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STORIA DELLA CHIESA DI ROMA DAL PRIMO AL QUARTO SECOLO
Nuovo  libro dello Storico Prof. Pier Luigi Guiducci, Edito da Albatros

 

Oltre  la  difesa

Il  contributo di Don Bosco (1815 - 1888) a favore dei giovani lavoratori




Flie composto dal prof. P.L. GUIDUCCI

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Il secondo centenario della nascita di San Giovanni Bosco (2015) (1) è un evento da affrontare in termini di memoria e attualità. Non basta, infatti "ricordare" la figura del "Santo dei giovani" sfogliando solo le foto di un tempo, o leggendo le testimonianze di un periodo lontano ove i mutamenti sociali e le rivoluzioni politiche produssero radicali cambiamenti.

Questo Santo piemontese ha lasciato un patrimonio così esteso che ancor oggi rimane fonte di orientamenti, proposte, indicazioni educative. Per tale motivo è necessario percorrere, accanto alle strade dell' impegno sacerdotale di Don Bosco, della sua vita spirituale, dell' attività pedagogica, dell' azione pastorale, delle opere fondative e delle relazioni sociali promosse, anche quei percorsi storici che, a distanza di due secoli continuano a offrire novità.

Grazie al contributo offerto dall' Istituto storico Salesiano, e a quello dei ricercatori a questo vicini, continuano ad essere presentati sempre nuovi documenti che attestano un' attività di Don Bosco senza sorta: "educatore degli adulti" "prete in stato di missione", "paziente tessitore" di contatti tra potere politico e attività religiosa ...

 

Don Bosco, però, è da scoprire anche sul versante della difesa degli apprendisti e dei giovani lavoratori. Davanti a istituzioni che violavano la loro dignità e libertà, il Santo reagì in prima persona. lo fece con decisione, equilibrio e chiarezza arrivando anche a firmare dei contratti di tutela in favore di chi era inserito nei laboratori e nelle officine. Per questo motivo è utile percorrere anche questa strada "sociale" studiando le fonti, ma anche il contesto storico, la dinamica relazionale, gli aspetti nodali, le prospettive per l' oggi. In un periodo storico, infatti, nel quale decisioni economiche tendono a ridurre lo spazio partecipativo dei giovani nel mondo del lavoro, l' azione di Don Bosco ripete un insegnamento che incoraggia: quello dell' iniziativa, della proposta, dell' ideazione di specifici progetti fattibili, della tutela di chi è meno protetto.

 

La  rivoluzione  industriale

 

Gli anni tra il 1780 e il 1830 furono caratterizzati da uno sviluppo economico accentuato. Si realizzò in particolare quella che gli storici hanno definito una "rivoluzione industriale". Da un sistema basato sull' agricoltura, sull' artigianato e sul commercio, si passò ad una programmazione di tipo industriale caratterizzata dall' uso generalizzato di macchine azionate da energia meccanica, e all' utilizzo di nuove fonti energetiche inanimate (2). Gli studiosi tendono oggi a distinguere tra una prima e una seconda rivoluzione industriale. La prima riguarda in prevalenza il settore tessile - metallurgico, ed è segnata dall' introduzione della spoletta volante (3) e dalla macchina a vapore. Si può collocare tra il 1760-1780 e il 1830. L' inizio della seconda rivoluzione industriale viene invece individuato - sia pure in modo convenzionale - intorno agli anni 1870-1880: è un periodo caratterizzato dalla introduzione dell' elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio. Una conseguenza del ribaltamento avvenuto nei programmi, nei metodi, nei processi produttivi fu l' indurimento dei rapporti fra gli attori produttivi. I salariati furono sempre più spinti in una posizione subalterna. Per il lavoro e il tempo impiegato ottenevano un modesto corrispettivo economico. Gli imprenditori proprietari delle fabbriche e dei mezzi di produzione accentuarono un potere di direzione e di controllo guardando soprattutto all' incremento del profitto.

 

La rivoluzione industriale mosse i primi passi nel Regno Unito (4). Questa nazione fu la prima ad avere un' agricoltura di mercato (quindi non per auto - consumo, ma per profitto) che, unita all' innovazione tecnologica, eliminò molta manodopera dalle campagne, facendola confluire verso gli annoverati urbani dove troverà occupazione nella nascente industria.

C'è d aggiungere che anche il fenomeno delle "enclosures" (5) privò i contadini più poveri del libero diritto di pastorizia e li spinse a trovare un nuovo impiego nelle fabbriche. A questo punto la notevole presenza di manodopera a basso costo, e la disponibilità di carbone per l' alimentazione delle macchine a vapore, dette un apporto decisivo alla crescita industriale del Regno. D' altra parte l' Inghilterra si trovò pure in una posizione geografica favorevole ai commerci nell' Oceano Atlantico, la sua insularità le permise una migliore difesa dei propri confini e le evitò quelle devastazioni che, invece, dovette subire il resto dell' Europa a causa dei conflitti che si scatenarono nel Settecento e nell' Ottocento.

 

Tenendo conto del contesto descritto, si possono oggi consultare molteplici documenti che attestano un palese sfruttamento della forza lavoro nel Regno Unito (e altrove). I salariati, pur di essere inseriti nei cicli produttivi, accettavano condizioni lavorative disumane (orari estenuanti, vitto scadente, prossimità a sostanze nocive per la salute, punizioni, umiliazioni, violenze ...).

Chiunque poteva perdere immediatamente il lavoro in caso di malattia (legata in genere ad ambienti insalubri e alle condizioni lavorative), di gravidanza, di infortuni (frequenti per l' assenza di misure protettive). Non esistevano forme di assistenza per chi diventava invalido (la colpa, all' origine dell' evento, era sempre attribuita al salariato) e per chi era stato allontanato dal luogo di lavoro.

 

Le  forme  di  autotutela  dei  lavoratori

 

Per i motivi esposti, molti operai, sostenuti da persone sensibili alle esigenze di giustizia - cominciarono a discutere fra loro su possibili forme di auto-tutela in caso di eventi imprevisti e rovinosi (malattia, infortunio, stato di invalidità, perdita del posto di lavoro). Seguendo un criterio di concretezza. scelsero di accantonare dei fondi economici da utilizzare al verificarsi di situazioni avverse.

Fu la nascita delle prime società (o società operaie) di mutuo soccorso. Esse vennero caratterizzate dal fatto che l' iniziativa nasceva all' interno dell' ambiente operaio e che a gestire la cassa comune erano gli stessi lavoratori. Tali organismi di solidarietà cominciarono a costituirsi intorno alla seconda metà dell' Ottocento (6). Il loro compito, di offrire ai lavoratori uno strumento di difesa.

Dopo gli eventi rivoluzionari del 1848 (7) la loro costituzione favorì un incremento favorito dalle nuove istituzioni liberali. All' epoca della "La Internazionale" (1864) (8) erano già operative diverse società di mutuo soccorso, o di mutuo appoggio. In Italia il loro funzionamento venne regolato con la legge numero 3818 del 15 aprile 1886 (9).

 

Il  mutuo  soccorso  nel  disegno  salesiano

 

Con riferimento alle società di mutuo soccorso, Don Bosco era convinto che tali organismi seguivano una logica valida sul piano delle tutele. Il loro fondo comune serviva infatti a sostenere il socio colpito all' improvviso da avversità (infortunio, malattia) mentre era occupato in un lavoro. Ciò era importante perché, in quel periodo storico, il venir meno a un guadagno era un dramma per le famiglie in generale, e per quelle numerose in particolare. In tale contesto, nel 1849 il Santo fondò una società di mutuo soccorso, ne pubblicò il regolamento e ne fissò l' entrata in vigore (1° giugno 1850).

Della Società in questione ne fecero parte alcuni membri della "Compagnia di San Luigi" (10).

L' iniziativa ha un valore storico: attesta che il programma socio - educativo del fondatore non era rigido, ma riteneva aperto a ogni positiva opzione d' intervento. In tal senso, anche tale protezione dei giovani lavoratori precorsero i tempi, anticipò le indicazioni dell' Enciclica "Rerum novarum" (11) e preparò il terreno a successivi e più articolati progetti sociali(12) .

Per meglio comprendere il tipo d' intervento è utile leggere il testo del Regolamento della Società di Mutuo Soccorso voluta da Don Bosco (13). Per favorire il lettore lo si riporta integralmente.

 

IL MUTUO SOCCORSO DI ALCUNI INDIVIDUI DELLA COMPAGNIA DI SAN LUIGI ERETTA NELL' ORATORIO DI SAN FRANCESCO DI SALES

 

Quanto mai, o fratelli, è piacevole e vantaggioso lo stabilirsi in Società (Salmo 133)

 

Torino, dalla Tipografia Speirani e Ferrero, 1850

 

 

avvertenza

 

Eccovi, cari giovani, un regolamento per la vostra società. Esso vi servirà di norma affinché la Società proceda con ordine e con vantaggio. Non posso fare a meno di non lodare questo vostro impegno e questa diligenza nel promuoverlo. Ella è vera prudenza, voi mettete in riserbo un soldo per settimana, soldo che poco si considera nello spenderlo, e che vi frutta assai qualora vi troviate nel bisogno.

Abbiate dunque tutta la mia approvazione. Solo vi raccomando, che mentre vi mostrerete zelanti pel bene della Società non dimentichiate le regole della Compagnia di San Luigi, da cui dipende il vantaggio fondamentale, cioè quello dell' anima. Il Signore infonda la vera carità e la vera allegrezza nei vostri cuori, e il timor di Dio accompagni ogni vostra azione.

Don Bosco, Giovanni.

 

R e g o l a m e n t o

 

1. Lo scopo di questa Società è di prestare soccorso a quei compagni che cadessero infermi o si trovassero nel bisogno perché privi di lavoro.

2. Niuno potrà essere ammesso nella Società se non è iscritto nella Compagnia di San Luigi, e chi per qualche motivo cessasse di essere confratello di detta Compagnia non sarà più considerato come membro della Società.

3. Ciascun socio pagherà un soldo ogni domenica, e non potrà godere dei vantaggi della Società che sei mesi dopo la sua accettazione. Potrà però avere diritto immediatamente al soccorso della Società se entrando pagherà franchi 1, 50, purché allora non sia ne' infermo ne' disoccupato.

Il soccorso per ciascun ammalato sarà di centesimi cinquanta al giorno, fino al suo ristabilimento in perfetta sanità. In caso poi che l' infermo fosse ricoverato in qualche Opera Pia, cesserà il soccorso, e non gli sarà corrisposto se non alla sua uscita, pel tempo della sua convalescenza.

5. Quelli poi che senza loro colpa rimarranno privi di lavoro cominceranno a percepire il suddetto soccorso otto giorni dopo la loro disoccupazione. Quando il sussidio dovesse sorpassare i venti giorni il Consiglio prenderà a tal riguardo le opportune determinazioni per l' aumento o la diminuzione.

6. Si accetteranno con riconoscenza tutte le offerte fatte a benefizio della Società, e si farà ogni anno una colletta particolare.

7. Chi per notabile tempo negligentasse di pagare la sua quota non potrà godere dei vantaggi della Società sinché abbia soddisfatto la quota scaduta, e per un mese non potrà pretendere cosa alcuna.

8. La Società è amministrata da un Direttore, un Vice Direttore, un Segretario, un Vice Segretario, quattro Consiglieri, un Visitatore e sostituto, un Tesoriere.

9. Tutti gli amministratori della Società, oltre l' esatto pagamento di un soldo ogni domenica, avranno somma cura di osservare le regole della Compagnia di San Luigi, per attendere così alla propria santificazione e incoraggiare gli altri alla virtù.

10. Il Direttore nato della Società è il Superiore dell' Oratorio. Questi avrà cura che gli amministratori facciano il loro dovere e che il bisogno dei soci venga soddisfatto a norma del presente regolamento.

11. Il Vice Direttore aiuterà il Direttore, darà al Segretario gli ordini opportuni per le adunanze, ed esporrà in Consiglio quanto possa venir vantaggioso alla Società.

12. Il Segretario avrà cura di raccogliere le quote nelle domeniche, notando puntualmente quelli che compiono la loro obbligazione, nel che userà grande carità e gentilezza. E' cura altresì del Segretario di spedire biglietti al Tesoriere in cui noti nome, cognome, dimora dell' infermo: Tutte le decisioni di qualche rilievo prese dal Consiglio saranno registrate dal Segretario. In questa molteplicità di cose sarà aiutato dal Vice Segretario il quale, occorrendo il bisogno, ne farà le veci.

13.  I quattro Consiglieri diranno il loro sentimento riguardo a tutto ciò che riguarda il vantaggio della Società, e daranno il voto tanto a quello che spetta all' amministrazione delle cose, come alla nomina di qualche membro.

14.  Il Visitatore nato della Società è il Direttore Spirituale della Compagnia di San Luigi. Questi si porterà in persona nella casa dell' infermo onde verificare il bisogno  farne la debita relazione al Segretario. Ottenuto che avrà l' opportuno biglietto lo porterà a casa del Tesoriere, dopo di che porterà l' assegnato soccorso all' infermo. Nel consegnare il soccorso il Visitatore avrà cura somma di ricordare all' infermo qualche massima di nostra Santa Religione e di animarlo a ricevere i Santi Sacramenti qualora si faccia grave la malattia. In ciò sarà aiutato dal Sostituto, il quale mostrerà la massima premura per aiutare il Visitatore specialmente nel portare i soccorsi e consolare gli infermi.

 

 

15.  Il Tesoriere terrà cura dei fondi della Società e ne darà conto ogni tre mesi. Ma non potrà dar danaro ad alcuno senza biglietto portato dal Visitatore e sottoscritto dal Direttore, in cui si dichiari la realtà del bisogno.

16.  Ogni impiegato durerà nella sua carica un anno: potrà però esser rieletto.

17.  Il Consiglio ogni tre mesi renderà conto della sua amministrazione.

18. Il presente Regolamento comincerà ad essere in vigore dal 1° luglio del 1850.

 

Fermare  l' arbitrio  dei  datori  di  lavoro

 

Unitamente alla promozione delle Società di Mutuo Soccorso, ci si rese conto che non erano solo i salariati ad essere sfruttati, esistevano pure centinaia di giovani che si avvicinavano ai datori di lavoro per imparare un mestiere. Questa gente, in genere di minore età e proveniente da un nucleo abitativo povero, era trattata peggio degli operai presenti in fabbrica o nei modesti centri produttivi.

Il rapporto di dipendenza era basato soprattutto su intese verbali. Le regole derivanti dalla antica esperienza delle "Corporazioni" erano rispettate solo sul piano formale. I controlli pubblici rimanevano di fatto deboli, mentre persisteva l' uso a punire in caso di errori.

A tutto ciò sono da aggiungere le violenze domestiche che subiva il minore: o quando era accusato di "rendere" poco, o quando non era più accettato dal maestro artigiano. In tale contesto si sentì sempre più l' urgenza di contestare l' arbitrio dei datori di lavoro, spingendo in direzione di garanzie indicate in atti scritti. Si arrivò così, in più  casi, a concordare con i maestri la stipula di accordi che prevedevano la figura di un garante.

Trovarono così applicazione i trattarti di apprendistato.

 

E' "dentro" tale realtà, difficile e in mutamento, che si sviluppò l' azione di San Giovanni Bosco nella Torino pre e post - unitaria (14). Essa conserva un peculiare significato perchè fa comprendere come questo prete non fu un teorico dell' educazione, ma - al contrario - si rivelò una persona concreta, costantemente attenta a quelle situazioni di "rischio" (per la vita spirituale, per quella fisica e per quella sociale) che potevano rovinare i singoli "progetti di vita".

Condividendo in particolare i "vissuti" delle nuove generazioni del tempo, parlando in strada con i minori che già lavoravano e con quelli che rimanevano ai margini della società, incontrando le famiglie, entrando in Istituzioni di Assistenza, visitando reclusi che avevano commesso reati anche a motivo della loro indigenza, si rese conto che doveva affiancare a un percorso di formazione religiosa (per orientare al senso della vita) e a momenti ricreativi (per abolire ogni forma di isolamento) anche un' azione in favore di quanti, versando "in stato di necessità", erano particolarmente vulnerabili.

 

Per tale motivo Dan Bosco volle realizzare un disegno di promozione umana con la costituzione di una Società di Mutuo Soccorso (1850 - 1851), con la stipula di contratti di apprendistato (1852, 1853, 1855 ...), con la promozione di laboratori di calzolai e sarti (1853), legatori (1854), falegnami (1856), tipografi (1861), fabbri ferrai (15)  (1861).   

Oratorio di Valdocco

 

I  contratti  di  apprendistato

 

In presenza di una situazione socio - politica che di fatto non tutelava l' adolescenza e il giovane apprendista, Don Bosco reagì in modo molto concreto. Volle avvicinare alcuni titolari di botteghe e di officine che conosceva, e propose loro di formare dei contratti di apprendistato a favore di quanti partecipavano alla vita dell' Oratorio di Valdocco.

Attualmente nell' Archivio Generale della Congregazione Salesiana si conservano alcuni documenti rari: un contratto di "apprendizzaggio" in carta semplice, datato 1851; un secondo contratto, pure di "appredizzaggio", in carta bollata da centesimi 40, con data 8 febbraio 1852, ed altri datati intorno al 1855, già ben strutturati e quasi standardizzati in numeri e paragrafi.

 

Il contratto di apprendistato del 1851 è particolarmente significativo perchè definisce un tipo di impostazione utilizzata in seguito, e perché attesta in Don Bosco una tenacia e una concretezza che lo rese un interlocutore molto deciso nei suoi propositi. Egli, per tutelare i suoi giovani, non aggredì mai nessuno, ma - contemporaneamente - non indietreggiò davanti alle difficoltà. Il documento qui di seguito riportato, che coinvolge un vetraio, ne è un esempio.

 

"In virtù ella presente scrittura, da potersi insinuare ("Rompere" nota dell' Autore) a semplice richiesta di una delle parti fatta nella casa dell' Oratorio di San Francesco di Sales, tra il Signor Carlo Aimino e il giovane Giuseppe Bordone allievo di detto oratorio, assistito dal suo cauzionario signor Ritener Vittorio, si è convenuto quanto segue:

 

1.  Il Signor Carlo Aimino riceve come apprendizzo (l' apprendista. Nota dell' Autore) nell' arte sua di vetraio il giovane Giuseppe Bordone figlio del fu Giuseppe,  nativo di Biella, promette e si obbliga di insegnargli la medesima nello spazio di tre anni, i quali avranno il loro termine con tutto il 1854 il primo dicembre, e di dargli, durante il corso del suo apprenzzaggio le necessarie istruzioni e le migliori regole riguardanti l' arte sua, ed insieme gli opportuni avvisi relativi alla sua buona condotta, con coregerlo (correggerlo) nel caso di qualche mancamento, con parole e non altrimenti, e si occupa pure di occuparlo continuamente in lavori relativi all' arte sua, e non estranei ad essa, con avere cura che non eccedano le sue forze.

2.  Lo stesso mastro dovrà lasciare per intiero libero tutti i giorni festivi dell' anno all' apprendizzo acciocché possa in essi attendere alle sacre funzioni, scuola domenicale, ed altri suoi doveri come allievo a suddetto oratorio  (16).

Qualora l' apprendizzo in caso di malattia si assentasse dal suo dovere, il mastro avrà diritto di "bonificazione" per tutto quello spazio di tempo che eccederà li quindici giorni nel corso dell' anno. Tale indennità verrà fatta dall' apprendizzo con altrettanti giorni (di lavoro. Nota dell' Autore) quando sarà finito l' apprendizzaggio.

3.  Lo stesso mastro si obbliga di corrispondere giornalmente all' apprendizzo negli anni suddetti, cioè il primo, lire una, il secondo lire una e cinquanta, come terzo lire due, in ciascuna settimana [e, secondo la consuetudine gli si concedono ciascun anno quindici giorni di vacanza](17).

4.  Lo stesso signor padrone si obbliga in fine di ciascun mese di segnare schiettamente la condotta del suo apprendizzo sopra di un foglio che a tale oggetto gli verrà presentato.5.  Il giovane Giuseppe Bordone promette e si obbliga durante il suo apprendizzaggio in servizio del mastro suo padrone [di lavorare. Nota dell' Autore] con prontezza, assiduità ed attenzione; di essere docile, rispettoso, ed ubbidiente al medesimo, e comportarsi verso di esso come il dovere di buon apprendizzo richiede, e per cautela e garanzia di questa sua obbligazione, presta in sua sicurtà il qui presente ed accettante Signor Ritner Vittorio Orefice, il quale si obbliga al ristoro di ogni danno verso il padron nostro, qualora questo danno avvenga per colpa dell' apprendizzo.

6.  Se venisse il caso che l' apprendizzo incorresse in qualche colpa per cui fosse mandato via dall' Oratorio, cesserà allora anche ogni influenza e relazione fra il Direttore di detto Oratorio e il mastro padrone, ma se la colpa dell' apprendizzo non riflettesse particolarmente ["non dovesse essere particolarmente grave" Nota dell' Autore] il mastro dovrà esso ciò non ostante dare esecuzione al presente contratto fatto coll' apprendizzo, e questi compiere ad ogni suo dovere verso [nei suoi confronti. Nota dell' autore] del mastro sino al termine convenuto sotto la sola fidejussione qui presentata.7.  Il Direttore dell' Oratorio promette di prestare la sua assistenza pel buon esito della condotta  dell' apprendizzo e di accogliere con premura qualsiasi lagnanza che al rispettivo padrone accadesse di fare a cagione dell' apprendizzo presso di lui ricoverato.

Locché tutto, tanto il nostro padrone che l' apprendizzo allievo, assistito come sopra per quanto a ciascuno di essi spetta ed appartiene, promettono di attendere e di osservare sotto pena dei danni.

Torino, 3 novembre 1851.

Carlo Aimino,  Giuseppe Bordone. D. Gio. Batt. a Vola Teol. Ritner Vittorio Cauzionario. D. Bosco Gio. Direttore dell' Oratorio  (18) .

 

Il  contratto  del  1852

 

L' otto febbraio 1852 a Torino, nella Casa dell' Oratorio di San Francesco di Sales, il giovane apprendista falegname Giuseppe Odasso firmava un contratto di "apprendizzaggio"in carta da bollo di 40 centesimi, garante Don Giovanni Bosco.

L' atto obbligava il datore di lavoro, Giuseppe Bertolino, a impiegare l' apprendista solo nel suo mestiere, e non in servizi "estranei alla professione", correggendolo solo a parole, senza percosse, rispettandone salute, età, capacità, riposo festivo e i doveri della Casa dell' Oratorio. Progressivo lo stipendio settimanale nel corso dei due anni di apprendistato.

Il giovane si impegnava a comportarsi "come dovere di buon apprendista richiede". Garante per il ragazzo il direttore della Casa dell' Oratorio (Don Bosco) e il padre con una fideiussione in caso di danni non dovuti a "un semplice effetto di accidentalità o per conseguenza di imperizia nell' arte".

Se l' apprendista veniva espulso dalla Casa dell' Oratorio, il Direttore era libero da ogni impegno contrattuale, che invece poteva persistere tra le altre parti contraenti.

 

Il  testo  del  Contratto

 

Anche in questo caso la diretta conoscenza del contratto di apprendistato aiuta a meglio comprendere il tipo di tutela che si voleva porre in essere a favore dei giovani che stavano entrando nel mondo del lavoro.

 

"Convenzione tra il Signor Giuseppe Bertolino Mastro Minusiere  (19) dimorante in Torino, ed il giovane Giuseppe Odasso natìo di Mondovì, con intervento del reverendo sacerdote Giovanni Bosco, e con l' assistenza e fideiussione del padre di detto giovane, Vincenzo Odasso, natìo di Garessio, domiciliato in questa capitale".

 

Per la presente scrittura a doppio originale, da potersi insinuare [rompere, nota dell' A.] a semplice richiesta di una delle parti, fattasi nella Casa dell' Oratorio esistente in Torino, sotto il titolo di San Francesco di Sales, viene pattuito quanto infra:

1. Il Signor Bartolino Giuseppe, Mastro Minusiere, esercitante tal professione in Torino, riceve nella qualità di apprendista nell' arte di falegname il giovane Giuseppe Odasso, natìo di Mondovì, del vivente Vincenzo natìo di Garessio ed in questa capitale domiciliato, e si obbliga d' insegnargli l' arte suddetta, per lo spazio d' anni due, che si dichiarano aver avuto principio col primo del corrente anno, ed avere termine con tutto il 1853; di dare al medesimo, nel corso del suo apprendimento, le necessarie istruzioni e le migliori regole, onde bene imparare ad esercitare l' arte suddetta di Minusiere; di dargli, relativamente alla sua condotta morale e civile quegli opportuni salutari avvisi che darebbe un buon padre al proprio figlio; correggerlo amorevolmente in caso di qualche suo mancamento, sempre però con semplici parole di ammonizione, e con mai con atto alcuno di maletrattamento;  occuparlo inoltre continuamente in lavori propri dell' arte sua e proporzionati alla sua età e capacità, ed alle fisiche sue forze, ed escluso ogni qualunque altro servizio che fosse estraneo alla professione.

2.  Dichiara formalmente e si obbliga l' anzidetto Mastro di lasciar liberi per intero tutti i giorni festivi dell' anno, onde l' apprendista possa attendere alle sacre funzioni, alla scuola Domenicale e ad ogni altro dovere che gli incombe come allievo dell' Oratorio anzidetto.

Qualora l' apprendista dovesse, per ragioni di malattia od altro legittimo impedimento assentarsi dal suo dovere per uno spazio di tempo eccedente i giorni quindici, si intenderà in tal caso dovuta al Mastro una bonificazione, alla quale soddisferà l' apprendista mediante l' attendenza al lavoro, terminati li due anni dell' apprendimento, per altrettanti giorni al servizio dello stesso Mastro, quanti si farà risultare essere stati quelli della sua assenza.

3.  lo stesso Mastro si obbliga di corrispondere settimanalmente all' apprendista l' importare della sua mercede, stata convenuta in centesimi trenta al giorno per i primi sei mesi, ed in centesimi quaranta per il secondo semestre del corrente anno 1852; ed in centesimi sessanta a principiare dal primo gennaio 1853, fino al termine dell' apprendimento. Si obbliga inoltre di segnare, alla fine di ciaschedun mese, in un apposito foglio che gli verrà presentato, e schiettamente [con sincerità. Nota dell' A.] dichiarare quale che sia stata la condotta tenuta dall' apprendista durante il mese.

4.  Il giovane Odasso promette e si obbliga di prestare, per tutto il tempo dell' apprendimento, il suo servizio al detto Mastro Minusiere, con prontezza, assiduità ed attenzione; di essere docile, rispettoso ed obbediente al medesimo, comportandosi verso di lui come il dovere del buon apprendista richiede.

E per cautela e guarentigia di tale obbligazione, presta per sicurtà il qui presente ed accettante suo padre Vincenzo Odasso, il quale si obbliga al ristoro verso l' anzidetto Maestro di ogni danno che per causa dell' apprendista venisse a soffrire, sempreché però tale danno potesse giustamente all' apprendista venir imputato, fosse cioè per risultar proveniente da volontà spiegata [manifesta. Nota dell' A.] e maliziosa [dolosa. Nota dell' A.] e non quale un semplice effetto di accidentalità, o per conseguenza di imperizia nell' arte.

5.  Avvenendo il caso in cui l' apprendista fosse per venire espulso a seguito di qualche suo mancamento dalla Casa dell' Oratorio di cui presentemente è allievo, cessando allora ogni suo rapporto col direttore dell' Oratorio, si intenderà conseguentemente anche cessata ogni influenza e relazione tra esso Signor Direttore e il Mastro Minusiere summentovato. Ma quando il suddetto mancamento riguardasse soltanto l' Oratorio, e non riflettesse particolarmente il Mastro suddetto, s' intenderà ciò nonostante durativa ed obbligatoria nel resto la presente convenzione, fino al compimento dello stabilito termine di due anni, relativamente ad ogni altra condizione concernente esso Mastro, l' apprendista e il fideiussore.

6.  Il Signor Direttore dell' Oratorio, summenzionato promette di prestare la sua assistenza per la buona condotta dell' apprendista finatantoché continuerà questi ad appartenere all' Oratorio, epperò accoglierà sempre con premura qualunque lagnanza che occorresse al Signor Mastro di fare sui diportamenti [comportamenti, nota dell' A.] del detto giovane.

Locché tutto promettono i contraenti, ciascheduno per la parte che personalmente concerne, di attendere ed osservare esattamente, sotto pena del risarcimento dei danni. Ed in fede si sono appié della [sotto la. Nota dell' A.] presente sottoscritti.

Torino, dalla Casa dell' Oratorio di San Francesco di Sales, addì 8 febbraio 1852.

Giuseppe Bertolino, Odasso Giuseppe, Odasso Vincenzo e Sac. Bosco Giovanni (20).

 

I  laboratori  a  Valdocco

 

 

Nell' autunno del 1853 Don Bosco operò una scelta non semplice: fece costruire un nuovo edificio accanto alla Casa Pinardi e dette inizio ai laboratori interni. Cominciò con i calzolai e i sarti, insegnando di persona quei mestieri. Era comunque deciso ad andare oltre. Il laboratorio dei calzolai lo collocò in un locale stretto, vicino alla Chiesa di San Francesco di Sales. I sarti vennero sistemati nella stanza della cucina, mentre pentole e fornelli furono trasferiti nel nuovo edificio.

Nel 1854 il Santo organizzò il terzo laboratorio, la legatoria dei libri. Nel 1856 il quarto, la falegnameria.

Il quinto era il più desiderato: la tipografia. La licenza arrivò nel 1862.

Il sesto iniziò l' anno dopo: era l' officina dei fabbri ferrai, una struttura che anticipò i laboratori di meccanica . In tal modo venne meno la necessità di affidare all' esterno i giovani dell' Oratorio. Essi lavoravano all' interno dell' Opera Salesiana, sostenuti da Don Bosco e dai suoi collaboratori. il Centro di Valdocco arrivò ad accogliere fino a 300 giovani.

Comunque non venne meno un criterio guida: dare la preferenza ai più poveri, ai soggetti in difficoltà, ai minori a rischio.

Le "Memorie dell' Oratorio" o le "Memorie Biografiche" descrivono i primi passi compiuti dal fondatore e le difficoltà che dovettero essere superate. Tra il 1853 e il 1856 ebbe inizio, nella Casa Annessa all' Oratorio, l' attività dei laboratori dei calzolai, sarti e falegnami (21).

 

Allogata la [trovato un luogo. Nota dell' A.] Comunità, volle subito attuare il disegno che aveva formato, di aprire, a costo di qualunque sacrificio, laboratori interni all' Oratorio. Quel mandare ogni giorno i giovanetti nelle officine della città, per quanto scelte, sorvegliate, mutate con ogni impegno, erano un pericolo, se non un danno per la disciplina e per il profitto dei ricoverati. Il malcostume e la Irreligione purtroppo facevano progresso fra gli operai e Don Bosco si avvedeva che i motteggi a cui erano fatti segno i suoi allievi, miravano a distruggere in gran parte il frutto dell' educazione morale e religiosa che si studiava di loro impartire.

Le stesse vie che dovevano percorrere erano ingombre dai venditori di una moltitudine di giornali che erano banditori perpetui e sistematici di licenza e di empietà. Nelle vetrine dei librai e mercivendoli facevano scandalosa mostra di sé una colluvie di sconce incisioni, di laide statuette, di romanzacci, di altre produzioni schifose ed anche di libri eretici.

Per tutti questi incentivi correva eziandio rischio la loro fede, benché Don Bosco, oltre a varie prescrizioni e ammonimenti, loro indirizzasse il sermoncino della sera, con lo scopo appunto di esporre e confermare qualche verità che per avventura fosse stata contraddetta nel corso della giornata. E non solo in pubblico, ma anche in privato, parlava continuamente degli errori dei protestanti e delle tristi loro conseguenze, esortandoli a stare in guardia.

Don Bosco adunque volle sottrarre la parte che poté dei suoi artigiani ai lamentati inconvenienti. Perciò, col soccorso dei benefattori, comprati alcuni deschetti e gli attrezzi necessari, collocò il laboratorio dei calzolai in un piccolo corridoio di Casa Pinardi, presso il campanile della Chiesa (22).

Don Bosco, alla fine, grazie all' esperienza lavorativa che aveva acquisito in anni precedenti, decise di ricominciare a insegnare ad alcuni giovani del laboratorio di Valdocco. Divenne il loro "Mastro", ma non il loro "Padrone".

 

"Don Bosco fu il primo maestro dei sarti, avendo già esercitato quell' arte quando era studente; così pure, di quando in quando, allorché gli studenti erano a scuola in città, andava a sedersi sul deschetto per insegnare ai giovani il maneggio della lesina e dello spago impeciato per rattoppare le scarpe. Così provvedeva ai bisogni dei giovani con minor spesa, poiché per le calzature e per i vestiti in breve non si sarebbe più dovuta richiedere l' opera di estranei" (23).

 

Propaganda  e  Concorrenza

 

La struttura dei primi laboratori era quella antica e pre-industriale : capi d' arte, operai e apprendisti insieme in locali posti a disposizione da Don Bosco.

il Capo calzolaio del 1853 - 1854 faceva anche da portinaio della casa. Nel 1854, chiedendo sul giornale "L' Armonia" lavoro per i suoi legatori, il fondatore esplicitamente indicava due motivi: la convenienza dei prezzi e la carità verso i giovani (24) . Ecco il testo di un altro "Avviso":

 

"AVVISO. Nella casa annessa all' Oratorio di San Francesco di Sales furono aperti i seguenti laboratori: 1° Legatoria da libri in tutte le qualità. 2° Sartoria per abiti da ecclesiastico e da borghese. 3° Calzoleria per ogni genere di lavoro. 4° Falegname e Minusiere. Le persone che vorranno somministrare lavoro a questi laboratori, oltre la speciale agevolezza dei prezzi, avranno il conforto di prender parte a sostenere un' opera di beneficenza che tende a dare pane e professione a giovani poveri e abbandonati" (25).

 

Con l' argomento della convenienza dei prezzi Don Bosco (24) si pose nell' ambito della concorrenza di mercato. Sul piano del profilo economico, però, il disegno di laboratori interni al Centro di Valdocco, con capi d' arte esterni, non si prospettava incoraggiante. Il Santo era infatti a conoscenza di due fatti avvenuti a Torino, che riguardavano l' Albergo di Virtù (26) e la Generala (27) . Il primo istituto, per rientrare nei bilanci, si era visto costretto a diminuire il numero dei giovani convittori apprendisti. La Generala, nel 1854  aveva i laboratori in passivo, e nel 1855 i bilanci erano aggiornati (28).

 

I   Problemi   economici

 

Uno dei motivi dei succitati regressi economici era legato al fatto che i laboratori non erano concepiti come vere e proprie scuole di apprendimento, per le quali l' investimento finanziario era motivato da ragioni sociali, ma piuttosto erano pensati come aziende artigianali capaci di offrire in ultimo dei prodotti finiti e redditizi.

In tempi in cui il prodotto artigianale cominciava a non reggere alla concorrenza di quello industriale, ai capi d' arte non conveniva più impiantare la propria bottega all' Albergo di Virtù, o alla Generala, dove ci si perdeva nei materiali e nel prodotto.

Giovenale Vegezzi Ruscalla (1799 - 1885) (29) suggeriva di spostare allora i giovani detenuti dalla città a zone industriali meno avanzate, come l' Eremo di Lanzo 30). Là si sarebbero potute attivare "le professioni del fabbro, di falegname e tessitore, ma di manufatti che non esigano gran perizia e possano quindi in breve rendersene abili i giovanetti; cosa di molta importanza, giacché se si vogliono indirizzare i ragazzi alla costruzione di arnesi, strumenti o tessuti complicati e di squisito lavoro, si richiederebbe un lungo tirocinio, e per l' imperizia degli allievi l' amministrazione dovrebbe sottostare a gravi perdite, come sperimenta nello studio della Generala (31).

 

 

 

La  situazione  a  Valdocco

 

Presso l' Oratorio di San Francesco di Sales non si potevano affrontare alti investimenti economici. I suoi primi laboratori, molto probabilmente, risposero a esigenze limitate delle zone circostanti (Valdocco, Borgo Dora), nonché a quelle altrettanto modeste di giovani convittori i quali, accettando di vestire i giacconi militari forniti dal Santo, erano disposti a portare scarpe e indumenti di tipo inusuale.

La legatoria, poi, non esigeva, per quel che doveva eseguire, tecniche specialistiche. Bisognava comporre le brossure semplicissime delle "Letture Cattoliche" o le rilegature cartonate e in mezza pelle di operette come "Il giovane provveduto".  Gli apprendisti più preparati erano in grado di stampare i titoli su qualche dorso in pelle.

Infine i garzoni falegnami trovavano lavoro nella stessa Torino, sia nel settore edilizio che in quello del mobile.

 

Uno dei desideri più intensi di Don Bosco fu quello di trasmettere un insegnamento religioso e civile anche attraverso la Stampa. Egli si rese conto che le prediche, le meditazioni in occasione di Esercizi Spirituali, gli interventi nell' Oratorio e in altri luoghi di Torino, i colloqui presso diversi interlocutori (benefattori, politici, autorità della pubblica amministrazione) raggiungevano, comunque, un limitato numero di persone.

Per far arrivare un contributo spirituale, sociale e culturale a un più esteso numero di persone era necessario l' uso di strumenti adatti alla Comunicazione, ad esempio piccoli stampati, libretti, testi inerenti materie scolastiche, opere a sfondo devozionale. Per arrivare a tale obiettivo il Santo si era già recato presso alcuni stampatori della città, ma il suo desiderio era quello di promuovere una tipografia all' interno dell' Oratorio di Valdocco.

Contemporaneamente, un altro suo obiettivo fu quello di aumentare il  numero dei laboratori interni creando spazi per i fabbri ferrai e per i tipografi.

 

Il  progetto  di  Don  Bosco

 

Il disegno di Don Bosco riguardo a una tipografia a Valdocco è delineato anche in una delle diverse lettere che il Santo scrisse all' abate Antonio Rosmini, datata 29 dicembre 1853. Già il 15 ottobre dello stesso anno il fondatore aveva scritto all' amico perché impossibilitato a restituire nel tempo stabilito una somma presa a prestito. Per questo motivo aveva chiesto la dilazione di alcuni mesi  (32).

 

"Prima di rispondere alla venerata lettera di Vostra Signoria Illustrissima e Reverendissima, ho voluto fare un calcolo sul mio presente stato finanziario e sulle difficoltà che si potrebbero incontrare per mettere in opera una tipografia nel senso che noi intendiamo. Comincio per dirle che tale idea forma un oggetto principale de' miei pensieri da più anni, e la sola mancanza di mezzi e di locale me ne ha fatto sospendere la esecuzione. Perciocché manchiamo difatti di una tipografia in cui ci siano confidenza, economia e perfezione.

Non ci sarebbero difficoltà da parte del proto, e credo nemmeno di un buono ed attivo direttore; ciò che mi si oppone sono le spese che dovrei fare per indurre una parte del locale in costruzione a questo uso, e le spese di primo impianto. Tuttavia perché ella sarebbe disposta di somministrare un discreto capitale, io mi metterei quando che sia all' opera; ma mi fa mestieri che Vostra Signoria voglia degnarsi di significarmi fino a qual somma ella possa e intenda far montare questo capitale, e con quali condizioni mi verrebbe somministrato.

Se queste due ultime clausole saranno compatibili col mio stato presente di cose, credo che la cosa si potrà effettuare; e che il lavoro non mancherà, e che io potrò procacciar lavoro a un buon numero de' miei ragazzi; ben inteso che mi è indispensabile il suo aiuto morale, forse più che materiale. La ringrazio di tutto cuore della bontà e della memoria che nutre per me e per questi miei poveretti, e non potendole altrimenti dimostrare la mia gratitudine, prego il Signore Iddio di voler colmare di sue celesti benedizioni Lei e tutto il benemerito Istituto della carità" (33.)

 

La  prima  tipografia

 

Il 26 ottobre 1861, nonostante il Regio Decreto Legislativo del 13 novembre 1859 (Legge Casati) prevedesse altrimenti, Don Bosco non si rivolse al Provveditore egli Studi per ottenere l' autorizzazione all' apertura di una scuola tecnica con insegnamento dell' arte tipografica, ma al Governatore della Provincia, il Prefetto Conte Giuseppe Pasolini (1815 - 1876). Si decideva in tal modo a realizzare il progetto ideato tra il 1853 e il 1855 insieme all' Abate Rosmini (deceduto nel luglio dl 1855).

 

"Illustrissimo Signore,

il Sacerdote Bosco Giovanni, Direttore dell' Oratorio di San Francesco di Sales espone rispettosamente a Vostra Eminenza come il numero accresciuto di giovani ricoverati in questa Casa importerebbe di avere qualche altra professione oltre a quelle che già ivi si esercitano di falegname, sarto, calzolaio e legatore di libri. Sembra che tornerebbe di vistosa utilità l' iniziare di una piccola tipografia. A tale oggetto ricorre a Vostra Signoria Illustrissima per essere autorizzato:

1.  Ad aprire in questa casa una tipografia sotto al titolo di "Tipografia dell' Oratorio" di San Francesco di Sales.

2.  Atteso lo scopo di questa piccola tipografia esclusivamente benefico, e la tenuità de' mezzi e dei lavori cui quella deve restringersi, permettere che si apra in capo del direttore dell' Oratorio medesimo.

3.  Prima di dare cominciamento ai lavori tipografici il ricorrente si obbliga di provvedere una persona dell' arte, che possa garantire i lavori che si dovessero intraprendere.

Siccome questa piccola tipografia tende a dar lavoro e a beneficare i giovani più poveri e più abbandonati della Società, il sottoscritto, confidando nella nota di Lei bontà, spera che la sua dimanda sarà presa in benigna e favorevole considerazione mentre con la massima stima ha l' onore di professarsi Di Vostra Signoria Illustrissima Umile ricorrente, Sacerdote Bosco Giovanni" (34).

 

Dall' Ufficio del Governatore venne risposto (29 ottobre 1861) che, a termini di legge, potevano essere autorizzate solo persone che avessero fatto un tirocinio di almeno tre anni presso un tipografo approvato dal Governo e avessero ottenuto un certificato di ideoneità nell' arte (35).

Dopo ulteriori trattative, il 31 dicembre 1861 la licenza fu accordata dal Prefetto di Torino Costantino Radicati (1812 - 1895) e controfirmata lo stesso giorno dal questore Giacinto Chiapussi (1815 - ?). In tal modo Don Bosco ottenne di aprire all' Oratorio, nel "suo stabilimento", "un esercizio di tipografia sotto la materiale direzione del Signor Giardino Andrea" (36).

Sul piano legale Don Bosco figurò proprietario di una tipografia, a livello sociale ed economico assunse il ruolo di imprenditore che investiva i propri capitali a scopi filantropici.

Il primo libro stampato dalla Tipografia dell' Oratorio di San Francesco di Sales fu un libretto del Canonico Cristoph von Schmid (1768 - 1954): "Teofilo, ossia il giovane romito, ameno racconto". Uscì come fascicolo delle "Letture Cattoliche" nel maggio 1862. Da allora queste letture vennero sempre stampate nella "Tipografia dell' Oratorio", con poche eccezioni.

Il lavoro a Valdocco non ci fu sempre. Dopo il trasferimento della Capitale, la crisi economica colpì l' oratorio anche nel settore tipografico ed editoriale.

Nel 1868 al Cavaliere Federico Oreglia di Santo Stefanoi (1830 - 1912), che si attardava a Roma, ma che a Torino era il responsabile fiduciario della tipografia e della libreria, il Santo scrisse che il lavoro mancava (37) . Non bastavano, in definitiva, le commesse del latinista prof. Tommaso Vallauri (1805 - 1897), del domenicani Monsignor Tommaso Ghilardi (1799 - 1873) Vescovo di Mondovì, e di pochi altri: non erano sufficienti le sole "Letture Cattoliche".

Per questo motivo, inaugurare le collane dei "Selecta ex latinis scriptoribus"  e della "Biblioteca della gioventù italiana" costituì anche la ricerca di nuovi sbocchi di mercato.

 

I  problemi  con la  concorrenza

 

La congiuntura economica favorevole del 1852 potè permettere anche un rilancio delle "Letture Cattoliche". Ad esse in quegli anni venne data una nuova veste tipografica, ne fu migliorata la confezione in brossura; le copie di stampa di ciascun fascicolo mensile arrivarono a circa 12 mila copie.

Fu allora che la tipografia dell' Oratorio, insieme a quella - a quanto pare - degli Artigianelli, suscitò le gelosie dei tipografi e librai torinesi (38). La direzione della tipografia Favale e l' Editore libraio Innocenzo Vigliardi (1822 - 1896), in una riunione delle due categorie avvenuta il 21 ottobre del 1872, sostennero  che le tipografie degli "istituti pii" conducevano una concorrenza sleale nei confronti delle tipografie e librerie private, e che era necessario sopprimerle. Gli "istituti pii" presi mira erano in pratica la Tipografia Salesiana e quella del Collegio Artigianelli.

Il calendario delle audizioni dei rappresentanti dei vari settori industriali si può leggere nella "Gazzetta del Popolo" (39) e sull' "Unità Cattolica" (40). La deposizione di Favale e Vigliardi venne preannunciata per il 21 ottobre dalla "Gazzetta del Popolo" (41). Ne fu pubblicata una sintesi sullo stesso giornale il 23 ottobre:

"Simondetti, Pomba, Favale, Vigliardi, Doyen, sono esaminati sulle materie librarie, litografiche e sulla fabbricazione della carta. Pomba, il Nestore dei tipografi italiani, vuole che il governo protegga maggiormente il commercio librario, e a questo fine sono a desiderarsi una buona legge sulla proprietà letteraria e sull' esercizio della stampa. Si sofferma sulle cause che a suo credere hanno influito sulla decadenza della professione tipografica. Favale esamina la questione sotto un altro punto di vista, sotto il punto della concorrenza governativa cogli stabilimenti penitenziari e della cattiva organizzazione della economia generale che, tra parentesi, economizza ben poco. Vigliardi si associa ai reclami di Favale ..." (42).

La redazione del giornale non fece riferimento esplicito alla Tipografia Salesiana e a quella degli Artigianelli. Secondo tale sintesi Favale e Vigliardi si sarebbero limitati a lamentare la concorrenza delle tipografie degli stabilimenti penitenziari governativi che, comunque, nel caso dei riformatori erano non di rado affidati a Congregazioni religiose.

Tuttavia Valdocco e Artigianelli non rientravano nella tipologia degli stabilimenti penitenziari.

 

La  reazione  di  Don  Bosco

 

Con riferimento alla vicenda succitata, Don Bosco avvertì comunque una velata allusione alla tipografia di Valdocco. Per questo motivo ritenne necessario, con una lettera indirizzata al Presidente del Comitato per l' inchiesta industriale di Torino, precisare la propria posizione. La sua linea fu la seguente: gli Artigianelli erano un pio istituto legalmente riconosciuto, mentre, al contrario, l' Oratorio era soltanto una "casa" privata, come qualunque  tipografia, con questa sola diversità che nella tipografia i guadagni sono ordinariamente a vantaggio del padrone, e qui tornerebbero a bene dei poveri dei poveri artigiani medesimi.

Gli operai presenti nell' Oratorio non erano tutti interni: diversi provenivano da fuori ed erano equamente remunerati. Inchiostro, carta, torchi, macchine, erano cose che non si avevano gratuitamente. Gli apprendisti costavano "il consumo" o meglio "la distruzione" di pagnotelle, nonchè altre spese di alimentazione, istruzione e vestiti.

I lavori tipografici offerti da terzi erano trattati e prezzi di concorrenza.

Per questo Don Bosco annotò:

"Possiamo assicurare che lavori tra noi in trattative furono da altri tipografi eseguiti con mirabile riduzione di prezzo. Quindi l' accusa di lavori fatti a prezzo vile cade sopra gli altri, ma non sopra questo Istituto".

Concludeva il fondatore:

"Non abbiasi poi alcun timore che l' arte tipografica venga a patirne per le concorrenze degli Istituti privati e governativi": questi infatti "produssero ottimi proti (43) e compositori, cui mercè si pubblicarono opere che la storia imparziale ha sempre commendato ["lodato". Nota dell' A.].

C' erano da sperare progressi nell' arte tipografica anche in avvenire, anche grazie agli istituti che erano sotto accusa. Don Bosco si teneva fuori della categoria dei "Pii Istituti" legalmente approvati, e si riconosceva in quella degli "istituti privati".

Anche in questo campo accettava l' ipotesi delle istituzioni vigenti, si radicava nel proposito di conservare i diritti civili e di muoversi sulla piattaforma che essi offrivano.

 

Le  scelte  operative

 

Tra l' antico modo di stabilire i rapporti di lavoro tra il capo d' arte (padrone di bottega) e gli apprendisti, e il modello della scuola tecnica prevista dalla nuova legge organica sull' istruzione, Don Bosco preferì percorrere una terza via: quella dei grandi laboratori di sua proprietà, il cui ciclo di produzione, di livello popolare e scolastico, era anche un utile tirocinio per i giovani apprendisti.

Tra i tanti apprendistati che avrebbe potuto incrementare egli non scelse quelli che sfociavano nell' industria serica e cotoniera. Questi infatti, a ben vedere, potevano disperderlo in campi discosti da quelli che aveva già incrementati.

La tipografia invece gli permise una migliore articolazione del complesso di iniziative gravitanti nel campo dell' istruzione classica e dell' educazione popolare. Quello dei tipografi divenne presto il centro propulsore dei laboratori di Valdocco, ne fu l' elemento più appariscente e più conosciuto.

Il Santo vi investì capitali notevoli per migliorare i macchinari e per stare, come ebbe a dire, all' avanguardia del progresso.

Il pedagogista Vincenzo Garelli (1818 - 1878), anziano discepolo di Giovanni Antonio Rayneri (1809 - 1867) e Provveditore degli Studi a Torino, chiese a Don Bosco (1870) di esibirgli dati per una statistica da presentare a Napoli in una mostra sulle opere didattiche pubblicate nella provincia di Torino in quel decennio.

Annoterà nella lett

era:

"Non potevo certo dimenticare la Signoria Vostra illustrissima, il cui nome figura a buon diritto tra coloro che onorano la nobilissima delle arti moderne".

 

Nel 1884 fu organizzata la "Esposizione Generale Italiana" di Torino, per iniziativa di un gruppo di industriali e professionisti membri della "Società promotrice dell' Industria nazionale". Il coinvolgimento delle autorità avvenne tuttavia fin dal principio, a partire dalla sovrapposizione di carriere private e pubbliche di molti suoi protagonisti fino ad arrivare al finanziamento e alla partecipazione capillare dell' iniziativa da parte del Governo e del Municipio di Torino. in questa occasione un padiglione venne riservato alla Tipografia Salesiana e ai suoi lavori.

 

I  laboratori  dei  fabbri  ferrai

 

 

 

Accanto alla tipografia si sarebbe consolidato il laboratorio dei fabbri ferrai. Era anch' esso essenzialmente un tirocinio nel mestiere. Nel periodo 1857 - 1861 la categoria dei fabbri e dei magnani (46) era aumentata a Torino del 12, 64 % (47). Era un dato che lasciava pronosticare un buon successo per chi vi s' inseriva come apprendista. Il laboratorio fu aperto a Valdocco nel 1862 e primo capo d' arte fu il più che sessantenne Giovanni Battista Garando (1796 - 1867).

La Divina Provvidenza intanto aiutava Don Bosco mandandogli buoni capi d' arte, ed alcuni veramente eccellenti, dei quali a suo tempo faremo menzione onorevole. Per ora ci contentiamo di nominarne uno solo, quello dei fabbri ferrai, Garando Giovanni Battista. Era un bravo cristiano all' antica e vero artista nel suo mestiere. Per vari anni aveva accettati nella sua officina giovani raccomandati da Don Bosco e tutti furono molto contenti di un tale maestro. Per mancanza di committenti però, e per disgrazie finanziarie aveva dovuto chiudere la sua bottega, costretto a lavorare come semplice operaio presso un padrone.

Nel 1863 Pietro Enria (48) che aveva lavorato per tre anni sotto la sua maestranza, lo incontrò per Torino e fattegli molte feste gli chiese sue notizie. Quegli rispose che per sanità, grazie a Dio, non c' era male.

"Ma vedi" gli soggiunse "a che punto sono ridotto a settant' anni ! Mi tocca fare il garzone di officina".

Enria gli rispose: "Caro Battista, vuol venire con me all' Oratorio ? Sono sicuro che Don Bosco la accetterà subito in casa, tanto più che stenta ad avviare un servizio di fabbri". "Ahi, esclamò Garando: Se il Signore e la Madonna mi faranno questa grazia io non verrò mai più via da quel luogo".

Don Bosco accettò e il buon artista era così contento che andava ripetendo: "Ma io sono andato in Paradiso". Lavorava come un giovane sui vent' anni, addestrava con diligenza i suoi allievi e vigilava perchè non dessero mai un dispiacere a Don Bosco. Fu egli che preparò poi tutte le ferramenta della Chiesa di Maria Ausiliatrice, e specialmente le finestre . Visse quattro anni nell' Oratorio ripetendo fino nell' estrema ora della sua vita: "Benedetto quel giorno nel quale Don Bosco mi accettò nella sua casa".

 

Ulteriore  sviluppo  dei  laboratori  dopo  il  1862

 

Negli ultimi anni di vita del fondatore, i Salesiani aprirono "Scuole di arti e mestieri" a Sanpierdarena - Genova e a San Benigno Canavese. In Francia videro la luce gli "Ateliers professionals del l' Association du Patronage St. Pierre" (Nice - Marseille) e "l' Orphelinat Saint Gabriel" (Lille) (50).

In Argentina l' iniziativa riguardò i "Talleres de Almagro" (Buones Aires). In Uruguay si organizzarono laboratori a Montevideo; in Brasile a Niteroi, Rio de Janeiro, San Paulo. In Spagna divennero operativi i "Talleres salesianos" di Sarrià - Barcelona.

In tale contesto rilevano interesse due manoscritti conservati presso l' Archivio Salesiano Centrale. Nel primo documento "Maestri d' arte" (stilato da un amanuense non identificato) si avvertono numerose correzioni e aggiunte dovute alla mano di Don Bosco: 

 

"Maestri d' arti":

1.  I maestri d' arti hanno carico di ammaestrare i giovani della casa dell' arte cui sono destinati dai superiori. Il loro principale dovere è la puntualità nel trovarsi in tempo debito nel laboratorio, e di fissare ai loro allievi di mano in mano che entrano nel laboratorio, e di non mai allontanarsi senza essersi intesi con l' assistente.

2.  Si adoperino in modo che si trovino al tempo dell' entrata e di uscita dei giovani dal laboratorio, e ciò per impedire i guasti o le risse che potrebbero in que' momenti accadere.

3.  Si mostrino premurosi per tutto ciò che riguarda il bene della Casa e si ricordino che è loro essenziale lavoro istruire gli apprendisti e far sì che loro non manchi il lavoro. Osservino, e per quanto possibile facciano osservare il silenzio durante il lavoro, ne' permettano che alcuno si metta a parlare, ridere, scherzare o a cantare fuori dal tempo di ricreazione.

Non permetteranno mai ai loro allievi di uscire per recarci a far commissioni; essendo il caso, l' assistente ne dimanderà al prefetto l' opportuno permesso.

Non devono mai fare contratti coi giovani della Casa, ne' assumersi per loro conto particolare alcun lavoro di lor professione. Prima di cominciare nel laboratorio qualche lavoro lo consegnino all' assistente affinché noti le intelligenze, prezzo convenuto, nome, cognome, dimora di colui pel quale si deve intraprendere.

4.  Sono strettamente obbligati d' impedire ogni sorta di cattivi discorsi, e conosciuto qualcuno che ne sia colpevole dovranno immediatamente darne avviso al Superiore.

5.  Ogni maestro, ogni allievo stia nel proprio laboratorio, ne' mai alcuno si rechi in quello degli altri senza assoluto bisogno.

6.  E' proibito fumare tabacco, giuocare, bere vino nei laboratori, dovendosi in questi lavorare, e non divertirsi.

7.  Il lavoro comincerà coll' "Actiones" e coll' "Ave Maria". A mezzodì si dirà sempre  l' "Angelus Domini" prima di uscire dal laboratorio.

8.  Gli apprendisti devono essere docili e sottomessi ai loro maestri ed ai loro assistenti, come loro superiori, mostrando grande diligenza per compiacerli, e somma attenzione per imparare quelle cose che loro sono insegnate.

9.  Si leggeranno questi articoli dal Capo, o da chi per lui ogni 15 giorni - a chiara voce - e se ne terrà sempre copia esposta nel laboratorio.

Assistenti:

"1.  L' assistente de' laboratori è da' superiori incaricato di vegliare sulla moralità, sul lavoro, e su tutto quello che può tornare vantaggioso allo stabilimento.

2.  Si troverà per tempo nel laboratorio, noterà chi ritarda ad intervenire; e mancandovi alcuno ne darà avviso al prefetto o a qualche altro superiore per saperne il motivo e provvedere se ciò avvenisse per causa di malattia; ma, per quanto può, non uscirà dal laboratorio.

3.  Dovendosi allontanare dal laboratorio per motivo di lavoro, provviste od altro, ne darà avviso al Capo d' arte. Qualora poi dovesse far provviste di oggetti di cui non avesse sufficiente cognizione condurrà seco il Capo d' arte od altro individuo pratico dei prezzi e dei materiali che occorrono.

4.  In fine di ogni settimana darà il suo parere su tutti gli individui dell' Oratorio ed avrà speciale riguardo alla diligenza nei lavori ed al contegno nella moralità.

5.  Metterà a registro ogni lavoro fatto nell' Oratorio, noterà se è pagato o non pagato; ma non farà cassa particolare. Consegnerà il denaro al prefetto, cui pure si indirizzerà qualora ne abbia bisogno.

6.  Non si possono fare nei laboratori lavori di sorta senza il consenso del prefetto.

7.  Questo regolamento sarà letto dall' assistente o dal Capo, o da chi per lui ogni 15 giorni - a chiara voce - e si terrà sempre copia esposta nel laboratorio".

 

Il  tempo  modifica  lo  spirito  resta

 

Accanto a tale linea operativa a favore di apprendisti e di giovani lavoratori, Don Bosco dette impulso anche a progetti a favore di studenti (istituzione di un ginnasio e, in seguito, di altre scuole), giovani interni al Centro di Valdocco (costruzione di alloggi), seminaristi, minori da accogliere e sostenere in collegi.

Osservando allora l' intera dinamica salesiana, può essere utile sottolineare un punto: il dato che emerge non è legato a una cronologia di iniziative, ma allo spirito del fondatore, così come si espresse in "quelle ore iniziali" ove non poteva esistere un programma totalmente realizzato.

Tutto ciò trasmette un insegnamento per i tempi attuali: quella di Don Bosco è stata una vita in Dio che ha condotto "naturalmente" a una sintonia con i segni dei tempi, con la necessità del momento storico (travagliato), con i vissuti di quei progetti di vita in crescita (adolescenza e giovani) che, senza un aiuto, sarebbero rimasti dei cammini senza luce.

Ne derivano due considerazioni. Da una parte si può parlare di un "Don Bosco segreto". Segreto non vuol dire nascosto, ma denso piuttosto di aspetti esistenziali che ancora oggi non conosciamo del tutto, ma che - come insegna la stessa pubblicazione delle "Lettere" (54) - si vanno gradualmente acquisendo. In altri termini, dietro alle realizzazioni salesiane dei primi tempi, esiste:

1.  Una rete di contatti (Don Cafasso, Don Guala, Don Borel, Monsignor Fransoni, Abate Rosmini, religioni di varie congregazioni, laicato cattolico proveniente da tutti i ceti sociali, Vescovi, Beato Pio IX ... ).

2.  Un insieme di riflessioni personali (anni in famiglie, esperienze lavorative, studi in seminario, convitto ecclesiastico, esercizi spirituali ...).

3.  Di tentativi (il Rifugio, locali trovati presso il Cimitero di San Pietro in Vincoli, i Molini Dora, la casa Moretta, il prato dei fratelli Filippi ...).

4.  Di insuccessi (per esempio il periodico "L' Amico della gioventù").

5.  Di confronti di idee con altri fondatori (Don Guala, Giulia di Barolo, Don Cottolengo, Don Pestarino ...).

6.  Di osservazione di esperienze altrui (Don Cocchi, Don Murialdo, Don Cottolengo, Don Pestarino ...).

7.  Di amarezze (incomprensioni con alcuni Vescovi, provvedimenti ecclesiastici, uscita volontaria di giovani dall' Oratorio, allontanamento di interni per motivi disciplinari, un tentato omicidio e aggressioni al fondatore, vertenze in tribunale ...).

8.  Di condizionamenti (Michele Benso di Cavour, Monsignor Vincenzo Gastaldi, attacchi della stampa laicista ...).

9.  Di gioie intense, talvolta improvvise (mamma Margherita, Don Calosso, Don Rua, Domenico Savio, fondazione della Società di San Francesco di Sales ...).

... Che costituiscono quell' "humus" all' interno del quale l' intuizione diventa consapevolezza, la consapevolezza si fa sperimentazione, questa lascia il passo alla realizzazione, la realizzazione mostra un disegno compiuto.

 

Una  voce  "contro"

 

Dall' altra parte, la presenza di Don Bosco in alcune iniziative legate al mondo del lavoro, e il suo desiderio di non separare i valori religiosi da quelli civili, non deve suggerire considerazioni inesistenti su uno stile "paternalistico" e su una impronta marcatamente "clericale". Al contrario, studiando le carte del tempo presso Istituzioni pubbliche e private (dall' Archivio di Stato alle Fondazioni Piemontesi), si comprende un dato essenziale: Don Bosco fu sempre "dietro" i suoi protetti, per un motivo chiaro. I ragazzi, in assenza di una figura "autorevole" a loro difesa, potevano essere oggetto di violenza e di esclusione, con morti premature.

Far riferimento "a quel prete" di Valdocco significava, piuttosto, avere una garanzia : se il ragazzo era bastonato, o cadeva per terra per scarsa alimentazione, un aiuto "sicuro" poteva arrivare solo da un sacerdote capace di affrontare prepotenti e sfruttatori.

Non è quindi esatto parlare di "paternalismo" ma è storicamente corretto indicare una "difesa sociale". In realtà questo è solo un aspetto. Ne esiste un secondo.

La religione per Don Bosco non fu espressione di un "clericalismo" soffocante, ma era (e lo è tuttora) un elemento chiave in un disegno globale di promozione umana.

Togliendo il riferimento al Dio della Vita e della Storia, la fatica di ogni persona restava legata a un oggi segnato solo da angosce, da avversità, da vicende momentanee, da conquiste contingenti. Per questo motivo il fondatore, se da una parte si unì a quanti operavano per una tutela sociale (oratori, scuole, laboratori, officine, attività professionali sempre meglio organizzate, lavoro per tutti, atti di garanzia, protezione di chi subiva torti, aiuto verso chi era in carcere), dall' altra parte non ebbe timore di indicare, nei percorsi spirituali, una strada di affermazione della dignità umana.

Per Don Bosco non era quindi la potenza economica o la forza di una coalizione politica a "rendere forte" una collettività, ma lo era - al contrario - la capacità di camminare insieme in un disegno di Vita. Tutto ciò poteva trasformare l' esperienza terrena in un valore,in una esperienza significativa, in un dono, in un superamento di rapporti di forza.

In tal senso la giustizia, per Don Bosco, non fu un qualcosa che nasceva dalla Legge e che rimane tutelata solo da quest' ultima, ma era piuttosto uno stato di equilibrio, di armonia, di positiva convivenza, di rispetto reciproco, di attenzione all' altro, che derivava prima di tutto da un imperativo morale.

Solo in caso di accentuato squilibrio si era costretti a percorrere la strada del diritto e quindi quella del conseguente intervento.

 

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STORIA DELLA CHIESA DI ROMA DAL PRIMO AL QUARTO SECOLO
Nuovo  libro dello Storico Prof. Pier Luigi Guiducci, Edito da Albatros

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N  O  T  E

 

1.  Nato a Castelnuovo di Asti e morto a Torino, operò nella capitale del Regno di Sardegna e in diversi altri territori.  Promotore di molte opere religiose, sociali e culturali, fondò le Congregazioni dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Venne canonizzato da Pio XI nel 1934.  Al riguardo confronta: D. Agasso, "San Giovanni Bosco, San Paolo". Cinisello Balsamo  2005. P. Braido "Don Bosco nella Chiesa, al servizio della Comunità" Studi e Testimonianze. LAS Roma 1987. Idem, "Don Bosco prete dei giovani nel secolo delle libertà. LAS, Roma 2002 - 2003.  A. Giraudo - G. Biancardi,  "Qui è vissuto Don Bosco". Itinerari storico geografici e spirituali.  Elledici, Leumann 2004. A.J. Lenti, "Don Bosco" Il Mulino, Bologna 2001. Idem, "Don Bosco nella Storia della religiosità cattolica. Tre volumi, LAS, Roma, 1988.

 2.  Come esempio di combustibili fossili.

3.  La spoletta volante, o navetta lanciata (in inglese flaying shuttle) è un congegno inventato nel 1733 da John Kay  (1704 - 1780) per consentire la tessitura automatica.

4.  R.C. Allen, "La rivoluzione industriale inglese. Una prospettiva globale." Il Mulino, Bologna, 2011.

5.   Con il termine "enclousures" ci si riferisce alla recinzione dei terreni comuni (terre demaniali) a favore dei proprietari terrieri, avvenuta in Inghilterra tra il XVII e il XIX secolo. Gli "Enclosure Acts" danneggiarono principalmente i contadini che non potevano più usufruire dei benefici ricavati da quei terreni a favore dei grandi proprietari: per le recinzioni era necessario sostenere spese di tipo privato, ma anche legali, che scoraggiavano i piccoli proprietari.

6.   L. Tomassini, "L' associazionismo operaio: aspetti e problemi della diffusione del mutualismo nell' Italia liberale" in: S. Musso, "Tra fabbrica e società. Mondi operai nell' Italia del Novecento". In "Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli" XXXIII 1997. Milano 1999, p.9.

7.  12 gennaio (ha inizio la rivoluzione siciliana che porterà all' indipendenza dell' isola per 16 mesi). 11 febbraio, Ferdinando II promulga la Costituzione del Regno delle Due Sicilie; lo stesso avverrà successivamente in Toscana, nel Piemonte e nello Stato della Chiesa. 22 febbraio (Parigi: rivoluzione che porterà alla Seconda Repubblica). 13 marzo (rivoluzione anti-asburgica a Vienna).  15  marzo  (Budapest: rivoluzione anti-asburgica in Ungheria). 15 marzo  (Berlino: rivoluzione - poi fallita -  nella Confederazione tedesca). 17 marzo 8inizio dei movimenti popolari a Venezia).  18 - 22 marzo (Cinque giornate di Milano).  23 marzo (Il Regno di Sardegna dichiara guerra all' Austria). 19 aprile (ha inizio la guerra della Prussia contro il Comitato Nazionale polacco che lottava per l' indipendenza del proprio paese).

8.   In precedenza la libertà di associazione era stata limitata e ostacolata dagli ordinamenti nati nel clima della Restaurazione.

9.   L' Associazione Internazionale dei Lavoratori, conosciuta come "Prima Internazionale" fu fondata a Londra il 28 settembre 1864 durante un comizio di solidarietà con la Polonia oppressa. Si proponeva di realizzare un collegamento tra i gruppi operai dei vari Paesi. Fu approvato il programma elaborato da Karl Marx (1818 - 1883). Punti chiave furono l' auto emancipazione dei salariati, la collaborazione internazionale, la conquista del potere politico da parte del proletariato.

10.  E' la prima associazione di giovani impegnati che sorse nell' Oratorio San Francesco di Sales, a Valdocco, il 12 aprile 1847.

11.  Rerum Novarum ("Delle Cose Nuove) è il titolo dell' Enciclica Sociale promulgata il 15 maggio 1891 da Papa Leone XIII  (1878 - 1903) con la quale la Chiesa dettò  il proprio orientamento in materia di questioni sociali, sviluppando una dottrina sociale cristiana. Al riguardo si rimanda a AA.VV. "I tempi della Rerum Novarum". Rubbettino,  Soveria Mannelli 2003. AA.VV.  "La Rerum Novarum e il Movimento Cattolico italiano". Morcelliana, Brescia, 2000.

12.  Il sistema di previdenza sociale.

13.   "Società di Mutuo Soccorso di alcuni individui della Compagnia di San Luigi eretta nell' Oratorio di San Francesco di Sales" Tipografia Speirani e Ferrero. Torino, 1850.

14.  G. Bracco, "Torino e Don Bosco". Archivio Storico della città di Torino, 1989. U.  Lovra, "L' altro volto di Torino risorgimentale". Istituto per la Storia del Risorgimento, Torino, 1988. D. Maldini, "Pauperismo e mendicità a Torino nel periodo napoleonico". In "Studi Piemontesi, XVIII 1979, n. 1, pp. 50 - 64.  J.M. Prell. Al riguardo si rimanda a "Valdocco nell' Ottocento, tra reale e ideale (1866 - 1889). Documenti e Testimonianze". LAS, Roma, 1992.

15.   Al riguardo si rimanda a:  J.M.Prellezo, "Le scuole di arti e mestieri: l' origine della formazione professionale". In: a cura di G. Rossi, "Fare gli italiani con l' ducazione. L' apporto di Don Bosco e dei Salesiani in 150 anni di Storia" CNOS-FAP  Ministero del Lavoro e delle politiche Sociali, Roma 2010, pp. 11 - 28.

16.  Per le ferie si faceva riferimento alla consuetudine.

17.  Frase annotata a matita, con grafia diversa.

18.  "Memorie biografiche",  vol. 4, cap. 25.

19.  Il termine "Minusiere" di origine francese, è da sempre, in Piemonte, sinonimo di falegname al minuto, cioè "di fino", in contrapposizione al mastro "di grosseria", ovvero il carpentiere.

20.   Convenzione tra il Signor Giuseppe Bertolino, Mastro Minusiere, dimorante in Torino, ed il giovane Giuseppe Odasso, natìo di Mondovì, con intervento del Reverendo Sacerdote Giovanni Bisco, e coll' assistenza e fideiussione del padre di detto giovane, Vincenzo Odasso, natìo di Garessio, domiciliato in questa Capitale.  Torino,  8 febbraio 1852. Archivio Generale della Congregazione Salesiana.

21.   Gli artigiani, in quel periodo, erano chiamati anche "artisti".

22.  G. Bosco. "Memorie Biografiche", vol IV,  cap. 56.

23.  Idem, "Memorie biografiche", vol. IV, cap. 56.

24.  "L' Armonia" 9 novembre 1854

25.  Avviso stampato sulla copertina di C. Arvisenet, "La guida della gioventù nelle vie della Salute" opera tradotta dal francese (LC anno VI, f. 7, Settembre). Tipografia Salesiana Editore, Torino, 1858.

26.  L'  Opera Pia "Albergo di Virtù" venne eretta dalla Compagnia di San Paolo nel 1580. Fine dell' Istituzione fu il Ricovero  e l' istruzione professionale dei giovani poveri.

27.   Il Penitenziario industriale - agricolo detto "della Generala" era un Istituto correzionale per minori, creato in base alla riforma carceraria del 1839, voluta dal Re Carlo Alberto.  Questo provvedimento, infatti, prevedeva la detenzione dei minorenni "discoli" in sezioni separate delle carceri o, di preferenza, in appositi istituti, al fine di evitare il contatto tra ragazzi e adulti, che rischiava di essere fortemente diseducativo.  Luogo prescelto fu la cascina detta "della Generala" un' antica struttura agricola del XVII secolo, situata a Mirafiori, che nei decenni precedenti aveva svolto la funzione di opificio , carcere femminile e ospedale per malattie infettive.

28.  P. Stella, "Don Bosco nella storia economica e sociale ..." op. cot. p.245.

29.   Suocero di Costantino Nigra (1828 - 1907) e streto amico di Camillo Benso di Cavour. Era stato prima seguace di Giuseppe Mazzini (1805 - 1872), si era poi avvicinato alle idee moderate e alla Monarchia Sabauda ewntrando nella Società Nazionale. Deputato al Parlamento nel  1860 - 1864.

30.   Comune di Lanzo Torinese.

31.   G. Vegezzi-Ruscalla, "Della convenienza di erigere nell' Eremo di Lanzo una Scuola rurale di riforma pei giovani abbandonati, oziosi e vagabondi ...". In: "Calendario Generale del Regno pel 1857". Appendice, p. 31.

32.   G. Bosco,  "Epistolario", vol. I, p. 207, n. 172.  In: G. Bosco, "Epistolario"  5 voll.  Introdjuzione, note critiche e storiche a cura di F. Motto. LAS, Roma, 1992 - 2012.

33.    Idem, "Epistolario", op. cit. vol.  I.,  p. 211, n. 177.

34.    c.s. vol. I.,  p. 465, n. 526.

35.   Archivio Salesiano Centrale, 126, 2 "Autorità, Prefetti, Pasolini".

36.   Andrea Giardino aveva allora 26 anni. Era nato a Torino nel 1835, orfano di padre, era entrato nell' Oratorio l' 11 dicembre del 1858 come artigiano, ed era uscito nell' aprile del 1859. Non è nota la data di morte.

37.   Don Bosco a Federico Oneglia, Torino, 21 gewnnaio 1868. "I tipografi sono allavoro; sempre si domanda di lui ..". In: G. Bosco "Epistolario", op.cit., vol. II, pp. 487 - 489, n. 1142.

38.   Su questo aspetto della vita di Don Bosco: v. P. Stella, "Don Bosco nella storia economica e sociale ..." op. cit. p. 247. Cfr. anche: G. Dotta,  "Chiesa e mondo del lavoro in età liberale ..." op. cit. p.63.

39.   "Gazzetta del Popolo", anno 25, n. 292 del 19 ottobre 1852, pp. 4 - 5.

40.   "Unità Cattolica", n. 246 del 20 ottobre 1872, p. 3.

41.   "Gazzetta del Popolo", anno 25, n. 294 del 21 ottobre 1872, p. 2.

42.   Idem, anno 25, n. 296 del 23 ottobre 1872, p. 4.

43.   Il proto era il Capo dei Compositori.

44.   G. Bosco, "Lettera al Presidente del Comitato per l' Inchiesta industriale di Torino", posteriore al 21 ottobre 1872. Manoscritto autografo di Don Bosco. "Epistolario", op. cit., vol. III, pp. 478 - 481, n. 1694.

45.    Vincenzo Garelli e Don Bosco. Torino, 1° maggio  1870. "Archivio Salesiano" 7.011, Tipografia.

46.   I magnani erano lavoratori che giravano nelle città e nei paesi. Il bagaglio di strumenti ch portavano appresso ra contenuto nella "trida", un cassetto di legno munito di coperchio e di una cinghia , per poterla portare a spalla, e comprendeva il martello per battere le lastre di rame, la mazzuola per togliere le ammaccature, le forbici per tagliare la lamiera, la "ciodera", un attrezzo di ferro con buchi di diverso diametro usato per confezionare i chiodi ricavati da pezzetti di rame, l' "incudinella", piccola incudine d' acciaio fissata su un pezzo di legno. Appoggiata per terra era tenuta tra le ginocchia, il "polso, attrezzo di ferro vagamente a forma di fungo, per ribattere i chiodi, la tenaglia per mettere o togliere dal fuoco l' oggetto da riparare, il mantice, per ravvivare in fuoco necessario alle operazioni  di saldatura e di stagnatura, oltre allo stagno, all' acido muriatico, all' ovatta, e così via.

47.   R. Luraghi, "Agricoltura, Industria e Commercio in Piemonte dal 1848 al 1861". Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano. Torino, 1967, p. 132 sgg.

 Pietro Enria  (1841 - 1898), coadiutore salesiano.

49.   "Memorie Biografiche", vol. VII, cap. 12.

50.    Y. Le Carrérés, "Les colonies ou orphelinats agricoles tenus par le salésiens dew Don Bosco en France d 1878 à 1914". In: F. Motto (Ed).  "Insediamenti e iniziative salesiane dopo Don Bosco. Saggi di storiografia". LAS, Roma, 1996, pp.  137 - 144.

51.   Le nostre azioni ("Actiones nostras"): "Signore, previeni le nostre azioni con la Tua grazia, sostienile con il Tuo aiuto affinchè ogni nostra preghiera, come ogni nostro lavoro, trovi in Te il suo principio e il suo compimento. Amen.

52.   Archivio Salesiano Centrale, D483, manoscritto inedito allografo, con correzioni e aggiunte di Don Bosco.

53.   Idem,  D483, manoscritto di Don Bosco con aggiunte allografe  e con correzioni ancora di mano di Don Bosco.

54.   G. Bosco, "Epistolario", op. cit.  Il quinto volume è uscito nel novembre del 2012.

 

Indicazioni  bibliografiche

 

GUIDUCCI, P.L., "Senza aggredire, senza indietreggiare. Don Bosco (1815 - 1888) e il mondo del lavoro. La difesa dei giovani". Elledici Leumann(TO) 2013

MIDALI, M. (a cura di),  "Don Bosco nella storia. LAS, Roma, 1990.

MOTTO F.  "Conoscere Don Bosco. Fonti, Studi, Bibliografia".  CD - ROM, LAS, Roma,  2000.

STELLA, P.  "Don Bosco nella storia economica e sociale (1815 - 1870). TAS, Roma, 1980 (Sette

Settembre 2015)

 

 

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