A  Busalla (Genova)

IL  GIORNO DEL RICORDO TRA UNA FOLLA DI STUDENTI ED ESULI

Le donne fiumane cucinano jota, gulasch,oresgnazza e strudel per 134 Ospiti




Busalla è una ridente cittadina ligure sull' Appennino,  a 11 Km. da Genova e qui, nell' immediato dopoguerra circa 3000 profughi nell' arco di 5 anni - soprattutto fiumani e lussignani - si sistemarono per cercare lavoro nel capoluogo dato che c' era grande carenza di alloggi a causa dei grandi bombardamenti aerei e navali che Genova aveva subito.

L'  Amministrazione social-comunista, che allora governava a Busalla, fece affiggere manifesti murali in cui invitava i Busallesi  ad "aprire le loro ville, le loro villette e le case sfitte" per darle ai fratelli giuliani bisognosi di aiuto, e furono i profughi stessi, nel 1948 che redassero una pergamena al Sindaco Cervetto e all' Assessore agli Alloggi Paolo Martignone per ringraziare Busalla di quel significativo gesto di umana solidarietà.

Con queste premesse si è svolta, nella Sala della Biblioteca Comunale, Venerdì 19 febbraio scorso, la celebrazione del "Giorno del Ricordo", affollatissimo anche per la partecipazione degli studenti dell' ultimo anno di corso  dell' Istituto Scuola Superiore "Primo Levi" e dell' Istituto comprensivo  "Vito Scafidi" accompagnato dai Professori.

Fabrizio Fazzari - Assessore alla Cultura del Comune di Busalla, che ha organizzato l' evento - ha portato agli intervenuti il saluto dell' Amministrazione ed ha subito dato la parola ad Emerico Radmann, Vice Presidente del Comitato genovese dell' Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, che ha offerto, ai 150 presenti, una chiara e serena lezione di storia sulla seconda Guerra Mondiale per rendere più intelligibili gli eventi che riguardarono il nostro confine orientale, la perdita della Venezia Giulia e Zara, le foibe e l' esodo di 350.000 italiani costretti dal terrore e dalla pulizia etnica ad abbandonare le loro terre, i loro morti e tutti i loro averi.

 

 

Radmann ha iniziato dal 1939, quando la Germania e l' Unione Sovietica sottoscrissero il cosiddetto "Patto Molotov - Ribbentrop" per attaccare e spartirsi la Polonia, per proseguire poi con le strabilianti vittorie della Germania nazista alla conquista di tutta l' Europa, e il grave errore dell' Italia di Mussolini che entra in guerra nel 1940, sicuro che la guerra stava volgendo al termine.

Invece, caduta la Francia, l' Inghilterra resiste ai tremendi distruttivi bombardamenti della Luftwaffe, mentre l' Italia soffre la sua impreparazione nel confronto con la Grecia, e paga con la perdita dei suoi territori Oltremare  la sua incauta e precipitosa scelta di campo.

Siamo nel 1941 quando la guerra apre il nuovo fronte sui Balcani dove le città rappresentano il confine dell' Occidente rispetto all' Est, che andava dalla città di Sussak - confinante con Fiume - fino a Vladivostok.

L' occupazione della Jugoslavia da parte tedesca, italiana, ungherese e bulgara - per andare a scacciare gli inglesi dalla Grecia - genera la nascita del movimento partigiano dei comunisti di Tito, che inizia a operare anche nella Venezia Giulia. Ed è quell' episodio che cambia il destino della regione italiana, popolata allora da minoranze di lingua d' uso croata e slovena.

Tra poche vittorie e molte sconfitte si arriva al nefasto 8 Settembre, anche se la Resa Incondizionata dell' Italia fu firmata a Cassibile il 4 Settembre. Il Re e i Generali scappano a Brindisi, dove già sono arrivati gli Alleati, e abbiamo 400.000 soldati italiani in Jugoslavia nel caos più profondo i quali - buttate le armi - tentano con ogni mezzo di risalire la Dalmazia  e giungere a Fiume per trovare un pezzo di pane duro e abiti civili.

Ma mentre i tedeschi scendono dal Brennero per fermare gli Alleati sulla linea Gustav, l' Istria viene occupata dalle forze partigiane di Tito che attuano vendette e infoibamenti sulla base di decisioni prese da improvvisati Tribunali del Popolo, a carico dell' elemento italiano considerato "nemico del popolo".

E' la prima fase della rivincita slava sui Trattati di Pace che dopo la prima guerra mondiale avevano assegnato queste terre all' Italia.

La seconda fase delle foibe avvenne quando l' esercito di Tito giunse a Trieste in anticipo sui Neozelandesi.

L' Amministrazione jugoslava durò 45 giorni e solo a Trieste, in quel breve periodo, sparirono circa 2500 persone. Furono gli alleati che fecero i primi recuperi delle vittime delle Foibe di Basovizza e di Monrupino.

La posta in gioco era il possesso di tutta la Venezia Giulia e da parte jugoslava si attuò anche un regime di terrore instaurato dalla Polizia segreta OZNA che costrinse 350000 italiani ad abbandonare tutto e a rifugiarsi in un' Italia ridotta in macerie diventando - unici al mondo - esuli nella propria patria, dove vennero accolti in 109 Campi Profughi.

In conclusione della sua superba e applauditissima esposizione Emerico Radmann - lamentando che ancora oggi a 70 anni dai fatti accertati esistano fonti negazioniste e giustificazioniste delle Foibe e dell' Esodo - ha fatto dono alla Biblioteca di Busalla di alcuni libri storici che riportano la verità su quanto è accaduto.

Si sono succeduti quindi interventi e testimonianze di fiumani divenuti cittadini busallesi.

Franco Rocco, profugo da Pisino - fra il serio e il faceto - ha ricordato come il suo bisnonno avesse avuto il desiderio di prepararsi per l' al di là acquistando in vita la bara che lui la teneva sotto al letto. Spesso lui vi si coricava per provarne l' effetto. Una notte arrivarono i partigiani di Tito che lo prelevarono, e la bara gli servì perchè di lui non si seppe mai più nulla.

Eugenio Rocco di Lussinpiccolo ha lamentato l' ignoranza persistente delle nostre origini confermate anche dal sistema informatico che riportano dati contrastanti ed errati, che talvolta procurano incomprensioni.

Ennio Celli ha ricordato l' apporto sportivo dato dai fiumani a Busalla, che era diventata una eccellenza nei valori della regione, sia nella pallacanestro, calcio, pugilato, nuoto, rugby e anche negli scacchi.

Andrea Tacchella, i cui genitori erano di Fianona vicino a Pola, ha ricordato come avvenne l' arresto di suo nonno: sentirono suonare da basso il campanello. Il nonno si affacciò e gli dissero in dialetto istriano: "Bepi, vieni giù che parliamo". Sparì nel nulla.

Il Giorno del Ricordo busallese si è concluso con il consueto pranzo offerto dalla comunità fiumano - busallese che ha allestito ben 134 coperti con un ricco menù composto da jota, polenta e gulasch, oresgnazza, strudel, torta di grano saraceno e altri dolci tipici giuliani.

 

 

Sotto la sovrintendenza dell' Assessore Fazzari, l' organizzazione di questa eccezionale manifestazione con un unico relatore e tanti interventi, è stata resa possibile grazie ai dipendenti del Comune: Perboni Mariagrazia e Repetto Laura.

Per la logistica, i soci della Pro Loco: Tavellini Teresa, Balladore Guido, Caracciolo Marina e Antoci Mino.

Per la cucina fiumana: Celli Fernanda, Celli Claudia, Bobbio Giuliano, Bobbio Valentina, Milanilo Rosanna e Tozzi Marianna.

 

Rudi Decleva,

Sussisa, 21 febbraio 2016,