pieno rispetto di ogni singolo diritto �.312 Universalit� e indivisibilit� sono i tratti distintivi dei diritti umani: � sono due principi guida che postulano comunque l'esigenza di radicare i diritti umani nelle diverse culture, nonch� di approfondire il loro profilo giuridico per assicurarne il pieno rispetto �.313

b) La specificazione dei diritti

155 Gli insegnamenti di Giovanni XXIII,314 del Concilio Vaticano II,315 di Paolo VI 316 hanno offerto ampie indicazioni della concezione dei diritti umani delineata dal Magistero. Giovanni Paolo II ne ha tracciato un elenco nell'enciclica � Centesimus annus �: � il diritto alla vita, di cui � parte integrante il diritto a crescere sotto il cuore della madre dopo essere stati generati; il diritto a vivere in una famiglia unita e in un ambiente morale, favorevole allo sviluppo della propria personalit�; il diritto a maturare la propria intelligenza e la propria libert� nella ricerca e nella conoscenza della verit�; il diritto a partecipare al lavoro per valorizzare i beni della terra ed a ricavare da esso il sostentamento proprio e dei propri cari; il diritto a fondare liberamente una famiglia e ad accogliere ed educare i figli, esercitando responsabilmente la propria sessualit�. Fonte e sintesi di questi diritti �, in un certo senso, la libert� religiosa, intesa come diritto a vivere nella verit� della propria fede ed in conformit� alla trascendente dignit� della propria persona �.317

Il primo diritto ad essere enunciato in questo elenco � il diritto alla vita, dal concepimento fino al suo esito naturale,318 che condiziona l'esercizio di ogni altro diritto e comporta, in particolare, l'illiceit� di ogni forma di aborto procurato e di eutanasia.319 � sottolineato l'altissimo valore del diritto alla libert� religiosa: � tutti gli uomini devono restare immuni da costrizione da parte sia dei singoli, sia dei gruppi sociali e di qualsiasi autorit� umana, cos� che in materia religiosa, entro certi limiti, nessuno sia forzato ad agire contro la propria coscienza, n� sia impedito ad agire secondo la sua coscienza, in privato e in pubblico, da solo o associato ad altri �.320 Il rispetto di tale diritto � un segno emblematico � dell'autentico progresso dell'uomo in ogni regime, in ogni societ�, sistema o ambiente �.321

c) Diritti e doveri

156 Connesso inscindibilmente al tema dei diritti � quello relativo ai doveri dell'uomo, che trova negli interventi del Magistero un'adeguata accentuazione. Pi� volte viene richiamata la reciproca complementarit� tra diritti e doveri, indissolubilmente congiunti, in primo luogo nella persona umana che ne � il soggetto titolare.322 Tale legame presenta anche una dimensione sociale: � Nella convivenza umana ogni diritto naturale in una persona comporta un rispettivo dovere in tutte le altre persone: il dovere di riconoscere e rispettare quel diritto �.323 Il Magistero sottolinea la contraddizione insita in un'affermazione dei diritti che non preveda una correlativa responsabilit�: � Coloro pertanto che, mentre rivendicano i propri diritti, dimenticano o non mettono nel debito rilievo i rispettivi doveri, corrono il pericolo di costruire con una mano e distruggere con l'altra �.324

d) Diritti dei popoli e delle Nazioni

157 Il campo dei diritti dell'uomo si � allargato ai diritti dei popoli e delle Nazioni: 325 infatti, � quanto � vero per l'uomo � vero anche per i popoli �.326 Il Magistero ricorda che il diritto internazionale � poggia sul principio dell'eguale rispetto degli Stati, del diritto all'autodeterminazione di ciascun popolo e della libera cooperazione in vista del superiore bene comune dell'umanit� �.327 La pace si fonda non solo sul rispetto dei diritti dell'uomo, ma anche su quello dei diritti dei popoli, in particolare il diritto all'indipendenza.328

I diritti delle Nazioni non sono altro che � i �diritti umani� colti a questo specifico livello della vita comunitaria �.329 La Nazione ha � un fondamentale diritto all'esistenza �; alla � propria lingua e cultura, mediante le quali un popolo esprime e promuove la sua �sovranit�� spirituale �; a � modellare la propria vita secondo le proprie tradizioni, escludendo, naturalmente, ogni violazione dei diritti umani fondamentali e, in particolare, l'oppressione delle minoranze �; a � costruire il proprio futuro provvedendo alle generazioni pi� giovani un'appropriata educazione �.330 L'assetto internazionale richiede un equilibrio tra particolarit� ed universalit�, alla cui realizzazione sono chiamate tutte le Nazioni, per le quali il primo dovere � quello di vivere in atteggiamento di pace, di rispetto e di solidariet� con le altre Nazioni.

e) Colmare la distanza tra lettera e spirito

158 La solenne proclamazione dei diritti dell'uomo � contraddetta da una dolorosa realt� di violazioni, guerre e violenze di ogni tipo, in primo luogo i genocidi e le deportazioni di massa, il diffondersi pressoch� ovunque di forme sempre nuove di schiavit� quali il traffico di esseri umani, i bambini soldato, lo sfruttamento dei lavoratori, il traffico illegale delle droghe, la prostituzione: � Anche nei Paesi dove vigono forme di governo democratico non sempre questi diritti sono del tutto rispettati �.331

Esiste purtroppo una distanza tra letteraespirito dei diritti dell'uomo,332 ai quali � tributato spesso un rispetto puramente formale. La dottrina sociale, in considerazione del privilegio accordato dal Vangelo ai poveri, ribadisce a pi� riprese che � i pi� favoriti devono rinunziare a certi loro diritti per mettere con pi� liberalit� i propri beni a servizio degli altri � e che un'affermazione eccessiva di uguaglianza � pu� dar luogo a un individualismo dove ciascuno rivendica i propri diritti, sottraendosi alla responsabilit� del bene comune �.333

159 La Chiesa, consapevole che la sua missione essenzialmente religiosa include la difesa e la promozione dei diritti fondamentali dell'uomo,334 � apprezza assai il dinamismo dei tempi moderni, con il quale tali diritti vengono ovunque promossi �.335 La Chiesa avverte profondamente l'esigenza di rispettare al suo stesso interno la giustizia 336 e i diritti dell'uomo.337

L'impegno pastorale si sviluppa in una duplice direzione, di annuncio del fondamento cristiano dei diritti dell'uomo e di denuncia delle violazioni di tali diritti:338 in ogni caso, � l'annuncio � sempre pi� importante della denuncia, e questa non pu� prescindere da quello, che offre la vera solidit� e la forza della motivazione pi� alta �.339 Per essere pi� efficace, un simile impegno � aperto alla collaborazione ecumenica, al dialogo con le altre religioni, a tutti gli opportuni contatti con gli organismi, governativi e non governativi, a livello nazionale e internazionale. La Chiesa confida soprattutto nell'aiuto del Signore e del Suo Spirito che, riversato nei cuori, � la garanzia pi� sicura per rispettare la giustizia e i diritti umani, e per contribuire quindi alla pace: � Promuovere la giustizia e la pace, penetrare con la luce e il fermento evangelico tutti i campi dell'esistenza sociale, � sempre stato un costante impegno della Chiesa in nome del mandato che essa ha ricevuto dal Signore �.340

 

CAPITOLO QUARTO

I PRINCIPI DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

I. SIGNIFICATO E UNIT�

160 I principi permanenti della dottrina sociale della Chiesa 341 costituiscono i veri e propri cardini dell'insegnamento sociale cattolico: si tratta del principio della dignit� della persona umana � gi� trattato nel capitolo precedente � nel quale ogni altro principio e contenuto della dottrina sociale trova fondamento,342 del bene comune, della sussidiariet� e della solidariet�. Tali principi, espressione dell'intera verit� sull'uomo conosciuta tramite la ragione e la fede, scaturiscono � dall'incontro del messaggio evangelico e delle sue esigenze, che si riassumono nel comandamento supremo dell'amore di Dio e del prossimo e nella giustizia, con i problemi derivanti dalla vita della societ� �.343 La Chiesa, nel corso della storia e alla luce dello Spirito, riflettendo sapientemente all'interno della propria tradizione di fede, ha potuto dare a tali principi fondazione e configurazione sempre pi� accurate, enucleandoli progressivamente, nello sforzo di rispondere con coerenza alle esigenze dei tempi e ai continui sviluppi della vita sociale.

161 Questi principi hanno un carattere generale e fondamentale, poich� riguardano la realt� sociale nel suo complesso: dalle relazioni interpersonali caratterizzate da prossimit� ed immediatezza a quelle mediate dalla politica, dall'economia e dal diritto; dalle relazioni tra comunit� o gruppi ai rapporti tra i popoli e le Nazioni. Per la loro permanenza nel tempo ed universalit� di significato, la Chiesa li indica come il primo e fondamentale parametro di riferimento per l'interpretazione e la valutazione dei fenomeni sociali, necessario perch� vi si possono attingere i criteri di discernimento e di guida dell'agire sociale, in ogni ambito.

162 I principi della dottrina sociale devono essere apprezzati nella loro unitariet�, connessione e articolazione. Tale esigenza si radica nel significato attribuito dalla Chiesa stessa alla propria dottrina sociale, di � corpus � dottrinale unitario che interpreta le realt� sociali in modo organico.344 L'attenzione verso ogni singolo principio nella sua specificit� non deve condurre ad un suo utilizzo parziale ed errato, che avviene qualora lo si invochi come fosse disarticolato e sconnesso rispetto a tutti gli altri. L'approfondimento teorico e la stessa applicazione di anche uno solo dei principi sociali fanno emergere con chiarezza la reciprocit�, la complementarit�, i nessi che li strutturano. Questi cardini fondamentali della dottrina della Chiesa rappresentano, inoltre, ben pi� di un patrimonio permanente di riflessione, che pure � parte essenziale del messaggio cristiano, poich� indicano a tutti le vie possibili per edificare una vita sociale buona, autenticamente rinnovata.345

163 I principi della dottrina sociale, nel loro insieme, costituiscono quella prima articolazione della verit� della societ�, dalla quale ogni coscienza � interpellata e invitata ad interagire con ogni altra, nella libert�, in piena corresponsabilit� con tutti e nei confronti di tutti. Alla questione della verit� e del senso del vivere sociale, infatti, l'uomo non pu� sottrarsi, in quanto la societ� non � una realt� estranea al suo stesso esistere.

Tali principi hanno un significato profondamente morale perch� rinviano ai fondamenti ultimi e ordinatori della vita sociale. Per una loro piena comprensione, occorre agire nella loro direzione, sulla via dello sviluppo da essi indicato per una vita degna dell'uomo. L'esigenza morale insita nei grandi principi sociali riguarda sia l'agire personale dei singoli, in quanto primi ed insostituibili soggetti responsabili della vita sociale ad ogni livello, sia, al tempo stesso, le istituzioni, rappresentate da leggi, norme di costume e strutture civili, a causa della loro capacit� di influenzare e condizionare le scelte di molti e per molto tempo. I principi ricordano, infatti, che la societ� storicamente esistente scaturisce dall'intrecciarsi delle libert� di tutte le persone che in essa interagiscono, contribuendo, mediante le loro scelte, ad edificarla o ad impoverirla.

II. IL PRINCIPIO DEL BENE COMUNE

a) Significato e principali implicazioni

164 Dalla dignit�, unit� e uguaglianza di tutte le persone deriva innanzi tutto il principio del bene comune, al quale ogni aspetto della vita sociale deve riferirsi per trovare pienezza di senso. Secondo una prima e vasta accezione, per bene comune s'intende � l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alle collettivit� sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione pi� pienamente e pi� celermente �.346

Il bene comune non consiste nella semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno � e rimane comune, perch� indivisibile e perch� soltanto insieme � possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro. Come l'agire morale del singolo si realizza nel compiere il bene, cos� l'agire sociale giunge a pienezza realizzando il bene comune. Il bene comune, infatti, pu� essere inteso come la dimensione sociale e comunitaria del bene morale.

165 Una societ� che, a tutti i livelli, vuole intenzionalmente rimanere al servizio dell'essere umano � quella che si propone come meta prioritaria il bene comune, in quanto bene di tutti gli uomini e di tutto l'uomo.347 La persona non pu� trovare compimento solo in se stessa, a prescindere cio� dal suo essere � con � e � per � gli altri. Tale verit� le impone non una semplice convivenza ai vari livelli della vita sociale e relazionale, ma la ricerca senza posa, in forma pratica e non soltanto ideale, del bene ovvero del senso e della verit� rintracciabili nelle forme di vita sociale esistenti. Nessuna forma espressiva della socialit� � dalla famiglia, al gruppo sociale intermedio, all'associazione, all'impresa di carattere economico, alla citt�, alla regione, allo Stato, fino alla comunit� dei popoli e delle Nazioni � pu� eludere l'interrogativo circa il proprio bene comune, che � costitutivo del suo significato e autentica ragion d'essere della sua stessa sussistenza.348

b) La responsabilit� di tutti per il bene comune

166 Le esigenze del bene comune derivano dalle condizioni sociali di ogni epoca e sono strettamente connesse al rispetto e alla promozione integrale della persona e dei suoi diritti fondamentali.349 Tali esigenze riguardano anzitutto l'impegno per la pace, l'organizzazione dei poteri dello Stato, un solido ordinamento giuridico, la salvaguardia dell'ambiente, la prestazione di quei servizi essenziali delle persone, alcuni dei quali sono al tempo stesso diritti dell'uomo: alimentazione, abitazione, lavoro, educazione e accesso alla cultura, trasporti, salute, libera circolazione delle informazioni e tutela della libert� religiosa.350 Non va dimenticato l'apporto che ogni Nazione � in dovere di dare per una vera cooperazione internazionale, in vista del bene comune dell'intera umanit�, anche per le generazioni future.351

167 Il bene comune impegna tutti i membri della societ�: nessuno � esentato dal collaborare, a seconda delle proprie capacit�, al suo raggiungimento e al suo sviluppo.352 Il bene comune esige di essere servito pienamente, non secondo visioni riduttive subordinate ai vantaggi di parte che se ne possono ricavare, ma in base a una logica che tende alla pi� larga assunzione di responsabilit�. Il bene comune � conseguente alle pi� elevate inclinazioni dell'uomo,353 ma � un bene arduo da raggiungere, perch� richiede la capacit� e la ricerca costante del bene altrui come se fosse proprio.

Tutti hanno anche il diritto di fruire delle condizioni di vita sociale che risultano dalla ricerca del bene comune. Suona ancora attuale l'insegnamento di Pio XI: � Bisogna procurare che la distribuzione dei beni creati, la quale ognuno vede quanto ora sia causa di disagio, per il grande squilibrio fra i pochi straricchi e gli innumerevoli indigenti, venga ricondotta alla conformit� con le norme del bene comune e della giustizia sociale �.354

c) I compiti della comunit� politica

168 La responsabilit� di conseguire il bene comune compete, oltre che alle singole persone, anche allo Stato, poich� il bene comune � la ragion d'essere dell'autorit� politica.355 Lo Stato, infatti, deve garantire coesione, unitariet� e organizzazione alla societ� civile di cui � espressione,356 in modo che il bene comune possa essere conseguito con il contributo di tutti i cittadini. L'uomo singolo, la famiglia, i corpi intermedi non sono in grado di pervenire da se stessi al loro pieno sviluppo; da ci� deriva la necessit� di istituzioni politiche, la cui finalit� � quella di rendere accessibili alle persone i beni necessari � materiali, culturali, morali, spirituali � per condurre una vita veramente umana. Il fine della vita sociale � il bene comune storicamente realizzabile.357

169 Per assicurare il bene comune, il governo di ogni Paese ha il compito specifico di armonizzare con giustizia i diversi interessi settoriali.358 La corretta conciliazione dei beni particolari di gruppi e di individui � una delle funzioni pi� delicate del potere pubblico. Non va dimenticato, inoltre, che nello Stato democratico, in cui le decisioni sono solitamente assunte a maggioranza dai rappresentanti della volont� popolare, coloro ai quali compete la responsabilit� di governo sono tenuti ad interpretare il bene comune del loro Paese non soltanto secondo gli orientamenti della maggioranza, ma nella prospettiva del bene effettivo di tutti i membri della comunit� civile, compresi quelli in posizione di minoranza.

170 Il bene comune della societ� non � un fine a s� stante; esso ha valore solo in riferimento al raggiungimento dei fini ultimi della persona e al bene comune universale dell'intera creazione. Dio � il fine ultimo delle sue creature e per nessun motivo si pu� privare il bene comune della sua dimensione trascendente, che eccede ma anche d� compimento a quella storica.359 Questa prospettiva raggiunge la sua pienezza in forza della fede nella Pasqua di Ges�, che offre piena luce circa la realizzazione del vero bene comune dell'umanit�. La nostra storia � lo sforzo personale e collettivo di elevare la condizione umana � comincia e culmina in Ges�: grazie a Lui, per mezzo di Lui e in vista di Lui, ogni realt�, compresa la societ� umana, pu� essere condotta al suo Bene sommo, al suo compimento. Una visione puramente storica e materialistica finirebbe per trasformare il bene comune in semplice benessere socio-economico, privo di ogni finalizzazione trascendente ovvero della sua pi� profonda ragion d'essere.

III. LA DESTINAZIONE UNIVERSALE DEI BENI

a) Origine e significato

171 Tra le molteplici implicazioni del bene comune, immediato rilievo assume il principio della destinazione universale dei beni: � Dio ha destinato la terra con tutto quello che in essa � contenuto all'uso di tutti gli uomini e popoli, sicch� i beni creati devono pervenire a tutti con equo criterio, avendo per guida la giustizia e per compagna la carit� �.360 Tale principio si basa sul fatto che � la prima origine di tutto ci� che � bene � l'atto stesso di Dio che ha creato la terra e l'uomo, ed all'uomo ha dato la terra perch� la domini col suo lavoro e ne goda i frutti (cfr. Gen 1,28-29). Dio ha dato la terra a tutto il genere umano, perch� essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere n� privilegiare nessuno. � qui la radice dell'universale destinazione dei beni della terra. Questa, in ragione della sua stessa fecondit� e capacit� di soddisfare i bisogni dell'uomo, � il primo dono di Dio per il sostentamento della vita umana �.361 La persona, infatti, non pu� fare a meno dei beni materiali che rispondono ai suoi bisogni primari e costituiscono le condizioni basilari per la sua esistenza; questi beni le sono assolutamente indispensabili per alimentarsi e crescere, per comunicare, per associarsi e per poter conseguire le pi� alte finalit� cui � chiamata.362

172 Il principio della destinazione universale dei beni della terra � alla base del diritto universale all'uso dei beni. Ogni uomo deve avere la possibilit� di usufruire del benessere necessario al suo pieno sviluppo: il principio dell'uso comune dei beni � il � primo principio di tutto l'ordinamento etico-sociale � 363 e � principio tipico della dottrina sociale cristiana �.364 Per questa ragione la Chiesa ha ritenuto doveroso precisarne la natura e le caratteristiche. Si tratta innanzi tutto di un diritto naturale, inscritto nella natura dell'uomo, e non di un diritto solo positivo, legato alla contingenza storica; inoltre, tale diritto � � originario �.365 Esso inerisce alla singola persona, ad ogni persona, ed � prioritario rispetto a qualunque intervento umano sui beni, a qualunque ordinamento giuridico degli stessi, a qualunque sistema e metodo economico-sociale: � Tutti gli altri diritti, di qualunque genere, ivi compresi quelli della propriet� e del libero commercio, sono subordinati ad essa [destinazione universale dei beni]: non devono quindi intralciarne, bens� al contrario facilitarne la realizzazione, ed � un dovere sociale grave e urgente restituirli alla loro finalit� originaria �.366

173 L'attuazione concreta del principio della destinazione universale dei beni, secondo i differenti contesti culturali e sociali, implica una precisa definizione dei modi, dei limiti, degli oggetti. Destinazione ed uso universale non significano che tutto sia a disposizione di ognuno o di tutti, e neppure che la stessa cosa serva o appartenga ad ognuno o a tutti. Se � vero che tutti nascono con il diritto all'uso dei beni, � altrettanto vero che, per assicurarne un esercizio equo e ordinato, sono necessari interventi regolamentati, frutto di accordi nazionali e internazionali, ed un ordinamento giuridico che determini e specifichi tale esercizio.

174 Il principio della destinazione universale dei beni invita a coltivare una visione dell'economia ispirata a valori morali che permettano di non perdere mai di vista n� l'origine, n� la finalit� di tali beni, in modo da realizzare un mondo equo e solidale, in cui la formazione della ricchezza possa assumere una funzione positiva. La ricchezza, in effetti, presenta questa valenza nella molteplicit� delle forme che possono esprimerla come il risultato di un processo produttivo di elaborazione tecnico-economica delle risorse disponibili, naturali e derivate, guidato dall'inventiva, dalla capacit� progettuale, dal lavoro degli uomini, e impiegato come mezzo utile per promuovere il benessere degli uomini e dei popoli e per contrastare la loro esclusione e il loro sfruttamento.

175 La destinazione universale dei beni comporta uno sforzo comune teso ad ottenere per ogni persona e per tutti i popoli le condizioni necessarie allo sviluppo integrale, cos� che tutti possano contribuire alla promozione di un mondo pi� umano, � in cui ciascuno possa dare e ricevere, ed in cui il progresso degli uni non sar� un ostacolo allo sviluppo degli altri, n� un pretesto per il loro assoggettamento �.367 Questo principio corrisponde all'appello incessantemente rivolto dal Vangelo alle persone e alle societ� di ogni tempo, sempre esposte alle tentazioni della brama del possesso, a cui lo stesso Signore Ges� ha voluto sottoporsi (cfr. Mc 1,12-13; Mt 4,1-11; Lc 4,1-13) per insegnarci la via per superarle con la Sua grazia.

b) Destinazione universale dei beni e propriet� privata

176 Mediante il lavoro, l'uomo, usando la sua intelligenza, riesce a dominare la terra e a farne la sua degna dimora: � In tal modo egli fa propria una parte della terra, che appunto si � acquistata col lavoro. � qui l'origine della propriet� individuale �.368 La propriet� privata e le altre forme di possesso privato dei beni � assicurano ad ognuno lo spazio effettivamente necessario per l'autonomia personale e familiare, e devono essere considerati come un prolungamento della libert� umana. Costituiscono in definitiva una delle condizioni delle libert� civili, in quanto producono stimoli ad osservare il dovere e la responsabilit� �.369 La propriet� privata � elemento essenziale di una politica economica autenticamente sociale e democratica ed � garanzia di un retto ordine sociale. La dottrina sociale richiede che la propriet� dei beni sia equamente accessibile a tutti,370 cos� che tutti diventino, almeno in qualche misura, proprietari, ed esclude il ricorso a forme di � comune e promiscuo dominio � .371

177 La tradizione cristiana non ha mai riconosciuto il diritto alla propriet� privata come assoluto ed intoccabile: � Al contrario, essa l'ha sempre inteso nel pi� vasto contesto del comune diritto di tutti ad usare i beni dell'intera creazione: il diritto della propriet� privata come subordinato al diritto dell'uso comune, alla destinazione universale dei beni �.372 Il principio della destinazione universale dei beni afferma sia la piena e perenne signoria di Dio su ogni realt�, sia l'esigenza che i beni del creato rimangano finalizzati e destinati allo sviluppo di tutto l'uomo e dell'intera umanit�.373 Tale principio non si oppone al diritto di propriet�,374 ma indica la necessit� di regolamentarlo. La propriet� privata, infatti, quali che siano le forme concrete dei regimi e delle norme giuridiche ad essa relative, �, nella sua essenza, solo uno strumento per il rispetto del principio della destinazione universale dei beni, e quindi, in ultima analisi, non un fine ma un mezzo.375

178 L'insegnamento sociale della Chiesa esorta a riconoscere la funzione sociale di qualsiasi forma di possesso privato,376 con il chiaro riferimento alle esigenze imprescindibili del bene comune.377 L'uomo � deve considerare le cose esteriori che legittimamente possiede non unicamente come sue proprie, ma anche come comuni, nel senso che possono essere utili non solo a lui ma anche agli altri �.378 La destinazione universale dei beni comporta dei vincoli sul loro uso da parte dei legittimi proprietari. La singola persona non pu� operare a prescindere dagli effetti dell'uso delle proprie risorse, ma deve agire in modo da perseguire, oltre che il vantaggio personale e familiare, anche il bene comune. Ne consegue il dovere da parte dei proprietari di non tenere inoperosi i beni posseduti e di destinarli all'attivit� produttiva, anche affidandoli a chi ha desiderio e capacit� di avviarli a produzione.

179 L'attuale fase storica, mettendo a disposizione della societ� beni nuovi, del tutto sconosciuti fino ai tempi recenti, impone una rilettura del principio della destinazione universale dei beni della terra, rendendone necessaria un'estensione che comprenda anche i frutti del recente progresso economico e tecnologico. La propriet� dei nuovi beni, che provengono dalla conoscenza, dalla tecnica e dal sapere, diventa sempre pi� decisiva, perch� su di essa � si fonda la ricchezza delle Nazioni industrializzate molto pi� che su quella delle risorse naturali �.379

Le nuove conoscenze tecniche e scientifiche devono essere poste a servizio dei bisogni primari dell'uomo, affinch� possa gradualmente accrescersi il patrimonio comune dell'umanit�. La piena attuazione del principio della destinazione universale dei beni richiede, pertanto, azioni a livello internazionale e iniziative programmate da parte di tutti i Paesi: � Occorre rompere le barriere e i monopoli che lasciano tanti popoli ai margini dello sviluppo, assicurare a tutti � individui e Nazioni � le condizioni di base, che consentano di partecipare allo sviluppo �.380

180 Se nel processo di sviluppo economico e sociale acquistano notevole rilievo forme di propriet� sconosciute in passato, non si possono dimenticare, tuttavia, quelle tradizionali. La propriet� individuale non � la sola forma legittima di possesso. Riveste particolare importanza anche l'antica forma di propriet� comunitaria che, pur presente anche nei Paesi economicamente avanzati, caratterizza, in modo peculiare, la struttura sociale di numerosi popoli indigeni. � una forma di propriet� che incide tanto profondamente nella vita economica, culturale e politica di quei popoli da costituire un elemento fondamentale della loro sopravvivenza e del loro benessere. La difesa e la valorizzazione della propriet� comunitaria non devono escludere, tuttavia, la consapevolezza del fatto che anche questo tipo di propriet� � destinato ad evolversi. Se si agisse in modo da garantire solo la sua conservazione, si correrebbe il rischio di legarla al passato e, in questo modo, di comprometterla.381

Resta sempre cruciale, specie nei Paesi in via di sviluppo o che sono usciti da sistemi collettivistici o di colonizzazione, l'equa distribuzione della terra. Nelle zone rurali, la possibilit� di accedere alla terra tramite le opportunit� offerte anche dai mercati del lavoro e del credito � condizione necessaria per l'accesso agli altri beni e servizi; oltre a costituire una via efficace per la salvaguardia dell'ambiente, tale possibilit� rappresenta un sistema di sicurezza sociale realizzabile anche nei Paesi che hanno una struttura amministrativa debole.382

181 Dalla propriet� deriva al soggetto possessore, sia esso il singolo oppure una comunit�, una serie di obiettivi vantaggi: condizioni di vita migliori, sicurezza per il futuro, pi� ampie opportunit� di scelta. Dalla propriet�, d'altro canto, pu� provenire anche una serie di promesse illusorie e tentatrici. L'uomo o la societ� che giungono al punto di assolutizzarne il ruolo finiscono per fare l'esperienza della pi� radicale schiavit�. Nessun possesso, infatti, pu� essere considerato indifferente per l'influsso che ha tanto sui singoli, quanto sulle istituzioni: il possessore che incautamente idolatra i suoi beni (cfr. Mt 6,24; 19,21-26; Lc 16,13) ne viene pi� che mai posseduto e asservito.383 Solo riconoscendone la dipendenza da Dio Creatore e finalizzandoli conseguentemente al bene comune, � possibile conferire ai beni materiali la funzione di strumenti utili alla crescita degli uomini e dei popoli.

c) Destinazione universale dei beni e opzione preferenziale per i poveri

182 Il principio della destinazione universale dei beni richiede che si guardi con particolare sollecitudine ai poveri, a coloro che si trovano in situazioni di marginalit� e, in ogni caso, alle persone a cui le condizioni di vita impediscono una crescita adeguata. A tale proposito va ribadita, in tutta la sua forza, l'opzione preferenziale per i poveri: 384 � �, questa, una opzione, o una forma speciale di primato nell'esercizio della carit� cristiana, testimoniata da tutta la Tradizione della Chiesa. Essa si riferisce alla vita di ciascun cristiano, in quanto imitatore della vita di Cristo, ma si applica egualmente alle nostre responsabilit� sociali e, perci�, al nostro vivere, alle decisioni da prendere coerentemente circa la propriet� e l'uso dei beni. Oggi poi, attesa la dimensione mondiale che la questione sociale ha assunto, questo amore preferenziale, con le decisioni che esso ci ispira, non pu� non abbracciare le immense moltitudini di affamati, di mendicanti, di senzatetto, senza assistenza medica e, soprattutto, senza speranza di un futuro migliore �.385

183 La miseria umana � il segno evidente della condizione di debolezza dell'uomo e del suo bisogno di salvezza.386 Di essa ha avuto compassione Cristo Salvatore, che si � identificato con i Suoi � fratelli pi� piccoli � (Mt 25,40.45): � Ges� Cristo riconoscer� i suoi eletti proprio da quanto avranno fatto per i poveri. Allorch� �ai poveri � predicata la buona novella� (Mt 11,5), � segno che Cristo � presente �.387

Ges� dice: � I poveri infatti li avete sempre con voi, me, invece, non sempre mi avete � (Mt 26,11; cfr. Mc 14,7; Gv 12,8) non per contrapporre al servizio dei poveri l'attenzione a Lui rivolta. Il realismo cristiano, mentre da una parte apprezza i lodevoli sforzi che si fanno per sconfiggere la povert�, dall'altra mette in guardia da posizioni ideologiche e da messianismi che alimentano l'illusione che si possa sopprimere da questo mondo in maniera totale il problema della povert�. Ci� avverr� soltanto al Suo ritorno, quando Lui sar� di nuovo con noi per sempre. Nel frattempo, i poveri restano a noi affidati e su questa responsabilit� saremo giudicati alla fine (cfr. Mt 25,31-46): � Nostro Signore ci avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli �.388

184 L'amore della Chiesa per i poveri si ispira al Vangelo delle beatitudini, alla povert� di Ges� e alla Sua attenzione per i poveri. Tale amore riguarda la povert� materiale e anche le numerose forme di povert� culturale e religiosa.389 La Chiesa, � fin dalle origini, malgrado l'infedelt� di molti dei suoi membri, non ha cessato di impegnarsi a sollevarli, a difenderli e a liberarli. Ci� ha fatto con innumerevoli opere di beneficenza, che rimangono sempre e dappertutto indispensabili �.390 Ispirata al precetto evangelico: � Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date � (Mt 10,8), la Chiesa insegna a soccorrere il prossimo nelle sue varie necessit� e profonde nella comunit� umana innumerevoli opere di misericordia corporali e spirituali: � Tra queste opere, fare l'elemosina ai poveri � una delle principali testimonianze della carit� fraterna: � pure una pratica di giustizia che piace a Dio �,391 anche se la pratica della carit� non si riduce all'elemosina, ma implica l'attenzione alla dimensione sociale e politica del problema della povert�. Sul rapporto tra carit� e giustizia ritorna costantemente l'insegnamento della Chiesa: � Quando doniamo ai poveri le cose indispensabili, non facciamo loro delle elargizioni personali, ma rendiamo loro ci� che � loro. Pi� che compiere un atto di carit�, adempiamo un dovere di giustizia �.392 I Padri Conciliari raccomandano fortemente che si compia tale dovere � perch� non si offra come dono di carit� ci� che � gi� dovuto a titolo di giustizia �.393 L'amore per i poveri � certamente � inconciliabile con lo smodato amore per le ricchezze o con il loro uso egoistico � 394 (cfr. Gc 5,1-6).

IV. IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIET�

a) Origine e significato

185 La sussidiariet� � tra le pi� costanti e caratteristiche direttive della dottrina sociale della Chiesa, presente fin dalla prima grande enciclica sociale.395 � impossibile promuovere la dignit� della persona se non prendendosi cura della famiglia, dei gruppi, delle associazioni, delle realt� territoriali locali, in breve, di quelle espressioni aggregative di tipo economico, sociale, culturale, sportivo, ricreativo, professionale, politico, alle quali le persone danno spontaneamente vita e che rendono loro possibile una effettiva crescita sociale.396 � questo l'ambito della societ� civile, intesa come l'insieme dei rapporti tra individui e tra societ� intermedie, che si realizzano in forma originaria e grazie alla � soggettivit� creativa del cittadino �.397 La rete di questi rapporti innerva il tessuto sociale e costituisce la base di una vera comunit� di persone, rendendo possibile il riconoscimento di forme pi� elevate di socialit�.398

186 L'esigenza di tutelare e di promuovere le espressioni originarie della socialit� � sottolineata dalla Chiesa nell'enciclica � Quadragesimo anno �, nella quale il principio di sussidiariet� � indicato come principio importantissimo della � filosofia sociale �: � Siccome � illecito togliere agli individui ci� che essi possono compiere con le forze e l'industria propria per affidarlo alla comunit�, cos� � ingiusto rimettere a una maggiore e pi� alta societ� quello che dalle minori e inferiori comunit� si pu� fare. Ed � questo insieme un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della societ�; perch� l'oggetto naturale di qualsiasi intervento della societ� stessa � quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non gi� distruggerle e assorbirle �.399

In base a tale principio, tutte le societ� di ordine superiore devono porsi in atteggiamento di aiuto (� subsidium �) � quindi di sostegno, promozione, sviluppo � rispetto alle minori. In tal modo, i corpi sociali intermedi possono adeguatamente svolgere le funzioni che loro competono, senza doverle cedere ingiustamente ad altre aggregazioni sociali di livello superiore, dalle quali finirebbero per essere assorbiti e sostituiti e per vedersi negata, alla fine, dignit� propria e spazio vitale.

Alla sussidiariet� intesa in senso positivo, come aiuto economico, istituzionale, legislativo offerto alle entit� sociali pi� piccole, corrisponde una serie di implicazioni in negativo, che impongono allo Stato di astenersi da quanto restringerebbe, di fatto, lo spazio vitale delle cellule minori ed essenziali della societ�. La loro iniziativa, libert� e responsabilit� non devono essere soppiantate.

b) Indicazioni concrete

187 Il principio di sussidiariet� protegge le persone dagli abusi delle istanze sociali superiori e sollecita queste ultime ad aiutare i singoli individui e i corpi intermedi a sviluppare i loro compiti. Questo principio si impone perch� ogni persona, famiglia e corpo intermedio ha qualcosa di originale da offrire alla comunit�. L'esperienza attesta che la negazione della sussidiariet�, o la sua limitazione in nome di una pretesa democratizzazione o uguaglianza di tutti nella societ�, limita e talvolta anche annulla lo spirito di libert� e di iniziativa.

Con il principio della sussidiariet� contrastano forme di accentramento, di burocratizzazione, di assistenzialismo, di presenza ingiustificata ed eccessiva dello Stato e dell'apparato pubblico: � Intervenendo direttamente e deresponsabilizzando la societ�, lo Stato assistenziale provoca la perdita di energie umane e l'aumento esagerato degli apparati pubblici, dominati da logiche burocratiche pi� che dalla preoccupazione di servire gli utenti, con enorme crescita delle spese �.400 Il mancato o inadeguato riconoscimento dell'iniziativa privata, anche economica, e della sua funzione pubblica, nonch� i monopoli, concorrono a mortificare il principio della sussidiariet�.

All'attuazione del principio di sussidiariet� corrispondono: il rispetto e la promozione effettiva del primato della persona e della famiglia; la valorizzazione delle associazioni e delle organizzazioni intermedie, nelle proprie scelte fondamentali e in tutte quelle che non possono essere delegate o assunte da altri; l'incoraggiamento offerto all'iniziativa privata, in modo tale che ogni organismo sociale rimanga a servizio, con le proprie peculiarit�, del bene comune; l'articolazione pluralistica della societ� e la rappresentanza delle sue forze vitali; la salvaguardia dei diritti umani e delle minoranze; il decentramento burocratico e amministrativo; l'equilibrio tra la sfera pubblica e quella privata, con il conseguente riconoscimento della funzione sociale del privato; un'adeguata responsabilizzazione del cittadino nel suo � essere parte � attiva della realt� politica e sociale del Paese.

188 Diverse circostanze possono consigliare che lo Stato eserciti una funzione di supplenza.401 Si pensi, ad esempio, alle situazioni in cui � necessario che lo Stato stesso promuova l'economia, a causa dell'impossibilit� per la societ� civile di assumere autonomamente l'iniziativa; si pensi anche alle realt� di grave squilibrio e ingiustizia sociale, in cui solo l'intervento pubblico pu� creare condizioni di maggiore eguaglianza, di giustizia e di pace. Alla luce del principio di sussidiariet�, tuttavia, questa supplenza istituzionale non deve prolungarsi ed estendersi oltre lo stretto necessario, dal momento che trova giustificazione soltanto nell'eccezionalit� della situazione. In ogni caso, il bene comune correttamente inteso, le cui esigenze non dovranno in alcun modo essere in contrasto con la tutela e la promozione del primato della persona e delle sue principali espressioni sociali, dovr� rimanere il criterio di discernimento circa l'applicazione del principio di sussidiariet�.

V. LA PARTECIPAZIONE

a) Significato e valore

189 Caratteristica conseguenza della sussidiariet� � la partecipazione,402 che si esprime, essenzialmente, in una serie di attivit� mediante le quali il cittadino, come singolo o in associazione con altri, direttamente o a mezzo di propri rappresentanti, contribuisce alla vita culturale, economica, sociale e politica della comunit� civile cui appartiene.403 La partecipazione � un dovere da esercitare consapevolmente da parte di tutti, in modo responsabile e in vista del bene comune.404

Essa non pu� essere delimitata o ristretta a qualche contenuto particolare della vita sociale, data la sua importanza per la crescita, innanzi tutto umana, in ambiti quali il mondo del lavoro e le attivit� economiche nelle loro dinamiche interne,405 l'informazione e la cultura e, in massimo grado, la vita sociale e politica fino ai livelli pi� alti, quali sono quelli da cui dipende la collaborazione di tutti i popoli per l'edificazione di una comunit� internazionale solidale.406 In tale prospettiva, diventa imprescindibile l'esigenza di favorire la partecipazione soprattutto dei pi� svantaggiati e l'alternanza dei dirigenti politici, al fine di evitare che si instaurino privilegi occulti; � necessaria inoltre una forte tensione morale, affinch� la gestione della vita pubblica sia il frutto della corresponsabilit� di ognuno nei confronti del bene comune.

b) Partecipazione e democrazia

190 La partecipazione alla vita comunitaria non � soltanto una delle maggiori aspirazioni del cittadino, chiamato ad esercitare liberamente e responsabilmente il proprio ruolo civico con e per gli altri, ma anche uno dei pilastri di tutti gli ordinamenti democratici,407 oltre che una delle maggiori garanzie di permanenza della democrazia. Il governo democratico, infatti, � definito a partire dall'attribuzione, da parte del popolo, di poteri e funzioni, che vengono esercitati a suo nome, per suo conto e a suo favore; � evidente, dunque, che ogni democrazia deve essere partecipativa.408 Ci� comporta che i vari soggetti della comunit� civile, ad ogni suo livello, siano informati, ascoltati e coinvolti nell'esercizio delle funzioni che essa svolge.

191 La partecipazione si pu� ottenere in tutte le possibili relazioni tra il cittadino e le istituzioni: a questo fine, particolare attenzione deve essere rivolta ai contesti storici e sociali nei quali essa dovrebbe veramente attuarsi. Il superamento degli ostacoli culturali, giuridici e sociali, che spesso si frappongono come vere barriere alla partecipazione solidale dei cittadini alle sorti della propria comunit�, richiede un'opera informativa ed educativa.409 Meritano una preoccupata considerazione, in questo senso, tutti gli atteggiamenti che inducono il cittadino a forme partecipative insufficienti o scorrette e alla diffusa disaffezione per tutto quanto concerne la sfera della vita sociale e politica: si pensi, ad esempio, ai tentativi dei cittadini di � contrattare � le condizioni pi� vantaggiose per s� con le istituzioni, quasi che queste fossero al servizio dei bisogni egoistici, e alla prassi di limitarsi all'espressione della scelta elettorale, giungendo anche, in molti casi, ad astenersene.410

Sul fronte della partecipazione, un'ulteriore fonte di preoccupazione � data dai Paesi a regime totalitario o dittatoriale, in cui il fondamentale diritto a partecipare alla vita pubblica � negato alla radice, perch� considerato una minaccia per lo Stato stesso; 411 dai Paesi in cui tale diritto � enunciato soltanto formalmente, ma concretamente non si pu� esercitare; da altri ancora in cui l'elefantiasi dell'apparato burocratico nega di fatto al cittadino la possibilit� di proporsi come un vero attore della vita sociale e politica.412

VI. IL PRINCIPIO DI SOLIDARIET�

a) Significato e valore

192 La solidariet� conferisce particolare risalto all' intrinseca socialit� della persona umana, all'uguaglianza di tutti in dignit� e diritti, al comune cammino degli uomini e dei popoli verso una sempre pi� convinta unit�. Mai come oggi c'� stata una consapevolezza tanto diffusa del legame di interdipendenza tra gli uomini e i popoli, che si manifesta a qualsiasi livello.413
Il rapidissimo moltiplicarsi delle vie e dei mezzi di comunicazione � in tempo reale �, quali sono quelli telematici, gli straordinari progressi dell'informatica, l'accresciuto volume degli scambi commerciali e delle informazioni, stanno a testimoniare che, per la prima volta dall'inizio della storia dell'umanit�, � ormai possibile, almeno tecnicamente, stabilire relazioni anche tra persone lontanissime o sconosciute.

A fronte del fenomeno dell'interdipendenza e del suo costante dilatarsi, persistono, d'altra parte, in tutto il mondo, fortissime disuguaglianze tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo, alimentate anche da diverse forme di sfruttamento, di oppressione e di corruzione che influiscono negativamente sulla vita interna e internazionale di molti Stati. Il processo di accelerazione dell'interdipendenza tra le persone e i popoli deve essere accompagnato da un impegno sul piano etico-sociale altrettanto intensificato, per evitare le nefaste conseguenze di una situazione di ingiustizia di dimensioni planetarie, destinata a ripercuotersi assai negativamente anche negli stessi Paesi attualmente pi� favoriti.414

b) La solidariet� come principio sociale e come virt� morale

193 Le nuove relazioni di interdipendenza tra uomini e popoli, che sono, di fatto, forme di solidariet�, devono trasformarsi in relazioni tese ad una vera e propria solidariet� etico-sociale, che � l'esigenza morale insita in tutte le relazioni umane. La solidariet� si presenta, dunque, sotto due aspetti complementari: quello di principio sociale 415 e quello di virt� morale.416

La solidariet� deve essere colta, innanzi tutto, nel suo valore di principio sociale ordinatore delle istituzioni, in base al quale le � strutture di peccato �,417 che dominano i rapporti tra le persone e i popoli, devono essere superate e trasformate in strutture di solidariet�, mediante la creazione o l'opportuna modifica di leggi, regole del mercato, ordinamenti.

La solidariet� � anche una vera e propria virt� morale, non un � sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, � la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perch� tutti siamo veramente responsabili di tutti �.418 La solidariet� assurge al rango di virt� sociale fondamentale poich� si colloca nella dimensione della giustizia, virt� orientata per eccellenza al bene comune, e nell'� impegno per il bene del prossimo con la disponibilit�, in senso evangelico, a �perdersi� a favore dell'altro invece di sfruttarlo, e a �servirlo� invece di opprimerlo per il proprio tornaconto (cf. Mt 10,40-42; 20,25; Mc 10,42-45; Lc 22,25-27) �.419

c) Solidariet� e crescita comune degli uomini

194 Il messaggio della dottrina sociale circa la solidariet� mette in evidenza il fatto che esistono stretti vincoli tra solidariet� e bene comune, solidariet� e destinazione universale dei beni, solidariet� e uguaglianza tra gli uomini e i popoli, solidariet� e pace nel mondo.420 Il termine � solidariet� �, ampiamente impiegato dal Magistero,421 esprime in sintesi l'esigenza di riconoscere nell'insieme dei legami che uniscono gli uomini e i gruppi sociali tra loro, lo spazio offerto alla libert� umana per provvedere alla crescita comune, condivisa da tutti. L'impegno in questa direzione si traduce nell'apporto positivo da non far mancare alla causa comune e nella ricerca dei punti di possibile intesa anche l� dove prevale una logica di spartizione e frammentazione, nella disponibilit� a spendersi per il bene dell'altro al di l� di ogni individualismo e particolarismo.422

195 Il principio della solidariet� comporta che gli uomini del nostro tempo coltivino maggiormente la consapevolezza del debito che hanno nei confronti della societ� entro la quale sono inseriti: sono debitori di quelle condizioni che rendono vivibile l'umana esistenza, come pure di quel patrimonio, indivisibile e indispensabile, costituito dalla cultura, dalla conoscenza scientifica e tecnologica, dai beni materiali e immateriali, da tutto ci� che la vicenda umana ha prodotto. Un simile debito va onorato nelle varie manifestazioni dell'agire sociale, cos� che il cammino degli uomini non si interrompa, ma resti aperto alle generazioni presenti e a quelle future, chiamate insieme, le une e le altre, a condividere, nella solidariet�, lo stesso dono.

d) La solidariet� nella vita e nel messaggio di Ges� Cristo

196 Il vertice insuperabile della prospettiva indicata � la vita di Ges� di Nazaret, l'Uomo nuovo, solidale con l'umanit� fino alla � morte di croce � (Fil 2,8): in Lui � sempre possibile riconoscere il Segno vivente di quell'amore incommensurabile e trascendente del Dio-con-noi, che si fa carico delle infermit� del Suo popolo, cammina con esso, lo salva e lo costituisce in unit�.423 In Lui, e grazie a Lui, anche la vita sociale pu� essere riscoperta, pur con tutte le sue contraddizioni e ambiguit�, come luogo di vita e di speranza, in quanto segno di una Grazia che di continuo � a tutti offerta e che invita alle forme pi� alte e coinvolgenti di condivisione.

Ges� di Nazaret fa risplendere dinanzi agli occhi di tutti gli uomini il nesso tra solidariet� e carit�, illuminandone l'intero significato: 424 � Alla luce della fede, la solidariet� tende a superare se stessa, a rivestire le dimensioni specificamente cristiane della gratuit� totale, del perdono e della riconciliazione. Allora il prossimo non � soltanto un essere umano con i suoi diritti e la sua fondamentale eguaglianza davanti a tutti, ma diviene la viva immagine di Dio Padre, riscattata dal sangue di Ges� Cristo e posta sotto l'azione permanente dello Spirito Santo. Egli, pertanto, deve essere amato, anche se nemico, con lo stesso amore con cui lo ama il Signore, e per lui bisogna essere disposti al sacrificio, anche supremo: �Dare la vita per i propri fratelli� (cfr. 1 Gv 3,16) �.425

  

VII. I VALORI FONDAMENTALI DELLA VITA SOCIALE

a) Rapporto tra principi e valori

197 La dottrina sociale della Chiesa, oltre ai principi che devono presiedere all'edificazione di una societ� degna dell'uomo, indica anche dei valori fondamentali. Il rapporto tra principi e valori � indubbiamente di reciprocit�, in quanto i valori sociali esprimono l'apprezzamento da attribuire a quei determinati aspetti del bene morale che i principi intendono conseguire, offrendosi come punti di riferimento per l'opportuna strutturazione e la conduzione ordinata della vita sociale. I valori richiedono, pertanto, sia la pratica dei principi fondamentali della vita sociale, sia l'esercizio personale delle virt�, e quindi degli atteggiamenti morali corrispondenti ai valori stessi.426

Tutti i valori sociali sono inerenti alla dignit� della persona umana, della quale favoriscono l'autentico sviluppo, e sono, essenzialmente: la verit�, la libert�, la giustizia, l'amore.427 La loro pratica � via sicura e necessaria per raggiungere il perfezionamento personale e una convivenza sociale pi� umana; essi costituiscono l'imprescindibile riferimento per i responsabili della cosa pubblica, chiamati ad attuare � le riforme sostanziali delle strutture economiche, politiche, culturali e tecnologiche e i necessari cambiamenti nelle istituzioni �.428 Il rispetto della legittima autonomia delle realt� terrene induce la Chiesa a non riservarsi competenze specifiche di ordine tecnico e temporale,429 ma non le impedisce di intervenire per mostrare come, nelle differenti scelte dell'uomo, tali valori siano affermati o, viceversa, negati.430

b) La verit�

198 Gli uomini sono tenuti in modo particolare a tendere di continuo alla verit�, a rispettarla e ad attestarla responsabilmente.431 Vivere nella verit� ha un significato speciale nei rapporti sociali: la convivenza fra gli esseri umani all'interno di una comunit�, infatti, � ordinata, feconda e rispondente alla loro dignit� di persone, quando si fonda sulla verit�.432 Quanto pi� le persone e i gruppi sociali si sforzano di risolvere i problemi sociali secondo verit�, tanto pi� si allontanano dall'arbitrio e si conformano alle esigenze obiettive della moralit�.

Il nostro tempo richiede un'intensa attivit� educativa 433 e un corrispondente impegno da parte di tutti, affinch� la ricerca della verit�, non riconducibile all'insieme o a qualcuna delle diverse opinioni, sia promossa in ogni ambito, e prevalga su ogni tentativo di relativizzarne le esigenze o di recarle offesa.434 � una questione che investe in modo particolare il mondo della comunicazione pubblica e quello dell'economia. In essi, l'uso spregiudicato del denaro fa emergere degli interrogativi sempre pi� pressanti, che rimandano necessariamente a un bisogno di trasparenza e di onest� nell'agire, personale e sociale.

c) La libert�

199 La libert� � nell'uomo segno altissimo dell'immagine divina e, di conseguenza, segno della sublime dignit� di ogni persona umana: 435 � La libert� si esercita nei rapporti tra gli esseri umani. Ogni persona umana, creata ad immagine di Dio, ha il diritto naturale di essere riconosciuta come un essere libero e responsabile. Tutti hanno verso ciascuno il dovere di questo rispetto. Il diritto all'esercizio della libert� � un'esigenza inseparabile dalla dignit� della persona umana �.436 Non si deve restringere il significato della libert�, considerandola in una prospettiva puramente individualistica e riducendola a esercizio arbitrario e incontrollato della propria personale autonomia: � Lungi dal compiersi in una totale autarchia dell'io e nell'assenza di relazioni, la libert� non esiste veramente se non l� dove legami reciproci, regolati dalla verit� e dalla giustizia, uniscono le persone �.437 La comprensione della libert� diventa profonda e ampia quando essa viene tutelata, anche a livello sociale, nella totalit� delle sue dimensioni.

200 Il valore della libert�, in quanto espressione della singolarit� di ogni persona umana, viene rispettato quando a ciascun membro della societ� � consentito di realizzare la propria personale vocazione; cercare la verit� e professare le proprie idee religiose, culturali e politiche; esprimere le proprie opinioni; decidere il proprio stato di vita e, per quanto possibile, il proprio lavoro; assumere iniziative di carattere economico, sociale e politico. Ci� deve avvenire entro un � solido contesto giuridico �,438 nei limiti del bene comune e dell'ordine pubblico e, in ogni caso, all'insegna della responsabilit�.

La libert� deve esplicarsi, d'altra parte, anche come capacit� di rifiuto di ci� che � moralmente negativo, sotto qualunque forma si presenti,439 come capacit� di effettivo distacco da tutto ci� che pu� ostacolare la crescita personale, familiare e sociale. La pienezza della libert� consiste nella capacit� di disporre di s� in vista dell'autentico bene, entro l'orizzonte del bene comune universale.440

d) La giustizia

201 La giustizia � un valore, che si accompagna all'esercizio della corrispondente virt� morale cardinale.441 Secondo la sua pi� classica formulazione, � essa consiste nella costante e ferma volont� di dare a Dio e al prossimo ci� che � loro dovuto �.442 Dal punto di vista soggettivo la giustizia si traduce nell'atteggiamento determinato dalla volont� di riconoscere l'altro come persona, mentre, dal punto di vista oggettivo, essa costituisce il criterio determinante della moralit� nell'ambito inter-soggettivo e sociale.443

Il Magistero sociale richiama al rispetto delle forme classiche della giustizia: quella commutativa, quella distributiva, quella legale.444 Un rilievo sempre maggiore ha in esso acquisito la giustizia sociale,445 che rappresenta un vero e proprio sviluppo della giustizia generale, regolatrice dei rapporti sociali in base al criterio dell'osservanza della legge. La giustizia sociale, esigenza connessa alla questione sociale, che oggi si manifesta in una dimensione mondiale, concerne gli aspetti sociali, politici ed economici e, soprattutto, la dimensione strutturale dei problemi e delle correlative soluzioni.446

202 La giustizia risulta particolarmente importante nel contesto attuale, in cui il valore della persona, della sua dignit� e dei suoi diritti, al di l� delle proclamazioni d'intenti, � seriamente minacciato dalla diffusa tendenza a ricorrere esclusivamente ai criteri dell'utilit� e dell'avere. Anche la giustizia, sulla base di tali criteri, viene considerata in modo riduttivo, mentre acquista un pi� pieno e autentico significato nell'antropologia cristiana. La giustizia, infatti, non � una semplice convenzione umana, perch� quello che � � giusto � non � originariamente determinato dalla legge, ma dall'identit� profonda dell'essere umano.447

203 La piena verit� sull'uomo permette di superare la visione contrattualistica della giustizia, che � visione limitata, e di aprire anche per la giustizia l'orizzonte della solidariet� e dell'amore: � Da sola, la giustizia non basta. Pu� anzi arrivare a negare se stessa, se non si apre a quella forza pi� profonda che � l'amore �.448 Al valore della giustizia, infatti, la dottrina sociale accosta quello della solidariet�, in quanto via privilegiata della pace. Se la pace � frutto della giustizia, � oggi si potrebbe dire, con la stessa esattezza e la stessa forza di ispirazione biblica (cf. Is 32,17; Gc 3,18): Opus solidaritatis pax, la pace come frutto della solidariet� �.449 Il traguardo della pace, infatti, � sar� certamente raggiunto con l'attuazione della giustizia sociale e internazionale, ma anche con la pratica delle virt� che favoriscono la convivenza e ci insegnano a vivere uniti, per costruire uniti, dando e ricevendo, una societ� nuova e un mondo migliore �.450

  

VIII. LA VIA DELLA CARIT�

204 Tra le virt� nel loro complesso, e in particolare tra virt�, valori sociali e carit�, sussiste un profondo legame, che deve essere sempre pi� accuratamente riconosciuto. La carit�, ristretta spesso all'ambito delle relazioni di prossimit�, o limitata agli aspetti soltanto soggettivi dell'agire per l'altro, deve essere riconsiderata nella sua autentica valenza di criterio supremo e universale dell'intera etica sociale. Tra tutte le vie, anche quelle ricercate e percorse per affrontare le forme sempre nuove dell'attuale questione sociale, la � migliore di tutte � (1 Cor 12,31) � la via tracciata dalla carit�.

205 I valori della verit�, della giustizia, della libert� nascono e si sviluppano dalla sorgente interiore della carit�: la convivenza umana � ordinata, feconda di bene e rispondente alla dignit� dell'uomo, quando si fonda sulla verit�; si attua secondo giustizia, ossia nell'effettivo rispetto dei diritti e nel leale adempimento dei rispettivi doveri; � attuata nella libert� che si addice alla dignit� degli uomini, spinti dalla loro stessa natura razionale ad assumersi la responsabilit� del proprio operare; � vivificata dall'amore, che fa sentire come propri i bisogni e le esigenze altrui e rende sempre pi� intense la comunione dei valori spirituali e la sollecitudine per le necessit� materiali.451 Questi valori costituiscono dei pilastri dai quali riceve solidit� e consistenza l'edificio del vivere e dell'operare: sono valori che determinano la qualit� di ogni azione e istituzione sociale.

206 La carit� presuppone e trascende la giustizia: quest'ultima � deve trovare il suo completamento nella carit� �.452 Se la giustizia � � di per s� idonea ad �arbitrare� tra gli uomini nella reciproca ripartizione dei beni oggettivi secondo l'equa misura, l'amore invece, e soltanto l'amore (anche quell'amore benigno, che chiamiamo �misericordia�), � capace di restituire l'uomo a se stesso �.453 Non si possono regolare i rapporti umani unicamente con la misura della giustizia: � L'esperienza del passato e del nostro tempo dimostra che la giustizia da sola non basta e che, anzi, pu� condurre alla negazione e all'annientamento di se stessa... � stata appunto l'esperienza storica che, fra l'altro, ha portato a formulare l'asserzione: summum ius, summa iniuria �.454 La giustizia, infatti, � in ogni sfera dei rapporti interumani, deve subire, per cos� dire, una notevole �correzione� da parte di quell'amore, il quale � come proclama San Paolo � �� paziente� e �benigno� o, in altre parole, porta in s� i caratteri dell'amore misericordioso, tanto essenziali per il Vangelo e per il cristianesimo �.455

207 Nessuna legislazione, nessun sistema di regole o di pattuizioni riusciranno a persuadere uomini e popoli a vivere nell'unit�, nella fraternit� e nella pace, nessuna argomentazione potr� superare l'appello della carit�. Soltanto la carit�, nella sua qualit� di � forma virtutum �,456 pu� animare e plasmare l'agire sociale in direzione della pace nel contesto di un mondo sempre pi� complesso. Affinch� tutto ci� avvenga, occorre per� che si provveda a mostrare la carit� non solo come ispiratrice dell'azione individuale, ma anche come forza capace di suscitare nuove vie per affrontare i problemi del mondo d'oggi e per rinnovare profondamente dall'interno strutture, organizzazioni sociali, ordinamenti giuridici. In questa prospettiva la carit� diventa carit� sociale e politica: la carit� sociale ci fa amare il bene comune 457 e fa cercare effettivamente il bene di tutte le persone, considerate non solo individualmente, ma anche nella dimensione sociale che le unisce.

208 La carit� sociale e politica non si esaurisce nei rapporti tra le persone, ma si dispiega nella rete in cui tali rapporti si inseriscono, che � appunto la comunit� sociale e politica, e su questa interviene, mirando al bene possibile per la comunit� nel suo insieme. Per tanti aspetti, il prossimo da amare si presenta � in societ� �, cos� che amarlo realmente, sovvenire al suo bisogno o alla sua indigenza pu� voler dire qualcosa di diverso dal bene che gli si pu� volere sul piano puramente inter-individuale: amarlo sul piano sociale significa, a seconda delle situazioni, avvalersi delle mediazioni sociali per migliorare la sua vita oppure rimuovere i fattori sociali che causano la sua indigenza. � indubbiamente un atto di carit� l'opera di misericordia con cui si risponde qui e ora ad un bisogno reale ed impellente del prossimo, ma � un atto di carit� altrettanto indispensabile l'impegno finalizzato ad organizzare e strutturare la societ� in modo che il prossimo non abbia a trovarsi nella miseria, soprattutto quando questa diventa la situazione in cui si dibatte uno sterminato numero di persone e perfino interi popoli, situazione che assume, oggi, le proporzioni di una vera e propria questione sociale mondiale.

 

 

PARTE SECONDA

� ... la dottrina sociale ha di per s� il valore
di un
o strumento di evangelizzazione: in quanto tale, annuncia Dio
ed il mistero di salvezza in Cristo ad ogni uomo e,
per la medesima ragione, rivela l'uomo a se stesso.
In questa luce, e solo in questa luce, si occupa del resto:
dei diritti umani di ciascuno e, in particolare, del �proletariato�,
della famiglia e dell'educazione, dei doveri dello Stato,
dell'ordinamento della societ� nazionale e internazionale,
della vita economica, della cultura, della guerra e della pace,
del rispetto alla vita dal momento del concepimento
fino alla morte �.

(Centesimus annus, 54)


  

 

CAPITOLO QUINTO

LA FAMIGLIA
CELLULA VITALE DELLA SOCIET�

I. LA FAMIGLIA PRIMA SOCIET� NATURALE

209 L'importanza e la centralit� della famiglia, in ordine alla persona e alla societ�, � ripetutamente sottolineata nella Sacra Scrittura: � Non � bene che l'uomo sia solo � (Gen 2,18). Fin dai testi che narrano la creazione dell'uomo (cfr. Gen 1,26-28; 2,7-24) emerge come � nel disegno di Dio � la coppia costituisca � la prima forma di comunione di persone �.458 Eva � creata simile ad Adamo, come colei che, nella sua alterit�, lo completa (cfr. Gen 2,18) per formare con lui � una sola carne � (Gen 2,24; cfr. Mt 19,5-6).459 Al tempo stesso, entrambi sono impegnati nel compito procreativo, che li rende collaboratori del Creatore: � Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra � (Gen 1,28). La famiglia si delinea, nel disegno del Creatore, come � il luogo primario dellaumanizzazione� della persona e della societ� � e � culla della vita e dell'amore �.460

210 Nella famiglia si impara a conoscere l'amore e la fedelt� del Signore e la necessit� di corrispondervi (cfr. Es 12,25-27; 13,8.14-15; Dt 6,20-25; 13,7-11; 1 Sam 3,13); i figli apprendono le prime e pi� decisive lezioni della sapienza pratica a cui sono collegate le virt� (cfr. Pr 1,8-9; 4,1-4; 6,20-21; Sir 3,1-16; 7,27-28). Per tutto questo, il Signore si fa garante dell'amore e della fedelt� coniugale (cfr. Ml 2,14-15).

Ges� nacque e visse in una famiglia concreta accogliendone tutte le caratteristiche proprie 461 e confer� eccelsa dignit� all'istituto matrimoniale, costituendolo come sacramento della nuova alleanza (cfr. Mt 19,3-9). In tale prospettiva, la coppia trova tutta la sua dignit� e la famiglia la saldezza sua propria.

211 Illuminata dalla luce del messaggio biblico, la Chiesa considera la famiglia come la prima societ� naturale, titolare di diritti propri e originari, e la pone al centro della vita sociale: relegare la famiglia � ad un ruolo subalterno e secondario, escludendola dalla posizione che le spetta nella societ�, significa recare un grave danno all'autentica crescita dell'intero corpo sociale �.462 Infatti, la famiglia, che nasce dall'intima comunione di vita e d'amore coniugale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna,463 possiede una sua specifica e originaria dimensione sociale, in quanto luogo primario di relazioni interpersonali, prima e vitale cellula della societ�: 464 essa � un'istituzione divina che sta a fondamento della vita delle persone, come prototipo di ogni ordinamento sociale.

a) L'importanza della famiglia per la persona

212 La famiglia � importante e centrale in riferimento alla persona. In questa culla della vita e dell'amore, l'uomo nasce e cresce: quando nasce un bambino, alla societ� viene fatto il dono di una nuova persona, che � � chiamata dall'intimo di s� alla comunione con gli altri e alla donazione agli altri �.465 Nella famiglia, pertanto, il dono reciproco di s� da parte dell'uomo e della donna uniti in matrimonio crea un ambiente di vita nel quale il bambino pu� � sviluppare le sue potenzialit�, diventare consapevole della sua dignit� e prepararsi ad affrontare il suo unico ed irripetibile destino �.466

Nel clima di naturale affetto che lega i membri di una comunit� familiare, le persone sono riconosciute e responsabilizzate nella loro integralit�: � La prima e fondamentale struttura a favore dell' �ecologia umana� � la famiglia, in seno alla quale l'uomo riceve le prime e determinanti nozioni intorno alla verit� ed al bene, apprende che cosa vuol dire amare ed essere amati e, quindi, che cosa vuol dire in concreto essere una persona �.467 Gli obblighi dei suoi membri, infatti, non sono limitati dai termini di un contratto, ma derivano dall'essenza stessa della famiglia, fondata su un patto coniugale irrevocabile e strutturata dai rapporti che ne derivano in seguito alla generazione o all'adozione dei figli.

b) L'importanza della famiglia per la societ�

213 La famiglia, comunit� naturale in cui si esperimenta la socialit� umana, contribuisce in modo unico e insostituibile al bene della societ�. La comunit� familiare, infatti, nasce dalla comunione delle persone: � La �comunione� riguarda la relazione personale tra l'�io� e il �tu�. La �comunit�� invece supera questo schema nella direzione di una �societ��, di un �noi�. La famiglia, comunit� di persone, � pertanto la prima �societ�� umana �.468

Una societ� a misura di famiglia � la migliore garanzia contro ogni deriva di tipo individualista o collettivista, perch� in essa la persona � sempre al centro dell'attenzione in quanto fine e mai come mezzo. � del tutto evidente che il bene delle persone e il buon funzionamento della societ� sono strettamente connessi � con una felice collocazione della comunit� coniugale e familiare �.469 Senza famiglie forti nella comunione e stabili nell'impegno, i popoli si indeboliscono. Nella famiglia vengono inculcati fin dai primi anni di vita i valori morali, si trasmette il patrimonio spirituale della comunit� religiosa e quello culturale della Nazione. In essa si fa l'apprendistato delle responsabilit� sociali e della solidariet�.470

214 Va affermata la priorit� della famiglia rispetto alla societ� e allo Stato. La famiglia, infatti, almeno nella sua funzione procreativa, � la condizione stessa della loro esistenza. Nelle altre funzioni a vantaggio di ciascuno dei suoi membri essa precede, per importanza e valore, le funzioni che la societ� e lo Stato devono svolgere.471 La famiglia, soggetto titolare di diritti inviolabili, trova la sua legittimazione nella natura umana e non nel riconoscimento dello Stato. Essa non �, quindi, per la societ� e per lo Stato, bens� la societ� e lo Stato sono per la famiglia.

Ogni modello sociale che intenda servire il bene dell'uomo non pu� prescindere dalla centralit� e dalla responsabilit� sociale della famiglia. La societ� e lo Stato, nelle loro relazioni con la famiglia, hanno invece l'obbligo di attenersi al principio di sussidiariet�. In forza di tale principio, le autorit� pubbliche non devono sottrarre alla famiglia quei compiti che essa pu� svolgere bene da sola o liberamente associata con altre famiglie; d'altra parte, le stesse autorit� hanno il dovere di sostenere la famiglia assicurandole tutti gli aiuti di cui essa ha bisogno per assumere in modo adeguato tutte le sue responsabilit�.472

II. IL MATRIMONIO FONDAMENTO DELLA FAMIGLIA

a) Il valore del matrimonio

215 La famiglia ha il suo fondamento nella libera volont� dei coniugi di unirsi in matrimonio, nel rispetto dei significati e dei valori propri di questo istituto, che non dipende dall'uomo, ma da Dio stesso: � questo vincolo sacro in vista del bene sia dei coniugi e della prole che della societ� non dipende dall'arbitrio umano. Infatti � Dio stesso l'autore del matrimonio, dotato di molteplici valori e fini �.473 L'istituto del matrimonio � � intima comunione coniugale di vita e d'amore, fondata dal Creatore e dotata di leggi proprie � 474 � non � dunque una creazione dovuta a convenzioni umane e ad imposizioni legislative, ma deve la sua stabilit� all'ordinamento divino.475 � un istituto che nasce, anche per la societ�, � dall'atto umano col quale i coniugi vicendevolmente si danno e si ricevono � 476 e si fonda sulla stessa natura dell'amore coniugale che, in quanto dono totale ed esclusivo, da persona a persona, comporta un impegno definitivo espresso con il consenso reciproco, irrevocabile e pubblico.477 Tale impegno comporta che i rapporti tra i membri della famiglia siano improntati anche al senso della giustizia e, quindi, al rispetto dei reciproci diritti e doveri.

216 Nessun potere pu� abolire il diritto naturale al matrimonio n� modificarne i caratteri e la finalit�. Il matrimonio, infatti, � dotato di caratteristiche proprie, originarie e permanenti. Nonostante i numerosi mutamenti verificatisi nel corso dei secoli nelle varie culture, strutture sociali e attitudini spirituali, in tutte le culture esiste un certo senso della dignit� dell'unione matrimoniale, sebbene non traspaia ovunque con la stessa chiarezza.478 Tale dignit� va rispettata nelle sue caratteristiche specifiche, che esigono di essere salvaguardate di fronte ad ogni tentativo di stravolgimento. La societ� non pu� disporre del legame matrimoniale, con il quale i due sposi si promettono fedelt�, assistenza e accoglienza dei figli, ma � abilitata a disciplinarne gli effetti civili.

217 Il matrimonio ha come suoi tratti caratteristici: la totalit�, per cui i coniugi si donano reciprocamente in tutte le componenti della persona, fisiche e spirituali; l'unit� che li rende � una sola carne � (Gen 2,24); l'indissolubilit� e la fedelt� che la donazione reciproca e definitiva comporta; la fecondit� a cui essa naturalmente si apre.479 Il sapiente disegno di Dio sul matrimonio � disegno accessibile alla ragione umana, nonostante le difficolt� dovute alla durezza del cuore (cfr. Mt 19,8; Mc 10,5) � non pu� essere valutato esclusivamente alla luce dei comportamenti di fatto e delle situazioni concrete che se ne discostano. � una negazione radicale del disegno originale di Dio la poligamia, � perch� � contraria alla pari dignit� personale dell'uomo e della donna, che nel matrimonio si donano con un amore totale e perci� stesso unico ed esclusivo �.480

218 Il matrimonio, nella sua verit� � oggettiva �, � ordinato alla procreazione e all'educazione dei figli.481 L'unione matrimoniale, infatti, fa vivere in pienezza quel dono sincero di s�, il cui frutto sono i figli, a loro volta dono per i genitori, per l'intera famiglia e per tutta la societ�.482 Il matrimonio, tuttavia, non � stato istituito unicamente in vista della procreazione: 483 il suo carattere indissolubile e il suo valore di comunione permangono anche quando i figli, pur vivamente desiderati, non giungono a completare la vita coniugale. Gli sposi, in questo caso, � possono mostrare la loro generosit� adottando bambini abbandonati oppure compiendo servizi significativi a favore del prossimo �.484

b) Il sacramento del matrimonio

219 La realt� umana e originaria del matrimonio � vissuta dai battezzati, per istituzione di Cristo, nella forma soprannaturale del sacramento, segno e strumento di Grazia. La storia della salvezza � percorsa dal tema dell'alleanza sponsale, significativa espressione della comunione d'amore tra Dio e gli uomini e chiave simbolica per comprendere le tappe della grande alleanza tra Dio e il Suo popolo.485 Il centro della rivelazione del progetto d'amore divino � il dono che Dio fa all'umanit� del Figlio Suo Ges� Cristo, � lo Sposo che ama e si dona come Salvatore all'umanit�, unendola a S� come suo corpo. Egli rivela la verit� originaria del matrimonio, la verit� del �principio� (cfr. Gen 2,24; Mt 19,5) e, liberando l'uomo dalla durezza del cuore, lo rende capace di realizzarla interamente �.486 Dall'amore sponsale di Cristo per la Chiesa, che mostra la sua pienezza nell'offerta consumata sulla Croce, discende la sacramentalit� del matrimonio, la cui Grazia conforma l'amore degli sposi all'Amore di Cristo per la Chiesa. Il matrimonio, in quanto sacramento, � un'alleanza di un uomo e una donna nell'amore.487

220 Il sacramento del matrimonio assume la realt� umana dell'amore coniugale in tutte le implicazioni e � abilita e impegna i coniugi e i genitori cristiani a vivere la loro vocazione di laici, e pertanto a �cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio� �.488 Intimamente unita alla Chiesa in forza del vincolo sacramentale che la rende Chiesa domestica o piccola Chiesa, la famiglia cristiana � chiamata � ad essere segno di unit� per il mondo e ad esercitare in tal modo il suo ruolo profetico testimoniando il Regno e la pace di Cristo, verso cui il mondo intero � in cammino �.489

La carit� coniugale, che sgorga dalla carit� stessa di Cristo, offerta attraverso il Sacramento, rende i coniugi cristiani testimoni di una socialit� nuova, ispirata al Vangelo e al Mistero pasquale. La dimensione naturale del loro amore viene costantemente purificata, consolidata ed elevata dalla grazia sacramentale. In questo modo, i coniugi cristiani, oltre ad aiutarsi reciprocamente nel cammino di santificazione, diventano segno e strumento della carit� di Cristo nel mondo. Con la loro stessa vita essi sono chiamati ad essere testimoni e annunciatori del significato religioso del matrimonio, che la societ� attuale fa sempre pi� fatica a riconoscere, specialmente quando accoglie visioni relativistiche anche dello stesso fondamento naturale dell'istituto matrimoniale.

III. LA SOGGETTIVIT� SOCIALE DELLA FAMIGLIA

a) L'amore e la formazione di una comunit� di persone

221 La famiglia si propone come spazio di quella comunione, tanto necessaria in una societ� sempre pi� individualistica, nel quale far crescere un'autentica comunit� di persone 490 grazie all'incessante dinamismo dell'amore, che � la dimensione fondamentale dell'esperienza umana e che trova proprio nella famiglia un luogo privilegiato per manifestarsi: � L'amore fa s� che l'uomo si realizzi attraverso il dono sincero di s�: amare significa dare e ricevere quanto non si pu� n� comperare n� vendere, ma solo liberamente e reciprocamente elargire �.491

Grazie all'amore, realt� essenziale per definire il matrimonio e la famiglia, ogni persona, uomo e donna, � riconosciuta, accolta e rispettata nella sua dignit�. Dall'amore nascono rapporti vissuti all'insegna della gratuit�, la quale � rispettando e favorendo in tutti e in ciascuno la dignit� personale come unico titolo di valore, diventa accoglienza cordiale, incontro e dialogo, disponibilit� disinteressata, servizio generoso, solidariet� profonda �.492 L'esistenza di famiglie che vivono in tale spirito mette a nudo le carenze e le contraddizioni di una societ� orientata prevalentemente, se non esclusivamente, da criteri di efficienza e funzionalit�. La famiglia, che vive costruendo ogni giorno una rete di rapporti interpersonali, interni ed esterni, si pone invece come � prima e insostituibile scuola di socialit�, esempio e stimolo per i pi� ampi rapporti comunitari all'insegna del rispetto, della giustizia, del dialogo, dell'amore �.493

222 L'amore si esprime anche mediante una premurosa attenzione verso gli anziani che vivono nella famiglia: la loro presenza pu� assumere un grande valore. Essi sono un esempio di collegamento tra le generazioni, una risorsa per il benessere della famiglia e dell'intera societ�: � Non solo possono rendere testimonianza del fatto che vi sono aspetti della vita, come i valori umani e culturali, morali e sociali, che non si misurano in termini economici o di funzionalit�, ma offrire anche un contributo efficace nell'ambito lavorativo e in quello della responsabilit�. Si tratta, infine, non solo di fare qualcosa per gli anziani, ma anche di accettare queste persone come collaboratori responsabili, con modalit� che rendano ci� veramente possibile, come agenti di progetti condivisi, in fase sia di programmazione, sia di dialogo o di attuazione �.494 Come dice la Sacra Scrittura, le persone � nella vecchiaia daranno ancora frutti � (Sal 92,15). Gli anziani costituiscono un'importante scuola di vita, capace di trasmettere valori e tradizioni e di favorire la crescita dei pi� giovani, i quali imparano cos� a ricercare non soltanto il proprio bene, ma anche quello altrui. Se gli anziani si trovano in una situazione di sofferenza e dipendenza, non solo hanno bisogno di cure sanitarie e di un'assistenza appropriata, ma, soprattutto, di essere trattati con amore.

223 L'essere umano � fatto per amare e senza amore non pu� vivere. Quando si manifesta nel dono totale di due persone nella loro complementarit�, l'amore non pu� essere ridotto alle emozioni e ai sentimenti, n�, tanto meno, alla sua sola espressione sessuale. Una societ� che tende sempre pi� a relativizzare e a banalizzare l'esperienza dell'amore e della sessualit� esalta gli aspetti effimeri della vita e ne oscura i valori fondamentali: diventa quanto mai urgente annunciare e testimoniare che la verit� dell'amore e della sessualit� coniugale esiste l� dove si realizza un dono pieno e totale delle persone con le caratteristiche dell'unit� e della fedelt�.495 Tale verit�, fonte di gioia, di speranza e di vita, rimane impenetrabile e irraggiungibile fintanto che si rimane chiusi nel relativismo e nello scetticismo.

224 Di fronte alle teorie che considerano l'identit� di genere soltanto come prodotto culturale e sociale derivante dall'interazione tra la comunit� e l'individuo, prescindendo dall'identit� sessuale personale e senza alcun riferimento al vero significato della sessualit�, la Chiesa non si stancher� di ribadire il proprio insegnamento: � Spetta a ciascuno, uomo o donna, riconoscere ed accettare la propria identit� sessuale. La differenza e la complementarit� fisiche, morali e spirituali sono orientate al bene del matrimonio e allo sviluppo della vita familiare. L'armonia della coppia e della societ� dipende in parte dal modo in cui si vivono tra i sessi la complementarit�, il bisogno vicendevole e il reciproco aiuto �.496 � questa una prospettiva che fa considerare doverosa la conformazione del diritto positivo alla legge naturale, secondo la quale l'identit� sessuale � indisponibile, perch� � la condizione oggettiva per formare una coppia nel matrimonio.

225 La natura dell'amore coniugale esige la stabilit� del rapporto matrimoniale e la sua indissolubilit�. La mancanza di questi requisiti pregiudica il rapporto di amore esclusivo e totale proprio del vincolo matrimoniale, con gravi sofferenze per i figli e con risvolti dannosi anche nel tessuto sociale.

La stabilit� e l'indissolubilit� dell'unione matrimoniale non devono essere affidate esclusivamente all'intenzione e all'impegno delle singole persone coinvolte: la responsabilit� della tutela e della promozione della famiglia come fondamentale istituzione naturale, proprio in considerazione dei suoi vitali e irrinunciabili aspetti, compete piuttosto all'intera societ�. La necessit� di conferire un carattere istituzionale al matrimonio, fondandolo su un atto pubblico, socialmente e giuridicamente riconosciuto, deriva da basilari esigenze di natura sociale.

L'introduzione del divorzio nelle legislazioni civili ha alimentato una visione relativistica del legame coniugale e si � ampiamente manifestata come una � vera piaga sociale �.497 Le coppie che conservano e sviluppano i beni della stabilit� e dell'indissolubilit� � assolvono ... in modo umile e coraggioso, il compito loro affidato di essere nel mondo un �segno� � un piccolo e prezioso segno, talvolta sottoposto anche a tentazione, ma sempre rinnovato � dell'instancabile fedelt� con cui Dio e Ges� Cristo amano tutti gli uomini e ogni uomo �.498

226 La Chiesa non abbandona a se stessi coloro che, dopo un divorzio, si sono risposati. La Chiesa prega per loro, li incoraggia nelle difficolt� di ordine spirituale che incontrano e li sostiene nella fede e nella speranza. Da parte loro queste persone, in quanto battezzate, possono e anzi devono partecipare alla vita ecclesiale: sono esortate ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carit� e alle iniziative della comunit� in favore della giustizia e della pace, a educare i figli nella fede, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare cos�, di giorno in giorno, la grazia di Dio.

La riconciliazione nel sacramento della penitenza � che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico � pu� essere accordata solo a coloro che, pentiti, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non pi� in contraddizione con l'indissolubilit� del matrimonio.499

Agendo in tal modo, la Chiesa professa la propria fedelt� a Cristo e alla Sua verit�; nello stesso tempo si comporta con animo materno verso questi suoi figli, specialmente verso coloro che, senza loro colpa, sono stati abbandonati dal loro coniuge legittimo. Con ferma fiducia essa crede che anche quanti si sono allontanati dal comandamento del Signore, ed in tale stato tuttora vivono, potranno ottenere da Dio la grazia della conversione e della salvezza, se avranno perseverato nella preghiera, nella penitenza e nella carit�.500

227 Le unioni di fatto, il cui numero � progressivamente aumentato, si basano su una falsa concezione della libert� di scelta degli individui 501 e su un'impostazione del tutto privatistica del matrimonio e della famiglia. Il matrimonio non � un semplice patto di convivenza, bens� un rapporto con una dimensione sociale unica rispetto a tutte le altre, in quanto la famiglia, provvedendo alla cura e all'educazione dei figli, si configura come strumento primario per la crescita integrale di ogni persona e per il suo positivo inserimento nella vita sociale.

L'eventuale equiparazione legislativa tra la famiglia e le � unioni di fatto � si tradurrebbe in un discredito del modello di famiglia, che non si pu� realizzare in una precaria relazione tra persone,502 ma solo in un'unione permanente originata da un matrimonio, ovvero dal patto tra un uomo e una donna, fondato su una reciproca e libera scelta che implica la piena comunione coniugale orientata verso la procreazione.

228 Un problema particolare collegato alle unioni di fatto � quello riguardante la richiesta di riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali, sempre pi� oggetto di pubblico dibattito. Soltanto un'antropologia rispondente alla piena verit� dell'uomo pu� dare una risposta appropriata al problema, che presenta diversi aspetti sia sul piano sociale che ecclesiale.503 Alla luce di tale antropologia si rivela � quanto sia incongrua la pretesa di attribuire una realt� �coniugale� all'unione fra persone dello stesso sesso. Vi si oppone, innanzi tutto, l'oggettiva impossibilit� di far fruttificare il connubio mediante la trasmissione della vita, secondo il progetto inscritto da Dio nella stessa struttura dell'essere umano. � di ostacolo, inoltre, l'assenza dei presupposti per quella complementarit� interpersonale che il Creatore ha voluto, tanto sul piano fisico-biologico quanto su quello eminentemente psicologico, tra il maschio e la femmina. � soltanto nell'unione fra due persone sessualmente diverse che pu� attuarsi il perfezionamento del singolo, in una sintesi di unit� e di mutuo completamento psico-fisico �.504

La persona omosessuale deve essere pienamente rispettata nella sua dignit� 505 e incoraggiata a seguire il piano di Dio con un impegno particolare nell'esercizio della castit�.506 Il doveroso rispetto non significa legittimazione di comportamenti non conformi alla legge morale n�, tanto meno, il riconoscimento di un diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso, con la conseguente equiparazione della loro unione alla famiglia: 507 � Se dal punto di vista legale il matrimonio tra due persone di sesso diverso fosse solo considerato come uno dei matrimoni possibili, il concetto di matrimonio subirebbe un cambiamento radicale, con grave detrimento del bene comune. Mettendo l'unione omosessuale su un piano giuridico analogo a quello del matrimonio o della famiglia, lo Stato agisce arbitrariamente ed entra in contraddizione con i propri doveri �.508

229 La solidit� del nucleo familiare � una risorsa determinante per la qualit� della convivenza sociale, perci� la comunit� civile non pu� restare indifferente di fronte alle tendenze disgregatrici che minano alla base i suoi stessi pilastri portanti. Se una legislazione pu� talvolta tollerare comportamenti moralmente inaccettabili,509 non deve mai indebolire il riconoscimento del matrimonio monogamico indissolubile quale unica forma autentica della famiglia. � pertanto necessario che le pubbliche autorit�, � resistendo a queste tendenze disgregatrici della stessa societ� e dannose per la dignit�, sicurezza e benessere dei singoli cittadini, si adoperino perch� l'opinione pubblica non sia indotta a sottovalutare l'importanza istituzionale del matrimonio e della famiglia �.510

� compito della comunit� cristiana e di tutti coloro che hanno a cuore il bene della societ� riaffermare che � la famiglia costituisce, pi� ancora di un mero nucleo giuridico, sociale ed economico, una comunit� di amore e di solidariet� che � in modo unico adatta ad insegnare e a trasmettere valori culturali, etici, sociali, spirituali e religiosi, essenziali per lo sviluppo e il benessere dei propri membri e della societ� �.511

b) La famiglia � il santuario della vita

230 L'amore coniugale � per sua natura aperto all'accoglienza della vita.512 Nel compito procreativo si rivela in modo eminente la dignit� dell'essere umano, chiamato a farsi interprete della bont� e della fecondit� che discendono da Dio: � La paternit� e la maternit� umane, pur essendo biologicamente simili a quelle di altri esseri in natura, hanno in s� in modo essenziale ed esclusivo una �somiglianza� con Dio, sulla quale si fonda la famiglia, intesa come comunit� di vita umana, come comunit� di persone unite nell'amore (communio personarum) �.513

La procreazione esprime la soggettivit� sociale della famiglia ed avvia un dinamismo di amore e di solidariet� tra le generazioni che sta alla base della societ�. Occorre riscoprire il valore sociale di particella del bene comune insito in ogni nuovo essere umano: ogni bambino � fa di s� un dono ai fratelli, alle sorelle, ai genitori, all'intera famiglia. La sua vita diventa dono per gli stessi donatori della vita, i quali non potranno non sentire la presenza del figlio, la sua partecipazione alla loro esistenza, il suo apporto al bene comune loro e della comunit� familiare �.514

231 La famiglia fondata sul matrimonio � davvero il santuario della vita, � il luogo in cui la vita, dono di Dio, pu� essere adeguatamente accolta e protetta contro i molteplici attacchi a cui � esposta, e pu� svilupparsi secondo le esigenze di un'autentica crescita umana �.515 Determinante e insostituibile � il ruolo della famiglia per la promozione e la costruzione della cultura della vita 516 contro il diffondersi di una � �anti-civilt�� distruttiva, com'� confermato oggi da tante tendenze e situazioni di fatto �.517

Le famiglie cristiane, in forza del sacramento ricevuto, hanno la peculiare missione di essere testimoni e annunciatrici del Vangelo della vita. � un impegno che assume nella societ� il valore di vera e coraggiosa profezia. � per questo motivo che � servire il Vangelo della vita comporta che le famiglie, specie partecipando ad apposite associazioni, si adoperino affinch� le leggi e le istituzioni dello Stato non ledano in nessun modo il diritto alla vita, dal concepimento alla morte naturale, ma lo difendano e lo promuovano �.518

232 La famiglia contribuisce in modo eminente al bene sociale mediante la paternit� e la maternit� responsabili, forme peculiari della speciale partecipazione dei coniugi all'opera creatrice di Dio.519 L'onere di una simile responsabilit� non pu� essere invocato per giustificare chiusure egoistiche, ma deve guidare le scelte dei coniugi verso una generosa accoglienza della vita: � In rapporto alle condizioni fisiche, economiche, psicologiche e sociali, la paternit� responsabile si esercita, sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente od anche a tempo indeterminato una nuova nascita �.520 Le motivazioni che devono guidare gli sposi nell'esercizio responsabile della paternit� e della maternit� derivano dal pieno riconoscimento dei propri doveri verso Dio, verso se stessi, verso la famiglia e verso la societ�, in una giusta gerarchia di valori.

233 Circa i � mezzi � per attuare la procreazione responsabile, vanno anzitutto rifiutati come moralmente illeciti sia la sterilizzazione sia l'aborto.521 Quest'ultimo, in particolare, � un abominevole delitto e costituisce sempre un disordine morale particolarmente grave; 522 lungi dall'essere un diritto, � piuttosto un triste fenomeno che contribuisce gravemente alla diffusione di una mentalit� contro la vita, minacciando pericolosamente una giusta e democratica convivenza sociale.523

Va pure rifiutato il ricorso ai mezzi contraccettivi nelle loro diverse forme: 524 tale rifiuto si fonda su una corretta e integrale concezione della persona e della sessualit� umana 525 ed ha il valore di un'istanza morale a difesa del vero sviluppo dei popoli.526 Le stesse ragioni di ordine antropologico giustificano, invece, come lecito il ricorso all'astinenza periodica nei periodi di fertilit� femminile.527 Rifiutare la contraccezione e ricorrere ai metodi naturali di regolazione della natalit� significa scegliere di impostare i rapporti interpersonali tra coniugi sul reciproco rispetto e sulla totale accoglienza, con positivi riflessi anche per la realizzazione di un ordine sociale pi� umano.

234 Il giudizio circa l'intervallo tra le nascite e il numero dei figli da procreare spetta soltanto agli sposi. � questo un loro diritto inalienabile, da esercitare davanti a Dio, considerando i doveri verso se stessi, verso i figli gi� nati, la famiglia e la societ�.528 L'intervento dei pubblici poteri, nell'ambito delle loro competenze, per la diffusione di un'appropriata informazione e l'adozione di opportune misure in campo demografico, deve essere compiuto nel rispetto delle persone e della libert� delle coppie: non pu� mai sostituirsi alle loro scelte; 529 tanto meno lo possono fare le varie organizzazioni operanti in questo settore.

Sono moralmente condannabili come attentati alla dignit� della persona e della famiglia tutti i programmi di aiuto economico destinati a finanziare campagne di sterilizzazione e di contraccezione o subordinati all'accettazione di tali campagne. La soluzione delle questioni connesse alla crescita demografica deve essere piuttosto perseguita nel simultaneo rispetto sia della morale sessuale sia di quella sociale, promuovendo una maggiore giustizia e autentica solidariet� per dare ovunque dignit� alla vita a cominciare dalle condizioni economiche, sociali e culturali.

235 Il desiderio di maternit� e paternit� non giustifica alcun � diritto al figlio �, mentre invece sono evidenti i diritti del nascituro, al quale devono essere garantite condizioni ottimali di esistenza, mediante la stabilit� della famiglia fondata sul matrimonio e la complementarit� delle due figure, paterna e materna.530 Il rapido sviluppo della ricerca e delle sue applicazioni tecniche nella sfera della riproduzione pone nuove e delicate questioni che chiamano in causa la societ� e le norme che regolano la convivenza umana.

Occorre ribadire che non sono moralmente accettabili tutte le tecniche riproduttive � quali la donazione di sperma o di ovocita; la maternit� sostitutiva; la fecondazione artificiale eterologa � che prevedono il ricorso all'utero o a gameti di persone estranee alla coppia coniugale, ledendo il diritto del figlio a nascere da un padre e da una madre che siano tali dal punto di vista sia biologico sia giuridico, oppure separano l'atto unitivo da quello procreativo ricorrendo a tecniche di laboratorio, quali l'inseminazione e la fecondazione artificiale omologa, cos� che il figlio appare come il risultato di un atto tecnico pi� che come il naturale frutto dell'atto umano di piena e totale donazione dei coniugi.531 Evitare il ricorso alle diverse forme di cosiddetta procreazione assistita, sostitutiva dell'atto coniugale, significa rispettare � sia nei genitori sia nei figli che essi intendono generare � l'integrale dignit� della persona umana.532 Sono leciti, invece, i mezzi che si configurano come aiuto all'atto coniugale o al raggiungimento dei suoi effetti.533

236 Una questione di particolare rilevanza sociale e culturale, per le molteplici e gravi implicazioni morali che presenta, � quella riferita alla clonazione umana, termine che di per s�, in senso generico, significa riproduzione di una entit� biologica geneticamente identica a quella di origine. Essa ha assunto, nel pensiero e nella prassi sperimentale, diversi significati, che suppongono, a loro volta, procedimenti diversi dal punto di vista delle modalit� tecniche di realizzazione, nonch� finalit� differenti. Pu� significare la semplice replicazione in laboratorio di cellule o di porzioni di DNA. Ma specificamente oggi si intende la riproduzione di individui, allo stadio embrionale con modalit� diverse dalla fecondazione naturale e in modo che siano geneticamente identici con l'individuo da cui traggono origine. Questo tipo di clonazione pu� avere la finalit� riproduttiva di embrioni umani o quella cosiddetta terapeutica, tendente ad utilizzare tali embrioni per fini di ricerca scientifica o pi� specificamente per la produzione di cellule staminali.

Dal punto di vista etico la semplice replicazione di cellule normali o di porzioni di DNA non presenta problemi etici particolari. Ben diverso � il giudizio del Magistero sulla clonazione propriamente detta. � contraria alla dignit� della procreazione umana perch� si realizza in assenza totale dell'atto di amore personale tra gli sposi, essendo una riproduzione agamica e asessuale.534 In secondo luogo, questo tipo di riproduzione rappresenta una forma di dominio totale sull'individuo riprodotto da parte di chi lo riproduce.535 Il fatto che venga attuata la clonazione per riprodurre embrioni da cui prelevare cellule che possono essere usate per la terapia non attenua la gravit� morale, anche perch� per prelevare tali cellule l'embrione deve essere prima prodotto e poi soppresso.536

237 I genitori, quali ministri della vita, non devono mai dimenticare che la dimensione spirituale della procreazione merita una considerazione superiore a quella riservata a qualsiasi altro aspetto: � La paternit� e la maternit� rappresentano un compito di natura non semplicemente fisica, ma spirituale; attraverso di esse, infatti, passa la genealogia della persona, che ha il suo eterno inizio in Dio e che a Lui deve condurre �.537 Accogliendo la vita umana nella unitariet� delle sue dimensioni, fisiche e spirituali, le famiglie contribuiscono alla � comunione delle generazioni � e danno in questo modo un essenziale e insostituibile contributo allo sviluppo della societ�. Per questa ragione, � la famiglia ha diritto all'assistenza da parte della societ� per quanto concerne i suoi compiti circa la procreazione e l'educazione dei figli. Le coppie sposate, aventi una famiglia numerosa, hanno diritto a un adeguato aiuto e non devono essere sottoposte a discriminazione �.538

c) Il compito educativo

238 Con l'opera educativa, la famiglia forma l'uomo alla pienezza della sua dignit� secondo tutte le sue dimensioni, compresa quella sociale. La famiglia, infatti, costituisce � una comunit� di amore e di solidariet� che � in modo unico adatta ad insegnare e a trasmettere valori culturali, etici, sociali, spirituali e religiosi, essenziali per lo sviluppo e il benessere dei propri membri e della societ� �.539 Esercitando la sua missione educativa, la famiglia contribuisce al bene comune e costituisce la prima scuola di virt� sociali, di cui tutte le societ� hanno bisogno.540 Le persone sono aiutate in famiglia a crescere nella libert� e nella responsabilit�, premesse indispensabili per l'assunzione di qualsiasi compito nella societ�. Con l'educazione, inoltre, vengono comunicati, per essere assimilati e fatti propri da ciascuno, alcuni valori fondamentali, necessari per essere cittadini liberi, onesti e responsabili.541

239 La famiglia ha un ruolo del tutto originale e insostituibile nell'educazione dei figli.542 L'amore dei genitori, mettendosi al servizio dei figli per aiutarli a trarre da loro (� e-ducere �) il meglio di s�, trova la sua piena realizzazione proprio nel compito educativo: � l'amore dei genitori da sorgente diventa anima e pertanto norma, che ispira e guida tutta l'azione educativa concreta, arricchendola di quei valori di dolcezza, costanza, bont�, servizio, disinteresse, spirito di sacrificio, che sono il pi� prezioso frutto dell'amore �.543

Il diritto-dovere dei genitori di educare la prole si qualifica � come essenziale, connesso com'� con la trasmissione della vita umana; come originale e primario, rispetto al compito educativo di altri, per l'unicit� del rapporto d'amore che sussiste tra genitori e figli; come insostituibile ed inalienabile, e ... pertanto non pu� essere totalmente delegato ad altri, n� da altri usurpato �.544 I genitori hanno il diritto-dovere di impartire un'educazione religiosa e una formazione morale ai loro figli: 545 diritto che non pu� essere cancellato dallo Stato, ma rispettato e promosso; dovere primario, che la famiglia non pu� trascurare o delegare.

240 I genitori sono i primi, ma non gli unici, educatori dei lori figli. Spetta a loro, dunque, esercitare con senso di responsabilit� l'opera educativa in stretta e vigile collaborazione con gli organismi civili ed ecclesiali: � la stessa dimensione comunitaria, civile ed ecclesiale, dell'uomo esige e conduce ad un'opera pi� ampia ed articolata, che sia il frutto della collaborazione ordinata delle diverse forze educative. Queste forze sono tutte necessarie, anche se ciascuna pu� e deve intervenire con una sua competenza e con un suo contributo propri �.546 I genitori hanno il diritto di scegliere gli strumenti formativi rispondenti alle proprie convinzioni e di cercare i mezzi che possano aiutarli nel loro compito di educatori, anche nell'ambito spirituale e religioso. Le autorit� pubbliche hanno il dovere di garantire tale diritto e di assicurare le condizioni concrete che ne consentono l'esercizio.547 In tale contesto si pone anzitutto il tema della collaborazione tra famiglia e istituzione scolastica.

241 I genitori hanno il diritto di fondare e sostenere istituzioni educative. Le autorit� pubbliche devono far s� che � i pubblici sussidi siano stanziati in maniera che i genitori siano veramente liberi nell'esercitare questo diritto, senza andare incontro ad oneri ingiusti. Non si devono costringere i genitori a sostenere, direttamente o indirettamente, spese supplementari, che impediscano o limitino ingiustamente l'esercizio di questa libert� �.548 � da considerarsi un'ingiustizia il rifiuto di sostegno economico pubblico alle scuole non statali che ne abbiano necessit� e rendano un servizio alla societ� civile: � Quando lo Stato rivendica a s� il monopolio scolastico, oltrepassa i suoi diritti e offende la giustizia... Lo Stato non pu�, senza commettere un'ingiustizia, accontentarsi di tollerare le scuole cosiddette private. Queste rendono un servizio pubblico e, di conseguenza, hanno il diritto di essere aiutate economicamente �.549

242 La famiglia ha la responsabilit� di offrire un'educazione integrale. Ogni vera educazione, infatti, deve promuovere � la formazione della persona umana in vista del suo fine ultimo, e contemporaneamente per il bene della societ� di cui l'uomo � membro e alle cui responsabilit�, divenuto adulto, avr� parte �.550 L'integralit� � assicurata quando i figli � con la testimonianza di vita e con la parola � vengono educati al dialogo, all'incontro, alla socialit�, alla legalit�, alla solidariet� e alla pace, mediante la coltivazione delle virt� fondamentali della giustizia e della carit�.551

Nell'educazione dei figli, il ruolo materno e quello paterno sono ugualmente necessari.552 I genitori devono, quindi, operare congiuntamente. L'autorit� sar� da loro esercitata con rispetto e delicatezza, ma anche con fermezza e vigore: essa deve essere credibile, coerente, saggia e sempre orientata verso il bene integrale dei figli.

243 I genitori hanno poi una particolare responsabilit� nella sfera dell'educazione sessuale. � di fondamentale importanza, per una crescita equilibrata, che i figli apprendano in modo ordinato e progressivo il significato della sessualit� e imparino ad apprezzare i valori umani e morali ad essa correlati: � Per gli stretti legami che intercorrono tra la dimensione sessuale della persona e i suoi valori etici, il compito educativo deve condurre i figli a conoscere e a stimare le norme morali come necessaria e preziosa garanzia per una responsabile crescita personale nella sessualit� umana �.553 I genitori sono tenuti a verificare le modalit� con cui viene attuata l'educazione sessuale nelle istituzioni educative, al fine di controllare che un tema cos� importante e delicato sia affrontato in modo appropriato.

d) Dignit� e diritti dei bambini

244 La dottrina sociale della Chiesa indica costantemente l'esigenza di rispettare la dignit� dei bambini: � Nella famiglia, comunit� di persone, deve essere riservata una specialissima attenzione al bambino, sviluppando una profonda stima per la sua dignit� personale, come pure un grande rispetto e un generoso servizio per i suoi diritti. Ci� vale di ogni bambino, ma acquista una singolare urgenza quanto pi� il bambino � piccolo e bisognoso di tutto, malato, sofferente o handicappato �.554

I diritti dei bambini devono essere protetti dagli ordinamenti giuridici. � necessario, innanzi tutto, il riconoscimento pubblico in tutti i Paesi del valore sociale dell'infanzia: � Nessun paese del mondo, nessun sistema politico pu� pensare al proprio avvenire se non attraverso l'immagine di queste nuove generazioni che dai loro genitori assumeranno il molteplice patrimonio dei valori, dei doveri e delle aspirazioni della nazione alla quale appartengono e di tutta la famiglia umana �.555 Il primo diritto del bambino � quello � a nascere in una vera famiglia �,556 un diritto il cui rispetto � sempre stato problematico e che oggi conosce nuove forme di violazione dovute allo sviluppo delle tecniche genetiche.

245 La situazione di una larga parte dei bambini nel mondo � lungi dall'essere soddisfacente, per la mancanza di condizioni che favoriscano il loro sviluppo integrale, malgrado l'esistenza di uno specifico strumento giuridico internazionale a tutela dei diritti del fanciullo,557 che impegna quasi tutti i membri della comunit� internazionale. Si tratta di condizioni connesse alla mancanza di servizi sanitari, di un'alimentazione adeguata, di possibilit� a ricevere un minimo di formazione scolastica e di una casa. Permangono insoluti, inoltre, alcuni gravissimi problemi: il traffico dei bambini, il lavoro minorile, il fenomeno dei � bambini di strada �, l'impiego di bambini in conflitti armati, il matrimonio delle bambine, l'utilizzo dei bambini per il commercio di materiale pornografico, anche tramite i pi� moderni e sofisticati strumenti di comunicazione sociale. � indispensabile combattere, a livello nazionale ed internazionale, le violazioni della dignit� dei bambini e delle bambine causate dallo sfruttamento sessuale, dalle persone dedite alla pedofilia e dalle violenze di ogni genere subite da queste persone umane pi� indifese.558 Si tratta di atti delittuosi che devono essere efficacemente combattuti, con adeguate misure preventive e penali, da una decisa azione delle diverse autorit�.

IV. LA FAMIGLIA PROTAGONISTA DELLA VITA SOCIALE

a) Solidariet� familiare

246 La soggettivit� sociale delle famiglie, sia singole che associate, si esprime anche con manifestazioni di solidariet� e di condivisione, non solo tra le famiglie stesse, ma pure mediante varie forme di partecipazione alla vita sociale e politica. Si tratta della conseguenza della realt� familiare fondata sull'amore: nascendo dall'amore e crescendo nell'amore, la solidariet� appartiene alla famiglia come dato costitutivo e strutturale.

� una solidariet� che pu� assumere il volto del servizio e dell'attenzione a quanti vivono nella povert� e nell'indigenza, agli orfani, agli handicappati, ai malati, agli anziani, a chi � nel lutto, a quanti sono nel dubbio, nella solitudine o nell'abbandono; una solidariet� che si apre all'accoglienza, all'affidamento o all'adozione; che sa farsi voce di ogni situazione di disagio presso le istituzioni, affinch� intervengano secondo le loro specifiche finalit�.

247 Le famiglie, lungi dall'essere solo oggetto dell'azione politica, possono e devono diventare soggetto di tale attivit�, adoperandosi � affinch� le leggi e le istituzioni dello Stato non solo non offendano, ma sostengano e difendano positivamente i diritti e i doveri della famiglia. In tal senso le famiglie devono crescere nella coscienza di essere �protagoniste� della cosiddetta �politica familiare� e assumersi la responsabilit� di trasformare la societ� �.559 A tale scopo va rafforzato l'associazionismo familiare: � Le famiglie hanno il diritto di formare associazioni con altre famiglie e istituzioni per svolgere il ruolo della famiglia in modo conveniente ed effettivo, come pure per proteggere i diritti, promuovere il bene e rappresentare gli interessi della famiglia. Sul piano economico, sociale, giuridico e culturale, deve essere riconosciuto il legittimo ruolo delle famiglie e delle associazioni familiari nella elaborazione e nell'attuazione dei programmi che interessano la vita della famiglia �.560

b) Famiglia, vita economica e lavoro

248 Il rapporto che intercorre tra la famiglia e la vita economica � particolarmente significativo. Da una parte, infatti, l'� eco-nomia � � nata dal lavoro domestico: la casa � stata per lungo tempo, e ancora � in molti luoghi � continua ad essere, unit� di produzione e centro di vita. Il dinamismo della vita economica, d'altra parte, si sviluppa con l'iniziativa delle persone e si realizza, secondo cerchi concentrici, in reti sempre pi� vaste di produzione e di scambio di beni e di servizi, che coinvolgono in misura crescente le famiglie. La famiglia, dunque, va considerata, a buon diritto, come una protagonista essenziale della vita economica, orientata non dalla logica del mercato, ma da quella della condivisione e della solidariet� tra le generazioni.

249 Un rapporto del tutto particolare lega la famiglia e il lavoro: � la famiglia costituisce uno dei pi� importanti termini di riferimento, secondo i quali deve essere formato l'ordine socio-etico del lavoro umano �.561 Tale rapporto affonda le sue radici nella relazione che intercorre tra la persona e il suo diritto a possedere il frutto del proprio lavoro e riguarda non solo il singolo come individuo, ma anche come membro di una famiglia, intesa quale � societ� domestica �.562

Il lavoro � essenziale in quanto rappresenta la condizione che rende possibile la fondazione di una famiglia, i cui mezzi di sussistenza si acquistano mediante il lavoro. Il lavoro condiziona anche il processo di sviluppo delle persone, poich� una famiglia colpita dalla disoccupazione rischia di non realizzare pienamente le sue finalit�.563

L'apporto che la famiglia pu� offrire alla realt� del lavoro � prezioso e, per molti versi, insostituibile. Si tratta di un contributo che si esprime sia in termini economici sia mediante le grandi risorse di solidariet� che la famiglia possiede e che costituiscono un importante appoggio per chi, al suo interno, si trova senza lavoro o � alla ricerca di un'occupazione. Soprattutto e pi� radicalmente, � un contributo che si realizza con l'educazione al senso del lavoro e tramite l'offerta di orientamenti e sostegni di fronte alle stesse scelte professionali.

250 Per tutelare questo rapporto tra famiglia e lavoro, un elemento da apprezzare e salvaguardare � il salario familiare, ossia un salario sufficiente a mantenere e a far vivere dignitosamente la famiglia.564 Tale salario deve permettere la realizzazione di un risparmio che favorisca l'acquisizione di qualche forma di propriet�, come garanzia di libert�: il diritto alla propriet� � strettamente legato all'esistenza delle famiglie, che si mettono al riparo dal bisogno anche grazie al risparmio e alla costituzione di una propriet� familiare.565 Vari possono essere i modi per dare concretezza al salario familiare. Concorrono a determinarlo alcuni importanti provvedimenti sociali, quali gli assegni familiari e altri contributi per le persone a carico, nonch� la remunerazione del lavoro casalingo di uno dei due genitori.566

251 Nel rapporto tra famiglia e lavoro, una speciale attenzione va riservata al lavoro della donna in famiglia, il cosiddetto lavoro di cura, che chiama in causa anche le responsabilit� dell'uomo come marito e come padre. Il lavoro di cura, a cominciare da quello della madre, proprio perch� finalizzato e dedicato al servizio della qualit� della vita, costituisce un tipo di attivit� lavorativa eminentemente personale e personalizzante, che deve essere socialmente riconosciuta e valorizzata,567 anche mediante un corrispettivo economico almeno pari a quello di altri lavori.568 Nello stesso tempo, occorre eliminare tutti gli ostacoli che impediscono agli sposi di esercitare liberamente la loro responsabilit� procreativa e, in particolare, quelli che costringono la donna a non svolgere pienamente le sue funzioni materne.569

V. LA SOCIET� A SERVIZIO DELLA FAMIGLIA

252 Il punto di partenza per un corretto e costruttivo rapporto tra la famiglia e la societ� � il riconoscimento della soggettivit� e della priorit� sociale della famiglia. Il loro intimo rapporto impone che � la societ� non venga mai meno al suo fondamentale compito di rispettare e di promuovere la famiglia stessa �.570 La societ� e, in particolare, le istituzioni statali � nel rispetto della priorit� e � antecedenza � della famiglia � sono chiamate a garantire e favorire la genuina identit� della vita familiare e a evitare e combattere tutto ci� che la altera e ferisce. Ci� richiede che l'azione politica e legislativa salvaguardi i valori della famiglia, dalla promozione dell'intimit� e della convivenza familiare, al rispetto della vita nascente, alla effettiva libert� di scelta nell'educazione dei figli. La societ� e lo Stato non possono, pertanto, n� assorbire, n� sostituire, n� ridurre la dimensione sociale della famiglia stessa; piuttosto devono onorarla, riconoscerla, rispettarla e promuoverla secondo il principio di sussidiariet�.571

253 Il servizio della societ� alla famiglia si concretizza nel riconoscimento, nel rispetto e nella promozione dei diritti della famiglia.572 Tutto ci� richiede la realizzazione di autentiche ed efficaci politiche familiari con interventi precisi in grado di affrontare i bisogni che derivano dai diritti della famiglia come tale. In tal senso, � necessario il prerequisito, essenziale e irrinunciabile, del riconoscimento � che comporta la tutela, la valorizzazione e la promozione � dell'identit� della famiglia, societ� naturale fondata sul matrimonio. Tale riconoscimento traccia una linea di demarcazione netta tra la famiglia propriamente intesa e le altre convivenze, che della famiglia � per loro natura � non possono meritare n� il nome n� lo statuto.

254 Il riconoscimento, da parte delle istituzioni civili e dello Stato, della priorit� della famiglia su ogni altra comunit� e sulla stessa realt� statuale, comporta il superamento delle concezioni meramente individualistiche e l'assunzione della dimensione familiare come prospettiva, culturale e politica, irrinunciabile nella considerazione delle persone. Ci� non si pone in alternativa, ma piuttosto a sostegno e tutela degli stessi diritti che le persone hanno singolarmente. Tale prospettiva rende possibile elaborare criteri normativi per una soluzione corretta dei diversi problemi sociali, poich� le persone non devono essere considerate solo singolarmente, ma anche in relazione ai nuclei familiari in cui sono inserite, dei cui valori specifici ed esigenze si deve tenere debito conto. 

   

CAPITOLO SESTO

IL LAVORO UMANO

I. ASPETTI BIBLICI

a) Il compito di coltivare e custodire la terra

255 L'Antico Testamento presenta Dio come Creatore onnipotente (cfr. Gen 2,2; Gb 38-41; Sal 104; Sal 147), che plasma l'uomo a Sua immagine, lo invita a lavorare la terra (cfr. Gen 2,5-6) e a custodire il giardino dell'Eden in cui lo ha posto (cfr. Gen 2,15). Alla prima coppia umana Dio affida il compito di soggiogare la terra e di dominare su ogni essere vivente (cfr. Gen 1,28). Il dominio dell'uomo sugli altri esseri viventi, tuttavia, non deve essere dispotico e dissennato; al contrario, egli deve � coltivare e custodire � (cfr. Gen 2,15) i beni creati da Dio: beni che l'uomo non ha creato, ma ha ricevuto come un dono prezioso posto dal Creatore sotto la sua responsabilit�. Coltivare la terra significa non abbandonarla a se stessa; esercitare il dominio su di essa � averne cura, cos� come un re saggio si prende cura del suo popolo e un pastore del suo gregge.

Nel disegno del Creatore, le realt� create, buone in se stesse, esistono in funzione dell'uomo. Lo stupore davanti al mistero della grandezza dell'uomo fa esclamare il salmista: � Che cosa � l'uomo perch� te ne ricordi e il figlio dell'uomo perch� te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi � (Sal 8,5-7).

256 Il lavoro appartiene alla condizione originaria dell'uomo e precede la sua caduta; non � perci� n� punizione n� maledizione. Esso diventa fatica e pena a causa del peccato di Adamo ed Eva, che spezzano il loro rapporto fiducioso ed armonioso con Dio (cfr. Gen 3,6-8). La proibizione di mangiare � dell'albero della conoscenza del bene e del male � (Gen 2,17) ricorda all'uomo che egli ha ricevuto tutto come dono e che continua ad essere una creatura e non il Creatore. Il peccato di Adamo ed Eva fu provocato proprio da questa tentazione: � diventereste come Dio � (Gen 3,5). Essi vollero avere il dominio assoluto su tutte le cose, senza sottomettersi alla volont� del Creatore. Da allora, il suolo si fa avaro, ingrato, sordamente ostile (cfr. Gen 4,12); solo con il sudore della fronte sar� possibile trarne alimento (cfr. Gen 3,17.19). Nonostante il peccato dei progenitori, tuttavia, il disegno del Creatore, il senso delle Sue creature e, tra queste, dell'uomo, chiamato ad essere coltivatore e custode del creato, rimangono inalterati.

257 Il lavoro va onorato perch� fonte di ricchezza o almeno di condizioni di vita decorose e, in genere, � strumento efficace contro la povert� (cfr. Pr 10,4), ma non si deve cedere alla tentazione di idolatrarlo, perch� in esso non si pu� trovare il senso ultimo e definitivo della vita. Il lavoro � essenziale, ma � Dio, non il lavoro, la fonte della vita e il fine dell'uomo. Il principio fondamentale della Sapienza, infatti, � il timore del Signore; l'esigenza della giustizia, che ne deriva, precede quella del guadagno: � Poco con il timore di Dio � meglio di un gran tesoro con l'inquietudine � (Pr 15,16); � Poco con onest� � meglio di molte rendite senza giustizia � (Pr 16,8).

258 Vertice dell'insegnamento biblico sul lavoro � il comandamento del riposo sabbatico. All'uomo, legato alla necessit� del lavoro, il riposo apre la prospettiva di una libert� pi� piena, quella del Sabato eterno (cfr. Eb 4,9-10). Il riposo consente agli uomini di ricordare e di rivivere le opere di Dio, dalla Creazione alla Redenzione, di riconoscersi essi stessi come opera Sua (cfr. Ef 2,10), di rendere grazie della propria vita e della propria sussistenza a Lui, che ne � l'autore.

La memoria e l'esperienza del sabato costituiscono un baluardo contro l'asservimento al lavoro, volontario o imposto, e contro ogni forma di sfruttamento, larvata o palese. Il riposo sabbatico, infatti, oltre che per consentire la partecipazione al culto di Dio, � stato istituito in difesa del povero; la sua � anche una funzione liberatoria dalle degenerazioni antisociali del lavoro umano. Tale riposo, che pu� durare anche un anno, comporta, infatti, un esproprio dei frutti della terra a favore dei poveri e la sospensione dei diritti di propriet� dei padroni del suolo: � Per sei anni seminerai la tua terra e ne raccoglierai il prodotto, ma nel settimo anno non la sfrutterai e la lascerai incolta: ne mangeranno gli indigenti del tuo popolo e ci� che lasceranno sar� divorato dalle bestie della campagna. Cos� farai per la tua vigna e per il tuo oliveto � (Es 23,10-11). Questa consuetudine risponde ad un'intuizione profonda: l'accumulazione di beni da parte di alcuni pu� diventare una sottrazione di beni ad altri.

b) Ges� uomo del lavoro

259 Nella Sua predicazione Ges� insegna ad apprezzare il lavoro. Egli stesso, � divenuto simile a noi in tutto, dedic� la maggior parte degli anni della sua vita sulla terra al lavoro manuale, presso un banco di carpentiere �,573 nella bottega di Giuseppe (cfr. Mt 13,55; Mc 6,3), al quale stava sottomesso (cfr. Lc 2,51). Ges� condanna il comportamento del servo fannullone, che nasconde sotto terra il talento (cfr. Mt 25,14-30) e loda il servo fidato e prudente che il padrone trova intento a svolgere le mansioni affidategli (cfr. Mt 24,46). Egli descrive la Sua stessa missione come un operare: � Il Padre mio opera sempre e anch'io opero � (Gv 5,17); e i Suoi discepoli come operai nella messe del Signore, che � l'umanit� da evangelizzare (cfr. Mt 9,37-38). Per questi operai vale il principio generale secondo cui � l'operaio � degno della sua mercede � (Lc 10,7); essi sono autorizzati a dimorare nelle case in cui sono accolti, a mangiare e a bere quello che viene loro offerto (cfr. ibidem).

260 Nella Sua predicazione Ges� insegna agli uomini a non lasciarsi asservire dal lavoro. Essi devono preoccuparsi prima di tutto della loro anima; guadagnare il mondo intero non � lo scopo della loro vita (cfr. Mc 8,36). I tesori della terra, infatti, si consumano, mentre i tesori del cielo sono imperituri: a questi si deve legare il proprio cuore (cfr. Mt 6,19-21). Il lavoro non deve affannare (cfr. Mt 6,25.31.34): preoccupato e agitato per molte cose, l'uomo rischia di trascurare il Regno di Dio e la Sua giustizia (cfr. Mt 6,33), di cui ha veramente bisogno; tutto il resto, compreso il lavoro, trova il suo posto, il suo senso e il suo valore solo se viene orientato a quest'unica cosa necessaria, che non sar� mai tolta (cfr. Lc 10,40-42).

261 Durante il Suo ministero terreno, Ges� lavora instancabilmente, compiendo opere potenti per liberare l'uomo dalla malattia, dalla sofferenza e dalla morte. Il sabato, che l'Antico Testamento aveva proposto come giorno di liberazione e che, osservato solo formalmente, veniva svuotato del suo autentico significato, � riaffermato da Ges� nel suo originario valore: � Il sabato � stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! � (Mc 2,27). Con le guarigioni, compiute in questo giorno di riposo (cfr. Mt 12,9-14; Mc 3,1-6; Lc 6,6-11; 13,10-17; 14,1-6), Egli vuole dimostrare che il sabato � Suo, perch� Egli � veramente il Figlio di Dio, e che � il giorno in cui ci si deve dedicare a Dio e agli altri. Liberare dal male, praticare fraternit� e condivisione � conferire al lavoro il suo significato pi� nobile, quello che permette all'umanit� di incamminarsi verso il Sabato eterno, nel quale il riposo diventa la festa cui l'uomo interiormente aspira. Proprio in quanto orienta l'umanit� a fare esperienza del sabato di Dio e della Sua vita conviviale, il lavoro inaugura sulla terra la nuova creazione.

262 L'attivit� umana di arricchimento e di trasformazione dell'universo pu� e deve far emergere le perfezioni in esso nascoste, che nel Verbo increato hanno il loro principio e il loro modello. Gli scritti paolini e giovannei, infatti, mettono in luce la dimensione trinitaria della creazione e, in particolare, il legame che intercorre tra il Figlio-Verbo, il � Logos �, e la creazione (cfr. Gv 1,3; 1 Cor 8,6; Col 1,15-17). Creato in Lui e per mezzo di Lui, redento da Lui, l'universo non � un ammasso casuale, ma un � cosmo �,574 il cui ordine l'uomo deve scoprire, assecondare e portare a compimento: � In Ges� Cristo il mondo visibile, creato da Dio per l'uomo � quel mondo che, essendovi entrato il peccato, �� stato sottomesso alla caducit�� (Rm 8,20; cfr. ibid., 8,19-22) � riacquista nuovamente il vincolo originario con la stessa sorgente divina della Sapienza e dell'Amore �.575 In tal modo, ossia mettendo in luce, in progressione crescente, � le imperscrutabili ricchezze di Cristo � (Ef 3,8) nella creazione, il lavoro umano si trasforma in un servizio reso alla grandezza di Dio.

263 Il lavoro rappresenta una dimensione fondamentale dell'esistenza umana come partecipazione non solo all'opera della creazione, ma anche della redenzione. Chi sopporta la penosa fatica del lavoro in unione con Ges�, in un certo senso, coopera con il Figlio di Dio alla Sua opera redentrice e si mostra discepolo di Cristo portando la Croce, ogni giorno, nell'attivit� che � chiamato a compiere. In questa prospettiva, il lavoro pu� essere considerato come un mezzo di santificazione e un'animazione delle realt� terrene nello Spirito di Cristo.576 Cos� raffigurato il lavoro � espressione della piena umanit� dell'uomo, nella sua condizione storica e nella sua orientazione escatologica: la sua azione libera e responsabile ne svela l'intima relazione con il Creatore ed il suo potenziale creativo, mentre ogni giorno combatte lo sfiguramento del peccato, anche guadagnandosi il pane con il sudore della fronte.

c) Il dovere di lavorare

264 La consapevolezza della transitoriet� della � scena di questo mondo � (cfr. 1 Cor 7,31) non esonera da alcun impegno storico, tanto meno dal lavoro (cfr. 2 Ts 3,7-15), che � parte integrante della condizione umana, pur non essendo l'unica ragione di vita. Nessun cristiano, per il fatto di appartenere ad una comunit� solidale e fraterna, deve sentirsi in diritto di non lavorare e di vivere a spese degli altri (cfr. 2 Ts 3,6-12); tutti, piuttosto, sono esortati dall'Apostolo Paolo a farsi � un punto di onore � nel lavorare con le proprie mani cos� da � non aver bisogno di nessuno � (1 Ts 4,11-12) e a praticare una solidariet� anche materiale, condividendo i frutti del lavoro con � chi si trova in necessit� � (Ef 4,28). San Giacomo difende i diritti conculcati dei lavoratori: � Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno mietuto le vostre terre grida; e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti � (Gc 5,4). I credenti devono vivere il lavoro con lo stile di Cristo e renderlo occasione di testimonianza cristiana � di fronte agli estranei � (1 Ts 4,12).

265 I Padri della Chiesa non considerano mai il lavoro come � opus servile � � tale era ritenuto, invece, nella cultura loro contemporanea -, ma sempre come � opus humanum �, e tendono ad onorarne tutte le espressioni. Mediante il lavoro, l'uomo governa con Dio il mondo, insieme a Lui ne � signore, e compie cose buone per s� e per gli altri. L'ozio nuoce all'essere dell'uomo, mentre l'attivit� giova al suo corpo e al suo spirito.577 Il cristiano � chiamato a lavorare non solo per procurarsi il pane, ma anche per sollecitudine verso il prossimo pi� povero, al quale il Signore comanda di dare da mangiare, da bere, da vestire, accoglienza, cura e compagnia (cfr. Mt 25,35-36).578 Ciascun lavoratore, afferma sant'Ambrogio, � la mano di Cristo che continua a creare e a fare del bene.579

266 Con il suo lavoro e la sua laboriosit�, l'uomo, partecipe dell'arte e della saggezza divina, rende pi� bello il creato, il cosmo gi� ordinato dal Padre; 580 suscita quelle energie sociali e comunitarie che alimentano il bene comune,581 a vantaggio soprattutto dei pi� bisognosi. Il lavoro umano, finalizzato alla carit�, diventa occasione di contemplazione, si trasforma in devota preghiera, in vigile ascesi e in trepida speranza del giorno senza tramonto: � In questa visione superiore, il lavoro, pena ed insieme premio dell'attivit� umana, comporta un altro rapporto, quello cio� essenzialmente religioso, che � stato felicemente espresso nella formula benedettina: �Ora et labora�! Il fatto religioso conferisce al lavoro umano una spiritualit� animatrice e redentrice. Tale parentela tra lavoro e religione riflette l'alleanza misteriosa, ma reale, che intercede tra l'agire umano e quello provvidenziale di Dio �.582

 

II. IL VALORE PROFETICO
DELLA � RERUM NOVARUM �

267 Il corso della storia � contrassegnato dalle profonde trasformazioni e dalle esaltanti conquiste del lavoro, ma anche dallo sfruttamento di tanti lavoratori e dalle offese alla loro dignit�. La rivoluzione industriale lanci� alla Chiesa una grande sfida, alla quale il Magistero sociale rispose con la forza della profezia, affermando principi di validit� universale e di perenne attualit�, a sostegno dell'uomo che lavora e dei suoi diritti.

Destinataria del messaggio della Chiesa era stata per secoli una societ� di tipo agricolo, caratterizzata da ritmi regolari e ciclici; ora il Vangelo si doveva annunciare e vivere in un nuovo areopago, nel tumulto degli eventi sociali di una societ� pi� dinamica, tenendo conto della complessit� dei nuovi fenomeni e delle impensabili trasformazioni rese possibili dalla tecnica. Al centro della sollecitudine pastorale della Chiesa si poneva sempre pi� urgentemente la questione operaia, ovvero il problema dello sfruttamento dei lavoratori, conseguente alla nuova organizzazione industriale del lavoro, di matrice capitalistica, e il problema, non meno grave, della strumentalizzazione ideologica, socialista e comunista, delle giuste rivendicazioni del mondo del lavoro. All'interno di questo orizzonte storico si collocano le riflessioni e gli ammonimenti dell'enciclica � Rerum novarum � di Leone XIII.

268 La � Rerum novarum � � innanzi tutto un'accorata difesa dell'inalienabile dignit� dei lavoratori, alla quale collega l'importanza del diritto di propriet�, del principio di collaborazione tra le classi, dei diritti dei deboli e dei poveri, degli obblighi dei lavoratori e dei datori di lavoro, del diritto di associazione.

Gli orientamenti ideali espressi nell'enciclica rafforzarono l'impegno di animazione cristiana della vita sociale, che si manifest� nella nascita e nel consolidamento di numerose iniziative di alto profilo civile: unioni e centri di studi sociali, associazioni, societ� operaie, sindacati, cooperative, banche rurali, assicurazioni, opere di assistenza. Tutto ci� diede un notevole impulso alla legislazione del lavoro per la protezione degli operai, soprattutto dei fanciulli e delle donne; all'istruzione e al miglioramento dei salari e dell'igiene.

269 A partire dalla � Rerum novarum �, la Chiesa non ha mai smesso di considerare i problemi del lavoro all'interno di una questione sociale che ha assunto progressivamente dimensioni mondiali.583 L'enciclica � Laborem exercens � arricchisce la visione personalista del lavoro caratteristica dei precedenti documenti sociali, indicando la necessit� di un approfondimento dei significati e dei compiti che il lavoro comporta, in considerazione del fatto che � sorgono sempre nuovi interrogativi e problemi, nascono sempre nuove speranze, ma anche timori e minacce connesse con questa fondamentale dimensione dell'umano esistere, con la quale la vita dell'uomo � costruita ogni giorno, dalla quale essa attinge la propria specifica dignit�, ma nella quale � contemporaneamente contenuta la costante misura dell'umana fatica, della sofferenza e anche del danno e dell'ingiustizia che penetrano profondamente la vita sociale, all'interno delle singole Nazioni e sul piano internazionale �.584 Il lavoro, infatti, � chiave essenziale � 585 di tutta la questione sociale, condiziona lo sviluppo non solo economico, ma anche culturale e morale delle persone, della famiglia, della societ� e dell'intero genere umano.

  

III. LA DIGNIT� DEL LAVORO

a) La dimensione soggettiva e oggettiva del lavoro

270 Il lavoro umano ha una duplice dimensione: oggettiva e soggettiva. In senso oggettivo � l'insieme di attivit�, risorse, strumenti e tecniche di cui l'uomo si serve per produrre, per dominare la terra, secondo le parole del Libro della Genesi. Il lavoro in senso soggettivo � l'agire dell'uomo in quanto essere dinamico, capace di compiere varie azioni che appartengono al processo del lavoro e che corrispondono alla sua vocazione personale: � L'uomo deve soggiogare la terra, la deve dominare, perch� come �immagine di Dio� � una persona, cio� un essere soggettivo capace di agire in modo programmato e razionale, capace di decidere di s� e tendente a realizzare se stesso. Come persona, l'uomo � quindi soggetto del lavoro �.586

Il lavoro in senso oggettivo costituisce l'aspetto contingente dell'attivit� dell'uomo, che varia incessantemente nelle sue modalit� con il mutare delle condizioni tecniche, culturali, sociali e politiche. In senso soggettivo si configura, invece, come la sua dimensione stabile, perch� non dipende da quel che l'uomo realizza concretamente n� dal genere di attivit� che esercita, ma solo ed esclusivamente dalla sua dignit� di essere personale. La distinzione � decisiva sia per comprendere qual � il fondamento ultimo del valore e della dignit� del lavoro, sia in ordine al problema di un'organizzazione dei sistemi economici e sociali rispettosa dei diritti dell'uomo.

271 La soggettivit� conferisce al lavoro la sua peculiare dignit�, che impedisce di considerarlo come una semplice merce o un elemento impersonale dell'organizzazione produttiva. Il lavoro, indipendentemente dal suo minore o maggiore valore oggettivo, � espressione essenziale della persona, � � actus personae �. Qualsiasi forma di materialismo e di economicismo che tentasse di ridurre il lavoratore a mero strumento di produzione, a semplice forza-lavoro, a valore esclusivamente materiale, finirebbe per snaturare irrimediabilmente l'essenza del lavoro, privandolo della sua finalit� pi� nobile e profondamente umana. La persona � il metro della dignit� del lavoro: � Non c'�, infatti, alcun dubbio che il lavoro umano abbia un suo valore etico, il quale senza mezzi termini e direttamente rimane legato al fatto che colui che lo compie � una persona �.587

La dimensione soggettiva del lavoro deve avere la preminenza su quella oggettiva, perch� � quella dell'uomo stesso che compie il lavoro, determinandone la qualit� e il valore pi� alto. Se manca questa consapevolezza oppure non si vuole riconoscere questa verit�, il lavoro perde il suo significato pi� vero e profondo: in questo caso, purtroppo frequente e diffuso, l'attivit� lavorativa e le stesse tecniche utilizzate diventano pi� importanti dell'uomo stesso e, da alleate, si trasformano in nemiche della sua dignit�.

272 Il lavoro umano non soltanto procede dalla persona, ma � anche essenzialmente ordinato e finalizzato ad essa. Indipendentemente dal suo contenuto oggettivo, il lavoro deve essere orientato verso il soggetto che lo compie, perch� lo scopo del lavoro, di qualunque lavoro, rimane sempre l'uomo. Anche se non pu� essere ignorata l'importanza della componente oggettiva del lavoro sotto il profilo della sua qualit�, tale componente, tuttavia, va subordinata alla realizzazione dell'uomo, e quindi alla dimensione soggettiva, grazie alla quale � possibile affermare che il lavoro � per l'uomo e non l'uomo per il lavoro e che � lo scopo del lavoro, di qualunque lavoro eseguito dall'uomo � fosse pure il lavoro pi� �di servizio�, pi� monotono, nella scala del comune modo di valutazione, addirittura pi� emarginante � rimane sempre l'uomo stesso �.588

273 Il lavoro umano possiede anche un'intrinseca dimensione sociale. Il lavoro di un uomo, infatti, si intreccia naturalmente con quello di altri uomini: � Oggi pi� che mai lavorare � un lavorare con gli altri e un lavorare per gli altri: � un fare qualcosa per qualcuno �.589 Anche i frutti del lavoro offrono occasione di scambi, di relazioni e d'incontro. Il lavoro, pertanto, non si pu� valutare giustamente se non si tiene conto della sua natura sociale: � giacch� se non sussiste un corpo veramente sociale e organico, se un ordine sociale e giuridico non tutela l'esercizio del lavoro, se le varie parti, le une dipendenti dalle altre, non si collegano fra di loro e mutuamente non si compiono, se, quel che � di pi�, non si associano, quasi a formare una cosa sola, l'intelligenza, il capitale, il lavoro, l'umana attivit� non pu� produrre i suoi frutti, e quindi non si potr� valutare giustamente n� retribuire adeguatamente, dove non si tenga conto della sua natura sociale e individuale �.590

274 Il lavoro � anche � un obbligo cio� un dovere dell'uomo �.591 L'uomo deve lavorare sia perch� il Creatore gliel'ha ordinato, sia per rispondere alle esigenze di mantenimento e sviluppo della sua stessa umanit�. Il lavoro si profila come obbligo morale in relazione al prossimo, che � in primo luogo la propria famiglia, ma anche la societ�, alla quale si appartiene, la Nazione, della quale si � figli o figlie, l'intera famiglia umana, di cui si � membri: siamo eredi del lavoro di generazioni e insieme artefici del futuro di tutti gli uomini che vivranno dopo di noi.

275 Il lavoro conferma la profonda identit� dell'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio: � Diventando � mediante il suo lavoro � sempre di pi� padrone della terra, e confermando � ancora mediante il lavoro � il suo dominio sul mondo visibile, l'uomo, in ogni caso ed in ogni fase di questo processo, rimane sulla linea di quell'originaria disposizione del Creatore, la quale resta necessariamente e indissolubilmente legata al fatto che l'uomo � stato creato, come maschio e femmina, �a immagine di Dio� �.592 Ci� qualifica l'attivit� dell'uomo nell'universo: egli non ne � il padrone, ma il fiduciario, chiamato a riflettere nel proprio operare l'impronta di Colui del quale egli � immagine.

b) I rapporti tra lavoro e capitale

276 Il lavoro, per il suo carattere soggettivo o personale, � superiore ad ogni altro fattore di produzione: questo principio vale, in particolare, rispetto al capitale. Oggi, il termine � capitale � ha diverse accezioni: talvolta indica i mezzi materiali di produzione nell'impresa, talvolta le risorse finanziarie impegnate in un'iniziativa produttiva o anche in operazioni nei mercati borsistici. Si parla anche, in modo non del tutto appropriato, di � capitale umano �, per significare le risorse umane, cio� gli uomini stessi, in quanto capaci di sforzo lavorativo, di conoscenza, di creativit�, di intuizione delle esigenze dei propri simili, di intesa reciproca in quanto membri di un'organizzazione. Ci si riferisce al � capitale sociale � quando si vuole indicare la capacit� di collaborazione di una collettivit�, frutto dell'investimento in legami fiduciari reciproci. Questa molteplicit� di significati offre spunti ulteriori per riflettere su cosa possa significare, oggi, il rapporto tra lavoro e capitale.

277 La dottrina sociale ha affrontato i rapporti tra lavoro e capitale, mettendo in evidenza sia la priorit� del primo sul secondo, sia la loro complementarit�.

Il lavoro ha una priorit� intrinseca rispetto al capitale: � Questo principio riguarda direttamente il processo stesso di produzione, in rapporto al quale il lavoro � sempre una causa efficiente primaria, mentre il �capitale� essendo l'insieme dei mezzi di produzione, rimane solo uno strumento o la causa strumentale. Questo principio � verit� evidente che risulta da tutta l'esperienza storica dell'uomo �.593 Esso � appartiene al patrimonio stabile della dottrina della Chiesa �.594

Tra lavoro e capitale ci deve essere complementarit�: � la stessa logica intrinseca al processo produttivo a dimostrare la necessit� della loro reciproca compenetrazione e l'urgenza di dare vita a sistemi economici nei quali l'antinomia tra lavoro e capitale venga superata.595 In tempi in cui, all'interno di un sistema economico meno complesso, il � capitale � e il � lavoro salariato � identificavano con una certa precisione non solo due fattori produttivi, ma anche e soprattutto due concrete classi sociali, la Chiesa affermava che entrambi sono in s� legittimi: 596 � n� il capitale pu� stare senza il lavoro, n� il lavoro senza il capitale �.597 Si tratta di una verit� che vale anche per il presente, perch� � � del tutto falso ascrivere o al solo capitale o al solo lavoro ci� che si ottiene con l'opera unita dell'uno e dell'altro; ed � affatto ingiusto che l'uno arroghi a s� quel che si fa, negando l'efficacia dell'altro �.598

278 Nella considerazione dei rapporti tra lavoro e capitale, soprattutto di fronte alle imponenti trasformazioni dei nostri tempi, si deve ritenere che la � principale risorsa � e il � fattore decisivo � 599 in mano all'uomo � l'uomo stesso, e che � l'integrale sviluppo della persona umana nel lavoro non contraddice, ma piuttosto favorisce la maggiore produttivit� ed efficacia del lavoro stesso �.600 Il mondo del lavoro, infatti, sta scoprendo sempre di pi� che il valore del � capitale umano � trova espressione nelle conoscenze dei lavoratori, nella loro disponibilit� a tessere relazioni, nella creativit�, nell'imprenditorialit� di se stessi, nella capacit� di affrontare consapevolmente il nuovo, di lavorare insieme e di saper perseguire obiettivi comuni. Si tratta di qualit� prettamente personali, che appartengono al soggetto del lavoro pi� che agli aspetti oggettivi, tecnici, operativi del lavoro stesso. Tutto questo comporta una prospettiva nuova nei rapporti tra lavoro e capitale: si pu� affermare che, contrariamente a quanto accadeva nella vecchia organizzazione del lavoro dove il soggetto finiva per venire appiattito sull'oggetto, sulla macchina, al giorno d'oggi la dimensione soggettiva del lavoro tende ad essere pi� decisiva e importante di quella oggettiva.

279 Il rapporto tra lavoro e capitale presenta spesso i tratti della conflittualit�, che assume caratteri nuovi con il mutare dei contesti sociali ed economici. Ieri, il conflitto tra capitale e lavoro era originato, soprattutto, � dal fatto che i lavoratori mettevano le loro forze a disposizione del gruppo degli imprenditori, e che questo, guidato dal principio del massimo profitto della produzione, cercava di stabilire il salario pi� basso possibile per il lavoro eseguito dagli operai �.601 Attualmente, il conflitto presenta aspetti nuovi e, forse, pi� preoccupanti: i progressi scientifici e tecnologici e la mondializzazione dei mercati, di per s� fonte di sviluppo e di progresso, espongono i lavoratori al rischio di essere sfruttati dagli ingranaggi dell'economia e dalla ricerca sfrenata di produttivit�.602

280 Non si deve erroneamente ritenere che il processo di superamento della dipendenza del lavoro dalla materia sia capace di per s� di superare l'alienazione sul lavoro e del lavoro. Il riferimento non � solo alle tante sacche di non lavoro, di lavoro nero, di lavoro minorile, di lavoro sottopagato, di lavoro sfruttato, che ancora persistono, ma anche alle nuove forme, molto pi� sottili, di sfruttamento dei nuovi lavori, al super-lavoro, al lavoro- carriera che talvolta ruba spazio a dimensioni altrettanto umane e necessarie per la persona, all'eccessiva flessibilit� del lavoro che rende precaria e talvolta impossibile la vita familiare, alla modularit� lavorativa che rischia di avere pesanti ripercussioni sulla percezione unitaria della propria esistenza e sulla stabilit� delle relazioni familiari. Se l'uomo � alienato quando inverte mezzi e fini, anche nel nuovo contesto di lavoro immateriale, leggero, qualitativo pi� che quantitativo, si possono dare elementi di alienazione � a seconda che cresca la ... partecipazione [dell'uomo] in un'autentica comunit� solidale, oppure cresca il suo isolamento in un complesso di relazioni di esasperata competitivit� e di reciproca estraniazione �.603

c) Il lavoro, titolo di partecipazione

281 Il rapporto tra lavoro e capitale trova espressione anche attraverso la partecipazione dei lavoratori alla propriet�, alla sua gestione, ai suoi frutti. � questa un'esigenza troppo spesso trascurata, che occorre invece valorizzare al meglio: � ognuno, in base al proprio lavoro, abbia il pieno titolo di considerarsi al tempo stesso il �comproprietario� del grande banco di lavoro, al quale s'impegna insieme con tutti. E una via verso tale traguardo potrebbe essere quella di associare, per quanto � possibile, il lavoro alla propriet� del capitale e di dar vita a una ricca gamma di corpi intermedi a finalit� economiche, sociali, culturali: corpi che godano di una effettiva autonomia nei confronti dei pubblici poteri, che perseguano i loro specifici obiettivi in rapporti di leale collaborazione vicendevole, subordinatamente alle esigenze del bene comune, e che presentino forma e sostanza di una viva comunit�, cio� che in essi i rispettivi membri siano considerati e trattati come persone e stimolati a prendere parte attiva alla loro vita �.604 La nuova organizzazione del lavoro, in cui il sapere conta di pi� della sola propriet� dei mezzi di produzione, attesta in maniera concreta che il lavoro, a motivo del suo carattere soggettivo, � titolo di partecipazione: � indispensabile ancorarsi a questa consapevolezza per valutare la giusta posizione del lavoro nel processo produttivo e per trovare modalit� di partecipazione consone alla soggettivit� del lavoro nelle peculiarit� delle varie situazioni concrete.605

d) Rapporto tra lavoro e propriet� privata

282 Il Magistero sociale della Chiesa articola il rapporto tra lavoro e capitale anche rispetto all'istituto della propriet� privata, al relativo diritto e all'uso di questa. Il diritto alla propriet� privata � subordinato al principio della destinazione universale dei beni e non deve costituire motivo di impedimento al lavoro e allo sviluppo altrui. La propriet�, che si acquista anzitutto mediante il lavoro, deve servire al lavoro. Ci� vale in modo particolare per il possesso dei mezzi di produzione; ma tale principio concerne anche i beni propri del mondo finanziario, tecnico, intellettuale, personale.

I mezzi di produzione � non possono essere posseduti contro il lavoro, non possono essere neppure posseduti per possedere �.606 Il loro possesso diventa illegittimo quando la propriet� � non viene valorizzata o serve ad impedire il lavoro di altri, per ottenere un guadagno che non nasce dall'espansione globale del lavoro e della ricchezza sociale, ma piuttosto dalla loro compressione, dall'illecito sfruttamento, dalla speculazione e dalla rottura della solidariet� nel mondo del lavoro �.607

283 La propriet� privata e pubblica nonch� i vari meccanismi del sistema economico devono essere predisposti per un'economia a servizio dell'uomo, in modo che contribuiscano ad attuare il principio della destinazione universale dei beni. In tale prospettiva diventa rilevante la questione relativa alla propriet� e all'uso delle nuove tecnologie e conoscenze, che costituiscono, nel nostro tempo, un'altra forma particolare di propriet�, di importanza non inferiore a quella della terra e del capitale.608 Tali risorse, come tutti gli altri beni, hanno una destinazione universale; anch'esse vanno inserite in un contesto di norme giuridiche e di regole sociali che ne garantiscano un uso ispirato a criteri di giustizia, di equit� e di rispetto dei diritti dell'uomo. I nuovi saperi e le tecnologie, grazie alle loro enormi potenzialit�, possono dare un contributo decisivo alla promozione del progresso sociale, ma rischiano di divenire fonte di disoccupazione e di allargare il distacco tra zone sviluppate e zone di sottosviluppo, se rimangono accentrati nei Paesi pi� ricchi o nelle mani di ristretti gruppi di potere.

e) Il riposo festivo

284 Il riposo festivo � un diritto.609 Dio � cess� nel settimo giorno da ogni suo lavoro � (Gen 2,2): anche gli uomini, creati a Sua immagine, devono godere di sufficiente riposo e tempo libero che permetta loro di curare la vita familiare, culturale, sociale e religiosa.610 A ci� contribuisce l'istituzione del giorno del Signore.611 I credenti, durante la domenica e negli altri giorni festivi di precetto, devono astenersi da � lavori o attivit� che impediscano il culto dovuto a Dio, la letizia propria del giorno del Signore, la pratica delle opere di misericordia e la necessaria distensione della mente e del corpo �.612 Necessit� familiari o esigenze di utilit� sociale possono legittimamente esentare dal riposo domenicale, ma non devono creare abitudini pregiudizievoli per la religione, la vita di famiglia e la salute.

285 La domenica � un giorno da santificare con un'operosa carit�, riservando attenzioni alla famiglia e ai parenti, come anche ai malati, agli infermi, agli anziani; n� si devono dimenticare quei � fratelli che hanno i medesimi bisogni e i medesimi diritti e non possono riposarsi a causa della povert� e della miseria �; 613 inoltre � un tempo propizio per la riflessione, il silenzio, lo studio, che favoriscano la crescita della vita interiore e cristiana. I credenti dovranno distinguersi, anche in questo giorno, per la loro moderazione, evitando tutti gli eccessi e le violenze che spesso caratterizzano i divertimenti di massa.614 Il giorno del Signore deve sempre essere vissuto come il giorno della liberazione, che fa partecipare � all'adunanza festosa e all'assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli � (Eb 12,22-23) e anticipa la celebrazione della Pasqua definitiva nella gloria del cielo.615

286 Le autorit� pubbliche hanno il dovere di vigilare affinch� ai cittadini non sia sottratto, per motivi di produttivit� economica, un tempo destinato al riposo e al culto divino. I datori di lavoro hanno un obbligo analogo nei confronti dei loro dipendenti.616 I cristiani si devono adoperare, nel rispetto della libert� religiosa e del bene comune di tutti, affinch� le leggi riconoscano le domeniche e le altre solennit� liturgiche come giorni festivi: � Spetta a loro offrire a tutti un esempio pubblico di preghiera, di rispetto e di gioia e difendere le loro tradizioni come un prezioso contributo alla vita spirituale della societ� umana �.617 Ogni cristiano dovr� � evitare di imporre, senza necessit�, ad altri ci� che impedirebbe loro di osservare il giorno del Signore �.618

IV. IL DIRITTO AL LAVORO

a) Il lavoro � necessario

287 Il lavoro � un diritto fondamentale ed � un bene per l'uomo: 619 un bene utile, degno di lui perch� adatto appunto ad esprimere e ad accrescere la dignit� umana. La Chiesa insegna il valore del lavoro non solo perch� esso � sempre personale, ma anche per il carattere di necessit�.620 Il lavoro � necessario per formare e mantenere una famiglia,621 per avere diritto alla propriet�,622 per contribuire al bene comune della famiglia umana.623 La considerazione delle implicazioni morali che la questione del lavoro comporta nella vita sociale induce la Chiesa ad additare la disoccupazione come una � vera calamit� sociale � ,624 soprattutto in relazione alle giovani generazioni.

288 Il lavoro � un bene di tutti, che deve essere disponibile per tutti coloro che ne sono capaci. Lapiena occupazione �, pertanto, un obiettivo doveroso per ogni ordinamento economico orientato alla giustizia e al bene comune. Una societ� in cui il diritto al lavoro sia vanificato o sistematicamente negato e in cui le misure di politica economica non consentano ai lavoratori di raggiungere livelli soddisfacenti di occupazione, � non pu� conseguire n� la sua legittimazione etica n� la pace sociale �.625 Un ruolo importante e, dunque, una responsabilit� specifica e grave appartengono, in questo ambito, al � datore di lavoro indiretto �,626 ossia a quei soggetti � persone o istituzioni di vario tipo � che sono in grado di orientare, a livello nazionale o internazionale, la politica del lavoro e dell'economia.

289 La capacit� progettuale di una societ� orientata verso il bene comune e proiettata verso il futuro si misura anche e soprattutto sulla base delle prospettive di lavoro che essa � in grado di offrire. L'alto tasso di disoccupazione, la presenza di sistemi di istruzione obsoleti e di perduranti difficolt� nell'accesso alla formazione e al mercato del lavoro costituiscono, per molti giovani soprattutto, un forte ostacolo sulla strada della realizzazione umana e professionale. Chi � disoccupato o sottoccupato, infatti, subisce le conseguenze profondamente negative che tale condizione determina nella personalit� e rischia di essere posto ai margini della societ�, di diventare una vittima dell'esclusione sociale.627 � questo un dramma che colpisce, in genere, oltre ai giovani, le donne, i lavoratori meno specializzati, i disabili, gli immigrati, gli ex-carcerati, gli analfabeti, tutti i soggetti che trovano maggiori difficolt� nella ricerca di una collocazione nel mondo del lavoro.

290 Il mantenimento dell'occupazione dipende sempre di pi� dalle capacit� professionali.628 Il sistema di istruzione e di educazione non deve trascurare la formazione umana e tecnica, necessaria per svolgere con profitto le mansioni richieste. La sempre pi� diffusa necessit� di cambiare varie volte impiego, nell'arco della vita, impone al sistema educativo di favorire la disponibilit� delle persone ad un aggiornamento e riqualificazione permanenti. I giovani devono apprendere ad agire autonomamente, diventare capaci di assumersi responsabilmente il compito di affrontare con competenze adeguate i rischi legati ad un contesto economico mobile e spesso imprevedibile nei suoi scenari evolutivi.629 � altrettanto indispensabile l'offerta di opportune occasioni formative agli adulti in cerca di riqualificazione e ai disoccupati. Pi� in generale, il percorso lavorativo delle persone deve trovare nuove forme concrete di sostegno, a cominciare proprio dal sistema formativo, cos� che sia meno difficile attraversare fasi di cambiamento, di incertezza, di precariet�.

b) Il ruolo dello Stato e della societ� civile nella promozione del diritto al lavoro

291 I problemi dell'occupazione chiamano in causa le responsabilit� dello Stato, al quale compete il dovere di promuovere politiche attive del lavoro, cio� tali da favorire la creazione di opportunit� lavorative all'interno del territorio nazionale, incentivando a questo scopo il mondo produttivo. Il dovere dello Stato non consiste tanto nell'assicurare direttamente il diritto al lavoro di tutti i cittadini, irreggimentando l'intera vita economica e mortificando la libera iniziativa dei singoli, quanto piuttosto nell'� assecondare l'attivit� delle imprese, creando condizioni che assicurino occasioni di lavoro, stimolandola ove essa risulti insufficiente o sostenendola nei momenti di crisi �.630

292 Di fronte alle dimensioni planetarie rapidamente assunte dalle relazioni economico-finanziarie e dal mercato del lavoro, si deve promuovere un'efficace collaborazione internazionale tra gli Stati, mediante trattati, accordi e piani di azione comuni che salvaguardino il diritto al lavoro anche nelle fasi pi� critiche del ciclo economico, a livello nazionale ed internazionale. Bisogna avere consapevolezza del fatto che il lavoro umano � un diritto da cui dipendono direttamente la promozione della giustizia sociale e della pace civile. Importanti compiti in questa direzione spettano alle Organizzazioni internazionali e a quelle sindacali: collegandosi nelle forme pi� opportune, esse si devono impegnare, prima di tutto, a tessere � una trama sempre pi� fitta di disposizioni giuridiche che proteggono il lavoro degli uomini, delle donne, dei giovani, e gli assicurano una conveniente retribuzione �.631

293 Per la promozione del diritto al lavoro � importante, oggi come ai tempi della Rerum novarum, che vi sia un libero processo di auto-organizzazione della societ� �.632 Significative testimonianze ed esempi di auto- organizzazione si possono rintracciare nelle numerose iniziative, imprenditoriali e sociali, caratterizzate da forme di partecipazione, di cooperazione e di autogestione, che rivelano la fusione di energie solidali. Esse si offrono al mercato come un variegato settore di attivit� lavorative che si distinguono per un'attenzione particolare nei confronti della componente relazionale dei beni prodotti e dei servizi erogati in molteplici ambiti: istruzione, tutela della salute, servizi sociali di base, cultura. Le iniziative del cosiddetto � terzo settore � costituiscono un'opportunit� sempre pi� rilevante di sviluppo del lavoro e dell'economia.

c) La famiglia e il diritto al lavoro

294 Il lavoro � � il fondamento su cui si forma la vita familiare, la quale � un diritto naturale ed una vocazione dell'uomo �: 633 esso assicura i mezzi di sussistenza e garantisce il processo educativo dei figli.634 Famiglia e lavoro, cos� strettamente interdipendenti nell'esperienza della grande maggioranza delle persone, meritano finalmente una considerazione pi� adeguata alla realt�, un'attenzione che li comprenda insieme, senza i limiti di una concezione privatistica della famiglia ed economicistica del lavoro. A questo riguardo, � necessario che le imprese, le organizzazioni professionali, i sindacati e lo Stato si rendano promotori di politiche del lavoro che non penalizzino, ma favoriscano il nucleo familiare dal punto di vista occupazionale. La vita di famiglia e il lavoro, infatti, si condizionano reciprocamente in vario modo. Il pendolarismo, il doppio lavoro e la fatica fisica e psicologica riducono il tempo dedicato alla vita familiare; 635 le situazioni di disoccupazione hanno ripercussioni materiali e spirituali sulle famiglie, cos� come le tensioni e le crisi familiari influiscono negativamente sugli atteggiamenti e sul rendimento in campo lavorativo.

d) Le donne e il diritto al lavoro

295 Il genio femminile � necessario in tutte le espressioni della vita sociale, perci� va garantita la presenza delle donne anche in ambito lavorativo. Il primo indispensabile passo in tale direzione � la concreta possibilit� di accesso alla formazione professionale. Il riconoscimento e la tutela dei diritti delle donne nel contesto lavorativo dipendono, in generale, dall'organizzazione del lavoro, che deve tener conto della dignit� e della vocazione della donna, la cui � vera promozione... esige che il lavoro sia strutturato in tal modo che essa non debba pagare la sua promozione con l'abbandono della famiglia, nella quale ha come madre un ruolo insostituibile �636. � una questione su cui si misurano la qualit� della societ� e l'effettiva tutela del diritto al lavoro delle donne.

La persistenza di molte forme di discriminazione offensive della dignit� e vocazione della donna nella sfera del lavoro � dovuta ad una lunga serie di condizionamenti penalizzanti per la donna, che � stata ed � ancora � travisata nelle sue prerogative, non di rado emarginata e persino ridotta in schiavit� �.637 Queste difficolt�, purtroppo, non sono superate, come dimostrano ovunque le diverse situazioni che avviliscono le donne, assoggettandole anche a forme di vero e proprio sfruttamento. L'urgenza di un effettivo riconoscimento dei diritti delle donne nel lavoro si avverte specialmente sotto l'aspetto retributivo, assicurativo e previdenziale.638

e) Lavoro minorile

296 Il lavoro minorile, nelle sue forme intollerabili, costituisce un tipo di violenza meno appariscente di altri, ma non per questo meno terribile.639 Una violenza che, al di l� di tutte le implicazioni politiche, economiche e giuridiche, resta essenzialmente un problema morale. Questo l'ammonimento di Leone XIII: � Quanto ai fanciulli si badi a non ammetterli nelle officine prima che l'et� ne abbia sufficientemente sviluppate le forze fisiche, intellettuali e morali. Le forze, che nella puerizia sbocciano simili all'erba in fiore, un movimento precoce le sciupa, e allora si rende impossibile la stessa educazione dei fanciulli �.640 La piaga del lavoro minorile, ad oltre cento anni di distanza, non � stata ancora debellata.

Pur nella consapevolezza che, almeno per ora, in certi Paesi il contributo portato dal lavoro dei bambini al bilancio familiare e alle economie nazionali � irrinunciabile e che, comunque, alcune forme di lavoro, svolte a tempo parziale, possono essere fruttuose per i bambini stessi, la dottrina sociale denuncia l'aumento dello � sfruttamento lavorativo dei minori in condizioni di vera schiavit� �.641 Tale sfruttamento costituisce una grave violazione della dignit� umana di cui ogni individuo, � per piccolo o apparentemente insignificante che sia in termini di utilit� �,642 � portatore.

f) L'emigrazione e il lavoro

297 L'immigrazione pu� essere una risorsa, anzich� un ostacolo per lo sviluppo. Nel mondo attuale, in cui si aggrava lo squilibrio fra Paesi ricchi e Paesi poveri e in cui lo sviluppo delle comunicazioni riduce rapidamente le distanze, crescono le migrazioni di persone in cerca di migliori condizioni di vita, provenienti dalle zone meno favorite della terra: il loro arrivo nei Paesi sviluppati � spesso percepito come una minaccia per gli elevati livelli di benessere raggiunti grazie a decenni di crescita economica. Gli immigrati, tuttavia, nella maggioranza dei casi, rispondono a una domanda di lavoro che altrimenti resterebbe insoddisfatta, in settori e in territori nei quali la manodopera locale � insufficiente o non disposta a fornire il proprio contributo lavorativo.

298 Le istituzioni dei Paesi ospiti devono vigilare accuratamente affinch� non si diffonda la tentazione di sfruttare la manodopera straniera, privandola dei diritti garantiti ai lavoratori nazionali, che devono essere assicurati a tutti senza discriminazioni. La regolamentazione dei flussi migratori secondo criteri di equit� e di equilibrio643 � una delle condizioni indispensabili per ottenere che gli inserimenti avvengano con le garanzie richieste dalla dignit� della persona umana. Gli immigrati devono essere accolti in quanto persone e aiutati, insieme alle loro famiglie, ad integrarsi nella vita sociale.644 In tale prospettiva va rispettato e promosso il diritto al ricongiungimento familiare.645 Nello stesso tempo, per quanto � possibile, vanno favorite tutte quelle condizioni che consentono accresciute possibilit� di lavoro nelle proprie zone di origine.646

g) Il mondo agricolo e il diritto al lavoro

299 Una particolare attenzione merita il lavoro agricolo, per il ruolo sociale, culturale ed economico che esso mantiene nei sistemi economici di molti Paesi, per i numerosi problemi che deve affrontare nel contesto di un'economia sempre pi� globalizzata, per la sua importanza crescente nella salvaguardia dell'ambiente naturale: � sono dunque necessari cambiamenti radicali ed urgenti per ridare all'agricoltura � ed agli uomini dei campi � il giusto valore come base di una sana economia, nell'insieme dello sviluppo della comunit� sociale �.647

I profondi e radicali mutamenti in atto a livello sociale e culturale, anche nell'agricoltura e nel pi� vasto mondo rurale, ripropongono con urgenza un approfondimento sul significato del lavoro agricolo nelle sue molteplici dimensioni. Si tratta di una sfida di notevole importanza, che va affrontata con politiche agricole e ambientali capaci di superare una certa concezione residuale e assistenziale e di elaborare nuove prospettive per un'agricoltura moderna, in grado di svolgere un ruolo significativo nella vita sociale ed economica.

300 In alcuni Paesi � indispensabile una ridistribuzione della terra, nell'ambito di efficaci politiche di riforma agraria, al fine di superare l'impedimento che il latifondo improduttivo, condannato dalla dottrina sociale della Chiesa,648 frappone ad un autentico sviluppo economico: � I Paesi in via di sviluppo possono contrastare efficacemente l'attuale processo di concentrazione della propriet� della terra se affrontano alcune situazioni che si connotano come veri e propri nodi strutturali. Tali sono le carenze e i ritardi a livello legislativo in tema di riconoscimento del titolo di propriet� della terra e in relazione al mercato del credito; il disinteresse per la ricerca e la formazione in agricoltura; la negligenza a proposito di servizi sociali e di infrastrutture nelle aree rurali �.649 La riforma agraria diventa pertanto, oltre che una necessit� politica, un obbligo morale, dato che la sua mancata attuazione ostacola in questi Paesi gli effetti benefici derivanti dall'apertura dei mercati e, in genere, da quelle proficue occasioni di crescita che la globalizzazione in atto pu� offrire.650

V. DIRITTI DEI LAVORATORI

a) Dignit� dei lavoratori e rispetto dei loro diritti

301 I diritti dei lavoratori, come tutti gli altri diritti, si basano sulla natura della persona umana e sulla sua trascendente dignit�. Il Magistero sociale della Chiesa ha ritenuto di elencarne alcuni, auspicandone il riconoscimento negli ordinamenti giuridici: il diritto ad una giusta remunerazione; 651 il diritto al riposo; 652 il diritto � ad ambienti di lavoro ed a processi produttivi che non rechino pregiudizio alla sanit� fisica dei lavoratori e non ledano la loro integrit� morale �; 653 il diritto che venga salvaguardata la propria personalit� sul luogo di lavoro, � senza essere violati in alcun modo nella propria coscienza o nella propria dignit� �; 654 il diritto a convenienti sovvenzioni indispensabili per la sussistenza dei lavoratori disoccupati e delle loro famiglie; 655 il diritto alla pensione nonch� all'assicurazione per la vecchiaia, la malattia e in caso di incidenti collegati alla prestazione lavorativa; 656 il diritto a provvedimenti sociali collegati alla maternit�; 657 il diritto di riunirsi e di associarsi.658 Tali diritti vengono spesso offesi, come confermano i tristi fenomeni del lavoro sottopagato, privo di tutela o non rappresentato in maniera adeguata. Spesso accade che le condizioni di lavoro per uomini, donne e bambini, specie nei Paesi in via di sviluppo, siano talmente inumane da offendere la loro dignit� e nuocere alla loro salute.

b) Il diritto all'equa remunerazione e distribuzione del reddito

302 La remunerazione � lo strumento pi� importante per realizzare la giustizia nei rapporti di lavoro.659 Il � giusto salario � il frutto legittimo del lavoro �; 660 commette grave ingiustizia chi lo rifiuta o non lo d� a tempo debito e in equa proporzione al lavoro svolto (cfr. Lv 19,13; Dt 24,14-15; Gc 5,4). Il salario � lo strumento che permette al lavoratore di accedere ai beni della terra: � il lavoro va ricompensato in misura tale da garantire all'uomo la possibilit� di disporre dignitosamente la vita materiale, sociale, culturale e spirituale sua e dei suoi, in relazione ai compiti e al rendimento di ognuno, alle condizioni dell'azienda e al bene comune �.661 Il semplice accordo tra lavoratore e datore di lavoro circa l'entit� della remunerazione non basta per qualificare � giusta � la remunerazione concordata, perch� essa � non deve essere inferiore al sostentamento �662 del lavoratore: la giustizia naturale � anteriore e superiore alla libert� del contratto.

303 Il benessere economico di un Paese non si misura esclusivamente sulla quantit� di beni prodotti, ma anche tenendo conto del modo in cui essi vengono prodotti e del grado di equit� nella distribuzione del reddito, che a tutti dovrebbe consentire di avere a disposizione ci� che serve allo sviluppo e al perfezionamento della propria persona. Un'equa distribuzione del reddito va perseguita sulla base di criteri non solo di giustizia commutativa, ma anche di giustizia sociale, considerando cio�, oltre al valore oggettivo delle prestazioni lavorative, la dignit� umana dei soggetti che le compiono. Un benessere economico autentico si persegue anche attraverso adeguate politiche sociali di ridistribuzione del reddito che, tenendo conto delle condizioni generali, considerino opportunamente i meriti e i bisogni di ogni cittadino.

c) Il diritto di sciopero

304 La dottrina sociale riconosce la legittimit� dello sciopero � quando appare lo strumento inevitabile, o quanto meno necessario, in vista di un vantaggio proporzionato �,663 dopo che si sono rivelate inefficaci tutte le altre modalit� di superamento dei conflitti.664 Lo sciopero, una delle conquiste pi� travagliate dell'associazionismo sindacale, pu� essere definito come il rifiuto collettivo e concertato, da parte dei lavoratori, di svolgere le loro prestazioni, allo scopo di ottenere, per mezzo della pressione cos� esercitata sui datori di lavoro, sullo Stato e sull'opinione pubblica, migliori condizioni di lavoro e della loro situazione sociale. Anche lo sciopero, per quanto si profili � come... una specie di ultimatum �,665 deve essere sempre un metodo pacifico di rivendicazione e di lotta per i propri diritti; esso diventa � moralmente inaccettabile allorch� � accompagnato da violenze oppure gli si assegnano obiettivi non direttamente connessi con le condizioni di lavoro o in contrasto con il bene comune �.666

  

VI. SOLIDARIET� TRA I LAVORATORI

a) L'importanza dei sindacati

305 Il Magistero riconosce il ruolo fondamentale svolto dai sindacati dei lavoratori, la cui ragion d'essere consiste nel diritto dei lavoratori a formare associazioni o unioni per difendere gli interessi vitali degli uomini impiegati nei vari lavori. I sindacati � sono cresciuti sulla base della lotta dei lavoratori, del mondo del lavoro e, prima di tutto, dei lavoratori industriali, per la tutela dei loro giusti diritti nei confronti degli imprenditori e dei proprietari dei mezzi di produzione �.667 Le organizzazioni sindacali, perseguendo il loro fine specifico al servizio del bene comune, sono un fattore costruttivo di ordine sociale e di solidariet� e quindi un elemento indispensabile della vita sociale. Il riconoscimento dei diritti del lavoro costituisce da sempre un problema di difficile soluzione, perch� si attua all'interno di processi storici e istituzionali complessi, e ancora oggi si pu� dire incompiuto. Ci� rende pi� che mai attuale e necessario l'esercizio di un'autentica solidariet� tra i lavoratori.

306 La dottrina sociale insegna che i rapporti all'interno del mondo del lavoro vanno improntati alla collaborazione: l'odio e la lotta per eliminare l'altro costituiscono metodi del tutto inaccettabili, anche perch�, in ogni sistema sociale, sono indispensabili al processo di produzione tanto il lavoro quanto il capitale. Alla luce di questa concezione, la dottrina sociale � non ritiene che i sindacati costituiscano solamente il riflesso della struttura �di classe� della societ� e che siano l'esponente della lotta di classe, che inevitabilmente governa la vita sociale �.668 I sindacati sono propriamente i promotori della lotta per la giustizia sociale, per i diritti degli uomini del lavoro, nelle loro specifiche professioni: � Questa �lotta� deve essere vista come un normale adoperarsi �per� il giusto bene; [...] non � una lotta �contro� gli altri �.669 Il sindacato, essendo anzitutto strumento di solidariet� e di giustizia, non pu� abusare degli strumenti di lotta; in ragione della sua vocazione, deve vincere le tentazioni del corporativismo, sapersi autoregolamentare e valutare le conseguenze delle proprie scelte rispetto all'orizzonte del bene comune.670

307 Al sindacato, oltre alle funzioni difensive e rivendicative, competono sia una rappresentanza finalizzata ad � organizzare nel giusto ordine la vita economica �,671 sia l'educazione della coscienza sociale dei lavoratori, affinch� essi si sentano parte attiva, secondo le capacit� e le attitudini di ciascuno, in tutta l'opera dello sviluppo economico e sociale e della costruzione del bene comune universale. Il sindacato e le altre forme di associazionismo dei lavoratori devono assumersi una funzione di collaborazione con gli altri soggetti sociali ed interessarsi alla gestione della cosa pubblica. Le organizzazioni sindacali hanno il dovere di influenzare il potere politico, cos� da sensibilizzarlo debitamente ai problemi del lavoro e da impegnarlo a favorire la realizzazione dei diritti dei lavoratori. I sindacati, tuttavia, non hanno il carattere di � partiti politici � che lottano per il potere, e non devono neppure essere sottoposti alle decisioni dei partiti politici o avere con essi dei legami troppo stretti: � in una tale situazione essi perdono facilmente il contatto con ci� che � il loro compito specifico, che � quello di assicurare i giusti diritti degli uomini del lavoro nel quadro del bene comune dell'intera societ�, e diventano, invece, uno strumento per altri scopi �.672

b) Nuove forme di solidariet�

308 Il contesto socio-economico odierno, caratterizzato da processi di globalizzazione economico-finanziaria sempre pi� rapidi, spinge i sindacati a rinnovarsi. Oggi i sindacati sono chiamati ad agire in forme nuove,673 ampliando il raggio della propria azione di solidariet� in modo che siano tutelati, oltre alle categorie lavorative tradizionali, i lavoratori con contratti atipici o a tempo determinato; i lavoratori il cui impiego � messo in pericolo dalle fusioni di imprese che sempre pi� frequentemente avvengono, anche a livello internazionale; coloro che non hanno un'occupazione, gli immigrati, i lavoratori stagionali, coloro che per mancanza di aggiornamento professionale sono stati espulsi dal mercato del lavoro e non vi possono rientrare senza adeguati corsi di riqualificazione.

Di fronte ai cambiamenti intervenuti nel mondo del lavoro, la solidariet� potr� essere recuperata e forse anche meglio fondata rispetto al passato se si opera per una riscoperta del valore soggettivo del lavoro: � bisogna continuare a interrogarsi circa il soggetto del lavoro e le condizioni in cui egli vive �. Per questo, � sono necessari sempre nuovi movimenti di solidariet� degli uomini del lavoro e di solidariet� con gli uomini del lavoro �.674

309 Perseguendo � nuove forme di solidariet� �,675 le associazioni dei lavoratori devono orientarsi verso l'assunzione di maggiori responsabilit�, non soltanto in relazione ai tradizionali meccanismi della ridistribuzione, ma anche nei confronti della produzione della ricchezza e della creazione di condizioni sociali, politiche e culturali che consentano a tutti coloro che possono e desiderano lavorare di esercitare il loro diritto al lavoro, nel pieno rispetto della loro dignit� di lavoratori. Il superamento graduale del modello organizzativo basato sul lavoro salariato nella grande impresa rende opportuno, inoltre, un aggiornamento delle norme e dei sistemi di sicurezza sociale, mediante i quali i lavoratori sono stati finora tutelati, fatti salvi i loro fondamentali diritti.

VII. LE � RES NOVAE � DEL MONDO DEL LAVORO

a) Una fase di transizione epocale

310 Uno degli stimoli pi� significativi all'attuale cambiamento dell'organizzazione del lavoro � dato dal fenomeno della globalizzazione, che consente di sperimentare nuove forme di produzione, con la dislocazione degli impianti in aree diverse da quelle in cui vengono assunte le decisioni strategiche e lontane dai mercati di consumo. Due sono i fattori che danno impulso a questo fenomeno: la straordinaria velocit� di comunicazione senza limiti di spazio e di tempo e la relativa facilit� di trasportare merci e persone da una parte all'altra del globo. Ci� comporta una conseguenza fondamentale sui processi produttivi: la propriet� � sempre pi� lontana, spesso indifferente agli effetti sociali delle scelte che compie. D'altro canto, se � vero che la globalizzazione, a priori, non � buona o cattiva in s�, ma dipende dall'uso che l'uomo ne fa,676 si deve affermare che � necessaria una globalizzazione delle tutele, dei diritti minimi essenziali, dell'equit�.

311 Una delle caratteristiche pi� rilevanti della nuova organizzazione del lavoro � la frammentazione fisica del ciclo produttivo, promossa per conseguire una maggiore efficienza e maggiori profitti. In questa prospettiva, le tradizionali coordinate spazio-tempo entro le quali si configurava il ciclo produttivo subiscono una trasformazione senza precedenti, che determina un cambiamento nella struttura stessa del lavoro. Tutto ci� ha conseguenze rilevanti nella vita dei singoli e delle comunit�, sottoposti a cambiamenti radicali sia sul piano delle condizioni materiali, sia su quello culturale e dei valori. Questo fenomeno sta coinvolgendo, a livello globale e locale, milioni di persone, indipendentemente dalla professione che svolgono, dalla loro condizione sociale, dalla preparazione culturale. La riorganizzazione del tempo, la sua regolarizzazione e i cambiamenti in atto nell'uso dello spazio � paragonabili, per la loro entit�, alla prima rivoluzione industriale, in quanto coinvolgono tutti i settori produttivi, in tutti i continenti, a prescindere dal loro grado di sviluppo � sono da considerarsi, pertanto, una sfida decisiva, anche a livello etico e culturale, nel campo della definizione di un sistema rinnovato di tutela del lavoro.

312 La globalizzazione dell'economia, con la liberalizzazione dei mercati, l'accentuarsi della concorrenza, l'accrescersi di imprese specializzate nel fornire prodotti e servizi, richiede maggiore flessibilit� nel mercato del lavoro e nell'organizzazione e gestione dei processi produttivi. Nella valutazione di questa delicata materia, sembra opportuno riservare una maggiore attenzione morale, culturale e progettuale nell'orientare l'agire sociale e politico sulle tematiche connesse all'identit� e ai contenuti del nuovo lavoro, in un mercato e in una economia essi stessi nuovi. I mutamenti del mercato del lavoro sono spesso, infatti, un effetto del cambiamento del lavoro stesso e non una sua causa.

313 Il lavoro, soprattutto all'interno dei sistemi economici dei Paesi pi� sviluppati, attraversa una fase che segna il passaggio da un'economia di tipo industriale ad un'economia essenzialmente centrata sui servizi e sull'innovazione tecnologica. Accade cio� che i servizi e le attivit� caratterizzate da un forte contenuto informativo crescono in modo pi� rapido rispetto a quelle dei tradizionali settori primario e secondario, con conseguenze di ampia portata nell'organizzazione della produzione e degli scambi, nel contenuto e nella forma delle prestazioni lavorative e nei sistemi di protezione sociale.

Grazie alle innovazioni tecnologiche, il mondo del lavoro si arricchisce di professioni nuove, mentre altre scompaiono. Nell'attuale fase di transizione, infatti, si assiste ad un continuo passaggio di occupati dall'industria ai servizi. Mentre perde terreno il modello economico e sociale legato alla grande fabbrica e al lavoro di una classe operaia omogenea, migliorano le prospettive occupazionali nel terziario e aumentano, in particolare, le attivit� lavorative nel comparto dei servizi alla persona, delle prestazioni part time, interinali e � atipiche �, ossia forme di lavoro che non sono inquadrabili n� come lavoro dipendente n� come lavoro autonomo.

314 La transizione in atto segna il passaggio dal lavoro dipendente a tempo indeterminato, inteso come posto fisso, a un percorso lavorativo caratterizzato da una pluralit� di attivit� lavorative; da un mondo del lavoro compatto, definito e riconosciuto, a un universo di lavori, variegato, fluido, ricco di promesse, ma anche carico di interrogativi preoccupanti, specie di fronte alla crescente incertezza circa le prospettive occupazionali, a fenomeni persistenti di disoccupazione strutturale, all'inadeguatezza degli attuali sistemi di sicurezza sociale. Le esigenze della competizione, della innovazione tecnologica e della complessit� dei flussi finanziari vanno armonizzate con la difesa del lavoratore e dei suoi diritti.

L'insicurezza e la precariet� non riguardano soltanto la condizione lavorativa degli uomini che vivono nei Paesi pi� sviluppati, ma investono anche, e soprattutto, le realt� economicamente meno avanzate del pianeta, i Paesi in via di sviluppo e i Paesi con economie in transizione. Questi ultimi, oltre ai complessi problemi connessi al cambiamento dei modelli economici e produttivi, devono affrontare quotidianamente le difficili esigenze che provengono dalla globalizzazione in atto. La situazione risulta particolarmente drammatica per il mondo del lavoro, investito da vasti e radicali cambiamenti culturali e strutturali, in contesti spesso privi di supporti legislativi, formativi e di assistenza sociale.

315 Il decentramento produttivo, che assegna alle aziende minori molteplici compiti, in precedenza concentrati nelle grandi unit� produttive, fa acquistare vigore e imprime nuovo slancio alle piccole e medie imprese. Emergono cos�, accanto all'artigianato tradizionale, nuove imprese caratterizzate da piccole unit� produttive operanti in settori di produzione moderni oppure in attivit� decentrate dalle aziende maggiori. Molte attivit� che ieri richiedevano lavoro dipendente, oggi sono realizzate in forme nuove, che favoriscono il lavoro indipendente e si caratterizzano per una maggiore componente di rischio e di responsabilit�.

Il lavoro nelle piccole e medie imprese, il lavoro artigianale e il lavoro indipendente possono costituire un'occasione per rendere pi� umano il vissuto lavorativo, sia per la possibilit� di stabilire positive relazioni interpersonali in comunit� di piccole dimensioni, sia per le opportunit� offerte da una maggiore iniziativa e imprenditorialit�; ma non sono pochi, in questi settori, i casi di trattamenti ingiusti, di lavoro mal pagato e soprattutto insicuro.

316 Nei Paesi in via di sviluppo, inoltre, si � diffuso, in questi ultimi anni, il fenomeno dell'espansione di attivit� economiche � informali � o � sommerse �, che rappresenta un segnale di crescita economica promettente, ma solleva problemi etici e giuridici. Il significativo aumento dei posti di lavoro suscitato da tali attivit� � dovuto, infatti, all'assenza di specializzazione di gran parte dei lavoratori locali e allo sviluppo disordinato dei settori economici formali. Un elevato numero di persone � cos� costretto a lavorare in condizioni di grave disagio e in un quadro privo delle regole che tutelano la dignit� del lavoratore. I livelli di produttivit�, reddito e tenore di vita sono estremamente bassi e spesso si rivelano insufficienti a garantire ai lavoratori e alle loro famiglie il raggiungimento del livello di sussistenza.

b) Dottrina sociale e � res novae �

317 Di fronte alle imponenti � res novae � del mondo del lavoro, la dottrina sociale della Chiesa raccomanda, prima di tutto, di evitare l'errore di ritenere che i mutamenti in atto avvengano in modo deterministico. Il fattore decisivo e � l'arbitro � di questa complessa fase di cambiamento � ancora una volta l'uomo, che deve restare il vero protagonista del suo lavoro. Egli pu� e deve farsi carico in modo creativo e responsabile delle attuali innovazioni e riorganizzazioni, cos� che esse giovino alla crescita della persona, della famiglia, delle societ� e dell'intera famiglia umana.677 Illuminante � per tutti il richiamo alla dimensione soggettiva del lavoro, alla quale la dottrina sociale della Chiesa insegna a dare la dovuta priorit�, perch� il lavoro umano � proviene immediatamente da persone create ad immagine di Dio e chiamate a prolungare, le une con e per le altre, l'opera della creazione sottomettendo la terra �.678

318 Le interpretazioni di tipo meccanicistico ed economicistico dell'attivit� produttiva, sebbene prevalenti e comunque influenti, risultano superate dalla stessa analisi scientifica dei problemi connessi con il lavoro. Tali concezioni si rivelano oggi pi� di ieri del tutto inadeguate a interpretare i fatti, che dimostrano ogni giorno di pi� la valenza del lavoro in quanto attivit� libera e creativa dell'uomo. Anche dai riscontri concreti deve derivare la spinta a superare senza indugio orizzonti teorici e criteri operativi ristretti e insufficienti rispetto alle dinamiche in atto, intrinsecamente incapaci di individuare i concreti e pressanti bisogni umani nella loro vasta gamma, che si estende ben oltre le categorie soltanto economiche. Sa bene la Chiesa, e da sempre insegna, che l'uomo, a differenza di ogni altro essere vivente, ha bisogni certo non limitati soltanto all'� avere �,679 perch� la sua natura e la sua vocazione sono in relazione inscindibile col Trascendente. La persona umana affronta l'avventura della trasformazione delle cose mediante il suo lavoro per soddisfare necessit� e bisogni innanzi tutto materiali, ma lo fa seguendo un impulso che la spinge sempre oltre i risultati conseguiti, alla ricerca di ci� che pu� corrispondere pi� profondamente alle sue ineliminabili esigenze interiori.

319 Cambiano le forme storiche in cui si esprime il lavoro umano, ma non devono cambiare le sue esigenze permanenti, che si riassumono nel rispetto dei diritti inalienabili dell'uomo che lavora. Di fronte al rischio di vedere negati questi diritti, devono essere immaginate e costruite nuove forme di solidariet�, tenendo conto dell'interdipendenza che lega tra loro gli uomini del lavoro. Quanto pi� profondi sono i cambiamenti, tanto pi� deciso deve essere l'impegno dell'intelligenza e della volont� per tutelare la dignit� del lavoro, rafforzando, ai diversi livelli, le istituzioni interessate. Questa prospettiva consente di orientare al meglio le attuali trasformazioni nella direzione, tanto necessaria, della complementarit� tra la dimensione economica locale e quella globale; tra economia � vecchia � e � nuova �; tra l'innovazione tecnologica e l'esigenza di salvaguardare il lavoro umano; tra la crescita economica e la compatibilit� ambientale dello sviluppo.

320 Alla soluzione delle problematiche vaste e complesse del lavoro, che in alcune aree assumono dimensioni drammatiche, gli scienziati e gli uomini di cultura sono chiamati ad offrire il loro contributo specifico, tanto importante per la scelta di soluzioni giuste. � una responsabilit� che richiede loro di evidenziare le occasioni e i rischi che nei cambiamenti si profilano e soprattutto di suggerire linee di azione per guidare il cambiamento nel senso pi� favorevole allo sviluppo dell'intera famiglia umana. A loro spetta il grave compito di leggere e di interpretare i fenomeni sociali con intelligenza ed amore della verit�, senza preoccupazioni dettate da interessi di gruppo o personali. Il loro contributo, infatti, proprio perch� di natura teorica, diventa un riferimento essenziale per l'agire concreto delle politiche economiche.680

321 Gli scenari attuali di profonda trasformazione del lavoro umano rendono ancor pi� urgente uno sviluppo autenticamente globale e solidale, in grado di coinvolgere tutte le zone del mondo, comprese quelle meno favorite. Per queste ultime, l'avvio di un processo di sviluppo solidale di vasta portata non solo rappresenta una concreta possibilit� per creare nuovi posti di lavoro, ma si configura anche come una vera e propria condizione di sopravvivenza per interi popoli: � Occorre globalizzare la solidariet� �.681

Gli squilibri economici e sociali esistenti nel mondo del lavoro vanno affrontati ristabilendo la giusta gerarchia dei valori e ponendo al primo posto la dignit� della persona che lavora: � Mai le nuove realt�, che investono con forza il processo produttivo, quali la globalizzazione della finanza, dell'economia, dei commerci e del lavoro, devono violare la dignit� e la centralit� della persona umana n� la libert� e la democrazia dei popoli. La solidariet�, la partecipazione e la possibilit� di governare questi radicali cambiamenti costituiscono, se non la soluzione, certamente la necessaria garanzia etica perch� le persone ed i popoli diventino non strumenti, ma protagonisti del loro futuro. Tutto ci� pu� essere realizzato e, poich� � possibile, diventa doveroso �.682

322 Risulta sempre pi� necessaria un'attenta considerazione della nuova situazione del lavoro nell'attuale contesto della globalizzazione, in una prospettiva che valorizzi la naturale propensione degli uomini a stabilire relazioni. A questo proposito si deve affermare che l'universalit� � una dimensione dell'uomo, non delle cose. La tecnica potr� essere la causa strumentale della globalizzazione, ma � l'universalit� della famiglia umana la sua causa ultima. Anche il lavoro, pertanto, ha una sua dimensione universale, in quanto fondato sulla relazionalit� umana. Le tecniche, specialmente elettroniche, hanno permesso di dilatare tale aspetto relazionale del lavoro a tutto il pianeta, imprimendo alla globalizzazione un ritmo particolarmente accelerato. Il fondamento ultimo di questo dinamismo � l'uomo che lavora, � sempre l'elemento soggettivo e non quello oggettivo. Anche il lavoro globalizzato trae origine, pertanto, dal fondamento antropologico dell'intrinseca dimensione relazionale del lavoro. Gli aspetti negativi della globalizzazione del lavoro non devono mortificare le possibilit� che si sono aperte per tutti di dare espressione ad un umanesimo del lavoro a livello planetario, ad una solidariet� del mondo del lavoro a questo livello, affinch� lavorando in un simile contesto, dilatato ed interconnesso, l'uomo capisca sempre di pi� la sua vocazione unitaria e solidale.

   

CAPITOLO SETTIMO

LA VITA ECONOMICA

I. ASPETTI BIBLICI

a) L'uomo, povert� e ricchezza

323 Nell'Antico Testamento si riscontra un duplice atteggiamento nei confronti dei beni economici e della ricchezza. Da un lato apprezzamento verso la disponibilit� dei beni materiali considerati necessari per la vita: talora l'abbondanza � ma non la ricchezza o il lusso � � vista come una benedizione di Dio. Nella letteratura sapienziale, la povert� � descritta come una conseguenza negativa dell'ozio e della mancanza di laboriosit� (cfr. Pr 10,4), ma anche come un fatto naturale (cfr. Pr 22,2). Da un altro lato, i beni economici e la ricchezza non sono condannati per se stessi, ma per il loro cattivo uso. La tradizione profetica stigmatizza gli imbrogli, l'usura, gli sfruttamenti, le vistose ingiustizie, specie nei confronti dei pi� poveri (cfr. Is 58,3-11; Ger 7,4-7; Os 4,1-2; Am 2,6-7; Mi 2,1-2). Tale tradizione, pur considerando un male la povert� degli oppressi, dei deboli, degli indigenti, vede in essa anche un simbolo della situazione dell'uomo davanti a Dio; da Lui proviene ogni bene come un dono da amministrare e da condividere.

324 Colui che riconosce la propria povert� davanti a Dio, in qualunque situazione egli viva, � oggetto di particolare attenzione da parte di Dio: quando il povero cerca, il Signore risponde; quando grida, Egli l'ascolta. Ai poveri sono rivolte le promesse divine: essi saranno gli eredi dell'alleanza tra Dio e il Suo popolo. L'intervento salvifico di Dio si attuer� tramite un nuovo Davide (cfr. Ez 34,22-31), il quale, come e pi� del re Davide, sar� difensore dei poveri e promotore della giustizia; egli stabilir� una nuova alleanza e scriver� una nuova legge nel cuore dei credenti (cfr. Ger 31,31-34).

La povert�, quando � accettata o ricercata con spirito religioso, predispone al riconoscimento e all'accettazione dell'ordine creaturale; il � ricco �, in questa prospettiva, � colui che ripone la sua fiducia nelle cose che possiede piuttosto che in Dio, l'uomo che si fa forte dell'opera delle sue mani e che confida solo in questa sua forza. La povert� assurge a valore morale quando si manifesta come umile disponibilit� e apertura verso Dio, fiducia in Lui. Questi atteggiamenti rendono l'uomo capace di riconoscere la relativit� dei beni economici e di trattarli come doni divini da amministrare e da condividere, perch� la propriet� originaria di tutti i beni appartiene a Dio.

325 Ges� assume l'intera tradizione dell'Antico Testamento anche sui beni economici, sulla ricchezza e sulla povert�, conferendole una definitiva chiarezza e pienezza (cfr. Mt 6,24 e 13,22; Lc 6,20-24 e 12,15-21; Rm 14,6-8 e 1 Tm 4,4). Egli, donando il Suo Spirito e cambiando i cuori, viene ad instaurare il � Regno di Dio �, cos� da rendere possibile una nuova convivenza nella giustizia, nella fraternit�, nella solidariet� e nella condivisione. Il Regno inaugurato da Cristo perfeziona la bont� originaria del creato e dell'attivit� umana, compromessa dal peccato. Liberato dal male e reintrodotto nella comunione con Dio, ogni uomo pu� continuare l'opera di Ges�, con l'aiuto del Suo Spirito: rendere giustizia ai poveri, affrancare gli oppressi, consolare gli afflitti, ricercare attivamente un nuovo ordine sociale, in cui si offrano adeguate soluzioni alla povert� materiale e vengano arginate pi� efficacemente le forze che ostacolano i tentativi dei pi� deboli di riscattarsi da una condizione di miseria e di schiavit�. Quando ci� accade, il Regno di Dio si fa gi� presente su questa terra, pur non appartenendole. In esso troveranno finalmente compimento le promesse dei Profeti.

326 Alla luce della Rivelazione, l'attivit� economica va considerata e svolta come risposta riconoscente alla vocazione che Dio riserva a ciascun uomo. Questi � posto nel giardino per coltivarlo e custodirlo, usandone secondo limiti ben precisi (cfr. Gen 2,16-17), nell'impegno di perfezionarlo (cfr. Gen 1,26-30; 2,15-16; Sap 9,2-3). Facendosi testimone della grandezza e della bont� del Creatore, l'uomo cammina verso la pienezza della libert� a cui Dio lo chiama. Una buona amministrazione dei doni ricevuti, anche dei doni materiali, � opera di giustizia verso se stessi e verso gli altri uomini: ci� che si riceve va ben usato, conservato, accresciuto, come insegna la parabola dei talenti (cfr. Mt 25,14-30; Lc 19,12-27).

L'attivit� economica e il progresso materiale devono essere posti a servizio dell'uomo e delle societ�; se ci si dedica ad essi con la fede, la speranza e la carit� dei discepoli di Cristo, anche l'economia e il progresso possono essere trasformati in luoghi di salvezza e di santificazione; anche in questi ambiti � possibile dare espressione ad un amore e ad una solidariet� pi� che umani e contribuire alla crescita di una umanit� nuova, che prefiguri il mondo dei tempi ultimi.683 Ges� sintetizza tutta la Rivelazione chiedendo al credente di arricchire davanti a Dio (cfr. Lc 12,21): anche l'economia � utile a questo scopo, quando non tradisce la sua funzione di strumento per la crescita globale dell'uomo e delle societ�, della qualit� umana della vita.

327 La fede in Ges� Cristo permette una corretta comprensione dello sviluppo sociale, nel contesto di un umanesimo integrale e solidale. A questo scopo risulta assai utile il contributo di riflessione teologica offerto dal Magistero sociale: � La fede in Cristo Redentore, mentre illumina dal di dentro la natura dello sviluppo, guida anche nel compito della collaborazione. Nella lettera di san Paolo ai Colossesi leggiamo che Cristo � �il primogenito di tutta la creazione� e che �tutte le cose sono state create per mezzo di lui ed in vista di lui� (1,15-16). Infatti, ogni cosa �ha consistenza in lui�, perch� �piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a s� tutte le cose� (ibid. 1,20). In questo piano divino, che comincia dall'eternit� in Cristo, �immagine� perfetta del Padre, e che culmina in lui, �primogenito di coloro che risuscitano dai morti� (ibid. 1,15-18), s'inserisce la nostra storia, segnata dal nostro sforzo personale e collettivo di elevare la condizione umana, superare gli ostacoli sempre risorgenti lungo il nostro cammino, disponendoci cos� a partecipare alla pienezza che �risiede nel Signore� e che egli comunica �al suo corpo, che � la Chiesa� (ibid. 1,18; cfr. Ef 1,22-23), mentre il peccato, che sempre ci insidia e compromette le nostre realizzazioni umane � vinto e riscattato dalla �riconciliazione� operata da Cristo (cfr. Col 1,20) �.684

b) La ricchezza esiste per essere condivisa

328 I beni, anche se legittimamente posseduti, mantengono sempre una destinazione universale; � immorale ogni forma di indebita accumulazione, perch� in aperto contrasto con la destinazione universale assegnata da Dio Creatore a tutti i beni. La salvezza cristiana, infatti, � una liberazione integrale dell'uomo, liberazione dal bisogno, ma anche rispetto al possesso stesso: � L'attaccamento al denaro infatti � la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio alcuni hanno deviato dalla fede � (1 Tm 6,10). I Padri della Chiesa insistono sulla necessit� della conversione e della trasformazione delle coscienze dei credenti, pi� che su esigenze di cambiamento delle strutture sociali e politiche del loro tempo, sollecitando chi svolge un'attivit� economica e possiede beni a considerarsi amministratore di quanto Dio gli ha affidato.

329 Le ricchezze realizzano la loro funzione di servizio all'uomo quando sono destinate a produrre benefici per gli altri e la societ�: 685 � Come potremmo fare del bene al prossimo � si chiede Clemente Alessandrino � se tutti non possedessero nulla? �.686 Nella visione di san Giovanni Crisostomo, le ricchezze appartengono ad alcuni affinch� essi possano acquistare merito condividendole con gli altri.687 Esse sono un bene che viene da Dio: chi lo possiede lo deve usare e far circolare, cos� che anche i bisognosi possano goderne; il male va visto nell'attaccamento smodato alle ricchezze, nella volont� di accaparrarsele. San Basilio il Grande invita i ricchi ad aprire le porte dei loro magazzini ed esclama: � Un grande fiume si riversa, in mille canali, sul terreno fertile: cos�, per mille vie, tu fa' giungere la ricchezza nelle abitazioni dei poveri �.688 La ricchezza, spiega san Basilio, � come l'acqua che sgorga sempre pi� pura dalla fontana se viene attinta con frequenza, mentre imputridisce se la fontana rimane inutilizzata.689 Il ricco, dir� pi� tardi san Gregorio Magno, non � che un amministratore di ci� che possiede; dare il necessario a chi ne ha bisogno � opera da compiere con umilt�, perch� i beni non appartengono a chi li distribuisce. Chi tiene le ricchezze solo per s� non � innocente; darle a chi ne ha bisogno significa pagare un debito.690

II. MORALE ED ECONOMIA

330 La dottrina sociale della Chiesa insiste sulla connotazione morale dell'economia. Pio XI, in una pagina dell'enciclica � Quadragesimo anno �, affronta il rapporto tra l'economia e la morale: � Sebbene l'economia e la disciplina morale, ciascuna nel suo ambito, si appoggino sui princ�pi propri, sarebbe errore affermare che l'ordine economico e l'ordine morale siano cos� disparati ed estranei l'uno all'altro, che il primo in nessun modo dipenda dal secondo. Certo, le leggi, che si dicono economiche, tratte dalla natura stessa delle cose e dall'indole dell'anima e del corpo umano, stabiliscono quali limiti nel campo economico il potere dell'uomo non possa e quali possa raggiungere, e con quali mezzi; e la stessa ragione, dalla natura delle cose e da quella individuale e sociale dell'uomo, chiaramente deduce quale sia il fine da Dio Creatore proposto a tutto l'ordine economico. Soltanto la legge morale � quella la quale, come ci intima di cercare nel complesso delle nostre azioni il fine supremo ed ultimo, cos� nei particolari generi di operosit� ci dice di cercare quei fini speciali, che a quest'ordine di operazioni sono stati prefissi dalla natura, o meglio, da Dio, autore della natura, e di subordinare armonicamente questi fini particolari al fine supremo �.691

331 Il rapporto tra morale ed economia � necessario e intrinseco: attivit� economica e comportamento morale si compenetrano intimamente. La necessaria distinzione tra morale ed economia non comporta una separazione tra i due ambiti, ma, al contrario, una reciprocit� importante. Come in ambito morale si deve tener conto delle ragioni e delle esigenze dell'economia, operando in campo economico ci si deve aprire alle istanze morali: � Anche nella vita economico-sociale occorre onorare e promuovere la dignit� della persona umana e la sua vocazione integrale e il bene di tutta la societ�. L'uomo infatti � l'autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale �.692 Dare il giusto e dovuto peso alle ragioni proprie dell'economia non significa rifiutare come irrazionale ogni considerazione di ordine metaeconomico, proprio perch� il fine dell'economia non sta nell'economia stessa, bens� nella sua destinazione umana e sociale.693 All'economia, infatti, sia in ambito scientifico sia a livello di prassi, non � affidato il fine della realizzazione dell'uomo e della buona convivenza umana, ma un compito parziale: la produzione, la distribuzione e il consumo di beni materiali e di servizi.

332 La dimensione morale dell'economia fa cogliere come finalit� inscindibili, anzich� separate e alternative, l'efficienza economica e la promozione di uno sviluppo solidale dell'umanit�. La morale, costitutiva della vita economica, non � n� oppositiva, n� neutrale: se ispirata alla giustizia e alla solidariet�, costituisce un fattore di efficienza sociale della stessa economia. � un dovere svolgere in maniera efficiente l'attivit� di produzione dei beni, altrimenti si sprecano risorse; ma non � accettabile una crescita economica ottenuta a discapito degli esseri umani, di interi popoli e gruppi sociali, condannati all'indigenza e all'esclusione. L'espansione della ricchezza, visibile nella disponibilit� di beni e di servizi, e l'esigenza morale di una equa diffusione di questi ultimi devono stimolare l'uomo e la societ� nel suo insieme a praticare la virt� essenziale della solidariet� 694 per combattere, nello spirito della giustizia e della carit�, ovunque ne sia rivelata la presenza, quelle � strutture di peccato � 695 che generano e mantengono povert�, sottosviluppo e degradazione. Tali strutture sono edificate e consolidate da molti atti concreti di egoismo umano.

333 Per assumere un profilo morale, l'attivit� economica deve avere come soggetti tutti gli uomini e tutti i popoli. Tutti hanno il diritto di partecipare alla vita economica e il dovere di contribuire, secondo le proprie capacit�, al progresso del proprio Paese e dell'intera famiglia umana.696 Se, in qualche misura, tutti sono responsabili di tutti, ciascuno ha il dovere di impegnarsi per lo sviluppo economico di tutti: 697 � dovere di solidariet� e di giustizia, ma � anche la via migliore per far progredire l'intera umanit�. Se vissuta moralmente, l'economia � dunque prestazione di un servizio reciproco, mediante la produzione di beni e servizi utili alla crescita di ognuno, e diventa opportunit� per ogni uomo di vivere la solidariet� e la vocazione alla � comunione con gli altri uomini per cui Dio lo ha creato �.698 Lo sforzo di concepire e realizzare progetti economico-sociali capaci di favorire una societ� pi� equa e un mondo pi� umano rappresenta una sfida aspra, ma anche un dovere stimolante, per tutti gli operatori economici e per i cultori delle scienze economiche.699

334 Oggetto dell'economia � la formazione della ricchezza e il suo incremento progressivo, in termini non soltanto quantitativi, ma qualitativi: tutto ci� � moralmente corretto se finalizzato allo sviluppo globale e solidale dell'uomo e della societ� in cui egli vive ed opera. Lo sviluppo, infatti, non pu� essere ridotto a mero processo di accumulazione di beni e servizi. Al contrario, la pura accumulazione, anche qualora fosse per il bene comune, non � una condizione sufficiente per la realizzazione dell'autentica felicit� umana. In questo senso, il Magistero sociale mette in guardia dall'insidia che un tipo di sviluppo solo quantitativo nasconde, perch� la � eccessiva disponibilit� di ogni tipo di beni materiali in favore di alcune fasce sociali rende facilmente gli uomini schiavi del �possesso� e del godimento immediato... � la cosiddetta civilt� dei �consumi�, o consumismo... �.700

335 Nella prospettiva dello sviluppo integrale e solidale, si pu� dare un giusto apprezzamento alla valutazione morale che la dottrina sociale offre sull'economia di mercato o, semplicemente, economia libera: � Se con �capitalismo� si indica un sistema economico che riconosce il ruolo fondamentale e positivo dell'impresa, del mercato, della propriet� privata e della conseguente responsabilit� per i mezzi di produzione, della libera creativit� umana nel settore dell'economia, la risposta � certamente positiva, anche se forse sarebbe pi� appropriato parlare di �economia d'impresa�, o di �economia di mercato�, o semplicemente di �economia libera�. Ma se con �capitalismo� si intende un sistema in cui la libert� nel settore dell'economia non � inquadrata in un solido contesto giuridico che la metta al servizio della libert� umana integrale e la consideri come una particolare dimensione di questa libert�, il cui centro � etico e religioso, allora la risposta � decisamente negativa �.701 In tal modo viene definita la prospettiva cristiana circa le condizioni sociali e politiche dell'attivit� economica: non solo le sue regole, ma anche la sua qualit� morale e il suo significato.

III. INIZIATIVA PRIVATA E IMPRESA

336 La dottrina sociale della Chiesa considera la libert� della persona in campo economico un valore fondamentale e un diritto inalienabile da promuovere e tutelare: � Ciascuno ha il diritto di iniziativa economica; ciascuno user� legittimamente i propri talenti per concorrere a un'abbondanza di cui tutti possano godere, e per raccogliere dai propri sforzi i giusti frutti �.702 Tale insegnamento mette in guardia dalle conseguenze negative che deriverebbero dalla mortificazione o negazione del diritto di iniziativa economica: � L'esperienza ci dimostra che la negazione di un tale diritto, o la sua limitazione in nome di una pretesa �eguaglianza� di tutti nella societ� riduce, o addirittura distrugge di fatto lo spirito d'iniziativa, cio� la soggettivit� creativa del cittadino �.703 In questa prospettiva, la libera e responsabile iniziativa in campo economico pu� essere anche definita come un atto che rivela l'umanit� dell'uomo in quanto soggetto creativo e relazionale. Tale iniziativa deve godere, pertanto, di uno spazio ampio. Lo Stato ha l'obbligo morale di porre dei vincoli stringenti solo in ordine alle incompatibilit� tra il perseguimento del bene comune e il tipo di attivit� economica avviata o le sue modalit� di svolgimento.704

337 La dimensione creativa � un elemento essenziale dell'agire umano, anche in campo imprenditoriale, e si manifesta specialmente nell'attitudine progettuale e innovativa: � Organizzare un tale sforzo produttivo, pianificare la sua durata nel tempo, procurare che esso corrisponda in modo positivo ai bisogni che deve soddisfare, assumendo i rischi necessari: �, anche questo, una fonte di ricchezza dell'odierna societ�. Cos� diventa sempre pi� evidente e determinante il ruolo del lavoro umano disciplinato e creativo e � quale parte essenziale di tale lavoro � delle capacit� di iniziativa e di imprenditorialit� �.705 Alla base di tale insegnamento va individuata la convinzione che � la principale risorsa dell'uomo insieme con la terra � l'uomo stesso. � la sua intelligenza che fa scoprire le potenzialit� produttive della terra e le multiformi modalit� con cui i bisogni umani possono essere soddisfatti �.706

a) L'impresa e i suoi fini

338 L'impresa deve caratterizzarsi per la capacit� di servire il bene comune della societ� mediante la produzione di beni e servizi utili. Cercando di produrre beni e servizi in una logica di efficienza e di soddisfacimento degli interessi dei diversi soggetti implicati, essa crea ricchezza per tutta la societ�: non solo per i proprietari, ma anche per gli altri soggetti interessati alla sua attivit�. Oltre a tale funzione tipicamente economica, l'impresa svolge anche una funzione sociale, creando opportunit� d'incontro, di collaborazione, di valorizzazione delle capacit� delle persone coinvolte. Nell'impresa, pertanto, la dimensione economica � condizione per il raggiungimento di obiettivi non solo economici, ma anche sociali e morali, da perseguire congiuntamente.

L'obiettivo dell'impresa deve essere realizzato in termini e con criteri economici, ma non devono essere trascurati gli autentici valori che permettono lo sviluppo concreto della persona e della societ�. In questa visione personalista e comunitaria, � l'azienda non pu� essere considerata solo come una �societ� di capitali�; essa, al tempo stesso, � una �societ� di persone�, di cui entrano a far parte in modo diverso e con specifiche responsabilit� sia coloro che forniscono il capitale necessario per la sua attivit�, sia coloro che vi collaborano col loro lavoro �.707

339 I componenti dell'impresa devono essere consapevoli che la comunit� nella quale operano rappresenta un bene per tutti e non una struttura che permette di soddisfare esclusivamente gli interessi personali di qualcuno. Solo tale consapevolezza permette di giungere alla costruzione di un'economia veramente al servizio dell'uomo e di elaborare un progetto di reale cooperazione tra le parti sociali.

Un esempio molto importante e significativo nella direzione indicata proviene dall'attivit� che pu� riferirsi alle imprese cooperative, alle piccole e medie imprese, alle aziende artigianali e a quelle agricole a dimensione familiare. La dottrina sociale ha sottolineato il contributo che esse offrono alla valorizzazione del lavoro, alla crescita del senso di responsabilit� personale e sociale, alla vita democratica, ai valori umani utili al progresso del mercato e della societ�.708

340 La dottrina sociale riconosce la giusta funzione del profitto, come primo indicatore del buon andamento dell'azienda: � quando un'azienda produce profitto, ci� significa che i fattori produttivi sono stati adeguatamente impiegati �.709 Ci� non offusca la consapevolezza del fatto che non sempre il profitto segnala che l'azienda stia servendo adeguatamente la societ�.710 � possibile, ad esempio, � che i conti economici siano in ordine ed insieme che gli uomini, che costituiscono il patrimonio pi� prezioso dell'azienda, siano umiliati e offesi nella loro dignit� �.711 � quanto avviene quando l'impresa � inserita in sistemi socio-culturali improntati allo sfruttamento delle persone, inclini a sfuggire agli obblighi di giustizia sociale e a violare i diritti dei lavoratori.

� indispensabile che, all'interno dell'impresa, il legittimo perseguimento del profitto si armonizzi con l'irrinunciabile tutela della dignit� delle persone che a vario titolo operano nella stessa impresa. Le due esigenze non sono affatto in contrasto l'una con l'altra, dal momento che, da una parte, non sarebbe realistico pensare di garantire il futuro dell'impresa senza la produzione di beni e servizi e senza conseguire profitti che siano il frutto dell'attivit� economica svolta; d'altra parte, consentendo alla persona che lavora di crescere, si favorisce una maggiore produttivit� ed efficacia del lavoro stesso. L'impresa deve essere una comunit� solidale 712 non chiusa negli interessi corporativi, tendere ad un'� ecologia sociale � 713 del lavoro, e contribuire al bene comune anche mediante la salvaguardia dell'ambiente naturale.

341 Se nell'attivit� economica e finanziaria la ricerca di un equo profitto � accettabile, il ricorso all'usura � moralmente condannato: � Quanti nei commerci usano pratiche usuraie e mercantili che provocano la fame e la morte dei loro fratelli in umanit�, commettono indirettamente un omicidio, che � loro imputabile �.714 Tale condanna si estende anche ai rapporti economici internazionali, specialmente per quanto riguarda la situazione dei Paesi meno progrediti, ai quali non possono essere applicati � sistemi finanziari abusivi, se non usurai �.715 Il Magistero pi� recente ha avuto parole forti e chiare per una pratica tuttora drammaticamente estesa: � non praticare l'usura, piaga che anche ai nostri giorni � una infame realt�, capace di strangolare la vita di molte persone �.716

342 L'impresa si muove oggi nel quadro di scenari economici di dimensioni sempre pi� ampie, all'interno dei quali gli Stati nazionali mostrano limiti nella capacit� di governare i rapidi processi di mutamento che investono le relazioni economico-finanziarie internazionali; questa situazione induce le imprese ad assumersi responsabilit� nuove e maggiori rispetto al passato. Mai come oggi il loro ruolo risulta determinante in vista di uno sviluppo autenticamente solidale e integrale dell'umanit� ed � altrettanto decisivo, in questo senso, il loro livello di consapevolezza del fatto che � lo sviluppo o diventa comune a tutte le parti del mondo, o subisce un processo di retrocessione anche nelle zone segnate da un costante progresso. Fenomeno, questo, particolarmente indicativo della natura dell'autentico sviluppo: o vi partecipano tutte le Nazioni del mondo, o non sar� veramente tale �.717

b) Il ruolo dell'imprenditore e del dirigente d'azienda

343 L'iniziativa economica � espressione dell'umana intelligenza e dell'esigenza di rispondere ai bisogni dell'uomo in modo creativo e collaborativo. Nella creativit� e nella cooperazione � scritta l'autentica concezione della competizione imprenditoriale: un cum-petere, ossia un cercare insieme le soluzioni pi� adeguate, per rispondere nel modo pi� idoneo ai bisogni che man mano emergono. Il senso di responsabilit� che scaturisce dalla libera iniziativa economica si configura non solo come virt� individuale indispensabile per la crescita umana del singolo, ma anche come virt� sociale necessaria allo sviluppo di una comunit� solidale: � In questo processo sono coinvolte importanti virt�, come la diligenza, la laboriosit�, la prudenza nell'assumere i ragionevoli rischi, l'affidabilit� e la fedelt� nei rapporti interpersonali, la fortezza nell'esecuzione di decisioni difficili
e dolorose, ma necessarie per il lavoro comune dell'azienda e per far fronte agli eventuali rovesci di fortuna �.
718

344 I ruoli dell'imprenditore e del dirigente rivestono un'importanza centrale dal punto di vista sociale, perch� si collocano al cuore di quella rete di legami tecnici, commerciali, finanziari, culturali, che caratterizzano la moderna realt� di impresa. Dal momento che le decisioni aziendali producono, in ragione della crescente complessit� dell'attivit� imprenditoriale, una molteplicit� di effetti congiunti di grande rilevanza non solo economica, ma anche sociale, l'esercizio delle responsabilit� imprenditoriali e dirigenziali esige, oltre ad uno sforzo continuo di aggiornamento specifico, una costante riflessione sulle motivazioni morali che devono guidare le scelte personali di chi � investito di tali compiti.

Gli imprenditori e i dirigenti non possono tener conto esclusivamente dell'obiettivo economico dell'impresa, dei criteri dell'efficienza economica, delle esigenze della cura del � capitale � come insieme di mezzi di produzione: � loro preciso dovere anche il concreto rispetto della dignit� umana dei lavoratori che operano nell'impresa.719 Questi ultimi costituiscono � il patrimonio pi� prezioso dell'azienda �,720 il fattore decisivo della produzione.721 Nelle grandi decisioni strategiche e finanziarie, di acquisto o di vendita, di ridimensionamento o chiusura di impianti, nella politica delle fusioni, non ci si pu� limitare esclusivamente a criteri di natura finanziaria o commerciale.

345 La dottrina sociale insiste sulla necessit� che l'imprenditore e il dirigente si impegnino a strutturare l'attivit� lavorativa nelle loro aziende in modo da favorire la famiglia, specialmente le madri di famiglia nello svolgimento dei loro compiti; 722 assecondino, alla luce di una visione integrale dell'uomo e dello sviluppo, la domanda di qualit� � delle merci da produrre e da consumare; qualit� dei servizi di cui usufruire; qualit� dell'ambiente e della vita in generale �; 723 investano, qualora ricorrano le condizioni economiche e di stabilit� politica, in quei luoghi e in quei settori produttivi che offrono a individui e popoli � l'occasione di valorizzare il proprio lavoro �.724

IV. ISTITUZIONI ECONOMICHE
AL SERVIZIO DELL'UOMO

346 Una delle questioni prioritarie in economia � l'impiego delle risorse,725 cio� di tutti quei beni e servizi a cui i soggetti economici, produttori e consumatori privati e pubblici, attribuiscono un valore per l'utilit� ad essi inerente nel campo della produzione e del consumo. Le risorse sono nella natura quantitativamente scarse e ci� implica, di necessit�, che ogni soggetto economico singolo, cos� come ogni societ�, debba escogitare una qualche strategia per impiegarle nel modo pi� razionale possibile, seguendo la logica dettata dal principio di economicit�. Da ci� dipendono sia l'effettiva soluzione del problema economico pi� generale, e fondamentale, della limitatezza dei mezzi rispetto ai bisogni individuali e sociali, privati e pubblici, sia l'efficienza complessiva, strutturale e funzionale, dell'intero sistema economico. Tale efficienza chiama direttamente in causa la responsabilit� e la capacit� di vari soggetti, quali il mercato, lo Stato e i corpi sociali intermedi.

a) Ruolo del libero mercato

347 Il libero mercato � un'istituzione socialmente importante per la sua capacit� di garantire risultati efficienti nella produzione di beni e servizi. Storicamente, il mercato ha dato prova di saper avviare e sostenere, nel lungo periodo, lo sviluppo economico. Vi sono buone ragioni per ritenere che, in molte circostanze, � il libero mercato sia lo strumento pi� efficace per collocare le risorse e rispondere efficacemente ai bisogni �.726 La dottrina sociale della Chiesa apprezza i sicuri vantaggi che i meccanismi del libero mercato offrono, sia per una migliore utilizzazione delle risorse, sia per l'agevolazione dello scambio dei prodotti; questi meccanismi, � soprattutto, pongono al centro la volont� e le preferenze della persona che nel contratto si incontrano con quelle di un'altra persona �.727

Un vero mercato concorrenziale � uno strumento efficace per conseguire importanti obiettivi di giustizia: moderare gli eccessi di profitto delle singole imprese; rispondere alle esigenze dei consumatori; realizzare un migliore utilizzo e un risparmio delle risorse; premiare gli sforzi imprenditoriali e l'abilit� di innovazione; far circolare l'informazione, in modo che sia davvero possibile confrontare e acquistare i prodotti in un contesto di sana concorrenza.

348 Il libero mercato non pu� essere giudicato prescindendo dai fini che persegue e dai valori che trasmette a livello sociale. Il mercato, infatti, non pu� trovare in se stesso il principio della propria legittimazione. Spetta alla coscienza individuale e alla responsabilit� pubblica stabilire un giusto rapporto tra mezzi e fini.728 L'utile individuale dell'operatore economico, sebbene legittimo, non deve mai diventare l'unico obiettivo. Accanto ad esso, ne esiste un altro, altrettanto fondamentale e superiore, quello dell'utilit� sociale, che deve trovare realizzazione non in contrasto, ma in coerenza con la logica di mercato. Quando svolge le importanti funzioni sopra ricordate, il libero mercato diventa funzionale al bene comune e allo sviluppo integrale dell'uomo, mentre l'inversione del rapporto tra mezzi e fini pu� farlo degenerare in una istituzione disumana e alienante, con ripercussioni incontrollabili.

349 La dottrina sociale della Chiesa, pur riconoscendo al mercato la funzione di strumento insostituibile di regolazione all'interno del sistema economico, mette in evidenza la necessit� di ancorarlo a finalit� morali, che assicurino e, nello stesso tempo, circoscrivano adeguatamente lo spazio della sua autonomia.729 L'idea che si possa affidare al solo mercato la fornitura di tutte le categorie di beni non � condivisibile, perch� basata su una visione riduttiva della persona e della societ�.730 Di fronte al concreto rischio di un'� idolatria � del mercato, la dottrina sociale della Chiesa ne sottolinea il limite, facilmente rilevabile nella sua constatata incapacit� di soddisfare esigenze umane importanti, per le quali c'� bisogno di beni che, � per loro natura, non sono n� possono essere semplici merci �,731 beni non negoziabili secondo la regola dello � scambio di equivalenti � e la logica del contratto, tipiche del mercato.

350 Il mercato assume una funzione sociale rilevante nelle societ� contemporanee, perci� � importante individuarne le potenzialit� pi� positive e creare condizioni che ne permettano il concreto dispiegamento. Gli operatori devono essere effettivamente liberi di confrontare, valutare e scegliere tra varie opzioni, tuttavia la libert�, in ambito economico, deve essere regolata da un appropriato quadro giuridico, tale da porla al servizio della libert� umana integrale: � la libert� economica � soltanto un elemento della libert� umana. Quando quella si rende autonoma, quando cio� l'uomo � visto pi� come un produttore o un consumatore di beni che come un soggetto che produce e consuma per vivere, allora perde la sua necessaria relazione con la persona umana e finisce con l'alienarla ed opprimerla �.732

b) L'azione dello Stato

351 L'azione dello Stato e degli altri poteri pubblici deve conformarsi al principio di sussidiariet� e creare situazioni favorevoli al libero esercizio dell'attivit� economica; essa deve anche ispirarsi al principio di solidariet� e stabilire dei limiti all'autonomia delle parti per difendere la pi� debole.733 La solidariet� senza sussidiariet�, infatti, pu� degenerare facilmente in assistenzialismo, mentre la sussidiariet� senza solidariet� rischia di alimentare forme di localismo egoistico. Per rispettare questi due fondamentali principi, l'intervento dello Stato in ambito economico non deve essere n� invadente, n� carente, bens� commisurato alle reali esigenze della societ�: � Lo Stato ... ha il dovere di assecondare l'attivit� delle imprese, creando condizioni che assicurino occasioni di lavoro, stimolandola ove essa risulti insufficiente o sostenendola nei momenti di crisi. Lo Stato, ancora, ha il diritto di intervenire quando situazioni particolari di monopolio creino remore o ostacoli per lo sviluppo. Ma, oltre a questi compiti di armonizzazione e di guida dello sviluppo, esso pu� svolgere funzioni di supplenza in situazioni eccezionali �.734

352 Il compito fondamentale dello Stato in ambito economico � quello di definire un quadro giuridico atto a regolare i rapporti economici, al fine di � salvaguardare... le condizioni prime di un'economia libera, che presuppone una certa eguaglianza tra le parti, tale che una di esse non sia tanto pi� potente dell'altra da poterla ridurre praticamente in schiavit� �.735 L'attivit� economica, soprattutto in un contesto di libero mercato, non pu� svolgersi in un vuoto istituzionale, giuridico e politico: � Essa suppone, al contrario, sicurezza circa le garanzie della libert� individuale e della propriet�, oltre che una moneta stabile e servizi pubblici efficienti �.736 Per assolvere il suo compito, lo Stato deve elaborare un'opportuna legislazione, ma anche indirizzare in modo oculato le politiche economiche e sociali, cos� da non diventare mai prevaricatore nelle varie attivit� di mercato, il cui svolgimento deve rimanere libero da sovrastrutture e costrizioni autoritarie o, peggio, totalitarie.

353 Occorre che mercato e Stato agiscano di concerto l'uno con l'altro e si rendano complementari. Il libero mercato pu� recare effetti benefici per la collettivit� soltanto in presenza di un'organizzazione dello Stato che definisca e orienti la direzione dello sviluppo economico, che faccia rispettare regole eque e trasparenti, che intervenga anche in modo diretto, per il tempo strettamente necessario,737 nei casi in cui il mercato non riesce a ottenere i risultati di efficienza desiderati e quando si tratta di tradurre in atto il principio ridistributivo. In alcuni ambiti, il mercato, infatti, non � in grado, facendo leva sui propri meccanismi, di garantire una distribuzione equa di alcuni beni e servizi essenziali alla crescita umana dei cittadini: in questo caso la complementarit� tra Stato e mercato � quanto mai necessaria.

354 Lo Stato pu� sollecitare i cittadini e le imprese alla promozione del bene comune provvedendo ad attuare una politica economica che favorisca la partecipazione di tutti i suoi cittadini alle attivit� produttive. Il rispetto del principio di sussidiariet� deve spingere le autorit� pubbliche a ricercare condizioni favorevoli allo sviluppo delle capacit� d'iniziativa individuali, dell'autonomia e della responsabilit� personali dei cittadini, astenendosi da ogni intervento che possa costituire un condizionamento indebito delle forze imprenditoriali.

In vista del bene comune si deve sempre perseguire con costante determinazione l'obiettivo di un giusto equilibrio tra libert� privata ed azione pubblica, intesa sia come intervento diretto in economia, sia come attivit� di sostegno allo sviluppo economico. In ogni caso, l'intervento pubblico dovr� attenersi a criteri di equit�, razionalit� ed efficienza, e non sostituire l'azione dei singoli, contro il loro diritto alla libert� di iniziativa economica. Lo Stato, in questo caso, diventa deleterio per la societ�: un intervento diretto troppo pervasivo finisce per deresponsabilizzare i cittadini e produce una crescita eccessiva di apparati pubblici guidati pi� da logiche burocratiche che dall'obiettivo di soddisfare i bisogni delle persone.738

355 La raccolta fiscale e la spesa pubblica assumono un'importanza economica cruciale per ogni comunit� civile e politica: l'obiettivo verso cui tendere � una finanza pubblica capace di proporsi come strumento di sviluppo e di solidariet�. Una finanza pubblica equa, efficiente, efficace, produce effetti virtuosi sull'economia, perch� riesce a favorire la crescita dell'occupazione, a sostenere le attivit� imprenditoriali e le iniziative senza scopo di lucro, e contribuisce ad accrescere la credibilit� dello Stato quale garante dei sistemi di previdenza e di protezione sociale, destinati in particolare a proteggere i pi� deboli.

La finanza pubblica si orienta al bene comune quando si attiene ad alcuni fondamentali principi: il pagamento delle imposte 739 come specificazione del dovere di solidariet�; razionalit� ed equit� nell'imposizione dei tributi; 740 rigore e integrit� nell'amministrazione e nella destinazione delle risorse pubbliche.741 Nel ridistribuire le risorse, la finanza pubblica deve seguire i principi della solidariet�, dell'uguaglianza, della valorizzazione dei talenti, e prestare grande attenzione a sostenere le famiglie, destinando a tal fine un'adeguata quantit� di risorse.742

c) Il ruolo dei corpi intermedi

356 Il sistema economico-sociale deve essere caratterizzato dalla compresenza di azione pubblica e privata, inclusa l'azione privata senza finalit� di lucro. Si configura in tal modo una pluralit� di centri decisionali e di logiche di azione. Vi sono alcune categorie di beni, collettivi e di uso comune, la cui utilizzazione non pu� dipendere dai meccanismi del mercato 743 e non � neppure di esclusiva competenza dello Stato. Il compito dello Stato, in relazione a questi beni, � piuttosto quello di valorizzare tutte le iniziative sociali ed economiche che hanno effetti pubblici, promosse dalle formazioni intermedie. La societ� civile, organizzata nei suoi corpi intermedi, � capace di contribuire al conseguimento del bene comune ponendosi in un rapporto di collaborazione e di efficace complementarit� rispetto allo Stato e al mercato, favorendo cos� lo sviluppo di un'opportuna democrazia economica. In un simile contesto, l'intervento dello Stato va improntato all'esercizio di una vera solidariet�, che come tale non deve mai essere disgiunta dalla sussidiariet�.

357 Le organizzazioni private senza fine di lucro hanno un loro spazio specifico in ambito economico. Contraddistingue tali organizzazioni il coraggioso tentativo di coniugare armonicamente efficienza produttiva e solidariet�. In genere esse si costituiscono sulla base di un patto associativo e sono espressione di una comune tensione ideale dei soggetti che liberamente decidono di aderirvi. Lo Stato � chiamato a rispettare la natura di queste organizzazioni e a valorizzarne le caratteristiche, dando concreta attuazione al principio di sussidiariet�, che postula appunto un rispetto e una promozione della dignit� e dell'autonoma responsabilit� del soggetto � sussidiato �.

d) Risparmio e consumo

358 I consumatori, che in molti casi dispongono di ampi margini di potere d'acquisto, ben al di l� della soglia di sussistenza, possono notevolmente influenzare la realt� economica con le loro libere scelte tra consumo e risparmio. La possibilit� di influire sulle scelte del sistema economico, infatti, � nelle mani di chi deve decidere sulla destinazione delle proprie risorse finanziarie. Oggi pi� che in passato � possibile valutare le alternative disponibili non solo sulla base del previsto rendimento o del loro grado di rischio, ma anche esprimendo un giudizio di valore sui progetti di investimento che le risorse andranno a finanziare, nella consapevolezza che � la scelta di investire in un luogo piuttosto che in un altro, in un settore produttivo piuttosto che in un altro, � sempre una scelta morale e culturale �.744

359 L'utilizzo del proprio potere d'acquisto va esercitato nel contesto delle esigenze morali della giustizia e della solidariet� e di precise responsabilit� sociali: non bisogna dimenticare � il dovere della carit�, cio� il dovere di sovvenire col proprio �superfluo� e, talvolta, anche col proprio �necessario� per dare ci� che � indispensabile alla vita del povero �.745 Tale responsabilit� conferisce ai consumatori la possibilit� di indirizzare, grazie alla maggiore circolazione delle informazioni, il comportamento dei produttori, mediante la decisione � individuale o collettiva � di preferire i prodotti di alcune imprese anzich� di altre, tenendo conto non solo dei prezzi e della qualit� dei prodotti, ma anche dell'esistenza di corrette condizioni di lavoro nelle imprese, nonch� del grado di tutela assicurato per l'ambiente naturale che lo circonda.

360 Il fenomeno del consumismo mantiene un persistente orientamento verso l'� avere � anzich� verso l'� essere �. Esso impedisce di � distinguere correttamente le forme nuove e pi� elevate di soddisfacimento dei bisogni umani dai nuovi bisogni indotti, che ostacolano la formazione di una matura personalit� �.746 Per contrastare questo fenomeno � necessario adoperarsi per costruire � stili di vita, nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti �.747 � innegabile che le influenze del contesto sociale sugli stili di vita sono notevoli: per questo la sfida culturale, che oggi il consumismo pone, deve essere affrontata con maggiore incisivit�, soprattutto se si considerano le generazioni future, le quali rischiano di dover vivere in un ambiente naturale saccheggiato a causa di un consumo eccessivo e disordinato.748

V. LE � RES NOVAE � IN ECONOMIA

a) La globalizzazione: le opportunit� e i rischi

361 Il nostro tempo � segnato dal complesso fenomeno della globalizzazione economico-finanziaria, cio� un processo di crescente integrazione delle economie nazionali, sul piano del commercio di beni e servizi e delle transazioni finanziarie, nel quale un numero sempre maggiore di operatori assume un orizzonte globale per le scelte che deve operare in funzione delle opportunit� di crescita e di profitto. Il nuovo orizzonte della societ� globale non � dato semplicemente dalla presenza di legami economici e finanziari tra attori nazionali operanti in Paesi diversi, che sono peraltro sempre esistiti, quanto piuttosto dalla pervasivit� e dalla natura assolutamente inedita del sistema di relazioni che si va sviluppando. Sempre pi� decisivo e centrale diventa il ruolo dei mercati finanziari, le cui dimensioni, in seguito alla liberalizzazione degli scambi e alla circolazione dei capitali, si sono accresciute enormemente con una velocit� impressionante, al punto da consentire agli operatori di spostare � in tempo reale �, da una parte all'altra del globo, capitali in grandi quantit�. Si tratta di una realt� multiforme e non semplice da decifrare, in quanto si dispiega su vari livelli ed evolve continuamente, lungo traiettorie difficilmente prevedibili.

362 La globalizzazione alimenta nuove speranze, ma origina anche inquietanti interrogativi.749

Essa pu� produrre effetti potenzialmente benefici per l'intera umanit�: intrecciandosi con l'impetuoso sviluppo delle telecomunicazioni, il percorso di crescita del sistema di relazioni economiche e finanziarie ha consentito simultaneamente una notevole riduzione nei costi delle comunicazioni e delle nuove tecnologie, nonch� un'accelerazione nel processo di estensione su scala planetaria degli scambi commerciali e delle transazioni finanziarie. In altre parole, � accaduto che i due fenomeni, globalizzazione economico-finanziaria e progresso tecnologico, si sono rafforzati a vicenda, rendendo estremamente rapida la dinamica complessiva dell'attuale fase economica.

Analizzando il contesto attuale, oltre ad individuare le opportunit� che si dischiudono nell'era dell'economia globale, si colgono anche i rischi legati alle nuove dimensioni delle relazioni commerciali e finanziarie. Non mancano, infatti, indizi rivelatori di una tendenza all'aumento delle disuguaglianze, sia tra Paesi avanzati e Paesi in via di sviluppo, sia all'interno dei Paesi industrializzati. Alla crescente ricchezza economica resa possibile dai processi descritti si accompagna una crescita della povert� relativa.

363 La cura del bene comune impone di cogliere le nuove occasioni di ridistribuzione di ricchezza tra le diverse aree del pianeta, a vantaggio di quelle pi� sfavorite e finora rimaste escluse o ai margini del progresso sociale ed economico: 750 � La sfida insomma � quella di assicurare una globalizzazione nella solidariet�, una globalizzazione senza marginalizzazione �.751 Lo stesso progresso tecnologico rischia di ripartire iniquamente tra i Paesi i propri effetti positivi. Le innovazioni, infatti, possono penetrare e diffondersi all'interno di una determinata collettivit�, se i loro potenziali beneficiari raggiungono una soglia minima di sapere e di risorse finanziarie: � evidente che, in presenza di forti disparit� tra i Paesi nell'accesso alle conoscenze tecnico-scientifiche e ai pi� recenti prodotti tecnologici, il processo di globalizzazione finisce per allargare, anzich� ridurre, le disuguaglianze tra i Paesi in termini di sviluppo economico e sociale. Data la natura delle dinamiche in atto, la libera circolazione di capitali non � di per s� sufficiente a favorire l'avvicinamento dei Paesi in via di sviluppo a quelli pi� avanzati.

364 Il commercio rappresenta una componente fondamentale delle relazioni economiche internazionali, contribuendo in maniera determinante alla specializzazione produttiva e alla crescita economica dei diversi Paesi. Oggi pi� che mai il commercio internazionale, se opportunamente orientato, promuove lo sviluppo ed � capace di creare nuova occupazione e di fornire utili risorse. La dottrina sociale ha pi� volte messo in luce le distorsioni del sistema commerciale internazionale752 che spesso, a causa delle politiche protezionistiche, discrimina i prodotti provenienti dai Paesi poveri ed ostacola la crescita di attivit� industriali e il trasferimento di tecnologie verso tali Paesi.753 Il continuo deterioramento nei termini di scambio delle materie prime e l'aggravarsi del divario tra Paesi ricchi e poveri ha spinto il Magistero a richiamare l'importanza dei criteri etici che dovrebbero orientare le relazioni economiche internazionali: il perseguimento del bene comune e la destinazione universale dei beni; l'equit� nelle relazioni commerciali; l'attenzione ai diritti e ai bisogni dei pi� poveri nelle politiche commerciali e di cooperazione internazionale. Diversamente, � i poveri restano ognora poveri, mentre i ricchi diventano sempre pi� ricchi �.754

365 Una solidariet� adeguata all'era della globalizzazione richiede la difesa dei diritti umani. A questo riguardo il Magistero segnala che non solo � la prospettiva ... di un'autorit� pubblica internazionale a servizio dei diritti umani, della libert� e della pace, non si � ancora interamente realizzata, ma si deve registrare, purtroppo, la non infrequente esitazione della comunit� internazionale nel dovere di rispettare e applicare i diritti umani. Questo dovere tocca tutti i diritti fondamentali e non consente scelte arbitrarie, che porterebbero a realizzare forme di discriminazione e di ingiustizia. Allo stesso tempo, siamo testimoni dell'affermarsi di una preoccupante forbice tra una serie di nuovi �diritti� promossi nelle societ� tecnologicamente avanzate e diritti umani elementari che tuttora non vengono soddisfatti soprattutto in situazioni di sottosviluppo: penso, ad esempio, al diritto al cibo, all'acqua potabile, alla casa, all'auto-determinazione e all'indipendenza �.755

366 L'estensione della globalizzazione deve essere accompagnata da una pi� matura presa di coscienza, da parte delle organizzazioni della societ� civile, dei nuovi compiti ai quali sono chiamate a livello mondiale. Anche grazie ad un'azione incisiva da parte di queste organizzazioni, sar� possibile collocare l'attuale processo di crescita dell'economia e della finanza su scala planetaria in un orizzonte che garantisca un effettivo rispetto dei diritti dell'uomo e dei popoli nonch� un'equa distribuzione delle risorse, all'interno di ogni Paese e tra Paesi diversi: � La libert� degli scambi non � equa se non subordinatamente alle esigenze della giustizia sociale �.756

Particolare attenzione va riservata alle specificit� locali e alle diversit� culturali, che rischiano di essere compromesse dai processi economico-finanziari in atto: � La globalizzazione non deve essere un nuovo tipo di colonialismo. Deve rispettare la diversit� delle culture che, nell'ambito dell'armonia universale dei popoli, sono le chiavi interpretative della vita. In particolare, non deve privare i poveri di ci� che resta loro di pi� prezioso, incluse le credenze e le pratiche religiose, poich� convinzioni religiose autentiche sono la manifestazione pi� chiara della libert� umana �.757

367 Nell'epoca della globalizzazione va sottolineata con forza la solidariet� fra le generazioni: � In passato la solidariet� tra le generazioni era in molti Paesi un atteggiamento naturale da parte della famiglia; oggi � diventato anche un dovere della comunit� �.758 � bene che tale solidariet� continui ad essere perseguita nelle comunit� politiche nazionali, ma oggi il problema si pone anche per la comunit� politica globale, affinch� la mondializzazione non si realizzi a discapito dei pi� bisognosi e dei pi� deboli. La solidariet� tra le generazioni richiede che nella pianificazione globale si agisca secondo il principio dell'universale destinazione dei beni, che rende illecito moralmente e controproducente economicamente scaricare i costi attuali sulle future generazioni: illecito moralmente perch� significa non assumersi le dovute responsabilit�, controproducente economicamente perch� la correzione dei guasti � pi� dispendiosa della prevenzione. Questo principio va applicato soprattutto � anche se non solo � nel campo delle risorse della terra e della salvaguardia del creato, reso particolarmente delicato dalla globalizzazione, la quale riguarda tutto il pianeta, inteso come unico ecosistema.759

b) Il sistema finanziario internazionale

368 I mercati finanziari non sono certo una novit� della nostra epoca: gi� da molto tempo, in varie forme, essi si sono fatti carico di rispondere all'esigenza di finanziare attivit� produttive. L'esperienza storica attesta che, in assenza di sistemi finanziari adeguati, non si sarebbe avuta crescita economica. Gli investimenti su larga scala, tipici delle moderne economie di mercato, non sarebbero stati possibili senza il fondamentale ruolo di intermediazione svolto dai mercati finanziari, che ha permesso, tra l'altro, di apprezzare le funzioni positive del risparmio per lo sviluppo complessivo del sistema economico e sociale. Se la creazione di quello che � stato definito il � mercato globale dei capitali � ha prodotto effetti benefici, grazie al fatto che la maggiore mobilit� dei capitali ha permesso alle attivit� produttive di avere pi� facilmente disponibilit� di risorse, l'accresciuta mobilit�, d'altra parte, ha fatto aumentare anche il rischio di crisi finanziarie. Lo sviluppo della finanza, le cui transazioni hanno superato di gran lunga, in volume, quelle reali, rischia di seguire una logica sempre pi� autoreferenziale, senza collegamento con la base reale dell'economia.

369 Un'economia finanziaria fine a se stessa � destinata a contraddire le sue finalit�, poich� si priva delle proprie radici e della propria ragione costitutiva, ossia del suo ruolo originario ed essenziale di servizio all'economia reale e, in definitiva, di sviluppo delle persone e delle comunit� umane. Il quadro complessivo risulta ancora pi� preoccupante alla luce della configurazione fortemente asimmetrica che contraddistingue il sistema finanziario internazionale: i processi di innovazione e di deregolamentazione dei mercati finanziari tendono infatti a consolidarsi solo in alcune parti del globo. Ci� � fonte di gravi preoccupazioni di natura etica, perch� i Paesi esclusi dai processi descritti, pur non godendo dei benefici da questi prodotti, non sono tuttavia al riparo da eventuali conseguenze negative dell'instabilit� finanziaria sui loro sistemi economici reali, soprattutto se fragili e in ritardo di sviluppo.760

L'improvvisa accelerazione di processi quali l'enorme incremento nel valore dei portafogli amministrati dalle istituzioni finanziarie e il rapido proliferare di nuovi e sofisticati strumenti finanziari rende quanto mai urgente l'individuazione di soluzioni istituzionali capaci di favorire efficacemente la stabilit� del sistema, senza ridurne le potenzialit� e l'efficienza. � indispensabile introdurre un quadro normativo che consenta di tutelare tale stabilit� in tutte le sue complesse articolazioni, di promuovere la concorrenza tra gli intermediari e di assicurare la massima trasparenza a vantaggio degli investitori.

c) Il ruolo della comunit� internazionale nell'epoca dell'economia globale

370 La perdita di centralit� da parte degli attori statali deve coincidere con un maggior impegno della comunit� internazionale nell'esercizio di un deciso ruolo di indirizzo economico e finanziario. Un'importante conseguenza del processo di globalizzazione, infatti, consiste nella graduale perdita di efficacia dello Stato nazione nella guida delle dinamiche economico-finanziarie nazionali. I Governi dei singoli Paesi vedono la propria azione in campo economico e sociale sempre pi� fortemente condizionata dalle aspettative dei mercati internazionali dei capitali e dalle sempre pi� incalzanti richieste di credibilit� provenienti dal mondo finanziario. A causa dei nuovi legami tra gli operatori globali, le tradizionali misure difensive degli Stati appaiono condannate al fallimento e, di fronte alle nuove aree della competizione, passa in secondo piano la nozione stessa di mercato nazionale.

371 Quanto pi� il sistema economico-finanziario mondiale raggiunge livelli elevati di complessit� organizzativa e funzionale, tanto pi� si pone come prioritario il compito di regolare tali processi, finalizzandoli al conseguimento del bene comune della famiglia umana. Emerge concretamente l'esigenza che, oltre agli Stati nazionali, sia la stessa comunit� internazionale ad assumersi questa delicata funzione, con strumenti politici e giuridici adeguati ed efficaci.

� dunque indispensabile che le istituzioni economiche e finanziarie internazionali sappiano individuare le soluzioni istituzionali pi� appropriate ed elaborino le strategie di azione pi� opportune allo scopo di orientare un cambiamento che, se venisse sub�to passivamente e abbandonato a se stesso, provocherebbe esiti drammatici soprattutto a danno degli strati pi� deboli e indifesi della popolazione mondiale.

Negli Organismi internazionali devono essere equamente rappresentati gli interessi della grande famiglia umana; � necessario che queste istituzioni, � nel valutare le conseguenze delle loro decisioni, tengano sempre adeguato conto di quei popoli e Paesi che hanno scarso peso sul mercato internazionale, ma concentrano i bisogni pi� vivi e dolenti e necessitano di maggior sostegno per il loro sviluppo �.761

372 Anche la politica, al pari dell'economia, deve saper estendere il proprio raggio d'azione al di l� dei confini nazionali, acquisendo rapidamente quella dimensione operativa mondiale che le pu� consentire di indirizzare i processi in atto alla luce di parametri non solo economici, ma anche morali. L'obiettivo di fondo sar� quello di guidare tali processi assicurando il rispetto della dignit� dell'uomo e lo sviluppo completo della sua personalit�, nell'orizzonte del bene comune.762 L'assunzione di questo compito comporta la responsabilit� di accelerare il consolidamento delle istituzioni esistenti cos� come la creazione di nuovi organi cui affidare tali responsabilit�.763 Lo sviluppo economico, infatti, pu� essere duraturo se si dispiega all'interno di un quadro chiaro e definito di norme e di un ampio progetto di crescita morale, civile e culturale dell'intera famiglia umana.

d) Uno sviluppo integrale e solidale

373 Uno dei compiti fondamentali degli attori dell'economia internazionale � il raggiungimento di uno sviluppo integrale e solidale per l'umanit�, vale a dire, � la promozione di ogni uomo e di tutto l'uomo �.764 Tale compito richiede una concezione dell'economia che garantisca, a livello internazionale, l'equa distribuzione delle risorse e risponda alla coscienza dell'interdipendenza � economica, politica e culturale � che unisce ormai definitivamente i popoli tra loro e li fa sentire legati ad un unico destino.765 I problemi sociali assumono sempre pi� una dimensione planetaria. Nessuno Stato pu� pi� affrontarli e risolverli da solo. Le attuali generazioni toccano con mano la necessit� della solidariet� e avvertono concretamente il bisogno di superare la cultura individualistica.766 Si registra sempre pi� diffusamente l'esigenza di modelli di sviluppo che non prevedano solo � di elevare tutti i popoli al livello di cui godono oggi i Paesi pi� ricchi, ma di costruire nel lavoro solidale una vita pi� degna, di far crescere effettivamente la dignit� e la creativit� di ogni singola persona, la sua capacit� di rispondere alla propria vocazione e, dunque, all'appello di Dio, in essa contenuto �.767

374 Uno sviluppo pi� umano e solidale giover� anche agli stessi Paesi ricchi. Essi � avvertono spesso una sorta di smarrimento esistenziale, un'incapacit� di vivere e di godere rettamente il senso della vita, pur in mezzo all'abbondanza dei beni materiali, un'alienazione e una perdita della propria umanit� in molte persone, che si sentono ridotte al ruolo di ingranaggi nel meccanismo della produzione e del consumo e non trovano il modo di affermare la propria dignit� di uomini, fatti a immagine e somiglianza di Dio �.768 I Paesi ricchi hanno dimostrato di avere la capacit� di creare benessere materiale, ma sovente a spese dell'uomo e delle fasce sociali pi� deboli: � non si pu� ignorare che le frontiere della ricchezza e della povert� attraversano al loro interno le stesse societ� sia sviluppate che in via di sviluppo. Difatti, come esistono diseguaglianze sociali fino a livello di miseria nei Paesi ricchi, cos�, parallelamente, nei Paesi meno sviluppati si vedono non di rado manifestazioni di egoismo e ostentazioni di ricchezza, tanto sconcertanti quanto scandalose �.769

e) La necessit� di una grande opera educativa e culturale

375 Per la dottrina sociale, l'economia � � solo un aspetto ed una dimensione della complessa attivit� umana. Se essa � assolutizzata, se la produzione ed il consumo delle merci finiscono con l'occupare il centro della vita sociale e diventano l'unico valore della societ�, non subordinato ad alcun altro, la causa va ricercata non solo e non tanto nel sistema economico stesso, quanto nel fatto che l'intero sistema socio-culturale, ignorando la dimensione etica e religiosa, si � indebolito e ormai si limita solo alla produzione dei beni e dei servizi �.770 La vita dell'uomo, al pari di quella sociale della collettivit�, non pu� essere ridotta ad una dimensione materialistica, anche se i beni materiali sono estremamente necessari sia ai fini della pura sopravvivenza, sia per il miglioramento del tenore di vita: � alla base di ogni sviluppo completo della societ� umana sta la crescita del senso di Dio e della conoscenza di s� �.771

376 Di fronte all'incedere rapido del progresso tecnico-economico e alla mutevolezza, altrettanto rapida, dei processi di produzione e di consumo, il Magistero avverte l'esigenza di proporre una grande opera educativa e culturale: � la domanda di un'esistenza qualitativamente pi� soddisfacente e pi� ricca � in s� cosa legittima; ma non si possono non sottolineare le nuove responsabilit� ed i pericoli connessi con questa fase storica... Individuando nuovi bisogni e nuove modalit� per il loro soddisfacimento, � necessario lasciarsi guidare da un'immagine integrale dell'uomo, che rispetti tutte le dimensioni del suo essere e subordini quelle materiali e istintive a quelle interiori e spirituali... �, perci�, necessaria ed urgente una grande opera educativa e culturale, la quale comprenda l'educazione dei consumatori ad un uso responsabile del loro potere di scelta, la formazione di un alto senso di responsabilit� nei produttori e, soprattutto, nei professionisti delle comunicazioni di massa, oltre che il necessario intervento delle pubbliche Autorit� �.772

  

CAPITOLO OTTAVO

LA COMUNIT� POLITICA

I. ASPETTI BIBLICI

a) La signoria di Dio

377 Il popolo di Israele, nella fase iniziale della sua storia, non ha re, come gli altri popoli, perch� riconosce soltanto la signoria di Jahve. � Dio che interviene nella storia attraverso uomini carismatici, come testimonia il Libro dei Giudici. All'ultimo di questi uomini, Samuele, profeta e giudice, il popolo chieder� un re (cfr. 1 Sam 8,5; 10,18-19). Samuele mette in guardia gli Israeliti circa le conseguenze di un esercizio dispotico della regalit� (cfr. 1 Sam 8,11-18) ); il potere regale, tuttavia, pu� essere anche sperimentato come dono di Jahve che viene in soccorso del Suo popolo (cfr. 1 Sam 9,16). Alla fine, Saul ricever� l'unzione regale (cfr. 1 Sam 10,1- 2). La vicenda evidenzia le tensioni che portarono Israele ad una concezione della regalit� diversa da quella dei popoli vicini: il re, scelto da Jahve (cfr. Dt 17,15; 1 Sam 9,16) e da Lui consacrato (cfr. 1 Sam 16,12-13), sar� visto come Suo figlio (cfr. Sal 2,7) e dovr� renderne visibile la signoria e il disegno di salvezza (cfr. Sal 72). Dovr� dunque farsi difensore dei deboli e assicurare al popolo la giustizia: le denunce dei profeti si appunteranno proprio sulle inadempienze dei re (cfr. 1 Re 21; Is 10,1-4; Am 2,6-8; 8,4-8; Mi 3,1-4).

378 Il prototipo del re scelto da Jahve � Davide, di cui il racconto biblico sottolinea con compiacimento l'umile condizione (cfr. 1 Sam 16,1-13). Davide � il depositario della promessa (cfr. 2 Sam 7,13-16; Sal 89,2-38; 132,11-18), che lo rende iniziatore di una speciale tradizione regale, la tradizione � messianica �. Essa, nonostante tutti i peccati e le infedelt� dello stesso Davide e dei suoi successori, culmina in Ges� Cristo, l'� unto di Jahve � (cio� � consacrato del Signore �: cfr. 1 Sam 2,35; 24,7.11; 26,9.16; cfr. anche Es 30,22-32) per eccellenza, figlio di Davide (cfr. le due genealogie in Mt 1,1-17 e Lc 3,23-38; cfr. anche Rm 1,3).

Il fallimento sul piano storico della regalit� non porter� alla scomparsa dell'ideale di un re che, nella fedelt� a Jahve, governi con saggezza e operi la giustizia. Questa speranza riappare pi� volte nei Salmi (cfr. Sal 2; 18; 20; 21; 72). Negli oracoli messianici � attesa, per il tempo escatologico, la figura di un re abitato dallo Spirito del Signore, pieno di sapienza e in grado di rendere giustizia ai poveri (cfr. Is 11,2-5; Ger 23,5-6). Vero pastore del popolo d'Israele (cfr. Ez 34,23-24; 37,24), egli porter� la pace alle genti (cfr. Zc 9,9-10). Nella letteratura sapienziale, il re � presentato come colui che pronuncia giusti giudizi e aborrisce l'iniquit� (cfr. Pr 16,12), giudica i poveri con equit� (cfr. Pr 29,14) ed � amico dell'uomo dal cuore puro (cfr. Pr 22,11). Diventa via via pi� esplicito l'annuncio di quanto i Vangeli e gli altri testi del Nuovo Testamento vedono realizzato in Ges� di Nazaret, incarnazione definitiva della figura del re descritta nell'Antico Testamento.

b) Ges� e l'autorit� politica

379 Ges� rifiuta il potere oppressivo e dispotico dei capi sulle Nazioni (cfr. Mc 10,42) e la loro pretesa di farsi chiamare benefattori (cfr. Lc 22,25), ma non contesta mai direttamente le autorit� del Suo tempo. Nella diatriba sul tributo da dare a Cesare (cfr. Mc 12,13-17; Mt 22,15-22; Lc 20,20-26), Egli afferma che occorre dare a Dio quello che � di Dio, condannando implicitamente ogni tentativo di divinizzazione e di assolutizzazione del potere temporale: solo Dio pu� esigere tutto dall'uomo. Nello stesso tempo, il potere temporale ha diritto a ci� che gli � dovuto: Ges� non considera ingiusto il tributo a Cesare.

Ges�, il Messia promesso, ha combattuto e sconfitto la tentazione di un messianismo politico, caratterizzato dal dominio sulle Nazioni (cfr. Mt 4,8- 11; Lc 4,5-8). Egli � il Figlio dell'uomo venuto � per servire e dare la propria vita � (Mc 10,45; cfr. Mt 20,24-28; Lc 22,24-27). Ai Suoi discepoli che discutono su chi sia il pi� grande, il Signore insegna a farsi ultimi e a servire tutti (cfr. Mc 9,33-35), indicando ai figli di Zebed�o, Giacomo e Giovanni, che ambiscono a sedersi alla Sua destra, il cammino della croce (cfr. Mc 10,35-40; Mt 20,20-23).

c) Le prime comunit� cristiane

380 La sottomissione, non passiva, ma per ragioni di coscienza (cfr. Rm 13,5), al potere costituito risponde all'ordine stabilito da Dio. San Paolo definisce i rapporti e i doveri dei cristiani verso le autorit� (cfr. Rm 13,1- 7). Insiste sul dovere civico di pagare i tributi: � Rendete a ciascuno ci� che gli � dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi le tasse, le tasse; a chi il timore, il timore; a chi il rispetto, il rispetto � (Rm 13,7). L'Apostolo non intende certo legittimare ogni potere, quanto piuttosto aiutare i cristiani a � compiere il bene davanti a tutti gli uomini � (Rm 12,17), anche nei rapporti con l'autorit�, in quanto essa � al servizio di Dio per il bene della persona (cfr. Rm 13,4; 1 Tm 2,1-2; Tt 3,1) e � per la giusta condanna di chi opera il male � (Rm 13,4).

San Pietro esorta i cristiani a stare � sottomessi ad ogni istituzione umana per amore del Signore � (1 Pt 2,13). Il re e i suoi governatori hanno il compito di � punire i malfattori e premiare i buoni � (1 Pt 2,14). La loro autorit� deve essere � onorata � (cfr. 1 Pt 2,17), cio� riconosciuta, perch� Dio esige un comportamento retto, che chiuda � la bocca all'ignoranza degli stolti � (1 Pt 2,15). La libert� non pu� essere usata per coprire la propria malizia, ma per servire Dio (cfr. ib.). Si tratta allora di un'obbedienza libera e responsabile ad un'autorit� che fa rispettare la giustizia, assicurando il bene comune.

381 La preghiera per i governanti, raccomandata da san Paolo durante le persecuzioni, indica esplicitamente ci� che l'autorit� politica deve garantire: una vita calma e tranquilla, da trascorrere con tutta piet� e dignit� (cfr. 1 Tm 2,1-2). I cristiani devono � essere pronti per ogni opera buona � (Tt 3,1), � mostrando ogni dolcezza verso tutti gli uomini � (Tt 3,2), consapevoli di essere stati salvati non per le loro opere, ma per la misericordia di Dio. Senza � un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso [da Dio] su di noi abbondantemente per mezzo di Ges� Cristo, salvatore nostro � (Tt 3,5-6), tutti gli uomini sono � insensati, disobbedienti, traviati, schiavi di ogni sorta di passioni e di piaceri, [vivono] nella malvagit� e nell'invidia, degni di odio e [odiandosi] a vicenda � (Tt 3,3). Non si deve dimenticare la miseria della condizione umana, segnata dal peccato e riscattata dall'amore di Dio.

382 Quando il potere umano esce dai limiti dell'ordine voluto da Dio, si autodivinizza e chiede l'assoluta sottomissione; diventa allora la Bestia dell'Apocalisse, immagine del potere imperiale persecutore, ebbro � del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Ges� � (Ap 17,6). La Bestia ha al suo servizio il � falso profeta � (Ap 19,20), che spinge gli uomini ad adorarla con portenti che seducono. Questa visione addita profeticamente tutte le insidie usate da Satana per governare gli uomini, insinuandosi nel loro spirito con la menzogna. Ma Cristo � l'Agnello Vincitore di ogni potere che si assolutizza, nel corso della storia umana. Di fronte a tale potere, san Giovanni raccomanda la resistenza dei martiri: in questo modo i credenti testimoniano che il potere corrotto e satanico � vinto, perch� non ha pi� nessun ascendente su di loro.

383 La Chiesa annuncia che Cristo, vincitore della morte, regna sull'universo che Egli stesso ha riscattato. Il Suo regno si estende anche nel tempo presente e finir� soltanto quando tutto sar� consegnato al Padre e la storia umana si compir� con il giudizio finale (cfr. 1 Cor 15,20-28). Cristo svela all'autorit� umana, sempre tentata dal dominio, il suo significato autentico e compiuto di servizio. Dio � Padre unico e Cristo unico maestro per tutti gli uomini, che sono fratelli. La sovranit� appartiene a Dio. Il Signore, tuttavia, � non ha voluto riservare solo a s� l'esercizio di tutti i poteri. Egli assegna ad ogni creatura le funzioni che essa � in grado di esercitare, secondo le capacit� proprie della sua natura. Questo modo di governare deve essere imitato nella vita sociale. Il comportamento di Dio nel governo del mondo, che testimonia un profondissimo rispetto per la libert� umana, dovrebbe ispirare la saggezza di coloro che governano le comunit� umane. Costoro devono comportarsi come ministri della provvidenza divina �.773

Il messaggio biblico ispira incessantemente il pensiero cristiano sul potere politico, ricordando che esso scaturisce da Dio ed � parte integrante dell'ordine da Lui creato. Tale ordine � percepito dalle coscienze e si realizza, nella vita sociale, mediante la verit�, la giustizia, la libert� e la solidariet� che procurano la pace.774

II. IL FONDAMENTO
E IL FINE DELLA COMUNIT� POLITICA

a) Comunit� politica, persona umana e popolo

384 La persona umana � fondamento e fine della convivenza politica.775 Dotata di razionalit�, essa � responsabile delle proprie scelte e capace di perseguire progetti che danno senso alla sua vita, a livello individuale e sociale. L'apertura verso la Trascendenza e verso gli altri � il tratto che la caratterizza e contraddistingue: soltanto in rapporto con la Trascendenza e con gli altri, la persona umana raggiunge la piena e completa realizzazione di s�. Questo significa che per l'uomo, creatura naturalmente sociale e politica, � la vita sociale non � qualcosa di accessorio �,776 bens� un'essenziale ed ineliminabile dimensione.

La comunit� politica scaturisce dalla natura delle persone, la cui coscienza � rivela e ordina perentoriamente di seguire � 777 l'ordine scolpito da Dio in tutte le Sue creature: � un ordine etico-religioso, il quale incide pi� di ogni altro valore materiale sugli indirizzi e le soluzioni da dare ai problemi della vita individuale ed associata nell'interno delle comunit� nazionali e nei rapporti tra esse �.778 Tale ordine deve essere gradualmente scoperto e sviluppato dall'umanit�. La comunit� politica, realt� connaturale agli uomini, esiste per ottenere un fine altrimenti irraggiungibile: la crescita pi� piena di ciascuno dei suoi membri, chiamati a collaborare stabilmente per realizzare il bene comune,779 sotto la spinta della loro tensione naturale verso il vero e verso il bene.

385 La comunit� politica trova nel riferimento al popolo la sua autentica dimensione: essa � �, e deve essere in realt�, l'unit� organica e organizzatrice di un vero popolo �.780 Il popolo non � una moltitudine amorfa, una massa inerte da manipolare e strumentalizzare, bens� un insieme di persone, ciascuna delle quali � al proprio posto e nel proprio modo �781 ha la possibilit� di formarsi una propria opinione sulla cosa pubblica e la libert� di esprimere la propria sensibilit� politica e di farla valere in maniera confacente al bene comune. Il popolo � vive della pienezza della vita degli uomini che lo compongono, ciascuno dei quali ... � una persona consapevole delle proprie responsabilit� e delle proprie convinzioni �.782 Gli appartenenti ad una comunit� politica, pur essendo uniti organicamente tra loro come popolo, conservano, tuttavia, un'insopprimibile autonomia a livello di esistenza personale e dei fini da perseguire.

386 Ci� che caratterizza in primo luogo un popolo � la condivisione di vita e di valori, che � fonte di comunione a livello spirituale e morale: � La convivenza umana... deve essere considerata anzitutto come un fatto spirituale: quale comunicazione di conoscenze nella luce del vero; esercizio di diritti e adempimento di doveri; impulso e richiamo al bene morale; e come nobile comune godimento del bello in tutte le sue legittime espressioni; permanente disposizione ad effondere gli uni negli altri il meglio di se stessi; anelito ad una mutua e sempre pi� ricca assimilazione di valori spirituali: valori nei quali trovano la loro perenne vivificazione e il loro orientamento di fondo le espressioni culturali, il mondo economico, le istituzioni sociali, i movimenti e i regimi politici, gli ordinamenti giuridici e tutti gli altri elementi esteriori, in cui si articola e si esprime la convivenza nel suo evolversi incessante �.783

387 A ogni popolo corrisponde in generale una Nazione, ma per varie ragioni non sempre i confini nazionali coincidono con quelli etnici.784 Sorge cos� la questione delle minoranze, che storicamente ha originato non pochi conflitti. Il Magistero afferma che le minoranze costituiscono gruppi con specifici diritti e doveri. In primo luogo, un gruppo minoritario ha diritto alla propria esistenza: � Tale diritto pu� essere disatteso in diverse maniere, fino ai casi estremi in cui � negato mediante forme manifeste o indirette di genocidio �.785 Inoltre, le minoranze hanno diritto di mantenere la loro cultura, compresa la lingua, nonch� le loro convinzioni religiose, compresa la celebrazione del culto. Nella legittima rivendicazione dei propri diritti, le minoranze possono essere spinte a cercare una maggiore autonomia o addirittura l'indipendenza: in tali delicate circostanze, dialogo e negoziato sono il cammino per raggiungere la pace. In ogni caso il ricorso al terrorismo � ingiustificabile e danneggerebbe la causa che si vuole difendere. Le minoranze hanno anche doveri da assolvere tra cui, anzitutto, la cooperazione al bene comune dello Stato in cui sono inserite. In particolare, � un gruppo minoritario ha il dovere di promuovere la libert� e la dignit� di ciascuno dei suoi membri e di rispettare le scelte di ogni suo individuo, anche quando uno decidesse di passare alla cultura maggioritaria �.786

b) Tutelare e promuovere i diritti umani

388 Considerare la persona umana come fondamento e fine della comunit� politica significa adoperarsi, innanzi tutto, per il riconoscimento e il rispetto della sua dignit� mediante la tutela e la promozione dei diritti fondamentali e inalienabili dell'uomo: � Nell'epoca moderna, l'attuazione del bene comune trova la sua indicazione di fondo nei diritti e nei doveri della persona �.787 Nei diritti umani sono condensate le principali esigenze morali e giuridiche che devono presiedere alla costruzione della comunit� politica. Essi costituiscono una norma oggettiva che sta a fondamento del diritto positivo e che non pu� essere ignorata dalla comunit� politica, perch� la persona le � ontologicamente e finalisticamente anteriore: il diritto positivo deve garantire la soddisfazione delle esigenze umane fondamentali.

389 La comunit� politica persegue il bene comune operando per la creazione di un ambiente umano in cui ai cittadini sia offerta la possibilit� di un reale esercizio dei diritti umani e di un pieno adempimento dei relativi doveri: � l'esperienza attesta che qualora manchi una appropriata azione dei poteri pubblici, gli squilibri economici, sociali e culturali tra gli esseri umani tendono, soprattutto nell'epoca nostra, ad accentuarsi; di conseguenza i fondamentali diritti della persona rischiano di rimanere privi di contenuto; e viene compromesso l'adempimento dei rispettivi doveri �.788

La piena realizzazione del bene comune richiede che la comunit� politica sviluppi, nell'ambito dei diritti umani, una duplice e complementare azione, di difesa e di promozione: � Si deve quindi evitare che, attraverso la preferenza data alla tutela dei diritti di alcuni individui o gruppi sociali, si creino posizioni di privilegio; e si deve pure evitare che, nell'intento di promuovere gli accennati diritti, si arrivi all'assurdo risultato di ridurre eccessivamente o renderne impossibile il genuino esercizio �.789

c) La convivenza basata sull'amicizia civile

390 Il significato profondo della convivenza civile e politica non emerge immediatamente dall'elenco dei diritti e dei doveri della persona. Tale convivenza acquista tutto il suo significato se basata sull'amicizia civile e sulla fraternit�.790 Il campo del diritto, infatti, � quello dell'interesse tutelato e del rispetto esteriore, della protezione dei beni materiali e della loro ripartizione secondo regole stabilite; il campo dell'amicizia, invece, � quello del disinteresse, del distacco dai beni materiali, della loro donazione, della disponibilit� interiore alle esigenze dell'altro.791 L'amicizia civile,792 cos� intesa, � l'attuazione pi� autentica del principio di fraternit�, che � inseparabile da quello di libert� e di uguaglianza.793 Si tratta di un principio rimasto in gran parte non attuato nelle societ� politiche moderne e contemporanee, soprattutto a causa dell'influsso esercitato dalle ideologie individualistiche e collettivistiche.

391 Una comunit� � solidamente fondata quando tende alla promozione integrale della persona e del bene comune; in questo caso, il diritto viene definito, rispettato e vissuto anche secondo le modalit� della solidariet� e della dedizione al prossimo. La giustizia richiede che ognuno possa godere dei propri beni e dei propri diritti e pu� essere considerata la misura minima dell'amore.794 La convivenza diventa tanto pi� umana quanto pi� � caratterizzata dallo sforzo verso una pi� matura consapevolezza dell'ideale verso cui essa deve tendere, che � la � civilt� dell'Amore �.795

L'uomo � una persona, non solo un individuo.796 Con il termine � persona � si indica � una natura dotata di intelligenza e di volont� libera �: 797 � dunque una realt� ben superiore a quella di un soggetto che si esprime nei bisogni prodotti dalla mera dimensione materiale. La persona umana, infatti, pur partecipando attivamente all'opera tesa al soddisfacimento dei bisogni in seno alla societ� familiare, civile e politica, non trova realizzazione completa di s� fino a quando non supera la logica del bisogno per proiettarsi in quella della gratuit� e del dono, che pi� pienamente risponde alla sua essenza e alla sua vocazione comunitaria.

392 Il precetto evangelico della carit� illumina i cristiani sul significato pi� profondo della convivenza politica. Per renderla veramente umana, � non c'� niente di meglio che favorire il senso interiore della giustizia e benevolenza e del servizio al bene comune, e corroborare le convinzioni fondamentali sulla vera natura della comunit� politica e sul fine, sul legittimo esercizio e sui limiti dell'autorit� pubblica �.798 L'obiettivo che i credenti devono proporsi � la realizzazione di rapporti comunitari fra le persone. La visione cristiana della societ� politica conferisce il massimo rilievo al valore della comunit�, sia come modello organizzativo della convivenza sia come stile di vita quotidiana.

III. L'AUTORIT� POLITICA

a) Il fondamento dell'autorit� politica

393 La Chiesa si � confrontata con diverse concezioni dell'autorit�, avendo sempre cura di difenderne e di proporne un modello fondato sulla natura sociale delle persone: � Iddio, infatti, ha creato gli esseri umani sociali per natura; e poich� non vi pu� essere �societ� che si sostenga, se non c'� chi sovrasti gli altri, muovendo ognuno con efficacia ed unit� di mezzi verso un fine comune, ne segue che alla convivenza civile � indispensabile l'autorit� che la regga; la quale, non altrimenti che la societ�, � da natura, e perci� stesso viene da Dio� �.799 L'autorit� politica � pertanto necessaria 800 a motivo dei compiti che le sono attribuiti e deve essere una componente positiva e insostituibile della convivenza civile.801

394 L'autorit� politica deve garantire la vita ordinata e retta della comunit�, senza sostituirsi alla libera attivit� dei singoli e dei gruppi, ma disciplinandola e orientandola, nel rispetto e nella tutela dell'indipendenza dei soggetti individuali e sociali, verso la realizzazione del bene comune. L'autorit� politica � lo strumento di coordinamento e di direzione mediante il quale i singoli e i corpi intermedi si devono orientare verso un ordine le cui relazioni, istituzioni e procedure siano al servizio della crescita umana integrale. L'esercizio dell'autorit� politica, infatti, � sia nella comunit� come tale, sia negli organismi che rappresentano lo stato, deve sempre essere praticato entro i limiti dell'ordine morale, per procurare il bene comune � concepito per� dinamicamente � secondo un ordinamento giuridico legittimamente definito o da definire. Allora i cittadini sono obbligati in coscienza ad obbedire �.802

395 Il soggetto dell'autorit� politica � il popolo, considerato nella sua totalit� quale detentore della sovranit�. Il popolo, in varie forme, trasferisce l'esercizio della sua sovranit� a coloro che liberamente elegge suoi rappresentanti, ma conserva la facolt� di farla valere nel controllo dell'operato dei governanti e anche nella loro sostituzione, qualora essi non adempiano in maniera soddisfacente alle loro funzioni. Sebbene questo sia un diritto valido in ogni Stato e in qualsiasi regime politico, il sistema della democrazia, grazie alle sue procedure di controllo, ne permette e ne garantisce la migliore attuazione.803 Il solo consenso popolare non � tuttavia sufficiente a far ritenere giuste le modalit� di esercizio dell'autorit� politica.

b) L'autorit� come forza morale

396 L'autorit� deve lasciarsi guidare dalla legge morale: tutta la sua dignit� deriva dallo svolgersi nell'ambito dell'ordine morale,804 � il quale si fonda in Dio, che ne � il primo principio e l'ultimo fine �.805 In ragione del necessario riferimento a quest'ordine, che la precede e la fonda, delle sue finalit� e dei destinatari, l'autorit� non pu� essere intesa come una forza determinata da criteri di carattere puramente sociologico e storico: � In alcune... concezioni, purtroppo, non si riconosce l'esistenza dell'ordine morale: ordine trascendente, universale, assoluto, uguale e valevole per tutti. Viene meno cos� la possibilit� di incontrarsi e di intendersi pienamente e sicuramente nella luce di una stessa legge di giustizia ammessa e seguita da tutti �.806 Questo ordine � non si regge che in Dio: scisso da Dio si disintegra �.807 Proprio da questo ordine l'autorit� trae la virt� di obbligare 808 e la propria legittimit� morale; 809 non dall'arbitrio o dalla volont� di potenza,810 ed � tenuta a tradurre tale ordine nelle azioni concrete per raggiungere il bene comune.811

397 L'autorit� deve riconoscere, rispettare e promuovere i valori umani e morali essenziali. Essi sono innati, � scaturiscono dalla verit� stessa dell'essere umano ed esprimono e tutelano la dignit� della persona: valori, pertanto, che nessun individuo, nessuna maggioranza e nessuno Stato potranno mai creare, modificare o distruggere �.812 Essi non trovano fondamento in provvisorie e mutevoli � maggioranze � di opinione, ma devono essere semplicemente riconosciuti, rispettati e promossi come elementi di una legge morale obiettiva, legge naturale iscritta nel cuore dell'uomo (cfr. Rm 2,15), e punto di riferimento normativo della stessa legge civile.813 Quando, per un tragico oscuramento della coscienza collettiva, lo scetticismo giungesse a porre in dubbio persino i principi fondamentali della legge morale,814 lo stesso ordinamento statale sarebbe scosso nelle sue fondamenta, riducendosi a un puro meccanismo di regolazione pragmatica dei diversi e contrapposti interessi.815

398 L'autorit� deve emanare leggi giuste, cio� conformi alla dignit� della persona umana e ai dettami della retta ragione: � La legge umana in tanto � tale in quanto � conforme alla retta ragione e quindi deriva dalla legge eterna. Quando invece una legge � in contrasto con la ragione, la si denomina legge iniqua; in tal caso per� cessa di essere legge e diviene piuttosto un atto di violenza �.816 L'autorit� che comanda secondo ragione pone il cittadino in rapporto non tanto di sudditanza rispetto a un altro uomo, quanto piuttosto di obbedienza all'ordine morale e, quindi, a Dio stesso che ne � la fonte ultima.817 Chi rifiuta obbedienza all'autorit� che agisce secondo l'ordine morale � si oppone all'ordine stabilito da Dio � (Rm 13,2).818 Analogamente l'autorit� pubblica, che ha il suo fondamento nella natura umana e appartiene all'ordine prestabilito da Dio,819 qualora non si adoperi per realizzare il bene comune, disattende il suo fine proprio e perci� stesso si delegittima.

c) Il diritto all'obiezione di coscienza

399 Il cittadino non � obbligato in coscienza a seguire le prescrizioni delle autorit� civili se sono contrarie alle esigenze dell'ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo.820 Le leggi ingiuste pongono gli uomini moralmente retti di fronte a drammatici problemi di coscienza: quando sono chiamati a collaborare ad azioni moralmente cattive, hanno l'obbligo di rifiutarsi.821 Oltre ad essere un dovere morale, questo rifiuto � anche un diritto umano basilare che, proprio perch� tale, la stessa legge civile deve riconoscere e proteggere: � Chi ricorre all'obiezione di coscienza deve essere salvaguardato non solo da sanzioni penali, ma anche da qualsiasi danno sul piano legale, disciplinare, economico e professionale �.822

� un grave dovere di coscienza non prestare collaborazione, neppure formale, a quelle pratiche che, pur ammesse dalla legislazione civile, sono in contrasto con la Legge di Dio. Tale collaborazione, infatti, non pu� mai essere giustificata, n� invocando il rispetto della libert� altrui, n� facendo leva sul fatto che la legge civile la prevede e la richiede. Alla responsabilit� morale degli atti compiuti nessuno pu� mai sottrarsi e su tale responsabilit� ciascuno sar� giudicato da Dio stesso (cfr. Rm 2,6; 14,12).

d) Il diritto di resistere

400 Riconoscere che il diritto naturale fonda e limita il diritto positivo significa ammettere che � legittimo resistere all'autorit� qualora questa violi gravemente e ripetutamente i principi del diritto naturale. San Tommaso d'Aquino scrive che � si � tenuti a obbedire... per quanto lo esige l'ordine della giustizia �.823 Il fondamento del diritto di resistenza � quindi il diritto di natura.

Diverse possono essere le manifestazioni concrete che la realizzazione di tale diritto pu� assumere. Diversi possono essere anche i fini perseguiti. La resistenza all'autorit� mira a ribadire la validit� di una diversa visione delle cose, sia quando si cerca di ottenere un mutamento parziale, modificando ad esempio alcune leggi, sia quando ci si batte per un radicale cambiamento della situazione.

401 La dottrina sociale indica i criteri per l'esercizio del diritto di resistenza: � La resistenza all'oppressione del potere politico non ricorrer� legittimamente alle armi, salvo quando sussistano tutte insieme le seguenti condizioni: 1. in caso di violazioni certe, gravi e prolungate dei diritti fondamentali; 2. dopo che si siano tentate tutte le altre vie; 3. senza che si provochino disordini peggiori; 4. qualora vi sia una fondata speranza di successo; 5. se � impossibile intravedere ragionevolmente soluzioni migliori �.824 La lotta armata � contemplata quale estremo rimedio per porre fine a una � tirannia evidente e prolungata che attentasse gravemente ai diritti fondamentali della persona e nuocesse in modo pericoloso al bene comune di un paese �.825 La gravit� dei pericoli che il ricorso alla violenza oggi comporta fa ritenere comunque preferibile la strada della resistenza passiva, � pi� conforme ai principi morali e non meno promettente di successo �.826

e) Infliggere le pene

402 Per tutelare il bene comune, la legittima autorit� pubblica ha il diritto e il dovere di comminare pene proporzionate alla gravit� dei delitti.827 Lo Stato ha il duplice compito di reprimere i comportamenti lesivi dei diritti dell'uomo e delle regole fondamentali di una civile convivenza, nonch� di rimediare, tramite il sistema delle pene, al disordine causato dall'azione delittuosa. Nello Stato di diritto, il potere di infliggere le pene � correttamente affidato alla Magistratura: � Le Costituzioni degli Stati moderni, definendo i rapporti che devono esistere tra il potere legislativo, l'esecutivo e il giudiziario, garantiscono a quest'ultimo la necessaria indipendenza nell'ambito della legge �.828

403 La pena non serve unicamente allo scopo di difendere l'ordine pubblico e di garantire la sicurezza delle persone: essa diventa, altres�, uno strumento per la correzione del colpevole, una correzione che assume anche il valore morale di espiazione quando il colpevole accetta volontariamente la sua pena.829 La finalit� cui tendere � duplice: da un lato favorire il reinserimento delle persone condannate; da un altro lato promuovere una giustizia riconciliatrice, capace di restaurare le relazioni di armonica convivenza spezzate dall'atto criminoso.

A questo riguardo, � importante l'attivit� che i cappellani delle carceri sono chiamati a svolgere, non solo sotto il profilo specificamente religioso, ma anche in difesa della dignit� delle persone detenute. Purtroppo, le condizioni in cui esse scontano la loro pena non favoriscono sempre il rispetto della loro dignit�; spesso le prigioni diventano addirittura teatro di nuovi crimini. L'ambiente degli istituti di pena offre, tuttavia, un terreno privilegiato sul quale testimoniare, ancora una volta, la sollecitudine cristiana in campo sociale: � ero... carcerato e siete venuti a trovarmi � (Mt 25,35-36).

404 L'attivit� degli uffici preposti all'accertamento della responsabilit� penale, che � sempre di carattere personale, deve tendere alla rigorosa ricerca della verit� e va condotta nel pieno rispetto della dignit� e dei diritti della persona umana: si tratta di assicurare i diritti del colpevole come quelli dell'innocente. Si deve sempre avere presente il principio giuridico generale per cui non si pu� comminare una pena se prima non si � provato il delitto.

Nell'espletamento delle indagini va scrupolosamente osservata la regola che interdice la pratica della tortura, anche nel caso dei reati pi� gravi: � Il discepolo di Cristo respinge ogni ricorso a simili mezzi, che nulla potrebbe giustificare e in cui la dignit� dell'uomo viene avvilita tanto in colui che viene colpito quanto nel suo carnefice �.830 Gli strumenti giuridici internazionali relativi ai diritti dell'uomo indicano giustamente il divieto della tortura come un principio al quale non si pu� derogare in alcuna circostanza.

Va altres� escluso � il ricorso ad una detenzione motivata soltanto dal tentativo di ottenere notizie significative per il processo �.831 Inoltre, va assicurata � la piena celerit� dei processi: una loro eccessiva lunghezza diventa intollerabile per i cittadini e finisce per tradursi in una vera e propria ingiustizia �.832

I magistrati sono tenuti a un doveroso riserbo nello svolgimento delle loro inchieste per non violare il diritto degli indagati alla riservatezza e per non indebolire il principio della presunzione d'innocenza. Poich� anche un giudice pu� sbagliarsi, � opportuno che la legislazione disponga un equo indennizzo per la vittima di un errore giudiziario.

405 La Chiesa vede come un segno di speranza � la sempre pi� diffusa avversione dell'opinione pubblica alla pena di morte anche solo come strumento di �legittima difesa� sociale, in considerazione delle possibilit� di cui dispone una moderna societ� di reprimere efficacemente il crimine in modi che, mentre rendono inoffensivo colui che l'ha commesso, non gli tolgono definitivamente la possibilit� di redimersi �.833 Seppure l'insegnamento tradizionale della Chiesa non escluda � supposto il pieno accertamento dell'identit� e della responsabilit� del colpevole � la pena di morte � quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani �,834 i metodi non cruenti di repressione e di punizione sono preferibili in quanto � meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e pi� conformi alla dignit� della persona umana �.835 Il crescente numero di Paesi che adottano provvedimenti per abolire la pena di morte o per sospenderne l'applicazione � anche una prova del fatto che i casi in cui � assolutamente necessario sopprimere il reo � sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti �.836 La crescente avversione dell'opinione pubblica alla pena di morte e i vari provvedimenti in vista della sua abolizione, ovvero della sospensione della sua applicazione, costituiscono visibili manifestazioni di una maggiore sensibilit� morale.

IV. IL SISTEMA DELLA DEMOCRAZIA

406 Un giudizio esplicito e articolato sulla democrazia � contenuto nell'enciclicaCentesimus annus: � La Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilit� sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ci� risulti opportuno. Essa, pertanto, non pu� favorire la formazione di gruppi dirigenti ristretti, i quali per interessi particolari o per fini ideologici usurpano il potere dello Stato. Un'autentica democrazia � possibile soltanto in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana. Essa esige che si verifichino le condizioni necessarie per la promozione sia delle singole persone mediante l'educazione e la formazione ai veri ideali, sia della �soggettivit�� della societ� mediante la creazione di strutture di partecipazione e di corresponsabilit� �.837

a) I valori e la democrazia

407 Un'autentica democrazia non � solo il risultato di un rispetto formale di regole, ma � il frutto della convinta accettazione dei valori che ispirano le procedure democratiche: la dignit� di ogni persona umana, il rispetto dei diritti dell'uomo, l'assunzione del � bene comune � come fine e criterio regolativo della vita politica. Se non vi � un consenso generale su tali valori, si smarrisce il significato della democrazia e si compromette la sua stabilit�.

La dottrina sociale individua uno dei rischi maggiori per le attuali democrazie nel relativismo etico, che induce a ritenere inesistente un criterio oggettivo e universale per stabilire il fondamento e la corretta gerarchia dei valori: � Oggi si tende ad affermare che l'agnosticismo e il relativismo scettico sono la filosofia e l'atteggiamento fondamentale rispondenti alle forme politiche democratiche, e che quanti sono convinti di conoscere la verit� e aderiscono con fermezza ad essa non sono affidabili dal punto di vista democratico, perch� non accettano che la verit� sia determinata dalla maggioranza o sia variabile a seconda dei diversi equilibri politici. A questo proposito, bisogna osservare che, se non esiste nessuna verit� ultima la quale guida ed orienta l'azione politica, allora le idee e le convinzioni possono esser facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia �.838 La democrazia � fondamentalmente � un �ordinamento� e, come tale, uno strumento e non un fine. Il suo carattere �morale� non � automatico, ma dipende dalla conformit� alla legge morale a cui, come ogni altro comportamento umano, deve sottostare: dipende cio� dalla moralit� dei fini che persegue e dei mezzi di cui si serve �.839

b) Istituzioni e democrazia

408 Il Magistero riconosce la validit� del principio relativo alla divisione dei poteri in uno Stato: � � preferibile che ogni potere sia bilanciato da altri poteri e da altre sfere di competenza, che lo mantengano nel suo giusto limite. �, questo, il principio dello �Stato di diritto�, nel quale � sovrana la legge, e non la volont� arbitraria degli uomini �.840

Nel sistema democratico, l'autorit� politica � responsabile di fronte al popolo. Gli organismi rappresentativi devono essere sottoposti ad un effettivo controllo da parte del corpo sociale. Questo controllo � possibile innanzi tutto tramite libere elezioni, che permettono la scelta nonch� la sostituzione dei rappresentanti. L'obbligo, da parte degli eletti, di rendere conto del loro operato, garantito dal rispetto delle scadenze elettorali, � elemento costitutivo della rappresentanza democratica.

409 Nel loro campo specifico (elaborazione delle leggi, attivit� di governo e controllo su di essa), gli eletti devono impegnarsi nella ricerca e nell'attuazione di ci� che pu� giovare al buon andamento della convivenza civile nel suo complesso.841 L'obbligo dei governanti di rispondere ai governati non implica affatto che i rappresentanti siano semplici agenti passivi degli elettori. Il controllo esercitato dai cittadini, infatti, non esclude la necessaria libert� di cui gli eletti devono godere nello svolgimento del loro mandato in relazione agli obiettivi da perseguire: questi non dipendono esclusivamente da interessi di parte, ma in misura molto maggiore dalla funzione di sintesi e di mediazione in vista del bene comune, che costituisce una delle finalit� essenziali e irrinunciabili dell'autorit� politica.

c) Le componenti morali della rappresentanza politica

410 Coloro che hanno responsabilit� politiche non devono dimenticare o sottovalutare la dimensione morale della rappresentanza, che consiste nell'impegno di condividere le sorti del popolo e nel cercare la soluzione dei problemi sociali. In questa prospettiva, autorit� responsabile significa anche autorit� esercitata mediante il ricorso alle virt� che favoriscono la pratica del potere con spirito di servizio 842 (pazienza, modestia, moderazione, carit�, sforzo di condivisione); un'autorit� esercitata da persone in grado di assumere autenticamente come finalit� del proprio operare il bene comune e non il prestigio o l'acquisizione di vantaggi personali.

411 Tra le deformazioni del sistema democratico, la corruzione politica � una delle pi� gravi,843 perch� tradisce al tempo stesso i principi della morale e le norme della giustizia sociale; compromette il corretto funzionamento dello Stato, influendo negativamente sul rapporto tra governanti e governati; introduce una crescente sfiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche, causando una progressiva disaffezione dei cittadini nei confronti della politica e dei suoi rappresentanti, con il conseguente indebolimento delle istituzioni. La corruzione distorce alla radice il ruolo delle istituzioni rappresentative, perch� le usa come terreno di scambio politico tra richieste clientelari e prestazioni dei governanti. In tal modo, le scelte politiche favoriscono gli obiettivi ristretti di quanti possiedono i mezzi per influenzarle e impediscono la realizzazione del bene comune di tutti i cittadini.

412 La pubblica amministrazione, a qualsiasi livello � nazionale, regionale, comunale �, quale strumento dello Stato, ha come finalit� quella di servire i cittadini: � Posto al servizio dei cittadini, lo Stato � il gestore del bene del popolo, che deve amministrare in vista del bene comune �.844 Contrasta con questa prospettiva l'eccesso di burocratizzazione, che si verifica quando � le istituzioni, diventando complesse nell'organizzazione e pretendendo di gestire ogni spazio disponibile, finiscono per essere rovinate dal funzionalismo impersonale, dall'esagerata burocrazia, dagli ingiusti interessi privati, dal disimpegno facile e generalizzato �.845 Il ruolo di chi lavora nella pubblica amministrazione non va concepito come qualcosa di impersonale e di burocratico, bens� come un aiuto premuroso per i cittadini, esercitato con spirito di servizio.

d) Strumenti di partecipazione politica

413 I partiti politici hanno il compito di favorire una partecipazione diffusa e l'accesso di tutti a pubbliche responsabilit�. I partiti sono chiamati ad interpretare le aspirazioni della societ� civile orientandole al bene comune,846 offrendo ai cittadini la possibilit� effettiva di concorrere alla formazione delle scelte politiche. I partiti devono essere democratici al loro interno, capaci di sintesi politica e di progettualit�.

Strumento di partecipazione politica � anche il referendum, in cui si realizza una forma diretta di accesso alle scelte politiche. L'istituto della rappresentanza non esclude, infatti, che i cittadini possano essere interpellati direttamente per le scelte di maggiore rilievo della vita sociale.

e) Informazione e democrazia

414 L'informazione � tra i principali strumenti di partecipazione democratica. Non � pensabile alcuna partecipazione senza la conoscenza dei problemi della comunit� politica, dei dati di fatto e delle varie proposte di soluzione. Occorre assicurare un reale pluralismo in questo delicato ambito della vita sociale, garantendo una molteplicit� di forme e strumenti nel campo dell'informazione e della comunicazione e agevolando condizioni di uguaglianza nel possesso e nell'uso di tali strumenti mediante leggi appropriate. Tra gli ostacoli che si frappongono alla piena realizzazione del diritto all'obiettivit� nell'informazione,847 merita attenzione particolare il fenomeno delle concentrazioni editoriali e televisive, con pericolosi effetti per l'intero sistema democratico quando a tale fenomeno corrispondono legami sempre pi� stretti tra l'attivit� governativa, i poteri finanziari e l'informazione.

415 I mezzi di comunicazione sociale si devono utilizzare per edificare e sostenere la comunit� umana, nei vari settori, economico, politico, culturale, educativo, religioso: 848 � L'informazione attraverso i mass-media � al servizio del bene comune. La societ� ha diritto ad un'informazione fondata sulla verit�, la libert�, la giustizia e la solidariet� �.849

La questione essenziale relativa all'attuale sistema informativo � se esso contribuisca a rendere la persona umana veramente migliore, cio� pi� matura spiritualmente, pi� cosciente della dignit� della sua umanit�, pi� responsabile, pi� aperta agli altri, in particolare verso i pi� bisognosi e i pi� deboli. Un altro aspetto di grande importanza � la necessit� che le nuove tecnologie rispettino le legittime differenze culturali.

416 Nel mondo dei mezzi di comunicazione sociale le difficolt� intrinseche della comunicazione spesso vengono ingigantite dall'ideologia, dal desiderio di profitto e di controllo politico, da rivalit� e conflitti fra gruppi, e da altri mali sociali. I valori e i principi morali valgono anche per il settore delle comunicazioni sociali: � La dimensione etica tocca non solo il contenuto della comunicazione (il messaggio) e il processo di comunicazione (come viene fatta la comunicazione), ma anche questioni fondamentali strutturali e sistemiche, che spesso coinvolgono temi relativi alle politiche di distribuzione delle tecnologie e dei prodotti sofisticati (chi sar� ricco e chi povero di informazioni?) �.850

In tutte e tre le aree � del messaggio, del processo, delle questioni strutturali � � sempre valido un principio morale fondamentale: la persona e la comunit� umana sono il fine e la misura dell'uso dei mezzi di comunicazione sociale. Un secondo principio � complementare al primo: il bene delle persone non si pu� realizzare indipendentemente dal bene comune delle comunit� alle quali le persone appartengono.851 � necessaria una partecipazione al processo decisionale riguardante la politica delle comunicazioni. Tale partecipazione, di forma pubblica, deve essere autenticamente rappresentativa e non volta a favorire gruppi particolari, quando i mezzi di comunicazione sociale perseguono scopi di lucro.852

V. LA COMUNIT� POLITICA
A SERVIZIO DELLA SOCIET� CIVILE

a) Il valore della societ� civile

417 La comunit� politica � costituita per essere al servizio della societ� civile, dalla quale deriva. Alla distinzione tra comunit� politica e societ� civile la Chiesa ha contribuito soprattutto con la sua visione dell'uomo, inteso come essere autonomo, relazionale, aperto alla Trascendenza, contrastata sia dalle ideologie politiche di stampo individualistico, sia da quelle totalitarie tendenti ad assorbire la societ� civile nella sfera dello Stato. L'impegno della Chiesa in favore del pluralismo sociale mira a conseguire una pi� adeguata realizzazione del bene comune e della stessa democrazia, secondo i principi della solidariet�, della sussidiariet� e della giustizia.

La societ� civile � un insieme di relazioni e di risorse, culturali e associative, relativamente autonome dall'ambito sia politico sia economico: � Il fine della societ� civile � universale, perch� � quello che riguarda il bene comune, a cui tutti e singoli i cittadini hanno diritto nella debita proporzione �.853 Essa � caratterizzata da una propria capacit� di progetto, orientata a favorire una convivenza sociale pi� libera e pi� giusta, in cui vari gruppi di cittadini si associano, mobilitandosi per elaborare ed esprimere i propri orientamenti, per far fronte ai loro bisogni fondamentali, per difendere legittimi interessi.

b) Il primato della societ� civile

418 La comunit� politica e la societ� civile, seppure reciprocamente collegate e interdipendenti, non sono uguali nella gerarchia dei fini. La comunit� politica � essenzialmente al servizio della societ� civile e, in ultima analisi, delle persone e dei gruppi che la compongono.854 La societ� civile, dunque, non pu� essere considerata un'appendice o una variabile della comunit� politica: anzi, essa ha la preminenza, perch� nella stessa societ� civile trova giustificazione l'esistenza della comunit� politica.

Lo Stato deve fornire una cornice giuridica adeguata al libero esercizio delle attivit� dei soggetti sociali ed essere pronto ad intervenire, quando sia necessario e rispettando il principio di sussidiariet�, per orientare verso il bene comune la dialettica tra le libere associazioni attive nella vita democratica. La societ� civile � composita e frastagliata, non priva di ambiguit� e di contraddizioni: � anche luogo di scontro tra interessi diversi, con il rischio che il pi� forte prevalga sul pi� indifeso.

c) L'applicazione del principio di sussidiariet�

419 La comunit� politica � tenuta a regolare i propri rapporti nei confronti della societ� civile secondo il principio di sussidiariet�: 855 � essenziale che la crescita della vita democratica prenda avvio nel tessuto sociale. Le attivit� della societ� civile � soprattutto volontariato e cooperazione nell'ambito del privato-sociale, sinteticamente definito � terzo settore � per distinguerlo dagli ambiti dello Stato e del mercato � costituiscono le modalit� pi� adeguate per sviluppare la dimensione sociale della persona, che in tali attivit� pu� trovare spazio per esprimersi compiutamente. La progressiva espansione delle iniziative sociali al di fuori della sfera statale crea nuovi spazi per la presenza attiva e per l'azione diretta dei cittadini, integrando le funzioni svolte dallo Stato. Tale importante fenomeno si � spesso attuato per vie e con strumenti largamente informali, dando vita a modalit� nuove e positive di esercizio dei diritti della persona che arricchiscono qualitativamente la vita democratica.

420 La cooperazione, anche nelle sue forme meno strutturate, si delinea come una delle risposte pi� forti alla logica del conflitto e della concorrenza senza limiti, che oggi appare prevalente. I rapporti che si instaurano in un clima cooperativo e solidale superano le divisioni ideologiche, spingendo alla ricerca di ci� che unisce al di l� di quanto divide.

Molte esperienze del volontariato costituiscono un ulteriore esempio di grande valore, che spinge a considerare la societ� civile come luogo ove � sempre possibile la ricomposizione di un'etica pubblica centrata sulla solidariet�, sulla collaborazione concreta, sul dialogo fraterno. Alle potenzialit� che cos� si manifestano tutti sono chiamati a guardare con fiducia e a prestare la propria opera personale per il bene della comunit� in generale e, in particolare, per quello dei pi� deboli e dei pi� bisognosi. � anche cos� che si afferma il principio della � soggettivit� della societ� �.856

 

VI. LO STATO E LE COMUNIT� RELIGIOSE

A) LA LIBERT� RELIGIOSA, UN DIRITTO UMANO FONDAMENTALE

421 Il Concilio Vaticano II ha impegnato la Chiesa Cattolica nella promozione della libert� religiosa. La Dichiarazione Dignitatis humanae precisa nel sottotitolo che intende proclamare � il diritto della persona e delle comunit� alla libert� sociale e civile in campo religioso �. Affinch� tale libert� voluta da Dio e iscritta nella natura umana possa esercitarsi, non deve essere ostacolata, dato che � la verit� non si impone altrimenti che in forza della verit� stessa �.857 La dignit� della persona e la natura stessa della ricerca di Dio esigono per tutti gli uomini l'immunit� da ogni coercizione nel campo religioso.858 La societ� e lo Stato non devono costringere una persona ad agire contro la sua coscienza, n� impedirle di operare in conformit� ad essa.859 La libert� religiosa non � licenza morale di aderire all'errore, n� un implicito diritto all'errore.860

422 La libert� di coscienza e di religione � riguarda l'uomo individualmente e socialmente �: 861 il diritto alla libert� religiosa deve essere riconosciuto nell'ordinamento giuridico e sancito come diritto civile,862 tuttavia non � di per s� un diritto illimitato. I giusti limiti all'esercizio della libert� religiosa devono essere determinati per ogni situazione sociale con la prudenza politica, secondo le esigenze del bene comune, e ratificati dall'autorit� civile mediante norme giuridiche conformi all'ordine morale oggettivo: tali norme sono richieste � dall'efficace tutela dei diritti di tutti i cittadini e della loro pacifica coesistenza, da una sufficiente cura di quella onesta pace pubblica che � ordinata convivenza nella vera giustizia, e dalla doverosa custodia della pubblica moralit� �.863

423 A motivo dei suoi legami storici e culturali con una Nazione, una comunit� religiosa pu� ricevere uno speciale riconoscimento da parte dello Stato: tale riconoscimento non deve in alcun modo generare una discriminazione d'ordine civile o sociale per altri gruppi religiosi.864 La visione dei rapporti tra gli Stati e le organizzazioni religiose, promossa dal Concilio Vaticano II, corrisponde alle esigenze dello Stato di diritto e alle norme del diritto internazionale.865 La Chiesa � ben consapevole che tale visione non � condivisa da tutti: il diritto alla libert� religiosa, purtroppo, � � violato da numerosi Stati, fino al punto che dare, o far dare, o ricevere la catechesi diventa un delitto passibile di sanzione �.866

B) CHIESA CATTOLICA E COMUNIT� POLITICA

a) Autonomia e indipendenza

424 La Chiesa e la comunit� politica, pur esprimendosi ambedue con strutture organizzative visibili, sono di natura diversa sia per la loro configurazione sia per le finalit� che perseguono. Il Concilio Vaticano II ha riaffermato solennemente: � Nel proprio campo, la comunit� politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l'una dall'altra �.867 La Chiesa si organizza con forme atte a soddisfare le esigenze spirituali dei suoi fedeli, mentre le diverse comunit� politiche generano rapporti e istituzioni al servizio di tutto ci� che rientra nel bene comune temporale. L'autonomia e l'indipendenza delle due realt� si mostrano chiaramente soprattutto nell'ordine dei fini.

Il dovere di rispettare la libert� religiosa impone alla comunit� politica di garantire alla Chiesa lo spazio d'azione necessario. La Chiesa, d'altra parte, non ha un campo di competenza specifica per quanto riguarda la struttura della comunit� politica: � La Chiesa rispetta la legittima autonomia dell'ordine democratico e non ha titolo per esprimere preferenze per l'una o l'altra soluzione istituzionale o costituzionale � 868 e non ha neppure il compito di entrare nel merito dei programmi politici, se non per le loro implicazioni religiose e morali.

b) Collaborazione

425 L'autonomia reciproca della Chiesa e della comunit� politica non comporta una separazione che escluda la loro collaborazione: entrambe, anche se a titolo diverso, sono al servizio della vocazione personale e sociale dei medesimi uomini. La Chiesa e la comunit� politica, infatti, si esprimono in forme organizzative che non sono fini a se stesse, ma al servizio dell'uomo, per consentirgli il pieno esercizio dei suoi diritti, inerenti alla sua identit� di cittadino e di cristiano, e un corretto adempimento dei corrispondenti doveri. La Chiesa e la comunit� politica pos-sono svolgere il loro servizio � a vantaggio di tutti in maniera tanto pi� efficace quanto meglio entrambe allacciano tra loro una sana collaborazione, considerando anche le circostanze di luogo e di tempo �.869

426 La Chiesa ha diritto al riconoscimento giuridico della propria identit�. Proprio perch� la sua missione abbraccia tutta la realt� umana, la Chiesa, sentendosi � davvero e intimamente solidale con il genere umano e la sua storia �,870 rivendica la libert� di esprimere il suo giudizio morale su tale realt� ogniqualvolta ci� sia richiesto dalla difesa dei diritti fondamentali della persona o dalla salvezza delle anime.871

La Chiesa pertanto chiede: libert� di espressione, di insegnamento, di evangelizzazione; libert� di manifestare il culto in pubblico; libert� di organizzarsi e avere propri regolamenti interni; libert� di scelta, di educazione, di nomina e di trasferimento dei propri ministri; libert� di costruire edifici religiosi; libert� di acquistare e di possedere beni adeguati alla propria attivit�; libert� di associazione per fini non solo religiosi, ma anche educativi, culturali, sanitari e caritativi.872

427 Al fine di prevenire o attutire possibili conflitti tra Chiesa e comunit� politica, l'esperienza giuridica della Chiesa e dello Stato ha variamente delineato forme stabili di rapporti e strumenti idonei a garantire relazioni armoniche. Tale esperienza � un punto di riferimento essenziale per tutti i casi in cui lo Stato ha la pretesa di invadere il campo d'azione della Chiesa, ostacolandone la libera attivit� fino a perseguitarla apertamente o, viceversa, nei casi in cui organizzazioni ecclesiali non agiscano correttamente nei confronti dello Stato.

  

CAPITOLO NONO

LA COMUNIT� INTERNAZIONALE

I. ASPETTI BIBLICI

a) L'unit� della famiglia umana

428 I racconti biblici sulle origini mostrano l'unit� del genere umano e insegnano che il Dio d'Israele � il Signore della storia e del cosmo: la Sua azione abbraccia tutto il mondo e l'intera famiglia umana, alla quale � destinata l'opera della creazione. La decisione di Dio di fare l'uomo a Sua immagine e somiglianza (cfr. Gen 1,26-27) conferisce alla creatura umana una dignit� unica, che si estende a tutte le generazioni (cfr. Gen 5) e su tutta la terra (cfr. Gen 10). Il Libro della Genesi mostra, inoltre, che l'essere umano non � stato creato isolato, ma all'interno di un contesto di cui fanno parte integrante lo spazio vitale, che gli assicura la libert� (il giardino), la disponibilit� di alimenti (gli alberi del giardino), il lavoro (il comando di coltivare) e soprattutto la comunit� (il dono dell'aiuto simile a lui) (cfr. Gen 2,8-24). Le condizioni che assicurano pienezza alla vita umana sono, in tutto l'Antico Testamento, oggetto della benedizione divina. Dio vuole garantire all'uomo i beni necessari alla sua crescita, la possibilit� di esprimersi liberamente, il positivo risultato del lavoro, la ricchezza di relazioni tra esseri simili.

429 L'alleanza di Dio con No� (cfr. Gen 9,1-17), e in lui con tutta l'umanit�, dopo la distruzione causata dal diluvio, manifesta che Dio vuole mantenere per la comunit� umana la benedizione di fecondit�, il compito di dominare il creato e l'assoluta dignit� e intangibilit� della vita umana che avevano caratterizzato la prima creazione, nonostante in essa si fosse introdotta, con il peccato, la degenerazione della violenza e dell'ingiustizia, punita con il diluvio. Il libro della Genesi presenta con ammirazione la variet� dei popoli, opera dell'azione creatrice di Dio (cfr. Gen 10,1-32) e, nel contempo, stigmatizza la non accettazione da parte dell'uomo della sua condizione di creatura, con l'episodio della torre di Babele (cfr. Gen 11,1-9). Tutti i popoli, nel piano divino, avevano � una sola lingua e le stesse parole � (Gen 11,1), ma gli uomini si dividono, volgendo le spalle al Creatore (cfr. Gen 11,4).

430 L'alleanza stabilita da Dio con Abramo, eletto � padre di una moltitudine di popoli � (Gen 17,4), apre la strada al ricongiungimento della famiglia umana al suo Creatore. La storia salvifica induce il popolo di Israele a pensare che l'azione divina sia ristretta alla sua terra, tuttavia si consolida a poco a poco la convinzione che Dio opera anche tra le altre Nazioni (cfr. Is 19,18-25). I Profeti annunceranno per il tempo escatologico il pellegrinaggio dei popoli al tempio del Signore e un'era di pace tra le Nazioni (cfr. Is 2,2-5; 66,18-23). Israele, disperso nell'esilio, prender� definitivamente coscienza del suo ruolo di testimone dell'unico Dio (cfr. Is 44,6-8), Signore del mondo e della storia dei popoli (cfr. Is 44,24-28).

b) Ges� Cristo prototipo e fondamento della nuova umanit�

431 Il Signore Ges� � il prototipo e il fondamento della nuova umanit�. In Lui, vera � immagine di Dio � (2 Cor 4,4), trova compimento l'uomo creato da Dio a Sua immagine. Nella testimonianza definitiva di amore che Dio ha manifestato nella croce di Cristo, tutte le barriere di inimicizia sono gi� state abbattute (cfr. Ef 2,12-18) e per quanti vivono la vita nuova in Cristo le differenze razziali e culturali non sono pi� motivo di divisione (cfr. Rm 10,12; Gal 3,26-28; Col 3,11).

Grazie allo Spirito, la Chiesa conosce il disegno divino che abbraccia l'intero genere umano (cfr. At 17,26) e che � finalizzato a riunire, nel mistero di una salvezza realizzata sotto la signoria di Cristo (cfr. Ef 1,8-10), tutta la realt� creaturale frammentata e dispersa. Dal giorno di Pentecoste, quando la Risurrezione � annunciata ai diversi popoli e compresa da ciascuno nella propria lingua (cfr. At 2,6), la Chiesa adempie al proprio compito di restaurare e testimoniare l'unit� perduta a Babele: grazie a questo ministero ecclesiale, la famiglia umana � chiamata a riscoprire la propria unit� e a riconoscere la ricchezza delle sue differenze, per giungere alla � piena unit� in Cristo �.873

c) La vocazione universale del cristianesimo

432 Il messaggio cristiano offre una visione universale della vita degli uomini e dei popoli sulla terra,874 che fa comprendere l'unit� della famiglia umana.875 Tale unit� non va costruita con la forza delle armi, del terrore o del sopruso, ma � piuttosto l'esito di quel � supremo modello di unit�, riflesso della vita intima di Dio, uno in tre Persone, ... che noi cristiani designiamo con la parola �comunione� �,876 e una conquista della forza morale e culturale della libert�.877 Il messaggio cristiano � stato decisivo per far capire all'umanit� che i popoli tendono ad unirsi non solo in ragione di forme di organizzazione, di vicende politiche, di progetti economici o in nome di un internazionalismo astratto e ideologico, ma perch� liberamente si orientano verso la cooperazione, consapevoli � di essere membra vive di una comunit� mondiale �.878 La comunit� mondiale deve proporsi sempre pi� e sempre meglio come figura concreta dell'unit� voluta dal Creatore: � L'unit� della famiglia umana � esistita in ogni tempo, giacch� essa ha come membri gli esseri umani che sono tutti uguali per dignit� naturale. Di conseguenza esister� sempre l'esigenza obiettiva all'attuazione, in grado sufficiente, del bene comune universale, e cio� del bene comune dell'intera famiglia umana �.879

II. LE REGOLE FONDAMENTALI
DELLA COMUNIT� INTERNAZIONALE

a) Comunit� internazionale e valori

433 La centralit� della persona umana e la naturale attitudine delle persone e dei popoli a stringere relazioni tra loro sono gli elementi fondamentali per costruire una vera Comunit� internazionale, la cui organizzazione deve tendere all'effettivo bene comune universale.880 Nonostante sia ampiamente diffusa l'aspirazione verso un'autentica comunit� internazionale, l'unit� della famiglia umana non trova ancora realizzazione, perch� ostacolata da ideologie materialistiche e nazionalistiche che negano i valori di cui � portatrice la persona considerata integralmente, in tutte le sue dimensioni, materiale e spirituale, individuale e comunitaria. In particolare, � moralmente inaccettabile ogni teoria o comportamento improntati al razzismo e alla discriminazione razziale.881

La convivenza tra le Nazioni � fondata sui medesimi valori che devono orientare quella tra gli esseri umani: la verit�, la giustizia, la solidariet� e la libert�.882 L'insegnamento della Chiesa, sul piano dei principi costitutivi della Comunit� internazionale, chiede che le relazioni tra i popoli e le comunit� politiche trovino la loro giusta regolazione nella ragione, nell'equit�, nel diritto, nella trattativa, mentre esclude il ricorso alla violenza e alla guerra, a forme di discriminazione, di intimidazione e di inganno.883

434 Il diritto si pone come strumento di garanzia dell'ordine internazionale,884 ovvero della convivenza tra comunit� politiche che singolarmente perseguono il bene comune dei propri cittadini e che collettivamente devono tendere a quello di tutti i popoli,885 nella convinzione che il bene comune di una Nazione � inseparabile dal bene dell'intera famiglia umana.886

Quella internazionale � una comunit� giuridica fondata sulla sovranit� di ogni Stato membro, senza vincoli di subordinazione che ne neghino o ne limitino l'indipendenza.887 Concepire in questo modo la comunit� internazionale non significa affatto relativizzare e vanificare le differenti e peculiari caratteristiche di ogni popolo, ma favorirne l'espressione.888 La valorizzazione delle differenti identit� aiuta a superare le varie forme di divisione che tendono a separare i popoli e a farli portatori di un egoismo dagli effetti destabilizzanti.

435 Il Magistero riconosce l'importanza della sovranit� nazionale, concepita anzitutto come espressione della libert� che deve regolare i rapporti tra gli Stati.889 La sovranit� rappresenta la soggettivit� 890 di una Nazione sotto il profilo politico, economico, sociale e anche culturale. La dimensione culturale acquista uno spessore particolare come punto di forza per la resistenza agli atti di aggressione o alle forme di dominio che condizionano la libert� di un Paese: la cultura costituisce la garanzia di conservazione dell'identit� di un popolo, esprime e promuove la sua sovranit� spirituale.891

La sovranit� nazionale non � per� un assoluto. Le Nazioni possono rinunciare liberamente all'esercizio di alcuni loro diritti in vista di un obiettivo comune, nella consapevolezza di formare una � famiglia �,892 dove devono regnare reciproca fiducia, sostegno vicendevole e mutuo rispetto. In tale prospettiva, merita attenta considerazione la mancanza di un accordo internazionale che affronti in modo adeguato � i diritti delle Nazioni �,893 la cui preparazione potrebbe affrontare opportunamente le questioni relative alla giustizia e alla libert� nel mondo contemporaneo.

b) Relazioni fondate sull'armonia tra ordine giuridico e ordine morale

436 Per realizzare e consolidare un ordine internazionale che garantisca efficacemente la pacifica convivenza tra i popoli, la stessa legge morale che regge la vita degli uomini deve regolare anche i rapporti tra gli Stati: � legge morale, la cui osservanza deve venir inculcata e promossa dall'opinione pubblica di tutte le Nazioni e di tutti gli Stati con tale unanimit� di voce e di forza, che nessuno possa osare di porla in dubbio o attenuarne il vincolo obbligante �.894 � necessario che la legge morale universale, scritta nel cuore dell'uomo, venga considerata effettiva e inderogabile quale viva espressione della coscienza che l'umanit� ha in comune, una � grammatica �895 in grado di orientare il dialogo sul futuro del mondo.

437 Il rispetto universale dei principi che ispirano unordinamento giuridico in armonia con l'ordine morale896 � una condizione necessaria per la stabilit� della vita internazionale. La ricerca di una simile stabilit� ha favorito la graduale elaborazione di un diritto delle genti 897 (� ius gentium �), che pu� essere considerato come � l'antenato del diritto internazionale �.898 La riflessione giuridica e teologica, ancorata al diritto naturale, ha formulato � principi universali che sono anteriori e superiori al diritto interno degli Stati �,899 come l'unit� del genere umano, l'uguaglianza in dignit� di ogni popolo, il rifiuto della guerra per superare le contese, l'obbligazione di cooperare per il bene comune, l'esigenza di tenere fede agli impegni sottoscritti (� pacta sunt servanda �). Quest'ultimo principio va particolarmente sottolineato per evitare � la tentazione di fare appello al diritto della forza piuttosto che alla forza del diritto �.900

438 Per risolvere i conflitti che insorgono tra le diverse comunit� politiche e che compromettono la stabilit� delle Nazioni e la sicurezza internazionale, � indispensabile riferirsi a regole comuni affidate alla trattativa, rinunciando definitivamente all'idea di ricercare la giustizia mediante il ricorso alla guerra: 901 � la guerra pu� terminare senza vincitori n� vinti in un suicidio dell'umanit�, ed allora bisogna ripudiare la logica che conduce ad essa, l'idea che la lotta per la distruzione dell'avversario, la contraddizione e la guerra stessa siano fattori di progresso e di avanzamento della storia �.902

La Carta delle Nazioni Unite ha interdetto non solo il ricorso alla forza, ma anche la sola minaccia di usarla: 903 tale disposizione � nata dalla tragica esperienza della Seconda Guerra Mondiale. Il Magistero non aveva mancato durante quel conflitto di individuare alcuni fattori indispensabili per edificare un rinnovato ordine internazionale: la libert� e l'integrit� territoriale di ogni Nazione; la tutela dei diritti delle minoranze; un'equa condivisione delle risorse della terra; il rifiuto della guerra e l'attuazione del disarmo; l'osservanza dei patti concordati; la cessazione della persecuzione religiosa.904

439 Per consolidare il primato del diritto, vale anzitutto il principio della fiducia reciproca.905 In questa prospettiva, gli strumenti normativi per la soluzione pacifica delle controversie devono essere ripensati in modo da rafforzarne la portata e l'obbligatoriet�. Gli istituti del negoziato, della mediazione, della conciliazione, dell'arbitrato, che sono espressione della legalit� internazionale, devono essere sostenuti dalla creazione di � un'autorit� giuridica pienamente efficiente in un mondo pacificato �.906 Un avanzamento in questa direzione consentir� alla Comunit� internazionale di proporsi non pi� come semplice momento di aggregazione della vita degli Stati, ma come una struttura in cui i conflitti possono essere pacificamente risolti: � Come all'interno dei singoli Stati ... il sistema della vendetta privata e della rappresaglia � stato sostituito dall'impero della legge, cos� � ora urgente che un simile progresso abbia luogo nella Comunit� internazionale �.907 In definitiva, il diritto internazionale � deve evitare che prevalga la legge del pi� forte �.908

III. L'ORGANIZZAZIONE
DELLA COMUNIT� INTERNAZIONALE

a) Il valore delle Organizzazioni internazionali

440 Il cammino verso un'autentica � comunit� � internazionale, che ha assunto una precisa direzione con l'istituzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite nel 1945, � accompagnato dalla Chiesa: tale Organizzazione � ha contribuito notevolmente a promuovere il rispetto della dignit� umana, la libert� dei popoli e l'esigenza dello sviluppo, preparando il terreno culturale e istituzionale su cui costruire la pace �.909 La dottrina sociale, in generale, considera positivamente il ruolo delle Organizzazioni inter-governative, in particolare di quelle operanti in settori specifici,910 pur esprimendo riserve quando esse affrontano in modo scorretto i problemi.911 Il Magistero raccomanda che l'azione degli Organismi internazionali risponda alle necessit� umane nella vita sociale e negli ambiti rilevanti per la pacifica e ordinata convivenza delle Nazioni e dei popoli.912

441 La sollecitudine per un'ordinata e pacifica convivenza della famiglia umana spinge il Magistero a mettere in rilievo l'esigenza di istituireuna qualche autorit� pubblica universale, da tutti riconosciuta, che goda di un potere effettivo per garantire a tutti sia la sicurezza, sia l'osservanza della giustizia, sia il rispetto dei diritti �.913 Nel corso della storia, nonostante i cambiamenti di prospettiva delle diverse epoche, si � avvertito costantemente il bisogno di una simile autorit� per rispondere ai problemi di dimensione mondiale posti dalla ricerca del bene comune: � essenziale che tale autorit� sia il frutto di un accordo e non di un'imposizione, e non venga intesa come � un super-stato globale �.914

Un'autorit� politica esercitata nel quadro della Comunit� internazionale deve essere regolata dal diritto, ordinata al bene comune e rispettosa del principio di sussidiariet�: � I poteri pubblici della comunit� mondiale non hanno lo scopo di limitare la sfera di azione ai poteri pubblici delle singole comunit� politiche e tanto meno di sostituirsi ad essi; hanno invece lo scopo di contribuire alla creazione, sul piano mondiale, di un ambiente nel quale i poteri pubblici delle singole comunit� politiche, i rispettivi cittadini e i corpi intermedi possano svolgere i loro compiti, adempiere i loro doveri, esercitare i loro diritti con maggiore sicurezza �.915

442 Una politica internazionale volta verso l'obiettivo della pace e dello sviluppo mediante l'adozione di misure coordinate 916 � resa pi� che mai necessaria dalla globalizzazione dei problemi. Il Magistero rileva che l'interdipendenza tra gli uomini e tra le Nazioni acquista una dimensione morale e determina le relazioni nel mondo attuale sotto il profilo economico, culturale, politico e religioso. In tale contesto si auspica una revisione delle Organizzazioni internazionali, un processo che � suppone il superamento delle rivalit� politiche e la rinuncia a ogni volont� di strumentalizzare le stesse Organizzazioni, che hanno per unica ragion d'essere il bene comune �,917 con lo scopo di conseguire � un grado superiore di ordinamento internazionale �.918

In particolare, le strutture inter-governative devono esercitare efficacemente le loro funzioni di controllo e di guida nel campo dell'economia, poich� il raggiungimento del bene comune diventa un traguardo ormai precluso ai singoli Stati, anche se dominanti in termini di potenza, ricchezza, forza politica.919 Gli Organismi internazionali devono, inoltre, garantire quell'eguaglianza che � il fondamento del diritto di tutti alla partecipazione al processo di pieno sviluppo, nel rispetto delle legittime diversit�.920

443 Il Magistero valuta positivamente il ruolo dei raggruppamenti che si sono formati nella societ� civile per svolgere un'importante funzione di sensibilizzazione dell'opinione pubblica ai diversi aspetti della vita internazionale, con una speciale attenzione per il rispetto dei diritti dell'uomo, come rivela � il numero di associazioni private, alcune di portata mondiale, di recente istituzione, e quasi tutte impegnate a seguire con grande cura e lodevole obiettivit� gli avvenimenti internazionali in un campo cos� delicato �.921

I Governi dovrebbero sentirsi incoraggiati da un simile impegno, che mira a tradurre in pratica gli ideali che ispirano la comunit� internazionale, � in particolare mediante i concreti gesti di solidariet� e di pace delle tante persone che operano anche nelle Organizzazioni non Governative e nei Movimenti per i diritti dell'uomo �.922

b) La personalit� giuridica della Santa Sede

444 La Santa Sede � o Sede Apostolica 923 � gode di piena soggettivit� internazionale in quanto autorit� sovrana che realizza atti giuridicamente propri. Essa esercita una sovranit� esterna, riconosciuta nel quadro della Comunit� internazionale, che riflette quella esercitata all'interno della Chiesa e che � caratterizzata dall'unit� organizzativa e dall'indipendenza. La Chiesa si avvale di quelle modalit� giuridiche che risultino necessarie o utili al compimento della sua missione.

L'attivit� internazionale della Santa Sede si manifesta oggettivamente sotto diversi aspetti, tra cui: il diritto di legazione attivo e passivo; l'esercizio dello � ius contrahendi �, con la stipulazione di trattati; la partecipazione a organizzazioni intergovernative, come ad esempio quelle appartenenti al sistema delle Nazioni Unite; le iniziative di mediazione in caso di conflitti. Tale attivit� intende offrire un servizio disinteressato alla Comunit� internazionale, poich� non cerca vantaggi di parte, ma si propone il bene comune dell'intera famiglia umana. In tale contesto, la Santa Sede si giova particolarmente del proprio personale diplomatico.

445 Il servizio diplomatico della Santa Sede, frutto di un'antica e consolidata prassi, � uno strumento che opera non solo per la � libertas Ecclesiae �, ma anche per la difesa e la promozione della dignit� umana, nonch� per un ordine sociale basato sui valori della giustizia, della verit�, della libert� e dell'amore: � Per un nativo diritto inerente alla nostra stessa missione spirituale, favorito da un secolare sviluppo di avvenimenti storici, noi inviamo pure i nostri legati alle supreme autorit� degli stati nei quali � radicata o presente in qualche modo la Chiesa Cattolica. � ben vero che le finalit� della Chiesa e dello Stato sono di ordine diverso, e che ambedue sono societ� perfette, dotate, quindi, di mezzi propri, e sono indipendenti nella rispettiva sfera d'azione, ma � anche vero che l'una e l'altro agiscono a beneficio di un soggetto comune, l'uomo, da Dio chiamato alla salvezza eterna e posto sulla terra per permettergli, con l'aiuto della grazia, di conseguirla con una vita di lavoro, che porti a lui benessere, nella pacifica convivenza �.924 Il bene delle persone e delle comunit� umane � favorito da un dialogo strutturato tra la Chiesa e le autorit� civili, che trova espressione anche tramite la stipula di mutui accordi. Tale dialogo tende a stabilire o rafforzare rapporti di reciproca comprensione e collaborazione, nonch� a prevenire o sanare eventuali dissidi, con l'obiettivo di contribuire al progresso di ogni popolo e di tutta l'umanit� nella giustizia e nella pace.

IV. LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
PER LO SVILUPPO

a) Collaborazione per garantire il diritto allo sviluppo

446 La soluzione del problema dello sviluppo richiede la cooperazione tra le singole comunit� politiche: � Le comunit� politiche si condizionano a vicenda, e si pu� asserire che ognuna riesce a sviluppare se stessa contribuendo allo sviluppo delle altre. Per cui tra esse si impone l'intesa e la collaborazione �.925 Il sottosviluppo sembra una situazione impossibile da eliminare, quasi una fatale condanna, se si considera il fatto che esso non � solo il frutto di scelte umane sbagliate, ma anche il risultato di � meccanismi economici, finanziari e sociali � 926 e di � strutture di peccato � 927 che impediscono il pieno sviluppo degli uomini e dei popoli.

Queste difficolt�, tuttavia, devono essere affrontate con determinazione ferma e perseverante, perch� lo sviluppo non � solo un'aspirazione, ma un diritto 928 che, come ogni diritto, implica un obbligo: � La collaborazione allo sviluppo di tutto l'uomo e di ogni uomo, infatti, � un dovere di tutti verso tutti e deve, al tempo stesso, essere comune alle quattro parti del mondo: Est e Ovest, Nord e Sud �.929 Nella visione del Magistero, il diritto allo sviluppo si fonda sui seguenti principi: unit� d'origine e comunanza di destino della famiglia umana; eguaglianza tra ogni persona e tra ogni comunit� basata sulla dignit� umana; destinazione universale dei beni della terra; integralit� della nozione di sviluppo; centralit� della persona umana; solidariet�.

447 La dottrina sociale incoraggia forme di cooperazione capaci di incentivare l'accesso al mercato internazionale dei Paesi segnati da povert� e sottosviluppo: � In anni non lontani � stato sostenuto che lo sviluppo dipendesse dall'isolamento dei Paesi pi� poveri dal mercato mondiale e dalla loro fiducia nelle sole proprie forze. L'esperienza recente ha dimostrato che i Paesi che si sono esclusi hanno conosciuto stagnazione e regresso, mentre hanno conosciuto lo sviluppo i Paesi che sono riusciti ad entrare nella generale interconnessione delle attivit� economiche a livello internazionale. Sembra, dunque, che il maggior problema sia quello di ottenere un equo accesso al mercato internazionale, fondato non sul principio unilaterale dello sfruttamento delle risorse naturali, ma sulla valorizzazione delle risorse umane �.930 Tra le cause che maggiormente concorrono a determinare il sottosviluppo e la povert�, oltre all'impossibilit� di accedere al mercato internazionale,931 vanno annoverati l'analfabetismo, l'insicurezza alimentare, l'assenza di strutture e servizi, la carenza di misure per garantire l'assistenza sanitaria di base, la mancanza di acqua potabile, la corruzione, la precariet� delle istituzioni e della stessa vita politica. Esiste una connessione tra la povert� e la mancanza, in molti Paesi, di libert�, di possibilit� di iniziativa economica, di amministrazione statale capace di predisporre un adeguato sistema di educazione e di informazione.

448 Lo spirito della cooperazione internazionale richiede che al di sopra della stretta logica del mercato vi sia consapevolezza di un dovere di solidariet�, di giustizia sociale e di carit� universale;932 infatti, esiste � qualcosa che � dovuto all'uomo perch� � uomo, in forza della sua eminente dignit� �.933 La cooperazione � la via che la Comunit� internazionale nel suo insieme deve impegnarsi a percorrere � secondo un'adeguata concezione del bene comune in riferimento all'intera famiglia umana �.934 Ne deriveranno effetti molto positivi, come per esempio un aumento di fiducia nelle potenzialit� delle persone povere e quindi dei Paesi poveri e un'equa distribuzione dei beni.

b) Lotta alla povert�

449 All'inizio del nuovo millennio, la povert� di miliardi di uomini e donne � � la questione che pi� di ogni altra interpella la nostra coscienza umana e cristiana �.935 La povert� pone un drammatico problema di giustizia: la povert�, nelle sue diverse forme e conseguenze, si caratterizza per una crescita ineguale e non riconosce a ogni popolo � l'eguale diritto �ad assidersi alla mensa del banchetto comune� �.936 Tale povert� rende impossibile la realizzazione di quell'umanesimo plenario che la Chiesa auspica e persegue, affinch� le persone e i popoli possano � essere di pi� � 937 e vivere in � condizioni pi� umane �.938

La lotta alla povert� trova una forte motivazione nell'opzione, o amore preferenziale, della Chiesa per i poveri.939 In tutto il suo insegnamento sociale la Chiesa non si stanca di ribadire anche altri suoi fondamentali principi: primo fra tutti, quello della destinazione universale dei beni.940 Con la costante riaffermazione del principio della solidariet�, la dottrina sociale sprona a passare all'azione per promuovere � il bene di tutti e di ciascuno, perch� tutti siamo veramente responsabili di tutti �.941 Il principio della solidariet�, anche nella lotta alla povert�, deve essere sempre opportunamente affiancato da quello della sussidiariet�, grazie al quale � possibile stimolare lo spirito d'iniziativa, base fondamentale di ogni sviluppo socio-economico, negli stessi Paesi poveri: 942 ai poveri si deve guardare � non come ad un problema, ma come a coloro che possono diventare soggetti e protagonisti di un futuro nuovo e pi� umano per tutto il mondo �.943

c) Il debito estero

450 Il diritto allo sviluppo deve essere tenuto presente nelle questioni legate alla crisi debitoria di molti Paesi poveri.944 Tale crisi ha alla sua origine cause complesse e di vario genere, sia di carattere internazionale � fluttuazione dei cambi, speculazioni finanziarie, neocolonialismo economico �, sia all'interno dei singoli Paesi indebitati � corruzione, cattiva gestione del denaro pubblico, distorta utilizzazione dei prestiti ricevuti. Le sofferenze maggiori, riconducibili a questioni strutturali ma anche a comportamenti personali, colpiscono le popolazioni dei Paesi indebitati e poveri, le quali non hanno alcuna responsabilit�. La comunit� internazionale non pu� trascurare una simile situazione: pur riaffermando il principio che il debito contratto va onorato, bisogna trovare le vie per non compromettere il � fondamentale diritto dei popoli alla sussistenza ed al progresso �.945

   

CAPITOLO DECIMO

SALVAGUARDARE L'AMBIENTE

I. ASPETTI BIBLICI

451 L'esperienza viva della presenza divina nella storia � il fondamento della fede del popolo di Dio: � Eravamo schiavi del faraone in Egitto e il Signore ci fece uscire dall'Egitto con mano potente � (Dt 6,21). La riflessione sulla storia permette di riassumere il passato e di scoprire l'opera di Dio fin nelle proprie radici: � Mio padre era un Arameo errante � (Dt 26,5); un Dio che pu� dire al Suo popolo: � Io presi il padre vostro Abramo da oltre il fiume � (Gs 24,3). � una riflessione che permette di volgersi con fiducia al futuro, grazie alla promessa e all'alleanza che Dio rinnova continuamente.

La fede d'Israele vive nel tempo e nello spazio di questo mondo, percepito non come un ambiente ostile o un male da cui liberarsi, ma piuttosto come il dono stesso di Dio, il luogo e il progetto che Egli affida alla responsabile guida e operosit� dell'uomo. La natura, opera dell'azione creatrice divina, non � una pericolosa concorrente. Dio, che ha fatto tutte le cose, di ognuna di esse � vide che era cosa buona � (Gen 1,4.10.12. 18.21.25). Al vertice della Sua creazione, come � cosa molto buona � (Gen 1,31), il Creatore pone l'uomo. Solo l'uomo e la donna, tra tutte le creature, sono stati voluti da Dio � a sua immagine � (Gen 1,27): a loro il Signore affida la responsabilit� di tutto il creato, il compito di tutelarne l'armonia e lo sviluppo (cfr. Gen 1,26-30). Lo speciale legame con Dio spiega la privilegiata posizione della coppia umana nell'ordine della creazione.

452 La relazione dell'uomo con il mondo � un elemento costitutivo dell'identit� umana. Si tratta di una relazione che nasce come frutto del rapporto, ancora pi� profondo, dell'uomo con Dio. Il Signore ha voluto la persona umana come Sua interlocutrice: solo nel dialogo con Dio la creatura umana trova la propria verit�, dalla quale trae ispirazione e norme per progettare il futuro del mondo, un giardino che Dio le ha dato affinch� sia coltivato e custodito (cfr. Gen 2,15). Neppure il peccato elimina tale compito, pur gravando di dolore e di sofferenza la nobilt� del lavoro (cfr. Gen 3,17-19).

La creazione � sempre oggetto della lode nella preghiera di Israele: � Quanto sono grandi, Signore, le tue opere! Tutto hai fatto con saggezza � (Sal 104,24). La salvezza � compresa come una nuova creazione, che ristabilisce quell'armonia e quella potenzialit� di crescita che il peccato ha compromesso: � Io creo nuovi cieli e nuova terra � (Is 65,17) � dice il Signore � � allora il deserto diventer� un giardino... e la giustizia regner� nel giardino... Il mio popolo abiter� in una dimora di pace � (Is 32,15-18).

453 La salvezza definitiva, che Dio offre a tutta l'umanit� mediante il Suo stesso Figlio, non si attua fuori di questo mondo. Pur ferito dal peccato, esso � destinato a conoscere una radicale purificazione (cfr. 2 Pt 3,10) dalla quale uscir� rinnovato (cfr. Is 65,17; 66,22; Ap 21,1), diventando finalmente il luogo nel quale � avr� stabile dimora la giustizia � (2 Pt 3,13).

Nel Suo ministero pubblico Ges� valorizza gli elementi naturali. Della natura Egli � non solo sapiente interprete nelle immagini che ama offrirne e nelle parabole, ma anche dominatore (cfr. l'episodio della tempesta sedata in Mt 14,22-33; Mc 6,45-52; Lc 8,22-25; Gv 6,16-21): il Signore la pone al servizio del Suo disegno redentore. Egli chiede ai Suoi discepoli di guardare alle cose, alle stagioni e agli uomini con la fiducia dei figli che sanno di non poter essere abbandonati da un Padre provvidente (cfr. Lc 11,11-13). Lungi dal farsi schiavo delle cose, il discepolo di Cristo deve sapersene servire per creare condivisione e fraternit� (cfr. Lc 16,9-13).

454 L'ingresso di Ges� Cristo nella storia del mondo ha il suo culmine nella Pasqua, dove la natura stessa partecipa al dramma del Figlio di Dio rifiutato e alla vittoria della Risurrezione (cfr. Mt 27,45.51; 28,2). Attraversando la morte e innestandovi la novit� splendente della Risurrezione, Ges� inaugura un mondo nuovo in cui tutto � sottomesso a Lui (cfr. 1 Cor 15,20-28) e ristabilisce quei rapporti di ordine ed armonia che il peccato aveva distrutto. La coscienza degli squilibri tra l'uomo e la natura deve accompagnarsi alla consapevolezza che in Ges� � avvenuta la riconciliazione dell'uomo e del mondo con Dio, cos� che ogni essere umano, consapevole dell'Amore divino, pu� ritrovare la pace perduta: � Quindi se uno � in Cristo, � una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove � (2 Cor 5,17). La natura, che nel Verbo era stata creata, per mezzo dello stesso Verbo, fattosi carne, viene riconciliata con Dio e rappacificata (cfr. Col 1,15-20).

455 Non solo l'interiorit� dell'uomo � risanata, ma tutta la sua corporeit� � toccata dalla forza redentrice di Cristo; l'intera creazione prende parte al rinnovamento che scaturisce dalla Pasqua del Signore, pur nei gemiti delle doglie del parto (cfr. Rm 8,19-23), in attesa di dare alla luce � un nuovo cielo e una nuova terra � (Ap 21,1) che sono il dono della fine dei tempi, della salvezza compiuta. Nel frattempo, nulla � estraneo a tale salvezza: in qualsiasi condizione di vita, il cristiano � chiamato a servire Cristo, a vivere secondo il Suo Spirito, lasciandosi guidare dall'amore, principio di una vita nuova, che riporta il mondo e l'uomo al progetto delle loro origini: � il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto � vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo � di Dio � (1 Cor 3,22-23).

II. L'UOMO E L'UNIVERSO DELLE COSE

456 La visione biblica ispira gli atteggiamenti dei cristiani in relazione all'uso della terra, nonch� allo sviluppo della scienza e della tecnica. Il Concilio Vaticano II afferma che l'uomo � partecipe della luce della mente divina, per la sua intelligenza ... ritiene giustamente di superare tutte le realt� �; 946 i Padri Conciliari riconoscono i progressi fatti grazie all'applicazione instancabile dell'ingegno umano lungo i secoli, nelle scienze empiriche, nelle arti tecniche e nelle discipline liberali.947 L'uomo oggi, � specialmente per mezzo della scienza e della tecnica, ha esteso e continuamente estende il suo dominio su quasi tutta la natura �.948

Poich� l'uomo, � creato ad immagine di Dio, ha ricevuto il mandato di governare il mondo nella giustizia e nella santit�, sottomettendo a s� la terra con tutto quello che in essa � contenuto, e di rapportare a Dio se stesso e l'universo intero, riconoscendolo Creatore di tutte le cose, perch�, nella sottomissione di tutte le cose all'uomo, sia grande il nome di Dio su tutta la terra �, il Concilio insegna che � l'attivit� umana individuale e collettiva, ossia quell'ingente sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni di vita, considerato in se stesso corrisponde al progetto di Dio �.949

457 I risultati della scienza e della tecnica sono, in se stessi, positivi: i cristiani � nemmeno pensano a contrapporre quello che gli uomini hanno prodotto con il proprio ingegno e la propria forza alla potenza di Dio, n� che la creatura razionale sia quasi rivale del Creatore; al contrario, sono convinti piuttosto che le vittorie dell'umanit� sono segno della grandezza di Dio e frutto del suo ineffabile progetto �.950 I Padri Conciliari sottolineano anche il fatto che � quanto pi� cresce la potenza degli uomini, tanto pi� largamente si estende la responsabilit� sia degli individui che delle comunit� �,951 e che ogni attivit� umana deve corrispondere, secondo il disegno di Dio e la Sua volont�, al vero bene dell'umanit�.952 In questa prospettiva, il Magistero ha pi� volte sottolineato che la Chiesa Cattolica non si oppone in alcun modo al progresso,953 anzi considera � la scienza e la tecnologia... un prodotto meraviglioso della creativit� umana che � un dono di Dio, dal momento che ci hanno fornito possibilit� meravigliose, di cui beneficiamo con animo grato �.954 Per questa ragione, � come credenti in Dio, che ha giudicato �buona� la natura da lui creata, noi godiamo dei progressi tecnici ed economici, che l'uomo con la sua intelligenza riesce a realizzare �.955

458 Le considerazioni del Magistero sulla scienza e sulla tecnologia in generale valgono anche per le loro applicazioni all'ambiente naturale e all'agricoltura. La Chiesa apprezza � i vantaggi che derivano � e che possono ancora derivare � dallo studio e dalle applicazioni della biologia molecolare, completata dalle altre discipline come la genetica e la sua applicazione tecnologica nell'agricoltura e nell'industria �.956 Infatti, � la tecnica potrebbe costituire, con una retta applicazione, un prezioso strumento utile a risolvere gravi problemi, a cominciare da quelli della fame e della malattia, mediante la produzione di variet� di piante pi� progredite e resistenti e di preziosi medicamenti �.957 � importante, per�, ribadire il concetto di � retta applicazione �, perch� � noi sappiamo che questo potenziale non � neutro: esso pu� essere usato sia per il progresso dell'uomo, sia per la sua degradazione �.958 Per questa ragione, � � necessario ... mantenere un atteggiamento di prudenza e vagliare con occhio attento natura, finalit� e modi delle varie forme di tecnologia applicata �.959 Gli scienziati, dunque, devono � utilizzare veramente la loro ricerca e le loro capacit� tecniche per il servizio all'umanit� �,960 sapendo subordinarle � ai principi e valori morali che rispettano e realizzano nella sua pienezza la dignit� dell'uomo �.961

459 Punto di riferimento centrale per ogni applicazione scientifica e tecnica � il rispetto dell'uomo, che deve accompagnarsi ad un doveroso atteggiamento di rispetto nei confronti delle altre creature viventi. Anche quando si pensa a una loro alterazione, � occorre tener conto della natura di ciascun essere e della sua mutua connessione in un sistema ordinato �.962 In questo senso, le formidabili possibilit� della ricerca biologica suscitano profonda inquietudine, in quanto � non si � ancora in grado di misurare i turbamenti indotti in natura da una indiscriminata manipolazione genetica e dallo sviluppo sconsiderato di nuove specie di piante e forme di vita animale, per non parlare di inaccettabili interventi sulle origini della stessa vita umana �.963 Infatti, � si � constatato che l'applicazione di talune scoperte nell'ambito industriale ed agricolo produce, a lungo termine, effetti negativi. Ci� ha messo crudamente in rilievo come ogni intervento in un'area dell'ecosistema non possa prescindere dal considerare le sue conseguenze in altre aree e, in generale, sul benessere delle future generazioni �.964

460 L'uomo, dunque, non deve dimenticare che � la sua capacit� di trasformare e, in un certo senso, di creare il mondo col proprio lavoro ... si svolge sempre sulla base della prima originaria donazione delle cose da parte di Dio �.965 Egli non deve � disporre arbitrariamente della terra, assoggettandola senza riserve alla sua volont�, come se essa non avesse una propria forma ed una destinazione anteriore datale da Dio, che l'uomo pu�, s�, sviluppare, ma non deve tradire �.966 Quando si comporta in questo modo, � invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio nell'opera della creazione, l'uomo si sostituisce a Dio e cos� finisce col provocare la ribellione della natura, piuttosto tiranneggiata che governata da lui �.967

Se l'uomo interviene sulla natura senza abusarne e senza danneggiarla, si pu� dire che � interviene non per modificare la natura ma per aiutarla a svilupparsi secondo la sua essenza, quella della creazione, quella voluta da Dio. Lavorando in questo campo, evidentemente delicato, il ricercatore aderisce al disegno di Dio. Dio ha voluto che l'uomo fosse il re della creazione �.968 In fondo, � Dio stesso che offre all'uomo l'onore di cooperare con tutte le forze dell'intelligenza all'opera della creazione.

III. LA CRISI NEL RAPPORTO TRA UOMO E AMBIENTE

461 Il messaggio biblico e il Magistero ecclesiale costituiscono i punti di riferimento essenziali per valutare i problemi che si pongono nei rapporti tra l'uomo e l'ambiente.969 Alle origini di tali problemi si pu� ravvisare la pretesa di esercitare un dominio incondizionato sulle cose da parte dell'uomo, un uomo incurante di quelle considerazioni di ordine morale che devono invece contraddistinguere ogni attivit� umana.

La tendenza allo sfruttamento � sconsiderato � 970 delle risorse del creato � il risultato di un lungo processo storico e culturale: � L'epoca moderna ha registrato una crescente capacit� d'intervento trasformativo da parte dell'uomo. L'aspetto di conquista e di sfruttamento delle risorse � diventato predominante e invasivo, ed � giunto oggi a minacciare la stessa capacit� ospitale dell'ambiente: l'ambiente come �risorsa� rischia di minacciare l'ambiente come �casa�. A causa dei potenti mezzi di trasformazione offerti dalla civilt� tecnologica, sembra talora che l'equilibrio uomo-ambiente abbia raggiunto un punto critico �.971

462 La natura appare come uno strumento nelle mani dell'uomo, una realt� che egli deve costantemente manipolare, specialmente mediante la tecnologia. A partire dal presupposto, rivelatosi errato, che esiste una quantit� illimitata di energia e di risorse da utilizzare, che la loro rigenerazione sia possibile nell'immediato e che gli effetti negativi delle manipolazioni dell'ordine naturale possono essere facilmente assorbiti, si � diffusa una concezione riduttiva che legge il mondo naturale in chiave meccanicistica e lo sviluppo in chiave consumistica; il primato attribuito al fare e all'avere piuttosto che all'essere causa gravi forme di alienazione umana.972

Un simile atteggiamento non deriva dalla ricerca scientifica e tecnologica, ma da un'ideologia scientista e tecnocratica che tende a condizionarla. La scienza e la tecnica, con il loro progresso, non eliminano il bisogno di trascendenza e non sono di per s� causa della secolarizzazione esasperata che conduce al nichilismo; mentre avanzano nel loro cammino, esse suscitano domande circa il loro senso e fanno crescere la necessit� di rispettare la dimensione trascendente della persona umana e della stessa creazione.

463 Una corretta concezione dell'ambiente, mentre da una parte non pu� ridurre utilitaristicamente la natura a mero oggetto di manipolazione e sfruttamento, dall'altra non deve assolutizzarla e sovrapporla in dignit� alla stessa persona umana. In quest'ultimo caso, si arriva al punto di divinizzare la natura o la terra, come si pu� facilmente riscontrare in alcuni movimenti ecologisti che chiedono di dare un profilo istituzionale internazionalmente garantito alle loro concezioni.973

Il Magistero ha motivato la sua contrariet� a una concezione dell'ambiente ispirata all'ecocentrismo e al biocentrismo, perch� essa � si propone di eliminare la differenza ontologica e assiologica tra l'uomo e gli altri esseri viventi, considerando la biosfera come un'unit� biotica di valore indifferenziato. Si viene cos� ad eliminare la superiore responsabilit� dell'uomo in favore di una considerazione egualitaristica della �dignit�� di tutti gli esseri viventi �.974

464 Una visione dell'uomo e delle cose slegata da ogni riferimento alla trascendenza ha portato a rifiutare il concetto di creazione e ad attribuire all'uomo e alla natura un'esistenza completamente autonoma. Il legame che unisce il mondo a Dio � stato cos� spezzato: tale rottura ha finito per disancorare dalla terra anche l'uomo e, pi� radicalmente, ha impoverito la sua stessa identit�. L'essere umano si � ritrovato a pensarsi estraneo al contesto ambientale in cui vive. � ben chiara la conseguenza che ne discende: � � il rapporto che l'uomo ha con Dio a determinare il rapporto dell'uomo con i suoi simili e con il suo ambiente. Ecco perch� la cultura cristiana ha sempre riconosciuto nelle creature che circondano l'uomo altrettanti doni di Dio da coltivare e custodire con senso di gratitudine verso il Creatore. In particolare, la spiritualit� benedettina e francescana hanno testimoniato questa sorta di parentela dell'uomo con l'ambiente creaturale, alimentando in lui un atteggiamento di rispetto verso ogni realt� del mondo circostante �.975 Va messa maggiormente in risalto la profonda connessione esistente tra ecologia ambientale ed � ecologia umana �.976

465 Il Magistero sottolinea la responsabilit� umana di preservare un ambiente integro e sano per tutti: 977 � L'umanit� di oggi, se riuscir� a congiungere le nuove capacit� scientifiche con una forte dimensione etica, sar� certamente in grado di promuovere l'ambiente come casa e come risorsa a favore dell'uomo e di tutti gli uomini, sar� in grado di eliminare i fattori d'inquinamento, di assicurare condizioni di igiene e di salute adeguate per piccoli gruppi come per vasti insediamenti umani. La tecnologia che inquina pu� anche disinquinare, la produzione che accumula pu� distribuire equamente, a condizione che prevalga l'etica del rispetto per la vita e la dignit� dell'uomo, per i diritti delle generazioni umane presenti e di quelle che verranno �.978

IV. UNA COMUNE RESPONSABILIT�

a) L'ambiente, un bene collettivo

466 La tutela dell'ambiente costituisce una sfida per l'umanit� intera: si tratta del dovere, comune e universale, di rispettare un bene collettivo,979 destinato a tutti, impedendo che si possa fare � impunemente uso delle diverse categorie di esseri, viventi o inanimati � animali, piante, elementi naturali � come si vuole, a seconda delle proprie esigenze �.980 � una responsabilit� che deve maturare in base alla globalit� della presente crisi ecologica e alla conseguente necessit� di affrontarla globalmente, in quanto tutti gli esseri dipendono gli uni dagli altri nell'ordine universale stabilito dal Creatore: � occorre tener conto della natura di ciascun essere e della sua mutua connessione in un sistema ordinato, ch'� appunto il cosmo �.981

Questa prospettiva riveste una particolare importanza quando si considera, nel contesto degli stretti legami che uniscono tra loro i vari ecosistemi, il valore ambientale della biodiversit�, che va trattata con senso di responsabilit� e adeguatamente protetta, perch� costituisce una straordinaria ricchezza per l'intera umanit�. A questo proposito, ognuno pu� facilmente avvertire, per esempio, l'importanza della regione amazzonica, � uno degli spazi pi� apprezzati del mondo per la sua diversit� biologica, che lo rende vitale per l'equilibrio ambientale di tutto il pianeta �.982 Le foreste contribuiscono a mantenere essenziali equilibri naturali indispensabili alla vita.983 La loro distruzione, anche tramite sconsiderati incendi dolosi, accelera i processi di desertificazione con rischiose conseguenze per le riserve di acqua e compromette la vita di molti popoli indigeni e il benessere delle future generazioni. Tutti, individui e soggetti istituzionali, devono sentirsi impegnati a proteggere il patrimonio forestale e, dove necessario, promuovere adeguati programmi di riforestazione.

467 La responsabilit� verso l'ambiente, patrimonio comune del genere umano, si estende non solo alle esigenze del presente, ma anche a quelle del futuro: � Eredi delle generazioni passate e beneficiari del lavoro dei nostri contemporanei, noi abbiamo degli obblighi verso tutti, e non possiamo disinteressarci di coloro che verranno dopo di noi ad ingrandire la cerchia della famiglia umana. La solidariet� universale, ch'� un fatto e per noi un beneficio, � altres� un dovere �.984 Si tratta di una responsabilit� che le generazioni presenti hanno nei confronti di quelle future,985 una responsabilit� che appartiene anche ai singoli Stati e alla Comunit� internazionale.

468 La responsabilit� verso l'ambiente deve trovare una traduzione adeguata a livello giuridico. � importante che la Comunit� internazionale elabori regole uniformi, affinch� tale regolamentazione consenta agli Stati di controllare con maggiore efficacia le diverse attivit� che determinano effetti negativi sull'ambiente e di preservare gli ecosistemi prevenendo possibili incidenti: � Spetta ad ogni Stato, nell'ambito del proprio territorio, il compito di prevenire il degrado dell'atmosfera e della biosfera, controllando attentamente, tra l'altro, gli effetti delle nuove scoperte tecnologiche o scientifiche, ed offrendo ai propri cittadini la garanzia di non essere esposti ad agenti inquinanti o a rifiuti tossici �.986

Il contenuto giuridico del � diritto ad un ambiente sano e sicuro987 sar� il frutto di una graduale elaborazione, sollecitata dalla preoccupazione dell'opinione pubblica di disciplinare l'uso dei beni del creato secondo le esigenze del bene comune e in una comune volont� di introdurre sanzioni per coloro che inquinano. Le norme giuridiche, tuttavia, da sole non bastano; 988 accanto ad esse devono maturare un forte senso di responsabilit� nonch� un effettivo cambiamento nelle mentalit� e negli stili di vita.

469 Le autorit� chiamate a prendere decisioni per fronteggiare rischi sanitari ed ambientali talvolta si trovano di fronte a situazioni nelle quali i dati scientifici disponibili sono contradditori oppure quantitativamente scarsi: pu� essere opportuna allora una valutazione ispirata dal � principio di precauzione �, che non comporta una regola da applicare, bens� un orientamento volto a gestire situazioni di incertezza. Esso manifesta l'esigenza di una decisone provvisoria e modificabile in base a nuove conoscenze che vengano eventualmente raggiunte. La decisione deve essere proporzionata rispetto a provvedimenti gi� in atto per altri rischi. Le politiche cautelative, basate sul principio di precauzione, richiedono che le decisioni siano basate su un confronto tra rischi e benefici ipotizzabili per ogni possibile scelta alternativa, ivi compresa la decisione di non intervenire. All'approccio precauzionale � connessa l'esigenza di promuovere ogni sforzo per acquisire conoscenze pi� approfondite, pur nella consapevolezza che la scienza non pu� raggiungere rapidamente conclusioni circa l'assenza di rischi. Le circostanze di incertezza e provvisoriet� rendono particolarmente importante la trasparenza nel processo decisionale.

470 La programmazione dello sviluppo economico deve considerare attentamente � la necessit� di rispettare l'integrit� e i ritmi della natura �,989 poich� le risorse naturali sono limitate e alcune non sono rinnovabili. L'attuale ritmo di sfruttamento compromette seriamente la disponibilit� di alcune risorse naturali per il tempo presente e per il futuro.990 La soluzione del problema ecologico richiede che l'attivit� economica rispetti maggiormente l'ambiente, conciliando le esigenze dello sviluppo economico con quelle della protezione ambientale. Ogni attivit� economica che si avvalga delle risorse naturali deve anche preoccuparsi della salvaguardia dell'ambiente e prevederne i costi, che sono da considerare come � una voce essenziale dei costi dell'attivit� economica �.991 In questo contesto vanno considerati i rapporti tra l'attivit� umana e i cambiamenti climatici che, data la loro estrema complessit�, devono essere opportunamente e costantemente seguiti a livello scientifico, politico e giuridico, nazionale e internazionale. Il clima � un bene che va protetto e richiede che, nei loro comportamenti, i consumatori e gli operatori di attivit� industriali sviluppino un maggiore senso di responsabilit�.992

Un'economia rispettosa dell'ambiente non perseguir� unicamente l'obiettivo della massimizzazione del profitto, perch� la protezione ambientale non pu� essere assicurata solo sulla base del calcolo finanziario di costi e benefici. L'ambiente � uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere adeguatamente.993 Tutti i Paesi, in particolare quelli sviluppati, devono avvertire come urgente l'obbligo di riconsiderare le modalit� d'uso dei beni naturali. La ricerca di innovazioni capaci di ridurre l'impatto sull'ambiente provocato dalla produzione e dal consumo dovr� essere efficacemente incentivata.

Un'attenzione particolare dovr� essere riservata alle complesse problematiche riguardanti le risorse energetiche.994 Quelle non rinnovabili, alle quali attingono i Paesi altamente industrializzati e quelli di recente industrializzazione, devono essere poste al servizio di tutta l'umanit�. In una prospettiva morale improntata all'equit� e alla solidariet� intergenerazionale, si dovr�, altres�, continuare, tramite il contributo della comunit� scientifica, a identificare nuove fonti energetiche, a sviluppare quelle alternative e a elevare i livelli di sicurezza dell'energia nucleare.995 L'utilizzo dell'energia, per i legami che ha con le questioni dello sviluppo e dell'ambiente, chiama in causa le responsabilit� politiche degli Stati, della comunit� internazionale e degli operatori economici; tali responsabilit� dovranno essere illuminate e guidate dalla ricerca continua del bene comune universale.

471 Una speciale attenzione merita la relazione che i popoli indigeni hanno con la loro terra e le sue risorse: si tratta di un'espressione fondamentale della loro identit�.996 Molti popoli hanno gi� perso o rischiano di perdere, a vantaggio di potenti interessi agro-industriali o in forza di processi di assimilazione e di urbanizzazione, le terre su cui vivono,997 alle quali � legato il senso stesso della loro esistenza.998 I diritti dei popoli indigeni devono essere opportunamente tutelati.999 Questi popoli offrono un esempio di vita in armonia con l'ambiente che essi hanno imparato a conoscere e a preservare: 1000 la loro straordinaria esperienza, che � un'insostituibile ricchezza per tutta l'umanit�, rischia di andare perduta insieme all'ambiente da cui trae origine.

b) L'uso delle biotecnologie

472 Negli ultimi anni si � imposta con forza la questione dell'uso delle nuove biotecnologie per scopi legati all'agricoltura, alla zootecnia, alla medicina e alla protezione dell'ambiente. Le nuove possibilit� offerte dalle attuali tecniche biologiche e biogenetiche suscitano, da una parte, speranze ed entusiasmi e, dall'altra, allarme e ostilit�. Le applicazioni delle biotecnologie, la loro liceit� dal punto di vista morale, le loro conseguenze per la salute dell'uomo, il loro impatto sull'ambiente e sull'economia, formano oggetto di studio approfondito e di vivace dibattito. Si tratta di questioni controverse che coinvolgono scienziati e ricercatori, politici e legislatori, economisti ed ambientalisti, produttori e consumatori. I cristiani non sono indifferenti a queste problematiche, coscienti dell'importanza dei valori in gioco.1001

473 La visione cristiana della creazione comporta un giudizio positivo sulla liceit� degli interventi dell'uomo sulla natura, ivi inclusi anche gli altri esseri viventi, e, allo stesso tempo, un forte richiamo al senso di responsabilit�.1002 La natura non �, in effetti, una realt� sacra o divina, sottratta all'azione umana. � piuttosto un dono offerto dal Creatore alla comunit� umana, affidato all'intelligenza e alla responsabilit� morale dell'uomo. Per questo egli non compie un atto illecito quando, rispettando l'ordine, la bellezza e l'utilit� dei singoli esseri viventi e della loro funzione nell'ecosistema, interviene modificando alcune loro caratteristiche e propriet�. Sono deprecabili gli interventi dell'uomo quando danneggiano gli esseri viventi o l'ambiente naturale, mentre sono lodevoli quando si traducono in un loro miglioramento. La liceit� dell'uso delle tecniche biologiche e biogenetiche non esaurisce tutta la problematica etica: come per ogni comportamento umano, � necessario valutare accuratamente la loro reale utilit� nonch� le loro possibili conseguenze anche in termini di rischi. Nell'ambito degli interventi tecnico-scientifici di forte e ampia incisivit� sugli organismi viventi, con la possibilit� di notevoli ripercussioni a lungo termine, non � lecito agire con leggerezza e irresponsabilit�.

474 Le moderne biotecnologie hanno un forte impatto sociale, economico e politico, sul piano locale, nazionale e internazionale: vanno valutate secondo i criteri etici che devono sempre orientare le attivit� e i rapporti umani nell'ambito socio-economico e politico.1003 Bisogna tener presenti soprattutto i criteri di giustizia e solidariet�, ai quali si devono attenere innanzi tutto gli individui ed i gruppi che operano nella ricerca e nella commercializzazione nel campo delle biotecnologie. Comunque, non si deve cadere nell'errore di credere che la sola diffusione dei benefici legati alle nuove biotecnologie possa risolvere tutti gli urgenti problemi di povert� e di sottosviluppo che assillano ancora tanti Paesi del pianeta.

475 In uno spirito di solidariet� internazionale, diverse misure possono essere attuate in relazione all'uso delle nuove biotecnologie. Va facilitato, in primo luogo, l'interscambio commerciale equo, libero da vincoli ingiusti. La promozione dello sviluppo dei popoli pi� svantaggiati non sar� per� autentica ed efficace se si riduce all'interscambio di prodotti. � indispensabile favorire anche la maturazione di una necessaria autonomia scientifica e tecnologica da parte di quegli stessi popoli, promuovendo gli interscambi di conoscenze scientifiche e tecnologiche e il trasferimento di tecnologie verso i Paesi in via di sviluppo.

476 La solidariet� comporta anche un richiamo alla responsabilit� che hanno i Paesi in via di sviluppo e in particolare, le loro autorit� politiche, di promuovere una politica commerciale favorevole ai loro popoli e l'interscambio di tecnologie atte a migliorarne le condizioni alimentari e sanitarie. In tali Paesi deve crescere l'investimento nella ricerca, con speciale attenzione alle caratteristiche e alle necessit� particolari del proprio territorio e della propria popolazione, soprattutto tenendo presente che alcune ricerche nel campo delle biotecnologie, potenzialmente benefiche, richiedono investimenti relativamente modesti. A tal fine sarebbe utile la creazione di Organismi nazionali deputati alla protezione del bene comune mediante un'accorta gestione dei rischi.

477 Gli scienziati e i tecnici impegnati nel settore delle biotecnologie sono chiamati a lavorare con intelligenza e perseveranza nella ricerca delle migliori soluzioni per i gravi e urgenti problemi dell'alimentazione e della sanit�. Essi non devono dimenticare che le loro attivit� riguardano materiali, viventi e non, appartenenti all'umanit� come un patrimonio, destinato anche alle generazioni future; per i credenti si tratta di un dono ricevuto dal Creatore, affidato all'intelligenza e alla libert� umane, anch'esse dono dell'Altissimo. Sappiano gli scienziati impegnare le loro energie e le loro capacit� in una ricerca appassionata, guidata da una coscienza limpida e onesta.1004

478 Gli imprenditori e i responsabili degli enti pubblici che si occupano della ricerca, della produzione e del commercio dei prodotti derivati dalle nuove biotecnologie devono tener conto non solo del legittimo profitto, ma anche del bene comune. Questo principio, valido per ogni tipo di attivit� economica, diventa particolarmente importante quando si tratta di attivit� che hanno a che fare con l'alimentazione, la medicina, la custodia della salute e dell'ambiente. Con le loro decisioni, imprenditori e responsabili degli enti pubblici interessati possono orientare gli sviluppi nel settore delle biotecnologie verso traguardi molto promettenti per quanto riguarda la lotta contro la fame, specialmente nei Paesi pi� poveri, la lotta contro le malattie e la lotta per la salvaguardia dell'ecosistema, patrimonio di tutti.

479 I politici, i legislatori e i pubblici amministratori hanno la responsabilit� di valutare le potenzialit�, i vantaggi e gli eventuali rischi connessi all'uso delle biotecnologie. Non � auspicabile che le loro decisioni, a livello nazionale o internazionale, vengano dettate da pressioni provenienti da interessi di parte. Le autorit� pubbliche devono favorire anche una corretta informazione dell'opinione pubblica e saper prendere comunque le decisioni pi� convenienti per il bene comune.

480 Anche i responsabili dell'informazione hanno un compito importante, da svolgere con prudenza e obiettivit�. La societ� si aspetta da loro un'informazione completa e obiettiva, che aiuti i cittadini a formarsi una corretta opinione sui prodotti biotecnologici, soprattutto perch� si tratta di qualcosa che li concerne in prima persona in quanto possibili consumatori. Si deve evitare, pertanto, di cadere nella tentazione di una informazione superficiale, alimentata da facili entusiasmi o da ingiustificati allarmismi.

c) Ambiente e condivisione dei beni

481 Anche nel campo dell'ecologia la dottrina sociale invita a tener presente che i beni della terra sono stati creati da Dio per essere sapientemente usati da tutti: tali beni vanno equamente condivisi, secondo giustizia e carit�. Si tratta essenzialmente di impedire l'ingiustizia di un accaparramento delle risorse: l'avidit�, sia essa individuale o collettiva, � contraria all'ordine della creazione.1005 Gli attuali problemi ecologici, di carattere planetario, possono essere affrontati efficacemente solo grazie ad una cooperazione internazionale capace di garantire un maggiore coordinamento sull'uso delle risorse della terra.

482 Il principio della destinazione universale dei beni offre un fondamentale orientamento, morale e culturale, per sciogliere il complesso e drammatico nodo che lega insieme crisi ambientale e povert�. L'attuale crisi ambientale colpisce particolarmente i pi� poveri, sia perch� vivono in quelle terre che sono soggette all'erosione e alla desertificazione o coinvolti in conflitti armati o costretti a migrazioni forzate, sia perch� non dispongono dei mezzi economici e tecnologici per proteggersi dalle calamit�.

Moltissimi di questi poveri vivono nei sobborghi inquinati delle citt� in alloggiamenti di fortuna o in agglomerati di case fatiscenti e pericolose (slums, bidonvilles, barrios, favelas). Nel caso si debba procedere al loro trasferimento e per non aggiungere sofferenza a sofferenza, � necessario fornire un'adeguata e previa informazione, offrire alternative di alloggi dignitosi e coinvolgere direttamente gli interessati.

Si tenga presente, inoltre, la situazione dei Paesi penalizzati dalle regole di un commercio internazionale non equo, nei quali permane una scarsit� di capitali spesso aggravata dall'onere del debito estero: in questi casi la fame e la povert� rendono quasi inevitabile uno sfruttamento intensivo ed eccessivo dell'ambiente.

483 Lo stretto legame che esiste tra lo sviluppo dei Paesi pi� poveri, mutamenti demografici e un uso sostenibile dell'ambiente, non va utilizzato come pretesto per scelte politiche ed economiche poco conformi alla dignit� della persona umana. Nel Nord del pianeta si assiste ad una � caduta del tasso di natalit�, con ripercussioni sull'invecchiamento della popolazione, incapace perfino di rinnovarsi biologicamente �,1006 mentre nel Sud la situazione � diversa. Se � vero che l'ineguale distribuzione della popolazione e delle risorse disponibili crea ostacoli allo sviluppo e ad un uso sostenibile dell'ambiente, va riconosciuto che la crescita demografica � pienamente compatibile con uno sviluppo integrale e solidale: 1007 � Siamo tutti d'accordo che una politica demografica � soltanto una parte di una strategia di sviluppo globale. Di conseguenza � importante che tutti i dibattiti sulle politiche demografiche prendano in considerazione lo sviluppo attuale e futuro delle nazioni e delle regioni. Allo stesso tempo � impossibile non tener conto dell'autentica natura del significato del termine �sviluppo�. Qualsiasi sviluppo degno di questo nome deve essere completo, ossia rivolto al bene autentico di ogni persona e dell'intera persona �.1008

484 Il principio della destinazione universale dei beni si applica naturalmente anche all'acqua, considerata nelle Sacre Scritture come simbolo di purificazione (cfr. Sal 51,4, Gv 13,8) e di vita (cfr. Gv 3,5; Gal 3,27): � In quanto dono di Dio, l'acqua � elemento vitale, imprescindibile per la sopravvivenza e, pertanto, un diritto di tutti �.1009 L'utilizzazione dell'acqua e dei servizi connessi deve essere orientata al soddisfacimento dei bisogni di tutti e soprattutto delle persone che vivono in povert�. Un limitato accesso all'acqua potabile incide sul benessere di un numero enorme di persone ed � spesso causa di malattie, sofferenze, conflitti, povert� e addirittura di morte: per essere adeguatamente risolta, tale questione � deve essere inquadrata in modo da stabilire criteri morali basati proprio sul valore della vita e sul rispetto dei diritti e della dignit� di tutti gli esseri umani �.1010

485 L'acqua, per la sua stessa natura, non pu� essere trattata come una mera merce tra le altre e il suo uso deve essere razionale e solidale. La sua distribuzione rientra, tradizionalmente, fra le responsabilit� di enti pubblici, perch� l'acqua � stata sempre considerata come un bene pubblico, caratteristica che va mantenuta qualora la gestione venga affidata al settore privato. Il diritto all'acqua,1011 come tutti i diritti dell'uomo, si basa sulla dignit� umana, e non su valutazioni di tipo meramente quantitativo, che considerano l'acqua solo come un bene economico. Senza acqua la vita � minacciata. Dunque, il diritto all'acqua � un diritto universale e inalienabile.

d) Nuovi stili di vita

486 I gravi problemi ecologici richiedono un effettivo cambiamento di mentalit� che induca ad adottare nuovi stili di vita,1012 � nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti �.1013 Tali stili di vita devono essere ispirati alla sobriet�, alla temperanza, all'autodisciplina, sul piano personale e sociale. Bisogna uscire dalla logica del mero consumo e promuovere forme di produzione agricola e industriale che rispettino l'ordine della creazione e soddisfino i bisogni primari di tutti. Un simile atteggiamento, favorito da una rinnovata consapevolezza dell'interdipendenza che lega tra loro tutti gli abitanti della terra, concorre ad eliminare diverse cause di disastri ecologici e garantisce una tempestiva capacit� di risposta quando tali disastri colpiscono popoli e territori.1014 La questione ecologica non deve essere affrontata solo per le agghiaccianti prospettive che il degrado ambientale profila: essa deve tradursi, soprattutto, in una forte motivazione per un'autentica solidariet� a dimensione mondiale.

487 L'atteggiamento che deve caratterizzare l'uomo di fronte al creato � essenzialmente quello della gratitudine e della riconoscenza: il mondo, infatti, rinvia al mistero di Dio che lo ha creato e lo sostiene. Se si mette tra parentesi la relazione con Dio, si svuota la natura del suo significato profondo, depauperandola. Se invece si arriva a riscoprire la natura nella sua dimensione di creatura, si pu� stabilire con essa un rapporto comunicativo, cogliere il suo significato evocativo e simbolico, penetrare cos� nell'orizzonte del mistero, che apre all'uomo il varco verso Dio, Creatore dei cieli e della terra. Il mondo si offre allo sguardo dell'uomo come traccia di Dio, luogo nel quale si disvela la Sua potenza creatrice, provvidente e redentrice.

 

CAPITOLO UNDICESIMO

LA PROMOZIONE DELLA PACE

I. ASPETTI BIBLICI

488 Prima di essere un dono di Dio all'uomo e un progetto umano conforme al disegno divino, la pace � anzitutto un attributo essenziale di Dio: � Signore-Pace � (Gdc 6,24). La creazione, che � un riflesso della gloria divina, aspira alla pace. Dio crea ogni cosa e tutto il creato forma un insieme armonico, buono in ogni sua parte (cfr. Gen 1,4.10.12.18.21.25.31).

La pace si fonda sulla relazione primaria tra ogni essere umano e Dio stesso, una relazione improntata a rettitudine (cfr. Gen 17,1). In seguito all'atto volontario con cui l'uomo altera l'ordine divino, il mondo conosce spargimenti di sangue e divisione: la violenza si manifesta nei rapporti interpersonali (cfr. Gen 4,1-16) e in quelli sociali (cfr. Gen 11,1-9). La pace e la violenza non possono abitare nella stessa dimora, dove c'� violenza non pu� esserci Dio (cfr. 1 Cr 22,8-9).

489 Nella Rivelazione biblica, la pace � molto pi� della semplice assenza di guerra: essa rappresenta la pienezza della vita (cfr. Ml 2,5); lungi dall'essere una costruzione umana, � un sommo dono divino offerto a tutti gli uomini, che comporta l'obbedienza al piano di Dio. La pace � l'effetto della benedizione di Dio sul Suo popolo: � Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace � (Nm 6,26). Tale pace genera fecondit� (cfr. Is 48,19), benessere (cfr. Is 48,18), prosperit� (cfr. Is 54,13), assenza di paura (cfr. Lv 26,6) e gioia profonda (cfr. Pr 12,20).

490 La pace � il traguardo della convivenza sociale, come appare in maniera straordinaria nella visione messianica della pace: quando tutti i popoli si recheranno nella casa del Signore ed Egli indicher� loro le Sue vie, essi potranno camminare lungo i sentieri della pace (cfr. Is 2,2-5). Un mondo nuovo di pace, che abbraccia tutta la natura, � promesso per l'era messianica (cfr. Is 11,6-9) e lo stesso Messia � definito � Principe della pace � (Is 9,5). Laddove regna la Sua pace, laddove essa viene anche parzialmente anticipata, nessuno potr� pi� gettare il popolo di Dio nella paura (cfr. Sof 3,13). La pace sar� allora duratura, poich� quando il re governa secondo la giustizia di Dio, la rettitudine germoglia e la pace abbonda � finch� non si spenga la luna � (Sal 72,7). Dio anela a dare la pace al Suo popolo: � egli annunzia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con tutto il cuore � (Sal 85,9). Il Salmista, ascoltando ci� che Dio ha da dire al Suo popolo sulla pace, ode queste parole: � Misericordia e verit� s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno � (Sal 85,11).

491 La promessa di pace, che percorre tutto l'Antico Testamento, trova il suo compimento nella Persona di Ges�. La pace, infatti, � il bene messianico per eccellenza, nel quale vengono compresi tutti gli altri beni salvifici. La parola ebraica � shalom, nel senso etimologico di � completezza �, esprime il concetto di � pace � nella pienezza del suo significato (cfr. Is 9,5s.; Mi 5,1-4). Il regno del Messia � appunto il regno della pace (cfr. Gb 25,2; Sal 29,11; 37,11; 72,3.7; 85,9.11; 119,165; 125,5; 128,6; 147,14; Ct 8,10; Is 26,3.12; 32,17s.; 52,7; 54,10; 57,19; 60,17; 66,12; Ag 2,9; Zc 9,10 et alibi). Ges� � � la nostra pace � (Ef 2,14), Egli che ha abbattuto il muro divisorio dell'inimicizia tra gli uomini, riconciliandoli con Dio (cfr. Ef 2,14-16): cos� san Paolo, con efficacissima semplicit�, indica la ragione radicale che spinge i cristiani ad una vita e ad una missione di pace.

Alla vigilia della Sua morte, Ges� parla della Sua relazione d'amore con il Padre e della forza unificatrice che questo amore irradia sui discepoli; � un discorso di commiato che mostra il senso profondo della Sua vita e che pu� essere considerato una sintesi di tutto il Suo insegnamento. Sigilla il Suo testamento spirituale il dono della pace: � Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la d� il mondo, io la do a voi � (Gv 14,27). Le parole del Risorto non risuoneranno diversamente; ogni volta che Egli incontrer� i Suoi, essi riceveranno da Lui il saluto e il dono della pace: � Pace a voi! � (Lc 24,36; Gv 20,19.21.26).

492 La pace di Cristo � innanzi tutto la riconciliazione con il Padre, che si attua mediante la missione apostolica affidata da Ges� ai Suoi discepoli; questa inizia con un annuncio di pace: � In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa � (Lc 10,5; cfr. Rm 1,7). La pace � poi riconciliazione con i fratelli, perch� Ges�, nella preghiera che ci ha insegnato, il � Padre nostro �, associa il perdono chiesto a Dio a quello accordato ai fratelli: � rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori � (Mt 6,12). Con questa duplice riconciliazione il cristiano pu� diventare artefice di pace e quindi partecipe del Regno di Dio, secondo quanto Ges� stesso proclama: � Beati gli operatori di pace, perch� saranno chiamati figli di Dio � (Mt 5,9).

493 L'azione per la pace non � mai disgiunta dall'annuncio del Vangelo, che � appunto la buona novella della pace � (At 10,36; cfr. Ef 6,15), indirizzata a tutti gli uomini. Al centro del � vangelo della pace � (Ef 6,15) resta il mistero della Croce, perch� la pace � insita nel sacrificio di Cristo (cfr. Is 53,5: � Il castigo che ci d� salvezza si � abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti �): Ges� crocifisso ha annullato la divisione, instaurando la pace e la riconciliazione proprio � per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l'inimicizia � (Ef 2,16) e donando agli uomini la salvezza della Risurrezione.

II. LA PACE: FRUTTO DELLA GIUSTIZIA E DELLA CARIT�

494 La pace � un valore 1015 e un dovere universale 1016 e trova il suo fondamento nell'ordine razionale e morale della societ� che ha le sue radici in Dio stesso, � fonte primaria dell'essere, verit� essenziale e bene supremo �.1017 La pace non � semplicemente assenza di guerra e neppure uno stabile equilibrio tra forze avversarie,1018 ma si fonda su una corretta concezione della persona umana 1019 e richiede l'edificazione di un ordine secondo giustizia e carit�.

La pace � frutto della giustizia (cfr. Is 32,17),1020 intesa in senso ampio come il rispetto dell'equilibrio di tutte le dimensioni della persona umana. La pace � in pericolo quando all'uomo non � riconosciuto ci� che gli � dovuto in quanto uomo, quando non viene rispettata la sua dignit� e quando la convivenza non � orientata verso il bene comune. Per la costruzione di una societ� pacifica e per lo sviluppo integrale di individui, popoli e Nazioni, risultano essenziali la difesa e la promozione dei diritti umani.1021

La pace � frutto anche dell'amore: � vera pace � cosa piuttosto di carit� che di giustizia, perch� alla giustizia spetta solo rimuovere gli impedimenti della pace: l'offesa e il danno; ma la pace stessa � atto proprio e specifico di carit� �.1022

495 La pace si costruisce giorno per giorno nella ricerca dell'ordine voluto da Dio 1023 e pu� fiorire solo quando tutti riconoscono le proprie responsabilit� nella sua promozione.1024 Per prevenire conflitti e violenze, � assolutamente necessario che la pace cominci ad essere vissuta come valore profondo nell'intimo di ogni persona: cos� pu� estendersi nelle famiglie e nelle diverse forme di aggregazione sociale, fino a coinvolgere l'intera comunit� politica.1025 In un clima diffuso di concordia e di rispetto della giustizia, pu� maturare un'autentica cultura di pace,1026 capace di diffondersi anche nella Comunit� internazionale. La pace �, pertanto, � il frutto dell'ordine immesso nella societ� umana dal suo Fondatore e che deve essere attuato dagli uomini assetati di una giustizia sempre pi� perfetta �.1027 Tale ideale di pace � non si pu� ottenere se non � messo al sicuro il bene delle persone e gli uomini con fiducia non si scambiano spontaneamente le ricchezze del loro animo e del loro ingegno �.1028

496 La violenza non costituisce mai una risposta giusta. La Chiesa proclama, con la convinzione della sua fede in Cristo e con la consapevolezza della sua missione, � che la violenza � male, che la violenza come soluzione ai problemi � inaccettabile, che la violenza � indegna dell'uomo. La violenza � una menzogna, poich� � contraria alla verit� della nostra fede, alla verit� della nostra umanit�. La violenza distrugge ci� che sostiene di difendere: la dignit�, la vita, la libert� degli esseri umani �.1029

Anche il mondo attuale ha bisogno della testimonianza di profeti non armati, purtroppo oggetto di scherno in ogni epoca: 1030 � Coloro che, per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, rinunciano all'azione violenta e cruenta e ricorrono a mezzi di difesa che sono alla portata dei pi� deboli, rendono testimonianza alla carit� evangelica, purch� ci� si faccia senza pregiudizio per i diritti e i doveri degli altri uomini e delle societ�. Essi legittimamente attestano la gravit� dei rischi fisici e morali del ricorso alla violenza, che causa rovine e morti �.1031

III. IL FALLIMENTO DELLA PACE: LA GUERRA

497 Il Magistero condanna � l'enormit� della guerra � 1032 e chiede che sia considerata con un approccio completamente nuovo: 1033 infatti, � riesce quasi impossibile pensare che nell'era atomica la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia �.1034 La guerra � un � flagello � 1035 e non rappresenta mai un mezzo idoneo per risolvere i problemi che sorgono tra le Nazioni: � Non lo � mai stato e mai lo sar� �,1036 perch� genera conflitti nuovi e pi� complessi.1037 Quando scoppia, la guerra diventa una � inutile strage �,1038 una � avventura senza ritorno �,1039 che compromette il presente e mette a rischio il futuro dell'umanit�: � Nulla � perduto con la pace. Tutto pu� essere perduto con la guerra �.1040 I danni causati da un conflitto armato non sono solamente materiali, ma anche morali.1041 La guerra �, in definitiva, � il fallimento di ogni autentico umanesimo �,1042 � � sempre una sconfitta dell'umanit� �: 1043 � non pi� gli uni contro gli altri, non pi�, mai! ... non pi� la guerra, non pi� la guerra! �.1044

498 La ricerca di soluzioni alternative alla guerra per risolvere i conflitti internazionali ha assunto oggi un carattere di drammatica urgenza, poich� � la potenza terrificante dei mezzi di distruzione, accessibili perfino alle medie e piccole potenze, e la sempre pi� stretta connessione, esistente tra i popoli di tutta la terra, rendono assai arduo o praticamente impossibile limitare le conseguenze di un conflitto �.1045 � quindi essenziale la ricerca delle cause che originano un conflitto bellico, anzitutto quelle collegate a situazioni strutturali di ingiustizia, di miseria, di sfruttamento, sulle quali bisogna intervenire con lo scopo di rimuoverle: � Per questo, l'altro nome della pace � lo sviluppo. Come esiste la responsabilit� collettiva di evitare la guerra, cos� esiste la responsabilit� collettiva di promuovere lo sviluppo �.1046

499 Gli Stati non sempre dispongono degli strumenti adeguati per provvedere efficacemente alla propria difesa: da qui la necessit� e l'importanza delle Organizzazioni internazionali e regionali, che devono essere in grado di collaborare per far fronte ai conflitti e favorire la pace, instaurando relazioni di fiducia reciproca capaci di rendere impensabile il ricorso alla guerra: 1047 � � lecito... sperare che gli uomini, incontrandosi e negoziando, abbiano a scoprire meglio i vincoli che li legano, provenienti dalla loro comune umanit�, e abbiano pure a scoprire che una fra le pi� profonde esigenze della loro comune umanit� � che tra essi e tra i rispettivi popoli regni non il timore, ma l'amore: il quale tende ad esprimersi nella collaborazione leale, multiforme, apportatrice di molti beni �.1048

a) La legittima difesa

500 Una guerra di aggressione � intrinsecamente immorale. Nel tragico caso in cui essa si scateni, i responsabili di uno Stato aggredito hanno il diritto e il dovere di organizzare la difesa anche usando la forza delle armi.1049 L'uso della forza, per essere lecito, deve rispondere ad alcune rigorose condizioni: � � che il danno causato dall'aggressore alla nazione o alla comunit� delle nazioni sia durevole, grave e certo; � che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci; � che ci siano fondate condizioni di successo; � che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini pi� gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione. Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della �guerra giusta�. La valutazione di tali condizioni di legittimit� morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilit� del bene comune �.1050

Se tale responsabilit� giustifica il possesso di mezzi sufficienti per esercitare il diritto alla difesa, resta per gli Stati l'obbligo di fare tutto il possibile per � garantire le condizioni della pace non soltanto sul proprio territorio, ma in tutto il mondo �.1051 Non bisogna dimenticare che � altro � ricorrere alle armi perch� i popoli siano legittimamente difesi, altro voler soggiogare altre nazioni. N� la potenza bellica rende legittimo ogni suo impiego militare o politico. N� diventa tutto lecito tra i belligeranti quando la guerra � ormai disgraziatamente scoppiata �.1052

501 La Carta della Nazioni Unite, scaturita dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale e volta a preservare le generazioni future dal flagello della guerra, si basa sull'interdizione generalizzata del ricorso alla forza per risolvere le contese tra gli Stati, fatti salvi due casi: la legittima difesa e le misure prese dal Consiglio di Sicurezza nell'ambito delle sue responsabilit� per mantenere la pace. In ogni caso, l'esercizio del diritto a difendersi deve rispettare � i tradizionali limiti della necessit� e della proporzionalit� �.1053

Quanto, poi, a un'azione bellica preventiva, lanciata senza prove evidenti che un'aggressione stia per essere sferrata, essa non pu� non sollevare gravi interrogativi sotto il profilo morale e giuridico. Pertanto, solo una decisione dei competenti organismi, sulla base di rigorosi accertamenti e di fondate motivazioni, pu� dare legittimazione internazionale all'uso della forza armata, identificando determinate situazioni come una minaccia alla pace e autorizzando un'ingerenza nella sfera del dominio riservato di uno Stato.

b) Difendere la pace

502 Le esigenze della legittima difesa giustificano l'esistenza, negli Stati, delle forze armate, la cui azione deve essere posta al servizio della pace: coloro i quali presidiano con tale spirito la sicurezza e la libert� di un Paese danno un autentico contributo alla pace.1054 Ogni persona che presta servizio nelle forze armate � concretamente chiamata a difendere il bene, la verit� e la giustizia nel mondo; non pochi sono coloro che in tale contesto hanno sacrificato la propria vita per questi valori e per difendere vite innocenti. Il crescente numero di militari che operano in seno a forze multinazionali, nell'ambito delle � missioni umanitarie e di pace �, promosse dalle Nazioni Unite, � un fatto significativo.1055

503 Ogni membro delle forze armate � moralmente obbligato ad opporsi agli ordini che incitano a compiere crimini contro il diritto delle genti e i suoi principi universali.1056 I militari rimangono pienamente responsabili degli atti che compiono in violazione dei diritti delle persone e dei popoli o delle norme del diritto internazionale umanitario. Tali atti non si possono giustificare con il motivo dell'obbedienza a ordini superiori.

Gli obiettori di coscienza, i quali rifiutano in via di principio di effettuare il servizio militare nei casi in cui sia obbligatorio, poich� la loro coscienza li porta a respingere qualsiasi uso della forza oppure la partecipazione ad un determinato conflitto, devono essere disponibili a svolgere altri tipi di servizio: � Sembra ... giusto che le leggi provvedano con comprensione al caso di chi per motivi di coscienza ricusa di usare le armi, mentre accetta un'altra forma di servizio alla comunit� umana �.1057

c) Il dovere di proteggere gli innocenti

504 Il diritto all'uso della forza per scopi di legittima difesa � associato al dovere di proteggere e aiutare le vittime innocenti che non possono difendersi dall'aggressione. Nei conflitti dell'era moderna, frequentemente interni ad uno stesso Stato, le disposizioni del diritto internazionale umanitario devono essere pienamente rispettate. In troppe circostanze la popolazione civile � colpita, a volte perfino come obiettivo bellico. In alcuni casi viene brutalmente massacrata o sradicata dalle proprie case e dalla propria terra con trasferimenti forzati, sotto il pretesto di una � pulizia etnica � 1058 inaccettabile. In tali tragiche circostanze, � necessario che gli aiuti umanitari raggiungano la popolazione civile e che non siano mai utilizzati per condizionare i beneficiari: il bene della persona umana deve avere la precedenza sugli interessi delle parti in conflitto.

505 Il principio di umanit�, iscritto nella coscienza di ogni persona e popolo, comporta l'obbligo di tenere al riparo la popolazione civile dagli effetti della guerra: � Quel minimo di protezione della dignit� di ogni essere umano, garantito dal diritto internazionale umanitario, � troppo spesso violato in nome di esigenze militari o politiche, che mai dovrebbero avere il sopravvento sul valore della persona umana. Si avverte oggi la necessit� di trovare un nuovo consenso sui principi umanitari e di rafforzarne i fondamenti per impedire il ripetersi di atrocit� e abusi �.1059

Una particolare categoria di vittime della guerra � quella dei rifugiati, costretti dai combattimenti a fuggire dai luoghi in cui vivono abitualmente, fino a trovare riparo in Paesi diversi da quelli in cui sono nati. La Chiesa � loro vicina, non solo con la presenza pastorale e con il soccorso materiale, ma anche con l'impegno a difendere la loro dignit� umana: � La sollecitudine per i rifugiati deve spingersi a riaffermare e a sottolineare i diritti umani, universalmente riconosciuti, e a chiedere che anche per essi siano effettivamente realizzati �.1060

506 I tentativi di eliminazione di interi gruppi nazionali, etnici, religiosi o linguistici sono dei delitti contro Dio e contro la stessa umanit� e i responsabili di tali crimini devono essere chiamati a risponderne di fronte alla giustizia.1061 Il secolo XX � stato contrassegnato tragicamente da diversi genocidi: da quello degli armeni a quello degli ucraini, da quello dei cambogiani a quelli avvenuti in Africa e nei Balcani. Tra essi spicca l'olocausto del popolo ebraico, la Shoah: � i giorni della Shoah hanno segnato una vera notte nella storia, registrando crimini inauditi contro Dio e contro l'uomo �.1062

La Comunit� internazionale nel suo complesso ha l'obbligo morale di intervenire in favore di quei gruppi la cui stessa sopravvivenza � minacciata o di cui siano massicciamente violati i fondamentali diritti. Gli Stati, in quanto parte di una Comunit� internazionale, non possono restare indifferenti: al contrario, se tutti gli altri mezzi a disposizione si dovessero rivelare inefficaci, � � legittimo e persino doveroso impegnarsi con iniziative concrete per disarmare l'aggressore �.1063 Il principio della sovranit� nazionale non pu� essere addotto come motivo per impedire l'intervento in difesa delle vittime.1064 Le misure adottate devono essere attuate nel pieno rispetto del diritto internazionale e del fondamentale principio dell'uguaglianza tra gli Stati.

La Comunit� internazionale si � anche dotata di una Corte Penale Internazionale per punire i responsabili di atti particolarmente gravi: crimine di genocidio, crimini contro l'umanit�, crimini di guerra, crimine di aggressione. Il Magistero non ha mancato di incoraggiare ripetutamente tale iniziativa.1065

d) Misure contro chi minaccia la pace

507 Le sanzioni, nelle forme previste dall'ordinamento internazionale contemporaneo, mirano a correggere il comportamento del governo di un Paese che viola le regole della pacifica ed ordinata convivenza internazionale o che mette in pratica gravi forme di oppressione nei confronti della popolazione. Le finalit� delle sanzioni devono essere precisate in modo inequivocabile e le misure adottate devono essere periodicamente verificate dagli organismi competenti della Comunit� internazionale, per un'obiettiva valutazione della loro efficacia e del loro reale impatto sulla popolazione civile. Il vero scopo di tali misure � quello di aprire la strada alle trattative e al dialogo. Le sanzioni non devono mai costituire uno strumento di punizione diretto contro un'intera popolazione: non � lecito che per le sanzioni abbiano a soffrire intere popolazioni e specialmente i loro membri pi� vulnerabili. Le sanzioni economiche, in particolare, sono uno strumento da utilizzare con grande ponderazione e da sottoporre a rigidi criteri giuridici ed etici.1066 L'embargo economico deve essere limitato nel tempo e non pu� essere giustificato quando gli effetti che produce si rivelano indiscriminati.

e) Il disarmo

508 La dottrina sociale propone la meta di un � disarmo generale, equilibrato e controllato �.1067 L'enorme aumento delle armi rappresenta una minaccia grave per la stabilit� e la pace. Il principio di sufficienza, in virt� del quale uno Stato pu� possedere unicamente i mezzi necessari per la sua legittima difesa, deve essere applicato sia dagli Stati che comprano armi, sia da quelli che le producono e le forniscono.1068 Qualsiasi accumulo eccessivo di armi, o il loro commercio generalizzato, non possono essere giustificati moralmente; tali fenomeni vanno valutati anche alla luce della normativa internazionale in materia di non-proliferazione, produzione, commercio e uso dei differenti tipi di armamenti. Le armi non devono mai essere considerate alla stregua di altri beni scambiati a livello mondiale o sui mercati interni.1069

Il Magistero, inoltre, ha espresso una valutazione morale del fenomeno della deterrenza: � L'accumulo delle armi sembra a molti un modo paradossale di dissuadere dalla guerra eventuali avversari. Costoro vedono in esso il pi� efficace dei mezzi atti ad assicurare la pace tra le nazioni. Riguardo a tale mezzo di dissuasione vanno fatte severe riserve morali. La corsa agli armamenti non assicura la pace. Lungi dall'eliminare le cause di guerra, rischia di aggravarle �.1070 Le politiche di deterrenza nucleare, tipiche del periodo della cosiddetta Guerra Fredda, devono essere sostituite con concrete misure di disarmo, basate sul dialogo e sul negoziato multilaterale.

509 Le armi di distruzione di massa � biologiche, chimiche e nucleari � rappresentano una minaccia particolarmente grave; coloro che le possiedono hanno una responsabilit� enorme davanti a Dio e all'umanit� intera.1071 Il principio della non-proliferazione delle armi nucleari, insieme alle misure per il disarmo nucleare, come anche il divieto di test nucleari, sono obiettivi tra loro strettamente legati, che devono essere raggiunti nel pi� breve tempo tramite controlli efficaci a livello internazionale.1072 Il divieto di sviluppo, di produzione, di accumulo e di impiego delle armi chimiche e biologiche, nonch� i provvedimenti che ne impongono la distruzione, completano il quadro normativo internazionale per mettere al bando tali armi nefaste,1073 il cui uso � esplicitamente riprovato dal Magistero: � Ogni azione bellica che indiscriminatamente mira alla distruzione di intere citt� o di vaste regioni con i loro abitanti � un crimine contro Dio e contro l'uomo, che deve essere condannato con fermezza e senza esitazione �.1074

510 Il disarmo deve estendersi all'interdizione di armi che infliggono effetti traumatici eccessivi o che colpiscono indiscriminatamente, nonch� delle mine antipersona, un tipo di piccoli ordigni, disumanamente insidiosi, poich� continuano a colpire anche molto tempo dopo il termine delle ostilit�: gli Stati che le producono, le commercializzano o le usano ancora, si assumono la responsabilit� di ritardare gravemente la totale eliminazione di tali strumenti mortiferi.1075 La Comunit� internazionale deve continuare ad impegnarsi nell'attivit� di sminamento, promuovendo un'efficace cooperazione, compresa la formazione tecnica, con i Paesi che non dispongono di mezzi propri adatti ad effettuare l'urgentissima bonifica dei loro territori e che non sono in grado di fornire un'assistenza adeguata alle vittime delle mine.

511 Misure appropriate sono necessarie per il controllo della produzione, della vendita, dell'importazione e dell'esportazione di armi leggere e individuali, che facilitano molte manifestazioni di violenza. La vendita e il traffico di tali armi costituiscono una seria minaccia per la pace: esse sono quelle che uccidono di pi� e sono usate maggiormente nei conflitti non internazionali; la loro disponibilit� fa aumentare il rischio di nuovi conflitti e l'intensit� di quelli in corso. L'atteggiamento degli Stati che applicano severi controlli sul trasferimento internazionale di armi pesanti, mentre non prevedono mai, o solo in rare occasioni, restrizioni sul commercio delle armi leggere e individuali, � una contraddizione inaccettabile. � indispensabile ed urgente che i Governi adottino regole adeguate per controllare la produzione, l'accumulo, la vendita e il traffico di tali armi,1076 cos� da contrastarne la crescente diffusione, in larga parte tra gruppi di combattenti che non appartengono alle forze militari di uno Stato.

512 L'utilizzazione di bambini e adolescenti come soldati in conflitti armati � nonostante il fatto che la loro giovanissima et� non ne deve permettere il reclutamento � va denunciata. Essi sono costretti con la forza a combattere, oppure lo scelgono di propria iniziativa senza essere pienamente consapevoli delle conseguenze. Si tratta di bambini privati non solo dell'istruzione che dovrebbero ricevere e di un'infanzia normale, ma anche addestrati ad uccidere: tutto ci� costituisce un crimine intollerabile. Il loro impiego nelle forze combattenti di qualsiasi tipo deve essere fermato; contemporaneamente, bisogna fornire tutto l'aiuto possibile per la cura, l'educazione e la riabilitazione di coloro che sono stati coinvolti nei combattimenti.1077

f) La condanna del terrorismo

513 Il terrorismo � una delle forme pi� brutali della violenza che oggi sconvolge la Comunit� internazionale: esso semina odio, morte, desiderio di vendetta e di rappresaglia.1078 Da strategia sovversiva tipica soltanto di alcune organizzazioni estremistiche, finalizzata alla distruzione delle cose e all'uccisione delle persone, il terrorismo si � trasformato in una rete oscura di complicit� politiche, utilizza anche sofisticati mezzi tecnici, si avvale spesso di ingenti risorse finanziarie ed elabora strategie su vasta scala, colpendo persone del tutto innocenti, vittime casuali delle azioni terroristiche.1079 Bersagli degli attacchi terroristici sono, in genere, i luoghi della vita quotidiana e non obiettivi militari nel contesto di una guerra dichiarata. Il terrorismo agisce e colpisce al buio, al di fuori delle regole con cui gli uomini hanno cercato di disciplinare, per esempio mediante il diritto internazionale umanitario, i loro conflitti: � In molti casi il ricorso ai metodi del terrorismo � considerato un nuovo sistema di guerra �.1080 Non vanno trascurate le cause che possono motivare tale inaccettabile forma di rivendicazione. La lotta contro il terrorismo presuppone il dovere morale di contribuire a creare le condizioni affinch� esso non nasca o si sviluppi.

514 Il terrorismo va condannato nel modo pi� assoluto. Esso manifesta un disprezzo totale della vita umana e nessuna motivazione pu� giustificarlo, in quanto l'uomo � sempre fine e mai mezzo. Gli atti di terrorismo colpiscono profondamente la dignit� umana e costituiscono un'offesa all'intera umanit�: � Esiste perci� un diritto a difendersi dal terrorismo �.1081 Tale diritto non pu� tuttavia essere esercitato nel vuoto di regole morali e giuridiche, poich� la lotta contro i terroristi va condotta nel rispetto dei diritti dell'uomo e dei principi di uno Stato di diritto.1082 L'identificazione dei colpevoli va debitamente provata, perch� la responsabilit� penale � sempre personale e quindi non pu� essere estesa alle religioni, alle Nazioni, alle etnie, alle quali i terroristi appartengono. La collaborazione internazionale contro l'attivit� terroristica � non pu� esaurirsi soltanto in operazioni repressive e punitive. � essenziale che il pur necessario ricorso alla forza sia accompagnato da una coraggiosa e lucida analisi delle motivazioni soggiacenti agli attacchi terroristici �.1083 � necessario anche un particolare impegno sul piano � politico e pedagogico1084 per risolvere, con coraggio e determinazione, i problemi che, in alcune drammatiche situazioni, possono alimentare il terrorismo: � Il reclutamento dei terroristi, infatti, � pi� facile nei contesti sociali in cui si semina l'odio, i diritti vengono conculcati e le situazioni di ingiustizia troppo a lungo tollerate �.1085

515 � profanazione e bestemmia proclamarsi terroristi in nome di Dio: 1086 cos� si strumentalizza anche Dio e non solo l'uomo, in quanto si ritiene di possedere totalmente la Sua verit� anzich� cercare di esserne posseduti. Definire � martiri � coloro i quali muoiono compiendo atti terroristici � stravolgere il concetto di martirio, che � testimonianza di chi si fa uccidere per non rinunciare a Dio e al Suo amore e non di chi uccide in nome di Dio.

Nessuna religione pu� tollerare il terrorismo e, ancor meno, predicarlo.1087 Le religioni sono impegnate, piuttosto, a collaborare per rimuovere le cause del terrorismo e per promuovere l'amicizia tra i popoli.1088

IV. IL CONTRIBUTO DELLA CHIESA ALLA PACE

516 La promozione della pace nel mondo � parte integrante della missione con cui la Chiesa continua l'opera redentrice di Cristo sulla terra. La Chiesa, infatti, �, in Cristo, � �sacramento�, cio� segno e uno strumento della pace nel mondo e per il mondo �.1089 La promozione della vera pace � un'espressione della fede cristiana nell'amore che Dio nutre per ogni essere umano. Dalla fede liberante nell'amore di Dio derivano una nuova visione del mondo e un nuovo modo di avvicinarsi all'altro, sia esso una singola persona o un popolo intero: � una fede che cambia e rinnova la vita, ispirata dalla pace che Cristo ha lasciato ai Suoi discepoli (cfr. Gv 14,27). Mossa unicamente da tale fede, la Chiesa intende promuovere l'unit� dei cristiani e una feconda collaborazione con i credenti delle altre religioni. Le differenze religiose non possono e non devono costituire una causa di conflitto: la ricerca comune della pace da parte di tutti i credenti � piuttosto un forte fattore di unit� tra i popoli.1090 La Chiesa esorta persone, popoli, Stati e Nazioni a farsi partecipi della sua preoccupazione per il ristabilimento e il consolidamento della pace sottolineando, in particolare, l'importante funzione del diritto internazionale.1091

517 La Chiesa insegna che una vera pace � resa possibile soltanto dal perdono e dalla riconciliazione.1092 Non � facile perdonare di fronte alle conseguenze della guerra e dei conflitti, perch� la violenza, specialmente quando conduce � sino agli abissi della disumanit� e della desolazione �,1093 lascia sempre in eredit� un pesante fardello di dolore, che pu� essere alleviato solo da una riflessione approfondita, leale e coraggiosa, comune ai contendenti, capace di affrontare le difficolt� del presente con un atteggiamento purificato dal pentimento. Il peso del passato, che non pu� essere dimenticato, pu� essere accettato solo in presenza di un perdono reciprocamente offerto e ricevuto: si tratta di un percorso lungo e difficile, ma non impossibile.1094

518 Il perdono reciproco non deve annullare le esigenze della giustizia n�, tanto meno, precludere il cammino che porta alla verit�: giustizia e verit� rappresentano, invece, i requisiti concreti della riconciliazione. Risultano opportune le iniziative tendenti ad istituire Organismi giudiziari internazionali. Simili Organismi, avvalendosi del principio della giurisdizione universale e sorretti da procedure adeguate, rispettose dei diritti degli imputati e delle vittime, possono accertare la verit� sui crimini perpetrati durante i conflitti armati.1095 � necessario, tuttavia, andare oltre la determinazione dei comportamenti delittuosi, sia attivi che omissivi, e oltre le decisioni in merito alle procedure di riparazione, per giungere al ristabilimento di relazioni di reciproca accoglienza tra i popoli divisi, nel segno della riconciliazione.1096 � necessario, inoltre, promuovere il rispetto del diritto alla pace: tale diritto � favorisce la costruzione di una societ� all'interno della quale ai rapporti di forza subentrano rapporti di collaborazione, in vista del bene comune �.1097

519 La Chiesa lotta per la pace con la preghiera. La preghiera apre il cuore non solo ad un profondo rapporto con Dio, ma anche all'incontro con il prossimo all'insegna del rispetto, della fiducia, della comprensione, della stima e dell'amore.1098 La preghiera infonde coraggio e d� sostegno a tutti � i veri amici della pace �,1099 i quali cercano di promuoverla nelle varie circostanze in cui si trovano a vivere. La preghiera liturgica � � il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e insieme la fonte da cui

promana tutta la sua forza �; 1100 in particolare la celebrazione eucaristica, � fonte e apice di tutta la vita cristiana �,1101 � sorgente inesauribile di ogni autentico impegno cristiano per la pace.1102

520 Le Giornate Mondiali della Pace sono celebrazioni di particolare intensit� per la preghiera di invocazione della pace e per l'impegno di costruire un mondo di pace. Il Papa Paolo VI le istitu� allo scopo di � dedicare ai pensieri ed ai propositi della pace una particolare celebrazione nel primo giorno dell'anno civile �.1103 I Messaggi pontifici per tale annuale occasione costituiscono una ricca fonte di aggiornamento e di sviluppo della dottrina sociale e mostrano la costante azione pastorale della Chiesa in favore della pace: � La Pace si afferma solo con la pace, quella non disgiunta dai doveri della giustizia, ma alimentata dal sacrificio proprio, dalla clemenza, dalla misericordia, dalla carit� �.1104


  

 

PARTE TERZA

� Per la Chiesa il messaggio sociale del Vangelo
non deve essere considerato una teoria,
ma prima di tutto un fondamento
e una motivazione per l'azione �.

(Centesimus annus, 57)


   

CAPITOLO DODICESIMO

DOTTRINA SOCIALE E AZIONE ECCLESIALE

I. L'AZIONE PASTORALE IN AMBITO SOCIALE

a) Dottrina sociale e inculturazione della fede

521 Consapevole della forza rinnovatrice del cristianesimo anche nei confronti della cultura e della realt� sociale,1105 la Chiesa offre il contributo del proprio insegnamento alla costruzione della comunit� degli uomini, mostrando il significato sociale del Vangelo.1106 Alla fine dell'Ottocento, il Magistero della Chiesa affront� organicamente le gravi questioni sociali dell'epoca, stabilendo � un paradigma permanente per la Chiesa. Questa, infatti, ha la sua parola da dire di fronte a determinate situazioni umane, individuali e comunitarie, nazionali e internazionali, per le quali formula una vera dottrina, un corpus, che le permette di analizzare le realt� sociali, di pronunciarsi su di esse e di indicare orientamenti per la giusta soluzione dei problemi che ne derivano �.1107 L'intervento di Leone XIII sulla realt� socio-politica del suo tempo con l'enciclica � Rerum novarum � � confer� alla Chiesa quasi uno �statuto di cittadinanza� nelle mutevoli realt� della vita pubblica, e ci� si sarebbe affermato ancor pi� in seguito �.1108

522 La Chiesa, con la sua dottrina sociale, offre soprattutto una visione integrale ed una piena comprensione dell'uomo, nella sua dimensione personale e sociale. L'antropologia cristiana, svelando la dignit� inviolabile di ogni persona, introduce le realt� del lavoro, dell'economia, della politica in un'originale prospettiva, che illumina gli autentici valori umani ed ispira e sostiene l'impegno della testimonianza cristiana nei molteplici ambiti della vita personale, culturale e sociale. Grazie alle � primizie dello Spirito � (Rm 8,23), il cristiano � diventa capace di adempiere la legge nuova dell'amore (cfr. Rm 8,1-11). Da questo Spirito, che � �caparra dell'eredit�� (Ef 1,14), tutto l'uomo viene interiormente rinnovato, fino alla �redenzione del corpo� (Rm 8,23) �.1109 In tal senso, la dottrina sociale evidenzia come il fondamento della moralit� di ogni agire sociale consista nello sviluppo umano della persona e individua la norma dell'azione sociale nella corrispondenza al vero bene dell'umanit� e nell'impegno teso a creare condizioni che permettano ad ogni uomo di attuare la sua integrale vocazione.

523 L'antropologia cristiana anima e sostiene l'opera pastorale di inculturazione della fede, tesa a rinnovare dall'interno, con la forza del Vangelo, i criteri di giudizio, i valori determinanti, le linee di pensiero e i modelli di vita dell'uomo contemporaneo: � con l'inculturazione la Chiesa diventa segno pi� comprensibile di ci� che � e strumento pi� atto della missione �.1110 Il mondo contemporaneo � segnato da una frattura tra Vangelo e cultura; una visione secolarizzata della salvezza tende a ridurre anche il cristianesimo ad � una sapienza meramente umana, quasi scienza del buon vivere �.1111 La Chiesa � consapevole che deve fare � un grande passo in avanti nella sua evangelizzazione, deve entrare in una nuova tappa storica del suo dinamismo missionario �.1112 In questa prospettiva pastorale si situa l'insegnamento sociale: � La �nuova evangelizzazione�, di cui il mondo moderno ha urgente necessit�... deve annoverare tra le sue componenti essenziali l'annuncio della dottrina sociale della Chiesa �.1113

b) Dottrina sociale e pastorale sociale

524 Il riferimento essenziale alla dottrina sociale decide della natura, dell'impostazione, dell'articolazione e degli sviluppi della pastorale sociale. Essa � espressione del ministero di evangelizzazione sociale, teso a illuminare, stimolare e assistere l'integrale promozione dell'uomo mediante la prassi della liberazione cristiana, nella sua prospettiva terrena e trascendente. La Chiesa vive ed opera nella storia, interagendo con la societ� e la cultura del proprio tempo, per adempiere la sua missione di comunicare a tutti gli uomini la novit� dell'annuncio cristiano, nella concretezza delle loro difficolt�, lotte e sfide, cos� che la fede li illumini a comprenderle nella verit� che � aprirsi all'amore di Cristo � la vera liberazione �.1114 La pastorale sociale � l'espressione viva e concreta di una Chiesa pienamente consapevole della propria missione evangelizzatrice delle realt� sociali, economiche, culturali e politiche del mondo.

525 Il messaggio sociale del Vangelo deve orientare la Chiesa a svolgere un duplice compito pastorale: aiutare gli uomini a scoprire la verit� e a scegliere la via da seguire; incoraggiare l'impegno dei cristiani a testimoniare, con sollecitudine di servizio, il Vangelo in campo sociale: � Oggi pi� che mai la parola di Dio non potr� essere annunciata e ascoltata se ad essa non si accompagna la testimonianza della potenza dello Spirito Santo che opera nell'azione dei cristiani posta al servizio dei fratelli, proprio su quei punti dove sono in gioco la loro esistenza e il loro avvenire �.1115 Il bisogno di una nuova evangelizzazione fa comprendere alla Chiesa � che il suo messaggio sociale trover� credibilit� nella testimonianza delle opere, prima che nella sua coerenza e logica interna �.1116

526 La dottrina sociale detta i criteri fondamentali dell'azione pastorale in campo sociale: annunciare il Vangelo; confrontare il messaggio evangelico con le realt� sociali; progettare azioni finalizzate a rinnovare tali realt�, conformandole alle esigenze della morale cristiana. Una nuova evangelizzazione del sociale richiede innanzi tutto l'annuncio del Vangelo: Dio in Ges� Cristo salva ogni uomo e tutto l'uomo. Tale annuncio rivela l'uomo a se stesso e deve diventare principio di interpretazione delle realt� sociali. Nell'annuncio del Vangelo, la dimensione sociale � essenziale e ineludibile, pur non essendo l'unica. Essa deve mostrare l'inesauribile fecondit� della salvezza cristiana, anche se una conformazione perfetta e definitiva delle realt� sociali al Vangelo non potr� attuarsi nella storia: nessun risultato, anche il pi� riuscito, pu� sfuggire ai limiti della libert� umana e alla tensione escatologica di ogni realt� creata.1117

527 L'azione pastorale della Chiesa in ambito sociale deve testimoniare anzitutto la verit� sull'uomo. L'antropologia cristiana permette un discernimento dei problemi sociali, per i quali non si pu� trovare buona soluzione se non si tutela il carattere trascendente della persona umana, pienamente rivelato nella fede.1118 L'azione sociale dei cristiani deve ispirarsi al principio fondamentale della centralit� dell'uomo.1119 Dall'esigenza di promuovere l'integrale identit� dell'uomo scaturisce la proposta di quei grandi valori che presiedono ad una convivenza ordinata e feconda: verit�, giustizia, amore, libert�.1120 La pastorale sociale si adopera affinch� il rinnovamento della vita pubblica sia legato ad un effettivo rispetto di tali valori. In tal modo, la Chiesa, mediante la sua multiforme testimonianza evangelica, mira a promuovere la coscienza del bene di tutti e di ciascuno come risorsa inesauribile per lo sviluppo dell'intera vita sociale.

c) Dottrina sociale e formazione

528 La dottrina sociale � un punto di riferimento indispensabile per una formazione cristiana completa. L'insistenza del Magistero nel proporre tale dottrina come fonte ispiratrice dell'apostolato e dell'azione sociale nasce dalla persuasione che essa costituisce una straordinaria risorsa formativa: � soprattutto per i fedeli laici variamente impegnati nel campo sociale e politico, � del tutto indispensabile una conoscenza pi� esatta della dottrina sociale della Chiesa �.1121 Tale patrimonio dottrinale non � adeguatamente insegnato e conosciuto: anche per questa ragione non si traduce opportunamente nei comportamenti concreti.

529 Il valore formativo della dottrina sociale va meglio riconosciuto nell'attivit� catechistica.1122 La catechesi � l'insegnamento organico e sistematico della dottrina cristiana, dato al fine di iniziare i credenti alla pienezza della vita evangelica.1123 Scopo ultimo della catechesi � � di mettere qualcuno non solo in contatto, ma in comunione, in intimit� con Ges� Cristo �,1124 cos� che possa riconoscere l'azione dello Spirito Santo, dal quale proviene il dono della vita nuova in Cristo.1125 In tale prospettiva di fondo, nel suo servizio di educazione alla fede, la catechesi non deve omettere, ma � chiarire, invece, come conviene ... alcune realt�, quali l'azione dell'uomo per la sua liberazione integrale, la ricerca di una societ� pi� solidale e fraterna, le lotte per la giustizia e per la costruzione della pace �.1126 A tal fine � necessario provvedere ad una presentazione integrale del Magistero sociale, nella sua storia, nei suoi contenuti e nelle sue metodologie. Una lettura diretta delle encicliche sociali, effettuata nel contesto ecclesiale, ne arricchisce la recezione e l'applicazione, grazie all'apporto delle diverse competenze e professionalit� presenti nella comunit�.

530 Soprattutto nel contesto della catechesi, � importante che l'insegnamento della dottrina sociale sia orientato a motivare l'azione per l'evangelizzazione e l'umanizzazione delle realt� temporali. Con tale dottrina, infatti, la Chiesa esprime un sapere teorico-pratico che sostiene l'impegno di trasformazione della vita sociale, per renderla sempre pi� conforme al disegno divino. La catechesi sociale mira alla formazione di uomini che, rispettosi dell'ordine morale, siano amanti della genuina libert�, uomini che � con criterio personale giudichino le cose alla luce della verit�, svolgano le proprie attivit� con senso di responsabilit� e si sforzino di perseguire tutto ci� che � vero e giusto, collaborando volentieri con gli altri �.1127 Acquista uno straordinario valore formativo la testimonianza offerta dal cristianesimo vissuto: � � la vita di santit�, che risplende in tanti membri del Popolo di Dio, umili e spesso nascosti agli occhi degli uomini, a costituire la via pi� semplice e affascinante sulla quale � dato di percepire immediatamente la bellezza della verit�, la forza liberante dell'amore di Dio, il valore della fedelt� incondizionata a tutte le esigenze della legge del Signore, anche nelle circostanze pi� difficili �.1128

531 La dottrina sociale deve essere posta alla base di un'intensa e costante opera di formazione, soprattutto di quella rivolta ai cristiani laici. Tale formazione deve tener conto del loro impegno nella vita civile: � spetta a loro, attraverso la loro libera iniziativa e senza attendere passivamente consegne o direttive, di penetrare di spirito cristiano la mentalit� e i costumi, le leggi e le strutture delle loro comunit� di vita �.1129 Il primo livello dell'opera formativa rivolta ai cristiani laici deve renderli capaci di affrontare efficacemente i compiti quotidiani negli ambiti culturali, sociali, economici e politici, sviluppando in loro il senso del dovere praticato al servizio del bene comune.1130 Un secondo livello riguarda la formazione della coscienza politica per preparare i cristiani laici all'esercizio del potere politico: � Coloro che sono o possono diventare idonei per la carriera politica, difficile ma insieme nobilissima, vi si preparino e cerchino di seguirla senza badare al proprio interesse e al vantaggio materiale �.1131

532 Le istituzioni educative cattoliche possono e debbono svolgere un prezioso servizio formativo, impegnandosi con speciale sollecitudine per l'inculturazione del messaggio cristiano, ossia l'incontro fecondo tra il Vangelo e i vari saperi. La dottrina sociale � strumento necessario per un'efficace educazione cristiana all'amore, alla giustizia, alla pace, nonch� per maturare consapevolezza dei doveri morali e sociali nell'ambito delle diverse competenze culturali e professionali.

Un importante esempio di istituzione formativa � rappresentato dalle � Settimane Sociali � dei cattolici che il Magistero ha sempre incoraggiato. Esse costituiscono un luogo qualificato di espressione e di crescita dei fedeli laici, capace di promuovere, ad un livello alto, il loro specifico contributo al rinnovamento dell'ordine temporale. L'iniziativa, sperimentata da molti anni in vari Paesi, � un vero laboratorio culturale nel quale si comunicano e si confrontano riflessioni ed esperienze, si studiano i problemi emergenti e si individuano nuovi orientamenti operativi.

533 Non meno rilevante deve essere l'impegno ad utilizzare la dottrina sociale nella formazione dei presbiteri e dei candidati al sacerdozio i quali, nell'orizzonte della preparazione ministeriale, devono maturare una qualificata conoscenza dell'insegnamento e dell'azione pastorale della Chiesa in ambito sociale e un vivo interesse nei confronti delle questioni sociali del proprio tempo. Il documento della Congregazione per l'Educazione Cattolica, � Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale �,1132 offre puntuali indicazioni e disposizioni per una corretta e adeguata impostazione degli studi.

d) Promuovere il dialogo

534 La dottrina sociale � un efficace strumento di dialogo tra le comunit� cristiane e la comunit� civile e politica, uno strumento adatto a promuovere e ad ispirare atteggiamenti di corretta e feconda collaborazione, secondo modalit� adeguate alle circostanze. L'impegno delle autorit� civili e politiche, chiamate a servire la vocazione personale e sociale dell'uomo, secondo la propria competenza e con i propri mezzi, pu� trovare nella dottrina sociale della Chiesa un importante sostegno e una ricca fonte di ispirazione.

535 La dottrina sociale � un terreno fecondo per la coltivazione del dialogo e della collaborazione in campo ecumenico, che si realizzano in diversi ambiti, ormai su vasta scala: nella difesa della dignit� delle persone umane; nella promozione della pace; nella lotta concreta ed efficace contro le miserie del nostro tempo, quali la fame e l'indigenza, l'analfabetismo, la non equa distribuzione dei beni e la mancanza di abitazioni. Tale multiforme cooperazione aumenta la consapevolezza della fraternit� in Cristo e facilita il cammino ecumenico.

536 Nella comune tradizione dell'Antico Testamento, la Chiesa Cattolica sa di poter dialogare con i fratelli Ebrei, anche mediante la sua dottrina sociale, per costruire insieme un futuro di giustizia e di pace per tutti gli uomini, figli dell'unico Dio. Il comune patrimonio spirituale favorisce la mutua conoscenza e la stima reciproca,1133 sulla cui base pu� crescere l'intesa per il superamento di ogni discriminazione e la difesa della dignit� umana.

537 La dottrina sociale si caratterizza anche per un costante appello al dialogo tra tutti i credenti delle religioni del mondo, affinch� sappiano condividere la ricerca delle forme pi� opportune di collaborazione: le religioni hanno un ruolo importante per il conseguimento della pace, che dipende dal comune impegno per lo sviluppo integrale dell'uomo.1134 Nello spirito degli Incontri di preghiera che si sono tenuti ad Assisi,1135 la Chiesa continua a invitare i credenti delle altre religioni al dialogo e a favorire, in ogni luogo, un'efficace testimonianza dei valori comuni a tutta la famiglia umana.

e) I soggetti della pastorale sociale

538 La Chiesa, nello svolgere la sua missione, impegna tutto il popolo di Dio. Nelle sue varie articolazioni e in ciascuno dei suoi membri, secondo i doni e le forme di esercizio propri di ogni vocazione, il popolo di Dio deve corrispondere al dovere di annunciare e testimoniare il Vangelo (cfr. 1 Cor 9,16), con la consapevolezza che � la missione riguarda tutti i cristiani �.1136

Anche l'opera pastorale in ambito sociale � destinata a tutti i cristiani, chiamati a diventare soggetti attivi nella testimonianza della dottrina sociale e ad inserirsi pienamente nella consolidata tradizione di � operosit� feconda di milioni e milioni di uomini, che, stimolati dal Magistero sociale, si sono sforzati di ispirarsi ad esso in ordine al proprio impegno nel mondo �.1137 I cristiani di oggi, agendo individualmente, o variamente coordinati in gruppi, associazioni e movimenti, devono sapersi proporre come � un grande movimento per la difesa della persona umana e la tutela della sua dignit� �.1138

539 Nella Chiesa particolare, il primo responsabile dell'impegno pastorale di evangelizzazione del sociale � il Vescovo, coadiuvato dai sacerdoti, dai religiosi e dalle religiose, dai fedeli laici. Con particolare riferimento alla realt� locale, il Vescovo ha la responsabilit� di promuovere l'insegnamento e la diffusione della dottrina sociale, a cui egli provvede mediante appropriate istituzioni.

L'azione pastorale del Vescovo deve trovare attuazione nel ministero dei presbiteri che partecipano alla sua missione di insegnamento, santificazione e guida della comunit� cristiana. Con la programmazione di opportuni itinerari formativi, il presbitero deve far conoscere la dottrina sociale e promuovere nei membri della sua comunit� la coscienza del diritto e dovere di essere soggetti attivi di tale dottrina. Tramite le celebrazioni sacramentali, in particolare quelle dell'Eucaristia e della Riconciliazione, il sacerdote aiuta a vivere l'impegno sociale come frutto del Mistero salvifico. Egli deve animare l'azione pastorale in ambito sociale, curando con particolare sollecitudine la formazione e l'accompagnamento spirituale dei fedeli impegnati nella vita sociale e politica. Il presbitero che svolge il servizio pastorale nelle varie aggregazioni ecclesiali, specie in quelle di apostolato sociale, ha il compito di favorirne la crescita con il necessario insegnamento della dottrina sociale.

540 L'azione pastorale in ambito sociale si giova anche dell'opera delle persone consacrate, conforme al loro carisma; le loro testimonianze luminose, particolarmente nelle situazioni di maggiore povert�, costituiscono un richiamo per tutti ai valori della santit� e del servizio generoso al prossimo. Il dono totale di s� dei religiosi si offre alla riflessione comune anche come un segno emblematico e profetico della dottrina sociale: mettendosi totalmente al servizio del mistero della carit� di Cristo verso l'uomo e verso il mondo, i religiosi anticipano e mostrano nella loro vita alcuni tratti dell'umanit� nuova che la dottrina sociale vuole propiziare. Le persone consacrate nella castit�, nella povert� e nell'obbedienza si pongono al servizio della carit� pastorale soprattutto con la preghiera, grazie alla quale contemplano il progetto di Dio sul mondo, supplicano il Signore affinch� apra il cuore di ogni uomo ad accogliere in s� il dono dell'umanit� nuova, prezzo del sacrificio di Cristo.

II. DOTTRINA SOCIALE ED IMPEGNO DEI FEDELI LAICI

a) Il fedele laico

541 La connotazione essenziale dei fedeli laici, che operano nella vigna del Signore (cfr. Mt 20,1-16), � l'indole secolare della loro sequela di Cristo, che si realizza appunto nel mondo: � � dei laici cercare il regno di Dio trattando e ordinando secondo Dio le cose temporali �.1139 Con il Battesimo i laici sono inseriti in Cristo, resi partecipi della Sua vita e della Sua missione secondo la loro peculiare identit�: � Con il nome di laici si intendono... tutti i fedeli ad esclusione dei membri dell'ordine sacro e dello stato religioso riconosciuto nella Chiesa, cio� i fedeli che, in quanto incorporati a Cristo con il battesimo, costituiti Popolo di Dio e a loro modo fatti partecipi della dignit� sacerdotale, profetica e regale di Cristo, per la loro parte adempiono la missione di tutto il popolo cristiano nella Chiesa e nel mondo �.1140

542 L'identit� del fedele laico nasce e trae alimento dai sacramenti: dal Battesimo, dalla Cresima e dall'Eucaristia. Il Battesimo conforma a Cristo, Figlio del Padre, primogenito di ogni creatura, inviato come Maestro e Redentore a tutti gli uomini. La Cresima o Confermazione configura a Cristo, inviato per vivificare il creato e ogni essere con l'effusione del Suo Spirito. L'Eucaristia rende il credente partecipe dell'unico e perfetto sacrificio che Cristo ha offerto al Padre, nella propria carne, per la salvezza del mondo.

Il fedele laico � discepolo di Cristo a partire dai sacramenti e in forza di essi, in virt� cio� di quanto Dio ha operato in lui imprimendogli l'immagine stessa del Figlio Suo, Ges� Cristo. Da questo dono divino di grazia, e non da concessioni umane, nasce il triplice � munus � (dono e compito), che qualifica il laico come profeta, sacerdote e re, secondo la sua indole secolare.

543 � compito proprio del fedele laico annunciare il Vangelo con un'esemplare testimonianza di vita, radicata in Cristo e vissuta nelle realt� temporali: famiglia; impegno professionale nell'ambito del lavoro, della cultura, della scienza e della ricerca; esercizio delle responsabilit� sociali, economiche, politiche. Tutte le realt� umane secolari, personali e sociali, ambienti e situazioni storiche, strutture e istituzioni, sono il luogo proprio del vivere e dell'operare dei cristiani laici. Queste realt� sono destinatarie dell'amore di Dio; l'impegno dei fedeli laici deve corrispondere a questa visione e qualificarsi come espressione della carit� evangelica: � l'essere e l'agire nel mondo sono per i fedeli laici una realt� non solo antropologica e sociologica, ma anche e specificamente teologica ed ecclesiale �.1141

544 La testimonianza del fedele laico nasce da un dono di grazia, riconosciuto, coltivato e portato a maturazione.1142 � questa la motivazione che rende significativo il suo impegno nel mondo e lo pone agli antipodi della mistica dell'azione, propria dell'umanesimo ateo, priva di fondamento ultimo e circoscritta in prospettive puramente temporali. L'orizzonte escatologico � la chiave che permette di comprendere correttamente le realt� umane: nella prospettiva dei beni definitivi, il fedele laico � in grado di impostare con autenticit� la propria attivit� terrena. Il livello di vita e la maggiore produttivit� economica non sono gli unici indicatori validi per misurare la piena realizzazione dell'uomo in questa vita e valgono ancora meno se riferiti a quella futura: � L'uomo non � limitato al solo ordine temporale ma, vivendo nella storia umana, conserva integralmente la sua vocazione eterna �.1143

b) La spiritualit� del fedele laico

545 I fedeli laici sono chiamati a coltivare un'autentica spiritualit� laicale, che li rigeneri come uomini e donne nuovi, immersi nel mistero di Dio e inseriti nella societ�, santi e santificatori. Una simile spiritualit� edifica il mondo secondo lo Spirito di Ges�: rende capaci di guardare oltre la storia, senza allontanarsene; di coltivare un amore appassionato per Dio, senza distogliere lo sguardo dai fratelli, che si riescono anzi a vedere come li vede il Signore e ad amare come Lui li ama. � una spiritualit� che rifugge sia lo spiritualismo intimista sia l'attivismo sociale e sa esprimersi in una sintesi vitale che conferisce unit�, significato e speranza all'esistenza, per tante e varie ragioni contraddittoria e frammentata. Animati da tale spiritualit�, i fedeli laici possono contribuire, � come un fermento alla santificazione del mondo quasi dall'interno, adempiendo i compiti loro propri guidati da spirito evangelico, e cos�... manifestare Cristo agli altri prima di tutto con la testimonianza della propria vita �.1144

546 I fedeli laici devono fortificare la loro vita spirituale e morale, maturando le competenze richieste per lo svolgimento dei propri doveri sociali. L'approfondimento delle motivazioni interiori e l'acquisizione dello stile appropriato all'impegno in campo sociale e politico sono frutto di un percorso dinamico e permanente di formazione, orientato anzitutto a raggiungere un'armonia tra la vita, nella sua complessit�, e la fede. Nell'esperienza del credente, infatti, � non possono esserci due vite parallele: da una parte la vita cosiddetta �spirituale�, con i suoi valori e con le sue esigenze; e dall'altra, la vita cosiddetta �secolare�, ossia la vita di famiglia, di lavoro, dei rapporti sociali, dell'impegno politico e della cultura �.1145

La sintesi tra fede e vita richiede un cammino scandito con sapienza dagli elementi qualificanti dell'itinerario cristiano: il riferimento alla Parola di Dio; la celebrazione liturgica del Mistero cristiano; la preghiera personale; l'esperienza ecclesiale autentica, arricchita dal particolare servizio formativo di sagge guide spirituali; l'esercizio delle virt� sociali e il perseverante impegno di formazione culturale e professionale.

c) Agire con prudenza

547 Il fedele laico deve agire secondo le esigenze dettate dalla prudenza: � questa la virt� che dispone a discernere in ogni circostanza il vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo. Grazie ad essa si applicano correttamente i principi morali ai casi particolari. La prudenza si articola in tre momenti: chiarifica la situazione e la valuta, ispira la decisione e d� impulso all'azione. Il primo momento � qualificato dalla riflessione e dalla consultazione per studiare l'argomento richiedendo i necessari pareri; il secondo � il momento valutativo dell'analisi e del giudizio sulla realt� alla luce del progetto di Dio; il terzo momento, quello della decisione, si basa sulle precedenti fasi, che rendono possibile il discernimento tra le azioni da compiere.

548 La prudenza rende capaci di prendere decisioni coerenti, con realismo e senso di responsabilit� nei confronti delle conseguenze delle proprie azioni. La visione assai diffusa che identifica la prudenza con l'astuzia, il calcolo utilitaristico, la diffidenza, oppure con la pavidit� e l'indecisione, � assai lontana dalla retta concezione di questa virt�, propria della ragione pratica, che aiuta a decidere con assennatezza e coraggio le azioni da compiere, divenendo misura delle altre virt�. La prudenza afferma il bene come dovere e mostra il modo con cui la persona si determina a compierlo.1146 Essa �, in definitiva, una virt� che esige l'esercizio maturo del pensiero e della responsabilit�, nell'obiettiva conoscenza della situazione e nella retta volont� che guida alla decisione.1147

d) Dottrina sociale ed esperienza associativa

549 La dottrina sociale della Chiesa deve entrare, come parte integrante, nel cammino formativo del fedele laico. L'esperienza dimostra che il lavoro di formazione � possibile, normalmente, all'interno delle aggregazioni laicali ecclesiali, che rispondono a precisi criteri di ecclesialit�: 1148 � Anche i gruppi, le associazioni e i movimenti hanno un loro posto nella formazione dei fedeli laici: hanno, infatti, la possibilit�, ciascuno con i propri metodi, di offrire una formazione profondamente inserita nella stessa esperienza di vita apostolica, come pure hanno l'opportunit� di integrare, concretizzare e specificare la formazione che i loro aderenti ricevono da altre persone e comunit� �.1149 La dottrina sociale della Chiesa sostiene e illumina il ruolo delle associazioni, dei movimenti e dei gruppi laicali impegnati a vivificare cristianamente i vari settori dell'ordine temporale: 1150 � La comunione ecclesiale, gi� presente e operante nell'azione della singola persona, trova una sua specifica espressione nell'operare associato dei fedeli laici, ossia nell'azione solidale da essi svolta nel partecipare responsabilmente alla vita e alla missione della Chiesa �.1151

550 La dottrina sociale della Chiesa � importantissima per le aggregazioni ecclesiali che hanno come obiettivo del loro impegno l'azione pastorale in ambito sociale. Esse costituiscono un punto di riferimento privilegiato in quanto operano nella vita sociale in conformit� alla loro fisionomia ecclesiale e dimostrano, in questo modo, quanto sia rilevante il valore della preghiera, della riflessione e del dialogo per affrontare le realt� sociali e per migliorarle. Vale, in ogni caso, la distinzione � tra quello che i fedeli operano a nome proprio, sia da soli che associati, come cittadini guidati dalla coscienza cristiana, e quello che compiono a nome della Chiesa assieme ai loro pastori �.1152

Anche le associazioni di categoria, che uniscono gli aderenti in nome della vocazione e della missione cristiana all'interno di un determinato ambiente professionale o culturale, possono svolgere un prezioso lavoro di maturazione cristiana. Cos� � ad esempio � una associazione cattolica di medici forma i suoi aderenti attraverso l'esercizio del discernimento di fronte ai tanti problemi che la scienza medica, la biologia ed altre scienze presentano alla competenza professionale del medico, ma anche alla sua coscienza e alla sua fede. Altrettanto si potr� dire di associazioni di insegnanti cattolici, di giuristi, di imprenditori, di lavoratori, ma anche di sportivi, di ecologisti... � in tale contesto che la dottrina sociale rivela la sua efficacia formativa nei confronti della coscienza di ciascuna persona e della cultura di un Paese.

e) Il servizio nei diversi ambiti della vita sociale

551 La presenza del fedele laico in campo sociale � caratterizzata dal servizio, segno ed espressione della carit�, che si manifesta nella vita familiare, culturale, lavorativa, economica, politica, secondo profili specifici: ottemperando alle diverse esigenze del loro particolare ambito di impegno, i fedeli laici esprimono la verit� della loro fede e, nello stesso tempo, la verit� della dottrina sociale della Chiesa, che trova la sua piena realizzazione quando � vissuta in termini concreti per la soluzione dei problemi sociali. La stessa credibilit� della dottrina sociale risiede infatti nella testimonianza delle opere, prima che nella sua coerenza e logica interna.1153

Entrati nel terzo millennio dell'era cristiana, i fedeli laici si apriranno con la loro testimonianza a tutti gli uomini con i quali si faranno carico degli appelli pi� pressanti del nostro tempo: � Quanto viene proposto da questo Sacro Concilio dai tesori della dottrina della Chiesa intende aiutare tutti gli uomini dei nostri tempi, sia che credano in Dio sia che non lo riconoscano esplicitamente, affinch�, percependo pi� chiaramente la loro vocazione integrale, rendano il mondo pi� conforme all'eminente dignit� dell'uomo, aspirino a una fratellanza universale e motivata pi� profondamente e, sotto l'impulso dell'amore, rispondano con uno sforzo generoso e comune agli appelli pi� pressanti della nostra epoca �.1154

1. Il servizio alla persona umana

552 Tra gli ambiti dell'impegno sociale dei fedeli laici emerge anzitutto il servizio alla persona umana: la promozione della dignit� di ogni persona, il bene pi� prezioso che l'uomo possiede, � il compito � essenziale, anzi, in un certo senso, il compito centrale e unificante del servizio che la Chiesa e, in essa, i fedeli laici sono chiamati a rendere alla famiglia degli uomini �.1155

La prima forma in cui si assolve tale compito consiste nell'impegno e nello sforzo per il proprio rinnovamento interiore, perch� la storia dell'umanit� non � mossa da un determinismo impersonale, ma da una costellazione di soggetti dai cui atti liberi dipende l'ordine sociale. Le istituzioni sociali non garantiscono da s�, quasi meccanicamente, il bene di tutti: � l'interno rinnovamento dello spirito cristiano � 1156 deve precedere l'impegno di migliorare la societ� � secondo lo spirito della Chiesa, rassodandovi la giustizia e la carit� sociale �.1157

Dalla conversione del cuore scaturisce la sollecitudine per l'uomo amato come fratello. Questa sollecitudine fa comprendere come un obbligo l'impegno di risanare le istituzioni, le strutture e le condizioni di vita contrarie alla dignit� umana. I fedeli laici devono perci� adoperarsi contemporaneamente per la conversione dei cuori e per il miglioramento delle strutture, tenendo conto della situazione storica e usando mezzi leciti, al fine di ottenere istituzioni in cui la dignit� di tutti gli uomini sia veramente rispettata e promossa.

553 La promozione della dignit� umana implica anzitutto l'affermazione dell'inviolabile diritto alla vita, dal concepimento sino alla morte naturale, il primo tra tutti e condizione per tutti gli altri diritti della persona.1158 Il rispetto della dignit� personale esige, inoltre, il riconoscimento della dimensione religiosa dell'uomo, che non � � un'esigenza semplicemente �confessionale�, bens� un'esigenza che trova la sua radice inestirpabile nella realt� stessa dell'uomo �.1159 Il riconoscimento effettivo del diritto alla libert� di coscienza e alla libert� religiosa � uno dei beni pi� alti e dei doveri pi� gravi di ogni popolo che voglia veramente assicurare il bene della persona e della societ�.1160 Nell'attuale contesto culturale, singolare urgenza assume l'impegno a difendere il matrimonio e la famiglia, che pu� essere assolto adeguatamente solo nella convinzione del valore unico e insostituibile di queste realt� in ordine all'autentico sviluppo della convivenza umana.1161

2. Il servizio alla cultura

554 La cultura deve costituire un campo privilegiato di presenza e di impegno per la Chiesa e per i singoli cristiani. Il distacco tra la fede cristiana e la vita quotidiana � giudicato dal Concilio Vaticano II come uno degli errori pi� gravi del nostro tempo.1162 Lo smarrimento dell'orizzonte metafisico; la perdita della nostalgia di Dio nel narcisismo autoreferenziale e nella dovizia di mezzi di uno stile di vita consumistico; il primato assegnato alla tecnologia e alla ricerca scientifica fine a se stessa; l'enfatizzazione dell'apparire, della ricerca dell'immagine, delle tecniche di comunicazione: tutti questi fenomeni devono essere compresi nei loro aspetti culturali e messi in rapporto con il tema centrale della persona umana, della sua crescita integrale, della sua capacit� di comunicazione e di relazione con gli altri uomini, del suo continuo interrogarsi sulle grandi questioni che attraversano l'esistenza. Si tenga presente che � la cultura � ci� per cui l'uomo diventa pi� uomo, �� di pi�, accede di pi� all'�essere� �.1163

555 Un particolare campo di impegno dei fedeli laici deve essere la coltivazione di una cultura sociale e politica ispirata al Vangelo. La storia recente ha mostrato la debolezza e il radicale fallimento di prospettive culturali che sono state a lungo condivise e vincenti, in particolare a livello sociale e politico. In questo ambito, specialmente nei decenni posteriori alla Seconda Guerra Mondiale, i cattolici, in diversi Paesi, hanno saputo sviluppare un impegno alto, che testimonia, oggi con evidenza sempre maggiore, la consistenza della loro ispirazione e del loro patrimonio di valori. L'impegno sociale e politico dei cattolici, infatti, non � mai limitato alla sola trasformazione delle strutture, perch� lo percorre alla base una cultura che accoglie e rende ragione delle istanze che derivano dalla fede e dalla morale, ponendole a fondamento e obiettivo di progettualit� concrete. Quando questa consapevolezza viene meno, gli stessi cattolici si condannano alla diaspora culturale e rendono insufficienti e riduttive le loro proposte. Presentare in termini culturali aggiornati il patrimonio della Tradizione cattolica, i suoi valori, i suoi contenuti, l'intera eredit� spirituale, intellettuale e morale del cattolicesimo � anche oggi l'urgenza prioritaria. La fede in Ges� Cristo, che ha definito se stesso � la via, la verit� e la vita � (Gv 14,6), spinge i cristiani a cimentarsi con impegno sempre rinnovato nella costruzione di cultura sociale e politica ispirata al Vangelo.1164

556 La perfezione integrale della persona e il bene di tutta la societ� sono i fini essenziali della cultura: 1165 la dimensione etica della cultura � quindi una priorit� nell'azione sociale e politica dei fedeli laici. La disattenzione verso tale dimensione trasforma facilmente la cultura in uno strumento di impoverimento dell'umanit�. Una cultura pu� diventare sterile e avviarsi a decadenza, quando � si chiude in se stessa e cerca di perpetuare forme di vita invecchiate, rifiutando ogni scambio e confronto intorno alla verit� dell'uomo �.1166 La formazione di una cultura capace di arricchire l'uomo richiede invece il coinvolgimento di tutta la persona, la quale vi esplica la sua creativit�, la sua intelligenza, la sua conoscenza del mondo e degli uomini e vi investe, inoltre, la sua capacit� di autodominio, di sacrificio personale, di solidariet� e di disponibilit� a promuovere il bene comune.1167

557 L'impegno sociale e politico del fedele laico in ambito culturale assume oggi alcune direzioni precise. La prima � quella che cerca di garantire a ciascuno il diritto di tutti a una cultura umana e civile � conforme alla dignit� della persona, senza discriminazione di razza, di sesso, di nazione, di religione o di condizione sociale �.1168 Tale diritto implica il diritto delle famiglie e delle persone ad una scuola libera e aperta; la libert� di accesso ai mezzi di comunicazione sociale, per la quale va evitata ogni forma di monopolio e di controllo ideologico; la libert� di ricerca, di divulgazione del pensiero, di dibattito e di confronto. Alla radice della povert� di tanti popoli ci sono anche varie forme di privazione culturale e di mancato riconoscimento dei diritti culturali. L'impegno per l'educazione e la formazione della persona costituisce da sempre la prima sollecitudine dell'azione sociale dei cristiani.

558 La seconda sfida all'impegno del fedele laico riguarda il contenuto della cultura, ossia la verit�. La questione della verit� � essenziale per la cultura, perch� permane � per ogni uomo il dovere di ritenere il concetto di persona umana integrale, nella quale eccellono i valori dell'intelligenza, della volont�, della coscienza e della fraternit� �.1169 Una corretta antropologia � il criterio di illuminazione e di verifica per tutte le forme culturali storiche. L'impegno del cristiano in ambito culturale si oppone a tutte le visioni riduttive e ideologiche dell'uomo e della vita. Il dinamismo di apertura alla verit� � garantito anzitutto dal fatto che � le culture delle diverse Nazioni sono, in fondo, altrettanti modi di affrontare la domanda circa il senso dell'esistenza personale �.1170

559 I cristiani devono prodigarsi per dare piena valorizzazione alla dimensione religiosa della cultura; tale compito � molto importante e urgente per la qualit� della vita umana, a livello individuale e sociale. La domanda che proviene dal mistero della vita e rimanda al mistero pi� grande, quello di Dio, infatti, sta al centro di ogni cultura; quando la si elimina, si corrompono la cultura e la vita morale delle Nazioni.1171 L'autentica dimensione religiosa � costitutiva dell'uomo e gli permette di aprire alle sue svariate attivit� l'orizzonte in cui esse trovano significato e direzione. La religiosit� o spiritualit� dell'uomo si manifesta nelle forme della cultura, alle quali dona vitalit� e ispirazione. Ne sono testimonianza le innumerevoli opere d'arte di tutti i tempi. Quando � negata la dimensione religiosa di una persona o di un popolo, � mortificata la cultura stessa; talvolta si giunge al punto di farla scomparire.

560 Nella promozione di un'autentica cultura, i fedeli laici riserveranno grande rilievo ai mezzi di comunicazione di massa, considerando soprattutto i contenuti delle innumerevoli scelte operate dalle persone: tali scelte, pur variando da gruppo a gruppo e da individuo a individuo, hanno tutte un peso morale e sotto questo profilo devono essere valutate. Per scegliere correttamente, bisogna conoscere le norme dell'ordine morale e applicarle fedelmente.1172 La Chiesa offre una lunga tradizione di saggezza, radicata nella Rivelazione divina e nella riflessione umana,1173 il cui orientamento teologico funge da importante correttivo sia nei confronti della � soluzione �atea�, che priva l'uomo di una delle sue componenti fondamentali, quella spirituale, quanto nei confronti delle soluzioni permissive e consumistiche, le quali con vari pretesti mirano a convincerlo della sua indipendenza da ogni legge e da Dio �.1174 Pi� che giudicare i mezzi di comunicazione sociale, questa tradizione si pone al loro servizio: � la cultura della sapienza, propria della Chiesa, pu� evitare che la cultura dell'informazione dei mezzi di comunicazione sociale divenga un accumularsi di fatti senza senso �.1175

561 I fedeli laici guarderanno ai media come a possibili e potenti strumenti di solidariet�: � La solidariet� appare come una conseguenza di una comunicazione vera e giusta, e di una libera circolazione delle idee, che favoriscono la conoscenza ed il rispetto degli altri �.1176 Ci� non avviene se i mezzi di comunicazione sociale vengono usati per edificare e sostenere sistemi economici al servizio dell'avidit� e della bramosia. Di fronte a gravi ingiustizie, la decisione di ignorare del tutto alcuni aspetti della sofferenza umana rispecchia una selezione indifendibile.1177 Le strutture e le politiche di comunicazione e la distribuzione della tecnologia sono fattori che contribuiscono a far s� che alcune persone siano � ricche � di informazione e altre � povere � di informazione, in un'epoca in cui la prosperit� e perfino la sopravvivenza dipendono dall'informazione. In tal modo, dunque, i mezzi di comunicazione sociale contribuiscono alle ingiustizie e agli squilibri che causano quello stesso dolore che poi riportano come informazione. Le tecnologia della comunicazione e dell'informazione, insieme alla formazione nel loro uso, devono mirare ad eliminare queste ingiustizie e questi squilibri.

562 I professionisti dei mezzi di comunicazione sociale non sono gli unici ad avere doveri etici. Anche i fruitori hanno obblighi. Gli operatori che tentano di assumersi delle responsabilit� meritano un pubblico consapevole delle proprie. Il primo dovere degli utenti delle comunicazioni sociali consiste nel discernimento e nella selezione. I genitori, le famiglie e la Chiesa hanno responsabilit� precise e irrinunciabili. Per quanti operano a vario titolo nel campo delle comunicazioni sociali risuona forte e chiaro l'ammonimento di san Paolo: � Perci�, bando alla menzogna: dite ciascuno la verit� al proprio prossimo; perch� siamo membra gli uni degli altri... Nessuna parola cattiva esca pi� dalla vostra bocca; ma piuttosto, parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano � (Ef 4,25.29). Il servizio alla persona mediante l'edificazione di una comunit� umana basata sulla solidariet�, sulla giustizia e sull'amore e la diffusione della verit� sulla vita umana e sul suo compimento finale in Dio sono le essenziali esigenze etiche dei mezzi di comunicazione sociale.1178 Alla luce della fede, la comunicazione umana si deve considerare un percorso da Babele alla Pentecoste, ovvero l'impegno, personale e sociale, di superare il collasso della comunicazione (cfr. Gen 11,4-8) aprendosi al dono delle lingue (cfr. At 2,5-11), alla comunicazione ripristinata dalla forza dello Spirito, inviato dal Figlio.

3. Il servizio all'economia

563 Davanti alla complessit� del contesto economico contemporaneo, il fedele laico si far� guidare nella sua azione dai principi del Magistero sociale. � necessario che essi siano conosciuti e accolti nell'attivit� economica stessa: quando tali principi sono disattesi, primo fra tutti la centralit� della persona umana, si compromette la qualit� dell'attivit� economica.1179

L'impegno del cristiano si tradurr� anche in uno sforzo di riflessione culturale finalizzata soprattutto a un discernimento riguardante gli attuali modelli di sviluppo economico-sociale. La riduzione della questione dello sviluppo a problema esclusivamente tecnico produrrebbe uno svuotamento del suo vero contenuto che invece riguarda � la dignit� dell'uomo e dei popoli �.1180

564 I cultori della scienza economica, gli operatori del settore e i responsabili politici devono avvertire l'urgenza di un ripensamento dell'economia, considerando, da una parte, la drammatica povert� materiale di miliardi di persone e, dall'altra, il fatto che � le attuali strutture economiche, sociali e culturali faticano a farsi carico delle esigenze di un autentico sviluppo �.1181 Le legittime esigenze dell'efficienza economica dovranno essere meglio armonizzate con quelle della partecipazione politica e della giustizia sociale. In concreto, ci� significa intessere di solidariet� le reti delle interdipendenze economiche, politiche e sociali, che i processi di globalizzazione in atto tendono ad accrescere.1182 In tale sforzo di ripensamento, che si profila articolato ed � destinato a incidere sulle concezioni della realt� economica, risultano preziose le aggregazioni di ispirazione cristiana che si muovono nell'ambito economico: associazioni di lavoratori, di imprenditori, di economisti.

4. Il servizio alla politica

565 Per i fedeli laici l'impegno politico � un'espressione qualificata ed esigente dell'impegno cristiano al servizio degli altri.1183 Il perseguimento del bene comune in uno spirito di servizio; lo sviluppo della giustizia con un'attenzione particolare verso le situazioni di povert� e sofferenza; il rispetto dell'autonomia delle realt� terrene; il principio di sussidiariet�; la promozione del dialogo e della pace nell'orizzonte della solidariet�: sono questi gli orientamenti a cui i cristiani laici devono ispirare la loro azione politica. Tutti i credenti, in quanto titolari dei diritti e doveri della cittadinanza, sono tenuti al rispetto di tali orientamenti; coloro che hanno compiti diretti e istituzionali nella gestione delle complesse problematiche della cosa pubblica, sia nelle amministrazioni locali, sia nelle istituzioni nazionali e internazionali, ne dovranno specialmente tener conto.

566 I compiti di responsabilit� nelle istituzioni sociali e politiche esigono un impegno severo e articolato, che sappia evidenziare, con i contributi di riflessione al dibattito politico, con la progettazione e con le scelte operative, l'assoluta necessit� di una qualificazione morale della vita sociale e politica. Un'attenzione inadeguata verso la dimensione morale conduce alla disumanizzazione della vita associata e delle istituzioni sociali e politiche, consolidando le � strutture di peccato �: 1184 � Vivere ed agire politicamente in conformit� alla propria coscienza non � un succube adagiarsi su posizioni estranee all'impegno politico o su una forma di confessionalismo, ma l'espressione con cui i cristiani offrono il loro coerente apporto perch� attraverso la politica si instauri un ordinamento pi� giusto e coerente con la dignit� della persona umana �.1185

567 Nel contesto dell'impegno politico del fedele laico, richiede una precisa cura la preparazione all'esercizio del potere, che i credenti devono assumersi, specialmente quando sono chiamati a tale incarico dalla fiducia dei concittadini, secondo le regole democratiche. Essi devono apprezzare il sistema della democrazia, � in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilit� sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ci� risulti opportuno �,1186 e respingere gruppi occulti di potere che mirano a condizionare o a sovvertire il funzionamento delle legittime istituzioni. L'esercizio dell'autorit� deve assumere il carattere del servizio, da svolgere sempre nell'ambito della legge morale per il conseguimento del bene comune: 1187 chi esercita l'autorit� politica deve far convergere le energie di tutti i cittadini verso tale obiettivo, non in forma autoritaria, ma avvalendosi della forza morale alimentata dalla libert�.

568 Il fedele laico � chiamato a individuare, nelle concrete situazioni politiche, i passi realisticamente possibili per dare attuazione ai principi e ai valori morali propri della vita sociale. Ci� esige un metodo di discernimento,1188 personale e comunitario, articolato attorno ad alcuni punti nodali: la conoscenza delle situazioni, analizzate con l'aiuto delle scienze sociali e degli strumenti adeguati; la riflessione sistematica sulle realt�, alla luce del messaggio immutabile del Vangelo e dell'insegnamento sociale della Chiesa; l'individuazione delle scelte orientate a far evolvere in senso positivo la situazione presente. Dalla profondit� dell'ascolto e dell'interpretazione della realt� possono nascere scelte operative concrete ed efficaci; ad esse, tuttavia, non si deve mai attribuire un valore assoluto, perch� nessun problema pu� essere risolto in modo definitivo: � la fede non ha mai preteso di imbrigliare in un rigido schema i contenuti socio-politici, consapevole che la dimensione storica in cui l'uomo vive impone di verificare la presenza di situazioni non perfette e spesso rapidamente mutevoli �.1189

569 Una situazione emblematica per l'esercizio del discernimento � costituita dal funzionamento del sistema democratico, oggi concepito da molti in una prospettiva agnostica e relativistica, che induce a ritenere la verit� come prodotto determinato dalla maggioranza e condizionato dagli equilibri politici.1190 In un simile contesto, il discernimento � particolarmente impegnativo quando si esercita in ambiti come l'obiettivit� e la correttezza delle informazioni, la ricerca scientifica o le scelte economiche che incidono sulla vita dei pi� poveri o in realt� che rimandano a esigenze morali fondamentali e irrinunciabili, quali la sacralit� della vita, l'indissolubilit� del matrimonio, la promozione della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.

In tale situazione sono utili alcuni fondamentali criteri: la distinzione e insieme la connessione tra l'ordine legale e l'ordine morale; la fedelt� alla propria identit� e, nello stesso tempo, la disponibilit� al dialogo con tutti; la necessit� che nel giudizio e nell'impegno sociale il cristiano si riferisca alla triplice e inscindibile fedelt� ai valori naturali, rispettando la legittima autonomia delle realt� temporali, ai valori morali, promuovendo la consapevolezza dell'intrinseca dimensione etica di ogni problema sociale e politico, ai valori soprannaturali, realizzando il suo compito nello spirito del Vangelo di Ges� Cristo.

570 Quando in ambiti e realt� che rimandano a esigenze etiche fondamentali si propongono o si effettuano scelte legislative e politiche contrarie ai principi e ai valori cristiani, il Magistero insegna che la coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l'attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale siano sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti �.1191

Nella considerazione del caso in cui non sia stato possibile scongiurare l'attuazione di tali programmi politici o impedire o abrogare tali leggi, il Magistero insegna che un parlamentare, la cui personale assoluta opposizione ad essi fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di tali programmi e di tali leggi e a diminuire gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralit� pubblica. A questo riguardo, risulta emblematico il caso di una legge abortista.1192 Il suo voto, in ogni caso, non pu� essere interpretato come adesione a una legge iniqua, ma solo come un contributo per ridurre le conseguenze negative di un provvedimento legislativo la cui intera responsabilit� risale a chi l'ha messo in essere.

Si tenga presente che, di fronte alle molteplici situazioni in cui sono in gioco esigenze morali fondamentali e irrinunciabili, la testimonianza cristiana deve essere ritenuta un dovere inderogabile che pu� giungere fino al sacrificio della vita, al martirio, in nome della carit� e della dignit� umana.1193 La storia di venti secoli, anche quella dell'ultimo, � ricca di martiri della verit� cristiana, testimoni di fede, di speranza, di carit� evangeliche. Il martirio � la testimonianza della propria conformazione personale a Ges� crocifisso, che si esprime sino alla forma suprema del versare il proprio sangue, secondo l'insegnamento evangelico: � se il chicco di grano caduto in terra... muore, produce molto frutto � (Gv 12,24).

571 L'impegno politico dei cattolici � spesso messo in relazione allalaicit�, ossia la distinzione tra la sfera politica e quella religiosa.1194 Tale distinzione � � un valore acquisito e riconosciuto dalla Chiesa e appartiene al patrimonio di civilt� che � stato raggiunto �.1195 La dottrina morale cattolica, tuttavia, esclude nettamente la prospettiva di una laicit� intesa come autonomia dalla legge morale: � La �laicit��, infatti, indica in primo luogo l'atteggiamento di chi rispetta le verit� che scaturiscono dalla conoscenza naturale sull'uomo che vive in societ�, anche se tali verit� siano nello stesso tempo insegnate da una religione specifica, poich� la verit� � una �.1196 Cercare sinceramente la verit�, promuovere e difendere con mezzi leciti le verit� morali riguardanti la vita sociale � la giustizia, la libert�, il rispetto della vita e degli altri diritti della persona � � diritto e dovere di tutti i membri di una comunit� sociale e politica.

Quando il Magistero della Chiesa interviene su questioni inerenti alla vita sociale e politica, non viene meno alle esigenze di una corretta interpretazione della laicit�, perch� � non vuole esercitare un potere politico n� eliminare la libert� d'opinione dei cattolici su questioni contingenti. Esso intende invece � come � suo proprio compito � istruire e illuminare la coscienza dei fedeli, soprattutto di quanti si dedicano all'impegno nella vita politica, perch� il loro agire sia sempre al servizio della promozione integrale della persona e del bene comune. L'insegnamento sociale della Chiesa non � un'intromissione nel governo dei singoli Paesi. Pone certamente un dovere morale di coerenza per i fedeli laici, interiore alla loro coscienza, che � unica e unitaria �.1197

572 Il principio di laicit� comporta il rispetto di ogni confessione religiosa da parte dello Stato,che assicura il libero esercizio delle attivit� di culto, spirituali, culturali e caritative delle comunit� dei credenti. In una societ� pluralista, la laicit� � un luogo di comunicazione tra le diverse tradizioni spirituali e la nazione �.1198 Permangono purtroppo ancora, anche nelle societ� democratiche, espressioni di intollerante laicismo, che osteggiano ogni forma di rilevanza politica e culturale della fede, cercando di squalificare l'impegno sociale e politico dei cristiani, perch� si riconoscono nelle verit� insegnate dalla Chiesa e obbediscono al dovere morale di essere coerenti con la propria coscienza; si arriva anche e pi� radicalmente a negare la stessa etica naturale. Questa negazione, che prospetta una condizione di anarchia morale la cui conseguenza ovvia � la sopraffazione del pi� forte sul debole, non pu� essere accolta da alcuna forma di legittimo pluralismo, perch� mina le basi stesse della convivenza umana. Alla luce di questo stato di cose, � la marginalizzazione del Cristianesimo... non potrebbe giovare al futuro progettuale di una societ� e alla concordia tra i popoli, ed anzi insidierebbe gli stessi fondamenti spirituali e culturali della civilt� �.1199

573 Un ambito particolare di discernimento per i fedeli laici riguarda la scelta degli strumenti politici, ovvero l'adesione a un partito e alle altre espressioni della partecipazione politica. Bisogna operare una scelta coerente con i valori, tenendo conto delle effettive circostanze. In ogni caso, qualsiasi scelta va comunque radicata nella carit� e protesa alla ricerca del bene comune.1200 Le istanze della fede cristiana difficilmente sono rintracciabili in un'unica collocazione politica: pretendere che un partito o uno schieramento politico corrispondano completamente alle esigenze della fede e della vita cristiana ingenera equivoci pericolosi. Il cristiano non pu� trovare un partito pienamente rispondente alle esigenze etiche che nascono dalla fede e dall'appartenenza alla Chiesa: la sua adesione a uno schieramento politico non sar� mai ideologica, ma sempre critica, affinch� il partito e il suo progetto politico siano stimolati a realizzare forme sempre pi� attente a ottenere il vero bene comune, ivi compreso il fine spirituale dell'uomo.1201

574 La distinzione, da un lato, tra istanze della fede e opzioni socio-politiche e, da un altro lato, tra scelte dei singoli cristiani e quelle compiute della comunit� cristiana in quanto tale, comporta che l'adesione a un partito o schieramento politico sia considerata una decisione a titolo personale, legittima almeno nei limiti di partiti e posizioni non incompatibili con la fede e i valori cristiani.1202 La scelta del partito, dello schieramento, delle persone cui affidare la vita pubblica, pur impegnando la coscienza di ciascuno, non potr� comunque essere una scelta esclusivamente individuale: � Spetta alle comunit� cristiane analizzare obiettivamente la situazione del loro paese, chiarirla alla luce delle parole immutabili del Vangelo, attingere principi di riflessione, criteri di giudizio e direttive di azione nell'insegnamento sociale della Chiesa �.1203 In ogni caso, � a nessuno � lecito rivendicare esclusivamente a favore della propria opinione l'autorit� della Chiesa �: 1204 i credenti devono cercare piuttosto � di comprendersi a vicenda con un dialogo sincero, conservando sempre la mutua carit� e solleciti per prima cosa del bene comune �.1205

  

CONCLUSIONE

PER UNA CIVILT� DELL'AMORE

a) L'aiuto della Chiesa all'uomo contemporaneo

575 Un nuovo bisogno di senso � diffusamente avvertito e vissuto nella societ� contemporanea: � L'uomo desiderer� sempre sapere, almeno confusamente, quale sia il significato della sua vita, del suo lavoro e della sua morte �.1206 Risultano ardui i tentativi di rispondere all'esigenza di progettare l'avvenire nel nuovo contesto delle relazioni internazionali, sempre pi� complesse e interdipendenti, ma anche sempre meno ordinate e pacifiche. Vita e morte delle persone sembrano affidate unicamente al progresso scientifico e tecnologico che avanza assai pi� velocemente della capacit� umana di stabilirne i fini e di valutarne i costi. Molti fenomeni indicano, invece, che � il senso di crescente insoddisfazione che si diffonde nelle comunit� nazionali ad alto livello di vita dissolve l'illusione di un sognato paradiso in terra, nello stesso tempo per� si fa... pi� chiara la coscienza di diritti inviolabili ed universali della persona, e pi� viva l'aspirazione a rapporti pi� giusti e pi� umani �.1207

576 Agli interrogativi di fondo sul senso e sul fine dell'umana avventura risponde la Chiesa con l'annuncio del Vangelo di Cristo, che sottrae la dignit� della persona umana al fluttuare delle opinioni, assicurando la libert� dell'uomo come nessuna legge umana pu� fare. Il Concilio Vaticano II indic� che la missione della Chiesa nel mondo contemporaneo consiste nell'aiutare ogni essere umano a scoprire in Dio il significato ultimo della sua esistenza: la Chiesa sa bene che � Dio solo, al quale essa serve, risponde ai pi� profondi desideri del cuore umano, che mai pu� essere pienamente saziato dal pane terreno �.1208 Soltanto Dio, il quale ha creato l'uomo a Sua immagine e lo ha redento dal peccato, pu� offrire agli interrogativi umani pi� radicali una risposta pienamente adeguata per mezzo della Rivelazione compiuta nel Figlio Suo fatto uomo: il Vangelo, infatti, � annunzia e proclama la libert� dei figli di Dio, respinge ogni schiavit� che deriva in ultima analisi dal peccato, rispetta scrupolosamente la dignit� della coscienza e la sua libera decisione, esorta senza sosta a raddoppiare tutti i talenti umani nel servizio di Dio e a vantaggio degli uomini, infine raccomanda tutti alla carit� di tutti �.1209

b) Ripartire dalla fede in Cristo

577 La fede in Dio e in Ges� Cristo illumina i principi morali che sono � l'unico e insostituibile fondamento di quella stabilit� e tranquillit�, di quell'ordine interno ed esterno, privato e pubblico, che solo pu� generare e salvaguardare la prosperit� degli Stati �.1210 La vita sociale va ancorata al disegno divino: � La dimensione teologica risulta necessaria sia per interpretare che per risolvere gli attuali problemi della convivenza umana �.1211 Di fronte alle gravi forme di sfruttamento e di ingiustizia sociale � si fa sempre pi� diffuso e acuto il bisogno di un radicale rinnovamento personale e sociale capace di assicurare giustizia, solidariet�, onest�, trasparenza. Certamente lunga e faticosa � la strada da percorrere; numerosi e ingenti sono gli sforzi da compiere perch� si possa attuare un simile rinnovamento, anche per la molteplicit� e la gravit� delle cause che generano e alimentano le situazioni di ingiustizia oggi presenti nel mondo. Ma, come la storia e l'esperienza di ciascuno insegnano, non � difficile ritrovare alla base di queste situazioni cause propriamente �culturali�, collegate cio� con determinate visioni dell'uomo, della societ� e del mondo. In realt�, al cuore della questione culturale sta il senso morale, che a sua volta si fonda e si compie nel senso religioso �.1212 Anche per quanto riguarda la � questione sociale �, non si pu� accettare � la prospettiva ingenua che, di fronte alle grandi sfide del nostro tempo, possa esserci una formula magica. No, non una formula ci salver�, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi! Non si tratta, allora, di inventare un �nuovo programma�. Il programma c'� gi�: � quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in Lui la vita trinitaria, e trasformare con Lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste �.1213

c) Una salda speranza

578 La Chiesa insegna all'uomo che Dio gli offre la reale possibilit� di superare il male e di raggiungere il bene. Il Signore ha redento l'uomo, lo ha riscattato � a caro prezzo � (1 Cor 6,20). Il senso e il fondamento dell'impegno cristiano nel mondo derivano da tale certezza, capace di accendere la speranza, nonostante il peccato che segna profondamente la storia umana: la promessa divina garantisce che il mondo non resta chiuso in se stesso, ma � aperto al Regno di Dio. La Chiesa conosce gli effetti del � mistero dell'iniquit� � (2 Ts 2,7), ma sa anche che � ci sono nella persona umana sufficienti qualit� ed energie, c'� una fondamentale �bont�� (cfr. Gen 1,31), perch� � immagine del Creatore, posta sotto l'influsso redentore di Cristo, �che si � unito in certo modo ad ogni uomo�, e perch� l'azione efficace dello Spirito Santo �riempie la terra� (Sap 1,7) �.1214

579 La speranza cristiana imprime un grande slancio all'impegno in campo sociale, infondendo fiducia nella possibilit� di costruire un mondo migliore, nella consapevolezza che non pu� esistere un � paradiso in terra �.1215 I cristiani, specialmente i fedeli laici, sono esortati a comportarsi in modo che � la forza del Vangelo risplenda nella vita quotidiana, familiare e sociale. Essi si dimostrano come figli della promessa se, forti nella fede e nella speranza, profittano del tempo presente (cfr. Ef 5,16; Col 4,5) e attendono con perseveranza la gloria futura (cfr. Rm 8,25). E non nascondano questa speranza nell'interiorit� del loro animo, ma con la continua conversione e la battaglia �contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male� (Ef 6,12) la esprimano anche nelle strutture della vita secolare �.1216 Le motivazioni religiose di tale impegno possono non essere condivise, ma le convinzioni morali che ne discendono costituiscono un punto di incontro tra i cristiani e tutti gli uomini di buona volont�.

d) Costruire la � civilt� dell'amore �

580 Finalit� immediata della dottrina sociale � quella di proporre i principi e i valori che possono sorreggere una societ� degna dell'uomo. Tra questi principi, quello della solidariet� in qualche misura comprende tutti gli altri: esso costituisce � uno dei principi basilari della concezione cristiana dell'organizzazione sociale e politica �.1217

Tale principio viene illuminato dal primato della carit� � che � il segno distintivo dei discepoli di Cristo (cfr. Gv 13,35) �.1218 Ges� � ci insegna che la legge fondamentale della perfezione umana, e quindi della trasformazione del mondo, � il nuovo comandamento della carit� �1219 (cfr. Mt 22,40; Gv 15,12; Col 3,14; Gc 2,8). Il comportamento della persona � pienamente umano quando nasce dall'amore, manifesta l'amore, ed � ordinato all'amore. Questa verit� vale anche in ambito sociale: occorre che i cristiani ne siano testimoni profondamente convinti e sappiano mostrare, con la loro vita, come l'amore sia l'unica forza (cfr. 1 Cor 12,31-14,1) che pu� guidare alla perfezione personale e sociale e muovere la storia verso il bene.

581 L'amore deve essere presente e penetrare tutti i rapporti sociali: 1220 specialmente coloro che hanno il dovere di provvedere al bene dei popoli � alimentino in s� e accendano negli altri, nei grandi e nei piccoli, la carit�, signora e regina di tutte le virt�. La salvezza desiderata dev'essere principalmente frutto di una effusione di carit�; intendiamo dire quella carit� cristiana che compendia in s� tutto il Vangelo e che, pronta sempre a sacrificarsi per il prossimo, � il pi� sicuro antidoto contro l'orgoglio e l'egoismo del secolo �.1221 Questo amore pu� essere chiamato � carit� sociale � 1222 o � carit� politica � 1223 e deve essere esteso all'intero genere umano.1224 L'� amore sociale � 1225 si trova agli antipodi dell'egoismo e dell'individualismo: senza assolutizzare la vita sociale, come avviene nelle visioni appiattite sulle letture esclusivamente sociologiche, non si pu� dimenticare che lo sviluppo integrale della persona e la crescita sociale si condizionano vicendevolmente. L'egoismo, pertanto, � il pi� deleterio nemico di una societ� ordinata: la storia mostra quale devastazione dei cuori si produca quando l'uomo non � capace di riconoscere altro valore e altra realt� effettiva oltre i beni materiali, la cui ricerca ossessiva soffoca e preclude la sua capacit� di donarsi.

582 Per rendere la societ� pi� umana, pi� degna della persona, occorre rivalutare l'amore nella vita sociale � a livello politico, economico, culturale �, facendone la norma costante e suprema dell'agire. Se la giustizia � � di per s� idonea ad �arbitrare� tra gli uomini nella reciproca ripartizione dei beni oggettivi secondo l'equa misura, l'amore invece, e soltanto l'amore (anche quell'amore benigno, che chiamiamo �misericordia�), � capace di restituire l'uomo a se stesso �.1226 Non si possono regolare i rapporti umani unicamente con la misura della giustizia: � Il cristiano sa che l'amore � il motivo per cui Dio entra in rapporto con l'uomo. Ed � ancora l'amore che Egli s'attende come risposta dall'uomo. L'amore � perci� la forma pi� alta e pi� nobile di rapporto degli esseri umani tra loro. L'amore dovr� dunque animare ogni settore della vita umana, estendendosi anche all'ordine internazionale. Solo un'umanit� nella quale regni la �civilt� dell'amore� potr� godere di una pace autentica e duratura �.1227 In questa prospettiva, il Magistero raccomanda vivamente la solidariet� perch� � in grado di garantire il bene comune, aiutando lo sviluppo integrale delle persone: la carit� � fa vedere nel prossimo un altro te stesso �.1228

583 Solo la carit� pu� cambiare completamente l'uomo.1229 Un simile cambiamento non significa annullamento della dimensione terrena in una spiritualit� disincarnata.1230 Chi pensa di conformarsi alla virt� soprannaturale dell'amore senza tener conto del suo corrispondente fondamento naturale, che include i doveri di giustizia, inganna se stesso: � La carit� rappresenta il pi� grande comandamento sociale. Essa rispetta gli altri e i loro diritti. Esige la pratica della giustizia e soltanto essa ce ne rende capaci. Essa ispira una vita che si fa dono di s�: �Chi cercher� di salvare la propria vita la perder�, chi invece la perde la salver�� (Lc 17,33) �.1231 N� la carit� pu� esaurirsi nella sola dimensione terrena delle relazioni umane e dei rapporti sociali, perch� deriva tutta la sua efficacia dal riferimento a Dio: � Alla sera di questa vita comparir� davanti a Te con le mani vuote; infatti non ti chiedo, o Signore, di tener conto delle mie opere. Tutte le nostre giustizie non sono senza macchie ai tuoi occhi. Voglio perci� rivestirmi della tua giustizia e ricevere dal tuo amore l'eterno possesso di te stesso... �.1232
 


 

INDICI


 

INDICE DEI RIFERIMENTI

La seconda colonna si riferisce ai numeri del Compendio.
L'asterisco che segue i numeri relativi ai riferimenti indica che essi si trovano in nota.

SACRA SCRITTURA

Antico Testamento

Genesi

1, 4.10.12.18.21.25 113, 451
1, 4.10.12.18.21.25.31 488
1, 26 149
1, 26-27 26, 36, 428
1, 26-28 209
1, 26.28-30 149
1, 26-30 64, 326, 451
1, 27 108, 110, 451
1, 28 36, 111, 209, 255
1, 28-29 171
1, 31 451, 578
2, 2 255, 284
2, 5-6 255
2, 7 108
2, 7-24 209
2, 8-24 428
2, 15 255, 452
2, 15-16 326
2, 16-17 136, 326
2, 17 256
2, 18 209
2, 19-20 113
2, 20 110
2, 20.23 149
2, 23 110
2, 24 209, 217, 219
3, 1-24 27
3, 5 256
3, 6-8 256
3, 12 116
3, 17-19 452
3, 17.19 256
4, 1-16 488
4, 2-16 116
4, 12 256
5 428
9, 1-17 429
9, 5 112
10 428
10, 1-32 429
11, 1 429
11, 1-9 429, 488
11, 4 429
11, 4-8 562
17, 1 488
17, 4 430

Esodo

3, 7-8 21
3, 14 21
12, 25-27 210
13, 8.14-15 210
19-24 22
20, 13 112
23 24*
23, 10-11 258
30, 22-32 378
33, 11 13
34, 28 22

Levitico

19, 13 302
19, 18 112
19, 33-34 23
25 24*
26, 6 489

Numeri

6, 26 489

Deuteronomio

4, 13 22
5, 17 112
6, 20-25 210
6, 21 451
10, 4 22
13, 7-11 210
15 24*
15, 7-8 23
17, 15 377
24, 14-15 302
26, 5 451

Giosu�

24, 3 451

Giudici

6, 24 488

Primo libro di Samuele

2, 35 378
3, 13 210
8, 5 377
8, 11-18 377
9, 16 377
10, 1-2 377
10, 18-19 377
16, 1-13 378
16, 12-13 377
24, 7.11 378
26, 9.16 378

Secondo libro di Samuele

7, 13-16 378

Primo libro dei Re

21 377

Primo libro delle Cronache

22, 8-9 488

Giobbe

25, 2 491
38-41 255

Salmi

2 378
2, 7 377
8, 5-7 255
18 378
20 378
21 378
29, 11 491
37, 11 491
51, 4 484
72 377, 378
72, 3.7 491
72, 7 490
85, 9 490
85, 9.11 491
85, 11 490
89, 2-38 378
92, 15 222
104 255
104, 24 452
119, 165 491
125, 5 491
128, 6 491
132, 11-18 378
139, 14-18 108
147 255
147, 14 491

Proverbi

1,8-9 210
4, 1-4 210
6, 20-21 210
10, 4 257, 323
12, 20 489
15, 16 257
16, 8 257
16, 12 378
22, 2 323
22, 11 378
29, 14 378

Qoelet

3, 11 114

Cantico dei Cantici

8, 10 491

Sapienza

1, 7 578
9, 2-3 326

Siracide

3, 1-16 210
7, 27-28 210
15, 14 135

Isaia

2, 2-5 430, 490
9, 5 490
9, 5s 491
10, 1-4 377
11, 2-5 378
11, 4 59
11, 6-9 490
19, 18-25 430
26, 3.12 491
32, 15-18 452
32, 17 102, 203, 494
32, 17s 491
44, 6-8 430
44, 24-28 430
45, 8 123
48, 18 489
48, 19 489
52, 7 491
53, 5 493
54 111, 219*
54, 10 491
54, 13 489
57, 19 491
58, 3-11 323
60, 17 491
61, 1 59
61, 1-2 28
65, 17 452, 453
66, 12 491
66, 18-23 430
66, 22 453

Geremia

3, 6-13 219*
7, 4-7 323
23, 5-6 378
31, 31-34 324
31, 33 25

Baruc

3, 38 13

Ezechiele

16, 25 219*
34, 22-31 324
34, 23-24 378
36, 26-27 25
37, 24 378

Osea

1-3 111
2, 21 219*
3 219*
4, 1-2 323

Amos

2, 6-7 323
2, 6-8 377
8, 4-8 377

Michea

2, 1-2 323
3, 1-4 377
5, 1-4 491

Sofonia

3, 13 490

Aggeo

2, 9 491

Zaccaria

9, 9-10 378
9, 10 491

Malachia

2, 5 489
2, 14-15 210

Nuovo Testamento

Vangelo secondo Matteo

1, 1-17 378
4, 1-11 175
4, 8-11 379
5, 9 492
5, 43-44 40
6, 12 492
6, 19-21 260
6, 24 181, 325
6, 25.31.34 260
6, 33 260
7, 12 20
7, 24 70
9, 37-38 259
10, 8 184
10, 40-42 193
11, 5 183
12, 9-14 261
13, 22 325
13, 52 12
13, 55 259
14, 22-33 453
18, 20 52
19, 3-9 210
19, 5 219
19, 5-6 209
19, 8 217
19,18 22
19, 21-26 181
20, 1-16 541
20, 20-23 379
20, 24-28 379
20, 25 193
22,15-22 379
22, 37-40 112
22, 40 580
24, 46 259
25, 14-30 259, 326
25, 31-46 183
25, 34-36.40 57
25, 35-36 265, 403
25, 35-37 58
25, 40.45 183
26, 11 183
27, 45.51 454
28,2 454
28, 19-20 52

Vangelo secondo Marco

1, 12-13 175
1, 15 49
2, 27 261
3, 1-6 261
6, 3 259
6, 45-52 453
8, 36 260
9, 33-35 379
10, 5 217
10, 35-40 379
10, 42 379
10, 42-45 193
10, 45 379
12, 13-17 379
12, 28 40
12, 29-31 40, 112
14,7 183

Vangelo secondo Luca

1, 38 59
1, 50-53 59
2, 51 259
3, 23-38 378
4, 1-13 175
4, 5-8 379
4, 18-19 28
6, 6-11 261
6, 20-24 325
6, 46-47 70
8, 22-25 453
10, 5 492
10, 7 259
10, 27-28 112
10, 40-42 260
11, 11-13 453
12, 15-21 325
12, 21 326
13, 10-17 261
14, 1-6 261
16, 9-13 453
16, 13 181
17, 33 34, 583
19, 12-27 326
20, 20-26 379
22, 24-27 379
22, 25 379
22, 25-27 193
24, 36 491
24, 46-49 52

Vangelo secondo Giovanni

1, 3 262
1, 4.9 121
3, 5 484
3, 8 50
3, 16 3, 64
5, 17 259
6, 16-21 453
10, 9 1
12, 8 183
12, 24 570
13, 8 484
13, 34 32
13, 35 196*, 580
14, 6 1, 555
14, 9 28
14, 16.26 104
14, 21.23-24 70
14, 27 491, 516
15-17 39
15, 12 580
15, 14-15 13
15, 15 29
16,13-15 104
16, 15 29
17, 3 122
17, 14-16 18
17, 21-22 34
20, 19.21.26 491

Atti degli Apostoli

1, 8 3, 453
2, 5-11 562
2, 6 431
10, 34 144
10, 36 493
17, 26 431

Lettera ai Romani

1, 3 378
1, 7 492
2, 6 399
2, 11 144
2, 14-15 53
2, 15 397
5, 5 31
5, 12 115
5, 12-21 64
5, 14 121
5, 18-21 121
5, 19 115
6, 4 41
8 38
8, 1-11 522
8, 14-17 122
8, 15 31
8, 18-22 123
8, 19-22 64, 262
8,19-23 455
8, 20 64, 262
8, 23 522
8, 25 579
8, 26 30
8, 29 121
8, 31-32 30
10, 12 144, 431
12,17 380
13,1-7 380
13,2 398
13,4 380
13,5 380
13,7 380
14,6-8 325
14,12 399
14,15 105

Prima lettera ai Corinzi

3, 22-23 44, 455
6, 20 1, 578
7, 31 48, 264
8, 6 262
8, 11 105
9, 16 71, 538
12, 13 144
12, 31 204
12, 31-14,1 580
13, 12 122
15, 20-28 383, 454
15, 47-49 121
15, 56-57 121

Seconda lettera ai Corinzi

1, 22 122
4, 4 121, 431
5, 1-2 56
5,17 454

Lettera ai Galati

2, 6 144
3, 26-28 52, 431
3, 27 484
3,28 144
4, 4-7 122
4, 6 31
4, 6-7 39

Lettera agli Efesini

1, 8-10 431
1, 14 122, 522
1, 22-23 327
2, 10 258
2, 12-18 431
2, 14 491
2, 14-16 491
2, 16 493
3, 8 262
3, 20 122
4, 25.29 562
4, 28 264
5, 16 579
5, 21-33 111
6, 9 144
6, 12 579
6, 15 493

Lettera ai Filippesi

2, 8 196

Lettera ai Colossesi

1, 15 121
1, 15-16 327
1, 15-17 262
1, 15-18 327
1, 15-20 454
1, 18 327
1, 20 327
3, 11 144, 431
3, 14 580
4, 5 579

Prima lettera ai Tessalonicesi

4, 11-12 264
4, 12 264
5, 21 126

Seconda lettera ai Tessalonicesi

2, 7 578
3, 6-12 264
3, 7-15 264

Prima lettera a Timoteo

2, 1-2 380, 381
2, 4-5 121
4, 4 325
6,10 328

Seconda lettera a Timoteo

4, 2-5 2

Lettera a Tito

3, 1 380, 381
3, 2 381
3, 3 381
3, 5-6 381

Lettera agli Ebrei

4, 9-10 258
10, 23 39
12, 22-23 285
13, 20 1

Lettera di Giacomo

1, 17 12
1, 22 70
2, 1-9 145
2, 8 580
3, 18 102, 203
5, 1-6 184
5, 4 264, 302

Prima lettera di Pietro

1, 18-19 1
2, 13 380
2, 14 380
2, 15 380
2, 17 380

Seconda lettera di Pietro

3, 10 453
3, 13 56, 82, 453

Prima lettera di Giovanni

1, 8 120
3, 16 196
4, 8 54
4, 10 30, 39
4, 11-12 32

Apocalisse

17, 6 382
19, 20 382
21, 1 453, 455
21, 3 60

Concili ecumenici

(citati secondo DS,
ad eccezione del Concilio Vaticano II)

Concilio Lateranense IV

800 127*

Concilio Vaticano I

3002 127*
3005 141
3022 127*
3025 127*

Concilio Vaticano II

Sacrosanctum Concilium
10 519
Inter mirifica
3 415*
4 560*
11 415*

Lumen gentium
1 19*, 49, 431
5 49
9 33*
11 519
12 79
31 11, 83*, 220*, 541, 545
35 579
42 580*
48 65

Christus Dominus
12 11
Gravissimum educationis
1 242
3 238*, 239*
6 240*

Nostra aetate
4 536*
5 433*

Dei Verbum
2 13, 47*
4 31*
5 39

Apostolicam actuositatem
7 45*
8 184, 581*
11 211*

Dignitatis humanae
97*
1 152*, 421
2 155, 421*, 422*
3 421*
5 239*, 241*
6 423*
7 422
8 530
14 70*, 75*

Gaudium et spes
96*
1 60*, 96, 197*, 426
3 13, 18
4 104
9 281*
10 14*, 31
11 53*
12 37, 109*, 110, 149*, 209
13 27*, 143
14 128
15 129, 456, 456*
16 198*
17 135, 135*, 199*
22 38*, 41, 105, 121, 153*, 522
24 34, 96, 133*
25 81*, 96, 150*, 384*, 384
26 132, 155*, 156*, 164, 166*, 197*, 287*
27 112*, 132, 153*, 155*
28 43
29 144*
30 19, 191*, 355*
31 191*
32 61*, 196*
33 456
34 456, 457
35 318*, 457*
36 45, 46, 197*
37 44
38 54, 580
39 55, 56
40 51, 60*, 62*, 96
41 152*, 159, 575, 576
42 68, 82*, 192*, 432*
43 83*, 554*, 574
44 18*
47 213
48 211*, 215, 218*, 219*, 223*
50 111*, 218*, 232*, 234*
51 233*
52 238*, 242*
59 556*
60 557
61 198*, 239*, 558
63 331, 336*
65 185*, 333*
66 290*, 298*
67 250*, 284*, 302
68 301*, 304*, 307
69 171, 177*, 178, 180*, 481*
71 176
73 392
74 168*, 384*, 394, 396*, 398*, 567*
75 189*, 413*,531*, 531
76 49, 50*, 50, 81*, 150*, 424, 425, 527*, 544, 550, 571*
77 497
78 494*, 495
79 497*, 500, 502*, 503, 513
80 497*, 509*, 509
82 441
83 194*
84 145*, 194*, 440*
85 194*
86 194*
90 99
91 551
92 12*

Documenti pontifici

Leone XIII

Lett. enc. � Immortale Dei
(1� novembre 1885)
393*

Lett. enc. � Libertas praestantissimum
(20 giugno1888)
149*

Lett. enc. � Rerum novarum
(15 maggio 1891)
87, 87*, 89, 89*, 90, 91, 100, 101, 103, 168*, 176, 176*, 177*, 185*, 249, 250*, 267, 268, 269, 277, 286*, 287*, 293, 296, 301*, 302, 417, 521, 581

Allocuzione al Collegio dei Cardinali
(1899)
497

Benedetto XV

Appello ai Capi dei popoli belligeranti
(1� agosto 1917)
497

Lett. enc. � Pacem Dei
(23 maggio 1920)
581*

Pio XI

Lett. enc. � Ubi arcano
(23 dicembre 1922)
494

Lett. enc. � Casti connubii
(31 dicembre 1930)
233*

Lett. enc. � Quadragesimo anno
(15 maggio 1931)
82*, 87*, 89*, 91, 91*, 167, 178*, 185*, 186, 250*, 273, 277*, 277, 301*, 302*, 330, 419*, 552, 581*

Lett. enc. � Non abbiamo bisogno
(29 giugno 1931)
92

Lett. enc. � Divini Redemptoris
(19 marzo 1937)
92, 201*, 355*

Lett. enc. � Mit brennender Sorge
(17 marzo 1937)
92

Discorsi
6 settembre 1938 92

Pio XII

Lett. enc. � Summi Pontificatus
(20 ottobre 1939)
125, 194*, 396*, 397*, 434*, 437*, 577

Lett. enc. � Sertum laetitiae
(1� novembre 1939)
301*

Lett. enc. � Humani generis
(12 agosto 1950)
141*

Esort. ap. � Menti nostrae
(23 settembre 1950)
87*

Radiomessaggio
(24 agosto 1939)
497

Radiomessaggio natalizio
(24 dicembre 1939)
93*, 434*

Radiomessaggio natalizio
(24 dicembre 1940)
93*

Radiomessaggio per il 50� anniversario della � Rerum novarum �
(1� giugno 1941)
81*, 82*, 87*, 89*, 168*, 171*, 172, 176*, 355*

Radiomessaggio natalizio
(24 dicembre 1941)
93*, 436, 437*, 438*

Radiomessaggio natalizio
(24 dicembre 1942)
93*, 149*, 176*

Radiomessaggio
(1� settembre 1944)
93*, 176*

Radiomessaggio natalizio
(24 dicembre 1944)
93*, 106, 385, 396*

Radiomessaggio natalizio
(24 dicembre 1945)
439*, 446*

Radiomessaggio natalizio
(24 dicembre 1946)
93*

Radiomessaggio natalizio
(24 dicembre 1947)
93*

Radiomessaggio natalizio
(24 dicembre 1948)
93*

Radiomessaggio natalizio
(24 dicembre 1949)
93*

Radiomessaggio natalizio
(24 dicembre 1950)
93*

Radiomessaggio natalizio
(24 dicembre 1951)
93*

Radiomessaggio natalizio
(24 dicembre 1952)
93*, 191*

Radiomessaggio natalizio
(24 dicembre 1953)
93*

Radiomessaggio natalizio
(24 dicembre 1954)
93*

Radiomessaggio natalizio
(24 dicembre 1955)
93*

Discorsi

29 aprile 1945 85*
21 ottobre 1945 251*
6 dicembre 1953 432*, 434*
3 ottobre 1953 506*, 518*

Giovanni XXIII

Lett. enc. � Mater et Magistra
(15 maggio 1961)
84*, 87*, 94*, 95, 107*, 160*, 164*, 166*, 167*, 176*, 178*, 185*, 189*, 192*, 194*, 336*, 339*, 355*, 384, 396, 440*, 446, 527*, 549*, 551*, 575, 579, 581*

Lett. enc. � Pacem in terris
(11 aprile 1963)
84*, 87*, 94, 95*, 95, 145*, 149*, 153*, 153, 155*, 156*, 156, 164*, 165*, 190*, 197*, 198*, 200*, 201*, 205*, 301*, 383*, 384, 386, 387*, 388, 389, 391, 393, 393*, 395*, 396, 396*, 397*, 398*, 414*, 432, 433*, 434*, 435*, 437, 437*, 439*, 441*, 441, 497, 497*, 499*, 499, 527*

Paolo VI

Lett. enc. � Populorum progressio
(26 marzo 1967)
98, 98*, 102
6 449
13 61, 81, 197*
14 373
17 194*, 467
19 318*
20 449
21 98, 449
22 172, 177*, 446*, 449*, 481*
23 158, 177*, 300*
31 401
35 198*
37 234*
40 198*, 373*
41 373*
42 82, 98, 373*
43 145*
44 145*, 448*, 581*
47 449*
48 194*
51 442*
52 442*
53 442*
54 442*
55 442*, 449*
56 447*
57 364, 447*
58 447*
59 366, 447*
60 447*
61 364*, 447*
63 433*
76 98, 495*
77 98, 442*
78 98, 372*, 441*, 442*
79 98, 442*
80 98
81 83*, 531

Lett. enc. � Humanae vitae
(25 luglio 1968)
7 233*
10 232
14 233*
16 233*
17 233*

Lett. ap. � Sollicitudo omnium ecclesiarum
(29 giugno 1969)
445

Lett. ap. � Octogesima adveniens
(14 maggio 1971)
100, 100*
3 80*
4 11*, 80*, 81*, 574
5 80*
16 145*, 433*
21 461*, 461
22 189*
23 158
26 124*
27 124*, 126
28 124*
29 124*
30 124*
31 124*
32 124*
33 124*
34 124*
35 124*
36 124*
37 53*, 124*
38 124*
39 124*
41 349*
42 86
43 372*, 446*
44 372*
46 164*, 167*, 189*, 565*, 573*, 581*
47 191*
50 574*
51 525

Esort. ap. � Evangelii nuntiandi
(8 dicembre 1975)
9 64*, 82
20 523*
29 66*
30 64*
31 66
34 71*
37 496*
45 415*

Motu proprio � Iustitiam et pacem promovere
(10 dicembre 1976)
159

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1968)
519, 520

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1969)
494*

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1972)
494*

Messaggio per la Giornata mondiale della Pace (1974)
495*

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1976)
520

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1977)
391

Discorsi e altri Messaggi

5 gennaio 1964 210*
24 giugno 1965 497*
4 ottobre 1965 145*, 155*, 433*, 497
15 aprile 1968 153
10 giugno 1969 292, 446*
16 novembre 1970 207*, 581*
26 ottobre 1974 155*

Lettera del Card. Maurice Roy in occasione del 10� anniversario dell'enciclica � Pacem in terris �
(11 aprile 1973)
95*

Giovanni Paolo II

Lett. enc. � Redemptor hominis
(4 marzo 1979)
1 262
8 64, 262
11 53*
13 58*
14 62, 82, 105*, 126
15 581
17 155, 158*, 168*

Esort. ap. � Catechesi tradendae
(16 ottobre 1979)
5 529
14 423
18 529*
29 529

Lett. enc. � Dives in misericordia
(30 novembre 1980)
12 206
14 206, 582

Lett. enc. � Laborem exercens
(14 settembre 1981)
72, 101*, 269
1 269
2 201*, 269*
3 72*, 87*, 269
4 275
6 259, 270, 271, 272
8 193*, 308
9 287*
10 249, 249*, 287*, 294, 294*, 317*
11 279
12 277, 290*
13 277*
14 177, 189*, 192*, 281, 282, 287*
15 192*
16 274, 287*
17 288*, 336*
18 287*, 287, 301*
19 172, 250*, 251*, 284*, 295, 301*, 301, 302*, 345*
20 301*, 304*, 304, 305, 306, 307, 318*
21 299
22 148
25 326*
26 326*
27 263*, 326*

Esort. ap. � Familiaris consortio
(22 novembre 1982)
12 219*
13 217*, 219
18 221*
19 217
20 225
23 251*, 294*
24 295*
26 244
27 222*
32 233*
36 239
37 238*, 243
40 240
42 553*
43 221, 238*, 242*, 553*
44 247, 553*
45 214*, 252, 355*, 553*
46 253*, 553*
47 220, 553*
48 220, 553*
77 226*, 298*
81 229
84 226*

Esort. ap. � Reconciliatio et paenitentia
(2 dicembre 1985)
2 116
10 121
15 116
16 117, 118, 193*

Lett. enc. � Redemptoris Mater
(25 marzo 1987)
37 59

Lett. enc. � Sollicitudo rei socialis
(30 dicembre 1987)
72, 102, 102*
1 60*, 87*, 104, 162*
3 85*, 85
9 374*
11 192*
12 192*
14 192*, 374
15 185*, 191*, 192*, 336*, 336, 435*
16 192*, 446
17 192*, 194*, 342
18 192*
19 192*
20 192*
21 192*
22 192*
25 483, 483*
26 150*, 443, 470
27 181*
28 181*, 318*, 334, 449*, 462*
29 181*
30 181*
31 181*, 327
32 181*, 333*, 446*, 446, 537*
33 157*, 181*, 442*, 446*, 446, 449
34 181*, 459, 465*, 466, 470*
36 119*, 193, 332, 446, 566
37 119, 181*, 193, 446
38 43*, 193, 194*, 449
39 102, 194*, 203, 383*, 442*, 446
40 33, 194*, 196*, 196, 202*, 332*, 432, 580
41 7, 67*, 68*, 72, 73, 81*, 82*, 159, 563
42 172, 182
43 364*, 372*, 442
44 189*, 198*, 411*, 449*
45 189*, 194*
47 578
48 526*

Lett. ap. � Mulieris dignitatem
(15 agosto 1988)
7 33, 34
11 147

Esort. ap. � Christifideles laici
(30 dicembre 1988)
15 10, 83*, 543
24 544*
29 549
30 549*
35 523
37 552
39 553, 553*, 570*
40 209, 212
41 412
42 410*, 581*
50 146
59 546
60 528
62 549

Lett. ap. � Nel cinquantesimo anniversario dell'inizio della Seconda Guerra mondiale
(27 agosto 1989)
2 157
8 517

Lett. enc. � Redemptoris missio
(7 dicembre 1990)
2 538
11 1, 521*, 523, 524
20 50
37 415*
52 523

Lett. enc. � Centesimus annus
(1� maggio 1991)
103*
3 538
5 67, 71*, 90, 521, 523, 583*
6 176*
7 301*
9 284*
10 103, 194*, 580
11 107*
13 125, 135*
15 301, 351*, 352
16 293, 336*
17 200*
18 438
21 157*
23 438*
24 558, 559*, 577*
29 373
31 171, 176, 273, 287*
32 179, 278, 283*, 337, 343, 344*
33 344*, 447
34 347, 349*, 448
35 179, 189*, 340, 344, 446*, 450
36 345, 358, 359, 360, 376, 486*, 486
37 360*, 460, 467*
38 340, 464
39 212, 231, 350, 375
40 347, 349, 356*, 466*, 470*
41 47, 170*, 181*, 280, 333, 348*
42 200, 335
43 278, 282, 288, 338, 340*
44 191*, 408
45 191*
46 86*, 190*, 395*, 406, 407, 567, 569*
47 155, 158, 191*, 424
48 185*, 186*, 187, 188*, 291, 336*, 351, 352, 353*, 354*, 411*
49 185*, 355*, 420*
50 556
51 494*, 498
52 434*, 439, 498
53 60*, 81*, 82*
54 60*, 61, 67, 69, 78, 159*, 527*
55 9*, 560, 577
56 90, 90*
57 193*, 525, 551*
58 371, 442*, 448
59 73, 76, 78
60 90

Lett. enc. � Veritatis splendor
(6 agosto 1993)
13 75*
27 70*
34 135*
35 136
44 138*
48 127
50 75*, 140*
51 142
61 139
64 70*
79 75*
80 155*
86 138
87 143*
97 22, 397*
98 577
99 138*, 397*
107 530
110 70*

Motu proprio � Socialium Scientiarum
(1� gennaio 1994)
78*

Lett. alle famiglie � Gratissimam sane
(2 febbraio 1994)
6 111*, 230
7 213
8 111*
10 237
11 218*, 221, 230
13 231
14 111*, 227*
16 111*
17 211, 251*
19 111*
20 111*
21 233*

Lett. ap. � Tertio millennio adveniente
(10 novembre 1994)
13 25*
51 182*, 450*

Lettera alle donne
(29 giugno 1995)
3 295
8 147

Lett. enc. � Evangelium vitae
(25 marzo 1995)
2 155*
7 155*
8 155*
9 155*
10 155*
11 155*
12 155*
13 155*
14 155*
15 155*
16 155*, 483*
17 155*
18 155*
19 112*, 142*, 155*
20 142*, 155*
21 155*
22 155*
23 155*
24 155*
25 155*
26 155*
27 155*, 405
28 155*
32 182*
34 109*, 114*
35 109*, 110
56 405
58 233*
59 233*
61 233*
62 233*
70 397*, 407
71 229*, 397
72 233*
73 399*, 570*
74 399
92 231*
93 231
101 233*

Lett. ap. � Dies Domini
(31 maggio 1998)
26 285*

Lett. enc. � Fides et ratio
(14 settembre 1998)
74*
Prologo 113*
36-48 560*

Esort. ap. � Ecclesia in America
(22 gennaio 1999)
20 362*
25 466
54 7*, 8*

Lett. ap. � Novo Millennio ineunte
(6 gennaio 2001)
1 1*
16-28 58*
29 577
49 182*, 583*
50 5, 182*, 583*
51 5, 583*

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1982)
4 494

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1986)
1 494*
2 509*

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1988)
3 516*

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1989)
5 387
11 387

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1990)
6 459
7 459
9 468, 468*

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1992)
4 519*

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1993)
1 449*
3 298*
4 497*

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1994)
5 239*

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1996)
2-6 245*
5 296*

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1997)
3 517*, 518*
4 517*, 518*
6 518*

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1998)
2 154
3 363
4 450*
5 412
6 296

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (1999)
3 153, 154
5 423*
6 411*
7 506*, 518*
8 287*
9 450*
10 468*
11 497, 510*, 511*, 512*, 518
12 494*

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (2000)
6 388*
7 506*
11 506
13 373*
14 373*, 449, 564
15-16 333*
17 564*
20 516

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (2001)
13 298*
19 405*

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (2002)
4 513*
5 514
7 515*
9 517*

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (2003)
5 365, 485*,
6 441

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace (2004)
4 494*
5 437
6 438*, 501
7 440, 442*, 443
8 514*, 514
9 439, 506*, 516*
10 203, 206, 517*, 582

Messaggio per la Quaresima (1990)
3 505

Messaggio per la XXXIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (1999)
3 560

Discorsi, Lettere e altri Messaggi
2 dicembre 1978 71
13 gennaio 1979 244
28 gennaio 1979 64*, 82*, 178*, 182*, 449*
17 febbraio 1979 159*
14 settembre 1979 266
29 settembre 1979 496
2 ottobre 1979 152, 155*, 244
12 novembre 1979 440*
9 febbraio 1980 581*
1� giugno 1980 390*
2 giugno 1980 435*, 440*, 554, 556*
10 luglio 1980 471*
1 settembre 1980 426*
25 febbraio 1981 457, 458
3 ottobre 1981 458, 474*
3 aprile 1982 85*
15 giugno 1982 292*, 404
21 settembre 1982 458, 477*
23 ottobre 1982 458, 473*, 477*
18 dicembre 1982 470*
7 marzo 1983 471*
19 ottobre 1983 15
29 ottobre 1983 460
12 novembre 1983 496*
22 marzo 1984 92
18 settembre 1984 471*
31 gennaio 1985 471*
5 febbraio 1985 471*
13 maggio 1985 439
18 agosto 1985 486*
14 ottobre 1985 508
28 novembre 1986 457*, 458
29 novembre 1986 471*
12 luglio 1987 466*
14 settembre 1987 471*
6 novembre 1987 470*
9 gennaio 1988 157*
17 aprile 1988 508*
8 ottobre 1988 468
16 novembre 1989 470
19 marzo 1990 457, 458, 505
22 settembre 1990 244*, 296
1� ottobre 1990 497*
12 gennaio 1991 437
16 gennaio 1991 497
17 gennaio 1991 497
1� maggio 1991 374
19 maggio 1991 63*
5 dicembre 1992 506*
16 gennaio 1993 506*
7 marzo 1993 504
18 aprile 1993 506
30 novembre 1993 440*, 504*
11 marzo 1994 502*
18 marzo 1994 440*, 483
28 ottobre 1994 470*
9 gennaio 1995 507*
26 maggio 1995 440*
9 luglio 1995 147
5 ottobre 1995 145*, 152*, 157, 388*, 432*, 434*, 435*, 435, 436
13 gennaio 1996 509*
2 dicembre 1996 308*
13 gennaio 1997 495*, 518*
24 marzo 1997 461, 463, 464, 465
25 aprile 1997 287*, 369*
20 giugno 1997 446*
19 febbraio 1998 228*
9 maggio 1998 363*
14 giugno 1998 506*
4 luglio 1998 506*
30 novembre 1998 450*
21 gennaio 1999 228
6 marzo 1999 279*
11 agosto 1999 505
31 marzo 2000 402, 404
1� maggio 2000 321
2 maggio 2000 446*
29 agosto 2000 236*
13 gennaio 2001 435*
27 aprile 2001 310*, 366
14 settembre 2001 309, 320*
24 settembre 2001 515*
24 febbraio 2002 515*
21 marzo 2002 437*
3 aprile 2002 222
11 aprile 2002 367
27 aprile 2002 367*
13 gennaio 2003 497
5 gennaio 2004 148
7 gennaio 2004 484
12 gennaio 2004 572
4 febbraio 2004 341
21 febbraio 2004 236*

Documenti ecclesiali

Catechismo della Chiesa Cattolica
titolo del c. 1�, sez. 1�, parte 1� 109
24 8*
27 133*
356 109*, 133*
357 108
358 109*, 133*
363 128*
364 128*
365 129
369 110*
371 111*
373 113*
404 115
826 580*
1033 183
1603 215*, 216*
1605 209*
1639 215*
1644 223*
1645 223*
1646 223*
1647 223*
1648 223*
1649 223*
1650 223*, 225*
1651 223*, 225*
1652 230*
1653 238*
1656 220*
1657 220*
1703 128*
1705 135*, 199*
1706 134, 136*
1721 109*
1730 135*, 199*
1731 135*
1732 135*
1733 135*
1738 199
1740 137
1741 143*
1749 138*
1750 138*
1751 138*
1752 138*
1753 138*
1754 138*
1755 138*
1756 138*
1789 20*
1806 548*
1807 201
1827 207*
1849 116*
1850 115*
1869 119*
1879 149*
1880 149
1881 384*
1882 151, 185*
1883 185*,186*, 419*
1884 185*, 383, 419*
1885 185*, 419*
1886 197*
1888 42
1889 43*, 581*, 583
1897 393*
1898 393*
1899 398*
1900 398*
1901 398*
1902 396*
1905 164*
1906 164*
1907 164*, 166*
1908 164*, 169*
1909 164*
1910 164*, 168*, 418*
1911 164*, 433*
1912 164*, 165*
1913 167*, 189*
1914 189*
1915 189*
1916 189*
1917 189*, 191*
1928 201*
1929 201*, 202*
1930 153*, 201*
1931 105*, 201*
1932 201*
1933 201*
1934 144*, 201*
1935 201*
1936 201*
1937 201*
1938 201*
1939 193*, 201*,581*
1940 193*, 201*
1941 193*, 194*, 201*
1942 193*, 201*
1955 140*
1956 140*
1957 141*
1958 141
1959 142*
1960 141*
1970 20*
2011 583*
2034 79*
2037 80*
2039 83*
2062 22
2070 22
2105 422
2106 421*
2107 423*
2108 421*, 422*
2109 422*
2184 284*
2185 284
2186 285
2187 285*, 286
2188 286
2204 220*
2206 213*
2209 214*
2210 213*
2211 252*
2212 206*, 390*, 391*, 582*
2213 390*
2221 239*
2223 239*
2224 213*
2228 238*
2229 240*
2235 132*, 396*
2236 409*
2237 388*
2241 298*
2242 399*
2243 401
2244 47*, 51*
2245 50*, 424*,
2246 426*
2258 112*
2259 112*
2260 112*
2261 112*
2265 500*
2266 402*, 403*
2267 405
2269 341
2271 233*
2272 233*
2273 233*
2297 513*
2304 495*
2306 496
2307 497*
2308 497*
2309 497*, 500
2310 497*, 502*
2311 497*, 503*
2312 497*
2313 497*, 503*
2314 497*, 509*
2315 497*, 508
2316 497*, 508*
2317 495*, 497*
2333 224
2334 111*
2357 228*
2358 228*
2359 228*
2366 230*
2367 232*
2368 234*
2370 233*
2372 234*
2375 235*
2376 235*
2377 235*
2378 235*
2379 218
2384 225*
2385 225
2390 227*
2402 177*
2403 177*
2404 177*
2405 177*
2406 177*
2411 201*
2419 3, 63
2420 68*
2421 87*
2422 104*
2423 81*
2424 340*
2425 201*, 349*
2426 201*, 331*
2427 201*, 263*, 317
2428 201*, 272*
2429 201*, 336, 336*
2430 201*, 304*, 306*
2431 201*, 351*, 352*
2432 201*, 344*
2433 201*, 288*
2434 201*, 302
2435 201*, 304
2436 201*, 289*
2437 201*, 373*
2438 194*, 201*, 341, 373*
2439 201*
2440 201*, 372*
2441 201*, 375
2442 83*, 201*
2443 183, 201*
2444 184*, 201*
2445 184, 201*
2446 184*, 201*
2447 184, 201*
2448 183*,184, 201*
2449 201*
2464 198*
2465 198*
2466 198*
2467 198*
2468 198*
2469 198*
2470 198*
2471 198*
2472 198*
2473 198*
2474 198*
2475 198*
2476 198*
2477 198*
2478 198*
2479 198*
2480 198*
2481 198*
2482 198*
2483 198*
2484 198*
2485 198*
2486 198*
2487 198*
2494 415
2495 561
2510 20*
2832 201*

Congregazioni

Congregazione per il Clero

Direttorio generale per la catechesi
(15 agosto 1997)
17 529*
18 521*
30 529*
54 529*

Congregazione per la Dottrina
della Fede

Dich. � Persona humana
(29 dicembre 1975)
8 228*

Istr. � Libertatis conscientia
(22 marzo 1986)
26 199
28 199*
32 149
63 64*
64 64*
72 81*, 82*, 85*, 160
73 185*, 194*
75 137
79 401
80 64*
85 185*
86 185*
90 175
94 241
97 59
99 198*

Lett. La cura pastorale delle persone omosessuali (1� ottobre 1986)
1-2 228*

Istr. � Donum vitae
(22 febbraio 1987)
553*
II/2.3.5 235*
II/7 235*

Istr. � Donum veritatis
(24 maggio 1990)
16 80*
17 80*
23 80*

Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali
(23 luglio 1992)
228*

Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica
(24 novembre 2002)
3 384*, 563*
4 570
5 397*
6 397*, 566, 571, 572
7 555*, 568

Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali
(3 giugno 2003)
8 228
228*

Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo
(31 maggio 2004)
147*

Congregazione per l'Educazione
Cattolica

Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale nella formazione sacerdotale
(30 dicembre 1988)
8 568*
20 89
21 91
22 93
23 94
24 96
25 98
26 102
27 104
29 160*
30 160*
31 160*
32 152*, 160*
33 160*
34 160*
35 106, 160*
36 160*
37 160*
38 160*, 194*
39 160*
40 160*, 189*
41 160*
42 160*
43 197
47 162*

Pontifici Consigli

Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali

Communio et Progressio
(23 maggio 1971)
126-134 415*

Aetatis novae
(22 febbraio 1992)
11 415*

Etica nella pubblicit�
(22 febbraio 1997)
4-8 415*

Etica nelle comunicazioni sociali
(4 giugno 2000)
14 561*
20 416
22 416*
24 416*
33 562*

Pontificio Consiglio Cor Unum - Pontificio Consiglio della Pastorale per i
Migranti e Itineranti

I rifugiati. Una sfida alla solidariet�
(2 ottobre 1992)
6 298*

Pontificio Consiglio della Cultura - Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso

Ges� Cristo portatore dell'acqua viva. Una riflessione cristiana sul � New Age �
(2003)
463*

Pontificio Consiglio per la famiglia

Sessualit� umana: verit� e significato. Orientamenti educativi in famiglia
(8 dicembre 1995)
243*

Famiglia, matrimonio e � unioni di fatto �
(26 luglio 2000)
23 228*

Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace

La Chiesa e i diritti dell'uomo
(10 dicembre 1974)
70-90 159*

Al servizio della comunit� umana: un approccio etico al debito internazionale
(27 dicembre 1986)
450*
I, 1 194*

Il commercio internazionale delle armi
(1� maggio 1994)
6 500
9-11 508*

Per una migliore distribuzione della terra. La sfida della riforma agraria
(23 novembre 1997)
11 471*
13 300
27-31 180*
35 300*

L'Eglise face au racisme. Contribution du Saint-Si�ge � la Conf�rence mondiale contre le Racisme, la Discrimination raciale, la X�nophobie et l'intol�rance qui y est associ�e
(29 agosto 2001)
21 236*
433*

Water, an Essential Element for Life. A Contribution of the Delegation of the Holy See on the occasion of the 3rd World Water Forum
(Kyoto, 16-23 marzo 2003)
485*

Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo

Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah
(16 marzo 1998)
506*

Pontifica Accademia Pro Vita

Riflessioni sulla clonazione
(25 giugno 1997)
236*

Biotecnologie animali e vegetali: Nuove frontiere e nuove responsabilit�
(1999)
472*

Santa Sede

Carta dei diritti della famiglia
(24 novembre 1983)
Preambolo, D-E 214*
Preambolo E 229, 238,
Art. 3, c 237
Art. 5 239*
Art. 5, b 241
Art. 8, a-b 247
Art. 9 247*
Art. 10 294*
Art. 10, a 250*
Art. 10, b 251*
Art. 12 298*

Diritto Canonico

Codice di diritto canonico
208-223 159*
361 444*
747, 2 71, 426*
793-799 239*
1136 239*

Scrittori ecclesiastici

Agostino (santo)

Confessiones
1, 1: PL 32, 661 114
2, 4, 9: PL 32, 678 142*

Ambrogio (santo)

De obitu Valentiniani consolatio
62: PL 16, 1438 265*

Atanasio di Alessandria (santo)

Vita S. Antonii
c. 3: PG 26, 846 265*

Basilio il Grande (santo)

Homilia in illud Lucae, Destruam horrea mea
5: PG 31, 271 329, 329*
Regulae fusius tractatae
42: PG 31,
1023-1027 265*

Clemente d'Alessandria

Quis dives salvetur
13: PG 9, 618 329

Erma

Pastor, Liber tertium, Similitudo
I: PG 2, 954 329*

Giovanni Crisostomo (santo)

Omelie sugli Atti, in Acta Apostolorum Homiliae
35, 3: PG 60, 258 265*
Homiliae XXI de Statuis ad populum Antiochenum habitae
2, 6-8: PG 49,
41-46 329*

Homilia � De perfecta caritate �
1, 2: PG 56,
281-282 582

Gregorio Magno (santo)

Regula pastoralis
3, 21: PL 77, 87-89 184, 329*

Gregorio Nisseno (santo)

De vita Moysis
2, 2-3: PG 44,
327B-328B 135*

Ireneo di Lione (santo)

Adversus haereses
5, 32, 2:
PG 7, 1210 266*

Teodoreto di Ciro

De Providentia, Orationes
5-7: PG 83,
625-686 266*

Teresa di Ges� Bambino (santa)

Atto di offerta all'Amore Misericordioso
583

Tommaso d'Aquino (santo)

Commentum in tertium librum Sententiarum
d. 27, q. 1, a. 4 130
De Caritate

a. 9 581*

De regno. Ad regem Cypri
I, 1 393*
I, 10 390*

In duo praecepta caritatis et in decem Legis praecepta expositio
c. 1 140
Sententiae Octavi Libri Ethicorum

lect. 1 390*

Summa theologiae
I, q. 75, a. 5 130*
I-II, q. 6 201*
I-II, q. 91, a. 2, c 140*
I-II, q. 93, a. 3,
ad 2um 398
I-II, q. 94, a. 2 167*
I-II, q. 96, a. 2 229*
I-II, q. 99 391*
II-II, q. 23, a. 3,
ad 1um 391*
II-II, q. 23, a. 8 207
II-II, q. 29, a. 3,
ad 3um 494*
II-II, qq. 47-56 548*
II-II, q. 49, a. 1 548*
II-II, q. 49, a. 3 548*
II-II, q. 49, a. 4 548*
II-II, q. 49, a. 6 548*
II-II, q. 49, a. 7 548*
II-II, q. 50, a. 1 548*
II-II, q. 50, a. 2 548*
II-II, q. 58, a. 1 201*
II-II, q. 104, a. 6,
ad 3um 400

Riferimenti dal Diritto
Internazionale

Carta delle Nazioni Unite
(26 giugno 1945)
art. 2.4 438*

Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo
(1948)
16.3 237*

Convenzione sui diritti del fanciullo
(1990)
245*


 

1Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte, 1: AAS 93 (2001) 266.

2Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio, 11: AAS 83 (1991) 260.

3Catechismo della Chiesa Cattolica, 2419.

4Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte, 50-51: AAS 93 (2001)
303-304.

5Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 41: AAS 80 (1988) 571-572.

6Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Ecclesia in America, 54: AAS 91 (1999) 790.

7Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Ecclesia in America, 54: AAS 91 (1999) 790; Catechismo della Chiesa Cattolica, 24.

8Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 55: AAS 83 (1991) 860.

9Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 15: AAS 81 (1989) 414.

10Concilio Vaticano II, Decr. Christus Dominus, 12: AAS 58 (1966) 678.

11Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 31: AAS 57 (1965) 37.

12Cfr. Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 4: AAS 63 (1971) 403.

13Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 92: AAS 58 (1966) 1113-1114.

14Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum, 2: AAS 58 (1966) 818.

15Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 3: AAS 58 (1966) 1026.

16Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 3: AAS 58 (1966) 1027.

17Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 10: AAS 58 (1966) 1032.

18Giovanni Paolo II, Discorso all'Udienza generale (19 ottobre 1983), 2: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI, 2 (1983) 815.

19Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 44: AAS 58 (1966) 1064.

20Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 3: AAS 58 (1966) 1026.

21Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 1: AAS 57 (1965) 5.

22Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 30: AAS 58 (1966) 1050.

23Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1789; 1970; 2510.

24Catechismo della Chiesa Cattolica, 2062.

25Catechismo della Chiesa Cattolica, 2070.

26Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, 97: AAS 85 (1993) 1209.

27La legge � riportata in Es 23, Dt 15, Lv 25.

28Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Tertio millennio adveniente, 13: AAS 87 (1995) 14.

29Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 13: AAS 58 (1966) 1035.

30Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum, 4: AAS 58 (1966) 819.

31Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 10: AAS 58 (1966) 1033.

32Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 9: AAS 57 (1965)
12-14.

33Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem, 7: AAS 80 (1988) 1666.

34Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem, 7: AAS 80 (1988) 1665- 1666.

35Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 40: AAS 80 (1988) 569.

36Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem , 7: AAS 80 (1988) 1664.

37Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 24: AAS 58 (1966) 1045.

38Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 12: AAS 58 (1966) 1034.

39Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 22: AAS 58 (1966) 1043.

40Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum, 5: AAS 58 (1966) 819.

41Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 22: AAS 58 (1966) 1043.

42Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 22: AAS 58 (1966) 1043.

43Catechismo della Chiesa Cattolica, 1888.

44Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 38: AAS 80 (1988) 565-566.

45Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 28: AAS 58 (1966) 1048.

46Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1889.

47Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 37: AAS 58 (1966) 1055.

48Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 36: AAS 58 (1966) 1054; cfr. Id., Decr. Apostolicam actuositatem, 7: AAS 58 (1966) 843-844.

49Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 36: AAS 58 (1966) 1054.

50Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2244.

51Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Dei Verbum, 2: AAS 58 (1966) 818.

52Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 41: AAS 83 (1991) 844.

53Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 41: AAS 83 (1991) 844- 845.

54Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 76: AAS 58 (1966) 1099.

55Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 1: AAS 57 (1965) 5.

56Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 5: AAS 57 (1965) 8.

57Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio, 20: AAS 83 (1991) 267.

58Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 76: AAS 58 (1966) 1099; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2245.

59Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 76: AAS 58 (1966) 1099.

60Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 40: AAS 58 (1966) 1058.

61Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2244.

62Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 40: AAS 58 (1966) 1058.

63Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 11: AAS 58 (1966) 1033.

64Cfr. Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 37: AAS 63 (1971) 426-427.

65Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis, 11: AAS 71 (1979) 276: � Giustamente i Padri della Chiesa vedevano nelle diverse religioni quasi altrettanti riflessi di un'unica verit� come �germi del Verbo�, i quali testimoniano che, quantunque per diverse strade, � rivolta tuttavia in una unica direzione la pi� profonda aspirazione dello spirito umano �.

66Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 38: AAS 58 (1966)
1055-1056.

67Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 39: AAS 58 (1966) 1057.

68Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 39: AAS 58 (1966) 1057.

69Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis, 13: AAS 71 (1979)
283-284.

70Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte, 16-28: AAS 93 (2001) 276-285.

71Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris Mater, 37: AAS 79 (1987) 410.

72Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Libertatis conscientia, 97: AAS 79 (1987) 597.

73Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 1: AAS 58 (1966)
1025-1026.

74Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 40: AAS 58 (1966) 1057-1059; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 53-54: AAS 83 (1991)
859-860; Id., Lett. enc.
Sollicitudo rei socialis, 1: AAS 80 (1988) 513-514.

75Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 32: AAS 58 (1966) 1051.

76Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 54: AAS 83 (1991) 859.

77Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 13: AAS 59 (1967) 263.

78Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 40: AAS 58 (1966) 1057-1059.

79Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis, 14: AAS 71 (1979) 284.

80Catechismo della Chiesa Cattolica, 2419.

81Cfr. Giovanni Paolo II, Omelia della messa di Pentecoste nel I centenario della � Rerum novarum � (19 maggio 1991): AAS 84 (1992) 282.

82Cfr. Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 9. 30: AAS 68 (1976) 10-11. 25- 26; Giovanni Paolo II, Discorso alla Terza Conferenza Generale dell'Episcopato Latino-Americano, Puebla (28 gennaio 1979), III/4-7: AAS 71 (1979) 199-204; Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Libertatis conscientia, 63-64. 80: AAS 79 (1987)
581-582. 590-591.

83Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis, 8: AAS 71 (1979) 270.

84Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 48: AAS 57 (1965) 53.

85Cfr. Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 29: AAS 68 (1976) 25.

86Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 31: AAS 68 (1976) 26.

87Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 54: AAS 83 (1991) 860.

88Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 41: AAS 80 (1988) 570-572.

89Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 5: AAS 83 (1991) 799.

90Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 54: AAS 83 (1991) 860.

91Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2420.

92Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 42: AAS 58 (1966) 1060.

93Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 41: AAS 80 (1988) 570-572.

94Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 54: AAS 83 (1991) 860.

95Cfr. Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 14: AAS 58 (1966) 940; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, 27. 64. 110: AAS 85 (1993) 1154-1155. 1183-1184. 1219-1220.

96Giovanni Paolo II, Messaggio al Segretario generale delle Nazioni Unite in occasione del trentesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo (2 dicembre 1978): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, I (1978) 261.

97Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 5: AAS 83 (1991) 799.

98Cfr. Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 34: AAS 68 (1976) 28.

99CIC, canone 747, � 2.

100Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 3: AAS 73 (1981)
583-584.

101Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 41: AAS 80 (1988) 571.

102Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 41: AAS 80 (1988) 571.

103Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 41: AAS 80 (1988) 572.

104Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 59: AAS 83 (1991) 864-865.

105Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio: AAS 91 (1999) 5-88.

106Cfr. Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 14: AAS 58 (1966) 940.

107Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, 13. 50. 79: AAS 85 (1993) 1143-1144. 1173-1174. 1197.

108Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 59: AAS 83 (1991) 864.

109� significativa, a questo riguardo, l'istituzione della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali; nel Motu proprio di erezione si legge: � Le indagini delle scienze sociali possono efficacemente contribuire al miglioramento dei rapporti umani, come dimostrano i progressi realizzati nei diversi settori della convivenza, soprattutto nel corso del secolo che volge ormai al suo termine. Per questo motivo la Chiesa, sempre sollecita del vero bene dell'uomo, si � volta con crescente interesse a questo campo della ricerca scientifica, per trarne indicazioni concrete nell'adempimento dei suoi compiti magisteriali �: Giovanni Paolo II, Motu proprio Socialium Scientiarum (1� gennaio 1994): AAS 86 (1994) 209.

110Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 54: AAS 83 (1991) 860.

111Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 59: AAS 83 (1991) 864.

112Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 12: AAS 57 (1965) 16.

113Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2034.

114Cfr. Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 3-5: AAS 63 (1971) 402- 405.

115Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2037.

116Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum veritatis, 16-17. 23: AAS 82 (1990) 1557-1558. 1559-1560.

117Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 53: AAS 83 (1991) 859.

118Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 13: AAS 59 (1967) 264.

119Cfr. Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 4: AAS 63 (1971) 403- 404; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 41: AAS 80 (1988) 570- 572; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2423; Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Libertatis conscientia, 72: AAS 79 (1987) 586.

120Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 25: AAS 58 (1966) 1045-1046.

121Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 76: AAS 58 (1966) 1099-1100; Pio XII, Radiomessaggio per il 50� anniversario della � Rerum novarum �: AAS 33 (1941) 196-197.

122Cfr. Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 190; Pio XII, Radiomessaggio per il 50� anniversario della � Rerum novarum �: AAS 33 (1941) 196-197; Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 42: AAS 58 (1966) 1079; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 41: AAS 80 (1988) 570-572; Id., Lett. enc. Centesimus annus, 53: AAS 83 (1991) 859; Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Libertatis conscientia, 72: AAS 79 (1987) 585-586.

123Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis, 14: AAS 71 (1979) 284; cfr. Id., Discorso alla Terza Conferenza Generale dell'Episcopato Latino-Americano, Puebla (28 gennaio 1979), III/2: AAS 71 (1979) 199.

124Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 42: AAS 59 (1967) 278.

125Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 9: AAS 68 (1976) 10.

126Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 42: AAS 59 (1967) 278.

127Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2039.

128Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2442.

129Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 15: AAS 81 (1989) 413; Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 31: AAS 57 (1965) 37.

130Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 43: AAS 58 (1966) 1061-1064; Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 81: AAS 59 (1967) 296- 297.

131Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 453.

132A cominciare dall'enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII tale destinazione � indicata nell'indirizzo iniziale di ogni documento sociale.

133Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 3: AAS 80 (1988) 515; Pio XII, Discorso ai partecipanti al Convegno dell'Azione Cattolica (29 aprile 1945): Discorsi e Radiomessaggi di Pio XII, VII, 37-38; Giovanni Paolo II, Discorso al Simposio internazionaleDalla �Rerum novarum� alla �Laborem exercens�: verso l'anno 2000 � (3 aprile 1982): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V, 1 (1982) 1095-1096.

134Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 3: AAS 80 (1988) 515.

135Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Libertatis conscientia, 72: AAS 79 (1987) 585-586.

136Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 3: AAS 80 (1988) 515.

137Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 46: AAS 83 (1991)
850-851.

138Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 42: AAS 63 (1971) 431.

139Cfr. Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 179; Pio XII, nel Radiomessaggio per il 50� anniversario della � Rerum novarum �: AAS 33 (1941) 197, parla di � dottrina sociale cattolica �, e nell'Esort. ap. Menti nostrae, del 23 settembre 1950: AAS 42 (1950) 657, di � dottrina sociale della Chiesa �. Giovanni XXIII conserva le espressioni � dottrina sociale della Chiesa � (Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 [1961] 453; Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 [1963] 300-301) o ancora � dottrina sociale cristiana � (Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 [1961] 453), o � dottrina sociale cattolica � (Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 [1961] 454).

140Cfr. Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 97- 144.

141Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 3: AAS 73 (1981)
583-584; Id., Lett. enc.
Sollicitudo rei socialis, 1: AAS 80 (1988) 513-514.

142Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2421.

143Cfr. Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 97- 144.

144Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 20, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, p. 24.

145Cfr. Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 189; Pio XII, Radiomessaggio per il 50� anniversario della � Rerum novarum �: AAS 33 (1941) 198.

146Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 5: AAS 83 (1991) 799.

147Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 5: AAS 83 (1991) 799.

148Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 56: AAS 83 (1991) 862.

149Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 60: AAS 83 (1991) 865.

150Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 60: AAS 83 (1991) 865.

151Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 143. Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 56: AAS 83 (1991) 862.

152Cfr. Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 177-228.

153Cfr. Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 186-189.

154Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 21, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, p. 24.

155Cfr. Pio XI, Lett. enc. Non abbiamo bisogno: AAS 23 (1931) 285-312 .

156Testo ufficiale (tedesco): AAS 29 (1937) 145-167. Testo italiano: AAS 29 (1937) 168-188.

157Pio XI, Discorso ai giornalisti belgi della radio (6 settembre 1938), in Giovanni Paolo II, Discorso ai dirigenti della ��Anti-Defamation League of B'nai B'rith'' (22 marzo 1984): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII, 1 (1984) 740-742.

158Testo ufficiale (latino): AAS 29 (1937) 65-106. Testo italiano: AAS 29 (1937) 107-138.

159Pio XI, Lett. enc. Divini Redemptoris: AAS 29 (1937) 130.

160Cfr. Pio XII, Radiomessaggi natalizi: sulla pace e l'ordine internazionale, degli anni: 1939: AAS 32 (1940) 5-13; 1940: AAS 33 (1941) 5-14; 1941: AAS 34 ( 1942) 10-21; 1945: AAS 38 (1946) 15-25; 1946: AAS 39 (1947) 7-17; 1948: AAS 41 (1949) 8-16; 1950: AAS 43 (1951) 49-59; 1951: AAS 44 (1952) 5-15; 1954: AAS 47 (1955) 15-28; 1955: AAS 48 (1956) 26-41; sull'ordine interno delle Nazioni, del 1942: AAS 35 (1943) 9-24; sulla democrazia, del 1944: AAS 37 (1945) 10-23; sulla funzione della civilt� cristiana, del 1�settembre 1944: AAS 36 (1944) 249-258; sul ritorno a Dio nella generosit� e nella fraternit�, del 1947: AAS 40 (1948) 8-16; sull'anno del gran ritorno e del gran perdono, del 1949: AAS 42 (1950) 121-133; sulla spersonalizzazione dell'uomo, del 1952: AAS 45 (1953) 33-46; sul ruolo del progresso tecnico e la pace dei popoli, del 1953: AAS 46 (1954) 5-16.

161Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 22, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, p. 25.

162Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 22, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, p. 25.

163Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 267-269. 278-279. 291. 295-296.

164Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 401- 464.

165Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 23, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, p. 26.

166Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 415- 418.

167Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 257-304.

168Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris, Indirizzo: AAS 55 (1963) 257.

169Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 301.

170Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 294.

171Cfr. Roy Card. Maurice, Lettera a Paolo VI e Documento in occasione del 10� anniversario dell'enciclica � Pacem in terris �: L'Osservatore Romano, 11 aprile 1973, pp. 3-6.

172Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes: AAS 58 (1966)
1025-1120.

173Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 24, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, p. 27.

174Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 1: AAS 58 (1966) 1026.

175Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 40: AAS 58 (1966) 1058.

176Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 24: AAS 58 (1966) 1045.

177Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 25: AAS 58 (1966) 1045.

178Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 24, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, pp. 28-29.

179Cfr. Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae: AAS 58 (1966) 929- 946.

180Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 76-80: AAS 59 (1967) 294- 296.

181Cfr. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio: AAS 59 (1967) 257-299.

182Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 25, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, p. 29.

183Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 21: AAS 59 (1967) 267.

184Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 42: AAS 59 (1967) 278.

185Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 90: AAS 58 (1966) 1112.

186Cfr. Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens: AAS 63 (1971) 401-441.

187Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens: AAS 73 (1981) 577- 647.

188Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis: AAS 80 (1988)
513-586.

189Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 26, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, p. 32.

190Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 26, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, p. 32.

191Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 39: AAS 80 (1988) 568.

192Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus: AAS 83 (1991) 793- 867.

193Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 10: AAS 83 (1991) 805.

194Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 27, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, p. 33.

195Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 4: AAS 58 (1966) 1028.

196Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 1: AAS 80 (1988) 514; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2422.

197Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 22: AAS 58 (1966) 1042.

198Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis, 14: AAS 71 (1979) 284.

199Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1931.

200Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 35, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, p. 39.

201Pio XII, Radiomessaggio (24 dicembre 1944), 5: AAS 37 (1945) 12.

202Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 11: AAS 83 (1991) 807.

203Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 453, 459.

204Catechismo della Chiesa Cattolica, 357.

205Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 356. 358.

206Catechismo della Chiesa Cattolica, titolo del c. 1�, sez. 1�, parte 1�; cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 12: AAS 58 (1966) 1034; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 34: AAS 87 (1995) 440.

207Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 35: AAS 87 (1995) 440-441; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1721.

208Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 12: AAS 58 (1966) 1034.

209Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 369.

210Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 35: AAS 87 (1995) 440.

211Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2334.

212Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 371.

213Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. alle famiglie Gratissimam sane, 6. 8. 14. 16. 19-20: AAS 86 (1994) 873-874. 876-878. 893-896. 899-903. 910-919.

214Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 50: AAS 58 (1966) 1070-1072.

215Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 19: AAS 87 (1995)
421-422.

216Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2258.

217Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 27: AAS 58 (1966) 1047-1048; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2259-2261.

218Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio. Prologo: AAS 91 (1999) 5.

219Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 373.

220Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 34: AAS 87 (1995)
438-440.

221Sant'Agostino, Confessiones, 1, 1: PL 32, 661: � Tu excitas, ut laudare te delectet; quia fecisti nos ad te, et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te �.

222Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1850.

223Catechismo della Chiesa Cattolica, 404.

224Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 2: AAS 77 (1985) 188; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1849.

225Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 15: AAS 77 (1985) 212-213.

226Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 16: AAS 77 (1985) 214. Il testo spiega inoltre che a questa legge della discesa, a questa comunione del peccato, per cui un'anima che si abbassa per il peccato abbassa con s� la Chiesa e, in qualche modo, il mondo intero, corrisponde la legge dell'ascesa, il profondo e magnifico mistero della comunione dei santi, grazie alla quale ogni anima che si eleva, eleva il mondo.

227Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 16: AAS 77 (1985) 216.

228Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1869.

229Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 36: AAS 80 (1988) 561-563.

230Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 37: AAS 80 (1988) 563.

231Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 10: AAS 77 (1985) 205.

232Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 22: AAS 58 (1966) 1042.

233Cfr. Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 26-39: AAS 63 (1971) 420-428.

234Pio XII, Lett. enc. Summi Pontificatus: AAS 31 (1939) 463.

235Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 13: AAS 83 (1991) 809.

236Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 27: AAS 63 (1971) 421.

237Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis, 14: AAS 71 (1979) 284.

238Cfr. Concilio Lateranense IV, Cap. 1, De fide catholica: DS 800, p. 259; Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c.1: De Deo rerum omnium Creatore: DS 3002, p. 587; Id., Ibidem, canoni 2.5: DS 3022. 3025, pp. 592.593.

239Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, 48: AAS 85 (1993) 1172.

240Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 14: AAS 58 (1966) 1035; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 364.

241Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 14: AAS 58 (1966) 1035.

242Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 14: AAS 58 (1966) 1036; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 363. 1703.

243Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 15: AAS 58 (1966) 1036.

244Catechismo della Chiesa Cattolica, 365.

245San Tommaso d'Aquino, Commentum in tertium librum Sententiarum, d. 27, q. 1, a. 4: � Ex utraque autem parte res immateriales infinitatem habent quodammodo, quia sunt quodammodo omnia, sive inquantum essentia rei immaterialis est exemplar et similitudo omnium, sicut in Deo accidit, sive quia habet similitudinem omnium vel actu vel potentia, sicut accidit in Angelis et animabus �: San Tommaso d'Aquino, Commento alle Sentenze di Pietro Lombardo e testo integrale di Pietro Lombardo. Libro Terzo. Distinzioni 23-40. Le virt� in Cristo e le virt� nei fedeli, traduzione di P. Lorenzo Perotto, O.P., Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2000, p. 315; cfr. Id., Summa theologiae, I, q. 75, a. 5: Ed. Leon. 5, 201-203.

246Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 26: AAS 58 (1966)
1046-1047.

247Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 27: AAS 58 (1966) 1047.

248Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2235.

249Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 24: AAS 58 (1966) 1045; Catechismo della Chiesa Cattolica, 27, 356 e 358.

250Catechismo della Chiesa Cattolica, 1706.

251Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1705.

252Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 17: AAS 58 (1966) 1037; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1730-1732.

253Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, 34: AAS 85 (1993) 1160- 1161; Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 17: AAS 58 (1966) 1038.

254Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1733.

255Cfr. San Gregorio di Nissa, De vita Moysis, 2, 2-3: PG 44, 327B-328B: � ...unde fit, ut nos ipsi patres quodammodo simus nostri... vitii ac virtutis ratione fingentes �.

256Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 13: AAS 83 (1991)
809-810.

257Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1706.

258Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, 35: AAS 85 (1993) 1161-1162.

259Catechismo della Chiesa Cattolica, 1740.

260Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Libertatis conscientia, 75: AAS 79 (1987) 587.

261Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1749-1756.

262Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, 86: AAS 85 (1993) 1201.

263Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, 44. 99: AAS 85 (1993) 1168-1169. 1210-1211.

264Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, 61: AAS 85 (1993) 1181-1182.

265Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, 50: AAS 85 (1993) 1173-1174.

266San Tommaso d'Aquino, In duo praecepta caritatis et in decem Legis praecepta expositio, c. 1: � Nunc autem de scientia operandorum intendimus: ad quam tractandam quadruplex lex invenitur. Prima dicitur lex naturae; et haec nihil aliud est nisi lumen intellectus insitum nobis a Deo, per quod cognoscimus quid agendum et quid vitandum. Hoc lumen et hanc legem dedit Deus homini in creatione �: Divi Thomae Aquinatis, Doctoris Angelici, Opuscola Theologica, v. II: De re spirituali, cura et studio P. Fr. Raymundi Spiazzi, O.P., Marietti ed., Taurini - Romae 1954, p. 245.

267Cfr. San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I-II, q. 91, a. 2, c: Ed. Leon. 7,154: � ...partecipatio legis aeternae in rationali creatura lex naturalis dicitur �.

268Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1955.

269Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1956.

270Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1957.

271Catechismo della Chiesa Cattolica, 1958.

272Concilio Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius, c. 2: DS 3005, p. 588; cfr. Pio XII, Lett. enc. Humani generis: AAS 42 (1950) 562.

273Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1960.

274Cfr. Sant'Agostino, Confessiones, 2, 4, 9: PL 32, 678: � Furtum certe punit lex tua, Domine, et lex scripta in cordibus hominum, quam ne ipsa quidem delet iniquitas �.

275Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1959.

276Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, 51: AAS 85 (1993) 1175.

277Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 19-20: AAS 87 (1995) 421-424.

278Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 13: AAS 58 (1966)
1034-1035.

279Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1741.

280Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, 87: AAS 85 (1993) 1202-1203.

281Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1934 .

282Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 29: AAS 58 (1966) 1048-1049.

283Cfr. Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 16: AAS 63 (1971) 413.

284Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 279-281; Paolo VI, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (4 ottobre 1965), 5: AAS 57 (1965) 881; Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la celebrazione del 50� di fondazione (5 ottobre 1995), 13: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 739-741.

285Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 84: AAS 58 (1966) 1107-1108.

286Cfr. Paolo VI, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (4 ottobre 1965), 5: AAS 57 (1965) 881; Id., Lett. enc. Populorum progressio, 43-44: AAS 59 (1967) 278-279.

287Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 50: AAS 81 (1989) 489.

288Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem, 11: AAS 80 (1988) 1678.

289Giovanni Paolo II, Lettera alle donne, 8: AAS 87 (1995) 808.

290Giovanni Paolo II, Angelus Domini (9 luglio 1995): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 74; cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2004.

291Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 22: AAS 73 (1981) 634.

292Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 22: AAS 73 (1981) 634.

293Giovanni Paolo II, Messaggio al Simposio internazionale � Dignit� e diritti della persona con handicap mentale � (5 gennaio 2004): L'Osservatore Romano, 9 gennaio 2004, p. 5.

294Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 12: AAS 58 (1966) 1034; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1879.

295Cfr. Pio XII, Radiomessaggio (24 dicembre 1942), 6: AAS 35 (1943) 11-12; Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 264-265.

296Catechismo della Chiesa Cattolica, 1880.

297La naturale socialit� dell'uomo fa emergere anche che l'origine della societ� non si trova in un � contratto � o � patto � convenzionale, ma nella stessa natura umana; e da essa deriva la possibilit� di realizzare liberamente diversi patti di associazione. Non va dimenticato che le ideologie del contratto sociale si sorreggono su un'antropologia falsa; di conseguenza, i loro risultati non possono essere � di fatto non lo sono stati � proficui per la societ� e le persone. Il Magistero ha bollato tali opinioni come apertamente assurde e sommamente funeste: cfr. Leone XIII, Lett. enc. Libertas praestantissimum: Acta Leonis XIII, 8 (1889) 226-227.

298Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Libertatis conscientia, 32: AAS 79 (1987) 567.

299Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 25: AAS 58 (1966) 1045-1046.

300Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 26: AAS 80 (1988) 544-547; Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 76: AAS 58 (1966) 1099-1100.

301Catechismo della Chiesa Cattolica, 1882.

302Cfr. Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 1: AAS 58 (1966)
929-930.

303Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 41: AAS 58 (1966) 1059-1060; Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 32, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, pp. 36-37.

304Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (2 ottobre 1979), 7: AAS 71 (1979) 1147-1148; per Giovanni Paolo II tale Dichiarazione � resta una delle pi� alte espressioni della coscienza umana del nostro tempo �: Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la celebrazione del 50� di fondazione (5 ottobre 1995), 2: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 731-732.

305Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 27: AAS 58 (1966) 1047-1048; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1930.

306Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 259; Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 22: AAS 58 (1966) 1079.

307Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 278-279.

308Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 259.

309Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 3: AAS 91 (1999) 379.

310Paolo VI, Messaggio alla Conferenza internazionale sui diritti dell'uomo (15 aprile 1968): AAS 60 (1968) 285.

311Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 3: AAS 91 (1999) 379.

312Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 3: AAS 91 (1999) 379.

313Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1998, 2: AAS 90 (1998) 149.

314Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 259-264.

315Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 26: AAS 58 (1966) 1046-1047.

316Cfr. Paolo VI, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (4 ottobre 1965), 6: AAS 57 (1965) 883-884; Id., Messaggio ai Vescovi riuniti per il Sinodo (26 ottobre 1974): AAS 66 (1974) 631-639.

317Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 47: AAS 83 (1991) 851-852; cfr. anche Id., Discorso all'Assemblea generale delle Nazioni Unite (2 ottobre 1979), 13: AAS 71 (1979) 1152-1153.

318Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 2: AAS 87 (1995) 402.

319Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 27: AAS 58 (1966) 1047-1048; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, 80: AAS 85 (1993) 1197- 1198; Id., Lett. enc. Evangelium vitae, 7-28: AAS 87 (1995) 408-433.

320Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 2: AAS 58 (1966) 930-931.

321Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis, 17: AAS 71 (1979) 300.

322Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 259-264; Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 26: AAS 58 (1966) 1046-1047.

323Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 264.

324Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 264.

325Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 33: AAS 80 (1988) 557-559; Id., Lett. enc. Centesimus annus, 21: AAS 83 (1991) 818-819.

326Giovanni Paolo II, Lett. Nel cinquantesimo anniversario dell'inizio della Seconda Guerra mondiale, 8: AAS 82 (1990) 56.

327Giovanni Paolo II, Lett. Nel cinquantesimo anniversario dell'inizio della Seconda Guerra mondiale, 8: AAS 82 (1990) 56.

328Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo Diplomatico (9 gennaio 1988), 7-8: AAS 80 (1988) 1139.

329Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la celebrazione del 50� di fondazione (5 ottobre 1995), 8: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 736.

330Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la celebrazione del 50� di fondazione (5 ottobre 1995), 8: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 736-737.

331Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 47: AAS 83 (1991) 852.

332Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis, 17: AAS 71 (1979) 295-300.

333Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 23: AAS 63 (1971) 418.

334Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 54: AAS 83 (1991) 859-860.

335Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 41: AAS 58 (1966) 1060.

336Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso agli Officiali e Avvocati del Tribunale della Rota Romana (17 febbraio 1979), 4: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 1 (1979) 413-414.

337Cfr. CIC, canoni 208-223.

338Cfr. Pontificia Commissione � Iustitia et Pax �, La Chiesa e i diritti dell'uomo, 70-90, Citt� del Vaticano 1975, pp. 47-55.

339Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 41: AAS 80 (1988) 572.

340Paolo VI, Motu proprio Iustitiam et Pacem (10 dicembre 1976): AAS 68 (1976) 700.

341Cfr. Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 29-42, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, pp. 35-43.

342Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 453.

343Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Libertatis conscientia, 72: AAS 79 (1987) 585.

344Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 1: AAS 80 (1988) 513-514.

345Cfr. Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 47, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, p. 47.

346Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 26: AAS 58 (1966) 1046; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1905- 1912; Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 417-421; Id., Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 272-273; Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 46: AAS 63 (1971) 433-435.

347Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1912.

348Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 272.

349Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1907.

350Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 26: AAS 58 (1966) 1046-1047.

351Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 421.

352Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 417; Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 46: AAS 63 (1971) 433-435; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1913.

353San Tommaso d'Aquino colloca al livello pi� alto e pi� specifico delle � inclinationes naturales � dell'uomo il � conoscere la verit� su Dio � e il � vivere in societ� � (Summa theologiae, I-II, q. 94, a. 2, Ed. Leon. 7, 170: � Secundum igitur ordinem inclinationum naturalium est ordo praeceptorum legis naturae... Tertio modo inest homini inclinatio ad bonum secundum naturam rationis, quae est sibi propria; sicut homo habet naturalem inclinationem ad hoc quod veritatem cognoscat de Deo, et ad hoc quod in societate vivat �).

354Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 197.

355Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1910.

356Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 74: AAS 58 (1966) 1095-1097; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis, 17: AAS 71 (1979) 295-300.

357Cfr. Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 133- 135; Pio XII, Radiomessaggio per il 50� anniversario dell'enciclica � Rerum novarum �: AAS 33 (1941) 200.

358Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1908.

359Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 41: AAS 83 (1991) 843-845.

360Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 69: AAS 58 (1966) 1090.

361Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 31: AAS 83 (1991) 831.

362Cfr. Pio XII, Radiomessaggio per il 50� anniversario dell'enciclica � Rerum novarum �: AAS 33 (1941) 199-200.

363Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 19: AAS 73 (1981) 525.

364Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 42: AAS 80 (1988) 573.

365Pio XII, Radiomessaggio per il 50� anniversario dell'enciclica � Rerum novarum �: AAS 33 (1941) 199.

366Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 22: AAS 59 (1967) 268.

367Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Libertatis conscientia, 90: AAS 79 (1987) 594.

368Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 31: AAS 83 (1991) 832.

369Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 71: AAS 58 (1966) 1092- 1093; cfr. Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 103-104; Pio XII, Radiomessaggio per il 50� anniversario dell'enciclica � Rerum novarum �: AAS 33 (1941) 199; Id., Radiomessaggio (24 dicembre 1942): AAS 35 (1943) 17; Id., Radiomessaggio (1� settembre 1944): AAS 36 (1944) 253; Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 428-429.

370Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 6: AAS 83 (1991) 800-801.

371Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 102.

372Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 14: AAS 73 (1981) 613.

373Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 69: AAS 58 (1966) 1090-1092; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2402-2406.

374Cfr. Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 102.

375Cfr. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 22-23: AAS 59 (1967) 268-269.

376Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 430-431; Giovanni Paolo II, Discorso alla Terza Conferenza Generale dell'Episcopato Latino- Americano, Puebla (28 gennaio 1979), III/4: AAS 71 (1979) 199-201.

377Cfr. Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 191-192. 193-194. 196-197.

378Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 69: AAS 58 (1966) 1090.

379Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 32: AAS 83 (1991) 832.

380Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 35: AAS 83 (1991) 837.

381Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 69: AAS 58 (1966) 1090-1092.

382Cfr. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Per una migliore distribuzione della terra. La sfida della riforma agraria (23 novembre 1997), 27-31, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 1997, pp. 26-29.

383Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 27-34. 37: AAS 80 (1988) 547-560. 563-564; Id., Lett. enc. Centesimus annus, 41: AAS 83 (1991) 843-845.

384Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Terza Conferenza Generale dell'Episcopato Latino-Americano, Puebla (28 gennaio 1979), I/8: AAS 71 (1979) 194-195.

385Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 42: AAS 80 (1988) 572- 573; cfr. Id., Lett. enc. Evangelium vitae, 32: AAS 87 (1995) 436-437; Id., Lett. ap. Tertio millennio adveniente, 51: AAS 87 (1995) 36; Id., Lett. ap. Novo millennio ineunte, 49-50: AAS 93 (2001) 302-303.

386Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2448.

387Catechismo della Chiesa Cattolica, 2443.

388Catechismo della Chiesa Cattolica, 1033.

389Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2444.

390Catechismo della Chiesa Cattolica, 2448.

391Catechismo della Chiesa Cattolica, 2447.

392San Gregorio Magno, Regula pastoralis, 3, 21: PL 77, 87: � Nam cum quaelibet necessaria indigentibus ministramus, sua illis reddimus, non nostra largimur; iustitiae potius debitum soluimus, quam misericordiae opera implemus �.

393Concilio Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem, 8: AAS 58 (1966) 845; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2446.

394Catechismo della Chiesa Cattolica, 2445.

395Cfr. Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 101-102. 123.

396Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1882.

397Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 15: AAS 80 (1988) 529; cfr. Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 203; Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 439; Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 65: AAS 58 (1966) 1086-1087; Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Libertatis conscientia, 73. 85-86: AAS 79 (1987) 586. 592-593; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 48: AAS 83 (1991) 852-854; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1883-1885.

398Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 49: AAS 83 (1991) 854-856 e anche Id., Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 15: AAS 80 (1988) 528-530.

399Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 203; cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 48: AAS 83 (1991) 852-854; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1883.

400Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 48: AAS 83 (1991) 854.

401Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 48: AAS 83 (1991) 852-854.

402Cfr. Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 22.46: AAS 63 (1971) 417. 433- 435; Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 40, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, pp. 41-42.

403Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 75: AAS 58 (1966) 1097-1099.

404Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1913-1917.

405Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 423-425; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 14: AAS 73 (1981) 612-616; Id., Lett. enc. Centesimus annus, 35: AAS 83 (1991) 836-838.

406Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 44-45: AAS 80 (1988) 575-578.

407Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 278.

408Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 46: AAS 83 (1991) 850-851.

409Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1917.

410Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 30-31: AAS 58 (1966) 1049-1050; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 47: AAS 83 (1991) 851-852.

411Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 44-45: AAS 83 (1991) 848-849.

412Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 15: AAS 80 (1988) 528-530; cfr. Pio XII, Radiomessaggio (24 dicembre 1952): AAS 45 (1953) 37; Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 47: AAS 63 (1971) 435-437.

413All'interdipendenza pu� essere associato il tema classico della socializzazione, pi� volte esaminato dalla dottrina sociale della Chiesa: cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 415-417; Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 42: AAS 58 (1966) 1060-1061; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 14-15: AAS 73 (1981) 612-618.

414Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 11-22: AAS 80 (1988) 525-540.

415Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1939-1941.

416Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1942.

417Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 36.37: AAS 80 (1988) 561- 564; cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 16: AAS 77 (1985) 213-217.

418Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 38: AAS 80 (1988) 565-566.

419Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 38: AAS 80 (1988) 566. Cfr. inoltre: Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 8: AAS 73 (1981) 594- 598; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 57: AAS 83 (1991) 862-863.

420Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 17.39.45: AAS 80 (1988) 532-533. 566-568. 577-578. Anche la solidariet� internazionale � un'esigenza di ordine morale; la pace del mondo dipende in larga misura da essa: cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 83-86: AAS 58 (1966) 1107-1110; Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 48: AAS 59 (1967) 281; Pontificia Commissione � Iustitia et Pax �, Al servizio della comunit� umana: un approccio etico al debito internazionale (27 dicembre 1986), I, 1, Tipografia Poliglotta Vaticana, Citt� del Vaticano 1986, pp. 10-11; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1941 e 2438.

421La solidariet�, bench� manchi ancora l'espressione esplicita, � uno dei principi basilari della � Rerum novarum � (cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 [1961] 407). � Il principio, che oggi chiamiamo di solidariet�, ... � pi� volte enunciato da Leone XIII col nome di �amicizia�, che troviamo gi� nella filosofia greca, da Pio XI � designato col nome non meno significativo di �carit� sociale�, mentre Paolo VI, ampliando il concetto secondo le moderne e molteplici dimensioni della questione sociale, parlava di �civilt� dell'amore� � (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 10: AAS 83 [1991] 805). La solidariet� � uno dei principi basilari dell'intero insegnamento sociale della Chiesa (cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Libertatis conscientia, 73: AAS 79 [1987] 586). A partire da Pio XII (cfr. Lett. enc. Summi Pontificatus: AAS 31 [1939] 426-427), il termine � solidariet� � viene impiegato con crescente frequenza e con sempre maggior ampiezza di significato: da quello di � legge � nella stessa Enciclica, a quello di � principio � (cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 [1961] 407), di � dovere � (cfr. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 17.48: AAS 59 [1967] 265-266. 281) e di � valore � (cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 38: AAS 80 [1988] 564-566), a quello, infine, di � virt� � (cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 38.40: AAS 80 [1988] 564-566. 568-569).

422Cfr. Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 38, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, pp. 40-41.

423Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 32: AAS 58 (1966) 1051.

424Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 40: AAS 80 (1988) 568: � La solidariet� � indubbiamente una virt� cristiana. Gi� nella precedente esposizione era possibile intravedere numerosi punti di contatto tra essa e la carit�, che � il segno distintivo dei discepoli di Cristo (cfr. Gv 13,35) �.

425Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 40: AAS 80 (1988) 569.

426Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1886.

427Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 26: AAS 58 (1966) 1046-1047; Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 265-266.

428Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 43, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, pp. 43-44.

429Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 36: AAS 58 (1966) 1053-1054.

430Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 1: AAS 58 (1966) 1025-1026; Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 13: AAS 59 (1967) 263-264.

431Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2467.

432Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 265-266. 281.

433Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 61: AAS 58 (1966) 1081-1082; Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 35. 40: AAS 59 (1967) 274-275. 277; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 44: AAS 80 (1988) 575-577. Per la riforma della societ� � il compito prioritario, che condiziona la riuscita di tutti gli altri, � di ordine educativo �: Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Libertatis conscientia, 99: AAS 79 (1987) 599.

434Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 16: AAS 58 (1966) 1037; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2464-2487.

435Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 17: AAS 58 (1966) 1037-1038; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1705. 1730; Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Libertatis conscientia, 28: AAS 79 (1987) 565.

436Catechismo della Chiesa Cattolica, 1738.

437Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Libertatis conscientia, 26: AAS 79 (1987) 564-565.

438Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 42: AAS 83 (1991) 846. L'affermazione concerne l'iniziativa economica, tuttavia sembra correttamente estensibile anche agli altri ambiti dell'agire personale.

439Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 17: AAS 83 (1991) 814-815.

440Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 289-290.

441Cfr. San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I-II, q. 6: Ed. Leon. 6, 55-63.

442Catechismo della Chiesa Cattolica, 1807; cfr. San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 58, a. 1: Ed. Leon. 9, 9-10: � iustitia est perpetua et constans voluntas ius suum unicuique tribuendi �.

443Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 282-283.

444Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2411.

445Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1928-1942, 2425-2449, 2832; Pio XI, Lett. enc. Divini Redemptoris: AAS 29 (1937) 92.

446Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 2: AAS 73 (1981)
580-583.

447Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 40: AAS 80 (1988) 568; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1929.

448Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 10: AAS 96 (2004) 121.

449Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 39: AAS 80 (1988) 568.

450Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 39: AAS 80 (1988) 568.

451Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 265-266.

452Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 10: AAS 96 (2004) 120.

453Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dives in misericordia, 14: AAS 72 (1980) 1223.

454Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dives in misericordia, 12: AAS 72 (1980) 1216.

455Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dives in misericordia, 14: AAS 72 (1980) 1224; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2212.

456San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 23, a. 8: Ed. Leon. 8, 172; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1827.

457Cfr. Paolo VI, Discorso alla sede della FAO, nel XXV anniversario dell'istituzione (16 novembre 1970): Insegnamenti di Paolo VI, VIII (1970) 1153.

458Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 12: AAS 58 (1966) 1034.

459Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1605.

460Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 40: AAS 81 (1989) 469.

461La Santa Famiglia � un modello di vita familiare: � Nazareth ci ricordi cos'� la famiglia, cos'� la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro ed inviolabile; ci faccia vedere com'� dolce ed insostituibile l'educazione in famiglia; ci insegni la sua funzione naturale nell'ordine sociale. Infine impariamo la lezione del lavoro �: Paolo VI, Discorso a Nazareth (5 gennaio 1964): AAS 56 (1964) 168.

462Giovanni Paolo II, Lett. alle famiglie Gratissimam sane, 17: AAS 86 (1994) 906.

463Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 48: AAS 58 (1966) 1067-1069.

464Cfr. Concilio Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem, 11: AAS 58 (1966) 848.

465Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 40: AAS 81 (1989) 468.

466Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 39: AAS 83 (1991) 841.

467Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 39: AAS 83 (1991) 841.

468Giovanni Paolo II, Lett. alle famiglie Gratissimam sane, 7: AAS 86 (1994) 875; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2206.

469Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 47: AAS 58 (1966) 1067; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2210.

470Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2224.

471Cfr. Santa Sede, Carta dei diritti della famiglia (22 ottobre 1983), Preambolo, D-E, Tipografia Poliglotta Vaticana, Citt� del Vaticano 1983, p. 6.

472Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 45: AAS 74 (1982)
136-137;
Catechismo della Chiesa Cattolica, 2209.

473Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 48: AAS 58 (1966) 1067-1068.

474Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 48: AAS 58 (1966) 1067.

475Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1603.

476Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 48: AAS 58 (1966) 1067.

477Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1639.

478Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1603.

479Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 13: AAS 74 (1982) 93-96.

480Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 19: AAS 74 (1982) 102.

481Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 48.50: AAS 58 (1966) 1067-1069. 1070-1072.

482Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. alle famiglie Gratissimam sane, 11: AAS 86 (1994) 883-886.

483Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 50: AAS 58 (1966) 1070-1072.

484Catechismo della Chiesa Cattolica, 2379.

485Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 12: AAS 74 (1982) 93: � � per questo che la parola centrale della Rivelazione, �Dio ama il suo popolo�, viene pronunciata anche attraverso le parole vive e concrete con cui l'uomo e la donna si dicono il loro amore coniugale. Il loro vincolo di amore diventa l'immagine e il simbolo dell'Alleanza che unisce Dio e il suo popolo (cfr. ad es. Os 2,21; Ger 3,6- 13; Is 54). E lo stesso peccato, che pu� ferire il patto coniugale, diventa immagine dell'infedelt� del popolo al suo Dio: l'idolatria � prostituzione (cfr. Ez 16,25), l'infedelt� � adulterio, la disobbedienza alla legge � abbandono dell'amore sponsale del Signore. Ma l'infedelt� di Israele non distrugge la fedelt� eterna del Signore e, pertanto, l'amore sempre fedele di Dio si pone come esemplare delle relazioni di amore fedele che devono esistere tra gli sposi (cfr. Os 3) �.

486Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 13: AAS 74 (1982) 93-94.

487Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 48: AAS 58 (1966) 1067-1069.

488Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 47: AAS 74 (1982) 139. La nota interna fa riferimento a Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 31: AAS 57 (1965) 37.

489Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 48: AAS 74 (1982) 140; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1656-1657. 2204.

490Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 18: AAS 74 (1982) 100-101.

491Giovanni Paolo II, Lett. alle famiglie Gratissimam sane, 11: AAS 86 (1994) 883.

492Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 43: AAS 74 (1982) 134.

493Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 43: AAS 74 (1982) 134.

494Giovanni Paolo II, Messaggio alla Seconda Assemblea Mondiale sull'Invecchiamento (3 aprile 2002): AAS 94 (2002) 582; cfr. Id., Esort. ap. Familiaris consortio, 27: AAS 74 (1982) 113-114.

495Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 48: AAS 58 (1966) 1067-1069; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1644-1651.

496Catechismo della Chiesa Cattolica, 2333.

497Catechismo della Chiesa Cattolica, 2385; cfr. anche 1650 -1651. 2384.

498Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 20: AAS 74 (1982) 104.

499Il rispetto dovuto sia al sacramento del matrimonio sia agli stessi coniugi e ai loro familiari, sia ancora alla comunit� dei fedeli, proibisce ad ogni pastore, per qualsiasi motivo o pretesto anche pastorale, di porre in atto, a favore dei divorziati che si risposano, cerimonie di qualsiasi genere. Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 20: AAS 74 (1982) 104.

500Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 77. 84: AAS 74 (1982) 175-178. 184-186.

501Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. alle famiglie Gratissimam sane, 14: AAS 86 (1994) 893-896; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2390.

502Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2390.

503Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Lett. La cura pastorale delle persone omosessuali (1� ottobre 1986), 1-2: AAS 79 (1987) 543-544.

504Giovanni Paolo II, Discorso al Tribunale della Rota Romana (21 gennaio 1999), 5: AAS 91 (1999) 625.

505Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Alcune considerazioni concernenti la risposta alle proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali (23 luglio 1992): L'Osservatore Romano, 24 luglio 1992, p. 4; Id., Dich. Persona humana (29 dicembre 1975), 8: AAS 68 (1976) 84-85.

506Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2357-2359.

507Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi spagnoli in visita ad limina (19 febbraio 1998), 4: AAS 90 (1998) 809-810; Pontificio Consiglio per la Famiglia, Famiglia, matrimonio e � unioni di fatto � (26 luglio 2000), 23, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2000, pp. 42-44; Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali (3 giugno 2003), Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2003.

508Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali (3 giugno 2003), 8, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2003, p. 9.

509 Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 71: AAS 87 (1995) 483; San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I-II, q. 96, a. 2 (� Utrum ad legem humanam pertineat omnia vitia cohibere �): Ed. Leon. 7, 181.

510Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 81: AAS 74 (1982) 183.

511Santa Sede, Carta dei diritti della famiglia, Preambolo, E, Tipografia Poliglotta Vaticana, Citt� del Vaticano 1983, p. 6.

512Cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, 1652.

513Giovanni Paolo II, Lett. alle famiglie Gratissimam sane, 6: AAS 86 (1994) 874; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2366.

514Giovanni Paolo II, Lett. alle famiglie Gratissimam sane, 11: AAS 86 (1994) 884.

515Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 39: AAS 83 (1991) 842.

516Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 92: AAS 87 (1995) 505-507.

517Giovanni Paolo II, Lett. alle famiglie Gratissimam sane, 13: AAS 86 (1994) 891.

518Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 93: AAS 87 (1995) 507-508.

519Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 50: AAS 58 (1966) 1070-1072; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2367.

520Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 10: AAS 60 (1968) 487; cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 50: AAS 58 (1966) 1070-1072.

521Cfr. Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 14: AAS 60 (1968) 490-491.

522Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 51: AAS 58 (1966) 1072-1073; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2271-2272; Giovanni Paolo II, Lett. alle famiglie Gratissimam sane, 21: AAS 86 (1994) 919-920; Id., Lett. enc. Evangelium vitae, 58.59.61-62: AAS 87 (1995) 466-468. 470-472.

523Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. alle famiglie Gratissimam sane, 21: AAS 86 (1994) 919-920; Id., Lett. enc. Evangelium vitae, 72.101: AAS 87 (1995) 484-485.516- 518; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2273.

524Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 51: AAS 58 (1966) 1072-1073; Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 14: AAS 60 (1968) 490-491; Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 32: AAS 74 (1982) 118-120; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2370; Pio XI, Lett. enc. Casti connubii: AAS 22 (1930), 559-561.

525Cfr. Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 7: AAS 60 (1968) 485; Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 32: AAS 74 (1982) 118-120.

526Cfr. Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 17: AAS 60 (1968) 493-494.

527Cfr. Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 16: AAS 60 (1968) 491-492; Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 32: AAS 74 (1982) 118-120; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2370.

528Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 50: AAS 58 (1966) 1070-1072; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2368; Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 37: AAS 59 (1967) 275-276.

529Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2372.

530Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2378.

531Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, II, 2.3.5: AAS 80 (1988) 88-89.92-94; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2376-2377.

532Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, II, 7: AAS 80 (1988) 95-96.

533Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2375.

534Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontificia Accademia per la Vita (21 febbraio 2004), 2: AAS 96 (2004) 418.

535Cfr. Pontificia Accademia per la Vita, Riflessioni sulla clonazione, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 1997; Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, L'�glise face au racisme. Contribution du Saint-Si�ge � la Conf�rence mondiale contre le Racisme, la Discrimination raciale, la X�nophobie et l'Intol�rance qui y est associ�e, 21, Tipografia Vaticana, Citt� del Vaticano 2001, p. 23.

536Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso al 18� Congresso Internazionale della Societ� dei Trapianti (29 agosto 2000), 8: AAS 92 (2000) 826.

537Giovanni Paolo II, Lett. alle famiglie Gratissimam sane, 10: AAS 86 (1994) 881.

538Santa Sede, Carta dei diritti della famiglia, art. 3, c, Tipografia Poliglotta Vaticana, Citt� del Vaticano 1983, p. 9. La Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo afferma che � la famiglia � il nucleo naturale e fondamentale della societ� e ha diritto di essere protetta dalla societ� e dallo Stato � (Art. 16.3): Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo, Pubblicazioni della Societ� Italiana per l'organizzazione internazionale, Cedam, Padova 1950, p. 31.

539Santa Sede, Carta dei diritti della famiglia, Preambolo, E, Tipografia Poliglotta Vaticana, Citt� del Vaticano 1983, p. 6.

540Cfr. Concilio Vaticano II, Dich. Gravissimum educationis, 3: AAS 58 (1966) 731-732; Id., Cost. past. Gaudium et spes, 52: AAS 58 (1966) 1073-1074; Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 37: AAS 74 (1982) 127-129; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1653. 2228.

541Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 43: AAS 74 (1982) 134-135.

542Cfr. Concilio Vaticano II, Dich. Gravissimum educationis, 3: AAS 58 (1966) 731-732; Id., Cost. past. Gaudium et spes, 61: AAS 58 (1966) 1081-1082; Santa Sede, Carta dei diritti della famiglia, art. 5, Tipografia Poliglotta Vaticana, Citt� del Vaticano 1983, pp. 10-11; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2223. Il Codice di Diritto Canonico dedica a questo diritto-dovere dei genitori i canoni 793-799 e il canone 1136.

543Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 36: AAS 74 (1982) 127.

544Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 36: AAS 74 (1982) 126; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2221.

545Cfr. Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 5: AAS 58 (1966) 933; Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1994, 5: AAS 86 (1994) 159-160.

546Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 40: AAS 74 (1982) 131.

547Cfr. Concilio Vaticano II, Dich. Gravissimum educationis, 6: AAS 58 (1966) 733-734; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2229.

548Santa Sede, Carta dei diritti della famiglia, art. 5, b, Tipografia Poliglotta Vaticana, Citt� del Vaticano 1983, p. 11; cfr. anche Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 5: AAS 58 (1966) 933.

549Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Libertatis conscientia, 94: AAS 79 (1987) 595-596.

550Concilio Vaticano II, Dich. Gravissimum educationis, 1: AAS 58 (1966) 729.

551Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 43: AAS 74 (1982) 134-135.

552Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 52: AAS 58 (1966) 1073-1074.

553Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 37: AAS 74 (1982) 128; cfr. Pontificio Consiglio per la Famiglia, Sessualit� umana: verit� e significato. Orientamenti educativi in famiglia (8 dicembre 1995), Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 1995.

554Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 26: AAS 74 (1982) 111-112.

555Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (2 ottobre 1979), 21: AAS 71 (1979) 1159; cfr. anche Id., Messaggio al Segretario Generale delle Nazioni Unite in occasione del Vertice mondiale per i Bambini (22 settembre 1990): AAS 83 (1991) 358-361.

556Giovanni Paolo II, Discorso al Comitato dei Giornalisti europei per i diritti del fanciullo (13 gennaio 1979): AAS 71 (1979) 360.

557Cfr. Convenzione sui diritti del fanciullo, entrata in vigore nel 1990; anche la Santa Sede l'ha ratificata.

558Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1996, 2-6: AAS 88 (1996) 104-107.

559Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 44: AAS 74 (1982) 136; cfr. Santa Sede, Carta dei diritti della famiglia, art. 9, Tipografia Poliglotta Vaticana, Citt� del Vaticano 1983, p. 13.

560Santa Sede, Carta dei diritti della famiglia, art. 8, a-b, Tipografia Poliglotta Vaticana, Citt� del Vaticano 1983, p. 12.

561Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 10: AAS 73 (1981) 601.

562Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 104.

563Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 10: AAS 73 (1981)
600-602.

564Cfr. Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 200; Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 67: AAS 58 (1966) 1088-1089; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 19: AAS 73 (1981) 625-629.

565Cfr. Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 105; Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 193-194.

566Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 19: AAS 73 (1981) 625- 629; Santa Sede, Carta dei diritti della famiglia, art. 10, a, Tipografia Poliglotta Vaticana, Citt� del Vaticano 1983, p. 14.

567Cfr. Pio XII, Allocuzione alle donne sulla dignit� e missione della donna (21 ottobre 1945): AAS 37 (1945) 284-295; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 19: AAS 73 (1981) 625-629; Id., Esort. ap. Familiaris consortio, 23: AAS 74 (1982) 107-109; Santa Sede, Carta dei diritti della famiglia, art. 10, b, Tipografia Poliglotta Vaticana, Citt� del Vaticano 1983, p. 14.

568Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. alle famiglie Gratissimam sane, 17: AAS 86 (1994) 903-906.

569Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 19: AAS 73 (1981) 625- 629; Id., Esort. ap. Familiaris consortio, 23: AAS 74 (1982) 107-109.

570Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 45: AAS 74 (1982) 136.

571Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2211.

572Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 46: AAS 74 (1982) 137-139.

573Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 6: AAS 73 (1981) 591.

574Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis, 1: AAS 71 (1979) 257.

575Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis, 8: AAS 71 (1979) 270.

576Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2427; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 27: AAS 73 (1981) 644-647.

577Cfr. San Giovanni Crisostomo, Omelie sugli Atti, in Acta Apostolorum Homiliae 35, 3: PG 60, 258.

578Cfr. San Basilio il Grande, Regulae fusius tractatae, 42: PG 31, 1023-1027; Sant'Atanasio di Alessandria, Vita S. Antonii, c. 3: PG 26, 846.

579Cfr. Sant'Ambrogio, De obitu Valentiniani consolatio, 62: PL 16, 1438.

580Cfr. Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 5, 32, 2: PG 7, 1210-1211.

581Cfr. Teodoreto di Ciro, De Providentia, Orationes 5-7: PG 83, 625-686.

582Giovanni Paolo II, Discorso durante la visita a Pomezia (14 settembre 1979), 3: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 2 (1979) 299.

583Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 2: AAS 73 (1981) 580-583.

584Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 1: AAS 73 (1981) 579.

585Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 3: AAS 73 (1981) 584.

586Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 6: AAS 73 (1981) 589-590.

587Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 6: AAS 73 (1981) 590.

588Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 6: AAS 73 (1981) 592; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2428.

589Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 31: AAS 83 (1991) 832.

590Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 200.

591Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 16: AAS 73 (1981) 619.

592Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 4: AAS 73 (1981) 586.

593Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 12: AAS 73 (1981) 606.

594Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 12: AAS 73 (1981) 608.

595Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 13: AAS 73 (1981)
608-612.

596Cfr. Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 194-198.

597Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 109.

598Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 195.

599Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 32: AAS 83 (1991) 833.

600Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 43: AAS 83 (1991) 847.

601Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 11: AAS 73 (1981) 604.

602Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali (6 marzo 1999), 2: AAS 91 (1999) 889.

603Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 41: AAS 83 (1991) 844.

604Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 14: AAS 73 (1981) 616.

605Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 9: AAS 58 (1966) 1031-1032.

606Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 14: AAS 73 (1981) 613.

607Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 43: AAS 83 (1991) 847.

608Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 32: AAS 83 (1991)
832-833.

609Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 19: AAS 73 (1981) 625-629; Id., Lett. Enc. Centesimus annus, 9: AAS 83 (1991) 804.

610Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 67: AAS 58 (1966) 1088-1089.

611Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2184.

612Catechismo della Chiesa Cattolica, 2185.

613Catechismo della Chiesa Cattolica, 2186.

614Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2187.

615Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Dies Domini, 26: AAS 90 (1998) 729: � La celebrazione della domenica, giorno �primo� e insieme �ottavo�, proietta il cristiano verso il traguardo della vita eterna �.

616Cfr. Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 110.

617Catechismo della Chiesa Cattolica, 2188.

618Catechismo della Chiesa Cattolica, 2187.

619Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 26: AAS 58 (1966) 1046-1047; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 9.18: AAS 73 (1981) 598- 600. 622-625; Id., Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali (25 aprile 1997), 3: AAS 90 (1998) 139-140; Id., Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 8: AAS 91 (1999) 382-383.

620Cfr. Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 128.

621Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 10: AAS 73 (1981)
600-602.

622Cfr. Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 103; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 14: AAS 73 (1981) 612-616; Id., Lett. enc. Centesimus annus, 31: AAS 83 (1991) 831-832.

623Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 16: AAS 73 (1981) 618-620.

624Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 18: AAS 73 (1981) 623.

625Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 43: AAS 83 (1991) 848; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2433.

626Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 17: AAS 73 (1981) 620-622.

627Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2436.

628Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 66: AAS 58 (1966) 1087-1088.

629Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 12: AAS 73 (1981)
605-608.

630Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 48: AAS 83 (1991) 853.

631Paolo VI, Discorso all'Organizzazione Internazionale del Lavoro (10 giugno 1969), 21: AAS 61 (1969) 500; cfr. Giovanni Paolo II, Discorso all'Organizzazione Internazionale del Lavoro (15 giugno 1982), 13: AAS 74 (1982) 1004-1005.

632Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 16: AAS 83 (1991) 813.

633Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 10: AAS 73 (1981) 600.

634Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 10: AAS 73 (1981) 600- 602; Id., Esort. ap. Familiaris consortio, 23: AAS 74 (1982) 107-109.

635Cfr. Santa Sede, Carta dei diritti della famiglia, art. 10, Tipografia Poliglotta Vaticana, Citt� del Vaticano 1983, p. 14.

636Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 19: AAS 73 (1981) 628.

637Giovanni Paolo II, Lettera alle donne (29 giugno 1995), 3: AAS 87 (1995) 804.

638Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 24: AAS 74 (1982) 109-110.

639Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1996, 5: AAS 88 (1996) 106-107.

640Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 129.

641Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1998, 6: AAS 90 (1998) 153.

642Giovanni Paolo II, Messaggio al Segretario Generale delle Nazioni Unite in occasione del Vertice mondiale per i Bambini (22 settembre 1990): AAS 83 (1991) 360.

643Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2001, 13: AAS 93 (2001) 241; Pontificio Consiglio Cor Unum - Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e Itineranti, I rifugiati, una sfida alla solidariet�, 6, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 1992, p. 8.

644Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2241.

645Cfr. Santa Sede, Carta dei diritti della famiglia, art. 12, Tipografia Poliglotta Vaticana, Citt� del Vaticano 1983, p. 14; Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 77: AAS 74 (1982) 175-178.

646Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 66: AAS 58 (1966) 1087-1088; Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1993, 3: AAS 85 (1993) 431-433.

647Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 21: AAS 73 (1981) 634.

648Cfr. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 23: AAS 59 (1967) 268-269.

649Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Per una migliore distribuzione della terra. La sfida della riforma agraria (23 novembre 1997), 13, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 1997, p. 17.

650Cfr. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Per una migliore distribuzione della terra. La sfida della riforma agraria (23 novembre 1997), 35, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 1997, p. 31.

651Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 19: AAS 73 (1981) 625-629.

652Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 19: AAS 73 (1981) 625-629.

653Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 19: AAS 73 (1981) 629.

654Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 15: AAS 83 (1991) 812.

655Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 18: AAS 73 (1981) 622-625.

656Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 19: AAS 73 (1981) 625-629.

657Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 19: AAS 73 (1981) 625-629.

658Cfr. Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 135; Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 186; Pio XII, Lett. enc. Sertum laetitiae: AAS 31 (1939) 643; Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 262-263; Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 68: AAS 58 (1966) 1089-1090; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 20: AAS 73 (1981) 629-632; Id., Lett. enc. Centesimus annus, 7: AAS 83 (1991) 801-802.

659Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 19: AAS 73 (1981) 625-629.

660Catechismo della Chiesa Cattolica, 2434; cfr. Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 198-202: � Il giusto salario � � il titolo del capitolo 4 della Parte II.

661Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 67: AAS 58 (1966) 1088-1089.

662Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 131.

663Catechismo della Chiesa Cattolica, 2435.

664Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 68: AAS 58 (1966) 1089-1090; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 20: AAS 73 (1981) 629-632; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2430.

665Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 20: AAS 73 (1981) 632.

666Catechismo della Chiesa Cattolica, 2435.

667Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 20: AAS 73 (1981) 629.

668Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 20: AAS 73 (1981) 630.

669Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 20: AAS 73 (1981) 630.

670Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2430.

671Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 68: AAS 58 (1966) 1090.

672Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 20: AAS 73 (1981) 631.

673Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Conferenza Internazionale per i rappresentanti sindacali (2 dicembre 1996), 4: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIX, 2 (1996) 865.

674Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 8: AAS 73 (1981) 597.

675Giovanni Paolo II, Messaggio ai partecipanti all'Incontro Internazionale sul Lavoro (14 settembre 2001), 4: L'Osservatore Romano, 16 settembre 2001, p. 7.

676Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali (27 aprile 2001), 2: AAS 93 (2001) 599.

677Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 10: AAS 73 (1981) 600-602.

678Catechismo della Chiesa Cattolica, 2427.

679Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 35: AAS 58 (1966) 1053; Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 19: AAS 59 (1967), 266-267; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 20: AAS 73 (1981) 629-632; Id., Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 28: AAS 80 (1988) 548-550.

680Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio ai partecipanti all'Incontro Internazionale sul Lavoro (14 settembre 2001), 5: L'Osservatore Romano, 16 settembre 2001, p. 7.

681Giovanni Paolo II, Discorso all'Incontro giubilare con il mondo del lavoro (1� maggio 2000), 2: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XXIII, 1 (2000) 720.

682Giovanni Paolo II, Omelia alla Santa Messa per il Giubileo dei lavoratori (1� maggio 2000), 3: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XXIII, 1 (2000) 717.

683Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 25-27: AAS 73 (1981) 638-647.

684Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 31: AAS 80 (1988) 554-555.

685Cfr. Erma, Pastor, Liber Tertium, Similitudo I: PG 2, 954.

686Clemente d'Alessandria, Quis dives salvetur, 13: PG 9, 618.

687Cfr. San Giovanni Crisostomo, Homiliae XXI de Statuis ad populum Antiochenum habitae, 2, 6-8: PG 49, 41-46.

688San Basilio Magno, Homilia in illud Lucae, Destruam horrea mea, 5: PG 31, 271.

689Cfr. San Basilio Magno, Homilia in illud Lucae, Destruam horrea mea, 5: PG 31, 271.

690Cfr. San Gregorio Magno, Regula pastoralis, 3, 21: PL 77, 87-89. Titolo del � 21: � Quomodo admonendi qui aliena non appetunt, sed sua retinent; et qui sua tribuentes, aliena tamen rapiunt �.

691Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 190-191.

692Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 63: AAS 58 (1966) 1084.

693Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2426.

694Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 40: AAS 80 (1988) 568-569.

695Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 36: AAS 80 (1988) 561.

696Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 65: AAS 58 (1966) 1086-1087.

697Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 32: AAS 80 (1988) 556-557.

698Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 41: AAS 83 (1991) 844.

699Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2000, 15-16: AAS 92 (2000) 366-367.

700Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 28: AAS 80 (1988) 548.

701Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 42: AAS 83 (1991) 845-846.

702Catechismo della Chiesa Cattolica, 2429; cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 63: AAS 58 (1966) 1084-1085; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 48: AAS 83 (1991) 852-854; Id., Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 15: AAS 80 (1988) 528-530; Id., Lett. enc. Laborem exercens, 17: AAS 73 (1981) 620-622; Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 413-415.

703Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 15: AAS 80 (1988) 529. Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2429.

704Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 16: AAS 83 (1991) 813-814.

705Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 32: AAS 83 (1991) 833.

706Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 32: AAS 83 (1991) 833.

707Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 43: AAS 83 (1991) 847.

708 Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 422-423.

709Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 35: AAS 83 (1991) 837.

710Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2424.

711Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 35: AAS 83 (1991) 837.

712Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 43: AAS 83 (1991) 846-848.

713Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 38: AAS 83 (1991) 841.

714Catechismo della Chiesa Cattolica, 2269.

715Catechismo della Chiesa Cattolica, 2438.

716Giovanni Paolo II, Discorso all'Udienza generale (4 febbraio 2004), 3: L'Osservatore Romano, 5 febbraio 2004, p. 4.

717Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 17: AAS 80 (1988) 532.

718Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 32: AAS 83 (1991) 833.

719Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2432.

720Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 35: AAS 83 (1991) 837.

721Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 32-33: AAS 83 (1991) 832-835.

722Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Laborem exercens, 19: AAS 73 (1981) 625-629.

723Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 36: AAS 83 (1991) 838.

724Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 36: AAS 83 (1991) 840.

725Riguardo all'uso delle risorse e dei beni, la dottrina sociale della Chiesa propone il suo insegnamento circa la destinazione universale dei beni e la propriet� privata; cfr. Capitolo Quarto, III.

726Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 34: AAS 83 (1991) 835.

727Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 40: AAS 83 (1991) 843.

728Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 41: AAS 83 (1991) 843-845.

729Cfr. Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 41: AAS 63 (1971) 429-430.

730Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 34: AAS 83 (1991) 835-836.

731Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 40: AAS 83 (1991) 843; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2425.

732Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 39: AAS 83 (1991) 843.

733Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 15: AAS 83 (1991)
811-813.

734Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 48: AAS 83 (1991) 853; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2431.

735Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 15: AAS 83 (1991) 811.

736Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 48: AAS 83 (1991) 852-853; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2431.

737Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 48: AAS 83 (1991)
852-854.

738Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 48: AAS 83 (1991) 852-854.

739Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 30: AAS 58 (1966) 1049-1050.

740Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 433-434, 438.

741Cfr. Pio XI, Lett. enc. Divini Redemptoris: AAS 29 (1937) 103-104.

742Cfr. Pio XII, Radiomessaggio per il 50� anniversario della � Rerum novarum �: AAS 33 (1941) 202; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 49: AAS 83 (1991) 854-856; Id., Esort. ap. Familiaris consortio, 45: AAS 74 (1982) 136-137.

743Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 40: AAS 83 (1991) 843.

744Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 36: AAS 83 (1991) 839-840.

745Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 36: AAS 83 (1991) 839.

746Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 36: AAS 83 (1991) 839.

747Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 36: AAS 83 (1991) 839.

748Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 37: AAS 83 (1991) 840.

749Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Ecclesia in America, 20: AAS 91 (1999) 756.

750Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso ai membri della Fondazione � Centesimus Annus � (9 maggio 1998), 2: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XXI, 1 (1998) 873-874.

751Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1998, 3: AAS 90 (1998) 150.

752 Cfr. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 61: AAS 59 (1967) 287.

753Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 43: AAS 80 (1988) 574-575.

754Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 57: AAS 59 (1967) 285.

755Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2003, 5: AAS 95 (2003) 343.

756Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 59: AAS 59 (1967) 286.

757Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali (27 aprile 2001), 4: AAS 93 (2001) 600.

758Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali (11 aprile 2002), 3: AAS 94 (2002) 525.

759Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso all'Udienza alle ACLI (27 aprile 2002), 4: L'Osservatore Romano, 28 aprile 2002, p. 5.

760Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze So- ciali (25 aprile 1997), 6: AAS 90 (1998) 141-142.

761Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 58: AAS 83 (1991) 864.

762Cfr. Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 43-44: AAS 63 (1971) 431-433.

763Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2440; Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 78: AAS 59 (1967) 295; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 43: AAS 80 (1988) 574-575.

764Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 14: AAS 59 (1967) 264.

765Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2437-2438.

766Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2000, 13-14: AAS 92 (2000) 365-366.

767Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 29: AAS 83 (1991) 828-829; cfr. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 40-42: AAS 59 (1967) 277-278.

768Giovanni Paolo II, Discorso del 1� maggio 1991: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIV, 1 (1991) 1985-1991; cfr. Id., Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 9: AAS 80 (1988) 520-523.

769Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 14: AAS 80 (1988)
526-527.

770Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 39: AAS 83 (1991) 842.

771Catechismo della Chiesa Cattolica, 2441.

772Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 36: AAS 83 (1991) 838-839.

773Catechismo della Chiesa Cattolica, 1884.

774Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 266-267. 281- 291. 301-302; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 39: AAS 80 (1988) 566-568.

775Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 25: AAS 58 (1966) 1045-1046; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1881; Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica (24 novembre 2002), 3, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2002, p. 8.

776Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 25: AAS 58 (1966) 1045.

777Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 258.

778Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 450.

779Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 74: AAS 58 (1966) 1095-1097.

780Pio XII, Radiomessaggio natalizio (24 dicembre 1944): AAS 37 (1945) 13.

781Pio XII, Radiomessaggio natalizio (24 dicembre 1944): AAS 37 (1945) 13.

782Pio XII, Radiomessaggio natalizio (24 dicembre 1944): AAS 37 (1945) 13.

783Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 266.

784Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 283.

785Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1989, 5: AAS 81 (1989) 98.

786Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1989, 11: AAS 81 (1989) 101.

787Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 273; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2237; Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2000, 6: AAS 92 (2000) 362; Id., Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la celebrazione del 50� di fondazione (5 ottobre 1995), 3: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 732-733.

788Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 274.

789Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 275.

790Cfr. San Tommaso d'Aquino, Sententiae Octavi Libri Ethicorum, lect. 1: Ed. Leon. 47, 443: � Est enim naturalis amicitia inter eos qui sunt unius gentis ad invicem, inquantum communicant in moribus et convictu. Quartam rationem ponit ibi: Videtur autem et civitates continere amicitia. Et dicit quod per amicitiam videntur conservari civitates. Unde legislatores magis student ad amicitiam conservandam inter cives quam etiam ad iustitiam, quam quandoque intermittunt, puta in poenis inferendis, ne dissensio oriatur. Et hoc patet per hoc quod concordia assimulatur amicitiae, quam quidem, scilicet concordiam, legislatores maxime appetunt, contentionem autem civium maxime expellunt, quasi inimicam salutis civitatis. Et quia tota moralis philosophia videtur ordinari ad bonum civile, ut in principio dictum est, pertinet ad moralem considerare de amicitia �.

791Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2212-2213.

792Cfr. San Tommaso d'Aquino, De regno. Ad regem Cypri, I, 10: Ed. Leon. 42, 461: � Omnis autem amicitia super aliqua communione firmatur: eos enim qui conueniunt uel per nature originem uel per morum similitudinem uel per cuiuscumque communionem, uidemus amicitia coniungi... Non enim conseruatur amore, cum parua uel nulla sit amicitia subiecte multitudinis ad tyrannum, ut prehabitis patet �.

793� Libert�, uguaglianza, fraternit� � � stato il motto della Rivoluzione francese. � In fondo sono idee cristiane � ha affermato Giovanni Paolo II, nel corso del suo primo viaggio in Francia: Omelia a Le Bourget (1� giugno 1980), 5: AAS 72 (1980) 720.

794Cfr. San Tommaso D'aquino, Summa theologiae, I-II, q. 99: Ed. Leon. 7, 199- 205; Id., II-II, q. 23, a. 3, ad 1um: Ed Leon. 8, 168.

795Paolo VI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1977: AAS 68 (1976) 709.

796Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2212.

797Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 259.

798Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 73: AAS 58 (1966) 1095.

799Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 269. Cfr. Leo-
ne XIII, Lett. enc.
Immortale Dei: Acta Leonis XIII, 5 (1885) 120.

800Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1898; San Tommaso d'Aquino, De regno. Ad regem Cypri, I,1: Ed. Leon. 42, 450: � Si igitur naturale est homini quod in societate multorum uiuat, necesse est in omnibus esse aliquid per quod multitudo regatur. Multis enim existentibus hominibus et unoquoque id quod est sibi congruum prouidente, multitudo in diuersa dispergetur nisi etiam esset aliquid de eo quod ad bonum multitudinis pertinet curam habens, sicut et corpus hominis et cuiuslibet animalis deflueret nisi esset aliqua uis regitiua communis in corpore, quae ad bonum commune omnium membrorum intenderet. Quod considerans Salomon dixit: �Ubi non est gubernator, dissipabitur populus� �.

801Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1897; Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 279.

802Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 74: AAS 58 (1966) 1096.

803Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 46: AAS 83 (1991) 850- 851; Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 271.

804Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 74: AAS 58 (1966) 1095-1097.

805Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 270; cfr. Pio XII, Radiomessaggio natalizio (24 dicembre 1944): AAS 37 (1945) 15; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2235.

806Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 449-450.

807Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 450.

808Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 269-270.

809Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1902.

810Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 258-259.

811Cfr. Pio XII, Lett. enc. Summi Pontificatus: AAS 31 (1939) 432-433.

812Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 71: AAS 87 (1995) 483.

813Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 70: AAS 87 (1995) 481- 483; Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 258-259. 279-280.

814Cfr. Pio XII, Lett. enc. Summi Pontificatus: AAS 31 (1939) 423.

815Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 70: AAS 87 (1995) 481- 483; Id., Lett. enc. Veritatis splendor, 97 e 99: AAS 85 (1993) 1209-1211; Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica (24 novembre 2002), 5-6, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2002, pp. 11-14.

816San Tommaso D'aquino, Summa theologiae, I-II, q. 93, a. 3, ad 2um: Ed Leon. 7, 164: � Lex humana intantum habet rationem legis, inquantum est secundum rationem rectam: et secundum hoc manifestum est quod a lege aeterna derivatur. Inquantum vero a ratione recedit, sic dicitur lex iniqua: et sic non habet rationem legis, sed magis violentiae cuiusdam �.

817Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 270.

818Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1899-1900.

819Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 74: AAS 58 (1966) 1095-1097; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1901.

820Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2242.

821Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 73: AAS 87 (1995)
486-487.

822Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 74: AAS 87 (1995) 488.

823San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 104, a. 6, ad 3um: Ed. Leon. 9, 392: � Principibus saecularibus intantum homo oboedire tenetur, inquantum ordo iustitiae requirit �.

824Catechismo della Chiesa Cattolica, 2243.

825Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 31: AAS 59 (1967) 272.

826Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Libertatis conscientia, 79: AAS 79 (1987) 590.

827Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2266.

828Giovanni Paolo II, Discorso all'Associazione italiana dei Magistrati (31 marzo 2000), 4: AAS 92 (2000) 633.

829Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2266.

830Giovanni Paolo II, Discorso al Comitato Internazionale della Croce Rossa, Ginevra (15 giugno 1982), 5: L'Osservatore Romano, 17 giugno 1982, p. 2.

831Giovanni Paolo II, Discorso al Congresso dell'Associazione italiana dei Magistrati (31 marzo 2000), 4: AAS 92 (2000) 633.

832Giovanni Paolo II, Discorso al Congresso dell'Associazione italiana dei Magistrati (31 marzo 2000), 4: AAS 92 (2000) 633.

833Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 27: AAS 87 (1995) 432.

834Catechismo della Chiesa Cattolica, 2267.

835Catechismo della Chiesa Cattolica, 2267.

836Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 56: AAS 87 (1995) 464; cfr. anche Id., Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2001, 19: AAS 93 (2001) 244, dove il ricorso alla pena di morte � definito � tutt'altro che necessario �.

837Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 46: AAS 83 (1991) 850.

838Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 46: AAS 83 (1991) 850.

839Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 70: AAS 87 (1995) 482.

840Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 44: AAS 83 (1991) 848.

841Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2236.

842 Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 42: AAS 81 (1989)
472-476.

843Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 44: AAS 80 (1988) 575-577; Id., Lett. enc. Centesimus annus, 48: AAS 83 (1991) 852-854; Id., Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 6: AAS 91 (1999) 381-382.

844Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1998, 5: AAS 90 (1998) 152.

845Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 41: AAS 81 (1989) 471-472.

846 Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 75: AAS 58 (1966) 1097-1099.

847Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 260.

848Cfr. Concilio Vaticano II, Decr. Inter mirifica, 3: AAS 56 (1964) 146; Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 45: AAS 68 (1976) 35-36; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio, 37: AAS 83 (1991) 282-286; Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Communio et progressio, 126-134: AAS 63 (1971) 638-640; Id., Aetatis novae, 11: AAS 84 (1992) 455-456; Id., Etica nella pubblicit� (22 febbraio 1997),
4-8, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 1997, pp. 10-15.

849Catechismo della Chiesa Cattolica, 2494; cfr. Concilio Vaticano II, Decr. Inter mirifica, 11: AAS 56 (1964) 148-149.

850Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Etica nelle comunicazioni sociali (4 giugno 2000), 20, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2000, p. 24.

851Cfr. Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Etica nelle comunicazioni sociali (4 giugno 2000), 22, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2000, pp. 26-27.

852Cfr. Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Etica nelle comunicazioni sociali (4 giugno 2000), 24, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2000, pp. 29-30.

853Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 134.

854Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1910.

855Cfr. Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 203; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1883-1885.

856Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 49: AAS 83 (1991) 855.

857Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 1: AAS 58 (1966) 929.

858Cfr. Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 2: AAS 58 (1966)
930-931;
Catechismo della Chiesa Cattolica, 2106.

859Cfr. Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 3: AAS 58 (1966)
931-932.

860Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2108.

861Catechismo della Chiesa Cattolica, 2105.

862Cfr. Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 2: AAS 58 (1966) 930- 931; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2108.

863Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 7: AAS 58 (1966) 935; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2109.

864Cfr. Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 6: AAS 58 (1966)
933-934;
Catechismo della Chiesa Cattolica, 2107.

865Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 5: AAS 91 (1999) 380-381.

866Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, 14: AAS 71 (1979) 1289.

867Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 76: AAS 58 (1966) 1099; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2245.

868Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 47: AAS 83 (1991) 852.

869Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 76: AAS 58 (1966) 1099.

870Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 1: AAS 58 (1966) 1026.

871Cfr. CIC, canone 747, � 2; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2246.

872Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera ai Capi di Stato firmatari dell'Atto finale di Helsinki (1� settembre 1980), 4: AAS 72 (1980) 1256-1258.

873Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 1: AAS 57 (1965) 5.

874Cfr. Pio XII, Discorso ai Giuristi Cattolici sulle Comunit� di Stati e di popoli
(6 dicembre 1953), 2: AAS 45 (1953), 795.

875Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 42: AAS 58 (1966) 1060-1061.

876Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 40: AAS 80 (1988) 569.

877Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la celebrazione del 50� di fondazione (5 ottobre 1995), 12: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 739.

878Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 296.

879Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 292.

880 Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1911.

881Cfr. Concilio Vaticano II, Dich. Nostra aetate, 5: AAS 58 (1966) 743-744; Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 268.281; Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 63: AAS 59 (1967) 288; Id., Lett. apost. Octogesima adveniens, 16: AAS 63 (1971) 413; Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, L'�glise face au racisme. Contribution du Saint-Si�ge � la Conf�rence mondiale contre le Racisme, la Discrimination raciale, la X�nophobie et l'Intol�rance qui y est associ�e, Tipografia Vaticana, Citt� del Vaticano 2001.

882Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 279-280.

883 Cfr. Paolo VI, Discorso alle Nazioni Unite (4 ottobre 1965), 2: AAS 57 (1965) 879-880.

884Cfr. Pio XII, Lett. enc. Summi Pontificatus: AAS 31 (1939) 438-439.

885 Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 292; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 52: AAS 83 (1991) 857-858.

886 Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 284.

887Cfr. Pio XII, Allocuzione natalizia (24 dicembre 1939): AAS 32 (1940) 9-11; Id., Discorso ai Giuristi Cattolici sulle Comunit� di Stati e di popoli (6 dicembre 1953): AAS 45 (1953) 395-396; Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 289.

888Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la celebrazione del 50� di fondazione (5 ottobre 1995), 9-10: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 737-738.

889Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 289; Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la celebrazione del 50� di fondazione (5 ottobre 1995), 15: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 741-742.

890 Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 15: AAS 80 (1988) 528-530.

891Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso all'UNESCO (2 giugno 1980), 14: AAS 72 (1980) 744-745.

892Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la celebrazione del 50� di fondazione (5 ottobre 1995), 14: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 741; cfr. anche Id., Discorso al Corpo Diplomatico (13 gennaio 2001), 8: AAS 93 (2001) 319.

893Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la celebrazione del 50� di fondazione (5 ottobre 1995), 6: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 735.

894Pio XII, Radiomessaggio natalizio (24 dicembre 1941): AAS 34 (1942) 16.

895Giovanni Paolo II, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la celebrazione del 50� di fondazione (5 ottobre 1995), 3: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 2 (1995) 732.

896 Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 277.

897Cfr. Pio XII, Lett. enc. Summi Pontificatus: AAS 31 (1939) 438-439; Id., Radiomessaggio natalizio (24 dicembre 1941): AAS 34 (1942) 16-17; Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 290-292.

898Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo Diplomatico (12 gennaio 1991), 8: L'Osservatore Romano, 13 gennaio 1991, p. 5.

899Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 5: AAS 96 (2004) 116.

900Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 5: AAS 96 (2004) 117; cfr. anche Id., Messaggio al Rettore Magnifico della Pontificia Universit� Lateranense (21 marzo 2002), 6: L'Osservatore Romano, 22 marzo 2002, p. 6.

901Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 23: AAS 83 (1991)
820-821.

902Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 18: AAS 83 (1991) 816.

903Cfr. Carta delle Nazioni Unite (26 giugno 1945), art. 2.4; Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 6: AAS 96 (2004) 117.

904Cfr. Pio XII, Radiomessaggio natalizio (24 dicembre 1941): AAS 34 (1942) 18.

905 Cfr. Pio XII, Radiomessaggio natalizio (24 dicembre 1945): AAS 38 (1946) 22; Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 287-288.

906Giovanni Paolo II, Discorso alla Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja
(13 maggio 1985), 4: AAS 78 (1986) 520.

907Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 52: AAS 83 (1991) 858.

908Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 9: AAS 96 (2004) 120.

909Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 7: AAS 96 (2004) 118.

910Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 426. 439; Giovanni Paolo II, Discorso alla 20� Conferenza Generale della FAO (12 novembre 1979), 6: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 2 (1979) 1136-1137; Id., Allocuzione all'UNESCO (2 giugno 1980), 5. 8: AAS 72 (1980) 737. 739-740; Id., Discorso al Consiglio dei Ministri della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE) (30 novembre 1993), 3. 5: AAS 86 (1994) 750-751. 752.

911Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio alla Signora Nafis Sadik, Segretario Generale della Conferenza Internazionale su Popolazione e Sviluppo (18 marzo 1994): AAS 87 (1995) 191-192; Id., Messaggio alla Signora Gertrude Mongella, Segretario Generale della Quarta Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulla Donna (26 maggio 1995): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII, 1 (1995) 1571-1577.

912Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 84: AAS 58 (1966) 1107-1108.

913Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 82: AAS 58 (1966) 1105; cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 293 e Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 78: AAS 59 (1967) 295.

914Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2003, 6: AAS 95 (2003) 344.

915Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 294-295.

916Cfr. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 51-55 e 77-79: AAS 59 (1967) 282-284 e 295-296.

917Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 43: AAS 80 (1988) 575.

918Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 43: AAS 80 (1988) 575; cfr. Id., Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 7: AAS 96 (2004) 118.

919Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 58: AAS 83 (1991)
863-864.

920Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 33. 39: AAS 80 (1988) 557-559. 566-568.

921Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 26: AAS 80 (1988)
544-547.

922Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 7: AAS 96 (2004) 118.

923Cfr. CIC, canone 361.

924Paolo VI, Lett. ap. Sollicitudo omnium ecclesiarum: AAS 61 (1969) 476.

925Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 449; cfr. Pio XII, Radiomessaggio natalizio (24 dicembre 1945): AAS 38 (1946) 22.

926Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 16: AAS 80 (1988) 531.

927Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 36-37. 39: AAS 80 (1988) 561-564. 567.

928Cfr. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 22: AAS 59 (1967) 268; Id., Lett. ap. Octogesima adveniens, 43: AAS 63 (1971) 431-432; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 32-33: AAS 80 (1988) 556-559; Id., Lett. enc. Centesimus annus, 35: AAS 83 (1991) 836-838; cfr. anche Paolo VI, Discorso all'Organizzazione Internazionale del Lavoro (10 giugno 1969), 22: AAS 61 (1969) 500-501; Giovanni Paolo II, Discorso al Convegno di dottrina sociale della Chiesa (20 giugno 1997), 5: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XX, 1 (1997) 1554-1555; Id., Discorso ai Dirigenti di Sindacati di Lavoratori e di grandi Societ� (2 maggio 2000), 3: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XXIII, 1 (2000) 726.

929Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 32: AAS 80 (1988) 556.

930Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 33: AAS 83 (1991) 835.

931Cfr. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 56-61: AAS 59 (1967) 285-287.

932Cfr. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 44: AAS 59 (1967) 279.

933Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 34: AAS 83 (1991) 836.

934Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 58: AAS 83 (1991) 863.

935Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2000, 14: AAS 92 (2000) 366; cfr. anche Id., Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1993, 1: AAS 85 (1993) 429-430.

936Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 33: AAS 80 (1988) 558. Cfr. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 47: AAS 59 (1967) 280.

937Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 6: AAS 59 (1967) 260; cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 28: AAS 80 (1988) 548-550.

938Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 20-21: AAS 59 (1967) 267-268.

939Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Terza Conferenza Generale dell'Episcopato Latino-Americano, Puebla (28 gennaio 1979), I/8: AAS 71 (1979) 194-195.

940Cfr. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 22: AAS 59 (1967) 268.

941Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 38: AAS 80 (1988) 566.

942Cfr. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 55: AAS 59 (1967) 284; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 44: AAS 80 (1988) 575-577.

943Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2000, 14: AAS 92 (2000) 366.

944Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Tertio millennio adveniente, 51: AAS 87 (1995) 36; Id., Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1998, 4: AAS 90 (1998) 151-152; Id., Discorso alla Conferenza dell'Unione Interparlamentare (30 novembre 1998): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XXI, 2 (1998) 1162-1163; Id., Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 9: AAS 91 (1999) 383-384.

945Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 35: AAS 83 (1991) 838; cfr. anche il documento Al servizio della comunit� umana: un approccio etico al debito internazionale, pubblicato dalla Pontificia Commissione � Iustitia et Pax � (27 dicembre 1986), Citt� del Vaticano 1986.

946Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 15: AAS 58 (1966) 1036.

947Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 15: AAS 58 (1966) 1036.

948Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 33: AAS 58 (1966) 1052.

949Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 34: AAS 58 (1966) 1052.

950Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 34: AAS 58 (1966) 1053.

951Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 34: AAS 58 (1966) 1053.

952Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 35: AAS 58 (1966) 1053.

953Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso pronunciato durante la visita al � Mercy Maternity Hospital �, Melbourne (28 novembre 1986): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX, 2 (1986) 1732-1736.

954Giovanni Paolo II, Discorso pronunciato durante l'incontro con gli scienziati e rappresentanti dell'Universit� delle Nazioni Unite, Hiroshima (25 febbraio 1981), 3: AAS 73 (1981) 422.

955Giovanni Paolo II, Discorso ai lavoratori delle Officine Olivetti di Ivrea (19 marzo 1990), 5: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIII, 1 (1990) 697.

956Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze (3 ottobre 1981), 3: AAS 73 (1981) 670.

957Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Convegno promosso dall'Accademia Nazionale delle Scienze nel bicentenario della fondazione (21 settembre 1982), 4: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V, 3 (1982) 513.

958Giovanni Paolo II, Discorso pronunciato durante l'incontro con gli scienziati e rappresentanti dell'Universit� delle Nazioni Unite, Hiroshima (25 febbraio 1981), 3: AAS 73 (1981) 422.

959Giovanni Paolo II, Discorso ai lavoratori delle Officine Olivetti di Ivrea (19 marzo 1990), 4: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIII, 1 (1990).

960Giovanni Paolo II, Omelia nella Celebrazione al Victorian Racing Club, Melbourne (28 novembre 1986), 11: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX, 2 (1986) 1730.

961Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze (23 ottobre 1982), 6: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V, 3 (1982) 898.

962Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 34: AAS 80 (1988) 559.

963Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1990, 7: AAS 82 (1990) 151.

964Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1990, 6: AAS 82 (1990) 150.

965Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 37: AAS 83 (1991) 840.

966Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 37: AAS 83 (1991) 840.

967Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 37: AAS 83 (1991) 840.

968Giovanni Paolo II, Discorso alla 35� Assemblea generale dell'Associazione Medica Mondiale (29 ottobre 1983), 6: AAS 76 (1984) 394.

969Cfr. Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 21: AAS 63 (1971) 416-417.

970Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 21: AAS 63 (1971) 417.

971Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti ad un Convegno su ambiente e salute (24 marzo 1997), 2: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XX, 1 (1997) 521.

972Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 28: AAS 80 (1988) 548-550.

973Cfr., ad esempio, Pontificio Consiglio della Cultura - Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, Ges� Cristo portatore dell'acqua viva. Una riflessione cristiana sul � New Age �, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2003, p. 35.

974Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti ad un Convegno su ambiente e salute (24 marzo 1997), 5: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XX, 1 (1997) 522.

975Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti ad un Convegno su ambiente e salute (24 marzo 1997), 4: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XX, 1 (1997) 521.

976Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 38: AAS 83 (1991) 841.

977Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 34: AAS 80 (1988) 559-560.

978Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti ad un Convegno su ambiente e salute (24 marzo 1997), 5: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XX, 1 (1997) 522.

979Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 40: AAS 83 (1991) 843.

980Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 34: AAS 80 (1988) 559.

981Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 34: AAS 80 (1988) 559.

982Giovanni Paolo II, Esort. ap. Ecclesia in America, 25: AAS 91 (1999) 760.

983Giovanni Paolo II, Omelia in Val Visdende nella festa votiva di San Giovanni Gualberto (12 luglio 1987): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 3 (1987) 67.

984Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 17: AAS 59 (1967) 266.

985Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 37: AAS 83 (1991) 840.

986Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1990, 9: AAS 82 (1990) 152.

987Giovanni Paolo II, Discorso alla Corte e alla Commissione europee dei diritti dell'uomo, Strasburgo (8 ottobre 1988), 5: AAS 81 (1989) 685; cfr. Id., Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1990, 9: AAS 82 (1990) 152; Id., Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 10: AAS 91 (1999) 384-385.

988Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 10: AAS 91 (1999) 384-385.

989Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 26: AAS 80 (1988) 546.

990Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 34: AAS 80 (1988) 559-560.

991Giovanni Paolo II, Allocuzione alla XXV Sessione della Conferenza della F.A.O. (16 novembre 1989), 8: AAS 82 (1990) 673.

992Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso a un Gruppo di studio della Pontificia Accademia delle Scienze (6 novembre 1987): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 3 (1987) 1018-1020.

993Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 40: AAS 83 (1991) 843.

994Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze (28 ottobre 1994): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVII, 2 (1994) 567-568.

995Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti ad un Symposium sulla fisica (18 dicembre 1982): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V, 3 (1982) 1631-1634.

996Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso ai popoli autoctoni dell'Amazzonia, Manaus (10 luglio 1980): AAS 72 (1980) 960-961.

997Cfr. Giovanni Paolo II, Omelia durante la liturgia della Parola per le popolazioni autoctone dell'Amazzonia peruviana (5 febbraio 1985), 4: AAS 77 (1985) 897-898; cfr. anche Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Per una migliore distribuzione della terra. La sfida della riforma agraria (23 novembre 1997), 11, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 1997, pp. 15-16.

998Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso agli aborigeni dell'Australia (29 novembre 1986), 4: AAS 79 (1987) 974-975.

999Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso agli indigeni del Guatemala (7 marzo 1983), 4: AAS 75 (1983) 742-743; Id., Discorso ai popoli autoctoni del Canada (18 settembre 1984), 7-8: AAS 77 (1985) 421-422; Id., Discorso ai popoli autoctoni dell'Ecuador (31 gennaio 1985), II.1: AAS 77 (1985) 861; Id., Discorso agli aborigeni dell'Australia (29 novembre 1986), 10: AAS 79 (1987) 976-977.

1000Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso agli aborigeni dell'Australia (29 novembre 1986), 4: AAS 79 (1987) 974-975; Id., Discorso agli Amerindi (14 settembre 1987), 4: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 3 (1987) 514-515.

1001Cfr. Pontificia Academia Pro Vita, Biotecnologie animali e vegetali. Nuove frontiere e nuove responsabilit�, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 1999.

1002Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze (23 ottobre 1982), 6: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V, 3 (1982) 898.

1003Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze (3 ottobre 1981): AAS 73 (1981) 668-672.

1004Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze (23 ottobre 1982): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V, 3 (1982) 895-898; Id., Discorso ai partecipanti al Convegno promosso dall'Accademia Nazionale delle Scienze nel bicentenario della fondazione (21 settembre 1982): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V, 3 (1982) 511-515.

1005Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 69: AAS 58 (1966) 1090-1092; Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 22: AAS 59 (1967) 268.

1006Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 25: AAS 80 (1988) 543; cfr. Id., Lett. enc. Evangelium vitae, 16: AAS 87 (1995) 418.

1007Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 25: AAS 80 (1988) 543-544.

1008Giovanni Paolo II, Messaggio alla Signora Nafis Sadik, Segretario generale della Conferenza Internazionale su Popolazione e Sviluppo (18 marzo 1994), 3: AAS 87 (1995) 191.

1009Giovanni Paolo II, Messaggio al Card. Geraldo Majella Agnelo in occasione della Campagna della Fraternit� della Conferenza Episcopale del Brasile (19 gennaio 2004): L'Osservatore Romano, 4 marzo 2004, p. 5.

1010Giovanni Paolo II, Messaggio al Card. Geraldo Majella Agnelo in occasione della Campagna della Fraternit� della Conferenza Episcopale del Brasile (19 gennaio 2004): L'Osservatore Romano, 4 marzo 2004, p. 5.

1011Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2003, 5: AAS 95 (2003) 343; Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Water, an Essential Element for Life. A Contribution of the Delegation of the Holy See on the occasion of the 3rd World Water Forum, Kyoto, 16-23 marzo 2003.

1012Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 36: AAS 83 (1991)
838-840.

1013Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 36: AAS 83 (1991) 839.

1014Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso al Centro delle Nazioni Unite, Nairobi (18 agosto 1985), 5: AAS 78 (1986) 92.

1015Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1986, 1: AAS 78 (1986) 278-279.

1016Cfr. Paolo VI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1969: AAS 60 (1968) 771; Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 4: AAS 96 (2004) 116.

1017Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1982, 4: AAS 74 (1982) 328.

1018Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 78: AAS 58 (1966) 1101-1102.

1019Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 51: AAS 83 (1991)
856-857.

1020Cfr. Paolo VI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1972: AAS 63 (1971) 868.

1021Cfr. Paolo VI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1969: AAS 60 (1968) 772; Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 12: AAS 91 (1999) 386-387.

1022Pio XI, Lett. enc. Ubi arcano: AAS 14 (1922) 686. Nell'Enciclica si fa riferimento a San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 29 art. 3, ad 3um: Ed. Leon. 8, 238; cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 78: AAS 58 (1966) 1101-1102.

1023Cfr. Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 76: AAS 59 (1967) 294-295.

1024Cfr. Paolo VI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1974: AAS 65 (1973) 672.

1025Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2317.

1026Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo Diplomatico (13 gennaio 1997), 3: AAS 89 (1997) 474.

1027Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 78: AAS 58 (1966) 1101; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2304.

1028Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 78: AAS 58 (1966) 1101.

1029Giovanni Paolo II, Discorso presso Drogheda, Irlanda (29 settembre 1979), 9: AAS 71 (1979) 1081; cfr. Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 37: AAS 68 (1976) 29.

1030Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze (12 novembre 1983), 5: AAS 76 (1984) 398-399.

1031Catechismo della Chiesa Cattolica, 2306.

1032Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 77: AAS 58 (1966) 1100; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2307-2317.

1033Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 80: AAS 58 (1966) 1103-1104.

1034Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 291.

1035Leone XIII, Allocuzione al Collegio dei Cardinali, Acta Leonis XIII, 19 (1899) 270-272.

1036Giovanni Paolo II, Incontro con gli Officiali del Vicariato di Roma (17 gennaio 1991): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIV, 1 (1991) 132; cfr. Id., Discorso ai Vescovi di Rito Latino della Regione Araba (1� ottobre 1990), 4: AAS 83 (1991) 475.

1037Cfr. Paolo VI, Discorso ai Cardinali (24 giugno 1965): AAS 57 (1965) 643-644.

1038Benedetto XV, Appello ai Capi dei popoli belligeranti (1� agosto 1917): AAS 9 (1917) 423.

1039Giovanni Paolo II, Preghiera per la pace durante l'Udienza Generale (16 gennaio 1991): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIV, 1 (1991) 121.

1040Pio XII, Radiomessaggio (24 agosto 1939): AAS 31 (1939) 334; Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1993, 4: AAS 85 (1993) 433-434; cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 288.

1041Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 79: AAS 58 (1966) 1102-1103.

1042Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 11: AAS 91 (1999) 385.

1043Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo Diplomatico (13 gennaio 2003), 4: AAS 95 (2003) 323.

1044Paolo VI, Discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (4 ottobre 1965), 5: AAS 57 (1965) 881.

1045Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 51: AAS 83 (1991) 857.

1046Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 52: AAS 83 (1991) 858.

1047Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 288-289.

1048Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 291.

1049Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2265.

1050Catechismo della Chiesa Cattolica, 2309.

1051Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Il commercio internazionale delle armi (1� maggio 1994), I, 6, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 1994, p. 12.

1052Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 79: AAS 58 (1966) 1103.

1053Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 6: AAS 96 (2004) 117.

1054Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 79: AAS 58 (1966) 1102-1103; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2310.

1055Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio al III Convegno internazionale degli Ordinari militari (11 marzo 1994), 4: AAS 87 (1995) 74.

1056Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2313.

1057Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 79: AAS 58 (1966) 1103; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2311.

1058Giovanni Paolo II, Angelus Domini (7 marzo 1993), 4: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVI, 1 (1993) 589; Id., Discorso al Consiglio dei Ministri OSCE (30 novembre 1993), 4: AAS 86 (1994) 751.

1059Giovanni Paolo II, Discorso all'Udienza generale (11 agosto 1999): L'Osservatore Romano, 12 agosto 1999, p. 5.

1060Giovanni Paolo II, Messaggio per la Quaresima 1990, 3: AAS 82 (1990) 802.

1061Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 7: AAS 91 (1999) 382; Id., Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2000, 7: AAS 92 (2000) 362.

1062Giovanni Paolo II, Regina coeli (18 aprile 1993), 3: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVI, 1 (1993) 922; cfr. Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo, Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah (16 marzo 1998), Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 1998.

1063Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2000, 11: AAS 92 (2000) 363.

1064Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo Diplomatico (16 gennaio 1993), 13: AAS 85 (1993) 1247-1248; Id., Discorso pronunciato in occasione della Conferenza Internazionale sulla Nutrizione, organizzata dalla FAO e dall'OMS (5 dicembre 1992), 3: AAS 85 (1993) 922-923; Id., Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 9: AAS 96 (2004) 120.

1065Cfr. Giovanni Paolo II, Angelus Domini (14 giugno 1998): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XXI, 1 (1998) 1376; Id., Discorso al Congresso mondiale sulla pastorale dei diritti umani (4 luglio 1998), 5: L'Osservatore Romano, 5 luglio 1998, p. 5; Id., Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 7: AAS 91 (1999) 382; cfr. anche Pio XII, Discorso al VI Congresso internazionale di diritto penale (3 ottobre 1953): AAS 45 (1953) 730-744.

1066Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo Diplomatico (9 gennaio 1995), 7: AAS 87 (1995) 849.

1067Giovanni Paolo II, Messaggio per il 40� anniversario dell'ONU (14 ottobre 1985), 6: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 2 (1985) 988.

1068Cfr. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Il commercio internazionale delle armi (1� maggio 1994), I, 9-11, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 1994, p. 13.

1069Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2316; Giovanni Paolo II, Discorso al Mondo del Lavoro, Verona, Italia (17 aprile 1988), 6: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 1 (1988) 940.

1070Catechismo della Chiesa Cattolica, 2315.

1071Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 80: AAS 58 (1966) 1104; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2314; Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1986, 2: AAS 78 (1986) 280.

1072Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo Diplomatico (13 gennaio 1996), 7: AAS 88 (1996) 767-768.

1073La Santa Sede ha voluto diventare parte degli strumenti giuridici relativi alle armi nucleari, biologiche e chimiche per sostenere le iniziative della Comunit� internazionale in tal senso.

1074Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 80: AAS 58 (1966) 1104.

1075Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 11: AAS 91 (1999) 385-386.

1076Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 11: AAS 91 (1999) 385-386.

1077Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 11: AAS 91 (1999) 385-386.

1078Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2297.

1079Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2002, 4: AAS 94 (2002) 134.

1080Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 79: AAS 58 (1966) 1102.

1081Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2002, 5: AAS 94 (2002) 134.

1082Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 8: AAS 96 (2004) 119.

1083Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 8: AAS 96 (2004) 119.

1084Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 8: AAS 96 (2004) 119.

1085Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2002, 5: AAS 94 (2002) 134.

1086Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso ai rappresentanti del mondo della cultura, dell'arte e della scienza, Astana, Kazakhstan (24 settembre 2001), 5: L'Osservatore Romano, 24-25 settembre 2001, p. 16.

1087Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2002, 7: AAS 94 (2002) 135-136.

1088Cfr. Decalogo di Assisi per la pace, n. 1, contenuto nella Lettera inviata da Giovanni Paolo II ai Capi di Stato e di Governo il 24 febbraio 2002: L'Osservatore Romano, 4-5 marzo 2002, p. 1.

1089Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2000, 20: AAS 92 (2000) 369.

1090Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1988, 3: AAS 80 (1988) 282-284.

1091Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 9: AAS 96 (2004) 120.

1092Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2002, 9: AAS 94 (2002) 136-137; Id., Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 10: AAS 96 (2004) 121.

1093Giovanni Paolo II, Lett. Nel cinquantesimo anniversario dell'inizio della Seconda Guerra Mondiale, 2: AAS 82 (1990) 51.

1094Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1997, 3 e 4: AAS 89 (1997) 193.

1095Cfr. Pio XII, Discorso al VI Congresso internazionale di diritto penale (3 ottobre 1953): AAS 65 (1953) 730-744; Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo Diplomatico (13 gennaio 1997), 4: AAS 89 (1997) 474-475; Id. Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 7: AAS 91 (1999) 382.

1096Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1997, 3.4.6: AAS 89 (1997) 193. 196-197.

1097Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1999, 11: AAS 91 (1999) 385.

1098Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1992, 4: AAS 84 (1992) 323-324.

1099Paolo VI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1968: AAS 59 (1967) 1098.

1100Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 10: AAS 56 (1964) 102.

1101Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 11: AAS 57 (1965) 15.

1102La celebrazione eucaristica inizia con un saluto di pace, il saluto di Cristo ai discepoli. Il Gloria � una richiesta di pace per tutto il popolo di Dio sulla terra. La preghiera per la pace, nelle anafore della S. Messa, si articola in un appello per la pace e l'unit� della Chiesa; per la pace per l'intera famiglia di Dio in questa vita; per il progresso della pace e la salvezza del mondo. Durante il rito della comunione, la Chiesa prega affinch� il Signore dia � la pace nei nostri giorni � e ricorda il dono di Cristo che consiste nella Sua pace, invocando � la pace e l'unit� � del Suo regno. L'Assemblea prega anche affinch� l'Agnello di Dio tolga i peccati del mondo e � dia la pace �. Prima della comunione, tutta l'Assemblea si scambia un gesto di pace; la celebrazione eucaristica si conclude col congedo dell'Assemblea nella pace di Cristo. Molte sono le preghiere che, durante la S. Messa, invocano la pace nel mondo; in esse la pace � a volte associata alla giustizia, come ad esempio nel caso della preghiera di apertura dell'Ottava Domenica del Tempo Ordinario con la quale la Chiesa chiede a Dio che gli eventi di questo mondo si realizzino sempre nel segno della giustizia e della pace, secondo la Sua volont�.

1103Paolo VI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1968: AAS 59 (1967) 1100.

1104Paolo VI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1976: AAS 67 (1975) 671.

1105Cfr. Congregazione per il Clero, Direttorio generale per la catechesi, 18, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 1997, p. 24.

1106Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio, 11: AAS 83 (1991)
259-260.

1107Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 5: AAS 83 (1991) 799.

1108Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 5: AAS 83 (1991) 799.

1109Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 22: AAS 58 (1966) 1043.

1110Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio, 52: AAS 83 (1991) 300; cfr. Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 20: AAS 68 (1976) 18-19.

1111Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio, 11: AAS 83 (1991) 259-260.

1112Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 35: AAS 81 (1989) 458.

1113Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 5: AAS 83 (1991) 800.

1114Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio, 11: AAS 83 (1991) 259.

1115Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 51: AAS 63 (1971) 440.

1116Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 57: AAS 83 (1991) 862.

1117Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 48: AAS 80 (1988) 583-584.

1118Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 76: AAS 58 (1966) 1099-1100.

1119Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 453; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 54: AAS 83 (1991) 859-860.

1120Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Pacem in terris: AAS 55 (1963) 265-266.

1121Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 60: AAS 81 (1989) 511.

1122Cfr. Congregazione per il Clero, Direttorio generale per la catechesi, 30, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 1997, p. 33.

1123Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, 18: AAS 71 (1979) 1291-1292.

1124Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, 5: AAS 71 (1979) 1281.

1125Cfr. Congregazione per il Clero, Direttorio generale per la catechesi, 54, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 1997, p. 56.

1126Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, 29: AAS 71 (1979) 1301- 1302; cfr. anche Congregazione per il Clero, Direttorio generale per la catechesi, 17, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 1997, p. 23.

1127Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 8: AAS 58 (1966) 935.

1128Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, 107: AAS 85 (1993) 1217.

1129Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 81: AAS 59 (1967) 296-297.

1130Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 75: AAS 58 (1966) 1097-1099.

1131Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 75: AAS 58 (1966) 1098.

113230 dicembre 1988, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988.

1133Cfr. Concilio Vaticano II, Dich. Nostra aetate, 4: AAS 58 (1966) 742-743.

1134Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 32: AAS 80 (1988) 556-557.

113527 ottobre 1986; 24 gennaio 2002.

1136Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio, 2: AAS 83 (1991) 250.

1137Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 3: AAS 83 (1991) 795.

1138Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 3: AAS 83 (1991) 796.

1139Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 31: AAS 57 (1965) 37.

1140Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 31: AAS 57 (1965) 37.

1141Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 15: AAS 81 (1989) 415.

1142Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 24: AAS 81 (1989)
433-435.

1143Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 76: AAS 58 (1966) 1099.

1144Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 31: AAS 57 (1965) 37-38.

1145Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 59: AAS 81 (1989) 509.

1146Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1806.

1147L'esercizio della prudenza comporta un itinerario formativo per acquisire le necessarie qualit�: la � memoria � come capacit� di ritenere le proprie esperienze passate in modo obiettivo, senza falsificazioni (cfr. San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 49, a. 1: Ed. Leon. 8, 367); la � docilitas � (docilit�), che � capacit� di lasciarsi istruire e di trarre vantaggio dall'esperienza altrui sulla base dell'autentico amore per la verit� (cfr. San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 49, a. 3: Ed. Leon. 8, 368-369); la � solertia � (solerzia), cio� l'abilit� nell'affrontare gli imprevisti agendo in modo obiettivo, per volgere ogni situazione al servizio del bene, vincendo le tentazioni di intemperanza, ingiustizia, vilt� (cfr. San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 49, a. 4: Ed. Leon. 8, 369-370). Queste condizioni di tipo conoscitivo consentono di sviluppare i presupposti necessari al momento decisionale: la � providentia � (previdenza), che � capacit� di valutare l'efficacia di un comportamento in vista del conseguimento del fine morale (cfr. San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 49, a. 6: Ed. Leon. 8, 371), e la � circumspectio � (circospezione) ovvero la capacit� di valutazione delle circostanze che concorrono a costituire la situazione nella quale va effettuata l'azione (cfr. San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 49, a. 7: Ed. Leon. 8, 372). La prudenza si specifica, nell'ambito della vita sociale, in due forme particolari: la prudenza � regnativa �, ovvero la capacit� di ordinare ogni cosa al massimo bene della societ� (cfr. San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 50, a. 1: Ed. Leon. 8, 374), e la prudenza � politica � che porta il cittadino ad obbedire, eseguendo le indicazioni dell'autorit� (cfr. San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 50, a. 2: Ed. Leon. 8, 375), senza compromettere la propria dignit� di persona (cfr. San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, qq. 47-56: Ed. Leon. 8, 348-406).

1148Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 30: AAS 81 (1989)
446-448.

1149Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 62: AAS 81 (1989) 516-517.

1150Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 455.

1151Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 29: AAS 81 (1989) 443.

1152Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 76: AAS 58 (1966) 1099.

1153Cfr. Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 454; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 57: AAS 83 (1991) 862-863.

1154Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 91: AAS 58 (1966) 1113.

1155Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 37: AAS 81 (1989) 460.

1156Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 218.

1157Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 218.

1158Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae (22 febbraio 1987): AAS 80 (1988) 70-102.

1159Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 39: AAS 81 (1989) 466.

1160Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 39: AAS 81 (1989) 466.

1161Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 42-48: AAS 74 (1982) 134-140.

1162Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 43: AAS 58 (1966) 1062.

1163Giovanni Paolo II, Discorso all'UNESCO (2 giugno 1980), 7: AAS 72 (1980) 738.

1164Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica (24 novembre 2002), 7, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2002, p. 15.

1165Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 59: AAS 58 (1966) 1079-1080.

1166Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 50: AAS 83 (1991) 856.

1167Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso all'UNESCO (2 giugno 1980), 11: AAS 72 (1980) 742.

1168Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 60: AAS 58 (1966) 1081.

1169Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 61: AAS 58 (1966) 1082.

1170Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 24: AAS 83 (1991) 822.

1171Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 24: AAS 83 (1991)
821-822.

1172Cfr. Concilio Vaticano II, Decr. Inter mirifica, 4: AAS 56 (1964) 146.

1173Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio, 36-48: AAS 91 (1999) 33-34.

1174Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 55: AAS 83 (1991) 861.

1175Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXXIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 1999, 3: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XXII, 1 (1999) 283.

1176Catechismo della Chiesa Cattolica, 2495.

1177Cfr. Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Etica nelle comunicazioni sociali (4 giugno 2000), 14, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2000, pp. 16-17.

1178Cfr. Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Etica nelle comunicazioni sociali (4 giugno 2000), 33, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2000, pp. 43-44.

1179Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica (24 novembre 2002), 3, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2002, p. 8.

1180Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 41: AAS 80 (1988) 570.

1181Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2000, 14: AAS 92 (2000) 366.

1182Cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2000, 17: AAS 92 (2000) 367-368.

1183Cfr. Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 46: AAS 63 (1971) 433-436.

1184Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 36: AAS 80 (1988) 561-563.

1185Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica (24 novembre 2002), 6, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2002, p. 13.

1186Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 46: AAS 83 (1991) 850.

1187Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 74: AAS 58 (1966) 1095-1097.

1188Cfr. Congregazione per l'Educazione Cattolica, Orientamenti per lo studio e l'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella formazione sacerdotale, 8, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1988, pp. 13-14.

1189Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica (24 novembre 2002), 7, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2002, p. 16.

1190Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 46: AAS 83 (1991)
850-851.

1191Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica (24 novembre 2002), 4, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2002, p. 9.

1192Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 73: AAS 87 (1995)
486-487.

1193Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 39: AAS 81 (1989)
466-468.

1194Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 76: AAS 58 (1966) 1099-1100.

1195Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica (24 novembre 2002), 6, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2002, p. 11.

1196Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica (24 novembre 2002), 6, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2002, p. 12.

1197Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica (24 novembre 2002), 6, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2002, pp. 12-13.

1198Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo Diplomatico (12 gennaio 2004), 3: L'Osservatore Romano, 12-13 gennaio 2004, p. 5.

1199Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica (24 novembre 2002), 6, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 2002, p. 14.

1200Cfr. Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 46: AAS 63 (1971) 433-435.

1201Cfr. Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 46: AAS 63 (1971) 433-435.

1202Cfr. Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 50: AAS 63 (1971) 439-440.

1203Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 4: AAS 63 (1971) 403-404.

1204Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 43: AAS 58 (1966) 1063.

1205Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 43: AAS 58 (1966) 1063.

1206Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 41: AAS 58 (1966) 1059.

1207Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 451.

1208Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 41: AAS 58 (1966) 1059.

1209Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 41: AAS 58 (1966)
1059-1060.

1210Pio XII, Lett. enc. Summi Pontificatus: AAS 31 (1939) 425.

1211Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 55: AAS 83 (1991) 860-861.

1212Giovanni Paolo II, Lett. enc. Veritatis splendor, 98: AAS 85 (1993) 1210; cfr. Id., Lett. enc. Centesimus annus, 24: AAS 83 (1991) 821-822.

1213Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte, 29: AAS 93 (2001) 285.

1214Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 47: AAS 80 (1988) 580.

1215Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 451.

1216Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 35: AAS 57 (1965) 40.

1217Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 10: AAS 83 (1991) 805-806.

1218Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 40: AAS 80 (1988) 568.

1219Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 38: AAS 58 (1966) 1055- 1056; cfr. Id., Cost. dogm. Lumen gentium, 42: AAS 57 (1965) 47-48; Catechismo della Chiesa Cattolica, 826.

1220Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1889.

1221Leone XIII, Lett. enc. Rerum novarum: Acta Leonis XIII, 11 (1892) 143; cfr. Benedetto XV, Lett. enc. Pacem Dei: AAS 12 (1920) 215.

1222Cfr. San Tommaso d'Aquino, QD De caritate, a. 9, c: San Tommaso d'Aquino, Le Questioni Disputate. Testo latino di S. Tommaso e traduzione italiana, v. Quinto; 1 - Le Virt� (De virtutibus in communi, De caritate, De correctione fraterna, De spe, De virtutibus cardinalibus) 2 - L'unione del Verbo incarnato (De unione Verbi incarnati), Introduzione di P. Abelardo Lobato, O.P., trad. di P. Pietro Lippini, O.P. (Le virt�) e P. Roberto Coggi, O.P. (L'unione del Verbo incarnato), Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2002, pp. 368-381; Pio XI, Lett. enc. Quadragesimo anno: AAS 23 (1931) 206- 207; Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 410; Paolo VI, Discorso alla FAO (16 novembre 1970), 11: AAS 62 (1970) 837-838; Giovanni Paolo II, Discorso ai membri della Pontificia Commissione � Iustitia et Pax � (9 febbraio 1980), 7: AAS 72 (1980) 187.

1223Cfr. Paolo VI, Lett. ap. Octogesima adveniens, 46: AAS 63 (1971) 433-435.

1224Cfr. Concilio Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem, 8: AAS 58 (1966) 844-845; Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 44: AAS 59 (1967) 279; Giovanni Paolo II, Esort. ap. Christifideles laici, 42: AAS 81 (1989) 472-476; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1939.

1225Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis, 15: AAS 71 (1979) 288.

1226Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dives in misericordia, 14: AAS 72 (1980) 1223.

1227Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2004, 10: AAS 96 (2004) 121; cfr. Id., Lett. enc. Dives in misericordia, 14: AAS 72 (1980) 1224; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2212.

1228San Giovanni Crisostomo, Homilia De perfecta caritate, 1, 2: PG 56, 281-282.

1229Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte, 49-51: AAS 93 (2001) 302-304.

1230Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 5: AAS 83 (1991)
798-800.

1231Catechismo della Chiesa Cattolica, 1889.

1232Santa Teresa di Ges� Bambino, Atto di offerta all'Amore misericordioso: Preghiere: Opere complete, Libreria Editrice Vaticana, Citt� del Vaticano 1997, pp. 942-943, citato in Catechismo della Chiesa Cattolica, 2011.

 

B A S E             H O M E

 


III Edizione

� Copyright 2004 - Libreria Editrice Vaticana
Libreria Editrice Vaticana

ISBN 88-209-7630-7