ESORTAZIONE APOSTOLICA
POST-SINODALE
CHRISTIFIDELES LAICI
DI SUA SANTITA'
GIOVANNI PAOLO II
SU VOCAZIONE E MISSIONE DEI LAICI
NELLA CHIESA E NEL MONDO


Ai Vescovi
Ai sacerdoti e ai diaconi
Ai religiosi e alle religiose
A tutti i fedeli laici

INTRODUZIONE

1. I FEDELI LAICI (Christifideles laici), la cui � vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo a vent'anni dal Concilio Vaticano II � � stato l'argomento del Sinodo dei Vescovi del 1987, appartengono a quel Popolo di Dio che � raffigurato dagli operai della vigna, dei quali parla il Vangelo di Matteo: � Il regno dei cieli � simile a un padrone di casa che usc� all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mand� nella sua vigna � (Mt 20, 1-2).

La parabola evangelica spalanca davanti al nostro sguardo l'immensa vigna del Signore e la moltitudine di persone, uomini e donne, che da Lui sono chiamate e mandate perch� in essa abbiano a lavorare. La vigna � il mondo intero (cf. Mt 13, 38), che dev'essere trasformato secondo il disegno di Dio in vista dell'avvento definitivo del Regno di Dio.

Andate anche voi nella mia vigna

2. � Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati e disse loro: "andate anche voi nella mia vigna" � (Mt 20, 3-4).

L'appello del Signore Ges� �Andate anche voi nella mia vigna � non cessa di risuonare da quel lontano giorno nel corso della storia: � rivolto a ogni uomo che viene in questo mondo.

Ai nostri tempi, nella rinnovata effusione dello Spirito pentecostale avvenuta con il Concilio Vaticano II, la Chiesa ha maturato una pi� viva coscienza della sua natura missionaria e ha riascoltato la voce del suo Signore che la manda nel mondo come � sacramento universale di salvezza �(1).

Andate anche voi. La chiamata non riguarda soltanto i Pastori, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, ma si estende a tutti: anche i fedeli laici sono personalmente chiamati dal Signore, dal quale ricevono una missione per la Chiesa e per il mondo. Lo ricorda S. Gregorio Magno che, predicando al popolo, cos� commenta la parabola degli operai della vigna: � Guardate al vostro modo di vivere, fratelli carissimi, e verificate se siete gi� operai del Signore. Ciascuno valuti quello che fa e consideri se lavora nella vigna del Signore �(2).

In particolare il Concilio, con il suo ricchissimo patrimonio dottrinale, spirituale e pastorale, ha riservato pagine quanto mai splendide sulla natura, dignit�, spiritualit�, missione e responsabilit� dei fedeli laici. E i Padri conciliari, riecheggiando l'appello di Cristo, hanno chiamato tutti i fedeli laici, uomini e donne, a lavorare nella sua vigna: �Il sacro Concilio scongiura nel Signore tutti i laici a rispondere volentieri, con animo generoso e con cuore pronto, alla voce di Cristo, che in quest'ora li invita con maggiore insistenza, e all'impulso dello Spirito Santo. In modo speciale i pi� giovani sentano questo appello come rivolto a se stessi, e l'accolgano con slancio e magnanimit�. Il Signore stesso infatti ancora una volta per mezzo di questo Santo Sinodo invita tutti i laici ad unirsi sempre pi� intimamente a Lui e, sentendo come proprio tutto ci� che � di Lui (cf. Fil 2, 5), si associno alla sua missione salvifica; li manda ancora in ogni citt� e in ogni luogo dov'egli sta per venire (cf. Lc 10, 1)�(3).

Andate anche voi nella mia vigna. Queste parole sono spiritualmente risuonate, ancora una volta, durante la celebrazione del Sinodo dei Vescovi, tenutosi a Roma dal 1� al 30 ottobre 1987. Ponendosi sui sentieri del Concilio e aprendosi alla luce delle esperienze personali e comunitarie di tutta la Chiesa, i Padri, arricchiti dai Sinodi precedenti, hanno affrontato in modo specifico e ampio l'argomento riguardante la vocazione e la missione dei laici nella Chiesa e nel mondo.

In questa Assemblea episcopale non � mancata una qualificata rappresentanza di fedeli laici, uomini e donne, che hanno portato un contributo prezioso ai lavori del Sinodo, come � stato pubblicamente riconosciuto nell'omelia di conclusione: �Ringraziamo per il fatto che nel corso del Sinodo abbiamo potuto non solo gioire per la partecipazione dei laici (auditores e auditrices), ma ancor di pi� perch� lo svolgimento delle discussioni sinodali ci ha permesso di ascoltare la voce degli invitati, i rappresentanti del laicato provenienti da tutte le parti del mondo, dai diversi Paesi, e ci ha consentito di profittare delle loro esperienze, dei loro consigli, dei suggerimenti che scaturiscono dal loro amore per la causa comune�(4).

Con lo sguardo rivolto al dopo-Concilio i Padri sinodali hanno potuto costatare come lo Spirito abbia continuato a ringiovanire la Chiesa, suscitando nuove energie di santit� e di partecipazione in tanti fedeli laici. Ci� � testimoniato, tra l'altro, dal nuovo stile di collaborazione tra sacerdoti, religiosi e fedeli laici; dalla partecipazione attiva nella liturgia, nell'annuncio della Parola di Dio e nella catechesi; dai molteplici servizi e compiti affidati ai fedeli laici e da essi assunti; dal rigoglioso fiorire di gruppi, associazioni e movimenti di spiritualit� e di impegno laicali; dalla partecipazione pi� ampia e significativa delle donne nella vita della Chiesa e nello sviluppo della societ�.

Nello stesso tempo, il Sinodo ha rilevato come il cammino postconciliare dei fedeli laici non sia stato esente da difficolt� e da pericoli. In particolare si possono ricordare due tentazioni alle quali non sempre essi hanno saputo sottrarsi: la tentazione di riservare un interesse cos� forte ai servizi e ai compiti ecclesiali, da giungere spesso a un pratico disimpegno nelle loro specifiche responsabilit� nel mondo professionale, sociale, economico, culturale e politico; e la tentazione di legittimare l'indebita separazione tra la fede e la vita, tra l'accoglienza del Vangelo e l'azione concreta nelle pi� diverse realt� temporali e terrene.

Nel corso dei suoi lavori il Sinodo ha fatto costante riferimento al Concilio Vaticano II, il cui insegnamento sul laicato, a distanza di vent'anni, � apparso di sorprendente attualit� e talvolta di portata profetica: tale insegnamento � capace di illuminare e di guidare le risposte che oggi devono essere date ai nuovi problemi. In realt�, la sfida che i Padri sinodali hanno accolto � stata quella di individuare le strade concrete perch� la splendida �teoria� sul laicato espressa dal Concilio possa diventare un'autentica �prassi� ecclesiale. Alcuni problemi poi s'impongono per una certa loro �novit�, tanto da poterli chiamare postconciliari, almeno in senso cronologico: ad essi i Padri sinodali hanno giustamente riservato una particolare attenzione nel corso della loro discussione e riflessione. Tra questi problemi sono da ricordare quelli riguardanti i ministeri e i servizi ecclesiali affidati o da affidarsi ai fedeli laici, la diffusione e la crescita di nuovi �movimenti� accanto ad altre forme aggregative di laici, il posto e il ruolo della donna sia nella Chiesa che nella societ�.

I Padri sinodali, al termine dei loro lavori, svolti con grande impegno, competenza e generosit�, mi hanno manifestato il desiderio e mi hanno rivolto la preghiera perch�, a tempo opportuno, offrissi alla Chiesa universale un documento conclusivo sui fedeli laici(5).

Questa Esortazione Apostolica post-sinodale intende valorizzare tutta quanta la ricchezza dei lavori sinodali, dai Lineamenta all'Instrumentum laboris, dalla relazione introduttiva agli interventi dei singoli vescovi e laici e alla relazione di sintesi dopo la discussione in aula, dalle discussioni e relazioni dei �circoli minori� alle �proposizioni� e al Messaggio finale. Per questo il presente documento non si pone a lato del Sinodo, ma ne costituisce la fedele e coerente espressione, � il frutto d'un lavoro collegiale, al cui esito finale hanno apportato il loro contributo il Consiglio della Segreteria Generale del Sinodo e la stessa Segreteria.

Suscitare e alimentare una pi� decisa presa di coscienza del dono e della responsabilit� che tutti i fedeli laici, e ciascuno di essi in particolare, hanno nella comunione e nella missione della Chiesa � lo scopo che l'Esortazione intende perseguire.

Le urgenze attuali del mondo: perch� ve ne state qui tutto il giorno oziosi?

3. Il significato fondamentale di questo Sinodo, e quindi il frutto pi� prezioso da esso desiderato, � l'ascolto da parte dei fedeli laici dell'appello di Cristo a lavorare nella sua vigna, a prendere parte viva, consapevole e responsabile alla missione della Chiesa in quest'ora magnifica e drammatica della storia, nell'imminenza del terzo millennio.

Situazioni nuove, sia ecclesiali sia sociali, economiche, politiche e culturali, reclamano oggi, con una forza del tutto particolare, l'azione dei fedeli laici. Se il disimpegno � sempre stato inaccettabile, il tempo presente lo rende ancora pi� colpevole. Non � lecito a nessuno rimanere in ozio.

Riprendiamo la lettura della parabola evangelica: �Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano l� e disse loro: "Perch� ve ne state qui tutto il giorno oziosi?". Gli risposero: "Perch� nessuno ci ha presi a giornata". Ed egli disse loro: "Andate anche voi nella mia vigna"� (Mt 20, 6-7).

Non c'� posto per l'ozio, tanto � il lavoro che attende tutti nella vigna del Signore. Il �padrone di casa� ripete con pi� forza il suo invito: �Andate anche voi nella mia vigna�.

La voce del Signore risuona certamente nell'intimo dell'essere stesso d'ogni cristiano, che mediante la fede e i sacramenti dell'iniziazione cristiana � configurato a Ges� Cristo, � inserito come membro vivo nella Chiesa ed � soggetto attivo della sua missione di salvezza. La voce del Signore passa per� anche attraverso le vicende storiche della Chiesa e dell'umanit�, come ci ricorda il Concilio: �Il Popolo di Dio, mosso dalla fede, per cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore, che riempie l'universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza e del disegno di Dio. La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell'uomo, e perci� guida l'intelligenza verso soluzioni pienamente umane�(6).

E' necessario, allora, guardare in faccia questo nostro mondo, con i suoi valori e problemi, le sue inquietudini e speranze, le sue conquiste e sconfitte: un mondo le cui situazioni economiche, sociali, politiche e culturali presentano problemi e difficolt� pi� gravi rispetto a quello descritto dal Concilio nella Costituzione pastorale Gaudium et spes(7). E' comunque questa la vigna, � questo il campo nel quale i fedeli laici sono chiamati a vivere la loro missione. Ges� li vuole, come tutti i suoi discepoli, sale della terra e luce del mondo (cf. Mt 5, 13-14). Ma qual � il volto attuale della �terra� e del �mondo�, di cui i cristiani devono essere �sale� e �luce�?

E' assai grande la diversit� delle situazioni e delle problematiche che oggi esistono nel mondo, peraltro caratterizzate da una crescente accelerazione di mutamento. Per questo � del tutto necessario guardarsi dalle generalizzazioni e dalle semplificazioni indebite. E' per� possibile rilevare alcune linee di tendenza che emergono nella societ� attuale. Come nel campo evangelico insieme crescono la zizzania e il buon grano, cos� nella storia, teatro quotidiano di un esercizio spesso contraddittorio della libert� umana, si trovano, accostati e talvolta profondamente aggrovigliati tra loro, il male e il bene, l'ingiustizia e la giustizia, l'angoscia e la speranza.

Secolarismo e bisogno religioso

4. Come non pensare alla persistente diffusione dell'indifferentismo religioso e dell'ateismo nelle sue pi� diverse forme, in particolare nella forma, oggi forse pi� diffusa, del secolarismo? Inebriato dalle prodigiose conquiste di un inarrestabile sviluppo scientifico-tecnico e soprattutto affascinato dalla pi� antica e sempre nuova tentazione, quella di voler diventare come Dio (cf. Gen 3, 5) mediante l'uso d'una libert� senza limiti, l'uomo taglia le radici religiose che sono nel suo cuore: dimentica Dio, lo ritiene senza significato per la propria esistenza, lo rifiuta ponendosi in adorazione dei pi� diversi �idoli�.

E' veramente grave il fenomeno attuale del secolarismo: non riguarda solo i singoli, ma in qualche modo intere comunit�, come gi� rilevava il Concilio: �Moltitudini crescenti praticamente si staccano dalla religione�(8). Pi� volte io stesso ho ricordato il fenomeno della scristianizzazione che colpisce i popoli cristiani di vecchia data e che reclama, senza alcuna dilazione, una nuova evangelizzazione.

Eppure l'aspirazione e il bisogno religiosi non possono essere totalmente estinti. La coscienza di ogni uomo, quando ha il coraggio di affrontare gli interrogativi pi� gravi dell'esistenza umana, in particolare l'interrogativo sul senso del vivere, del soffrire e del morire, non pu� non fare propria la parola di verit� gridata da Sant'Agostino: �Tu ci hai fatto per te, o Signore, e il nostro cuore � inquieto sino a quando non riposa in Te�(9). Cos� anche il mondo attuale testimonia, in forme sempre pi� ampie e vive, l'apertura ad una visione spirituale e trascendente della vita, il risveglio della ricerca religiosa, il ritorno al senso del sacro e alla preghiera, la richiesta di essere liberi nell'invocare il Nome del Signore.

La persona umana: dignit� calpestata ed esaltata

5. Pensiamo, inoltre, alle molteplici violazioni alle quali viene oggi sottoposta la persona umana. Quando non � riconosciuto e amato nella sua dignit� di immagine vivente di Dio (cf. Gen 1, 26), l'essere umano � esposto alle pi� umilianti e aberranti forme di �strumentalizzazione�, che lo rendono miseramente schiavo del pi� forte. E �il pi� forte� pu� assumere i nomi pi� diversi: ideologia, potere economico, sistemi politici disumani, tecnocrazia scientifica, invadenza dei mass-media. Di nuovo ci troviamo di fronte a moltitudini di persone, nostri fratelli e sorelle, i cui diritti fondamentali sono violati, anche in seguito all'eccessiva tolleranza e persino alla palese ingiustizia di certe leggi civili: il diritto alla vita e all'integrit�, il diritto alla casa e al lavoro, il diritto alla famiglia e alla procreazione responsabile, il diritto alla partecipazione alla vita pubblica e politica, il diritto alla libert� di coscienza e di professione di fede religiosa.

Chi pu� contare i bambini non nati perch� uccisi nel seno delle loro madri, i bambini abbandonati e maltrattati dagli stessi genitori, i bambini che crescono senza affetto ed educazione? In alcuni Paesi intere popolazioni sono sprovviste di casa e di lavoro, mancano dei mezzi assolutamente indispensabili per condurre una vita degna di esseri umani e sono private persino del necessario per la stessa sussistenza. Tremende sacche di povert� e di miseria, fisica e morale ad un tempo, stanno oramai di casa ai margini delle grandi metropoli e colpiscono mortalmente interi gruppi umani.

Ma la sacralit� della persona non pu� essere annullata, quantunque essa troppo spesso venga disprezzata e violata: avendo il suo incrollabile fondamento in Dio Creatore e Padre, la sacralit� della persona torna ad imporsi, sempre e di nuovo.

Di qui il diffondersi sempre pi� vasto e l'affermarsi sempre pi� forte del senso della dignit� personale di ogni essere umano. Una corrente benefica oramai percorre e pervade tutti i popoli della terra, resi sempre pi� consapevoli della dignit� dell'uomo: non � affatto una �cosa� o un �oggetto� di cui servirsi, ma � sempre e solo un �soggetto�, dotato di coscienza e di libert�, chiamato a vivere responsabilmente nella societ� e nella storia, ordinato ai valori spirituali e religiosi.

E stato detto che il nostro � il tempo degli �umanesimi�: alcuni, per la loro matrice atea e secolaristica, finiscono paradossalmente per mortificare e annullare l'uomo; altri umanesimi invece lo esaltano a tal punto da giungere a forme di vera e propria idolatria; altri, infine, riconoscono secondo verit� la grandezza e la miseria dell'uomo, manifestando, sostenendo e favorendo la sua dignit� totale.

Segno e frutto di queste correnti umanistiche � il crescente bisogno della partecipazione. E' questa, indubbiamente, uno dei tratti distintivi dell'umanit� attuale, un vero �segno dei tempi� che viene maturando in diversi campi e in diverse direzioni: nel campo soprattutto delle donne e del mondo giovanile, e nella direzione della vita non solo familiare e scolastica, ma anche culturale, economica, sociale e politica. L'essere protagonisti, in qualche modo creatori di una nuova cultura umanistica, � un'esigenza insieme universale e individuale(10).

Conflittualit� e pace

6. Non possiamo infine, non ricordare un altro fenomeno che contraddistingue l'attuale umanit�: forse come non mai nella sua storia, l'umanit� � quotidianamente e profondamente colpita e scardinata dalla conflittualit�. E' questo un fenomeno pluriforme, che si distingue dal pluralismo legittimo delle mentalit� e delle iniziative, e si manifesta nell'infausto contrapporsi di persone, gruppi, categorie, nazioni e blocchi di nazioni. E' una contrapposizione che assume forme di violenza, di terrorismo, di guerra. Ancora una volta, ma con proporzioni enormemente ampliate, diversi settori dell'umanit� d'oggi, volendo dimostrare la loro �onnipotenza�, rinnovano la stolta esperienza della costruzione della �torre di Babele� (cf. Gen 11, 1-9), la quale per� prolifera confusione, lotta, disgregazione ed oppressione. La famiglia umana � cos� in se stessa drammaticamente sconvolta e lacerata.

D'altra parte, del tutto insopprimibile � l'aspirazione dei singoli e dei popoli al bene inestimabile della pace nella giustizia. La beatitudine evangelica: �Beati gli operatori di pace� (Mt 5, 9) trova negli uomini del nostro tempo una nuova e significativa risonanza: per l'avvento della pace e della giustizia popolazioni intere oggi vivono, soffrono e lavorano. La partecipazione di tante persone e gruppi alla vita della societ� � la strada oggi sempre pi� percorsa perch� da desiderio la pace diventi realt�. Su questa strada incontriamo tanti fedeli laici generosamente impegnati nel campo sociale e politico, nelle pi� varie forme sia istituzionali che di volontariato e di servizio agli ultimi.

Ges� Cristo, la speranza dell'umanit�

7. Questo � l'immenso e travagliato campo che sta davanti agli operai mandati dal �padrone di casa� a lavorare nella sua vigna.

In questo campo � presente e operante la Chiesa, noi tutti, pastori e fedeli, sacerdoti, religiosi e laici. Le situazioni ora ricordate toccano profondamente la Chiesa: da esse � in parte condizionata, non per� schiacciata n� tanto meno sopraffatta, perch� lo Spirito Santo, che ne � l'anima, la sostiene nella sua missione.

La Chiesa sa che tutti gli sforzi che l'umanit� va compiendo per la comunione e la partecipazione, nonostante ogni difficolt�, ritardo e contraddizione causati dai limiti umani, dal peccato e dal Maligno, trovano piena risposta nell'intervento di Ges� Cristo, Redentore dell'uomo e del mondo.

La Chiesa sa di essere mandata da Lui come �segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unit� di tutto il genere umano�(11).

Nonostante tutto, dunque, l'umanit� pu� sperare, deve sperare: il Vangelo vivente e personale, Ges� Cristo stesso, � la �notizia� nuova e apportatrice di gioia che la Chiesa ogni giorno annuncia e testimonia a tutti gli uomini.

In questo annuncio e in questa testimonianza i fedeli laici hanno un posto originale e insostituibile: per mezzo loro la Chiesa di Cristo � resa presente nei pi� svariati settori del mondo, come segno e fonte di speranza e di amore.

CAPITOLO I

IO SONO LA VITE, VOI I TRALCI
La dignit� dei fedeli laici
nella Chiesa-Mistero

Il mistero della vigna

8. L'immagine della vigna viene usata dalla Bibbia in molti modi e con diversi significati: in particolare, essa serve ad esprimere il mistero del Popolo di Dio. In questa prospettiva pi� interiore i fedeli laici non sono semplicemente gli operai che lavorano nella vigna, ma sono parte della vigna stessa: �Io sono la vite, voi i tralci� (Gv 15, 5),dice Ges�.

Gi� nell'Antico Testamento i profeti per indicare il popolo eletto ricorrono all'immagine della vigna. Israele � la vigna di Dio, l'opera del Signore, la gioia del suo cuore: �Io ti avevo piantato come vigna scelta� (Ger 2, 21); �Tua madre era come una vite piantata vicino alle acque. Era rigogliosa e frondosa per l'abbondanza dell'acqua� (Ez 19, 10); �Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle. Egli l'aveva vangata e sgombrata dai sassi, e vi aveva piantato scelte viti (...)� (Is 5, 1-2).

Ges� riprende il simbolo della vigna e se ne serve per rivelare alcuni aspetti del Regno di Dio: �Un uomo piant� una vigna, vi pose attorno una siepe, scav� un torchio, costru� una torre, poi la diede in affitto a dei vignaioli e se ne and� lontano� (Mc 12, 1; cf. Mt 21, 28 ss.).

L'evangelista Giovanni ci invita a scendere in profondit� e ci introduce a scoprire il mistero della vigna: essa � il simbolo e la figura non solo del Popolo di Dio, ma di Ges� stesso. Lui � il ceppo e noi, i discepoli, siamo i tralci; Lui � la �vera vite�, nella quale sono vitalmente inseriti i tralci (cf. Gv 15, 1 ss.).

Il Concilio Vaticano II, riferendo le varie immagini bibliche che illuminano il mistero della Chiesa, ripropone l'immagine della vite e dei tralci: �Cristo � la vera vite, che d� vita e fecondit� ai tralci, cio� a noi, che per mezzo della Chiesa rimaniamo in Lui, e senza di Lui nulla possiamo fare (Gv 15, 1-5)�(12). La Chiesa stessa �, dunque, la vigna evangelica. E' mistero perch� l'amore e la vita del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo sono il dono assolutamente gratuito offerto a quanti sono nati dall'acqua e dallo Spirito (cf. Gv 3, 5), chiamati a rivivere la comunione stessa di Dio e a manifestarla e comunicarla nella storia (missione): �In quel giorno _ dice Ges� _ voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi� (Gv 14, 20).

Ora solo all'interno del mistero della Chiesa come mistero di comunione si rivela l'�identit� dei fedeli laici, la loro originale dignit�. E solo all'interno di questa dignit� si possono definire la loro vocazione e la loro missione nella Chiesa e nel mondo.

Chi sono i fedeli laici

9. I Padri sinodali hanno giustamente rilevato la necessit� di individuare e di proporre una descrizione positiva della vocazione e della missione dei fedeli laici, approfondendo lo studio della dottrina del Concilio Vaticano II alla luce sia dei pi� recenti documenti del Magisterio sia dell'esperienza della vita stessa della Chiesa guidata dallo Spirito Santo(13).

Nel dare risposta all'interrogativo �chi sono i fedeli laici�, il Concilio, superando precedenti interpretazioni prevalentemente negative, si � aperto ad una visione decisamente positiva e ha manifestato il suo fondamentale intento nell'asserire la piena appartenenza dei fedeli laici alla Chiesa e al suo mistero e il carattere peculiare della loro vocazione, che ha in modo speciale lo scopo di �cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio�(14). �Col nome di laici _ cos� la Costituzione Lumen gentium li descrive _ si intendono qui tutti i fedeli ad esclusione dei membri dell'ordine sacro e dello stato religioso sancito dalla Chiesa, i fedeli cio�, che, dopo essere stati incorporati a Cristo col Battesimo e costituiti Popolo di Dio e, a loro modo, resi partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano�(15).

Gi� Pio XII diceva: �I fedeli, e pi� precisamente i laici, si trovano nella linea pi� avanzata della vita della Chiesa; per loro la Chiesa � il principio vitale della societ� umana. Perci� essi, specialmente essi, debbono avere una sempre pi� chiara consapevolezza, non soltanto di appartenere alla Chiesa, ma di essere la Chiesa, vale a dire la comunit� dei fedeli sulla terra sotto la condotta del Capo comune, il Papa, e dei Vescovi in comunione con lui. Essisono la Chiesa(...)�(16).

Secondo l'immagine biblica della vigna, i fedeli laici, come tutti quanti i membri della Chiesa, sono tralci radicati in Cristo, la vera vite, da Lui resi vivi e vivificanti.

L'inserimento in Cristo per mezzo della fede e dei sacramenti dell'iniziazione cristiana � la radice prima che origina la nuova condizione del cristiano nel mistero della Chiesa, che costituisce la sua pi� profonda �fisionomia�, che sta alla base di tutte le vocazioni e del dinamismo della vita cristiana dei fedeli laici: in Ges� Cristo, morto e risorto, il battezzato diventa una �creatura nuova� (Gal 6, 15; 2 Cor 5, 17), una creatura purificata dal peccato e vivificata dalla grazia.

In tal modo, solo cogliendo la misteriosa ricchezza che Dio dona al cristiano nel santo Battesimo � possibile delineare la �figura� del fedele laico.

Il battesimo e la novit� cristiana

10. Non � esagerato dire che l'intera esistenza del fedele laico ha lo scopo di portarlo a conoscere la radicale novit� cristiana che deriva dal Battesimo, sacramento della fede, perch� possa viverne gli impegni secondo la vocazione ricevuta da Dio. Per descrivere la �figura� del fedele laico prendiamo ora in esplicita e pi� diretta considerazione, tra gli altri, questi tre fondamentali aspetti: il Battesimo ci rigenera alla vita dei figli di Dio, ci unisce a Ges� Cristo e al suo Corpo che � la Chiesa, ci unge nello Spirito Santo costituendoci templi spirituali.

Figli nel Figlio

11. Ricordiamo le parole di Ges� a Nicodemo: �In verit�, in verit� ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non pu� entrare nel regno di Dio� (Gv 3, 5). Il santo Battesimo �, dunque, una nuova nascita, � una rigenerazione.

Proprio pensando a questo aspetto del dono battesimale l'apostolo Pietro prorompe nel canto: �Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Ges� Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Ges� Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredit� che non si corrompe, non si macchia e non marcisce� (1 Pt 1, 3-4). E chiama i cristiani coloro che sono stati �rigenerati non da un seme corruttibile, ma immortale, cio� dalla parola di Dio viva ed eterna� (1 Pt 1, 23).

Con il santo Battesimo diventiamo figli di Dio nell'Unigenito suo Figlio, Cristo Ges�. Uscendo dalle acque del sacro fonte, ogni cristiano riascolta la voce che un giorno si � udita sulle rive del fiume Giordano: �Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto� (Lc 3, 22), e capisce che � stato associato al Figlio prediletto, diventando figlio di adozione (cf. Gal 4, 4-7) e fratello di Cristo. Si compie cos� nella storia di ciascuno l'eterno disegno del Padre: �quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perch� egli sia il primogenito tra molti fratelli� (Rom 8, 29).

E' lo Spirito Santo che costituisce i battezzati in figli di Dio e nello stesso tempo membra del corpo di Cristo. Lo ricorda Paolo ai cristiani di Corinto: �Noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo� (1 Cor 12, 13), sicch� l'apostolo pu� dire ai fedeli laici: �Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte� (1 Cor 12, 27);�Che voi siete figli ne � prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio� (Gal 4, 6; cf. Rom 8, 15-16).

Un solo corpo in Cristo

12. Rigenerati come �figli nel Figlio�, i battezzati sono inscindibilmente �membri di Cristo e membri del corpo della Chiesa�, come insegna il Concilio di Firenze(17).

Il Battesimo significa e produce un'incorporazione mistica ma reale al corpo crocifisso e glorioso di Ges�. Mediante il sacramento Ges� unisce il battezzato alla sua morte per unirlo alla sua risurrezione (cf. Rom 6, 3-5), lo spoglia dell'�uomo vecchio� e lo riveste dell'�uomo nuovo�, ossia di Se stesso: �Quanti siete stati battezzati in Cristo _ proclama l'apostolo Paolo _ vi siete rivestiti di Cristo� (Gal 3,27; cf. Ef 4, 22-24; Col 3, 9-10). Ne risulta che �noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo� (Rom 12, 5).

Ritroviamo nelle parole di Paolo l'eco fedele dell'insegnamento di Ges� stesso, il quale ha rivelato la misteriosa unit� dei suoi discepoli con Lui e tra di loro, presentandola come immagine e prolungamento di quell'arcana comunione che lega il Padre al Figlio e il Figlio al Padre nel vincolo amoroso dello Spirito (cf. Gv 17, 21).

E' la stessa unit� di cui Ges� parla con l'immagine della vite e dei tralci: �Io sono la vite, voi i tralci� (Gv 15, 5), un'immagine che fa luce non solo sull'intimit� profonda dei discepoli con Ges� ma anche sulla comunione vitale dei discepoli tra loro: tutti tralci dell'unica Vite.

Templi vivi e santi dello Spirito

13. Con un'altra immagine, quella di un edificio, l'apostolo Pietro definisce i battezzati come �pietre vive� fondate su Cristo, la �pietra angolare�, e destinate alla �costruzione di un edificio spirituale� (1 Pt 2, 5 ss). L'immagine ci introduce a un altro aspetto della novit� battesimale, cos� presentato dal Concilio Vaticano II: �Per la rigenerazione e l'unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati a formare una dimora spirituale�(18).

Lo Spirito Santo �unge� il battezzato, vi imprime il suo indelebile sigillo (cf. 2 Cor 1, 21-22), e lo costituisce tempio spirituale, ossia lo riempie della santa presenza di Dio grazie all'unione e alla conformazione a Ges� Cristo.

Con questa spirituale �unzione�, il cristiano pu�, a suo modo, ripetere le parole di Ges�: �Lo Spirito del Signore � sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libert� gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore� (Lc 4, 18-19; cf. Is 61, 1-2). Cos� con l'effusione battesimale e cresimale il battezzato partecipa alla medesima missione di Ges� il Cristo, il Messia Salvatore.

Partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Ges� Cristo

14. Rivolgendosi ai battezzati come a �bambini appena nati�, l'apostolo Pietro scrive: �Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Ges� Cristo (...). Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popoio che Dio si � acquistato perch� proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce (...)� (1 Pt 2, 4-5. 9).

Ecco un nuovo aspetto della grazia e della dignit� battesimale: i fedeli laici partecipano, per la loro parte, al triplice ufficio _ sacerdotale, profetico e regale _ di Ges� Cristo. E questo un aspetto non mai dimenticato dalla tradizione viva della Chiesa, come appare, ad esempio, dalla spiegazione che del Salmo 26 offre Sant'Agostino. Scrive: �Davide fu unto re. A quel tempo si ungevano solo il re e il sacerdote. In queste due persone era prefigurato il futuro unico re e sacerdote, Cristo (e perci� "Cristo" viene da "crisma"). Non solo per� � stato unto il nostro capo, ma siamo stati unti anche noi, suo corpo (...). Perci� l'unzione spetta a tutti i cristiani, mentre al tempo dell'Antico Testamento apparteneva a due sole persone. Appare chiaro che noi siamo il corpo di Cristo dal fatto che siamo tutti unti e tutti in lui siamo cristi e Cristo, perch� in certo modo la testa e il corpo formano il Cristo nella sua integrit�(19).

Nella scia del Concilio Vaticano II(20), sin dall'inizio del mio servizio pastorale, ho inteso esaltare la dignit� sacerdotale, profetica e regale dell'intero Popolo di Dio dicendo: �Colui che � nato dalla Vergine Maria, il Figlio del falegname _ come si riteneva _ il Figlio del Dio vivente, come ha confessato Pietro, � venuto per fare di tutti noi "un regno di sacerdoti". Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato il mistero di questa potest� e il fatto che la missione di Cristo _ Sacerdote, Profeta-Maestro, Re _ continua nella Chiesa. Tutti, tutto il Popolo di Dio � partecipe di questa triplice missione�(21).

Con questa Esortazione i fedeli laici sono invitati ancora una volta a rileggere, a meditare e ad assimilare con intelligenza e con amore il ricco e fecondo insegnamento del Concilio circa la loro partecipazione al triplice ufficio di Cristo(22). Ecco ora in sintesi gli elementi essenziali di questo insegnamento.

I fedeli laici sono partecipi dell'ufficio sacerdotale, per il quale Ges� ha offerto Se stesso sulla Croce e continuamente si offre nella celebrazione eucaristica a gloria del Padre per la salvezza dell'umanit�. Incorporati a Ges� Cristo, i battezzati sono uniti a Lui e al suo sacrificio nell'offerta di se stessi e di tutte le loro attivit� (cf. Rom 12, 1-2). Parlando dei fedeli laici il Concilio dice: �Tutte le loro opere, le preghiere e le iniziative apostoliche, la vita coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono compiute nello Spirito, e persino le molestie della vita se sono sopportate con pazienza, diventano spirituali sacrifici graditi a Dio per Ges� Cristo (cf. 1 Pt 2, 5), i quali nella celebrazione dell'Eucaristia sono piissimamente offerti al Padre insieme all'oblazione del Corpo del Signore. Cos� anche i laici, operando santamente dappertutto come adoratori, consacrano a Dio il mondo stesso�(23).

La partecipazione all'ufficio profetico di Cristo, �il quale e con la testimonianza della vita e con la virt� della parola ha proclamato il Regno del Padre�(24), abilita e impegna i fedeli laici ad accogliere nella fede il Vangelo e ad annunciarlo con la parola e con le opere non esitando a denunciare coraggiosamente il male. Uniti a Cristo, il �grande profeta� (Lc 7, 16), e costituiti nello Spirito �testimoni� di Cristo Risorto, i fedeli laici sono resi partecipi sia del senso di fede soprannaturale della Chiesa che �non pu� sbagliarsi nel credere� (25) sia della grazia della parola (cf. At 2, 17-18; Ap 19, 10); sono altres� chiamati a far risplendere la novit� e la forza del Vangelo nella loro vita quotidiana, familiare e sociale, come pure ad esprimere, con pazienza e coraggio, nelle contraddizioni dell'epoca presente la loro speranza nella gloria �anche attraverso le strutture della vita secolare�(26).

Per la loro appartenenza a Cristo Signore e Re dell'universo i fedeli laici partecipano al suo ufficio regale e sono da Lui chiamati al servizio del Regno di Dio e alla sua diffusione nella storia. Essi vivono la regalit� cristiana, anzitutto mediante il combattimento spirituale per vincere in se stessi il regno del peccato (cf. Rom 6, 12), e poi mediante il dono di s� per servire, nella carit� e nella giustizia, Ges� stesso presente in tutti i suoi fratelli, soprattutto nei pi� piccoli (cf. Mt 25, 40).

Ma i fedeli laici sono chiamati in particolare a ridare alla creazione tutto il suo originario valore. Nell'ordinare il creato al vero bene dell'uomo con un'attivit� sorretta dalla vita di grazia, essi partecipano all'esercizio del potere con cui Ges� Risorto attrae a s� tutte le cose e le sottomette, con Se stesso, al Padre, cos� che Dio sia tutto in tutti (cf. Gv 12, 32; 1 Cor 15, 28).

La partecipazione dei fedeli laici al triplice ufficio di Cristo Sacerdote, Profeta e Re trova la sua radice prima nell'unzione del Battesimo, il suo sviluppo nella Confermazione e il suo compimento e sostegno dinamico nell'Eucaristia. E una partecipazione donata ai singoli fedeli laici, ma in quanto formano l'unico Corpo del Signore. Infatti, Ges� arricchisce dei suoi doni la Chiesa stessa, quale suo Corpo e sua Sposa. In tal modo i singoli sono partecipi del triplice ufficio di Cristo in quanto membra della Chiesa, come chiaramente insegna l'apostolo Pietro, che definisce i battezzati come �la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si � acquistato� (1 Pt 2, 9). Proprio perch� deriva dalla comunione ecclesiale, la partecipazione dei fedeli laici al triplice ufficio di Cristo esige d'essere vissuta e attuata nella comunione e per la crescita della comunione stessa.

Scriveva Sant'Agostino: �Come chiamiamo tutti cristiani in forza del mistico crisma, cos� chiamiamo tutti sacerdoti perch� sono membra dell'unico sacerdote�(27).

I fedeli laici e l'indole secolare

15. La novit� cristiana � il fondamento e il titolo dell'eguaglianza di tutti i battezzati in Cristo, di tutti i membri del Popolo di Dio: �comune � la dignit� dei membri per la loro rigenerazione in Cristo, comune la grazia dei figli, comune la vocazione alla perfezione, una sola salvezza, una sola speranza e indivisa carit�(28). In forza della comune dignit� battesimale il fedele laico � corresponsabile, insieme con i ministri ordinati e con i religiosi e le religiose, della missione della Chiesa.

Ma la comune dignit� battesimale assume nel fedele laico una modalit� che lo distingue, senza per� separarlo, dal presbitero, dal religioso e dalla religiosa. Il Concilio Vaticano II ha indicato questa modalit� nell'indole secolare: �L'indole secolare � propria e peculiare dei laici�(29).

Proprio per cogliere in modo completo, adeguato e specifico la condizione ecclesiale del fedele laico � necessario approfondire la portata teologica dell'indole secolare alla luce del disegno salvifico di Dio e del mistero della Chiesa.

Come diceva Paolo VI, la Chiesa �ha un'autentica dimensione secolare, inerente alla sua intima natura e missione, la cui radice affonda nel mistero del Verbo Incarnato, e che � realizzata in forme diverse per i suoi membri�(30).

La Chiesa, infatti, vive nel mondo anche se non � del mondo (cf. Gv 17, 16) ed � mandata a continuare l'opera redentrice di Ges� Cristo, la quale �mentre per natura sua ha come fine la salvezza degli uomini, abbraccia pure la instaurazione di tutto l'ordine temporale�(31).

Certamente tutti i membri della Chiesa sono partecipi della sua dimensione secolare; ma lo sono in forme diverse. In particolare la partecipazione dei fedeli laici ha una sua modalit� di attuazione e di funzione che, secondo il Concilio, � loro �propria e peculiare�: tale modalit� viene designata con l'espressione �indole secolare�(32).

In realt� il Concilio descrive la condizione secolare dei fedeli laici indicandola, anzitutto, come il luogo nel quale viene loro rivolta la chiamata di Dio: �Ivi sono da Dio chiamati�(33). Si tratta di un �luogo� presentato in termini dinamici: i fedeli laici �vivono nel secolo, cio�implicati in tutti e singoli gli impieghi e gli affari del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza � come intessuta�(34). Essi sono persone che vivono la vita normale nel mondo, studiano, lavorano, stabiliscono rapporti amicali, sociali, professionali, culturali, ecc. Il Concilio considera la loro condizione non semplicemente come un dato esteriore e ambientale, bens� come una realt� destinata a trovare in Ges� Cristo la pienezza del suo significato(35). Anzi afferma che �lo stesso Verbo incarnato volle essere partecipe della convivenza umana (...) Santific� le relazioni umane, innanzitutto quelle familiari, dalle quali traggono origine i rapporti sociali, volontariamente sottomettendosi alle leggi della sua patria. Volle condurre la vita di un lavoratore del suo tempo e della sua regione�(36).

Il �mondo� diventa cos� l'ambito e il mezzo della vocazione cristiana dei fedeli laici, perch� esso stesso � destinato a glorificare Dio Padre in Cristo. Il Concilio pu� allora indicare il senso proprio e peculiare della vocazione divina rivolta ai fedeli laici. Non sono chiamati ad abbandonare la posizione ch'essi hanno nel mondo. Il Battesimo non li toglie affatto dal mondo, come rileva l'apostolo Paolo: �Ciascuno, fratelli, rimanga davanti a Dio in quella condizione in cui era quando � stato chiamato� (1 Cor 7, 24); ma affida loro una vocazione che riguarda proprio la situazione intramondana: i fedeli laici, infatti, �sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall'interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l'esercizio della loro funzione propria e sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo a rendere visibile Cristo agli altri, principalmente con la testimonianza della loro vita e con il fulgore della fede, della speranza e della carit�(37). Cos� l'essere e l'agire nel mondo sono per i fedeli laici una realt� non solo antropologica e sociologica, ma anche e specificamente teologica ed ecclesiale. Nella loro situazione intramondana, infatti, Dio manifesta il suo disegno e comunica la particolare vocazione di �cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio�(38).

Proprio in questa prospettiva i Padri sinodali hanno detto: �L'indole secolare del fedele laico non � quindi da definirsi soltanto in senso sociologico, ma soprattutto in senso teologico. La caratteristica secolare va intesa alla luce dell'atto creativo e redentivo di Dio, che ha affidato il mondo agli uomini e alle donne, perch� essi partecipino all'opera della creazione, liberino la creazione stessa dall'influsso del peccato e santifichino se stessi nel matrimonio o nella vita celibe, nella famiglia, nella professione e nelle varie attivit� sociali�(39).

La condizione ecclesiale dei fedeli laici viene radicalmente definita dalla loro novit� cristiana e caratterizzata dalla loro indole secolare(40).

Le immagini evangeliche del sale, della luce e del lievito, pur riguardando indistintamente tutti i discepoli di Ges�, trovano una specifica applicazione ai fedeli laici. Sono immagini splendidamente significative, perch� dicono non solo l'inserimento profondo e la partecipazione piena dei fedeli laici nella terra, nel mondo, nella comunit� umana; ma anche e soprattutto la novit� e l'originalit� di un inserimento e di una partecipazione destinati alla diffusione del Vangelo che salva.

Chiamati alla santit�

16. La dignit� dei fedeli laici ci si rivela in pienezza se consideriamo la prima e fondamentale vocazione che il Padre in Ges� Cristo per mezzo dello Spirito rivolge a ciascuno di loro: la vocazione alla santit�, ossia alla perfezione della carit�. Il santo � la testimonianza pi� splendida della dignit� conferita al discepolo di Cristo.

Sull'universale vocazione alla santit� ha avuto parole luminosissime il Concilio Vaticano II. Si pu� dire che proprio questa sia stata la consegna primaria affidata a tutti i figli e le figlie della Chiesa da un Concilio voluto per il rinnovamento evangelico della vita cristiana(41). Questa consegna non � una semplice esortazione morale, bens� un'insopprimibile esigenza del mistero della Chiesa: essa � la Vigna scelta, per mezzo della quale i tralci vivono e crescono con la stessa linfa santa e santificante di Cristo; � il Corpo mistico, le cui membra partecipano della stessa vita di santit� del Capo che � Cristo; � la Sposa amata dal Signore Ges�, che ha consegnato se stesso per santificarla (cf. Ef 5, 25 ss.). Lo Spirito che santific� la natura umana di Ges� nel seno verginale di Maria (cf. Lc 1, 35) � lo stesso Spirito che � dimorante e operante nella Chiesa al fine di comunicarle la santit� del Figlio di Dio fatto uomo.

E' quanto mai urgente che oggi tutti i cristiani riprendano il cammino del rinnovamento evangelico, accogliendo con generosit� l'invito apostolico ad �essere santi in tutta la condotta� (1 Pt 1, 15). Il Sinodo straordinario del 1985, a vent'anni dalla conclusione del Concilio, ha opportunamente insistito su questa urgenza:

�Poich� la Chiesa in Cristo � mistero, deve essere considerata segno e strumento di santit� (...). I santi e le sante sempre sono stati fonte e origine di rinnovamento nelle pi� difficili circostanze in tutta la storia della Chiesa. Oggi abbiamo grandissimo bisogno di santi, che dobbiamo implorare da Dio con assiduit�(42).

Tutti nella Chiesa, proprio perch� ne sono membri, ricevono e quindi condividono la comune vocazione alla santit�. A pieno titolo, senz'alcuna differenza dagli altri membri della Chiesa, ad essa sono chiamati i fedeli laici: �Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carit�(43); �Tutti i fedeli sono invitati e tenuti a tendere alla santit� e alla perfezione del proprio stato�(44).

La vocazione alla santit� affonda le sue radici nel Battesimo e viene riproposta dagli altri Sacramenti, principalmente dall'Eucaristia: rivestiti di Ges� Cristo e abbeverati dal suo Spirito, i cristiani sono �santi� e sono, perci�, abilitati e impegnati a manifestare la santit� del loro essere nella santit� di tutto il loro operare. L'apostolo Paolo non si stanca di ammonire tutti i cristiani perch� vivano �come si addice a santi� (Ef 5, 3).

La vita secondo lo Spirito, il cui frutto � la santificazione (cf. Rom 6, 22; Gal 5, 22), suscita ed esige da tutti e da ciascun battezzato la sequela e l'imitazione di Ges� Cristo, nell'accoglienza delle sue Beatitudini, nell'ascolto e nella meditazione della Parola di Dio, nella consapevole e attiva partecipazione alla vita liturgica e sacramentale della Chiesa, nella preghiera individuale, familiare e comunitaria, nella fame e nella sete di giustizia, nella pratica del comandamento dell'amore in tutte le circostanze della vita e nel servizio ai fratelli, specialmente se piccoli, poveri e sofferenti.

Santificarsi nel mondo

17. La vocazione dei fedeli laici alla santit� comporta che la vita secondo lo Spirito si esprima in modo peculiare nel loro inserimento nelle realt� temporali e nella loro partecipazione alle attivit� terrene. E' ancora l'apostolo ad ammonirci: �Tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Ges�, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre� (Col 3, 17). Riferendo le parole dell'apostolo ai fedeli laici, il Concilio afferma categoricamente: �N� la cura della famiglia n� gli altri impegni secolari devono essere estranei all'orientamento spirituale della vita�(45). A loro volta i Padri sinodali hanno detto: �L'unit� della vita dei fedeli laici � di grandissima importanza: essi, infatti, debbono santificarsi nell'ordinaria vita professionale e sociale. Perch� possano rispondere alla loro vocazione, dunque, i fedeli laici debbono guardare alle attivit� della vita quotidiana come occasione di unione con Dio e di compimento della sua volont�, e anche di servizio agli altri uomini, portandoli alla comunione con Dio in Cristo�(46).

La vocazione alla santit� dev'essere percepita e vissuta dai fedeli laici, prima che come obbligo esigente e irrinunciabile, come segno luminoso dell'infinito amore del Padre che li ha rigenerati alla sua vita di santit�. Tale vocazione, allora, deve dirsi una componente essenziale e inseparabile della nuova vita battesimale, e pertanto un elemento costitutivo della loro dignit�. Nello stesso tempo la vocazione alla santit� � intimamente connessa con la missione e con la responsabilit� affidate ai fedeli laici nella Chiesa e nel mondo. Infatti, gi� la stessa santit� vissuta, che deriva dalla partecipazione alla vita di santit� della Chiesa, rappresenta il primo e fondamentale contributo all'edificazione della Chiesa stessa, quale �Comunione dei Santi�. Agli occhi illuminati dalla fede si spalanca uno scenario meraviglioso: quello di tantissimi fedeli laici, uomini e donne, che proprio nella vita e nelle attivit� d'ogni giorno, spesso inosservati o addirittura incompresi, sconosciuti ai grandi della terra ma guardati con amore dal Padre, sono gli operai instancabili che lavorano nella vigna del Signore, sono gli artefici umili e grandi _ certo per la potenza della grazia di Dio _ della crescita del Regno di Dio nella storia.

La santit�, poi, deve dirsi un fondamentale presupposto e una condizione del tutto insostituibile per il compiersi della missione di salvezza nella Chiesa. E' la santit� della Chiesa la sorgente segreta e la misura infallibile della sua operosit� apostolica e del suo slancio missionario. Solo nella misura in cui la Chiesa, Sposa di Cristo, si lascia amare da Lui e Lo riama, essa diventa Madre feconda nello Spirito.

Riprendiamo di nuovo l'immagine biblica: lo sbocciare e l'espandersi dei tralci dipendono dal loro inserimento nella vite. �Come il tralcio non pu� far frutto da se stesso se non rimane nella vite, cos� anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perch� senza di me non potete far nulla� (Gv 15, 4-5).

E' naturale qui ricordare la solenne proclamazione di fedeli laici, uomini e donne, come beati e santi, avvenuta durante il mese del Sinodo. L'intero Popolo di Dio, e i fedeli laici in particolare, possono trovare ora nuovi modelli di santit� e nuove testimonianze di virt� eroiche vissute nelle condizioni comuni e ordinarie dell'esistenza umana. Come hanno detto i Padri sinodali: �Le Chiese locali e soprattutto le cosiddette Chiese pi� giovani debbono riconoscere attentamente fra i propri membri quegli uomini e quelle donne che hanno offerto in tali condizioni (le condizioni quotidiane del mondo e lo stato coniugale) la testimonianza della santit� e che possono essere di esempio agli altri affinch�, se si dia il caso, li propongano per la beatificazione e la canonizzazione�(47).

Al termine di queste riflessioni, destinate a definire la condizione ecclesiale del fedele laico, ritorna alla mente il celebre monito di San Leone Magno: �Agnosce, o Christiane, dignitatem tuam�(48). E' lo stesso monito di San Massimo, vescovo di Torino, rivolto a quanti avevano ricevuto l'unzione del santo Battesimo: �Considerate l'onore che vi � fatto in questo mistero!�(49). Tutti i battezzati sono invitati a riascoltare le parole di Sant'Agostino: �Rallegriamoci e ringraziamo: siamo diventati non solo cristiani, ma Cristo (...). Stupite e gioite: Cristo siamo diventati!�(50).

La dignit� cristiana, fonte dell'eguaglianza di tutti i membri della Chiesa, garantisce e promuove lo spirito di comunione e di fraternit�, e, nello stesso tempo, diventa il segreto e la forza del dinamismo apostolico e missionario dei fedeli laici. E' una dignit� esigente, la dignit� degli operai chiamati dal Signore a lavorare nella sua vigna: �Grava su tutti i laici _ leggiamo nel Concilio _ il glorioso peso di lavorare, perch� il divino disegno di salvezza raggiunga ogni giorno di pi� tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutta la terra�(51).

CAPITOLO II

TUTTI TRALCI DELL'UNICA VITE
La partecipazione dei fedeli laici
alla vita della Chiesa-Comunione

Il mistero della Chiesa-Comunione

18. Riascoltiamo le parole di Ges�: �Io sono la vera vite e il Padre mio � il vignaiolo (...). Rimanete in me e io in voi� (Gv 15, 1-4).

Con queste semplici parole ci viene rivelata la comunione misteriosa che vincola in unit� il Signore e i discepoli, Cristo e i battezzati: una comunione viva e vivificante, per la quale i cristiani non appartengono a se stessi ma sono propriet� di Cristo, come i tralci inseriti nella vite.

La comunione dei cristiani con Ges� ha quale modello, fonte e meta la comunione stessa del Figlio con il Padre nel dono dello Spirito Santo: uniti al Figlio nel vincolo amoroso dello Spirito, i cristiani sono uniti al Padre.

Ges� continua: �Io sono la vite, voi i tralci� (Gv 15, 5). Dalla comunione dei cristiani con Cristo scaturisce la comunione dei cristiani tra di loro: tutti sono tralci dell'unica Vite, che � Cristo. In questa comunione fraterna il Signore Ges� indica il riflesso meraviglioso e la misteriosa partecipazione all'intima vita d'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Per questa comunione Ges� prega: �Tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perch� il mondo creda che tu mi hai mandato� (Gv 17, 21).

Tale comunione � il mistero stesso della Chiesa, come ci ricorda il Concilio Vaticano II, con la celebre parola di San Cipriano: �La Chiesa universale si presenta come "un popolo adunato dall'unit� del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo"�(52). A questo mistero della Chiesa-Comunione siamo abitualmente richiamati all'inizio della celebrazione eucaristica, allorquando il sacerdote ci accoglie con il saluto dell'apostolo Paolo: �La grazia del Signore Ges� Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi� (2 Cor 13, 13).

Dopo aver delineato la �figura� dei fedeli laici nella loro dignit� dobbiamo ora riflettere sulla loro missione e responsabilit� nella Chiesa e nel mondo: ma queste si possono comprendere adeguatamente solo nel contesto vivo della Chiesa-Comunione.

Il Concilio e l'ecclesiologia di comunione

19. E' questa l'idea centrale che di se stessa la Chiesa ha riproposto nel Concilio Vaticano II, come ci ha ricordato il Sinodo straordinario del 1985, celebratosi a vent'anni dall'evento conciliare: �L'ecclesiologia di comunione � l'idea centrale e fondamentale nei documenti del Concilio. La koinonia-comunione, fondata sulla Sacra Scrittura, � tenuta in grande onore nella Chiesa antica e nelle Chiese orientali fino ai nostri giorni. Perci� molto � stato fatto dal Concilio Vaticano II perch� la Chiesa come comunione fosse pi� chiaramente intesa e concretamente tradotta nella vita. Che cosa significa la complessa parola "comunione"? Si tratta fondamentalmente della comunione con Dio per mezzo di Ges� Cristo, nello Spirito Santo. Questa comunione si ha nella parola di Dio e nei sacramenti. Il Battesimo � la porta ed il fondamento della comunione nella Chiesa. L'Eucaristia � la fonte ed il culmine di tutta la vita cristiana (cf. LG, 11). La comunione del corpo eucaristico di Cristo significa e produce, cio� edifica l'intima comunione di tutti i fedeli nel corpo di Cristo che � la Chiesa (cf. 1 Cor 10, 16 s.)�(53).

All'indomani del Concilio cos� Paolo VI si rivolgeva ai fedeli: �La Chiesa � una comunione. Che cosa vuol dire in questo caso: comunione? Noi vi rimandiamo al paragrafo del catechismo che parla della sanctorum communionem, la comunione dei santi. Chiesa vuol dire comunione dei santi. E comunione dei santi vuol dire una duplice partecipazione vitale: l'incorporazione dei cristiani nella vita di Cristo, e la circolazione della medesima carit� in tutta la compagine dei fedeli, in questo mondo e nell'altro. Unione a Cristo ed in Cristo; e unione fra i cristiani, nella Chiesa�(54).

Le immagini bibliche, con cui il Concilio ha voluto introdurci a contemplare il mistero della Chiesa, pongono in luce la realt� della Chiesa-Comunione nella sua inscindibile dimensione di comunione dei cristiani con Cristo e di comunione dei cristiani tra loro. Sono le immagini dell'ovile, del gregge, della vite, dell'edificio spirituale, della citt� santa(55). Soprattutto � l'immagine del corpo presentata dall'apostolo Paolo, la cui dottrina rifluisce fresca e attraente in numerose pagine del Concilio(56). A sua volta il Concilio riprende dall'intera storia della salvezza e ripropone l'immagine della Chiesa come Popolo di Dio: �Piacque a Dio di santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse nella verit� e santamente Lo servisse�(57). Gi� nelle sue primissime righe, la Costituzione Lumen gentium compendia in modo mirabile questa dottrina scrivendo: �La Chiesa � in Cristo come sacramento, cio� segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unit� di tutto il genere umano�(58).

La realt� della Chiesa-Comunione �, allora, parte integrante, anzi rappresenta il contenuto centrale del �mistero�, ossia del disegno divino della salvezza dell'umanit�. Per questo la comunione ecclesiale non pu� essere interpretata in modo adeguato se viene intesa come una realt� semplicemente sociologica e psicologica. La Chiesa-Comunione � il popolo �nuovo�, il popolo �messianico�, il popolo che �ha per Capo Cristo (...) per condizione la dignit� e la libert� dei figli di Dio (...) per legge il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati (...) per fine il Regno di Dio (... ed �) costituito da Cristo in una comunione di vita, di carit� e di verit�(59). I vincoli che uniscono i membri del nuovo Popolo tra di loro _ e prima ancora con Cristo _ non sono quelli della �carne� e del �sangue�, bens� quelli dello spirito, pi� precisamente quelli dello Spirito Santo, che tutti i battezzati ricevono (cf. Gl 3, 1).

Infatti, quello Spirito che dall'eternit� vincola l'unica e indivisa Trinit�, quello Spirito che �nella pienezza del tempo� (Gal 4, 4) unisce indissolubilmente la carne umana al Figlio di Dio, quello stesso e identico Spirito � nel corso delle generazioni cristiane la sorgente ininterrotta e inesauribile della comunione nella e della Chiesa.

Una comunione organica: diversit� e complementariet�

20. La comunione ecclesiale si configura, pi� precisamente, come una comunione �organica�, analoga a quella di un corpo vivo e operante: essa, infatti, � caratterizzata dalla compresenza della diversit� e della complementariet� delle vocazioni e condizioni di vita, dei ministeri, dei carismi e delle responsabilit�. Grazie a questa diversit� e complementariet� ogni fedele laico si trova in relazione con tutto il corpo e ad esso offre il suo proprio contributo.

Sulla comunione organica del Corpo mistico di Cristo insiste in modo tutto particolare l'apostolo Paolo, il cui ricco insegnamento possiamo riascoltare nella sintesi tracciata dal Concilio: Ges� Cristo _ leggiamo nella Costituzione Lumen gentium _ �comunicando il suo Spirito, costituisce misticamente come suo corpo i suoi fratelli, chiamati da tutte le genti. In quel corpo la vita di Cristo si diffonde nei credenti (...). Come tutte le membra del corpo umano, anche se numerose, formano un solo corpo, cos� i fedeli in Cristo (cf. 1 Cor 12, 12). Anche nell'edificazione del corpo di Cristo vige la diversit� delle membra e delle funzioni. Uno � lo Spirito, il quale per l'utilit� della Chiesa distribuisce i suoi vari doni con magnificenza proporzionata alla sua ricchezza e alle necessit� dei servizi (cf. 1 Cor 12, 1-11 ). Fra questi doni viene al primo posto la grazia degli Apostoli, alla cui autorit� lo stesso Spirito sottomette anche i carismatici (cf. 1 Cor 14). Ed � ancora lo Spirito stesso che, con la sua forza e mediante l'intima connessione delle membra, produce e stimola la carit� tra i fedeli. E quindi se un membro soffre, soffrono con esso tutte le altre membra; se un membro � onorato, ne gioiscono con esso tutte le altre membra (cf. 1 Cor 12, 26)�(60).

E' sempre l'unico e identico Spirito il principio dinamico della variet� e dell'unit� nella e della Chiesa. Leggiamo di nuovo nella Costituzione Lumen gentium: �Perch� poi ci rinnovassimo continuamente in Lui (Cristo) (cf. Ef 4, 23), ci ha dato del suo Spirito, il quale, unico e identico nel Capo e nelle membra, d� a tutto il corpo la vita, l'unit� e il movimento, cos� che i santi Padri poterono paragonare la sua funzione con quella che esercita il principio vitale, cio� l'anima, nel corpo umano�(61). E in un altro testo, particolarmente denso e prezioso per cogliere l'�organicit� propria della comunione ecclesiale anche nel suo aspetto di crescita incessante verso la perfetta comunione, il Concilio scrive: �Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (cf. 1 Cor 3, 16; 6, 19) e in essi prega e rende testimonianza dell'adozione filiale (cf. Gal 4, 6; Rom 8, 15-16. 26). Egli guida la Chiesa verso tutta intera la verit� (cf. Gv 16, 13), la unifica nella comunione e nel servizio, la istruisce e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti (cf. Ef 4, 11-12; 1 Cor 12, 4; Gal 5, 22). Con la forza del Vangelo fa ringiovanire la Chiesa, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione con il suo Sposo. Poich� lo Spirito e la Sposa dicono al Signore Ges�: Vieni! (cf. Ap 22, 17�(62).

La comunione ecclesiale �, dunque, un dono, un grande dono dello Spirito Santo, che i fedeli laici sono chiamati ad accogliere con gratitudine e, nello stesso tempo, a vivere con profondo senso di responsabilit�. Ci� si attua concretamente mediante la loro partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa, al cui servizio i fedeli laici pongono i loro diversi e complementari ministeri e carismi.

Il fedele laico �non pu� mai chiudersi in se stesso, isolandosi spiritualmente dalla comunit�, ma deve vivere in un continuo scambio con gli altri, con un vivo senso di fraternit�, nella gioia di una uguale dignit� e nell'impegno di far fruttificare insieme l'immenso tesoro ricevuto in eredit�. Lo Spirito del Signore dona a lui, come agli altri, molteplici carismi, lo invita a differenti ministeri e incarichi, gli ricorda, come anche lo ricorda agli altri in rapporto con lui, che tutto ci� che lo distingue non � un di pi� di dignit�, ma una speciale e complementare abilitazione al servizio (...).Cos�, i carismi, i ministeri, gli incarichi ed i servizi del Fedele Laico esistono nella comunione e per la comunione. Sono ricchezze complementari a favore di tutti, sotto la saggia guida dei Pastori�(63).

I ministeri e i carismi, doni dello Spirito alla Chiesa

21. Il Concilio Vaticano II presenta i ministeri e i carismi come doni dello Spirito Santo per l'edificazione del Corpo di Cristo e per la sua missione di salvezza nel mondo(64). La Chiesa, infatti, � diretta e guidata dallo Spirito che elargisce diversi doni gerarchici e carismatici a tutti i battezzati chiamandoli ad essere, ciascuno a suo modo, attivi e corresponsabili.

Consideriamo ora i ministeri e i carismi in diretto riferimento ai fedeli laici e alla loro partecipazione alla vita della Chiesa-Comunione.

Ministeri, uffici e funzioni

I ministeri presenti e operanti nella Chiesa sono tutti, anche se in modalit� diverse, una partecipazione al ministero di Ges� Cristo, il buon Pastore che d� la vita per le sue pecore (cf. Gv 10, 11 ), il servo umile e totalmente sacrificato per la salvezza di tutti (cf. Mc 10, 45). Paolo � oltremodo chiaro nel parlare della costituzione ministeriale delle Chiese apostoliche. Nella Prima Lettera ai Corinzi scrive: �Alcuni Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri (...)� (1 Cor 12, 28). Nella Lettera agli Efesini leggiamo: �A ciascuno di noi � stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo (...). E' lui che ha dato da una parte gli apostoli, d'altra parte i profeti, gli evangelisti, i pastori e i maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finch� arriviamo tutti all'unit� della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturit� di Cristo� (Ef 4, 7. 11-13; cf. Rom 12, 4-8). Come appare da questi e da altri testi del Nuovo Testamento, i ministeri, come pure i doni e i compiti ecclesiali, sono molteplici e diversi.

I ministeri derivanti dall'Ordine

22. Nella Chiesa si trovano in primo luogo, i ministeri ordinati, ossia i ministeri che derivano dal sacramento dell'Ordine. Il Signore Ges�, infatti, ha scelto e costituito gli Apostoli, seme del Popolo della Nuova Alleanza e origine della sacra Gerarchia(65), affidando loro il mandato di fare discepole tutte le genti (cf. Mt 28, 19), di formare e di reggere il popolo sacerdotale. La missione degli Apostoli, che il Signore Ges� continua a trasmettere ai pastori del suo popolo, � un vero servizio, significativamente chiamato nella Sacra Scrittura �diakonia�, ossia servizio, ministero. Nella ininterrotta successione apostolica i ministri ricevono il carisma dello Spirito Santo dal Cristo Risorto mediante il sacramento dell'Ordine: ricevono cos� l'autorit� e il potere sacro di agire �in persona Christi Capitis� (nella persona di Cristo Capo)(66) per servire la Chiesa e per radunarla nello Spirito Santo per mezzo del Vangelo e dei sacramenti.

I ministeri ordinati, prima ancora che per le persone che li ricevono, sono una grazia per l'intera Chiesa. Essi esprimono e attuano una partecipazione al sacerdozio di Ges� Cristo che � diversa, non solo per grado ma per essenza, dalla partecipazione donata con il Battesimo e con la Confermazione a tutti i fedeli. D'altra parte il sacerdozio ministeriale, come ha ricordato il Concilio Vaticano II, � essenzialmente finalizzato al sacerdozio regale di tutti i fedeli e ad esso ordinato(67).

Per questo, per assicurare e per far crescere la comunione nella Chiesa, in particolare nell'ambito dei diversi e complementari ministeri, i pastori devono riconoscere che il loro ministero � radicalmente ordinato al servizio di tutto il Popolo di Dio (cf. Eb 5, 1), e, a loro volta, i fedeli laici devono riconoscere che il sacerdozio ministeriale � del tutto necessario per la loro vita e per la loro partecipazione alla missione nella Chiesa(68).

Ministeri, uffici e funzioni dei laici

23. La missione salvifica della Chiesa nel mondo � attuata non solo dai ministri in virt� del sacramento dell'Ordine ma anche da tutti i fedeli laici: questi, infatti, in virt� della loro condizione battesimale e della loro specifica vocazione, nella misura a ciascuno propria, partecipano all'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo.

I pastori, pertanto, devono riconoscere e promuovere i ministeri, gli uffici e le funzioni dei fedeli laici, che hanno il loro fondamento sacramentale nel Battesimo e nella Confermazione, nonch�, per molti di loro, nel Matrimonio.

Quando poi la necessit� o l'utilit� della Chiesa lo esige, i pastori possono affidare ai fedeli laici, secondo le norme stabilite dal diritto universale, alcuni compiti che sono connessi con il loro proprio ministero di pastori ma che non esigono il carattere dell'Ordine. Il Codice di Diritto Canonico scrive: �Ove le necessit� della Chiesa lo suggeriscano, in mancanza di ministri, anche i laici, pur senza essere lettori o accoliti, possono supplire alcuni dei loro uffici, cio� esercitare il ministero della parola, presiedere alle preghiere liturgiche, amministrare il Battesimo e distribuire la sacra Comunione, secondo le disposizioni del diritto�(69).L'esercizio per� di questi compiti non fa del fedele laico un pastore: in realt� non � il compito a costituire il ministero, bens� l'ordinazione sacramentale. Solo il sacramento dell'Ordine attribuisce al ministero ordinato una peculiare partecipazione all'ufficio di Cristo Capo e Pastore e al suo sacerdozio eterno(70). Il compito esercitato in veste di supplente deriva la sua legittimazione immediatamente e formalmente dalla deputazione ufficiale data dai pastori, e nella sua concreta attuazione � diretto dall'autorit� ecclesiastica(71).

La recente Assemblea del Sinodo ha presentato un ampio e significativo panorama della situazione ecclesiale circa i ministeri, gli uffici e le funzioni dei battezzati. I Padri hanno vivamente apprezzato l'apporto apostolico dei fedeli laici, uomini e donne, in favore dell'evangelizzazione, della santificazione e dell'animazione cristiana delle realt� temporali, come pure la loro generosa disponibilit� alla supplenza in situazioni di emergenza e di croniche necessit�(72).

In seguito al rinnovamento liturgico promosso dal Concilio, gli stessi fedeli laici hanno acquisito pi� viva coscienza dei loro compiti nell'assemblea liturgica e nella sua preparazione, e si sono resi ampiamente disponibili a svolgerli: la celebrazione liturgica, infatti, � un'azione sacra non soltanto del clero, ma di tutta l'assemblea. E' naturale, pertanto, che i compiti non propri dei ministri ordinati siano svolti dai fedeli laici(73). Il passaggio poi da un effettivo coinvolgimento dei fedeli laici nell'azione liturgica a quello nell'annuncio della Parola di Dio e nella cura pastorale � stato spontaneo(74).

Nella stessa Assemblea sinodale non sono mancati per�, insieme a quelli positivi, giudizi critici circa l'uso troppo indiscriminato del termine �ministero�, la confusione e talvolta il livellamento tra il sacerdozio comune e il sacerdozio ministeriale, la scarsa osservanza di certe leggi e norme ecclesiastiche, l'interpretazione arbitraria del concetto di �supplenza�, la tendenza alla �clericalizzazione� dei fedeli laici e il rischio di creare di fatto una struttura ecclesiale di servizio parallela a quella fondata sul sacramento dell'Ordine.

Proprio per superare questi pericoli i Padri sinodali hanno insistito sulla necessit� che siano espresse con chiarezza, anche servendosi di una terminologia pi� precisa(75), l'unit� di missione della Chiesa, alla quale partecipano tutti i battezzati, ed insieme l'essenziale diversit� di ministero dei pastori, radicato nel sacramento dell'Ordine, rispetto agli altri ministeri, uffici e funzioni ecclesiali, che sono radicati nei sacramenti del Battesimo e della Confermazione.

E' necessario allora, in primo luogo, che i pastori, nel riconoscere e nel conferire ai fedeli laici i vari ministeri, uffici e funzioni, abbiano la massima cura di instruirli sulla radice battesimale di questi compiti. E' necessario poi che i pastori siano vigilanti perch� si eviti un facile ed abusivo ricorso a presunte �situazioni di emergenza� o di �necessaria supplenza�, l� dove obiettivamente non esistono o l� dove � possibile ovviarvi con una programmazione pastorale pi� razionale.

I vari ministeri, uffici e funzioni che i fedeli laici possono legittimamente svolgere nella liturgia, nella trasmissione della fede e nelle strutture pastorali della Chiesa, dovranno essere esercitati in conformit� alla loro specifica vocazione laicale, diversa da quella dei sacri ministri. In tal senso, l'Esortazione Evangelii nuntiandi, che tanta e benefica parte ha avuto nello stimolare la diversificata collaborazione dei fedeli laici alla vita e alla missione evangelizzatrice della Chiesa, ricorda che �il campo proprio della loro attivit� evangelizzatrice � il mondo vasto e complicato della politica, della realt� sociale, dell'economia; cos� pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; ed anche di altre realt� particolarmente aperte all'evangelizzazione, quali l'amore, la famiglia, l'educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza. Pi� ci saranno laici penetrati di spirito evangelico, responsabili di queste realt� ed esplicitamente impegnati in esse, competenti nel promuoverle e consapevoli di dover sviluppare tutta la loro capacit� cristiana spesso tenuta nascosta e soffocata, tanto pi� queste realt�, senza nulla perdere n� sacrificare del loro coefficiente umano, ma manifestando una dimensione trascendente spesso sconosciuta, si troveranno al servizio dell'edificazione del Regno di Dio, e quindi della salvezza in Ges� Cristo�(76).

Durante i lavori del Sinodo i Padri hanno dedicato non poca attenzione al Lettorato e all'Accolitato. Mentre in passato esistevano nella Chiesa Latina soltanto come tappe spirituali dell'itinerario verso i ministeri ordinati, con il Motu proprio di Paolo VI Ministeria quaedam (15Agosto 1972) essi hanno ricevuto una loro autonomia e stabilit�, come pure una loro possibile destinazione agli stessi fedeli laici, sia pure soltanto uomini. Nello stesso senso si � espresso il nuovo Codice di Diritto Canonico(77). Ora i Padri sinodali hanno espresso il desiderio che �il Motu proprio "Ministeria quaedam" sia rivisto, tenendo conto dell'uso delle Chiese locali e soprattutto indicando i criteri secondo cui debbano essere scelti i destinatari di ciascun ministero�(78).

In tal senso � stata costituita un'apposita Commissione non solo per rispondere a questo desiderio espresso dai Padri sinodali, ma anche e ancor pi� per studiare in modo approfondito i diversi problemi teologici, liturgici, giuridici e pastorali sollevati dall'attuale grande fioritura di ministeri affidati ai fedeli laici.

In attesa che la Commissione concluda il suo studio, perch� la prassi ecclesiale dei ministeri affidati ai fedeli laici risulti ordinata e fruttuosa, dovranno essere fedelmente rispettati da tutte le Chiese particolari i principi teologici sopra ricordati, in particolare la diversit� essenziale tra il sacerdozio ministeriale e il sacerdozio comune e, conseguentemente, la diversit� tra i ministeri derivanti dal sacramento dell'Ordine e i ministeri derivanti dai sacramenti del Battesimo e della Confermazione.

I carismi

24. Lo Spirito Santo, mentre affida alla Chiesa-Comunione i diversi ministeri, l'arricchisce di altri particolari doni e impulsi, chiamati carismi. Possono assumere le forme pi� diverse, sia come espressione dell'assoluta libert� dello Spirito che li elargisce, sia come risposta alle esigenze molteplici della storia della Chiesa. La descrizione e la classificazione che di questi doni fanno i testi del Nuovo Testamento sono un segno della loro grande variet�: �E a ciascuno � data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilit� comune: a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell'unico Spirito; a uno il potere dei miracoli, a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro le variet� delle lingue; a un altro infine l'interpretazione delle lingue� (1 Cor 12, 7-10; cf. 1 Cor 12, 4-6. 28-31; Rom 12, 6-8; 1 Pt 4, 10-11).

Straordinari o semplici e umili, i carismi sono grazie dello Spirito Santo che hanno, direttamente o indirettamente, un'utilit� ecclesiale, ordinati come sono all'edificazione della Chiesa, al bene degli uomini e alle necessit� del mondo.

Anche ai nostri tempi non manca la fioritura di diversi carismi tra i fedeli laici, uomini e donne. Sono dati alla persona singola, ma possono anche essere condivisi da altri e in tal modo vengono continuati nel tempo come una preziosa e viva eredit�, che genera una particolare affinit� spirituale tra le persone. Proprio in riferimento all'apostolato dei laici il Concilio Vaticano II scrive: �Per l'esercizio di tale apostolato lo Spirito Santo, che opera la santificazione del Popolo di Dio per mezzo del ministero e dei sacramenti, elargisce ai fedeli anche dei doni particolari (cf. 1 Cor 12, 7), "distribuendoli a ciascuno come vuole" (1 Cor 12, 11), affinch�, "mettendo ciascuno a servizio degli altri la grazia ricevuta", contribuiscano anch'essi, "come buoni dispensatori delle diverse grazie ricevute da Dio" (1 Pt 4, 10), alla edificazione di tutto il corpo nella carit� (cf. Ef 4, 16)�(79).

Nella logica dell'originaria donazione da cui sono scaturiti, i doni dello Spirito esigono che quanti li hanno ricevuti li esercitino per la crescita di tutta la Chiesa, come ci ricorda il Concilio(80).

I carismi vanno accolti con gratitudine: da parte di chi li riceve, ma anche da parte di tutti nella Chiesa. Sono, infatti, una singolare ricchezza di grazia per la vitalit� apostolica e per la santit� dell'intero Corpo di Cristo: purch� siano doni che derivino veramente dallo Spirito e vengano esercitati in piena conformit� agli impulsi autentici dello Spirito. In tal senso si rende sempre necessario il discernimento dei carismi. In realt�, come hanno detto i Padri sinodali, �l'azione dello Spirito Santo, che soffia dove vuole, non � sempre facile da riconoscere e da accogliere. Sappiamo che Dio agisce in tutti i fedeli cristiani e siamo coscienti dei benefici che vengono dai carismi sia per i singoli sia per tutta la comunit� cristiana. Tuttavia, siamo anche coscienti della potenza del peccato e dei suoi sforzi per turbare e per confondere la vita dei fedeli e della comunit�(81).

Per questo nessun carisma dispensa dal riferimento e dalla sottomissione ai Pastori della Chiesa. Con chiare parole il Concilio scrive: �Il giudizio sulla loro (dei carismi) genuinit� e sul loro esercizio ordinato appartiene a quelli che presiedono nella Chiesa, ai quali spetta specialmente, non di estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ci� che � buono (cf. 1 Tess 5, 12 e 19-21)�(82), affinch� tutti i carismi cooperino, nella loro diversit� e complementariet�, al bene comune(83).

La pertecipazione dei fedeli laici alla vita della Chiesa

25. I fedeli laici partecipano alla vita della Chiesa non solo mettendo in opera i loro compiti e carismi, ma anche in molti altri modi.

Tale partecipazione trova la sua prima e necessaria espressione nella vita e missione delle Chiese particolari, delle diocesi, nelle quali �� veramente presente e agisce la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica�(84).

Chiese particolari e Chiesa universale

Per un'adeguata partecipazione alla vita ecclesiale � del tutto urgente che i fedeli laici abbiano una visione chiara e precisa della Chiesa particolare nel suo originale legame con la Chiesa universale. La Chiesa particolare non nasce da una specie di frammentazione della Chiesa universale, n� la Chiesa universale viene costituita dalla semplice somma delle Chiese particolari; ma un vivo, essenziale e costante vincolo le unisce tra loro, in quanto la Chiesa universale esiste e si manifesta nelle Chiese particolari. Per questo il Concilio dice che le Chiese particolari sono �formate a immagine della Chiesa universale, nelle quali e a partire dalle quali esiste la sola e unica Chiesa cattolica�(85).

Lo stesso Concilio stimola con forza i fedeli laici a vivere operosamente la loro appartenenza alla Chiesa particolare, assumendo nello stesso tempo un respiro sempre pi� �cattolico�: �Coltivino costantemente _ leggiamo nel Decreto sull'apostolato dei laici _ il senso della diocesi, di cui la parrocchia � come una cellula, sempre pronti, all'invito del loro Pastore, ad unire anche le proprie forze alle iniziative diocesane. Anzi, per venire incontro alle necessit� delle citt� e delle zone rurali, non limitino la loro propria cooperazione entro i confini della parrocchia o della diocesi, ma procurino di allargarla all'ambito interparrocchiale, interdiocesano, nazionale o internazionale, tanto pi� che il crescente spostamento delle popolazioni, lo sviluppo delle mutue relazioni e la facilit� delle comunicazioni non consentono pi� ad alcuna parte della societ� di rimanere chiusa in se stessa. Cos� abbiano a cuore le necessit� del Popolo di Dio sparso su tutta la terra�(86).

Il recente Sinodo ha chiesto, in tal senso, che si favorisca la creazione dei Cansigli Pastorali diocesani, ai quali ricorrere secondo le opportunit�. Si tratta, in realt�, della principale forma di collaborazione e di dialogo, come pure di discernimento, a livello diocesano. La partecipazione dei fedeli laici a questi Consigli potr� ampliare il ricorso alla consultazione e il principio della collaborazione _ che in certi casi � anche di decisione _ verr� applicato in un modo pi� esteso e forte(87).

La partecipazione dei fedeli laici nei Sinodi diocesani e nei Concili particolari, provinciali o plenari, � prevista dal Codice di Diritto Canonico(88); essa potr� contribuire alla comunione e alla missione ecclesiale della Chiesa particolare, sia nel suo proprio ambito sia in relazione con le altre Chiese particolari della provincia ecclesiastica o della Conferenza Episcopale.

Le Conferenze Episcopali sono chiamate a valutare il modo pi� opportuno di sviluppare, a livello nazionale o regionale, la consultazione e la collaborazione dei fedeli laici, uomini e donne: si potranno cos� soppesare bene i problemi comuni e meglio si manifester� la comunione ecclesiale di tutti(89).

La parrocchia

26. La comunione ecclesiale, pur avendo sempre una dimensione universale, trova la sua espressione pi� immediata e visibile nella parrocchia: essa � l'ultima localizzazione della Chiesa, � in un certo senso la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie(90).

E' necessario che tutti riscopriamo, nella fede, il vero volto della parrocchia, ossia il �mistero� stesso della Chiesa presente e operante in essa: anche se a volte povera di persone e di mezzi, anche se altre volte dispersa su territori quanto mai vasti o quasi introvabile all'interno di popolosi e caotici quartieri moderni, la parrocchia non � principalmente una struttura, un territorio, un edificio; � piuttosto �la famiglia di Dio, come una fraternit� animata dallo spirito d'unit�(91), � �una casa di famiglia, fraterna ed accogliente�(92), � la �comunit� di fedeli�(93). In definitiva, la parrocchia � fondata su di una realt� teologica, perch� essa � unacomunit� eucaristica(94). Ci� significa che essa � una comunit� idonea a celebrare l'Eucaristia, nella quale stanno la radice viva del suo edificarsi e il vincolo sacramentale del suo essere in piena comunione con tutta la Chiesa. Tale idoneit� si radica nel fatto che la parrocchia � una comunit� di fede e una comunit� organica, ossia costituita dai ministri ordinati e dagli altri cristiani, nella quale il parroco _ che rappresenta il Vescovo diocesano(95) _ � il vincolo gerarchico con tutta la Chiesa particolare.

E' certamente immane il compito della Chiesa ai nostri giorni e ad assolverlo non pu� certo bastare la parrocchia da sola. Per questo il Codice di Diritto Canonico prevede forme di collaborazione tra parrocchie nell'ambito del territorio(96) e raccomanda al Vescovo la cura di tutte le categorie di fedeli, anche di quelle che non sono raggiunte dalla cura pastorale ordinaria(97). Infatti, molti luoghi e forme di presenza e di azione sono necessari per recare la parola e la grazia del Vangelo nelle svariate condizioni di vita degli uomini d'oggi, e molte altre funzioni di irradiazione religiosa e d'apostolato d'ambiente, nel campo culturale, sociale, educativo, professionale, ecc., non possono avere come centro o punto di partenza la parrocchia. Eppure anche oggi la parrocchia vive una nuova e promettente stagione. Come diceva Paolo VI, all'inizio del suo pontificato, rivolgendosi al Clero romano: �Crediamo semplicemente che questa antica e venerata struttura della parrocchia ha una missione indispensabile e di grande attualit�; ad essa spetta creare la prima comunit� del popolo cristiano; ad essa iniziare e raccogliere il popolo nella normale espressione della vita liturgica; ad essa conservare e ravvivare la fede nella gente d'oggi; ad essa fornirle la scuola della dottrina salvatrice di Cristo; ad essa praticare nel sentimento e nell'opera l'umile carit� delle opere buone e fraterne�(98).

I Padri sinodali, dal canto loro, hanno attentamente considerato l'attuale situazione di molte parrocchie, sollecitando un loro pi� deciso rinnovamento : �Molte parrocchie, sia in regioni urbanizzate sia in territorio missionario, non possono funzionare con pienezza effettiva per la mancanza di mezzi materiali o di uomini ordinati, o anche per l'eccessiva estensione geografica e per la speciale condizione di alcuni cristiani (come, per esempio, gli esuli e gli emigranti). Perch� tutte queste parrocchie siano veramente comunit� cristiane, le autorit� locali devono favorire: a) l'adattamento delle strutture parrocchiali con la flessibilit� ampia concessa dal Diritto Canonico, soprattutto promuovendo la partecipazione dei laici alle responsabilit� pastorali; b) le piccole comunit� ecclesiali di base, dette anche comunit� vive, dove i fedeli possano comunicarsi a vicenda la Parola di Dio ed esprimersi nel servizio e nell'amore; queste comunit� sono vere espressioni della comunione ecclesiale e centri di evangelizzazione, in comunione con i loro Pastori�(99). Per il rinnovamento delle parrocchie e per meglio assicurare la loro efficacia operativa si devono favorire forme anche istituzionali di cooperazione tra le diverse parrocchie di un medesimo territorio.

L'impegno apostolico nella parrocchia

27. E' necessario ora considerare pi� da vicino la comunione e la partecipazione dei fedeli laici alla vita della parrocchia. In tal senso � da richiamarsi l'attenzione di tutti i fedeli laici, uomini e donne, su di una parola tanto vera, significativa e stimolante del Concilio: �All'interno delle comunit� della Chiesa _ leggiamo nel Decreto sull'apostolato dei laici _ la loro azione � talmente necessaria che senza di essa lo stesso apostolato dei pastori non pu� per lo pi� raggiungere la sua piena efficacia�(100). E', questa, un'affermazione radicale, che dev'essere evidentemente intesa nella luce della �ecclesiologia di comunione�: essendo diversi e complementari, i ministeri e i carismi sono tutti necessari alla crescita della Chiesa, ciascuno secondo la propria modalit�.

I fedeli laici devono essere sempre pi� convinti del particolare significato che assume l'impegno apostolico nella loro parrocchia. E' ancora il Concilio a rilevarlo autorevolmente: �La parrocchia offre un luminoso esempio di apostolato comunitario, fondendo insieme tutte le differenze umane che vi si trovano e inserendole nell'universalit� della Chiesa. Si abituino i laici a lavorare nella parrocchia intimamente uniti ai loro sacerdoti, ad esporre alla comunit� della Chiesa i propri problemi e quelli del mondo e le questioni che riguardano la salvezza degli uomini, perch� siano esaminati e risolti con il concorso di tutti; a dare, secondo le proprie possibilit�, il loro contributo ad ogni iniziativa apostolica e missionaria della propria famiglia ecclesiastica�(101).

L'accenno conciliare all'esame e alla risoluzione dei problemi pastorali �con il concorso di tutti� deve trovare il suo adeguato e strutturato sviluppo nella valorizzazione pi� convinta, ampia e decisa dei Consigli pastorali parrocchiali, sui quali hanno giustamente insistito i Padri sinodali(102).

Nelle circostanze attuali i fedeli laici possono e devono fare moltissimo per la crescita di un'autentica comunione ecclesiale all'interno delle loro parrocchie e per ridestare lo slancio missionario verso i non credenti e verso gli stessi credenti che hanno abbandonato o affievolito la pratica della vita cristiana.

Se la parrocchia � la Chiesa posta in mezzo alle case degli uomini, essa vive e opera profondamente inserita nella societ� umana e intimamente solidale con le sue aspirazioni e i suoi drammi. Spesso il contesto sociale, soprattutto in certi paesi e ambienti, � violentemente scosso da forze di disgregazione e di disumanizzazione: l'uomo � smarrito e disorientato, ma nel cuore gli rimane sempre pi� il desiderio di poter sperimentare e coltivare rapporti pi� fraterni e pi� umani La risposta a tale desiderio pu� venire dalla parrocchia, quando questa, con la viva partecipazione dei fedeli laici, rimane coerente alla sua originaria vocazione e missione: essere nel mondo �luogo� della comunione dei credenti e insieme �segno� e �strumento� della vocazione di tutti alla comunione; in una parola, essere la casa aperta a tutti e al servizio di tutti o, come amava dire il Papa Giovanni XXIII, la fontana del villaggio alla quale tutti ricorrono per la loro sete.

Forme di partecipazione nella vita della Chiesa

28. I fedeli laici, unitamente ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, formano l'unico Popolo di Dio e Corpo di Cristo.

L'essere �membri� della Chiesa nulla toglie al fatto che ciascun cristiano sia un essere �unico e irripetibile�, bens� garantisce e promuove il senso pi� profondo della sua unicit� e irripetibilit�, in quanto fonte di variet� e di ricchezza per l'intera Chiesa. In tal senso Dio in Ges� Cristo chiama ciascuno col proprio inconfondibile nome. L'appello del Signore: �Andate anche voi nella mia vigna� si rivolge a ciascuno personalmente e suona: �Vieni anche tu nella mia vigna!�.

Cos� ciascuno nella sua unicit� e irripetibilit�, con il suo essere e con il suo agire, si pone al servizio della crescita della comunione ecclesiale, come peraltro singolarmente riceve e fa sua la comune ricchezza di tutta la Chiesa. E' questa la �Comunione dei Santi�, da noi professata nel Credo: il bene di tutti diventa il bene di ciascuno e il bene di ciascuno diventa il bene di tutti. �Nella santa Chiesa _ scrive San Gregorio Magno _ ognuno � sostegno degli altri e gli altri sono suo sostegno�(103).

Forme personali di partecipazione

E' del tutto necessario che ciascun fedele laico abbia sempre viva coscienza di essere un �membro della Chiesa�, al quale � affidato un compito originale insostituibile e indelegabile, da svolgere per il bene di tutti. In una simile prospettiva assume tutto il suo significato l'affermazione conciliare circa l'assoluta necessit� dell'apostolato della singola persona: �L'apostolato che i singoli devono svolgere, sgorgando abbondantemente dalla fonte di una vita veramente cristiana (cf. Gv 4, 14), � la prima forma e la condizione di ogni apostolato dei laici, anche di quello associato, ed � insostituibile. A tale apostolato, sempre e dovunque proficuo, ma in certe circostanze l'unico adatto e possibile, sono chiamati e obbligati tutti i laici, di qualsiasi condizione, anche se manca loro l'occasione o la possibilit� di collaborare nelle associazioni�(104).

Nell'apostolato personale ci sono grandi ricchezze che chiedono di essere scoperte per un'intensificazione del dinamismo missionario di ciascun fedele laico. Con tale forma di apostolato, l'irradiazione del Vangelo pu� farsi quanto mai capillare, giungendo a tanti luoghi e ambienti quanti sono quelli legati alla vita quotidiana e concreta dei laici. Si tratta, inoltre, di un'irradiazione costante, essendo legata alla continua coerenza della vita personale con la fede; come pure di un'irradiazione particolarmente incisiva, perch�, nella piena condivisione delle condizioni di vita, del lavoro, delle difficolt� e speranze dei fratelli, i fedeli laici possono giungere al cuore dei loro vicini o amici o colleghi, aprendolo all'orizzonte totale, al senso pieno dell'esistenza: la comunione con Dio e tra gli uomini.

Forme aggregative di partecipazione

29. La comunione ecclesiale, gi� presente e operante nell'azione della singola persona, trova una sua specifica espressione nell'operare associato dei fedeli laici, ossia nell'azione solidale da essi svolta nel partecipare responsabilmente alla vita e alla missione della Chiesa.

In questi ultimi tempi il fenomeno dell'aggregarsi dei laici tra loro � venuto ad assumere caratteri di particolare variet� e vivacit�. Se sempre nella storia della Chiesa l'aggregarsi dei fedeli ha rappresentato in qualche modo una linea costante, come testimoniano sino ad oggi le varie confraternite, i terzi ordini e i diversi sodalizi, esso ha per� ricevuto uno speciale impulso nei tempi moderni, che hanno visto il nascere e il diffondersi di molteplici forme aggregative: associazioni, gruppi, comunit�, movimenti. Possiamo parlare di una nuova stagione aggregativa dei fedeli laici. Infatti, �accanto all'associazionismo tradizionale, e talvolta alle sue stesse radici, sono germogliati movimenti e sodalizi nuovi, con fisionomia e finalit� specifiche: tanta � la ricchezza e la versatilit� delle risorse che lo Spirito alimenta nel tessuto ecclesiale, e tanta � pure la capacit� d'iniziativa e la generosit� del nostro laicato�(105).

Queste aggregazioni di laici si presentano spesso assai diverse le une dalle altre in vari aspetti, come la configurazione esteriore, i cammini e metodi educativi, e i campi operativi. Trovano per� le linee di un'ampia e profonda convergenza nella finalit� che le anima: quella di partecipare responsabilmente alla missione della Chiesa di portare il Vangelo di Cristo come fonte di speranza per l'uomo e di rinnovamento per la societ�.

L'aggregarsi dei fedeli laici per motivi spirituali e apostolici scaturisce da pi� fonti e corrisponde ad esigenze diverse: esprime, infatti, la natura sociale della persona e obbedisce all'istanza di una pi� vasta ed incisiva efficacia operativa. In realt�, l'incidenza �culturale�, sorgente e stimolo ma anche frutto e segno di ogni altra trasformazione dell'ambiente e della societ�, pu� realizzarsi solo con l'opera non tanto dei singoli quanto di un �soggetto sociale�, ossia di un gruppo, di una comunit�, di un'associazione, di un movimento. Ci� � particolarmente vero nel contesto della societ� pluralistica e frantumata _ com'� quella attuale in tante parti del mondo _ e di fronte a problemi divenuti enormemente complessi e difficili. D'altra parte, soprattutto in un mondo secolarizzato, le varie forme aggregative possono rappresentare per tanti un aiuto prezioso per una vita cristiana coerente alle esigenze del Vangelo e per un impegno missionario e apostolico.

Al di l� di questi motivi, la ragione profonda che giustifica ed esige l'aggregarsi dei fedeli laici � di ordine teologico: � una ragione ecclesiologica, come apertamente riconosce il Concilio Vaticano II che indica nell'apostolato associato un �segno della comunione e dell'unit� della Chiesa in Cristo�(106).

E' un �segno� che deve manifestarsi nei rapporti di �comunione� sia all'interno che all'esterno delle varie forme aggregative nel pi� ampio contesto della comunit� cristiana. Proprio la ragione ecclesiologica indicata spiega, da un lato il �diritto� di aggregazione proprio dei fedeli laici, dall'altro lato la necessit� di �criteri� di discernimento circa l'autenticit� ecclesiale delle loro forme aggregative.

E' anzitutto da riconoscersi la libert� associativa dei fedeli laici nella Chiesa. Tale libert� � un vero e proprio diritto che non deriva da una specie di �concessione� dell'autorit�, ma che scaturisce dal Battesimo, quale sacramento che chiama i fedeli laici a partecipare attivamente alla comunione e alla missione della Chiesa. Al riguardo � del tutto chiaro il Concilio: �Salva la dovuta relazione con l'autorit� ecclesiastica, i laici hanno il diritto di creare e guidare associazioni e dare nome a quelle fondate�(107). E il recente Codice testualmente afferma: �I fedeli hanno il diritto di fondare e di dirigere liberamente associazioni che si propongano un fine di carit� o di piet�, oppure associazioni che si propongano l'incremento della vocazione cristiana nel mondo; hanno anche il diritto di tenere riunioni per il raggiungimento comune di tali finalit�(108).

Si tratta di una libert� riconosciuta e garantita dall'autorit� ecclesiastica e che dev'essere esercitata sempre e solo nella comunione della Chiesa: in tal senso il diritto dei fedeli laici ad aggregarsi � essenzialmente relativo alla vita di comunione e alla missione della Chiesa stessa.

Criteri di ecclesialit� per le aggregazioni laicali

30. E' sempre nella prospettiva della comunione e della missione della Chiesa, e dunque non in contrasto con la libert� associativa, che si comprende la necessit� di criteri chiari e precisi di discernimento e di riconoscimento delle aggregazioni laicali, detti anche �criteri di ecclesialit�.

Come criteri fondamentali per il discernimento di ogni e qualsiasi aggregazione dei fedeli laici nella Chiesa si possono considerare, in modo unitario, i seguenti:

-Il primato dato alla vocazione di ogni cristiano alla santit�, manifestata �nei frutti della grazia che lo Spirito produce nei fedeli�(109) come crescita verso la pienezza della vita cristiana e la perfezione della carit�(110). In tal senso ogni e qualsiasi aggregazione di fedeli laici � chiamata ad essere sempre pi� strumento di santit� nella Chiesa, favorendo e incoraggiando �una pi� intima unit� tra la vita pratica dei membri e la loro fede�(111).

-La responsabilit� di confessare la fede cattolica, accogliendo e proclamando la verit� su Cristo, sulla Chiesa e sull'uomo in obbedienza al Magistero della Chiesa, che autenticamente la interpreta. Per questo ogni aggregazione di fedeli laici dev'essere luogo di annuncio e di proposta della fede e di educazione ad essa nel suo integrale contenuto.

-La testimonianza di una comunione salda e convinta, in relazione filiale con il Papa, perpetuo e visibile centro dell'unit� della Chiesa universale(112), e con il Vescovo �principio visibile e fondamento dell'unit�(113) della Chiesa particolare, e nella �stima vicendevole fra tutte le forme di apostolato nella Chiesa�(114).

La comunione con il Papa e con il Vescovo � chiamata ad esprimersi nella leale disponibilit� ad accogliere i loro insegnamenti dottrinali e orientamenti pastorali. La comunione ecclesiale esige, inoltre, il riconoscimento della legittima pluralit� delle forme aggregative dei fedeli laici nella Chiesa e, nello stesso tempo, la disponibilit� alla loro reciproca collaborazione.

- La conformit� e la partecipazione al fine apostolico della Chiesa, ossia �l'evangelizzazione e la santificazione degli uomini e la formazione cristiana della loro coscienza, in modo che riescano a permeare di spirito evangelico le varie comunit� e i vari ambienti�(115).

In questa prospettiva, da tutte le forme aggregative di fedeli laici, e da ciascuna di esse, � richiesto uno slancio missionario che le renda sempre pi� soggetti di una nuova evangelizzazione.

- L'impegno di una presenza nella societ� umana che, alla luce della dottrina sociale della Chiesa, si ponga a servizio della dignit� integrale dell'uomo.

In tal senso le aggregazioni dei fedeli laici devono diventare correnti vive di partecipazione e di solidariet� per costruire condizioni pi� giuste e fraterne all'interno della societ�.

I criteri fondamentali ora esposti trovano la loro verifica nei frutti concreti che accompagnano la vita e le opere delle diverse forme associative quali: il gusto rinnovato per la preghiera, la contemplazione, la vita liturgica e sacramentale; l'animazione per il fiorire di vocazioni al matrimonio cristiano, al sacerdozio ministeriale, alla vita consacrata; la disponibilit� a partecipare ai programmi e alle attivit� della Chiesa a livello sia locale sia nazionale o internazionale; l'impegno catechetico e la capacit� pedagogica nel formare i cristiani; l'impulso a una presenza cristiana nei diversi ambienti della vita sociale e la creazione e animazione di opere caritative, culturali e spirituali; lo spirito di distacco e di povert� evangelica per una pi� generosa carit� verso tutti; la conversione alla vita cristiana o il ritorno alla comunione di battezzati �lontani�.

Il servizio dei Pastori per la comunione

31. I Pastori nella Chiesa, sia pure di fronte a possibili e comprensibili difficolt� di alcune forme aggregative e all'imporsi di nuove forme, non possono rinunciare al servizio della loro autorit�, non solo per il bene della Chiesa, ma anche per il bene delle stesse aggregazioni laicali. In tal senso devono accompagnare l'opera di discernimento con la guida e soprattutto con l'incoraggiamento per una crescita delle aggregazioni dei fedeli laici nella comunione e nella missione della Chiesa.

E' oltremodo opportuno che alcune nuove associazioni e alcuni nuovi movimenti, per la loro diffusione spesso nazionale o anche internazionale, abbiano a ricevere un riconoscimento ufficiale, un'approvazione esplicita della competente autorit� ecclesiastica. In questo senso gi� il Concilio affermava: �L'apostolato dei laici ammette certo vari tipi di rapporti con la Gerarchia secondo le diverse forme e oggetti dell'apostolato stesso (...). Alcune forme di apostolato dei laici vengono in vari modi esplicitamente riconosciute dalla Gerarchia. L'autorit� ecclesiastica, per le esigenze del bene comune della Chiesa, fra le associazioni e iniziative apostoliche aventi un fine immediatamente spirituale, pu� inoltre sceglierne in modo particolare e promuoverne alcune per le quali assume una speciale responsabilit�(116).

Tra le diverse forme apostoliche dei laici che hanno un particolare rapporto con la Gerarchia i Padri sinodali hanno esplicitamente ricordato vari movimenti e associazioni di Azione Cattolica, in cui �i laici si associano liberamente in forma organica e stabile, sotto la spinta dello Spirito Santo, nella comunione con il Vescovo e con i sacerdoti, per poter servire, nel modo proprio della loro vocazione, con un particolare metodo, all'incremento di tutta la comunit� cristiana, ai progetti pastorali e all'animazione evangelica di tutti gli ambiti della vita, con fedelt� e operosit�(117).

Il Pontificio Consiglio per i Laici � incaricato di preparare un elenco delle associazioni che ricevono l'approvazione ufficiale della Santa Sede e di definire, insieme al Segretariato per l'Unione dei Cristiani, le condizioni in base alle quali pu� essere approvata un'associazione ecumenica in cui la maggioranza sia cattolica e una minoranza non cattolica, stabilendo anche in quali casi non si pu� dare un giudizio positivo(118).

Tutti, Pastori e fedeli, siamo obbligati a favorire e ad alimentare di continuo vincoli e rapporti fraterni di stima, di cordialit�, di collaborazione tra le varie forme aggregative di laici. Solo cos� la ricchezza dei doni e dei carismi che il Signore ci offre pu� portare il suo fecondo e ordinato contributo all'edificazione della casa comune: �Per la solidale edificazione della casa comune � necessario, inoltre, che sia deposto ogni spirito di antagonismo e di contesa, e che si gareggi piuttosto nello stimarsi a vicenda (cf. Rom 12, 10), nel prevenirsi reciprocamente nell'affetto e nella volont� di collaborazione, con la pazienza, la lungimiranza, la disponibilit� al sacrificio che ci� potr� talvolta comportare�(119).

Ritorniamo ancora una volta alle parole di Ges�: �Io sono la vite, voi i tralci� (Gv 15, 5), per rendere grazie a Dio del grande dono della comunione ecclesiale, riflesso nel tempo dell'eterna e ineffabile comunione d'amore di Dio Uno e Trino. La coscienza del dono si deve accompagnare ad un forte senso di responsabilit�: �, infatti, un dono che, come il talento evangelico, esige d'essere trafficato in una vita di crescente comunione.

Essere responsabili del dono della comunione significa, anzitutto, essere impegnati a vincere ogni tentazione di divisione e di contrapposizione, che insidia la vita e l'impegno apostolico dei cristiani. Il grido di dolore e di sconcerto dell'apostolo Paolo: �Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: "Io sono di Paolo", "Io invece sono di Apollo", "E io di Cefa", "E io di Cristo!". Cristo � stato forse diviso?� (1 Cor 1, 12-13 ) continua a suonare come rimprovero per le �lacerazioni del Corpo di Cristo�. Risuonino, invece, come appello persuasivo queste altre parole dell'apostolo: �Vi esorto, fratelli, per il nome del Signore nostro Ges� Cristo, ad essere unanimi nel parlare, perch� non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e d'intenti� (1 Cor 1, 10).

Cos� la vita di comunione ecclesiale diventa un segno per il mondo e una forza attrattiva che conduce a credere in Cristo: �Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perch� il mondo creda che tu mi hai mandato� (Gv 17, 21). In tal modo la comunione si apre alla missione, si fa essa stessa missione.

CAPITOLO III

VI HO COSTITUITI PERCH� ANDIATE E PORTIATE FRUTTO
La corresponsabilit� dei fedeli laici nella Chiesa-Missione

Comunione missionaria

32. Riprendiamo l'immagine biblica della vite e dei tralci. Essa ci apre, in modo immediato e naturale, alla considerazione della fecondit� e della vita. Radicati e vivificati dalla vite, i tralci sono chiamati a portare frutto: �Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui fa molto frutto� (Gv 15, 5). Portare frutto � un'esigenza essenziale della vita cristiana ed ecclesiale. Chi non porta frutto non rimane nella comunione: �Ogni tralcio che in me non porta frutto, (il Padre mio) lo toglie� (Gv 15, 2).

La comunione con Ges�, dalla quale deriva la comunione dei cristiani tra loro, � condizione assolutamente indispensabile per portare frutto: �Senza di me non potete far nulla� (Gv 15, 5). E la comunione con gli altri � il frutto pi� bello che i tralci possono dare: essa, infatti, � dono di Cristo e del suo Spirito.

Ora la comunione genera comunione, e si configura essenzialmente come comunione missionaria. Ges�, infatti, dice ai suoi discepoli: �Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perch� andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga� (Gv 15, 16).

La comunione e la missione sono profondamente congiunte tra loro, si compenetrano e si implicano mutuamente, al punto che la comunione rappresenta la sorgente e insieme il frutto della missione: la comunione � missionaria e la missione � per la comunione. E' sempre l'unico e identico Spirito colui che convoca e unisce la Chiesa e colui che la manda a predicare il Vangelo �fino agli estremi confini della terra� (At 1, 8). Da parte sua, la Chiesa sa che la comunione, ricevuta in dono, ha una destinazione universale. Cos� la Chiesa si sente debitrice all'umanit� intera e a ciascun uomo del dono ricevuto dallo Spirito che effonde nei cuori dei credenti la carit� di Ges� Cristo, prodigiosa forza di coesione interna ed insieme di espansione esterna. La missione della Chiesa deriva dalla sua stessa natura, cos� come Cristo l'ha voluta: quella di �segno e strumento (...) di unit� di tutto il genere umano�(120). Tale missione ha lo scopo di far conoscere e di far vivere a tutti la �nuova� comunione che nel Figlio di Dio fatto uomo � entrata nella storia del mondo. In tal senso la testimonianza dell'evangelista Giovanni definisce oramai in modo irrevocabile il termine beatificante al quale punta l'intera missione della Chiesa: �Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perch� anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione � col Padre e col Figlio suo Ges� Cristo� (1 Gv 1, 3).

Ora nel contesto della missione della Chiesa il Signore affida ai fedeli laici, in comunione con tutti gli altri membri del Popolo di Dio, una grande parte di responsabilit�. Ne erano pienamente consapevoli i Padri del Concilio Vaticano II: �I sacri Pastori, infatti, sanno benissimo quanto contribuiscano i laici al bene di tutta la Chiesa. Sanno di non essere stati istituiti da Cristo per assumersi da soli tutta la missione della salvezza che la Chiesa ha ricevuto nei confronti del mondo, ma che il loro magnifico incarico � di pascere i fedeli e di riconoscere i loro servizi e i loro carismi, in modo che tutti concordemente cooperino, nella loro misura, all'opera comune�(121). La loro consapevolezza � ritornata poi, con rinnovata chiarezza e con vigore accresciuto, in tutti i lavori del Sinodo.

Annunciare il Vangelo

33. I fedeli laici, proprio perch� membri della Chiesa, hanno la vocazione e la missione di essere annunciatori del Vangelo: per quest'opera sono abilitati e impegnati dai sacramenti dell'iniziazione cristiana e dai doni dello Spirito Santo.

Leggiamo in un testo limpido e denso del Concilio Vaticano II: �In quanto partecipi dell'ufficio di Cristo sacerdote, profeta e re, i laici hanno la loro parte attiva nella vita e nell'azione della Chiesa (...). Nutriti dell'attiva partecipazione alla vita liturgica della propria comunit�, partecipano con sollecitudine alle opere apostoliche della medesima; conducono alla Chiesa gli uomini che forse ne vivono lontani; cooperano con dedizione nel comunicare la parola di Dio, specialmente mediante l'insegnamento del catechismo; mettendo a disposizione la loro competenza rendono pi� efficace la cura delle anime ed anche l'amministrazione dei beni della Chiesa�(122).

Ora � nell' evangelizzazione che si concentra e si dispiega l'intera missione della Chiesa, il cui cammino storico si snoda sotto la grazia e il comando di Ges� Cristo: �Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura� (Mc 16, 15); �Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo� (Mt 28, 20). �Evangelizzare _ scrive Paolo VI _ � la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identit� pi� profonda�(123).

Dall'evangelizzazione la Chiesa viene costruita e plasmata come comunit� di fede: pi� precisamente, come comunit� di una fede confessata nell'adesione alla Parola di Dio, celebrata nei sacramenti, vissuta nella carit�, quale anima dell'esistenza morale cristiana. Infatti, la �buona novella� tende a suscitare nel cuore e nella vita dell'uomo la conversione e l'adesione personale a Ges� Cristo Salvatore e Signore; dispone al Battesimo e all'Eucaristia e si consolida nel proposito e nella realizzazione della vita nuova secondo lo Spirito.

Certamente l'imperativo di Ges�: �Andate e predicate il Vangelo� mantiene sempre vivo il suo valore ed � carico di un'urgenza intramontabile. Tuttavia la situazione attuale, non solo del mondo ma anche di tante parti della Chiesa, esige assolutamente che la parola di Cristo riceva un'obbedienza pi� pronta e generosa. Ogni discepolo � chiamato in prima persona; nessun discepolo pu� sottrarsi nel dare la sua propria risposta: �Guai a me, se non predicassi il Vangelo!� (1 Cor 9, 16).

L'ora � venuta per intraprendere una nuova evangelizzazione

34. Interi paesi e nazioni, dove la religione e la vita cristiana erano un tempo quanto mai fiorenti e capaci di dar origine a comunit� di fede viva e operosa, sono ora messi a dura prova, e talvolta sono persino radicalmente trasformati, dal continuo diffondersi dell'indifferentismo, del secolarismo e dell'ateismo. Si tratta, in particolare, dei paesi e delle nazioni del cosiddetto Primo Mondo, nel quale il benessere economico e il consumismo, anche se frammisti a paurose situazioni di povert� e di miseria, ispirano e sostengono una vita vissuta �come se Dio non esistesse�. Ora l'indifferenza religiosa e la totale insignificanza pratica di Dio per i problemi anche gravi della vita non sono meno preoccupanti ed eversivi rispetto all'ateismo dichiarato. E anche la fede cristiana, se pure sopravvive in alcune sue manifestazioni tradizionali e ritualistiche, tende ad essere sradicata dai momenti pi� significativi dell'esistenza, quali sono i momenti del nascere, del soffrire e del morire. Di qui l'imporsi di interrogativi e di enigmi formidabili che, rimanendo senza risposta, espongono l'uomo contemporaneo alla delusione sconsolata o alla tentazione di eliminare la stessa vita umana che quei problemi pone.

In altre regioni o nazioni, invece, si conservano tuttora molto vive tradizioni di piet� e di religiosit� popolare cristiana; ma questo patrimonio morale e spirituale rischia oggi d'essere disperso sotto l'impatto di molteplici processi, tra i quali emergono la secolarizzazione e la diffusione delle sette. Solo una nuova evangelizzazione pu� assicurare la crescita di una fede limpida e profonda, capace di fare di queste tradizioni una forza di autentica libert�.

Certamente urge dovunque rifare il tessuto cristiano della societ� umana. Ma la condizione � che si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunit� ecclesiali che vivono in questi paesi e in queste nazioni.

Ora i fedeli laici, in forza della loro partecipazione all'ufficio profetico di Cristo, sono pienamente coinvolti in questo compito della Chiesa. Ad essi tocca, in particolare, testimoniare come la fede cristiana costituisca l'unica risposta pienamente valida, pi� o meno coscientemente da tutti percepita e invocata, dei problemi e delle speranze che la vita pone ad ogni uomo e ad ogni societ�. Ci� sar� possibile se i fedeli laici sapranno superare in se stessi la frattura tra il Vangelo e la vita, ricomponendo nella loro quotidiana attivit� in famiglia, sul lavoro e nella societ�, l'unit� d'una vita che nel Vangelo trova ispirazione e forza per realizzarsi in pienezza.

A tutti gli uomini contemporanei ripeto, ancora una volta, il grido appassionato con il quale ho iniziato il mio servizio pastorale: �Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla Sua salvatrice potest� aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civilt�, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa "cosa � dentro l'uomo". Solo Lui lo sa! Oggi cos� spesso l'uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Cos� spesso � in certo del senso della sua vita su questa terra. E' invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi _ vi prego, vi imploro con umilt� e con fiducia _ permettete a Cristo di parlare all'uomo. Solo Lui ha parole di vita, s�! di vita eterna�(124).

Spalancare le porte a Cristo, accoglierlo nello spazio della propria umanit� non � affatto una minaccia per l'uomo, bens� � l'unica strada da percorrere se si vuole riconoscere l'uomo nell'intera sua verit� ed esaltarlo nei suoi valori.

Sar� la sintesi vitale che i fedeli laici sapranno operare tra il Vangelo e i doveri quotidiani della vita la pi� splendida e convincente testimonianza che, non la paura, ma la ricerca e l'adesione a Cristo sono il fattore determinante perch� l'uomo viva e cresca, e perch� si costituiscano nuovi modi di vivere pi� conformi alla dignit� umana.

L'uomo � amato da Dio! E' questo il semplicissimo e sconvolgente annuncio del quale la Chiesa � debitrice all'uomo. La parola e la vita di ciascun cristiano possono e devono far risuonare questo annuncio: Dio ti ama, Cristo � venuto per te, per te Cristo � �Via, Verit�, Vita!� (Gv 14, 6).

Questa nuova evangelizzazione, rivolta non solo alle singole persone ma anche ad intere fasce di popolazioni nelle loro varie situazioni, ambienti e culture, � destinata alla formazione dicomunit� ecclesiali mature, nelle quali cio� la fede sprigioni e realizzi tutto il suo originario significato di adesione alla persona di Cristo e al suo Vangelo, di incontro e di comunione sacramentale con Lui, di esistenza vissuta nella carit� e nel servizio.

I fedeli laici hanno la loro parte da compiere nella formazione di simili comunit� ecclesiali, non solo con una partecipazione attiva e responsabile nella vita comunitaria, e pertanto con la loro insostituibile testimonianza, ma anche con lo slancio e l'azione missionaria verso quanti ancora non credono o non vivono pi� la fede ricevuta con il Battesimo.

In rapporto alle nuove generazioni un contributo prezioso, quanto mai necessario, deve essere offerto dai fedeli laici con una sistematica opera di catechesi. I Padri sinodali hanno accolto con gratitudine il lavoro dei catechisti, riconoscendo che essi �hanno un compito di grande peso nell'animazione delle comunit� ecclesiali�(125). Certamente i genitori cristiani sono i primi e insostituibili catechisti dei loro figli, a ci� abilitati dal sacramento del Matrimonio; nello stesso tempo per� dobbiamo essere tutti coscienti del �diritto� che ogni battezzato ha di venire istruito, educato, accompagnato nella fede e nella vita cristiana.

Andate in tutto il mondo

35. La Chiesa, mentre avverte e vive l'urgenza attuale di una nuova evangelizzazione, non pu� sottrarsi alla missione permanente di portare il Vangelo a quanti _ e sono milioni e milioni di uomini e di donne _ ancora non conoscono Cristo Redentore dell'uomo. E' questo il compito pi� specificamente missionario che Ges� ha affidato e quotidianamente riaffida alla sua Chiesa.

L'opera dei fedeli laici, che peraltro non � mai mancata in questo ambito, si rivela oggi sempre pi� necessaria e preziosa. In realt�, il comando del Signore �Andate in tutto il mondo� continua a trovare molti laici generosi, pronti a lasciare il loro ambiente di vita, il loro lavoro, la loro regione o patria per recarsi, almeno per un determinato tempo, in zone di missione. Anche coppie di sposi cristiani, a imitazione di Aquila e Priscilla (cf. At 18; Rom 16, 3 s), vanno offrendo una confortante testimonianza di amore appassionato a Cristo e alla Chiesa mediante la loro presenza operosa nelle terre di missione. Autentica presenza missionaria � anche quella di coloro che, vivendo per vari motivi in paesi o ambienti dove la Chiesa non � ancora stabilita, testimoniano la loro fede.

Ma il problema missionario si presenta attualmente alla Chiesa con un'ampiezza e con una gravit� tali che solo un'assunzione veramente solidale di responsabilit� da parte di tutti i membri della Chiesa, sia come singoli sia come comunit�, pu� far sperare in una risposta pi� efficace.

L'invito che il Concilio Vaticano II ha rivolto alle Chiese particolari conserva tutto il suo valore, anzi esige oggi un'accoglienza pi� generalizzata e pi� decisa: �La Chiesa particolare, dovendo rappresentare nel modo pi� perfetto la Chiesa universale, abbia la piena coscienza di essere inviata anche a coloro che non credono in Cristo�(126).

La Chiesa deve fare oggi un grande passo in avanti nella sua evangelizzazione, deve entrare in una nuova tappa storica del suo dinamismo missionario. In un mondo che con il crollare delle distanze si fa sempre pi� piccolo, le comunit� ecclesiali devono collegarsi tra loro, scambiarsi energie e mezzi, impegnarsi insieme nell'unica e comune missione di annunciare e di vivere il Vangelo. �Le Chiese cosiddette pi� giovani _ hanno detto i Padri sinodali _ abbisognano della forza di quelle antiche, mentre queste hanno bisogno della testimonianza e della spinta delle pi� giovani, in modo che le singole Chiese attingano dalle ricchezze delle altre Chiese�(127).

In questa nuova tappa, la formazione non solo del clero locale ma anche di un laicato maturo e responsabile si pone nelle giovani Chiese come elemento essenziale e irrinunciabile della plantatio Ecclesiae(128). In tal modo le stesse comunit� evangelizzate si slanciano verso nuove contrade del mondo per rispondere anch'esse alla missione di annunciare e testimoniare il Vangelo di Cristo.

I fedeli laici, con l'esempio della loro vita e con la propria azione, possono favorire il miglioramento dei rapporti tra i seguaci delle diverse religioni, come hanno opportunamente rilevato i Padri sinodali: �Oggi la Chiesa vive dappertutto in mezzo a uomini di religioni diverse (...). Tutti i fedeli, specialmente i laici che vivono in mezzo ai popoli di altre religioni, sia nelle regioni di origine, sia in terre di emigrazione, debbono essere per costoro un segno del Signore e della sua Chiesa, in modo adatto alle circostanze di vita di ciascun luogo. Il dialogo tra le religioni ha un'importanza preminente perch� conduce all'amore e al rispetto reciproco, elimina, o almeno diminuisce, i pregiudizi tra i seguaci delle diverse religioni e promuove l'unit� e l'amicizia tra i popoli�(129).

Per l'evangelizzazione del mondo occorrono, anzitutto, gli evangelizzatori. Per questo tutti, a cominciare dalle famiglie cristiane, dobbiamo sentire la responsabilit� di favorire il sorgere e il maturare di vocazioni specificamente missionarie, sia sacerdotali e religiose sia laicali, ricorrendo ad ogni mezzo opportuno, senza mai trascurare il mezzo privilegiato della preghiera, secondo la parola stessa del Signore Ges�: �La messe � molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!� (Mt 9, 37-38).

Vivere il Vangelo servendo la persona e la societ�

36. Accogliendo e annunciando il Vangelo nella forza dello Spirito la Chiesa diviene comunit� evangelizzata ed evangelizzante e proprio per questo si fa serva degli uomini. In essa i fedeli laici partecipano alla missione di servire la persona e la societ�. Certamente la Chiesa ha come supremo fine il Regno di Dio, del quale �costituisce in terra il germe e l'inizio�(130), ed � quindi totalmente consacrata alla glorificazione del Padre. Ma il Regno � fonte di liberazione piena e di salvezza totale per gli uomini: con questi, allora, la Chiesa cammina e vive, realmente e intimamente solidale con la loro storia.

Avendo ricevuto l'incarico di manifestare al mondo il mistero di Dio che splende in Cristo Ges�, al tempo stesso la Chiesa svela l'uomo all'uomo, gli fa noto il senso della sua esistenza, lo apre alla verit� intera su di s� e sul suo destino(131). In questa prospettiva la Chiesa � chiamata, in forza della sua stessa missione evangelizatrice, a servire l'uomo. Tale servizio si radica primariamente nel fatto prodigioso e sconvolgente che �con l'incarnazione il Figlio di Dio si � unito in certo modo a ogni uomo�(132).

Per questo l'uomo �� la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione: egli � la prima fondamentale via della Chiesa, via tracciata da Cristo stesso, via che immutabilmente passa attraverso il mistero dell'Incarnazione e della Redenzione�(133).

Proprio in questo senso si � espresso, ripetutamente e con singolare chiarezza e forza, il Concilio Vaticano II nei suoi diversi documenti. Rileggiamo un testo particolarmente illuminante della Costituzione Gaudium et spes: �La Chiesa, certo, perseguendo il suo proprio fine di salvezza, non solo comunica all'uomo la vita divina, ma anche diffonde la sua luce con ripercussione, in qualche modo, su tutto il mondo, soprattutto per il fatto che risana ed eleva la dignit� della persona umana, consolida la compagine dell'umana societ�, e immette nel lavoro quotidiano degli uomini un pi� profondo senso e significato. Cos� la Chiesa, con i singoli suoi membri e con tutta intera la sua comunit�, crede di poter contribuire molto a rendere pi� umana la famiglia degli uomini e la sua storia�(134).

In questo contributo alla famiglia degli uomini, del quale � responsabile l'intera Chiesa, un posto particolare compete ai fedeli laici, in ragione della loro �indole secolare�, che li impegna, con modalit� proprie e insostituibili, nell'animazione cristiana dell'ordine temporale.

Promuovere la dignit� della persona

37. Riscoprire e far riscoprire la dignit� inviolabile di ogni persona umana costituisce un compito essenziale, anzi, in un certo senso, il compito centrale e unificante del servizio che la Chiesa e, in essa, i fedeli laici sono chiamati a rendere alla famiglia degli uomini.

Tra tutte le creature terrene, solo l'uomo � �persona�, soggetto cosciente e libero e, proprio per questo, �centro e vertice� di tutto quanto esiste sulla terra(135).

La dignit� personale � il bene pi� prezioso che l'uomo possiede, grazie al quale egli trascende in valore tutto il mondo materiale. La parola di Ges�: �Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?� (Mc 8, 36) implica una luminosa e stimolante affermazione antropologica: l'uomo vale non per quello che �ha� _ possedesse pure il mondo intero! _ , quanto per quello che ��. Contano non tanto i beni del mondo, quanto il bene della persona, il bene che � la persona stessa.

La dignit� della persona manifesta tutto il suo fulgore quando se ne considerano l'origine e la destinazione: creato da Dio a sua immagine e somiglianza e redento dal sangue preziosissimo di Cristo, l'uomo � chiamato ad essere �figlio nel Figlio� e tempio vivo dello Spirito, ed � destinato all'eterna vita di comunione beatificante con Dio. Per questo ogni violazione della dignit� personale dell'essere umano grida vendetta al cospetto di Dio e si configura come offesa al Creatore dell'uomo.

In forza della sua dignit� personale l'essere umano � sempre un valore in s� e per s�, e come tale esige d'essere considerato e trattato, mai invece pu� essere considerato e trattato come un oggetto utilizzabile, uno strumento, una cosa.

La dignit� personale costituisce il fondamento dell'eguaglianza di tutti gli uomini tra loro. Di qui l'assoluta inaccettabilit� di tutte le pi� svariate forme di discriminazione che, purtroppo, continuano a dividere e a umiliare la famiglia umana, da quelle razziali ed economiche a quelle sociali e culturali, da quelle politiche a quelle geografiche, ecc. Ogni discriminazione costituisce un'ingiustizia del tutto intollerabile, non tanto per le tensioni e per i conflitti ch'essa pu� generare nel tessuto sociale, quanto per il disonore inferto alla dignit� della persona: non solo alla dignit� di chi � vittima dell'ingiustizia, ma ancor pi� di chi quell'ingiustizia compie.

Fondamento dell'uguaglianza di tutti gli uomini tra loro, la dignit� personale � anche il fondamento della partecipazione e della solidariet� degli uomini tra loro: il dialogo e la comunione si radicano ultimamente su ci� che gli uomini �sono�, prima e pi� ancora che su quanto essi �hanno�.

La dignit� personale � propriet� indistruttibile di ogni essere umano. E' fondamentale avvertire tutta la forza dirompente di questa affermazione, che si basa sull'unicit� e sull'irripetibilit� di ogni persona. Ne deriva che l'individuo � assolutamente irriducibile a tutto ci� che lo vorrebbe schiacciare e annullare nell'anonimato della collettivit�, dell'istituzione, della struttura, del sistema. La persona, nella sua individualit�, non � un numero, non � un anello d'una catena, n� un ingranaggio di un sistema. L'affermazione pi� radicale ed esaltante del valore di ogni essere umano � stata fatta dal Figlio di Dio nel suo incarnarsi nel seno d'una donna. Anche di questo continua a parlarci il Natale cristiano(136).

Venerare l'inviolabile diritto alla vita

38. Il riconoscimento effettivo della dignit� personale di ogni essere umano esige il rispetto, la difesa e la promozione dei diritti della persona umana. Si tratta di diritti naturali, universali e inviolabili: nessuno, n� il singolo, n� il gruppo, n� l'autorit�, n� lo Stato, li pu� modificare n� tanto meno li pu� eliminare, perch� tali diritti provengono da Dio stesso.

Ora l'inviolabilit� della persona, riflesso dell'assoluta inviolabilit� di Dio stesso, trova la sua prima e fondamentale espressione nell'inviolabilit� della vita umana. E' del tutto falso e illusorio il comune discorso, che peraltro giustamente viene fatto, sui diritti umani _ come ad esempio sul diritto alla salute, alla casa, al lavoro, alla famiglia e alla cultura _ se non si difende con la massima risolutezza il diritto alla vita, quale diritto primo e fontale, condizione per tutti gli altri diritti della persona.

La Chiesa non si � mai data per vinta di fronte a tutte le violazioni che il diritto alla vita, proprio di ogni essere umano, ha ricevuto e continua a ricevere sia dai singoli sia dalle stesse autorit�. Titolare di tale diritto � l'essere umano in ogni fase del suo sviluppo, dal concepimento sino alla morte naturale; e in ogni sua condizione, sia essa di salute o di malattia, di perfezione o di handicap, di ricchezza o di miseria. Il Concilio Vaticano II proclama apertamente: �Tutto ci� che � contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l'aborto, l'eutanasia e lo stesso suicidio volontario; tutto ci� che viola l'integrit� della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, gli sforzi per violentare l'intimo dello spirito; tutto ci� che offende la dignit� umana, come le condizioni infraumane di vita, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavit�, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili; tutte queste cose, e altre simili, sono certamente vergognose e, mentre guastano la civilt� umana, ancor pi� inquinano coloro che cos� si comportano, che non quelli che le subiscono; e ledono grandemente l'onore del Creatore�(137).

Ora se di tutti sono la missione e la responsabilit� di riconoscere la dignit� personale di ogni essere umano e di difenderne il diritto alla vita, alcuni fedeli laici vi sono chiamati ad un titolo particolare: tali sono i genitori, gli educatori, gli operatori della salute, e quanti detengono il potere economico e politico.

Nell'accoglienza amorosa e generosa di ogni vita umana, soprattutto se debole o malata, la Chiesa vive oggi un momento fondamentale della sua missione, tanto pi� necessaria quanto pi� dominante si � fatta una �cultura di morte�. Infatti �la Chiesa fermamente crede che la vita umana, anche se debole e sofferente, � sempre uno splendido dono del Dio della bont�. Contro il pessimismo e l'egoismo, che oscurano il mondo, la Chiesa sta dalla parte della vita: e in ciascuna vita umana sa scoprire lo splendore di quel "S�", di quell' "Amen", che � Cristo stesso (cf. 2 Cor 1, 19; Ap 3, 14). Al "no" che invade e affligge il mondo, contrappone questo vivente "S�", difendendo in tal modo l'uomo e il mondo da quanti insidiano e mortificano la vita�(138). Tocca ai fedeli laici, che pi� direttamente o per vocazione o per professione sono coinvolti nell'accoglienza della vita, rendere concreto ed efficace il �s� della Chiesa alla vita umana.

Sulle frontiere della vita umana possibilit� e responsabilit� nuove si sono oggi spalancate con l'enorme sviluppo delle scienze biologiche e mediche, unitamente al sorprendente potere tecnologico: l'uomo, infatti, � in grado oggi non solo di �osservare�, ma anche di �manipolare� la vita umana nello stesso suo inizio e nei suoi primi stadi di sviluppo.

La coscienza morale dell'umanit� non pu� rimanere estranea o indifferente di fronte ai passi giganteschi compiuti da una potenza tecnologica che acquista un dominio sempre pi� vasto e profondo sui dinamismi che presiedono alla procreazione e alle prime fasi dello sviluppo della vita umana. Forse non mai come oggi e in questo campo la sapienza si dimostra l'unica �ncora di salvezza, perch� l'uomo nella ricerca scientifica e in quella applicata possa agire sempre con intelligenza e con amore, ossia rispettando, anzi venerando l'inviolabile dignit� personale di ogni essere umano, sin dal primo istante della sua esistenza. Ci� avviene quando con mezzi leciti, la scienza e la tecnica si impegnano nella difesa della vita e nella cura della malattia sin dagli inizi, rifiutando invece _ per la dignit� stessa della ricerca _ interventi che risultano alterativi del patrimonio genetico dell'individuo e della generazione umana(139).

I fedeli laici, a vario titolo e a diverso livello impegnati nella scienza e nella tecnica, come pure nell'ambito medico, sociale, legislativo ed economico devono coraggiosamente accettare le �sfide� poste dai nuovi problemi della bioetica. Come hanno detto i Padri sinodali, �i cristiani debbono esercitare la loro responsabilit� come padroni della scienza e della tecnologia, non come servi di essa (...). Nella prospettiva di quelle �sfide� morali, che stanno per essere provocate dalla nuova e immensa potenza tecnologica e che mettono in pericolo non solo i diritti fondamentali degli uomini, ma la stessa essenza biologica della specie umana, � della massima importanza che i laici cristiani _ con l'aiuto di tutta la Chiesa _ si prendano a carico di richiamare la cultura ai principi di un autentico umanesimo, affinch� la promozione e la difesa dei diritti dell'uomo possano trovare fondamento dinamico e sicuro nella stessa sua essenza, quella essenza che la predicazione evangelica ha rivelato agli uomini�(140).

Urge oggi, da parte di tutti, la massima vigilanza di fronte al fenomeno della concentrazione del potere, e in primo luogo di quello tecnologico. Tale concentrazione, infatti, tende a manipolare non solo l'essenza biologica ma anche i contenuti della stessa coscienza degli uomini e i loro modelli di vita, aggravando in tal modo la discriminazione e l'emarginazione di interi popoli.

Liberi di invocare il Nome del Signore

39. Il rispetto della dignit� personale, che comporta la difesa e la promozione dei diritti umani, esige il riconoscimento della dimensione religiosa dell'uomo. Non �, questa, un'esigenza semplicemente �confessionale�, bens� un'esigenza che trova la sua radice inestirpabile nella realt� stessa dell'uomo. Il rapporto con Dio, infatti, � elemento costitutivo dello stesso �essere� ed �esistere� dell'uomo: � in Dio che noi �viviamo, ci muoviamo ed esistiamo� (At 17, 28). Se non tutti credono a tale verit�, quanti ne sono convinti hanno il diritto di essere rispettati nella loro fede e nelle scelte di vita, individuale e comunitaria, che da essa derivano. E' questo il diritto alla libert� di coscienza e alla libert� religiosa, il cui riconoscimento effettivo � tra i beni pi� alti e tra i doveri pi� gravi di ogni popolo che voglia veramente assicurare il bene della persona e della societ�: �La libert� religiosa, esigenza insopprimibile della dignit� di ogni uomo, � una pietra angolare dell'edificio dei diritti umani e, pertanto, � un fattore insostituibile del bene delle persone e di tutta la societ�, cos� come della propria realizzazione di ciascuno. Ne consegue che la libert� dei singoli e delle comunit� di professare e di praticare la propria religione � un elemento essenziale della pacifica convivenza degli uomini (...): Il diritto civile e sociale alla libert� religiosa, in quanto attinge la sfera pi� intima dello spirito, si rivela punto di riferimento e, in certo modo, diviene misura degli altri diritti fondamentali�(141).

Il Sinodo non ha dimenticato i tanti fratelIi e sorelle che ancora non godono di tale diritto e che devono affrontare disagi, emarginazioni, sofferenze, persecuzioni, e talvolta la morte a causa della confessione della fede. Nella maggioranza sono fratelli e sorelle del laicato cristiano. L'annuncio del Vangelo e la testimonianza cristiana della vita nella sofferenza e nel martirio costituiscono l'apice dell'apostolato dei discepoli di Cristo, cos� come l'amore al Signore Ges� sino al dono della propria vita costituisce una sorgente di fecondit� straordinaria per l'edificazione della Chiesa. La mistica vite testimonia cos� la sua rigogliosit�, come rilevava Sant'Agostino: �Ma quella vite, com'era stato preannunciato dai Profeti e dallo stesso Signore, che diffondeva in tutto il mondo i suoi tralci fruttuosi, tanto pi� diveniva rigogliosa quanto pi� era irrigata dal molto sangue dei martiri�(142).

La Chiesa tutta � profondamente grata per questo esempio e per questo dono: da questi suoi figli essa trae motivo per rinnovare il suo slancio di vita santa e apostolica. In tal senso i Padri sinodali hanno ritenuto loro speciale dovere �ringraziare quei laici i quali vivono come instancabili testimoni della fede, in fedele unione con la Sede Apostolica, nonostante le restrizioni della libert� e la privazione dei ministri sacri. Essi si giocano tutto, perfino la vita. I laici in questo modo danno testimonianza di una propriet� essenziale della Chiesa: la Chiesa di Dio nasce dalla grazia di Dio e ci� si manifesta nel modo pi� sublime nel martirio�(143).

Quanto abbiamo sinora detto sul rispetto della dignit� personale e sul riconoscimento dei diritti umani riguarda senza dubbio la responsabilit� di ciascun cristiano, di ciascun uomo. Ma dobbiamo immediatamente rilevare come tale problema rivesta oggi una dimensione mondiale: �, infatti, una questione che investe oramai interi gruppi umani, anzi interi popoli che sono violentemente vilipesi nei loro fondamentali diritti. Di qui quelle forme di disuguaglianza dello sviluppo tra i diversi Mondi che nella recente Enciclica Sollicitudo rei socialis sono state apertamente denunciate.

Il rispetto della persona umana va oltre la esigenza di una morale individuale e si pone come criterio basilare, quasi pilastro fondamentale, per la strutturazione della societ� stessa, essendo la societ� finalizzata interamente alla persona.

Cos�, intimamente congiunta alla responsabilit� di servire la persona, si pone la responsabilit� di servire la societ�, quale compito generale di quella animazione cristiana dell'ordine temporale alla quale i fedeli laici sono chiamati secondo loro proprie e specifiche modalit�.

La famiglia, primo spazio per l'impegno sociale

40. La persona umana ha una nativa e strutturale dimensione sociale in quanto � chiamata dall'intimo di s� alla comunione con gli altri e alla donazione agli altri: �Dio, che ha cura paterna di tutti, ha voluto che gli uomini formassero una sola famiglia e si trattassero tra loro con animo di fratelli�(144). E cos� la societ�, frutto e segno della socialit� dell'uomo, rivela la sua piena verit� nell'essere una comunit� di persone.

Si d� interdipendenza e reciprocit� tra persona e societ�: tutto ci� che viene compiuto a favore della persona � anche un servizio reso alla societ�, e tutto ci� che viene compiuto a favore della societ� si risolve a beneficio della persona. Per questo l'impegno apostolico dei fedeli laici nell'ordine temporale riveste sempre e in modo inscindibile il significato del servizio all'uomo singolo nella sua unicit� e irripetibilit� e il significato del servizio a tutti gli uomini.

Ora la prima e originaria espressione della dimensione sociale della persona � la coppia e la famiglia: �Ma Dio non cre� l'uomo lasciandolo solo: fin da principio "uomo e donna li cre�" (Gen 1, 27) e la loro unione costituisce la prima forma di comunione di persone�(145). Ges� si � preoccupato di restituire alla coppia l'intera sua dignit� e alla famiglia la saldezza sua propria (cf. Mt 19, 3-9); San Paolo ha mostrato il rapporto profondo del matrimonio con il mistero di Cristo e della Chiesa (cf. Ef 5, 22-6, 4; Col 3, 18-21; 1 Pt 3, 1-7).

La coppia e la famiglia costituiscono il primo spazio per l'impegno sociale dei fedeli laici. E' un impegno che pu� essere assolto adeguatamente solo nella convinzione del valore unico e insostituibile della famiglia per lo sviluppo della societ� e della stessa Chiesa.

Culla della vita e dell'amore, nella quale l'uomo �nasce� e �cresce�, la famiglia � la cellula fondamentale della societ�. A questa comunit� � da riservarsi una privilegiata sollecitudine, soprattutto ogniqualvolta l'egoismo umano, le campagne antinataliste, le politiche totalitarie, ma anche le situazioni di povert� e di miseria fisica, culturale e morale, nonch� la mentalit� edonistica e consumistica fanno disseccare le sorgenti della vita, mentre le ideologie e i diversi sistemi, insieme a forme di disinteresse e di disamore, attentano alla funzione educativa propria della famiglia.

Urge cos� un'opera vasta, profonda e sistematica, sostenuta non solo dalla cultura ma anche dai mezzi economici e dagli strumenti legislativi, destinata ad assicurare alla famiglia il suo compito di essere il luogo primario della �umanizzazione� della persona e della societ�.

L'impegno apostolico dei fedeli laici � anzitutto quello di rendere la famiglia cosciente della sua identit� di primo nucleo sociale di base e del suo originale ruolo nella societ�, perch� divenga essa stessa sempre pi� protagonista attiva e responsabile della propria crescita e della propria partecipazione alla vita sociale. In tal modo la famiglia potr� e dovr� esigere da tutti, a cominciare dalle autorit� pubbliche, il rispetto di quei diritti che, salvando la famiglia, salvano la societ� stessa.

Quanto � scritto nell'Esortazione Familiaris consortio circa la partecipazione allo sviluppo della societ�(146) e quanto la Santa Sede, su invito del Sinodo dei Vescovi del 1980, ha formulato con la �Carta dei Diritti della Famiglia� rappresentano un programma operativo completo e organico per tutti quei fedeli laici che, a diverso titolo, sono interessati alla promozione dei valori e delle esigenze della famiglia: un programma la cui realizzazione � da urgere con tanta maggior tempestivit� e decisione quanto pi� gravi si fanno le minacce alla stabilit� e alla fecondit� della famiglia e quanto pi� pesante e sistematico si fa il tentativo di emarginare la famiglia e di vanificarne il peso sociale.

Come l'esperienza attesta, la civilt� e la saldezza dei popoli dipendono soprattutto dalla qualit� umana delle loro famiglie. Per questo l'impegno apostolico verso la famiglia acquista un incomparabile valore sociale. La Chiesa, da parte sua, ne � profondamente convinta, ben sapendo che �l'avvenire dell'umanit� passa attraverso la famiglia�(147).

La carit� anima e sostegno della solidariet�

41. Il servizio alla societ� si esprime e si realizza in diversissime modalit�: da quelle libere e informali a quelle istituzionali, dall'aiuto dato ai singoli a quello rivolto a vari gruppi e comunit� di persone.

Tutta la Chiesa come tale � direttamente chiamata al servizio della carit�: �La santa Chiesa, come nelle sue origini unendo l'agape con la Cena Eucaristica si manifestava tutta unita nel vincolo della carit� attorno a Cristo, cos�, in ogni tempo, si riconosce da questo contrassegno della carit� e, mentre gode delle iniziative altrui, rivendica le opere di carit� come suo dovere e diritto inalienabile. Perci� la misericordia verso i poveri e gli infermi come pure le cosiddette opere caritative e di mutuo aiuto, destinate ad alleviare le necessit� umane di ogni genere, sono tenute dalla Chiesa in particolare onore�(148). La carit� verso il prossimo, nelle forme antiche e sempre nuove delle opere di misericordia corporale e spirituale, rappresenta il contenuto pi� immediato, comune e abituale di quell'animazione cristiana dell'ordine temporale che costituisce l'impegno specifico dei fedeli laici.

Con la carit� verso il prossimo i fedeli laici vivono e manifestano la loro partecipazione alla regalit� di Ges� Cristo, al potere cio� del Figlio dell'uomo che �non � venuto per essere servito, ma per servire� (Mc 10, 45): essi vivono e manifestano tale regalit� nel modo pi� semplice, possibile a tutti e sempre, ed insieme nel modo pi� esaltante, perch� la carit� � il pi� alto dono che lo Spirito offre per l'edificazione della Chiesa (cf. 1 Cor 13, 13) e per il bene dell'umanit�. La carit�, infatti, anima e sostiene un'operosa solidariet� attenta alla totalit� dei bisogni dell'essere umano.

Una simile carit�, attuata non solo dai singoli ma anche in modo solidale dai gruppi e dalle comunit�, � e sar� sempre necessaria: niente e nessuno la pu� e la potr� sostituire, neppure le molteplici istituzioni e iniziative pubbliche, che pure si sforzano di dare risposta ai bisogni _ spesso oggi cos� gravi e diffusi _ d'una popolazione. Paradossalmente tale carit� si fa pi� necessaria quanto pi� le istituzioni, diventando complesse nell'organizzazione e pretendendo di gestire ogni spazio disponibile, finiscono per essere rovinate dal funzionalismo impersonale, dall'esagerata burocrazia, dagli ingiusti interessi privati, dal disimpegno facile e generalizzato.

Proprio in questo contesto continuano a sorgere e a diffondersi, in particolare nelle societ� organizzate, varie forme di volontariato che si esprimono in una molteplicit� di servizi e di opere. Se vissuto nella sua verit� di servizio disinteressato al bene delle persone, specialmente le pi� bisognose e le pi� dimenticate dagli stessi servizi sociali, il volontariato deve dirsi una espressione importante di apostolato, nel quale i fedeli laici, uomini e donne, hanno un ruolo di primo piano.

Tutti destinatari e protagonisti della politica

42. La carit� che ama e serve la persona non pu� mai essere disgiunta dalla giustizia: e l'una e l'altra, ciascuna a suo modo, esigono il pieno riconoscimento effettivo dei diritti della persona, alla quale � ordinata la societ� con tutte le sue strutture ed istituzioni(149).

Per animare cristianamente l'ordine temporale, nel senso detto di servire la persona e la societ�, i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla �politica�, ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune. Come ripetutamente hanno affermato i Padri sinodali, tutti e ciascuno hanno diritto e dovere di partecipare alla politica, sia pure con diversit� e complementariet� di forme, livelli, compiti e responsabilit�. Le accuse di arrivismo, di idolatria del potere, di egoismo e di corruzione che non infrequentemente vengono rivolte agli uomini del governo, del parlamento, della classe dominante, del partito politico; come pure l'opinione non poco diffusa che la politica sia un luogo di necessario pericolo morale, non giustificano minimamente n� lo scetticismo n� l'assenteismo dei cristiani per la cosa pubblica.

E', invece, quanto mai significativa la parola del Concilio Vaticano II: �La Chiesa stima degna di lode e di considerazione l'opera di coloro che per servire gli uomini si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsabilit�(150).

Una politica per la persona e per la societ� trova il suo criterio basilare nel perseguimento del bene comune, come bene di tutti gli uomini e di tutto l'uomo, bene offerto e garantito alla libera e responsabile accoglienza delle persone, sia singole che associate: �La comunit� politica _ leggiamo nella Costituzione Gaudium et spes _ esiste proprio in funzione di quel bene comune, nel quale essa trova piena giustificazione e significato e dal quale ricava il suo ordinamento giuridico, originario e proprio. Il bene comune si concreta nell'insieme di quelle condizioni della vita sociale, con le quali gli uomini, le famiglie e le associazioni possono ottenere il conseguimento pi� pieno della propria perfezione�(151).

Inoltre, una politica per la persona e per la societ� trova la sua linea costante di cammino nella difesa e nella promozione della giustizia, intesa come �virt�� alla quale tutti devono essere educati e come �forza� morale che sostiene l'impegno a favorire i diritti e i doveri di tutti e di ciascuno, sulla base della dignit� personale dell'essere umano.

Nell'esercizio del potere politico � fondamentale lo spirito di servizio, che solo, unitamente alla necessaria competenza ed efficienza, pu� rendere �trasparente� o �pulita� l'attivit� degli uomini politici, come del resto la gente giustamente esige. Ci� sollecita la lotta aperta e il deciso superamento di alcune tentazioni, quali il ricorso alla slealt� e alla menzogna, lo sperpero del pubblico denaro per il tornaconto di alcuni pochi e con intenti clientelari, l'uso di mezzi equivoci o illeciti per conquistare, mantenere e aumentare ad ogni costo il potere.

I fedeli laici impegnati nella politica devono certamente rispettare l'autonomia rettamente intesa delle realt� terrene, cos� come leggiamo nella Costituzione Gaudium et spes: �E' di grande importanza, soprattutto in una societ� pluralistica, che si abbia una giusta visione dei rapporti tra la comunit� politica e la Chiesa e che si faccia una chiara distinzione tra le azioni che i fedeli, individualmente o in gruppo, compiono in proprio nome, come cittadini, guidati dalla coscienza cristiana, e le azioni che essi compiono in nome della Chiesa in comunione con i loro pastori. La Chiesa, che, in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunit� politica e non � legata ad alcun sistema politico, � insieme il segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona umana�(152). Nello stessotempo _ e questo � sentito oggi come urgenza e responsabilit� _ i fedeli laici devono testimoniare quei valori umani ed evangelici che sono intimamente connessi con l'attivit� politica stessa, come la libert� e la giustizia, la solidariet�, la dedizione fedele e disinteressata al bene di tutti, lo stile semplice di vita, l'amore preferenziale per i poveri e gli ultimi. Ci� esige che i fedeli laici siano sempre pi� animati da una reale partecipazione alla vita della Chiesa e illuminati dalla sua dottrina sociale. In questo potranno essere accompagnati e aiutati dalla vicinanza delle comunit� cristiane e dei loro Pastori(153).

Stile e mezzo per il realizzarsi d'una politica che intenda mirare al vero sviluppo umano � la solidariet�: questa sollecita la partecipazione attiva e responsabile di tutti alla vita politica, dai singoli cittadini ai gruppi vari, dai sindacati ai partiti: insieme, tutti e ciascuno, siamo destinatari e protagonisti della politica. In questo ambito, come ho scritto nell'Enciclica Sollicitudo rei socialis, la solidariet� �non � un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, � la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune:ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perch� tutti siamo veramente responsabili di tutti�(154).

La solidariet� politica esige oggi d'attuarsi secondo un orizzonte che, superando la singola nazione o il singolo blocco di nazioni, si configura come propriamente continentale e mondiale.

Il frutto dell'attivit� politica solidale, da tutti tanto desiderato ma pur sempre tanto immaturo, � la pace. I fedeli laici non possono rimanere indifferenti, estranei e pigri di fronte a tutto ci� che � negazione e compromissione della pace: violenza e guerra, tortura e terrorismo, campi di concentramento, militarizzazione della politica, corsa agli armamenti, minaccia nucleare. Al contrario, come discepoli di Ges� Cristo �Principe della pace� (Is 9, 5) e �Nostra Pace� (Ef 2, 14), i fedeli laici devono assumersi il compito di essere �operatori di pace� (Mt 5, 9), sia mediante la conversione del �cuore�, sia mediante l'azione a favore della verit�, della libert�, della giustizia e della carit�, che della pace sono gli irrinunciabili fondamenti(155).

Collaborando con tutti coloro che cercano veramente la pace e servendosi degli specifici organismi e istituzioni nazionali e internazionali, i fedeli laici devono promuovere un'opera educativa capillare destinata a sconfiggere l'imperante cultura dell'egoismo, dell'odio, della vendetta e dell'inimicizia e a sviluppare la cultura della solidariet� ad ogni livello. Tale solidariet�, infatti, �� via alla pace e insieme allo sviluppo�(156). In questa prospettiva i Padri sinodali hanno invitato i cristiani a rifiutare forme inaccettabili di violenza, a promuovere atteggiamenti di dialogo e di pace e ad impegnarsi per instaurare un ordine sociale e internazionale giusto(157).

Porre l'uomo al centro della vita economico-sociale

43. Il servizio alla societ� da parte dei fedeli laici trova un suo momento essenziale nella questione economico-sociale, la cui chiave � data dall'organizzazione del lavoro.

La gravit� attuale di tali problemi, colta nel panorama dello sviluppo e secondo la proposta di soluzione da parte della dottrina sociale della Chiesa, � stata ricordata recentemente nell'Enciclica Sollicitudo rei socialis, alla quale desidero caldamente rimandare tutti, in particolare i fedeli laici.

Tra i caposaldi della dottrina sociale della Chiesa sta il principio della destinazione universale dei beni: i beni della terra sono, nel disegno di Dio, offerti a tutti gli uomini e a ciascun uomo come mezzo per lo sviluppo d'una vita autenticamente umana. Al servizio di questa destinazione si pone la propriet� privata, la quale _ proprio per questo _ possiede un'intrinseca funzione sociale. Concretamente il lavoro dell'uomo e della donna rappresenta lo strumento pi� comune e pi� immediato per lo sviluppo della vita economica, strumento che insieme costituisce un diritto e un dovere d'ogni uomo.

Tutto questo rientra in modo particolare nella missione dei fedeli laici. Il fine e il criterio della loro presenza e della loro azione sono formulati in termini generali dal Concilio Vaticano II: �Anche nella vita economico-sociale sono da onorare e da promuovere la dignit� e l'integrale vocazione della persona umana come pure il bene dell'intera societ�. L'uomo infatti � l'autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale�(158).

Nel contesto delle sconvolgenti trasformazioni in atto nel mondo dell'economia e del lavoro, i fedeli laici siano impegnati in prima fila a risolvere i gravissimi problemi della crescente disoccupazione, a battersi per il superamento pi� tempestivo di numerose ingiustizie che derivano da distorte organizzazioni del lavoro, a far diventare il luogo di lavoro una comunit� di persone rispettate nella loro soggettivit� e nel loro diritto alla partecipazione, a sviluppare nuove solidariet� tra coloro che partecipano al lavoro comune, a suscitare nuove forme di imprenditorialit� e a rivedere i sistemi di commercio, di finanza e di scambi tecnologici.

A tal fine i fedeli laici devono compiere il loro lavoro con competenza professionale, con onest� umana, con spirito cristiano, come via della propria santificazione(159), secondo l'esplicito invito del Concilio: �Con il lavoro, l'uomo ordinariamente provvede alla vita propria e dei suoi familiari, comunica con gli altri e rende servizio agli uomini suoi fratelli, pu� praticare una vera carit� e collaborare con la propria attivit� al completarsi della divina creazione. Ancor pi�: sappiamo che, offrendo a Dio il proprio lavoro, l'uomo si associa all'opera stessa redentiva di Cristo, il quale ha conferito al lavoro una elevatissima dignit�, lavorando con le proprie mani a Nazareth�(160).

In rapporto alla vita economico-sociale e al lavoro si pone oggi, in modo sempre pi� acuto, la questione cosiddetta �ecologica�. Certamente l'uomo ha da Dio stesso il compito di �dominare� le cose create e di �coltivare il giardino� del mondo; ma � un compito, questo, che l'uomo deve assolvere nel rispetto dell'immagine divina ricevuta, e quindi con intelligenza e con amore: egli deve sentirsi responsabile dei doni che Dio gli ha elargito e continuamente gli elargisce. L'uomo ha fra le mani un dono che deve passare _ e, se possibile, persino migliorato _ alle generazioni future, anch'esse destinatarie dei doni del Signore: �Il dominio accordato dal Creatore all'uomo (...) non � un potere assoluto, n� si pu� parlare di libert� di "usare e abusare", o di disporre delle cose come meglio aggrada. La limitazione imposta dallo stesso Creatore fin dal principio, ed espressa simbolicamente con la proibizione di "mangiare il frutto dell'albero" (cf. Gen 2, 16-17), mostra con sufficiente chiarezza che, nei confronti della natura visibile (...), siamo sottomessi a leggi non solo biologiche, ma anche morali, che non si possono impunemente trasgredire. Una giusta concezione dello sviluppo non pu� prescindere da queste considerazioni _ relative all'uso degli elementi della natura, alla rinnovabilit� delle risorse e alle conseguenze di una industrializzazione disordinata _, le quali ripropongono alla nostra coscienza la dimensione morale, che deve distinguere lo sviluppo�(161).

Evangelizzare la cultura e le culture dell'uomo

44. Il servizio alla persona e alla societ� umana si esprime e si attua attraverso la creazione e la trasmissione della cultura, che, specialmente ai nostri giorni, costituisce uno dei pi� gravi compiti della convivenza umana e dell'evoluzione sociale. Alla luce del Concilio, intendiamo per �cultura� tutti quei �mezzi con i quali l'uomo affina ed esplica le molteplici sue doti di anima e di corpo; procura di ridurre in suo potere il cosmo stesso con la conoscenza e il lavoro; rende pi� umana la vita sociale sia nella famiglia che in tutta la societ� civile, mediante il progresso del costume e delle istituzioni; infine, con l'andare del tempo, esprime, comunica e conserva nelle sue opere le grandi esperienze e aspirazioni spirituali, affinch� possano servire al progresso di molti, anzi di tutto il genere umano�(162). In questo senso, la cultura deve ritenersi come il bene comune di ciascun popolo, l'espressione della sua dignit�, libert� e creativit�; la testimonianza del suo cammino storico. In particolare, solo all'interno e tramite la cultura la fede cristiana diventa storica e creatrice di storia.

Di fronte allo sviluppo di una cultura che si configura dissociata non solo dalla fede cristiana, ma persino dagli stessi valori umani(163); come pure di fronte ad una certa cultura scientifica e tecnologica impotente nel dare risposta alla pressante domanda di verit� e di bene che brucia nel cuore degli uomini, la Chiesa � pienamente consapevole dell'urgenza pastorale che alla cultura venga riservata un'attenzione del tutto speciale.

Per questo la Chiesa sollecita i fedeli laici ad essere presenti, all'insegna del coraggio e della creativit� intellettuale, nei posti privilegiati della cultura, quali sono il mondo della scuola e dell'universit�, gli ambienti della ricerca scientifica e tecnica, i luoghi della creazione artistica e della riflessione umanistica. Tale presenza � destinata non solo al riconoscimento e all'eventuale purificazione degli elementi della cultura esistente criticamente vagliati, ma anche alla loro elevazione mediante le originali ricchezze del Vangelo e della fede cristiana. Quanto il Concilio Vaticano II scrive circa il rapporto tra il Vangelo e la cultura rappresenta un fatto storico costante ed insieme un ideale operativo di singolare attualit� e urgenza; � un programma impegnativo consegnato alla responsabilit� pastorale dell'intera Chiesa e in essa alla responsabilit� specifica dei fedeli laici: �La buona novella di Cristo rinnova continuamente la vita e la cultura dell'uomo decaduto, combatte e rimuove gli errori e i mali, derivanti dalla sempre minacciosa seduzione del peccato. Continuamente purifica ed eleva la moralit� dei popoli (...). In tal modo la Chiesa, compiendo la sua missione, gi� con questo stesso fatto stimola e d� il suo contributo alla cultura umana e civile e, mediante la sua azione, anche liturgica, educa l'uomo alla libert� interiore�(164).

Meritano di essere qui riascoltate alcune espressioni particolarmente significative della Esortazione Evangelii nuntiandi di Paolo VI:

�La Chiesa evangelizza allorquando, in virt� della sola potenza divina del Messaggio che essa proclama (cf. Rom 1, 16; 1 Cor 1, 18; 2, 4), cerca di convertire la coscienza personale e insieme collettiva degli uomini, l'attivit� nella quale essi sono impegnati, la vita e l'ambiente concreto loro propri. Strati dell'umanit� che si trasformano: per la Chiesa non si tratta soltanto di predicare il Vangelo in fasce geografiche sempre pi� vaste o a popolazioni sempre pi� estese, ma anche di raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti d'interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell'umanit�, che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza. Si potrebbe esprimere tutto ci� dicendo cos�: occorre evangelizzare _ non in maniera decorativa, a somiglianza di vernice superficiale, ma in modo vitale, in profondit� e fino alle radici _ la cultura e le culture dell'uomo (...). La rottura tra Vangelo e cultura � senza dubbio il dramma della nostra epoca, come lo fu anche di altre. Occorre quindi fare tutti gli sforzi in vista di una generosa evangelizzazione della cultura, pi� esattamente delle culture�(165).

La via attualmente privilegiata per la creazione e per la trasmissione della cultura sono gli strumenti della comunicazione sociale(166). Anche il mondo dei mass-media, in seguito all'accelerato sviluppo innovativo e all'influsso insieme planetario e capillare sulla formazione della mentalit� e del costume, rappresenta una nuova frontiera della missione della Chiesa. In particolare, la responsabilit� professionale dei fedeli laici in questo campo, esercitata sia a titolo personale sia mediante iniziative ed istituzioni comunitarie, esige di essere riconosciuta in tutto il suo valore e sostenuta con pi� adeguate risorse materiali, intellettuali e pastorali.

Nell'impiego e nella recezione degli strumenti di comunicazione urgono sia un'opera educativa al senso critico, animato dalla passione per la verit�, sia un'opera di difesa della libert�, del rispetto alla dignit� personale, dell'elevazione dell'autentica cultura dei popoli, mediante il rifiuto fermo e coraggioso di ogni forma di monopolizzazione e di manipolazione.

N� a quest'opera di difesa si ferma la responsabilit� pastorale dei fedeli laici: su tutte le strade del mondo, anche su quelle maestre della stampa, del cinema, della radio, della televisione e del teatro, dev'essere annunciato il Vangelo che salva.

CAPITOLO IV

GLI OPERAI DELLA VIGNA DEL SIGNORE
Buoni amministratori della multiforme grazia di Dio

La variet� delle vocazioni

45. Secondo la parabola evangelica, il �padrone di casa� chiama gli operai alla sua vigna nelle diverse ore della giornata: alcuni all'alba, altri verso le nove del mattino, altri ancora verso mezzogiorno e le tre, gli ultimi verso le cinque (cf. Mt 20, 1 ss.). Nel commento a questa pagina del Vangelo, San Gregorio Magno interpreta le ore diverse della chiamata rapportandole alle et� della vita: �E' possibile applicare la diversit� delle ore _ egli scrive _ alle diverse et� dell'uomo. Il mattino pu� certo rappresentare, in questa nostra interpretazione, la fanciullezza. L'ora terza, poi, si pu� intendere come l'adolescenza: il sole si muove verso l'alto del cielo, cio� cresce l'ardore dell'et�. La sesta ora � la giovinezza: il sole sta come nel mezzo del cielo, ossia in quest'et� si rafforza la pienezza del vigore. L'anzianit� rappresenta l'ora nona, perch� come il sole declina dal suo alto asse cos� quest'et� comincia a perdere l'ardore della giovinezza. L'undicesima ora � l'et� di quelli molto avanzati negli anni (...). Gli operai sono, dunque, chiamati alla vigna in diverse ore, come per dire che alla vita santa uno � condotto durante la fanciullezza, un altro nella giovinezza, un altro nell'anzianit� e un altro nell'et� pi� avanzata�(167).

Possiamo riprendere ed estendere il commento di San Gregorio Magno in rapporto alla straordinaria variet� di presenze nella Chiesa, tutte e ciascuna chiamate a lavorare per l'avvento del Regno di Dio secondo la diversit� di vocazioni e situazioni, carismi e ministeri. E' una variet� legata non solo all'et�, ma anche alla differenza di sesso e alla diversit� delle doti, come pure alle vocazioni e alle condizioni di vita; � una variet� che rende pi� viva e concreta la ricchezza della Chiesa.

Giovani, bambini, anziani

I giovani, speranza della Chiesa

46. Il Sinodo ha voluto riservare un'attenzione particolare ai giovani. E giustamente. In tanti paesi del mondo, essi rappresentano la met� dell'intera popolazione e, spesso, la met� numerica dello stesso Popolo di Dio che in quei paesi vive.

Gi� sotto questo aspetto i giovani costituiscono una forza eccezionale e sono una grande sfida per l'avvenire della Chiesa. Nei giovani, infatti, la Chiesa legge il suo camminare verso il futuro che l'attende e trova l'immagine e il richiamo di quella lieta giovinezza di cui lo Spirito di Cristo costantemente l'arricchisce. In questo senso il Concilio ha definito i giovani �speranza della Chiesa�(168).

Nella lettera scritta ai giovani e alle giovani del mondo, il 31 marzo 1985, leggiamo: �La Chiesa guarda i giovani; anzi, la Chiesa in modo speciale guarda se stessa nei giovani, in voi tutti ed insieme in ciascuna e in ciascuno di voi. Cos� � stato sin dall'inizio, dai tempi apostolici. Le parole di san Giovanni nella sua Prima Lettera possono essere una particolare testimonianza: "Scrivo a voi, giovani, perch� avete vinto il maligno. Ho scritto a voi, figlioli, perch� avete conosciuto il Padre (...). Ho scritto a voi, giovani, perch� siete forti, e la parola di Dio dimora in voi" (1 Gv 2, 13 ss.) (...). Nella nostra generazione, al termine del secondo Millennio dopo Cristo, anche la Chiesa guarda se stessa nei giovani�(169).

I giovani non devono essere considerati semplicemente come l'oggetto della sollecitudine pastorale della Chiesa: sono di fatto, e devono venire incoraggiati ad esserlo, soggetti attivi, protagonisti dell'evangelizzazione e artefici del rinnovamento sociale(170). La giovinezza � il tempo di una scoperta particolarmente intensa del proprio �io� e del proprio �progetto di vita�, � il tempo di una crescita che deve avvenire �in sapienza, et� e grazia davanti a Dio e agli uomini� (Lc 2, 52).

Come hanno detto i Padri sinodali, �la sensibilit� dei giovani percepisce profondamente i valori della giustizia, della non violenza e della pace. Il loro cuore � aperto alla fraternit�, alla amicizia e alla solidariet�. Sono mobilitati al massimo per le cause che riguardano la qualit� della vita e la conservazione della natura. Ma essi sono anche carichi di inquietudini, di delusioni, di angosce e paure del mondo, oltre che delle tentazioni proprie del loro stato�(171).

La Chiesa deve rivivere l'amore di predilezione che Ges� ha testimoniato al giovane del Vangelo: �Ges�, fissatolo, lo am� (Mc 10, 21). Per questo la Chiesa non si stanca di annunciare Ges� Cristo, di proclamare il suo Vangelo come l'unica e sovrabbondante risposta alle pi� radicali aspirazioni dei giovani, come la proposta forte ed esaltante di una sequela personale (�vieni e seguimi� [Mc 10, 21]), che comporta la condivisione all'amore filiale di Ges� per il Padre e la partecipazione alla sua missione di salvezza per l'umanit�.

La Chiesa ha tante cose da dire ai giovani, e i giovani hanno tante cose da dire alla Chiesa. Questo reciproco dialogo, da attuarsi con grande cordialit�, chiarezza e coraggio, favorir� l'incontro e lo scambio tra le generazioni, e sar� fonte di ricchezza e di giovinezza per la Chiesa e per la societ� civile. Nel suo messaggio ai giovani il Concilio dice: �La Chiesa vi guarda con fiducia e con amore (...). Essa � la vera giovinezza del mondo (...), guardatela e troverete in lei il volto di Cristo�(172).

I bambini e il regno dei cieli

47. I bambini sono certamente il termine dell'amore delicato e generoso del Signore Ges�: ad essi riserva la sua benedizione e ancor pi� assicura il regno dei cieli (cf. Mt 19, 13-15; Mc 10, 14). In particolare Ges� esalta il ruolo attivo che i piccoli hanno nel Regno di Dio: sono il simbolo eloquente e la splendida immagine di quelle condizioni morali e spirituali che sono essenziali per entrare nel Regno di Dio e per viverne la logica di totale affidamento al Signore: �In verit� vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perch� chiunque diventer� piccolo come questo bambino, sar� il pi� grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio accoglie me� (Mt 18, 3-5; cf. Lc 9, 48).

I bambini ci ricordano che la fecondit� missionaria della Chiesa ha la sua radice vivificante non nei mezzi e nei meriti umani, ma nel dono assolutamente gratuito di Dio. La vita di innocenza e di grazia dei bambini, come pure le sofferenze loro ingiustamente inflitte, ottengono, in virt� della Croce di Cristo, uno spirituale arricchimento per loro e per l'intera Chiesa: di questo tutti dobbiamo prendere pi� viva e grata coscienza.

Si deve riconoscere, inoltre, che anche nell'et� dell'infanzia e della fanciullezza sono aperte preziose possibilit� operative sia per l'edificazione della Chiesa che per l'umanizzazione della societ�. Quanto il Concilio dice della presenza benefica e costruttiva dei figli all'interno della famiglia �chiesa domestica�: �I figli, come membra vive della famiglia, contribuiscono pure a loro modo alla santificazione dei genitori�(173) dev'essere ripetuto dei bambini in rapporto alla Chiesa particolare e universale. Lo rilevava gi� Jean Gerson, teologo ed educatore del xv secolo, per il quale �i fanciulli e gli adolescenti non sono certo una parte trascurabile della Chiesa�(174).

Gli anziani e il dono della sapienza

48. Alle persone anziane, spesso ingiustamente ritenute inutili se non addirittura d'insopportabile peso, ricordo che la Chiesa chiede e attende che esse abbiano a continuare la loro missione apostolica e missionaria, non solo possibile e doverosa anche a quest'et�, ma da questa stessa et� resa in qualche modo specifica e originale.

La Bibbia ama presentare l'anziano come il simbolo della persona ricca di sapienza e di timore di Dio (cf. Sir 25, 4-6). In questo senso il �dono� dell'anziano potrebbe qualificarsi come quello di essere, nella Chiesa e nella societ�, il testimone della tradizione di fede (cf. Sal 44, 2; Es 12, 26-27), il maestro di vita (cf. Sir 6, 34; 8, 11-12), l'operatore di carit�.

Ora l'aumentato numero di persone anziane in diversi paesi del mondo e la cessazione anticipata dell'attivit� professionale e lavorativa aprono uno spazio nuovo al compito apostolico degli anziani: � un compito da assumersi superando con decisione la tentazione di rifugiarsi nostalgicamente in un passato che non ritorna pi� o di rifuggire da un impegno presente per le difficolt� incontrate in un mondo dalle continue novit�; e prendendo sempre pi� chiara coscienza che il proprio ruolo nella Chiesa e nella societ� non conosce affatto soste dovute all'et�, bens� conosce solo modi nuovi. Come dice il salmista: �Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi, per annunziare quanto � retto il Signore� (Sal 92, 15-16). Ripeto quanto ho detto durante la celebrazione del Giubileo degli Anziani: �L'ingresso nella terza et� � da considerarsi un privilegio: non solo perch� non tutti hanno la fortuna di raggiungere questo traguardo, ma anche e soprattutto perch� questo � il periodo delle possibilit� concrete di riconsiderare meglio il passato, di conoscere e di vivere pi� profondamente il mistero pasquale, di divenire esempio nella Chiesa a tutto il Popolo di Dio (...). Nonostante la complessit� dei vostri problemi da risolvere, le forze che progressivamente si affievoliscono, e malgrado le insufficienze delle organizzazioni sociali, i ritardi della legislazione ufficiale, le incomprensioni di una societ� egoistica, voi non siete n� dovete sentirvi ai margini della vita della Chiesa, elementi passivi di un mondo in eccesso di movimento, ma soggetti attivi di un periodo umanamente e spiritualmente fecondo dell'esistenza umana. Avete ancora una missione da compiere, un contributo da dare. Secondo il progetto divino ogni singolo essere umano � una vita in crescita, dalla prima scintilla dell'esistenza fino all'ultimo respiro�(175).

Donne e uomini

49. I Padri sinodali hanno riservato una speciale attenzione alla condizione e al ruolo della donna, secondo un duplice intento: riconoscere e invitare a riconoscere, da parte di tutti ed ancora una volta, l'indispensabile contributo della donna all'edificazione della Chiesa e allo sviluppo della societ�; operare, inoltre, un'analisi pi� specifica circa la partecipazione della donna alla vita e alla missione della Chiesa.

Riferendosi a Giovanni XXIII, che vide nella coscienza femminile della propria dignit� e nell'ingresso delle donne nella vita pubblica un segno dei nostri tempi(176), i Padri del Sinodo hanno affermato ripetutamente e fortemente, di fronte alle forme pi� varie di discriminazioni e di emarginazioni alle quali soggiace la donna a motivo del suo semplice essere donna, l'urgenza di difendere e di promuovere la dignit� personale della donna, e quindi la sua eguaglianza con l'uomo.

Se di tutti nella Chiesa e nella societ� � questo compito, lo � in particolare delle donne, che si devono sentire impegnate come protagoniste in prima linea. C'� ancora tanto sforzo da compiere, in pi� parti del mondo e in diversi ambiti, perch� sia distrutta quella ingiusta e deleteria mentalit� che considera l'essere umano come una cosa, come un oggetto di compra-vendita, come uno strumento dell'interesse egoistico o del solo piacere, tanto pi� che di tale mentalit� la prima vittima � proprio la donna stessa. Al contrario, solo l'aperto riconoscimento della dignit� personale della donna costituisce il primo passo da compiere per promuoverne la piena partecipazione sia alla vita ecclesiale che a quella sociale e pubblica. Si deve dare risposta pi� ampia e decisiva alla richiesta fatta dall'Esortazione Familiaris consortio circa le molteplici discriminazioni delle quali le donne sono vittime: �che da parte di tutti si svolga un'azione pastorale specifica pi� vigorosa e incisiva, affinch� esse siano definitivamente vinte, cos� da giungere alla stima piena dell'immagine di Dio che risplende in tutti gli esseri umani, nessuno escluso�(177). Nella stessa linea i Padri sinodali hanno affermato: �La Chiesa, come espressione della sua missione, deve opporsi con fermezza contro tutte le forme di discriminazione e di abuso delle donne�(178). E ancora: �La dignit� della donna, gravemente ferita nell'opinione pubblica, dev'essere ricuperata per mezzo dell'effettivo rispetto dei diritti della persona umana e per mezzo della pratica della dottrina della Chiesa�(179).

In particolare, circa la partecipazione attiva e responsabile alla vita e alla missione della Chiesa, � da rilevarsi come gi� il Concilio Vaticano II sia stato oltre modo esplicito nel sollecitarla: �Poich� ai nostri giorni le donne prendono sempre pi� parte attiva in tutta la vita della societ�, � di grande importanza una loro pi� larga partecipazione anche nei vari campi dell'apostolato della Chiesa�(180).

La coscienza che la donna, con i doni e i compiti propri, ha una sua specifica vocazione � andata crescendo e approfondendosi nel periodo post-conciliare, ritrovando la sua ispirazione pi� originale nel Vangelo e nella storia della Chiesa. Per il credente, infatti, il Vangelo, ossia la parola e l'esempio di Ges� Cristo, rimane il punto di riferimento necessario e decisivo: ed � quanto mai fecondo ed innovativo anche per l'attuale momento storico.

Pur non chiamate all'apostolato proprio dei Dodici, e quindi al sacerdozio ministeriale, molte donne accompagnano Ges� nel suo ministero e assistono il gruppo degli Apostoli (cf. Lc 8, 2-3); sono presenti sotto la Croce (cf. Lc 23, 49); assistono alla sepoltura di Ges� (cf. Lc 23, 55) e il mattino di Pasqua ricevono e trasmettono l'annuncio della risurrezione (cf. Lc 24, 1-10); pregano con gli Apostoli nel Cenacolo nell'attesa della Pentecoste (cf. At 1, 14).

Nella scia del Vangelo, la Chiesa delle origini si distacca dalla cultura del tempo e chiama la donna a compiti connessi con l'evangelizzazione. Nelle sue Lettere l'apostolo Paolo ricorda, anche per nome, numerose donne per le loro varie funzioni all'interno e al servizio delle prime comunit� ecclesiali (cf. Rom 16, 1-15; Fil 4, 2-3; Col 4, 15 e 1 Cor 11, 5; 1 Tim 5, 16). �Se la testimonianza degli Apostoli fonda la Chiesa _ ha detto Paolo VI _, quella delle donne contribuisce grandemente a nutrire la fede delle comunit� cristiane�(181).

E come alle origini, cos� nello sviluppo successivo la Chiesa ha sempre conosciuto, anche se in differenti modi e con accentuazioni diverse, donne che hanno esercitato un ruolo talvolta decisivo e svolto compiti di valore considerevole per la Chiesa stessa. E' una storia d'immensa operosit�, il pi� delle volte umile e nascosta ma non per questo meno decisiva per la crescita e per la santit� della Chiesa. E' necessario che questa storia sia continuata, anzi che si allarghi e si intensifichi di fronte all'accresciuta e universalizzata consapevolezza della dignit� personale della donna e della sua vocazione, nonch� di fronte all'urgenza di una �nuova evangelizzazione� e di una maggiore �umanizzazione� delle relazioni sociali.

Raccogliendo la consegna del Concilio Vaticano II, nella quale si specchia il messaggio del Vangelo e della storia della Chiesa, i Padri del Sinodo hanno formulato, tra le altre, questa precisa �raccomandazione�: �E' necessario che la Chiesa, per la sua vita e la sua missione, riconosca tutti i doni delle donne e degli uomini e li traduca in pratica�(182). E ancora: �Questo Sinodo proclama che la Chiesa esige il riconoscimento e l'utilizzazione di tutti questi doni, esperienze e attitudini degli uomini e delle donne perch� la sua missione risulti pi� efficace (cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Instructio de libertate christiana et liberatione, 72)�(183).

Fondamenti antropologici e teologici

50. La condizione per assicurare la giusta presenza della donna nella Chiesa e nella societ� � una considerazione pi� penetrante e accurata dei fondamenti antropologici della condizione maschile e femminile, destinata a precisare l'identit� personale propria della donna nel suo rapporto di diversit� e di reciproca complementariet� con l'uomo, non solo per quanto riguarda i ruoli da tenere e le funzioni da svolgere, ma anche e pi� profondamente per quanto riguarda la sua struttura e il suo significato personale. I Padri sinodali hanno sentito vivamente questa esigenza affermando che �i fondamenti antropologici e teologici hanno bisogno di studi approfonditi per la risoluzione dei problemi relativi al vero significato e alla dignit� di ambedue i sessi�(184).

Impegnandosi nella riflessione sui fondamenti antropologici e teologici della condizione femminile, la Chiesa si rende presente nel processo storico dei vari movimenti di promozione della donna e, scendendo alle radici stesse dell'essere personale della donna, vi apporta il suo contributo pi� prezioso. Ma prima e pi� ancora la Chiesa intende, in tal modo, obbedire a Dio che, creando l'uomo �a sua immagine�, �maschio e femmina li cre� (Gen 1, 27); cos� come intende accogliere la chiamata di Dio a conoscere, ad ammirare e a vivere il suo disegno. E' un disegno che �al principio� � stato indelebilmente impresso nello stesso essere della persona umana _ uomo e donna _ e, pertanto, nelle sue strutture significative e nei suoi profondi dinamismi. Proprio questo disegno, sapientissimo e amoroso, chiede di essere esplorato in tutta la ricchezza del suo contenuto: � la ricchezza che dal �principio� si � venuta poi progressivamente manifestando e attuando lungo l'intera storia della salvezza, ed � culminata nella �pienezza del tempo�, allorquando �Dio mand� il suo Figlio, nato da donna� (Gal 4, 4). Quella �pienezza� continua nella storia: la lettura del disegno di Dio sulla donna � incessantemente operata e da operarsi nella fede della Chiesa, anche grazie alla vita vissuta di tante donne cristiane. Senza dimenticare l'aiuto che pu� venire dalle diverse scienze umane e dalle varie culture: queste, grazie ad un illuminato discernimento, potranno aiutare a cogliere e a precisare i valori e le esigenze che appartengono all'essenza perenne della donna e quelli legati all'evolversi storico delle culture stesse. Come ci ricorda il Concilio Vaticano II, �la Chiesa afferma che al di sotto di tutti i mutamenti ci sono molte cose che non cambiano: esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che � sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli (cf. Ebr 13, 8)�(185).

Sui fondamenti antropologici e teologici della dignit� personale della donna si sofferma la Lettera Apostolica sulla dignit� e sulla vocazione della donna. Il documento, che riprende, prosegue e specifica le riflessioni della catechesi del mercoled� dedicata per lungo tempo alla �teologia del corpo�, vuole essere insieme l'adempimento di una promessa fatta nell'Enciclica Redemptoris Mater(186) e la risposta alla richiesta dei Padri sinodali.

La lettura della Lettera Mulieris dignitatem, anche per il suo carattere di meditazione biblicoteologica, potr� stimolare tutti, uomini e donne, e in particolare i cultori delle scienze umane e delle discipline teologiche, a proseguire nello studio critico cos� da approfondire sempre meglio, sulla base della dignit� personale dell'uomo e della donna e della loro reciproca relazione, i valori ed i doni specifici della femminilit� e della mascolinit�, non solo nell'ambito del vivere sociale ma anche e soprattutto in quello dell'esistenza cristiana ed ecclesiale.

La meditazione sui fondamenti antropologici e teologici della donna deve illuminare e guidare la risposta cristiana alla domanda cos� frequente, e talvolta cos� acuta, circa lo �spazio� che la donna pu� e deve avere nella Chiesa e nella societ�.

Dalla parola e dall'atteggiamento di Cristo, che sono normativi per la Chiesa, risulta con grande chiarezza che nessuna discriminazione esiste sul piano del rapporto con Cristo, nel quale �non c'� pi� uomo n� donna, poich� tutti voi siete uno in Cristo Ges�� (Gal 3, 28) e sul piano della partecipazione alla vita e alla santit� della Chiesa, come splendidamente attesta la profezia di Gioele realizzatasi con la Pentecoste: �Io effonder� il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie� (Gl 3, 1; cf. At 2, 17 ss.). Come si legge nella Lettera Apostolica sulla dignit� e sulla vocazione della donna, �tutt'e due _ la donna come l'uomo _ (...) sono suscettibili in eguale misura dell'elargizione della verit� divina e dell'amore nello Spirito Santo. Ambedue accolgono le sue "visite" salvifiche e santificanti�(187).

Missione nella Chiesa e nel mondo

51. Circa poi la partecipazione alla missione apostolica della Chiesa, non c'� dubbio che, in forza del Battesimo e della Cresima, la donna _ come l'uomo _ � resa partecipe del triplice ufficio di Ges� Cristo Sacerdote, Profeta, Re, e quindi � abilitata e impegnata all'apostolato fondamentale della Chiesa: l'evangelizzazione. D'altre parte, proprio nel compimento di questo apostolato, la donna � chiamata a mettere in opera i suoi �doni� propri: anzitutto, il dono che � la sua stessa dignit� personale, mediante la parola e la testimonianza di vita; i doni, poi, connessi con la sua vocazione femminile.

Nella partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa la donna non pu� ricevere il sacramento dell'Ordine e, pertanto, non pu� compiere le funzioni proprie del sacerdozio ministeriale. E' questa una disposizione che la Chiesa ha sempre ritrovato nella precisa volont�, totalmente libera e sovrana, di Ges� Cristo che ha chiamato solo uomini come suoi apostoli(188); una disposizione che pu� trovare luce nel rapporto tra Cristo Sposo e la Chiesa Sposa(189). Siamo nell'ambito della funzione, non della dignit� e della santit�. Si deve, in realt�, affermare: �Anche se la Chiesa possiede una struttura "gerarchica", tuttavia tale struttura � totalmente ordinata alla santit� delle membra di Cristo�(190).

Ma, come gi� diceva Paolo VI, se �noi non possiamo cambiare il comportamento di nostro Signore n� la chiamata da Lui rivolta alle donne, per� dobbiamo riconoscere e promuovere il ruolo delle donne nella missione evangelizzatrice e nella vita della comunit� cristiana�(191).

E' del tutto necessario passare dal riconoscimento teorico della presenza attiva e responsabile della donna nella Chiesa alla realizzazione pratica. E in questo preciso senso deve leggersi la presente Esortazione che si rivolge ai fedeli laici, con la deliberata e ripetuta specificazione �uomini e donne�. Inoltre il nuovo Codice di Diritto Canonico contiene molteplici disposizioni sulla partecipazione della donna alla vita e alla missione della Chiesa: sono disposizioni che esigono d'essere pi� comunemente conosciute e, sia pure secondo le diverse sensibilit� culturali e opportunit� pastorali, attuate con maggiore tempestivit� e risoluzione.

Si pensi, ad esempio, alla partecipazione delle donne ai Consigli pastorali diocesani e parrocchiali, come pure ai Sinodi diocesani e ai Concili particolari. In questo senso i Padri sinodali hanno scritto: �Le donne partecipino alla vita della Chiesa senza alcuna discriminazione, anche nelle consultazioni e nell'elaborazione di decisioni�(192). E ancora: �Le donne, le quali hanno gi� una grande importanza nella trasmissione della fede e nel prestare servizi di ogni genere nella vita della Chiesa, devono essere associate alla preparazione dei documenti pastorali e delle iniziative missionarie e devono essere riconosciute come cooperatrici della missione della Chiesa nella famiglia, nella professione e nella comunit� civile�(193).

Nell'ambito pi� specifico dell'evangelizzazione e della catechesi � da promuovere con pi� forza il compito particolare che la donna ha nella trasmissione della fede, non solo nella famiglia ma anche nei pi� diversi luoghi educativi e, in termini pi� ampi, in tutto ci� che riguarda l'accoglienza della Parola di Dio, la sua comprensione e la sua comunicazione, anche mediante lo studio, la ricerca e la docenza teologica.

Mentre adempir� il suo impegno di evangelizzazione, la donna sentir� pi� vivo il bisogno di essere evangelizzata. Cos�, con gli occhi illuminati dalla fede (cf. Ef 1, 18), la donna potr� distinguere ci� che veramente risponde alla sua dignit� personale e alla sua vocazione da tutto ci� che, magari sotto il pretesto di questa �dignit� e nel nome della �libert� e del �progresso�, fa s� che la donna non serva al consolidamento dei veri valori ma, al contrario, diventi responsabile del degrado morale delle persone, degli ambienti e della societ�. Operare un simile �discernimento� � un'urgenza storica indilazionabile e, nello stesso tempo, � una possibilit� e un'esigenza che derivano dalla partecipazione all'ufficio profetico di Cristo e della sua Chiesa da parte della donna cristiana. Il �discernimento�, di cui parla pi� volte l'apostolo Paolo, non � solo valutazione delle realt� e degli avvenimenti alla luce della fede; � anche decisione concreta e impegno operativo, non solo nell'ambito della Chiesa ma anche in quello della societ� umana.

Si pu� dire che tutti i problemi del mondo contemporaneo, di cui gi� parlava la seconda parte della Costituzione conciliare Gaudium et spes e che il tempo non ha affatto n� risolto n� attutito, devono vedere le donne presenti e impegnate, e precisamente con il loro contributo tipico e insostituibile.

In particolare, due grandi compiti affidati alla donna meritano di essere riproposti all'attenzione di tutti.

Il compito, anzitutto, di dare piena dignit� alla vita matrimoniale e alla maternit�. Nuove possibilit� si aprono oggi alla donna per una comprensione pi� profonda e per una realizzazione pi� ricca dei valori umani e cristiani implicati nella vita coniugale e nell'esperienza della maternit�: l'uomo stesso _ il marito e il padre _ pu� superare forme di assenteismo o di presenza episodica e parziale, anzi pu� coinvolgersi in nuove e significative relazioni di comunione interpersonale, proprio grazie all'intervento intelligente, amorevole e decisivo della donna.

Il compito, poi, di assicurare la dimensione morale della cultura, la dimensione cio� di una cultura degna dell'uomo, della sua vita personale e sociale. Il Concilio Vaticano II sembra collegare la dimensione morale della cultura con la partecipazione dei laici alla missione regale di Cristo: �I laici, anche mettendo in comune la loro forza, risanino le istituzioni e le condizioni di vita del mondo, se ve ne sono che spingono i costumi al peccato, cos� che tutte siano rese conformi alle norme della giustizia e, anzich� ostacolare, favoriscano l'esercizio delle virt�. Cos� agendo impregneranno di valore morale la cultura e i lavori dell'uomo�(194).

Man mano che la donna partecipa attivamente e responsabilmente alla funzione delle istituzioni, dalle quali dipende la salvaguardia del primato dovuto ai valori umani nella vita delle comunit� politiche, le parole del Concilio ora citate indicano un importante campo d'apostolato della donna: in tutte le dimensioni della vita di queste comunit�, dalla dimensione socio-economica a quella socio-politica, devono essere rispettate e promosse la dignit� personale della donna e la sua specifica vocazione: nell'ambito non solo individuale ma anche comunitario, non solo in forme lasciate alla libert� responsabile delle persone ma anche in forme garantite da leggi civili giuste.

�Non � bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto a lui simile� (Gen 2, 18). Alla donna Dio Creatore ha affidato l'uomo. Certo, l'uomo � stato affidato ad ogni uomo, ma in modo particolare alla donna, perch� proprio la donna sembra avere una specifica sensibilit�, grazie alla speciale esperienza della sua maternit�, per l'uomo e per tutto ci� che costituisce il suo vero bene, a cominciare dal fondamentale valore della vita. Quanto grandi sono le possibilit� e le responsabilit� della donna in questo campo, in un tempo nel quale lo sviluppo della scienza e della tecnica non � sempre ispirato e misurato dalla vera sapienza, con l'inevitabile rischio di �disumanizzare� la vita umana, soprattutto quando essa esigerebbe amore pi� intenso e pi� generosa accoglienza.

La partecipazione della donna alla vita della Chiesa e della societ�, mediante i suoi doni, costituisce insieme la strada necessaria per la sua realizzazione personale _ sulla quale oggi giustamente tanto si insiste _ e il contributo originale della donna all'arricchimento della comunione ecclesiale e al dinamismo apostolico del Popolo di Dio.

In questa prospettiva si deve considerare la presenza anche dell'uomo, insieme alla donna.

Compresenza e collaborazione degli uomini e delle donne

52. Non � mancata nell'aula sinodale la voce di quanti hanno espresso il timore che un'eccessiva insistenza portata sulla condizione e sul ruolo delle donne potesse sfociare in un'inaccettabile dimenticanza: quella, appunto, riguardante gli uomini. In realt� diverse situazioni ecclesiali devono lamentare l'assenza o la troppo scarsa presenza degli uomini, una parte dei quali abdica alle proprie responsabilit� ecclesiali, lasciando che siano assolte soltanto dalle donne: cos�, ad esempio, la partecipazione alla preghiera liturgica in Chiesa, l'educazione e in particolare la catechesi ai propri figli e ad altri fanciulli, la presenza ad incontri religiosi e culturali, la collaborazione ad iniziative caritative e missionarie.

E' allora da urgere pastoralmente la presenza coordinata degli uomini e delle donne perch� sia resa pi� completa, armonica e ricca la partecipazione dei fedeli laici alla missione salvifica della Chiesa.

La ragione fondamentale che esige e spiega la compresenza e la collaborazione degli uomini e delle donne non � solo, come ora si � rilevato, la maggiore significativit� ed efficacia dell'azione pastorale della Chiesa; n�, tanto meno, il semplice dato sociologico di una convivenza umana che � naturalmente fatta di uomini e di donne. E', piuttosto, il disegno originario del Creatore che dal �principio� ha voluto l'essere umano come �unit� dei due�, ha voluto l'uomo e la donna come prima comunit� di persone, radice di ogni altra comunit�, e, nello stesso tempo, come �segno� di quella comunione interpersonale d'amore che costituisce la misteriosa vita intima di Dio Uno e Trino.

Proprio per questo il modo pi� comune e capillare, e nello stesso tempo fondamentale, per assicurare questa presenza coordinata e armonica di uomini e di donne nella vita e nella missione della Chiesa, � l'esercizio dei compiti e delle responsabilit� della coppia e della famiglia cristiana, nel quale traspare e si comunica la variet� delle diverse forme di amore e di vita: la forma coniugale, paterna e materna, filiale e fraterna. Leggiamo nell'Esortazione Familiaris consortio: �Se la famiglia cristiana � comunit�, i cui vincoli sono rinnovati da Cristo mediante la fede e i sacramenti, la sua partecipazione alla missione della Chiesa deve avvenire secondo una modalit� comunitaria: insieme, dunque i coniugi in quanto coppia, i genitori e i figli in quanto famiglia, devono vivere il loro servizio alla Chiesa e al mondo (...). La famiglia cristiana, poi, edifica il Regno di Dio nella storia mediante quelle stesse realt� quotidiane che riguardano e contraddistinguono la sua condizione di vita: � allora nell'amore coniugale e familiare _ vissuto nella sua straordinaria ricchezza di valori ed esigenze di totalit�, unicit�, fedelt� e fecondit� _ che si esprime e si realizza la partecipazione della famiglia cristiana alla missione profetica, sacerdotale e regale di Ges� Cristo e della sua Chiesa�(195).

Situandosi in questa prospettiva, i Padri sinodali hanno ricordato il significato che il sacramento del Matrimonio deve assumere nella Chiesa e nella societ� per illuminare e ispirare tutte le relazioni tra l'uomo e la donna. In tal senso hanno ribadito �l'urgente necessit� che ciascun cristiano viva e annunci il messaggio di speranza contenuto nella relazione tra l'uomo e la donna Il sacramento del Matrimonio, che consacra questa relazione nella sua forma coniugale e la rivela come segno della relazione di Cristo con la sua Chiesa, contiene un insegnamento di grande importanza per la vita della Chiesa; questo insegnamento deve arrivare per mezzo della Chiesa al mondo di oggi; tutte le relazioni tra l'uomo e la donna debbono ispirarsi a questo spirito. La Chiesa deve utilizzare queste ricchezze ancora pi� pienamente�(196). Gli stessi Padri hanno giustamente rilevato che �la stima della verginit� e il rispetto della maternit� debbono ambedue essere ricuperate�(197): ancora una volta per lo sviluppo di vocazioni diverse e complementari nel contesto vivo della comunione ecclesiale e al servizio della sua continua crescita.

Malati e sofferenti

53. L'uomo � chiamato alla gioia ma fa quotidiana esperienza di tantissime forme di sofferenza e di dolore. Agli uomini e alle donne colpiti dalle pi� varie forme di sofferenza e di dolore i Padri sinodali si sono rivolti nel loro finale Messaggio con queste parole: �Voi abbandonati ed emarginati dalla nostra societ� consumistica; voi malati, handicappati, poveri, affamati, emigranti, profughi, prigionieri, disoccupati, anziani, bambini abbandonati e persone sole; voi, vittime della guerra e di ogni violenza emananti dalla nostra societ� permissiva. La Chiesa partecipa alla vostra sofferenza conducente al Signore, che vi associa alla sua Passione redentrice e vi fa vivere alla luce della sua Redenzione. Contiamo su di voi per insegnare al mondo intero che cosa � l'amore. Faremo tutto il possibile perch� troviate il posto di cui avete diritto nella societ� e nella Chiesa�(198).

Nel contesto di un mondo sconfinato come quello della sofferenza umana, rivolgiamo ora l'attenzione a quanti sono colpiti dalla malattia nelle sue diverse forme: i malati, infatti, sono l'espressione pi� frequente e pi� comune del soffrire umano.

A tutti e a ciascuno � rivolto l'appello del Signore: anche i malati sono mandati come operai nella sua vigna. Il peso, che affatica le membra del corpo e scuote la serenit� dell'anima, lungi dal distoglierli dal lavorare nella vigna, li chiama a vivere la loro vocazione umana e cristiana ed a partecipare alla crescita del Regno di Dio in modalit� nuove, anche pi� preziose. Le parole dell'apostolo Paolo devono divenire il loro programma e, prima ancora, sono luce che fa splendere ai loro occhi il significato di grazia della loro stessa situazione: �Completo quello che manca ai patimenti di Cristo nella mia carne, in favore del suo corpo, che � la Chiesa� (Col 1, 24). Proprio facendo questa scoperta, l'apostolo � approdato alla gioia: �Perci� sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi� (Col 1, 24). Similmente molti malati possono diventare portatori della �gioia dello Spirito Santo in molte tribolazioni� (1 Tess 1, 6) ed essere testimoni della Risurrezione di Ges�. Come ha espresso un handicappato nel suo intervento in aula sinodale, �� di grande importanza porre in luce il fatto che i cristiani che vivono in situazioni di malattia, di dolore e di vecchiaia, non sono invitati da Dio soltanto ad unire il proprio dolore con la Passione di Cristo, ma anche ad accogliere gi� ora in se stessi e a trasmettere agli altri la forza del rinnovamento e la gioia di Cristo risuscitato (cf. 2 Cor 4, 10-11; 1 Pt 4, 13; Rm 8, 18 ss.)�(199). Da parte sua _ come si legge nella Lettera Apostolica Salvifici doloris _ �la Chiesa, che nasce dal mistero della redenzione nella Croce di Cristo, � tenuta a cercare l'incontro con l'uomo in modo particolare sulla via della sofferenza. In un tale incontro l'uomo "diventa la via della Chiesa", ed �, questa, una delle vie pi� importanti�(200). Ora l'uomo sofferente � via della Chiesa perch� egli �, anzitutto, via di Cristo stesso, il buon Samaritano che �non passa oltre�, ma �ne ha compassione, si fa vicino (...) gli fascia le ferite (...) si prende cura di lui� (Lc 10, 32-34).

La comunit� cristiana ha ritrascritto, di secolo in secolo nell'immensa moltitudine delle persone malate e sofferenti, la parabola evangelica del buon Samaritano, rivelando e comunicando l'amore di guarigione e di consolazione di Ges� Cristo. Ci� � avvenuto mediante la testimonianza della vita religiosa consacrata al servizio degli ammalati e mediante l'infaticabile impegno di tutti gli operatori sanitari. Oggi, anche negli stessi ospedali e case di cura cattolici si fa sempre pi� numerosa, e talvolta anche totale ed esclusiva, la presenza dei fedeli laici, uomini e donne: proprio loro, medici, infermieri, altri operatori della salute, volontari, sono chiamati ad essere l'immagine viva di Cristo e della sua Chiesa nell'amore verso i malati e i sofferenti.

Azione pastorale rinnovata

54. E' necessario che questa preziosissima eredit�, che la Chiesa ha ricevuto da Ges� Cristo �medico di carne e di spirito�(201), non solo non venga mai meno, ma sia sempre pi� valorizzata e arricchita attraverso una ripresa e un rilancio deciso di un'azione pastorale per e con i malati e i sofferenti. Dev'essere un'azione capace di sostenere e di promuovere attenzione, vicinanza, presenza, ascolto, dialogo, condivisione e aiuto concreto verso l'uomo nei momenti nei quali, a causa della malattia e della sofferenza, sono messe a dura prova non solo la sua fiducia nella vita ma anche la sua stessa fede in Dio e nel suo amore di Padre. Questo rilancio pastorale ha la sua espressione pi� significativa nella celebrazione sacramentale con e per gli ammalati, come fortezza nel dolore e nella debolezza, come speranza nella disperazione, come luogo d'incontro e di festa.

Uno dei fondamentali obiettivi di questa rinnovata e intensificata azione pastorale, che non pu� non coinvolgere e in modo coordinato tutte le componenti della comunit� ecclesiale, � di considerare il malato, il portatore di handicap, il sofferente non semplicemente come termine dell'amore e del servizio della Chiesa, bens� come soggetto attivo e responsabile dell'opera di evangelizzazione e di salvezza. In questa prospettiva la Chiesa ha una buona novella da far risuonare all'interno di societ� e di culture che, avendo smarrito il senso del soffrire umano, �censurano� ogni discorso su tale dura realt� della vita. E la buona novella sta nell'annuncio che il soffrire pu� avere anche un significato positivo per l'uomo e per la stessa societ�, chiamato com'� a divenire una forma di partecipazione alla sofferenza salvifica di Cristo e alla sua gioia di risorto, e pertanto una forza di santificazione e di edificazione della Chiesa.

L'annuncio di questa buona novella diventa credibile allorquando non risuona semplicemente sulle labbra, ma passa attraverso la testimonianza della vita, sia di tutti coloro che curano con amore i malati, gli handicappati e i sofferenti, sia di questi stessi, resi sempre pi� coscienti e responsabili del loro posto e del loro compito nella Chiesa e per la Chiesa.

Di grande utilit� perch� �la civilt� dell'amore� possa fiorire e fruttificare nell'immenso mondo del dolore umano, potr� essere la rinnovata meditazione della Lettera Apostolica Salvifici doloris, di cui ricordiamo ora le righe conclusive: �Occorre pertanto, che sotto la Croce del Calvario idealmente convengano tutti i sofferenti che credono in Cristo e, particolarmente, coloro che soffrono a causa della loro fede in lui Crocifisso e Risorto, affinch� l'offerta delle loro sofferenze affretti il compimento della preghiera dello stesso Salvatore per l'unit� di tutti (cf. Gv 17, 11. 21-22). L� pure convengano gli uomini di buona volont�, perch� sulla Croce sta il "Redentore dell'uomo", l'Uomo dei dolori, che in s� ha assunto le sofferenze fisiche e morali degli uomini di tutti i tempi, affinch� nell'amore possano trovare il senso salvifico del loro dolore e risposte valide a tutti i loro interrogativi. Insieme con Maria, Madre di Cristo, che stava sotto la Croce (cf. Gv 19, 25), ci fermiamo accanto a tutte le croci dell'uomo d'oggi (...). E chiediamo a tutti voi, che soffrite, di sostenerci. Proprio a voi, che siete deboli, chiediamo che diventiate una sorgente di forza per la Chiesa e per l'umanit�. Nel terribile combattimento tra le forze del bene e del male, di cui ci offre spettacolo il nostro mondo contemporaneo, vinca la vostra sofferenza in unione con la Croce di Cristo!�(202).

Stati di vita e vocazioni

55. Operai della vigna sono tutti i membri del Popolo di Dio: i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i fedeli laici, tutti ad un tempo oggetto e soggetto della comunione della Chiesa e della partecipazione alla sua missione di salvezza. Tutti e ciascuno lavoriamo nell'unica e comune vigna del Signore con carismi e con ministeri diversi e complementari.

Gi� sul piano dell'essere, prima ancora che su quello dell'agire, i cristiani sono tralci dell'unica feconda vite che � Cristo, sono membra vive dell'unico Corpo del Signore edificato nella forza dello Spirito. Sul piano dell'essere: non significa solo mediante la vita di grazia e di santit�, che � la prima e pi� rigogliosa sorgente della fecondit� apostolica e missionaria della santa Madre Chiesa; ma significa anche mediante lo stato di vita che caratterizza i sacerdoti e i diaconi, i religiosi e le religiose, i membri degli istituti secolari, i fedeli laici.

Nella Chiesa-Comunione gli stati di vita sono tra loro cos� collegati da essere ordinati l'uno all'altro. Certamente comune, anzi unico � il loro significato profondo: quello di essere modalit� secondo cui vivere l'eguale dignit� cristiana e l'universale vocazione alla santit� nella perfezione dell'amore. Sono modalit� insieme diverse e complementari, sicch� ciascuna di esse ha una sua originale e inconfondibile fisionomia e nello stesso tempo ciascuna di esse si pone in relazione alle altre e al loro servizio.

Cos� lo stato di vita laicale ha nell'indole secolare la sua specificit� e realizza un servizio ecclesiale nel testimoniare e nel richiamare, a suo modo, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose il significato che le realt� terrene e temporali hanno nel disegno salvifico di Dio. A sua volta il sacerdozio ministeriale rappresenta la permanente garanzia della presenza sacramentale, nei diversi tempi e luoghi, di Cristo Redentore. Lo stato religioso testimonia l'indole escatologica della Chiesa, ossia la sua tensione verso il Regno di Dio, che viene prefigurato e in qualche modo anticipato e pregustato dai voti di castit�, povert� e obbedienza.

Tutti gli stati di vita, sia nel loro insieme sia ciascuno di essi in rapporto agli altri, sono al servizio della crescita della Chiesa, sono modalit� diverse che si unificano profondamente nel �mistero di comunione� della Chiesa e che si coordinano dinamicamente nella sua unica missione.

In tal modo, l'unico e identico mistero della Chiesa rivela e rivive, nella diversit� degli stati di vita e nella variet� delle vocazioni, l'infinita ricchezza del mistero di Ges� Cristo. Come amano ripetere i Padri, la Chiesa � come un campo dall'affascinante e meravigliosa variet� di erbe, piante, fiori e frutti. Sant'Ambrogio scrive: �Un campo produce molti frutti, ma migliore � quello che abbonda di frutti e di fiori. Orbene, il campo della santa Chiesa � fecondo degli uni e degli altri. Qui puoi vedere le gemme della verginit� metter fiori, l� la vedovanza dominare austera come le foreste nella pianura; altrove la ricca mietitura delle nozze benedette dalla Chiesa riempire i grandi granai del mondo di messe abbondante, e i torchi del Signore Ges� ridondare come di frutti di vite rigogliosa, frutti dei quali sono ricche le nozze cristiane�(203).

Le varie vocazioni laicali

56. La ricca variet� della Chiesa trova una sua ulteriore manifestazione all'interno di ciascun stato di vita. Cos� entro lo stato di vita laicale si danno diverse �vocazioni�, ossia diversi cammini spirituali e apostolici che riguardano i singoli fedeli laici. Nell'alveo d'una vocazione laicale �comune� fioriscono vocazioni laicali �particolari�. In questo ambito possiamo ricordare anche l'esperienza spirituale che � maturata recentemente nella Chiesa con il fiorire di diverse forme di Istituti secolari: ai fedeli laici, ma anche agli stessi sacerdoti, � aperta la possibilit� di professare i consigli evangelici di povert�, castit� e obbedienza per mezzo dei voti o delle promesse, conservando pienamente la propria condizione laicale o clericale(204). Come hanno rilevato i Padri sinodali, �lo Spirito Santo suscita anche altre forme di offerta di se stessi cui si dedicano persone che rimangono pienamente nella vita laicale�(205).

Possiamo concludere rileggendo una bella pagina di San Francesco di Sales, che tanto ha promosso la spiritualit� dei laici(206). Parlando della �devozione�, ossia della perfezione cristiana o �vita secondo lo Spirito�, egli presenta in una maniera semplice e splendida la vocazione di tutti i cristiani alla santit� e nello stesso tempo la forma specifica con cui i singoli cristiani la realizzano: �Nella creazione Dio comand� alle piante di produrre i loro frutti, ognuna "secondo la propria specie" (Gen 1, 11). Lo stesso comando rivolge ai cristiani, che sono le piante vive della sua Chiesa, perch� producano frutti di devozione, ognuno secondo il suo stato e la sua condizione. La devozione deve essere praticata in modo diverso dal gentiluomo, dall'artigiano, dal domestico, dal principe, dalla vedova, dalla donna non sposata e da quella coniugata. Ci� non basta, bisogna anche accordare la pratica della devozione alle forze, agli impegni e ai doveri di ogni persona (...). E' un errore, anzi un'eresia, voler escludere l'esercizio della devozione dall'ambiente militare, dalla bottega degli artigiani, dalla corte dei principi, dalle case dei coniugati. E' vero, Filotea, che la devozione puramente contemplativa, monastica e religiosa pu� essere vissuta solo in questi stati, ma, oltre a questi tre tipi di devozione, ve ne sono molti altri capaci di rendere perfetti coloro che vivono in condizioni secolari. Perci�, dovunque ci troviamo, possiamo e dobbiamo aspirare alla vita perfetta�(207).

Ponendosi nella stessa linea il Concilio Vaticano II scrive: �Questo comportamento spirituale dei laici deve assumere una peculiare caratteristica dallo stato di matrimonio e di famiglia, di celibato o di vedovanza, dalla condizione di infermit�, dall'attivit� professionale e sociale. Non tralascino, dunque, di coltivare costantemente le qualit� e le doti ad essi conferite corrispondenti a tali condizioni, e di servirsi dei propri doni ricevuti dallo Spirito Santo�(208).

Ci� che vale delle vocazioni spirituali vale anche, e in un certo senso a maggior ragione, delle infinite varie modalit� secondo cui tutti e singoli i membri della Chiesa sono operai che lavorano nella vigna del Signore, edificando il Corpo mistico di Cristo. Veramente ciascuno � chiamato per nome, nell'unicit� e irripetibilit� della sua storia personale, a portare il suo proprio contributo per l'avvento del Regno di Dio. Nessun talento, neppure il pi� piccolo, pu� essere nascosto e lasciato inutilizzato (cf. Mt 25, 24-27).

L'apostolo Pietro ci ammonisce: �Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio� (1 Pt 4, 10).

CAPITOLO V

PERCH� PORTIATE PI� FRUTTO
La formazione dei fedeli laici

Maturare in continuit�

57. L'immagine evangelica della vite e dei tralci ci rivela un altro aspetto fondamentale della vita e della missione dei fedeli laici: la chiamata a crescere, a maturare in continuit�, a portare sempre pi� frutto.

Come solerte vignaiolo, il Padre si prende cura della sua vigna. La presenza premurosa di Dio � ardentemente invocata da Israele, che cos� prega: �Dio degli eserciti, volgiti, / guarda dal cielo e vedi / e visita questa vigna, / proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato, / il germoglio che ti sei coltivato� (Sal 80, 15-16). Ges� stesso parla dell'opera del Padre: �Io sono la vera vite e il Padre mio � il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perch� porti pi� frutto� (Gv 15, 1-2).

La vitalit� dei tralci � legata al loro rimanere radicati nella vite, che � Cristo Ges�: �Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perch� senza di me non potete far nulla� (Gv 15, 5).

L'uomo � interpellato nella sua libert� dalla chiamata di Dio a crescere, a maturare, a portare frutto. Non pu� non rispondere, non pu� non assumersi la sua personale responsabilit�. E' a questa responsabilit�, tremenda ed esaltante, che alludono le gravi parole di Ges�: �Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano� (Gv 15, 6).

In questo dialogo tra Dio che chiama e la persona interpellata nella sua responsabilit� si situa la possibilit�, anzi la necessit� di una formazione integrale e permanente dei fedeli laici, alla quale i Padri sinodali hanno giustamente riservato un'ampia parte del loro lavoro. In particolare, dopo aver descritto la formazione cristiana come �un continuo processo personale di maturazione nella fede e di configurazione con il Cristo, secondo la volont� del Padre, con la guida dello Spirito Santo�, hanno chiaramente affermato che �la formazione dei fedeli laici va posta tra le priorit� della diocesi e va collocata nei programmi di azione pastorale in modo che tutti gli sforzi della comunit� (sacerdoti, laici e religiosi) convergano a questo fine�(209).

Scoprire e vivere la propria vocazione e missione

58. La formazione dei fedeli laici ha come obiettivo fondamentale la scoperta sempre pi� chiara della propria vocazione e la disponibilit� sempre pi� grande a viverla nel compimento della propria missione.

Dio chiama me e manda me come operaio nella sua vigna; chiama me e manda me a lavorare per l'avvento del suo Regno nella storia: questa vocazione e missione personale definisce la dignit� e la responsabilit� dell'intera opera formativa, ordinata al riconoscimento gioioso e grato di tale dignit� e all'assolvimento fedele e generoso di tale responsabilit�.

Infatti, Dio dall'eternit� ha pensato a noi e ci ha amato come persone uniche e irripetibili, chiamando ciascuno di noi con il suo proprio nome, come il buon Pastore che �chiama le sue pecore per nome� (Gv 10, 3). Ma il piano eterno di Dio si rivela a ciascuno di noi solo nello sviluppo storico della nostra vita e delle sue vicende, e pertanto solo gradualmente: in un certo senso, di giorno in giorno.

Ora per poter scoprire la concreta volont� del Signore sulla nostra vita sono sempre indispensabili l'ascolto pronto e docile della parola di Dio e della Chiesa, la preghiera filiale e costante, il riferimento a una saggia e amorevole guida spirituale, la lettura nella fede dei doni e dei talenti ricevuti e nello stesso tempo delle diverse situazioni sociali e storiche entro cui si � inseriti.

Nella vita di ciascun fedele laico ci sono poi momenti particolarmente significativi e decisivi per discernere la chiamata di Dio e per accogliere la missione da Lui affidata: tra questi ci sono i momenti dell'adolescenza e della giovinezza. Nessuno per� dimentichi che il Signore, come il padrone con gli operai della vigna, chiama _ nel senso di rendere concreta e puntuale la sua santa volont� _ a tutte le ore della vita: per questo la vigilanza, quale attenzione premurosa alla voce di Dio, � un atteggiamento fondamentale e permanente del discepolo.

Non si tratta, comunque, soltanto di sapere quello che Dio vuole da noi, da ciascuno di noi nelle varie situazioni della vita. Occorre fare quello che Dio vuole: cos� ci ricorda la parola di Maria, la Madre di Ges�, rivolta ai servi di Cana: �Fate quello che vi dir� (Gv 2, 5). E per agire in fedelt� alla volont� di Dio occorre essere capaci e rendersi sempre pi� capaci. Certo, con la grazia del Signore, che non manca mai, come dice San Leone Magno: �Dar� il vigore Colui che confer� la dignit�!�(210); ma anche con la libera e responsabile collaborazione di ciascuno di noi.

Ecco il compito meraviglioso e impegnativo che attende tutti i fedeli laici, tutti i cristiani, senza sosta alcuna: conoscere sempre pi� le ricchezze della fede e del Battesimo e viverle in crescente pienezza. L'apostolo Pietro, parlando di nascita e di crescita come delle due tappe della vita cristiana, ci esorta: �Come bambini appena nati, bramate il puro latte spirituale, per crescere con esso verso la salvezza� (1 Pt 2, 2).

Una formazione integrale da vivere in unit�

59. Nello scoprire e nel vivere la propria vocazione e missione, i fedeli laici devono essere formati a quell'unit� di cui � segnato il loro stesso essere di membri della Chiesa e di cittadini della societ� umana.

Nella loro esistenza non possono esserci due vite parallele: da una parte, la vita cosiddetta �spirituale�, con i suoi valori e con le sue esigenze; e dall'altra, la vita cosiddetta �secolare�, ossia la vita di famiglia, di lavoro, dei rapporti sociali, dell'impegno politico e della cultura. Il tralcio, radicato nella vite che � Cristo, porta i suoi frutti in ogni settore dell'attivit� e dell'esistenza. Infatti, tutti i vari campi della vita laicale rientrano nel disegno di Dio, che li vuole come il �luogo storico� del rivelarsi e del realizzarsi della carit� di Ges� Cristo a gloria del Padre e a servizio dei fratelli. Ogni attivit�, ogni situazione, ogni impegno concreto _ come, ad esempio, la competenza e la solidariet� nel lavoro, l'amore e la dedizione nella famiglia e nell'educazione dei figli, il servizio sociale e politico, la proposta della verit� nell'ambito della cultura _ sono occasioni provvidenziali per un �continuo esercizio della fede, della speranza e della carit�(211).

A questa unit� di vita il Concilio Vaticano II ha invitato tutti i fedeli laici denunciando con forza la gravit� della frattura tra fede e vita, tra Vangelo e cultura: �Il Concilio esorta i cristiani, che sono cittadini dell'una e dell'altra citt�, di sforzarsi di compiere fedelmente i propri doveri terreni, facendosi guidare dallo spirito del Vangelo. Sbagliano coloro che, sapendo che qui non abbiamo una cittadinanza stabile ma cerchiamo quella futura, pensano di poter per questo trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di pi� a compierli, secondo la vocazione di ciascuno (...). Il distacco, che si costata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverato tra i pi� gravi errori del nostro tempo�(212). Perci� ho affermato che una fede che non diventa cultura � una fede �non pienamente accolta, non interamente pensata non fedelmente vissuta�(213).

Aspetti della formazione

60. Entro questa sintesi di vita si situano i molteplici e coordinati aspetti della formazione integrale dei fedeli laici.

Non c'� dubbio che la formazione spirituale debba occupare un posto privilegiato nella vita di ciascuno, chiamato a crescere senza sosta nell'intimit� con Ges� Cristo, nella conformit� alla volont� del Padre, nella dedizione ai fratelli nella carit� e nella giustizia. Scrive il Concilio: �Questa vita d'intima unione con Cristo si alimenta nella Chiesa con gli aiuti spirituali, che sono comuni a tutti i fedeli, soprattutto con la partecipazione attiva alla sacra Liturgia, e questi aiuti i laici devono usarli in modo che, mentre compiono con rettitudine gli stessi doveri del mondo nelle condizioni ordinarie di vita, non separino dalla propria vita l'unione con Cristo, ma, svolgendo la propria attivit� secondo il volere divino, crescano in essa�(214).

Sempre pi� urgente si rivela oggi la formazione dottrinale dei fedeli laici, non solo per il naturale dinamismo di approfondimento della loro fede, ma anche per l'esigenza di �rendere ragione della speranza� che � in loro di fronte al mondo e ai suoi gravi e complessi problemi.

Si rendono cos� assolutamente necessarie una sistematica azione di catechesi, da graduarsi in rapporto all'et� e alle diverse situazioni di vita, e una pi� decisa promozione cristiana della cultura, come risposta agli eterni interrogativi che agitano l'uomo e la societ� d'oggi.

In particolare, soprattutto per i fedeli laici variamente impegnati nel campo sociale e politico, � del tutto indispensabile una conoscenza pi� esatta della dottrina sociale della Chiesa, come ripetutamente i Padri sinodali hanno sollecitato nei loro interventi. Parlando della partecipazione politica dei fedeli laici, si sono cos� espressi: �Perch� i laici possano realizzare attivamente questo nobile proposito nella politica (ossia il proposito di far riconoscere e stimare i valori umani e cristiani), non bastano le esortazioni, ma bisogna offrire loro la dovuta formazione della coscienza sociale, specialmente nella dottrina sociale della Chiesa, la quale contiene i principi di riflessione, i criteri di giudizio e le direttrici pratiche (cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione su libert� cristiana e liberazione, 72). Tale dottrina deve essere gi� presente nella istruzione catechistica generale, negli incontri specializzati e nelle scuole ed universit�. Questa dottrina sociale della Chiesa �, tuttavia, dinamica, cio� adattata alle circostanze dei tempi e dei luoghi. E' diritto e dovere dei pastori proporre i principi morali anche sull'ordine sociale; � dovere di tutti i cristiani dedicarsi alla difesa dei diritti umani; tuttavia, la partecipazione attiva nei partiti politici � riservata ai laici�(215).

E, infine, nel contesto della formazione integrale e unitaria dei fedeli laici, � particolarmente significativa per la loro azione missionaria e apostolica la personale crescita nei valori umani. Proprio in questo senso il Concilio ha scritto: �(i laici) facciano pure gran conto della competenza professionale, del senso della famiglia e del senso civico e di quelle virt� che riguardano i rapporti sociali, cio� la probit�, lo spirito di giustizia, la sincerit�, la cortesia, la fortezza d'animo, senza le quali non ci pu� essere neanche vera vita cristiana�(216).

Nel maturare la sintesi organica della loro vita, che insieme � espressione dell'unit� del loro essere e condizione per l'efficace compimento della loro missione, i fedeli laici saranno interiormente guidati e sostenuti dallo Spirito Santo, quale Spirito di unit� e di pienezza di vita.

Collaboratori di Dio educatore

61. Quali sono i luoghi e i mezzi della formazione dei fedeli laici? Quali sono le persone e le comunit� chiamate ad assumersi il compito della formazione integrale e unitaria dei fedeli laici?

Come l'opera educativa umana � intimamente congiunta con la paternit� e la maternit�, cos� la formazione cristiana trova la sua radice e la sua forza in Dio, il Padre che ama ed educa i suoi figli. S�, Dio � il primo e grande educatore del suo Popolo, come dice lo stupendo passo del Cantico di Mos�: �Egli lo trov� in terra deserta, / in una landa di ululati solitari. / Lo circond�, lo allev�, / lo custod� come pupilla del suo occhio. / Come un'aquila che veglia la sua nidiata, / che vola sopra i suoi nati, / egli spieg� le sue ali e lo prese, / lo sollev� sulle sue ali. / Il Signore lo guid� da solo, / non c'era con lui alcun dio straniero� (Deut 32, 10-12; cf. 8, 5).

L'opera educativa di Dio si rivela e si compie in Ges�, il Maestro, e raggiunge dal di dentro il cuore d'ogni uomo grazie alla presenza dinamica dello Spirito. A prendere parte all'opera educativa divina � chiamata la Chiesa madre, sia in se stessa, sia nelle sue varie articolazioni ed espressioni. E' cos� che i fedeli laici sono formati dalla Chiesa e nella Chiesa, in una reciproca comunione e collaborazione di tutti i suoi membri: sacerdoti, religiosi e fedeli laici. Cos� l'intera comunit� ecclesiale, nei suoi diversi membri, riceve la fecondit� dello Spirito e ad essa coopera attivamente. In tal senso Metodio di Olimpo scriveva: �Gli imperfetti (...) sono portati e formati, come nel seno di una madre, dai pi� perfetti finch� siano generati e partoriti per la grandezza e la bellezza della virt��(217), come avvenne per Paolo, portato e introdotto nella Chiesa dai perfetti (nella persona di Anania) e diventato poi a sua volta perfetto e fecondo di tanti figli.

Educatrice �, anzi tutto, la Chiesa universale, nella quale il Papa svolge il ruolo di primo formatore dei fedeli laici. A lui, come successore di Pietro, spetta il ministero di �confermare nella fede i fratelli�, insegnando a tutti i credenti i contenuti essenziali della vocazione e missione cristiana ed ecclesiale. Non solo la sua parola diretta, ma anche la sua parola veicolata dai documenti dei vari Dicasteri della Santa Sede chiede l'ascolto docile e amoroso dei fedeli laici.

La Chiesa una e universale � presente nelle varie parti del mondo nelle Chiese particolari. In ognuna di esse il Vescovo ha una responsabilit� personale nei riguardi dei fedeli laici, che deve formare mediante l'annuncio della Parola, la celebrazione dell'Eucaristia e dei sacramenti, l'animazione e la guida della loro vita cristiana.

Entro la Chiesa particolare o diocesi si situa ed opera la parrocchia, la quale ha un compito essenziale per la formazione pi� immediata e personale dei fedeli laici. Infatti, in un rapporto che pu� raggiungere pi� facilmente le singole persone e i singoli gruppi, la parrocchia � chiamata a educare i suoi membri all'ascolto della Parola, al dialogo liturgico e personale con Dio, alla vita di carit� fraterna, facendo percepire in modo pi� diretto e concreto il senso della comunione ecclesiale e della responsabilit� missionaria.

All'interno poi di talune parrocchie, soprattutto se vaste e disperse, le piccole comunit� ecclesiali presenti possono essere di notevole aiuto nella formazione dei cristiani, potendo rendere pi� capillari e incisive la coscienza e l'esperienza della comunione e della missione ecclesiale. Un aiuto pu� essere dato, come hanno detto i Padri sinodali, anche da una catechesi postbattesimale a modo di catecumenato, mediante la riproposizione di alcuni elementi del �Rituale dell'Iniziazione Cristiana degli Adulti�, destinati a far cogliere e vivere le immense e straordinarie ricchezze e responsabilit� del Battesimo ricevuto(218).

Nella formazione che i fedeli laici ricevono nella diocesi e nella parrocchia, in particolare al senso della comunione e della missione, di speciale importanza � l'aiuto che i diversi membri della Chiesa reciprocamente si danno: � un aiuto che insieme rivela e attua il mistero della Chiesa Madre ed Educatrice. I sacerdoti e i religiosi devono aiutare i fedeli laici nella loro formazione. In questo senso i Padri del Sinodo hanno invitato i presbiteri e i candidati agli Ordini a �prepararsi accuratamente ad essere capaci di favorire la vocazione e la missione dei laici�(219).

A loro volta, gli stessi fedeli laici possono e devono aiutare i sacerdoti e i religiosi nel loro cammino spirituale e pastorale.

Altri ambiti educativi

62 . Pure la famiglia cristiana, in quanto �Chiesa domestica�, costituisce una scuola nativa e fondamentale per la formazione della fede: il padre e la madre ricevono dal sacramento del Matrimonio la grazia e il ministero dell'educazione cristiana nei riguardi dei figli, ai quali testimoniano e trasmettono insieme valori umani e valori religiosi. Imparando le prime parole, i figli imparano anche a lodare Dio, che sentono vicino come Padre amorevole e provvidente; imparando i primi gesti d'amore, i figli imparano anche ad aprirsi agli altri, cogliendo nel dono di s� il senso del vivere umano. La stessa vita quotidiana di una famiglia autenticamente cristiana costituisce la prima �esperienza di Chiesa�, destinata a trovare conferma e sviluppo nel graduale inserimento attivo e responsabile dei figli nella pi� ampia comunit� ecclesiale e nella societ� civile. Quanto pi� i coniugi e i genitori cristiani cresceranno nella consapevolezza che la loro �Chiesa domestica� � partecipe della vita e della missione della Chiesa universale, tanto pi� i figli potranno essere formati al �senso della Chiesa� e sentiranno tutta la bellezza di dedicare le loro energie al servizio del Regno di Dio.

Luoghi importanti di formazione sono anche le scuole e le universit� cattoliche, come pure i centri di rinnovamento spirituale che oggi vanno sempre pi� diffondendosi. Come hanno rilevato i Padri sinodali, nell'attuale contesto sociale e storico, segnato da una profonda svolta culturale, non basta pi� la partecipazione _ peraltro sempre necessaria e insostituibile _ dei genitori cristiani alla vita della scuola; occorre preparare fedeli laici che si dedichino all'opera educativa come a una vera e propria missione ecclesiale; occorre costituire e sviluppare delle �comunit� educative�, formate insieme da genitori, docenti, sacerdoti, religiosi e religiose, rappresentanti di giovani. E perch� la scuola possa degnamente svolgere la sua funzione formativa, i fedeli laici si devono sentire impegnati a esigere da tutti e a promuovere per tutti una vera libert� di educazione, anche mediante un'opportuna legislazione civile(220).

I Padri sinodali hanno avuto parole di stima e d'incoraggiamento verso tutti quei fedeli laici, uomini e donne, che con spirito civile e cristiano svolgono un compito educativo nella scuola e negli istituti formativi. Hanno inoltre rilevato l'urgente necessit� che i fedeli laici maestri e professori nelle diverse scuole, cattoliche o no, siano veri testimoni del Vangelo, mediante l'esempio della vita, la competenza e la rettitudine professionale, l'ispirazione cristiana dell'insegnamento, salva sempre _ com'� evidente _ l'autonomia delle varie scienze e discipline. E di singolare importanza che la ricerca scientifica e tecnica svolta dai fedeli laici sia retta dal criterio del servizio all'uomo nella totalit� dei suoi valori e delle sue esigenze: a questi fedeli laici la Chiesa affida il compito di rendere a tutti pi� comprensibile l'intimo legame che esiste tra la fede e la scienza, tra il Vangelo e la cultura umana(221).

�Questo Sinodo _ leggiamo in una proposizione _ fa appello al ruolo profetico delle scuole e delle universit� cattoliche e loda la dedizione dei maestri e degli insegnanti, al presente in massima parte laici, perch� negli istituti di educazione cattolica possano formare uomini e donne in cui si incarni il "comandamento nuovo". La presenza contemporanea di sacerdoti e laici, e anche di religiosi e religiose, offre agli alunni un'immagine viva della Chiesa e rende pi� facile la conoscenza delle sue ricchezze (cf. Congregazione per l'Educazione Cattolica, Il laico educatore, testimone della fede nella scuola)�(222).

Anche i gruppi, le associazioni e i movimenti hanno un loro posto nella formazione dei fedeli laici: hanno, infatti, la possibilit�, ciascuno con i propri metodi, di offrire una formazione profondamente inserita nella stessa esperienza di vita apostolica, come pure hanno l'opportunit� di integrare, concretizzare e specificare la formazione che i loro aderenti ricevono da altre persone e comunit�.

La formazione reciprocamente ricevuta e donata da tutti

63. La formazione non � il privilegio di alcuni, bens� un diritto e un dovere per tutti. I Padri sinodali al riguardo hanno detto: �Sia offerta a tutti la possibilit� della formazione, soprattutto ai poveri, i quali possono essere essi stessi fonte di formazione per tutti�, e hanno aggiunto: �Per la formazione si usino mezzi adatti che aiutino ciascuno ad assecondare la piena vocazione umana e cristiana�(223).

Ai fini d'una pastorale veramente incisiva ed efficace � da svilupparsi, anche mettendo in atto opportuni corsi o scuole apposite, la formazione dei formatori. Formare coloro che, a loro volta, dovranno essere impegnati nella formazione dei fedeli laici costituisce un'esigenza primaria per assicurare la formazione generale e capillare di tutti i fedeli laici.

Nell'opera formativa un'attenzione particolare dovr� essere riservata alla cultura locale, secondo l'esplicito invito dei Padri del Sinodo: �La formazione dei cristiani terr� nel massimo conto la cultura umana del luogo, la quale contribuisce alla stessa formazione e aiuter� a giudicare il valore sia insito nella cultura tradizionale, sia proposto in quella moderna. Si dia la dovuta attenzione anche alle diverse culture che possono coesistere in uno stesso popolo e in una stessa nazione. La Chiesa, Madre e Maestra dei popoli, si sforzer� di salvare, dove ne sia il caso, la cultura delle minoranze che vivono in grandi nazioni�(224).

Nell'opera formativa alcune convinzioni si rivelano particolarmente necessarie e feconde. La convinzione, anzitutto, che non si d� formazione vera ed efficace se ciascuno non si assume e non sviluppa da se stesso la responsabilit� della formazione: questa, infatti, si configura essenzialmente come �auto-formazione�.

La convinzione, inoltre, che ognuno di noi � il termine e insieme il principio della formazione: pi� veniamo formati e pi� sentiamo l'esigenza di proseguire e approfondire tale formazione, come pure pi� veniamo formati e pi� ci rendiamo capaci di formare gli altri.

Di singolare importanza � la coscienza che l'opera formativa, mentre ricorre con intelligenza ai mezzi e ai metodi delle scienze umane, � tanto pi� efficace quanto pi� � disponibile alla azione di Dio: solo il tralcio che non teme di lasciarsi potare dal vignaiolo produce pi� frutto per s� e per gli altri.

Appello e preghiera

64. A conclusione di questo documento post-sinodale ripropongo ancora una volta l'invito del �padrone di casa� di cui ci parla il Vangelo: Andate anche voi nella mia vigna. Si pu� dire che il significato del Sinodo sulla vocazione e missione dei laici stia proprio in questo appello del Signore Ges� rivolto a tutti, e in particolare ai fedeli laici, uomini e donne.

I lavori sinodali hanno costituito per tutti i partecipanti una grande esperienza spirituale: quella di una Chiesa attenta, nella luce e nella forza dello Spirito, a discernere e ad accogliere il rinnovato appello del suo Signore in ordine a riproporre al mondo d'oggi il mistero della sua comunione e il dinamismo della sua missione di salvezza, in particolare cogliendo il posto e il ruolo specifici dei fedeli laici. Il frutto poi del Sinodo, che questa Esortazione intende sollecitare il pi� abbondante possibile in tutte le Chiese sparse nel mondo, sar� dato dall'effettiva accoglienza che l'appello del Signore ricever� da parte dell'intero Popolo di Dio e, in esso, da parte dei fedeli laici.

Per questo rivolgo a tutti e a ciascuno, Pastori e fedeli, la vivissima esortazione a non stancarsi mai di mantenere vigile, anzi di rendere sempre pi� radicata nella mente, nel cuore e nella vita la coscienza ecclesiale, la coscienza cio� di essere membri della Chiesa di Ges� Cristo, partecipi del suo mistero di comunione e della sua energia apostolica e missionaria.

E' di particolare importanza che tutti i cristiani siano consapevoli di quella straordinaria dignit� che � stata loro donata mediante il santo Battesimo: per grazia siamo chiamati ad essere figli amati dal Padre, membra incorporate a Ges� Cristo e alla sua Chiesa, templi vivi e santi dello Spirito. Riascoltiamo, commossi e grati, le parole di Giovanni Evangelista: �Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!� (1 Gv 3, 1).

Questa �novit� cristiana� donata ai membri della Chiesa, mentre costituisce per tutti la radice della loro partecipazione all'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo e della loro vocazione alla santit� nell'amore, si esprime e si attua nei fedeli laici secondo �l'indole secolare� loro �propria e peculiare�.

La coscienza ecclesiale comporta, unitamente al senso della comune dignit� cristiana, il senso di appartenere al mistero della Chiesa-Comunione: � questo un aspetto fondamentale e decisivo per la vita e per la missione della Chiesa. Per tutti e per ciascuno la preghiera ardente di Ges� nell'ultima Cena: �Ut unum sint!� deve diventare, ogni giorno, un esigente e irrinunciabile programma di vita e di azione.

Il senso vivo della comunione ecclesiale, dono dello Spirito che sollecita la nostra libera risposta, avr� come suo prezioso frutto la valorizzazione armonica nella Chiesa �una e cattolica� della ricca variet� delle vocazioni e condizioni di vita, dei carismi, dei ministeri e dei compiti e responsabilit�, come pure una pi� convinta e decisa collaborazione dei gruppi, delle associazioni e dei movimenti di fedeli laici nel solidale compimento della comune missione salvifica della Chiesa stessa. Questa comunione � gi� in se stessa il primo grande segno della presenza di Cristo Salvatore nel mondo; nello stesso tempo essa favorisce e stimola la diretta azione apostolica e missionaria della Chiesa.

Alle soglie del terzo millennio, la Chiesa tutta, Pastori e fedeli, deve sentire pi� forte la sua responsabilit� di obbedire al comando di Cristo: �Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura� (Mc 16, 15), rinnovando il suo slancio missionario. Una grande, impegnativa e magnifica impresa � affidata alla Chiesa: quella di una nuova evangelizzazione, di cui il mondo attuale ha immenso bisogno. I fedeli laici devono sentirsi parte viva e responsabile di quest'impresa, chiamati come sono ad annunciare e a vivere il Vangelo nel servizio ai valori e alle esigenze della persona e della societ�.

Il Sinodo dei Vescovi, celebratosi nel mese di ottobre durante l'Anno Mariano, ha affidato i suoi lavori, in modo del tutto particolare, alla intercessione di Maria Santissima, Madre del Redentore. Ed ora alla stessa intercessione affido la fecondit� spirituale dei frutti del Sinodo. Alla Vergine mi rivolgo al termine di questo documento post-sinodale, in unione con i Padri e i fedeli laici presenti al Sinodo e con tutti gli altri membri del Popolo di Dio. L'appello si fa preghiera.

O Vergine santissima,
Madre di Cristo e Madre della Chiesa,
con gioia e con ammirazione,
ci uniamo al tuo Magnificat,
al tuo canto di amore riconoscente.

Con Te rendiamo grazie a Dio,
�la cui misericordia si stende
di generazione in generazione�,
per la splendida vocazione
e per la multiforme missione
dei fedeli laici,
chiamati per nome da Dio
a vivere in comunione di amore
e di santit� con Lui
e ad essere fraternamente uniti
nella grande famiglia dei figli di Dio,
mandati a irradiare la luce di Cristo
e a comunicare il fuoco dello Spirito
per mezzo della loro vita evangelica
in tutto il mondo.

Vergine del Magnificat,
riempi i loro cuori
di riconoscenza e di entusiasmo
per questa vocazione e per questa missione.

Tu che sei stata,
con umilt� e magnanimit�,
�la serva del Signore�,
donaci la tua stessa disponibilit�
per il servizio di Dio
e per la salvezza del mondo.
Apri i nostri cuori
alle immense prospettive
del Regno di Dio
e dell'annuncio del Vangelo
ad ogni creatura.

Nel tuo cuore di madre
sono sempre presenti i molti pericoli
e i molti mali
che schiacciano gli uomini e le donne
del nostro tempo.
Ma sono presenti anche
le tante iniziative di bene,
le grandi aspirazioni ai valori,
i progressi compiuti
nel produrre frutti abbondanti di salvezza.

Vergine coraggiosa,
ispiraci forza d'animo
e fiducia in Dio,
perch� sappiamo superare
tutti gli ostacoli che incontriamo
nel compimento della nostra missione.
Insegnaci a trattare le realt� del mondo
con vivo senso di responsabilit� cristiana
e nella gioiosa speranza
della venuta del Regno di Dio,
dei nuovi cieli e della terra nuova.

Tu che insieme agli Apostoli in preghiera
sei stata nel Cenacolo
in attesa della venuta dello Spirito di Pentecoste,
invoca la sua rinnovata effusione
su tutti i fedeli laici, uomini e donne,
perch� corrispondano pienamente
alla loro vocazione e missione,
come tralci della vera vite,
chiamati a portare molto frutto
per la vita del mondo.

Vergine Madre,
guidaci e sostienici perch� viviamo sempre
come autentici figli e figlie
della Chiesa di tuo Figlio
e possiamo contribuire a stabilire sulla terra
la civilt� della verit� e dell'amore,
secondo il desiderio di Dio
e per la sua gloria.

Amen.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 30 dicembre, festa della Santa Famiglia di Ges�, Maria e Giuseppe, dell'anno 1988, undicesimo del mio Pontificato.

IOANNES PAULUS II

 

B A S E                    H O M E

 

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